Pino Blasone - ALICE CIBERNETICA - Romanzo

QUATTORDICI

 

Sul punto di congedarmi dal paziente lettore, sarebbe quasi ora di abbandonare la finzione letteraria. Tanto per non perdere del tutto l'orientamento e, di conseguenza, il senso della realtà. Ma, a questo punto, quale realtà? E' davvero possibile uscire da ogni finzione, senza dover subito entrare in un'altra? Sono intuibilmente i dubbi che mi hanno accompagnato durante l'invenzione e la stesura di questa intera storia - o, meglio, di questo complesso di storie -, immerso nella videoscrittura davanti allo schermo luminoso del computer, nei ritagli di tempo libero dal mio lavoro informatico. Interrogativi, del resto, condivisi di recente dall'americano Benjamin Woolley, in un bel saggio intitolato "Mondi virtuali": "La vera importanza della realtà virtuale, ed è tale che sarebbe difficile esagerarla, sta nel fatto che essa affronta direttamente questa domanda: che cos'è la realtà?".

Per fortuna, io conosco un critico di mia personale fiducia. In un modo assai speciale, è anche uno che si intende di realtà virtuale. A lui per primo ho passato il dattiloscritto appena stampato, perché gli desse uno sguardo. Non potevo però immaginare che, invece di formulare un parere, si facesse venire in mente una proposta ancora più astrusa dei miei racconti. Il che, su questo almeno converrete, non è poco.

* * *

- E' l'idea più bizzarra che abbia mai sentito. A suo modo, un presepio è già di per sé una realizzazione virtuale. Anzi, per così dire, ne è il prototipo. Ma allora, dimmi: che bisogno mai c'è di realizzarne uno, in versione da realtà artificiale?

Pasquale mi guarda interdetto, un po' risentito. Lo si capisce dall'espressione leggermente alterata. Devo averlo punto sul vivo. E' uno che non tollera critiche, benché minime, che sfiorino la sfera della propria professionalità. Il guaio è che il concetto che ha di quest'ultima è molto esteso, ben al di là del suo specifico.

- Torno a ripeterti che è una ottima idea, nient'affatto stramba. Sapendola applicare, può anche derivarne un grosso utile. Tutt'al più, è originale. Non erano le idee originali, a far progredire il mondo? Mi meraviglio di te, che sei più giovane. Dovresti essere all'avanguardia. Se non altro, per il mestiere che fai, quando lo fai. Il tuo difetto è che passi troppo tempo seduto qui al caffè. Non è certo così che ti vengono in mente le idee nuove. Se poi ti si presentano davanti all'improvviso, va a finire che non sei neanche più in grado di riconoscerle...

Questa, più o meno, la sostanza del nostro piccolo diverbio, circa un anno fa, nella celebre piazzetta del nostro paese, dislocato fuori dal mondo. La cosa sarebbe probabilmente finita lì, se non fosse transitato un terzo interlocutore, proprio in quel momento. Anzi, una interlocutrice. Lei sorride, saluta e si siede con noi intorno al tavolino, come capita di fare da queste parti.

- Che un sorriso radioso come il tuo ci illumini - commenta il presepista, che merita la sua fama di rubacuori a riposo, mai avaro di complimenti per quanto smaccati verso il gentil sesso. "Tanto, fanno sempre piacere e non costano niente", ha commentato più volte, tra noi.

Dal canto suo, l'americana il complimento se lo merita in pieno e mostra di gradirlo. E' un tipo alla mano e sta sempre allo scherzo, capace di tener testa anche a battute pesanti. Se non fosse per la sua manìa di vestire sempre di nero, sarebbe l'immagine stessa della bellezza e dell'allegria. Ma, avete conosciuto degli artisti senza qualche innocua manìa? Ad esempio, un pallino fisso di Pasquale è dividere l'umanità in due categorie di persone: gli artisti e non, laddove questo "non" sta per la gente comune. In modo particolare, tutta quella che sciama nella nostra isoletta durante la bella stagione, portando confusione ma non pochi vantaggi, e che se ne torna sul continente durante la brutta: la quale, poi, non di rado è bella anch'essa. Il clima è mite; inoltre, si sta in santa pace. E' appunto allora che si producono e si discutono idee, da realizzare e da mettere a frutto per la bella stagione. Con fantasia e con calma mediterranee, sempre Dio volendo.

