PARAGRAFO 10
LE DICHIARAZIONI
DI GIOACCHINO PENNINO
Ulteriori conferme dei rapporti tra l'imputato e Cosa Nostra verranno
poi dalle dichiarazioni di Gioacchino PENNINO.
Il PENNINO ha iniziato a collaborare con quest'Ufficio il 30 agosto 1994.
Mediante l'esame di Gioacchino PENNINO, affermato professionista palermitano,
medico con varie specializzazioni, militante politico dapprima nella corrente
di Vito CIANCIMINO e poi in altre correnti democristiane e uomo d'onore della
famiglia di BRANCACCIO, il Pubblico Ministero si propone di dimostrare in
questo dibattimento la natura, le modalità e i processi di
evoluzione dei rapporti tra Cosa Nostra e il mondo politico ricostruendo il
quadro impressionante del potere di controllo pressochè globale esercitato
dall'organizzazione mafiosa sul mondo politico palermitano anche nelle sue
proiezioni nazionali.
Un mondo a sovranità limitata.
E ciò nel senso che anche ai più importanti esponenti dei
partiti, o delle correnti dei partiti, veniva riconosciuto uno spazio di
autonoma determinazione ed iniziativa soltanto nei settori attinenti alle
strategie e tattiche nazionali che non coinvolgevano gli interessi
dell'organizzazione mafiosa.
Laddove, invece, erano comunque in gioco questi interessi - in tutti i settori
politici, istituzionali e subistituzionali (Comuni, Province, Regione, Enti ed
aziende pubbliche, aziende di credito, etc.) - l'autentica ed unica
sovranità era quella di Cosa Nostra, che contribuiva a
gestire e a determinare organigrammi, scelte ed equilibri.
Questa tragica realtà verrà in particolare evidenza,
allorchè si ricopercorreranno il vissuto personale del PENNINO e le sue
personali conoscenze su uno dei più grandi protagonisti di questa
pluridecennale egemonia: Salvo LIMA, a partire dal periodo in cui egli faceva
parte, insieme a Giovanni GIOIA ed a Vito CIANCIMINO, della corrente
fanfaniana, cioè di quella corrente che a Palermo aveva
rappresentato tout court il potere, almeno fino al 1968, anno in cui
LIMA aveva fondato in Sicilia la corrente andreottiana.
In particolare, il Pubblico Ministero, nel ricostruire la natura e la
ramificazione dei rapporti esistenti negli anni `50 e `60 tra uomini di Cosa
Nostra e la borghesia professionale e politica di Palermo nel segno di una
ordinaria convivenza, si propone di dimostrare:
- che particolarmente carismatica, oltre che profondamente inserita in questo
contesto di ordinaria convivenza tra Cosa Nostra e borghesia dell'epoca,
era la figura di Gioacchino PENNINO uomo d'onore e zio omonimo del
collaboratore di giustizia, il quale aveva avuto dei trascorsi giudiziari di
notevole rilievo, essendo stato implicato nel processo dei "114", fatti
per i quali egli aveva subito circa due anni di detenzione nel carcere
dell'Ucciardone;
- che persone molto vicine al predetto PENNINO senior erano Tommaso BUSCETTA,
Angelo LA BARBERA, il fratello di quest'ultimo Salvatore LA BARBERA, Giacinto
MAZZARA uomo d'onore della famiglia di Brancaccio, i fratelli Enzo e
Saro MANCINO, Enzo SAVOCA della famiglia di Brancaccio, Gioacchino
TESTA, Pietro CONTE, uomo d'onore della famiglia di Conte Federico(1), Nicola GRECO, ed un altro GRECO detto"l'ingegnere";
- che negli anni `50 e `60 il Circolo di Tiro a Volo , uno dei circoli
più esclusivi di Palermo, e il circolo della stampa, che aveva sede
all'interno del teatro Massimo di Palermo, frequentati da Gioacchino Pennino
yunior, erano luoghi di incontro e di socialità non solo di
esponenti della nobiltà e della buona borghesia cittadina, ma anche
da vari e qualificati esponenti di Cosa Nostra, tra i quali Michele GRECO, suo
cognato Giuseppe CASTELLANA e lo stesso Tommaso BUSCETTA, circondati da
rispetto ;
- che tra i soci del circolo della stampa vi era l'avvocato Giuseppe
CERAMI,uomo d'onore della famiglia di Conte Federico(1) poi divenuto senatore e divenuto molto vicino a
PENNINO yunior.
- che gli antichi orientamenti politici della famiglia mafiosa del PENNINO
furono dapprima in favore del Partito Liberale, e poi in favore della
Democrazia Cristiana a partire dal 1956, epoca in cui Francesco BARBACCIA, uomo
d'onore della famiglia di Gaetano BADALAMENTI, avendo sposato qualche
tempo prima una cugina del PENNINO, aveva incominciato ad interessarsi di
politica, su richiesta esplicita di Salvo LIMA e del vecchio Gioacchino
PENNINO, candidandosi per le comunali e divenendo assessore, primo eletto;
- che lo stesso PENNINO, progredendo nella sua attivit`
professionale e politica, cominciò a destare le attenzioni di
vari esponenti di Cosa Nostra, interessati al sempre più cospicuo
pacchetto di voti che il giovane medico riusciva ad orientare.
