PARAGRAFO 2

LA NATURA DELLE CONDOTTE CONTESTATE
NEI CAPI DI IMPUTAZIONE.
L'ORIGINE E IL FONDAMENTO DEL PATTO DI SCAMBIO
TRA ANDREOTTI E COSA NOSTRA.

Nei capi di imputazione formulati nella richiesta di rinvio a giudizio - che perimetrano rigorosamente il thema decidendum ed il thema probandum - questa sequenza di fatti specifici è stata riassuntivamente contestata nel fatto di avere l'imputato "messo a disposizione dell'associazione mafiosa denominata Cosa Nostra, per la tutela degli interessi e per il raggiungimento degli scopi criminali della stessa, l'influenza ed il potere derivanti dalla sua posizione di esponente di vertice di una corrente politica, nonché dalle relazioni intessute nel corso della sua attività, partecipando in questo modo al mantenimento, al rafforzamento e all'espansione dell'associazione medesima".
Nei medesimi capi di imputazione è stato inoltre specificato che l'imputato ha realizzato la condotta incriminata sia partecipando personalmente - in contingenze eccezionali che richiedevano il suo personale intervento - ad incontri con esponenti di vertice di Cosa Nostra, sia intrattenendo rapporti continuativi con l'associazione mafiosa tramite altri soggetti alcuni dei quali aventi posizioni di rilevante influenza politica in Sicilia, sia ponendo in essere - in varie forme e modi, ache mediati - condotte volte ad influenzare, a vantaggio dell'associazione mafiosa, individui operanti in istituzioni giudiziarie ed in altri settori dello Stato.
Negli stessi capi di imputazione si sono, in particolare, sottolineati i seguenti fatti specifici, evidenziati dalle indagini e riconducibili all'imputato:

In sintesi - secondo le risultanze evidenziate dalle indagini, e che formeranno oggetto di prova in questo dibattimento - la condotta di partecipazione contestata si è concretata in un patto di scambio tra l'imputato e Cosa Nostra; patto di scambio che traeva origine e continuo alimento dal potere che l'imputato aveva acquisito, anche grazie all'importante contributo di Cosa Nostra, in quanto capo di una delle più importanti correnti del partito della Democrazia Cristiana.