Va da sé che il presepista include se stesso e pochi altri nella prima categoria. Io e l'americana siamo tra i privilegiati, che usufruiscono di tanto onore. "Sono o non sono uno degli ultimi e dei meglio sulla piazza? Senza quelli come me, andrebbe persa in modo irrimediabile una tradizione, che ha poco a che vedere con l'artigianato, invece molto con l'arte e con l'ispirazione. Sacra o profana, è un altro discorso. Quanto a me, non ho mai condiviso certe distinzioni critiche da rigattiere". Tale, in breve, la teoria elaborata dal mio vecchio amico, non senza qualche sfumatura colorita in dialetto, sulla sua attività preferita. E guai a definirlo un dilettante, anche se non ha mai abbandonato il lavoro tramandato da generazioni nella sua famiglia: di pescatori veraci.

* * *

Con i miei sudati risparmi, tempo fa ho acquistato un nuovo computer. Un piccolo gioiello portatile, con schermo ovviamente a colori, date le particolari esigenze. Eppure, non sono un gran viaggiatore. Diciamo che mi sposto assai poco dalla nostra fortunata, anche se a volte monotona, isola. Salvo qualche puntata nella grande città, sul continente, quando ce n'è motivo o occorrenza. Il solito giro per il centro storico, e poi di nuovo sul traghetto, con il mare calmo o agitato. L'antica capitale, così sproporzionata, caotica e snaturata, come ormai è diventata, mi infastidisce non poco. Questo è un sentimento che condivido purtroppo non solo con l'amico presepista, ma con altri pure di origine partenopea.

In compenso, mi tengo in contatto con il resto del mondo spesso e volentieri collegandomi per via di un modem. Al giorno d'oggi, ciò consente di scambiarsi messaggi, di confrontare le proprie esperienze e di intrattenere corrispondenze non necessariamente impersonali da un punto all'altro del pianeta, senza allontanarsi da casa. A patto di avere in comune alcune parole d'ordine e la familiarità con il computer. Insomma, una certa visione su scala sia pure ridotta dell'esistenza. Da quando poi la realtà virtuale ha cominciato a diffondersi e a prendere gradualmente forma attraverso i circuiti e le reti telematiche, quello che già chiamavamo il "villaggio globale" ha finito per assumere un po' l'aspetto di un grande e colorato presepio.

La verità è che il portatile mi permette di svolgere parte del lavoro all'aria aperta, sulla terrazza di casa, di fronte alla vista azzurra del mare, oltre la balaustra bianca di fondo. Da quando per caso l'americana è venuta ad abitare nell'appartamento a fianco, la cosa è doppiamente gradita. Le due ampie terrazze sono separate solo da un basso muretto, decorato con piastrelle in ceramica policroma. Anche lei ama trascorrere lunghe ore all'aperto, riposando o lavorando al sintetizzatore. Allora, la sua musica fa da sottofondo e concilia il mio stesso lavoro, mescolandosi con l'eco delle onde fra gli scogli sottostanti, come se provenisse dal cavo profondo di una grossa conchiglia. Ma è soprattutto la sua presenza attraente, a rendere attese quelle ore.

La mattina dopo la mia discussione al caffè con Pasquale, lei si affaccia al parapetto, vi appoggia i gomiti sopra e mi guarda con insistenza. Io faccio finta di niente, come se fossi assorbito dal mio lavoro e distratto da quanto accade intorno. Ma controllo la situazione con la coda dell'occhio. Un giorno o l'altro troverò il un pretesto e il coraggio per scavalcare quel muretto. Magari, è arrivato il momento buono. Quando lei sta per ritirarsi con disappunto o per discrezione, mi volto dalla sua parte. La sua espressione è insolitamente seria e pensosa, come se stesse componendo. Eppure, è da giorni che non sento più note provenire dalla terrazza o dalle sue stanze.

- Ti sei deciso finalmente - fa lei, con il suo delizioso accento esotico - a prestarmi attenzione. Non ti avevo mai visto così ispirato. A me, invece, è un po' di tempo che non viene in mente nulla. Forse, troppo mare, troppo sole, e poco vento. Troppa oleografia, insomma. Qui è bellissimo, ma sembra il fondale di una scena dipinta. C'è poca iniziativa. Penso che farò qualche capatina in città, più di frequente. Lì, almeno, c'è movimento. Ci sono suoni, ci sono voci. La musica non può nutrirsi solo di silenzio, o di quattro chiacchiere al caffè della piazzetta.