- che, a questo proposito, nel 1972-73 il PENNINO fu iscritto presso la sezione
D.C. di Ciaculli su iniziativa di Rosario ZARCONE, dipendente dell'azienda del
gas;
- che in quella sezione tutti venivano iscritti da Salvatore GRECO, detto il senatore;
- che nel 1973 le potenzialità elettorali del PENNINO si
quintuplicarono in quanto questi era stato nominato capo reparto della generica
INAM per tutta provincia sicchè divennero pi[[breve]] pressanti le
attenzioni di Cosa Nostra tant'Ë che anche Gaetano BADALAMENTI,
allora membro dell'organo di vertice di Cosa Nostra, il c.d.
Triumvirato, aveva voluto conoscere il giovane e promettente medico, che
era nipote, oltretutto, del suo fidato uomo d'onore Francesco BARBACCIA;
- che i voti di cui il PENNINO poteva disporre vennero poco dopo (1975)
richiesti ed ottenuti dall'organizzazione per uno dei suoi candidati,
quel Salvatore BRONTE noto alle cronache soltanto per essere sempre stato un
fedelissimo di Vito CIANCIMINO;
- che il BRONTE, delegato del Sindaco a Villagrazia ed impiegato alle Imposte
Dirette, venne rieletto anche alle successive elezioni del 1980; mentre in un
primo momento aderiva alla corrente "fanfaniana", successivamente era
transitato nella corrente di CIANCIMINO.
- che in quel periodo, appunto, il PENNINO si avvicinò alla
corrente di Vito CIANCIMINO;
- che tale avvicinamento si verificò in occasione di di un accordo
spartitorio tra Salvo LIMA e Vito CIANCIMINO riguardante, in quel caso,
l'AMAP (Azienda Municipale Acquedotti di Palermo) e la Cassa di
Soccorso e Malattie per i dipendenti dell' AMAT (Azienda Municipale
Autotrasporti), in forza del quale il PENNINO, con il consenso del LIMA da lui
conosciuto sin da prima del 1960, fu nominato Presidente della Cassa di
Soccorso e Malattie per i dipendenti AMAT ( Azienda Municipale Autotrasporti ),
ente che, nella ripartizione dei centri di potere, era attribuito al CIANCIMINO
con il consenso dell'on. LIMA.
Il Pubblico Ministero si propone altresì di provare:
- che alla fine degli anni `70 il PENNINO venne formalmente combinato,
assumendo la qualità di uomo d'onore riservato con una
cerimonia che si svolse nell'abitazione di Giuseppe SAVOCA ed alla presenza
oltre che dello stesso SAVOCA di Giuseppe DI MAGGIO, DI CACCAMO GIOACCHINO,
peraltro cugino del PENNINO, e di DI PERI Pietro, tutti naturalmente uomini
d'onore;
- che, dopo la sua affiliazione, il PENNINO conobbe personalmente o
quasi tutti gli uomini d'onore della famiglia di Brancaccio, e tra
questi alcuni che , avevano rapporti diretti con esponenti del mondo politico,
quali, ad esempio, i fratelli LO IACONO, intimi amici e sostenitori elettorali
del sen. Giuseppe CERAMI, nonchè Gioacchino Gino DI CACCAMO, cugino
dello stesso PENNINO.
- che il DI CACCAMO, sia per le sue cospicue proprietà terriere,
sia per l' influenza di Cosa Nostra nel settore della produzione e della
trasformazione agricola - era diventato Presidente dell'AS.PO. (Associazione
delle Cooperative dei Coltivatori Diretti) e dell'Ente che era poi subentrato a
questa Associazione;
- che in questa attività, in un primo tempo, insieme al DI CACCAMO
erano impegnati anche Giuseppe ABBATE, capo della famiglia di Roccella
ed uno dei fratelli SACCONE (Orazio o Michele), uomo d'onore della famiglia di
Santa Maria di Gesù
- che per la sua attività il DI CACCAMO aveva anche rapporti con
Salvatore GRECO, uomo d'onore ed esponente di spicco della famiglia mafiosa di
Ciaculli;
- che, a causa di questa sua particolare posizione, il DI CACCAMO aveva
acquisito un notevole ascendente sulla categoria dei coltivatori
diretti, e disponeva quindi di un cospicuo patrimonio di voti, che
riversava su vari esponenti politici, nell'ambito della consueta logica di
scambio tra Cosa Nostra e mondo politico;
- che i suoi candidati - a seconda delle varie contingenze elettorali -
il cianciminiano Salvatore BRONTE, l'avv. Antonino COTTONE, l'on.
Calogero MANNINO e l'on. Attilio RUFFINI.