L'origine e la natura di questo patto di scambio sono intimamente connessi alle varie fasi evolutive, in termini di potenza politica, della corrente andreottiana. Come si dimostrerà in questo dibattimento, la corrente fondata dal sen. ANDREOTTI, fino al 1968, aveva una dimensione ed un respiro quasi esclusivamente regionali, con epicentro nel Lazio.
La corrente compie un salto di qualità, ed assume un peso nazionale, accrescendo in modo determinante il proprio potere contrattuale all'interno del partito, quando, a far data da quell'anno, l'on. Salvo LIMA, già più volte venuto alla ribalta delle cronache nazionali e della Commissione Parlamentare Antimafia per i suoi collegamenti mafiosi, transita dalla corrente fanfaniana a quella andreottiana nella ricerca di nuovi e più ampi spazi di potere personale.
L'on. LIMA porta infatti con sè, all'interno della corrente, non solo il corredo delle vaste e ramificate relazioni di potere che aveva costruito nel corso della sua pregressa attività politica all'ombra dell'on. Giovanni GIOIA ma anche, e soprattutto, il corredo delle sue organiche e risalenti relazioni con alcuni dei più importanti esponenti mafiosi, tra i quali Stefano BONTATE, Antonino e Ignazio SALVO, uomini d'onore della famiglia di Salemi a capo di un impero economico finanziario tra i più potenti dell'isola.
Costoro, da quel momento, pongono al servizio della corrente andreottiana la loro enorme capacità di controllo di larghe fasce dell'elettorato e della vita interna del partito della Democrazia Cristiana, nella quale trapiantano il vasto repertorio della violenza mafiosa.
Tutto questo avviene con la piena consapevolezza e volontà del sen. ANDREOTTI, il quale, infatti, da allora - come si dimostrerà - avrebbe iniziato anche ad avere rapporti diretti con BADALAMENTI, BONTATE, i cugini SALVO, e, dopo l'ascesa dei corleonesi, anche con il nuovo capo di Cosa Nostra, Salvatore RIINA.
Il patto di potere tra l'imputato e Cosa Nostra diventa così indissolubile e si cementa nel tempo per la reciprocità dei vantaggi che ne conseguono.
Il vantaggio personale del sen. ANDREOTTI consiste in una crescita esponenziale del suo potere all'interno del partito e, conseguentemente del suo potere tout court che, in diverse occasioni, diviene determinante per l'elezione del segretario nazionale del partito e che gli consente di sedere da protagonista al tavolo delle trattative con gli altri capicorrente per la spartizione lottizzatoria dei posti di potere in tutto il circuito politico-istituzionale.
D'altra parte l'interesse di Cosa Nostra a sostenere la corrente andreottiana in Sicilia non era collegato solo agli illeciti vantaggi che l'organizzazione poteva ottenere direttamente da interventi personali del sen. ANDREOTTI, al quale ci si rivolgeva solo in casi particolari, ma soprattutto alla possibilità di avvalersi, per soddisfare gli svariati interessi dell'organizzazione che spaziavano in tutti i settori della vita politica ed amministrativa, di una struttura di potere articolata a livello nazionale e ramificata in tutti i principali settori istituzionali.
Mediante l'inserimento dei propri terminali locali in tale struttura nazionale di potere, Cosa Nostra poteva infatti gestire i propri multiformi interessi all'interno del medesimo circuito in cui operava il personale politico andreottiano, utilizzando le stesse leve di potere e la stessa ragnatela di relazioni interpersonali correntizie attivabili dal personale politico di estrazione non mafiosa.
Se per ANDREOTTI il sostegno di Cosa Nostra era divenuto uno dei pilastri del suo potere personale, per l'organizzazione mafiosa ANDREOTTI costituiva la chiave di accesso per entrare da coprotagonista, mediante la sua corrente, nell'area dei più importanti centri decisionali e la possibilità di uscire dal ghetto della politica di piccolo cabotaggio esercitata ai margini delle grandi correnti nazionali.
Ciò che interessava a Cosa Nostra, per l'ordinaria amministrazione degli interessi dell'organizzazione, era solo che ANDREOTTI continuasse a mantenere il suo potere di capocorrente e che la sua corrente fosse a disposizione dell'organizzazione.
Era sufficiente che sotto l'egida del suo potere, al cui rafforzamento Cosa Nostra aveva contribuito, operassero per conto e nell'interesse dell'organizzazione gli uomini della corrente.
Solo nei momenti di crisi, veniva richiesto l'impegno diretto di ANDREOTTI.
In questa prospettiva logica, l'Accusa si propone di dimostrare la natura e l'essenza giuridica della partecipazione di ANDREOTTI a Cosa Nostra.
Il contributo, che l'imputato ha dato alla realizzazione degli scopi propri dell'associazione mafiosa, è consistito proprio nell'avere messo a disposizione, con la consapevole volontà di contribuire così stabilmente alla vita dell'associazione medesima, la struttura articolata di potere della sua corrente, della quale Cosa Nostra poteva usufruire direttamente per le sue molteplici necessità quotidiane senza la necessità che egli intervenisse di volta in volta personalmente.
In quest'ottica, la partecipazione di ANDREOTTI ad incontri con esponenti di vertice di Cosa Nostra, i suoi rapporti con l'on. LIMA e con i cugini SALVO, ed in genere i suoi interventi personali, non vanno considerati riduttivamente solo come i momenti in cui si è esplicata ed esaurita la sua partecipazione a Cosa Nostra, ma piuttosto ed essenzialmente come momenti rivelatori:


E' evidente, alla luce di tutto ciò, che il contributo dell'imputato alla vita dell'associazione mafiosa è stato molto più rilevante di quello fornito da molti uomini di onore formalmente "combinati", già condannati, la cui partecipazione si è esplicata nel mettere a disposizione di Cosa Nostra risorse personali enormemente più modeste di quelle dell'imputato.
E' altresì evidente che tale contributo dell'imputato - per la sua rilevanza, per la sua sistematicità e per la sua continuità nel tempo - travalica ampiamente gli angusti limiti della fattispecie di cui agli artt. 110 e 416 bis C.P., ed integra invece pienamente tutti gli elementi strutturali delle fattispecie contestate nella richiesta di rinvio a giudizio (art. 416 C.P. sino al 28.9.1982 e art. 416 bis C.P. per il periodo successivo), formulata a seguito della conclusione delle indagini e della valutazione delle fonti di prova acquisite.


(1) Ad esempio partecipando a comozi di politici espressi da Cosa Nostra, o imponendo nella direzione nazionale del partito l'inserimento in lista degli stessi.
(2) Per es. l'intervento per l'aggiustamento del maxi-processo