- Non ti sapevo una impressionista musicale - ironizzo io, tanto per darmi un tono - Però, se ti va, ti accompagno con piacere. Conosco il chiasso di Napoli meglio di te: il frastuono del traffico delle auto, le canzoni melodiche che gracchiano attraverso le radioline, la parlata della gente involgarita dagli effetti feedback del cinema e della televisione. Sono tutti spunti per una bella sinfonia...

- Sei solo uno snob di provincia. Uno che si atteggia a videoartista. Invece, non sei che un freddo programmatore informatico, buono tutt'al più per la progettazione industriale di qualche ditta del Nord.

Colto nel segno. Non mi aspettavo una reazione così eccessiva, sia pure al mio tono di presa in giro. Cecily è a volte imprevedibile. O, magari, non ha tutti i torti. Però, c'è qualcosa che non quadra. Espressioni del genere le ho già sentite. Deve esserci di mezzo la lingua biforcuta di quel serpente di Pasquale. Mi alzo dalla sedia e mi accosto al parapetto. Il suo viso ora è estremamente vicino al mio. Sono conteso fra una prima imperdonabile tentazione di prenderla a schiaffi e l'impulso immediato di baciarla . Come al solito, non farò una cosa ma neanche l'altra. Una occasione sprecata in più. E' che, in fondo, lei mi mette un po' soggezione. Mi limito a fissarla negli occhi verdi e profondi, con uno sguardo indagatore:

- E' stato Pasquale a suggerirti queste malignità sul mio conto, ieri al caffè, quando mi sono allontanato un attimo per pagare le consumazioni. Non è così?

Cecily torna a rasserenarsi e a sorridere. Preferisce femminilmente sorvolare e passare al discorso successivo, che è poi quello che deve starle a cuore, a giudicare dal tono persuasivo. A lei, al presepista, o a entrambi.

- Non avresti dovuto, ieri, trattare Pasquale con sufficienza. Non solo perché è un tipo suscettibile. Se ci pensi bene, la sua idea non è niente male. Anzi, è fantastica. Io potrei comporre la musica adatta. Tu, occuparti della computergrafica. Chissà, allora, che non mi torni l'ispirazione. Sempre meglio di questa bonaccia senza cambiamenti, come la chiamano i pescatori.

- Messa in questi termini, non direi proprio di no. Ciò non toglie che la faccenda mi sembra irrealizzabile. Il mio impegno attuale sarà di routine e un po' noioso. Però, mi frutta dei soldini. Chi si troverà, disposto a finanziare un progetto così aleatorio e pazzesco?

- Non devi preoccuparti troppo di questo. Pasquale si rivolgerà all'associazione dei presepisti, la quale non può che ricevere prestigio da una iniziativa del genere. In secondo luogo, a qualche fondazione religiosa. Quanto a me, ho i miei bravi agganci negli Stati Uniti, dove l'interesse potrebbe essere sia pubblicitario sia tecnologico. In particolare, penso alle grosse aziende dell'informatica. Tu, piuttosto, ti sentiresti in grado di svolgere il tuo compito, o è il caso di rivolgersi ad altri? Sono sicura che non ci sarebbe la stessa intesa...

Tale era il trasporto del discorso, che mi sono trovato le braccia abbronzate dell'americana gettate intorno al collo. I suoi argomenti verbali erano quasi altrettanto convincenti. Quei due dovevano già essersi messi d'accordo alle mie spalle. Se la prospettiva di lavorare insieme a Pasquale non mi dispiaceva più neanche tanto, quella di farlo a fianco a fianco con lei mi affascinava non poco. Tutto poteva concludersi intanto per il meglio, se non si fosse presentato quell'impiastro di Frisbee, a zampettare sul muretto e a reclamare qualche avanzo di pesce fresco, con i suoi occhietti spiritati e dispettosi. Non so davvero come abbia fatto Cecily ad ammaestrarlo tanto bene, lui così selvatico. Fatto sta che quando meno te lo aspetti piomba giù dal cielo stridendo senza ritegno, e senza timore di finire spennato. Del resto, chi volete che abbia lo stomaco di mettere sotto i denti la carcassa coriacea di un vecchio gabbiano?

* * *

Una volta convertito e contagiato da tanto entusiasmo per la nuova impresa, mi sono messo subito all'opera. Come di buona norma in certe circostanze, la prima fase è stata di febbrile ricerca sui testi. Dai vangeli canonici e apocrifi agli inni ambrosiani; dai carmi latini di Iacopo Sannazaro ai canti secenteschi di sant'Alfonso De' Liguori: in questi due casi, tanto per restare fra napoletani. Ho scatastato le biblioteche di letteratura sacra e le librerie antiquarie della zona di san Giacomo dei Librai, nel cuore stesso della città vecchia. I materiali che ho rinvenuto erano interessanti e suggestivi. Ma era specialmente quest'ultimo aspetto a coinvolgermi. Significava, infatti, calarmi nell'atmosfera giusta. Una atmosfera lontana dai miei interessi e dalla mia sensibilità, almeno da adulto. Un testo in particolare mi ha colpito, più insolito e suggestivo degli altri.

Si tratta di un antico vangelo giudicato apocrifo, nonostante che sia noto sotto il titolo "Protovangelo di Giacomo". In realtà, le tracce di questo scritto, tradotto in più lingue, sembrano essersi impresse profondamente nelle tradizioni cristiane riguardanti la natività di Gesù. Queste sarebbero più tardi confluite in quella presepistica: a cominciare dall'ambientazione in una grotta, che non compare nei quattro vangeli canonici. Ora leggetene, qui di seguito, uno straordinario brano. Esso è una specie di monologo di san Giuseppe. Egli, allontanatosi dalla Madonna in procinto di partorire per andare a cercare una levatrice, assiste a un singolare fenomeno. Gli studiosi di queste cose hanno perfino coniato una definizione appropriata: "sospensione cosmica". Va da sè che tale arresto di ogni altro avvenimento, naturale o umano, coincide con la nascita del redentore.

Siamo nell'anno zero della nostra era. L'intera ruota delle esistenze sospende il suo incessante moto. La terra e il mondo trattengono il fiato, per permettere all'eccezionale e innaturale evento di realizzarsi, in un lungo attimo senza tempo: "Io, Giuseppe, camminavo e non camminavo. Guardai nell'aria e la vidi stupita. Guardai alla volta del cielo e la vidi ferma. Gli uccelli, immobili nel loro volo. Volsi lo sguardo alla terra. Vidi un vaso poggiato e dei braccianti sdraiati intorno. Le loro mani erano nel vaso, ma quelli che ne prendevano il cibo non lo sollevavano, quelli che lo portavano alla bocca non lo portavano, quelli che stavano masticando non masticavano. I loro visi erano volti a guardare in alto. Ed ecco delle pecore spinte avanti, che pure non avanzavano. Il pastore levò la mano per percuoterle, ma la sua mano si arrestò per l'aria. Allora, guardai verso la corrente del fiume. Vidi i musi dei capretti lambire l'acqua, ma essi non bevevano. E poi, in un istante, tutte queste cose tornare al loro corso".

Nella sua apparente semplicità, quello che avete appena letto è sicuramente uno dei più bei passi delle letterature sacre di ogni religione del mondo. Sebbene inafferrabile, o proprio per questo, il senso poetico e il potere di suggestione trascendono lo stesso significato del contesto religioso. I commentatori moderni hanno voluto intravedervi probabili influssi delle culture orientali. Sta di fatto che tali elementi, uniti ad altri, possono aver sconcertato a suo tempo le gerarchie del clero, custodi dell'ortodossia, e averle indotte a escludere lo scritto in questione dal numero di quelli considerati rivelati. Non sarebbe che uno dei frequenti e pretenziosi paradossi del sacro, ogni volta che esso sedimenta in una qualsiasi istituzione ufficiale.

Fortunatamente, a livello popolare le cose andavano spesso diversamente. L'ispirazione del testo messo al bando è riaffiorata in numerose manifestazioni artistiche, nel corso dei secoli. Fra queste, notoriamente quella dei presepi napoletani non è una delle meno significative o raffinate. Ebbene, avrete forse notato come la rievocazione di san Giuseppe somigli in maniera sorprendente alla descrizione di un presepio napoletano, magari di epoca barocca o subito successiva. Sarà una coincidenza: le espressioni dei visi "volti a guardare in alto" sono esattamente quelle di tante umili statuette in terracotta o in ceramica, plasmate e dipinte amorevolmente a mano da anonimi artefici. La stessa atmosfera complessiva è quella tipica, incantata e realistica insieme, degli esempi migliori del genere presepistico. Una realtà - perché no? - virtuale o da favola.

Devo onestamente riconoscerlo. Certe cose Pasquale le ha sempre sapute e sostenute, anche se non ha mai letto né la traduzione né tanto meno l'originale del "Protovangelo di Giacomo", venuto alla luce da qualche nascosto dimenticatoio, nella biblioteca polverosa di uno sperduto monastero. L'ho subito messo al corrente della mia modesta riscoperta. Lui ne è stato contento e si è mostrato soddisfatto, ma non più di tanto: quasi a ribadire la sua autonomia operativa. Ha seguitato come se niente fosse a disegnare i suoi bravi cartoni e a modellare i suoi bozzetti: per la verità, fra i migliori che siano mai usciti dalle sue mani esperte. Essi prefiguravano ogni particolare del prodotto finito: dai personaggi agli edifici al paesaggio, libere interpretazioni dei modelli nella scia tenace di una tradizione illustre.

Quanto al lavoro svolto dall'americana, anche la sua musica è effettivamente ispirata e dolcissima, non senza un sottofondo vibrante di mistero. Prevedibilmente, si tratta di musica elettronica. A suo modo, essa ha poco da invidiare a quella sacra medievale o barocca, di cui riprende gli echi aggiornandoli e rivestendoli di una sottile inquietudine, inconfondibilmente moderna. Anzi, protesa oltre la modernità: tanto per non contraddire teorie critiche contemporanee ormai abusate. Comunque, si intona perfettamente con il resto. Il tutto è stato successivamente da me ricomposto e rielaborato, nella computergrafica di un ipertesto multimediale e tridimensionale. In termini un po' più semplici, di un videoclip della cosiddetta realtà virtuale.

* * *

Ci sono voluti vari mesi, e l'arrivo del primo atteso assegno di un decente finanziamento, procurato nemmanco a dirlo da Cecily, per poter vedere dei risultati compiuti. L'esito e l'effetto generali fanno pensare da vicino a certi presepi semoventi, di quelli meccanici che a tutt'oggi si possono ammirare, nel periodo natalizio, nelle sacrestie o nelle cappelle di alcune chiese. Ma qui c'è ovviamente una differenza - si fa per dire - sostanziale. Indossando un apposito casco, impugnando un joystick adatto all'occorenza, potete avere l'illusione estremamente verosimile di penetrare, tramite i circuiti tecnologici di un computer, nell'ambiente rappresentato dal software, altrimenti appiattito nel visore di un monitor.

Potete provare l'emozione di muovervi tra i personaggi raffigurati e di seguire il loro cammino verso la grotta miracolosa, guidati da una luminosa cometa quali antichi magi o maturi bambini, in cerca di una sfuggente divinità congiunta con una umanità ormai da noi sempre più rara. La prima presentazione del software in pubblico si è avuta nel salone per i convegni di un grande albergo dell'isola, in occasione del Natale dello scorso anno. Grazie alla sponsorizzazione di una ditta americana, al patrocinio dell'azienda locale per il turismo e di una rinomata università italiana, un pubblico selezionato è stato intrattenuto da esperti di livello internazionale. Insomma, un lusinghiero successo, non disgiunto dalla promettente prospettiva di concreti sviluppi.

Vista in una tiepida giornata di sole, attraverso i vetri della finestra di casa sua, finalmente al di qua del muretto divisorio, la terrazza dell'americana è una vera magìa, un autentico eden in miniatura. Fiori colorati e piantine coltivate con cura, piccoli ortaggi e erbe odorose metodicamente innaffiati. Il tutto, ordinato in vasi e protetto dalle intemperie sotto basse serre di vetro, allineate lungo i parapetti. Insomma, ben poco a che vedere con i poveri gerani della mia terrazza. Anche se intuibile, va specificato che lei è vegetariana e seguace dei precetti comuni ad alcune religioni orientali. Una lunga fila di testi yoga e di manuali di erboristeria fa bella mostra di sè in uno scaffale della sua camera, arredata con gusto ma con rustica essenzialità.

- Il merito è soprattutto della musica - scherza Cecily al mio fianco, con falsa modestia. Poi, torna a sdraiarsi sul letto. Preso il casco poggiato sul comodino, lo aggiusta calcandolo sulla testa e lasciando sporgere i lunghi capelli castani, finché la parte superiore del bel viso non vi sprofonda e lo sguardo non ne viene completamente assorbito. Allora, mi passa il joystick perchè possa manovrarlo, lasciandola libera di inoltrarsi ma guidandola a distanza nella nuova dimensione del reale. Io controllo la sequenza delle immagini, mentre scorre senza soluzione di continuità nello schermo del computer di fronte a noi. In tal modo, posso accompagnarla dall'esterno e dirigerla senza scosse nel suo pellegrinaggio, attraverso i percorsi programmati e sui sentieri della sacra rappresentazione: quasi che si tratti di un sofisticato e delicato videogioco per adolescenti precoci e un po' irriverenti. Giunta davanti alla grotta, lei fa un gesto spontaneo. In una reminiscenza improvvisa di pudore e di rispetto, afferra con una mano il lenzuolo e lo tira su, a velare la nudità incantevole del suo corpo.

In altra occasione, è stato pure uno spasso vedere Pasquale, con tanto di casco in capo e di joystick in mano, aggirarsi barcollando malsicuro per la stanza: quasi che soffrisse - lui, vecchio pescatore - di mal di mare. Eccolo, abbiamo commentato io e Cecily, finalmente è riuscito a realizzare il sogno di una vita: entrare dentro uno dei suoi presepi. In un angolo, uno scintillante albero di Natale addobbato dall'americana completava la scena idilliaca. Ma stranamente, adesso che l'opera era ultimata, l'unico a non mostrarsi del tutto convinto era proprio il presepista, primo e principale promotore dell'iniziativa. E non perché fosse deluso della riuscita. Tutt'altro.

- E' proprio incredibile - andava ripetendo, visibilmente emozionato, ma con una punta malcelata di malinconia - Anche troppo. Però è sempre una favola, solo una bella favola. Tanto più, quanto sembra vera. Quanti siamo in questa stanza e su quest'isola, abbiamo sempre vissuto in una favola, tagliati fuori dalla realtà del mondo. Noi stessi non siamo che pastori di un presepe, nient'altro che una attrattiva per turisti.

Conosco Pasquale da quando ero bambino e mi portava a spasso per l'isola, o in barca tra i faraglioni, fin oltre il limite immaginario dell'orizzonte. So che si compiace ogni tanto di recitare di queste scene. E' che è viziato di protagonismo e vorrebbe essere sempre al centro dell'attenzione. Ma è questione di un momento. Presto gli sarebbe passata. Fortunatamente per lui, non è il tipo dalle tristezze durature o dalle angosce esistenziali inguaribili. Del resto, avevo altro a cui pensare. Per una mezza complicità o per comune leggerezza, Cecily era rimasta incinta. Un frutto nient'affatto secondario della nostra collaborazione. Ciò comportava tuttavia un sacco di problemi pratici e di complicazioni, almeno per me del tutto nuovi. Pasquale, che non è certo un ingenuo, doveva essersene accorto. Questo poteva non essere l'ultimo motivo dei suoi ricorrenti malumori. Con ogni probabilità, era infatti la fine del nostro minuscolo cenacolo di sedicenti artisti. Presto la borsa di studio dell'americana avrebbe avuto termine. Toccava prendere, prima di allora, una non facile decisione.

Al complesso di tali circostanze si aggiunga il dispiacere di un piccolo lutto, che ha colpito di recente il microcosmo della comunità isolana. L'invadente ma simpatico Frisbee ci ha lasciato per sempre. E' venuto a farci visita una mattina come al solito, ma subito ci siamo dovuti rendere conto che non era nella sua solita forma. Un Frisbee che rifiuta il cibo non si era mai visto prima. Dopo essersi trascinato a stento sul muretto, si è andato ad appollaiare in un angolo della terrazza, senza accennare a voler riprendere il volo e con lo sguardo spento della sua assillante vivacità. Né le assidue cure di Cecily, né quelle di un veterinario da lei prontamente chiamato, sono servite a molto.

Secondo il mio parere profano, l'ingordo è deceduto a seguito di una grossa indigestione. In effetti, si è scoperto che faceva il giro di tutte le terrazze, ovunque potesse nutrire una speranza di accoglienze con inviti mangerecci. Nessun dubbio che fosse proprio lui: dal momento che il grasso gabbiano era identificabile anche da una fascetta metallica stretta intorno a una zampetta, di quelle che servono a studiare le abitudini degli uccelli migratori, applicata chissà quando e perché da qualche naturalista in vena di passatempi. I miei pazzi amici hanno organizzato un commovente funerale, inerpicandosi in corteo fino al cimitero della nostra rocciosa isola: per seppellire il volatile il più vicino possibile al suo elemento, nonché alle tombe degli illustri personaggi che hanno voluto onorarci con lo spirare qui fra noi.

* * *

Una volta esaurito l'impegno che ci appassionava, siamo tornati assidui frequentatori della piazzetta, alquanto trascurata in precedenza. Il mercatino settimanale è un appuntamento e un diversivo distensivo. Girare fra le bancarelle, per guardare e ascoltare, per scambiare quattro chiacchiere e comprare poco o nulla, per giunta contrattando sul prezzo. Ci si trova un po' di tutto, specialmente di provenienza dal continente. Questa volta l'animazione è particolarmente intensa. E' imminente la festa patronale. Si preparano luminarie e fuochi d'artificio. Per noi, una festa di addio. L'americana è infatti ormai in partenza.

Sul percorso per tornare a casa, è d'obbligo passare attraverso il mercato. Pasquale mi cammina a fianco, con le mani sprofondate nelle tasche dei pantaloni. Approfitta della confusione per rivolgermi alcune domande e osservazioni che gli stanno a cuore, come se fossero gettate lì per caso. Anche se lui è praticamente già al corrente delle risposte o delle loro conferme.

- Allora, - mi incalza - è deciso. La raggiungerai presto. Mi sembra la decisione più saggia. Anzi, l'unica. Anche ammesso che lei accetti di rimanere, qui non riusciresti mai a mantenerla, lei e il nascituro. Dovresti cercare un lavoro in città, forse in un'altra città. A quel punto, tanto vale andarsene più lontano, varcare l'oceano come Mosè il Mar Rosso...

- Proprio così - faccio io, fingendo di non sospettare che lui conosca ogni particolare - Cecily mi ha promesso che mi troverà un impiego dalle parti della Silicon Valley, dove ci sono le maggiori industrie elettroniche, in qualità di programmatore informatico. Sembra che non sia molto difficile, date le mie referenze. Per l'occasione, perfino il precedente del nostro presepe virtuale può rivelarsi estremamente utile.

- Comunque, puoi venirci sempre a trovare - aggiungo, dopo un silenzio imbarazzante - Voglio dire che devi venire senz'altro e trattenerti quanto vuoi, non appena ci saremo sistemati alla meno peggio. L'America non sarà tranquilla come la nostra isola, ma, probabilmente, nemmeno un casino come Napoli. Vedrai che ti troverai a tuo agio.

Il presepista mi osserva con aria sorniona. Probabilmente, Cecily deve avergli accennato qualcosa anche delle proposte che ho ricevuto o del contratto che ho già in tasca. Oppure, ci è arrivato con il suo istintivo acume psicologico. Altrimenti, non darebbe per scontata la mia partenza. Sa bene che non sono il tipo di andarmene alla ventura, se non con la pura fantasia. La battuta conclusiva di Pasquale non smentisce, comunque, una stagionata e incorreggibile acredine di carattere.

- L'avevo sempre detto - sibila, con un tono di voce pungente - che saresti diventato un ottimo programmatore. D'altro canto, assai meglio un bravo tecnico d'avanguardia, che un artista scadente e squattrinato o, peggio ancora, un letterato.

* * *

Pochi giorni dopo, siamo di nuovo io e lui, insieme sulla mia terrazza. L'americana è appena partita, lasciando un vuoto che si lascia notare. La terrazza e l'appartamento a fianco sono deserti e silenziosi. Le piante appassite, gli ombrelloni parasole ripiegati sui loro esili sostegni. La distesa luccicante del mare di fronte è leggermente mossa, irrorata dai raggi radenti del tramonto, che ti costringono a inforcare un paio di lenti scure. Qualche vela bianca si affretta verso il porticciolo, sospinta dalla brezza sulle onde. Sulla terraferma, una fila di pini ombrelliformi dà l'illusione di inclinarsi nella direzione del vento. In effetti, noi creature intelligenti non ignoriamo che essi ne hanno incorporato il senso nella loro età più tenera e flessibile, durante le notti di bufera: quando anche le nubi in corsa sembrano affannarsi a cancellare la luna dal cielo.

- La notte scorsa - esordisce Pasquale, in atteggiamento assorto - mi è capitato di fare un sogno che non facevo da anni, e che invece ricorreva dall'infanzia, ogni volta con qualche minima variante. Non è altro che il famoso passo del vangelo, quello di Gesù che cammina sulle acque. La scena era proprio come adesso, verso il tramonto. Io ero ovviamente un pescatore, che cercava di raggiungere il Salvatore, andandogli incontro fiducioso. Però affondavo lo stesso, e lui mi fissava con aria di grande compassione. Eppure, tardava a tendermi la mano per afferrarmi e per trattenermi a galla. Come sempre, a quel punto mi sono svegliato, ma questa volta senza ansia come in passato. Da tempo sono un uomo navigato e mi sono rassegnato a nuotare con le mie forze. Al contrario, ho acceso la lampadina che pende sul mio letto e mi sono seduto a riflettere con calma.

Il resoconto dell'anziano pescatore viene interrotto da un evento imprevisto, lì per lì sorprendente. Un grigio gabbiano atterra sul parapetto e zampetta incerto verso di noi, come per chiedere del cibo. Tale e quale a Frisbee, anche se si capisce subito che non è lui. Naturalmente, non può essere lui. Questo è troppo giovane e snello. La sua espressione è più guardinga e meno sfrontata. Le sue zampe sono libere da fascette metalliche o da altro contrassegno imposto da ornitologi perdigiorno. Pasquale si alza lentamente per non spaventarlo e rientra a passo felpato in casa. Va a frugare in frigo, in cerca di qualche pezzetto di pesce. Quando fa ritorno, il pennuto è già volato via. Evidentemente, è anche meno insaziabile di Frisbee.

- Penso che il mio errore - riprende Pasquale, mentre si riaccomoda sulla sdraio - fosse quello di concentrarmi sul mio sprofondare, anziché sull'atto di camminare sulle acque. Un errore umano. Tu sai che sono un vecchio anarchico, e che non credo nel soprannaturale. Ma c'è - come dire? - un aspetto virtuale della realtà, perfettamente naturale. Solo che siamo abituati a non vederlo. Molto dipende dal punto di vista, come per quelle figurine per ragazzi, che cambiano rappresentazione secondo l'angolatura da cui le guardi. Ebbene, da troppo tempo il nostro punto di vista è sempre lo stesso. Può darsi che Gesù camminasse su degli scogli affioranti, o che l'episodio sia stato inventato. L'importante è che esiste una dimensione in cui certe cose possono accadere. Magari in sogno, o nella nostra immaginazione...

- Suppongo di capire. Tu vuoi dire che le stesse cose prima o poi riusciremo a farle accadere sul serio. Oppure a creare una illusione tale, che sarà difficile distinguerla dalla realtà vera. Addirittura, c'è il rischio che la simulazione prenda il sopravvento, e che diventi l'unica realtà. Solo allora, quando tutti saremo finalmente in grado di camminare sulle acque, ci sorgerà magari il dubbio che essa sia sempre stata l'essenza della realtà stessa. Non è così?

Il presepista improvvisato filosofo sfodera un sorriso socratico, o, se preferite, una brutta copia di quello di Venere che sorge dalle acque del Mediterraneo (che la buon'anima di Botticelli, il celebre pittore, mi perdoni). Come per asserire che le cose stanno press'a poco in questi termini e che infine lui mi riconosce, bontà sua, degno allievo e continuatore. Sia pure, o a maggior ragione, davanti allo schermo speculare di un computer: presunto terminale di un inconscio collettivo, che prenda le mosse dai nostri miti ancestrali, a sua volta sintonizzato con il seno profondo e umido della natura. Paradossalmente e in un certo senso, chissà che non sia proprio la realtà virtuale a decodificare e a riattivare ciò che vi è iscritto da sempre: al di là delle stesse forme approssimative o ingannevoli , che esso ha via via assunto.

- Non scordartelo mai, guaglione, quando sarai laggiù in America - aggiunge il mio compare, con orgoglio a mala pena dissimulato.

Nel cielo sereno, Frisbee secondo approfitta intanto dell'ultima luce della sera per esibirsi in solitarie evoluzioni a picco sulla scogliera. A un tratto, si arresta e rimane inerte, planando nell'aria senza più vento. Non appena le sue ali tornano ad agitarsi, Pasquale è scomparso. La terrazza, la piazzetta, il mercatino, la nostra intera isola, hanno preso le distanze e si allontanano nella mia memoria. Un altro gabbiano, in tutto simile a Frisbee, vola alto sulla sabbia che ha preso il posto della scogliera. Su una spiaggia della California, Cecily e il bambino passeggiano tenendosi per mano. I brevi passi di lui sono incerti e vacillanti. Presto stanco, tende le piccole braccia verso la madre. Allora lei lo solleva in braccio e si gira verso di me, incamminandosi piano verso casa, mentre Pasquale junior si addormenta con la testolina abbandonata su una sua spalla.