Il Pubblico Ministero si propone altresì di dimostrare, mediante
l'esame del PENNINO, dei testi di riscontro e di documenti che saranno
indicati, il completo controllo delle attività politiche
svolte nel territorio da parte di Cosa Nostra, e così ad esempio,il
controllo della gestione delle iscrizioni al partito, delle deleghe
per le votazioni congressuali, della scelta dei candidati.
In proposito, il Pubblico Ministero si propone di provare:
- che prima del 1980 molte erano le sezioni della DC sparse nella provincia ed
in città dal 1980 in poi invece, con la istituzione dei consigli
di quartiere - in numero di 25 -, a Palermo si instaurò il sistema della
coincidenza delle sezioni con il quartiere stesso;
- che nel 1978 il PENNINO fu nominato segretario della sezione D.C. di
Ciaculli, carica che mantenne fino al 1980;
- che accettò la nomina solo dopo avere ottenuto il benestare, da lui
espressamente richiesto tramite Giuseppe DI MAGGIO , capo della famiflia
mafiosa di BRANCACCIO, a Salvatore GRECO , esponente di vertice del mandamento
di Ciaculli;
- che durante la gestione del PENNINO la sezione si riunÏ una volta sola
alla "Favarella", nella tenuta del GRECO, in occasione del congresso
provinciale della D.C. del 1979;
- che la gestione di quella sezione di partito era un mero fatto cartolare, ed
era totalmente controllata da Cosa Nostra, anche nella ripartizione delle
deleghe congressuali;
- che in proposito il GRECO stabilì che, delle cinque deleghe che
spettavano alla sezione in proporzione al numero degli iscritti per partecipare
alle votazioni al congresso provinciale, due andavano al PENNINO per la
corrente CIANCIMINO, tre erano riservate ad esso GRECO per la sua corrente,
facente capo a FANFANI, deleghe che sarebbero poi state cedute a Giuseppe
INSALACO, di cui era un accanito sostenitore;
- che il congresso provinciale si tenne presso l'Hotel "La
Zagarella", ed allo stesso partecipò anche Salvatore GRECO;
- che gli appartenenti alla sezione di Ciaculli erano stati quasi tutti
iscritti dallo stesso Salvatore GRECO, o perlomeno con il suo
consenso;
- che Salvatore GRECO detto il senatore svolgeva allora un ruolo
molto attivo in politica, ed aveva come suoi protetti l'on. Giovanni
GIOIA, l'on. Franco RESTIVO, Giuseppe INSALACO e intratteneva altresì
un buon rapporto con Vito CIANCIMINO;
- che Salvatore GRECO, detto il "senatore", si occupava attivamente di
politica, usufruendo in modo esasperato dei criteri clientelari che in quegli
anni, così come nei successivi, connotavano il sistema politico;
- che egli girava casa per casa per procurare voti ai suoi protetti, ed in
particolare all'onorevole GIOIA ed a Giuseppe INSALACO (che il PENNINO
conosceva sin da ragazzino in quanto, insieme a lui ed ai suoi fratelli,
frequentava i gesuiti di "Casa Professa");
- che il rapporto tra GRECO ed INSALACO derivava, dal fatto che l'INSALACO era
stato al seguito del ministro Franco RESTIVO; per la vicinanza con
quest'ultimo, che all'epoca era un personaggio politico molto influente, egli
era riuscito ad aiutare il GRECO, forse evitandogli l'irrogazione di una misura
di prevenzione;
Più in generale, dopo la ricostruzione delle vicende della sezione
della D.C. di Ciaculli, in ordine al tema del metodo di gestione delle
elezioni interne di partito, il Pubblico Ministero si propone di dimostrare che
ta metodo si basava:
- sulla gestione verticistica, e spesso del tutto fittizia, delle
iscrizioni, compiute dai capicorrente spesso all'insaputa degli
interessati, ovvero con domande false, e comunque manipolate anche con la
cancellazione degli iscritti sgraditi;
- sulla manipolazione delle elezioni interne, mediante la formazione di
verbali in bianco riempiti in conformità a pregressi accordi
di vertice, ovvero mediante la formazione di verbali successivamente
alterati;
- sulla conseguente predeterminazione dei risultati dei congressi provinciali,
regionali e nazionale, in relazione agli accordi di vertice.
Tale metodo veniva poi avallato dalla c.d. commissione di garanzia,
nella quale erano rappresentati, direttamente o tramite loro fiduciari, tutti i
capicorrente.
All'interno di questo sistema di gestione del partito, la c.d. base
degli iscritti - quella che avrebbe dovuto teoricamente costituire la
legittimazione democratica del partito - era non solo prevalentemente fittizia,
ma anche e soprattutto l'espressione di investimenti finanziari
certamente non leciti, e il frutto di accordi occulti tra le
correnti.
Nello specifico palermitano, dominato da Cosa Nostra, uno di questi
accordi occulti, estremamente inquietante, era intervenuto tra Vito
CIANCIMINO e Salvo LIMA.
Su questa particolare circostanza - che per il suo significato ai fini delle
indagini sui reali rapporti tra CIANCIMINO, LIMA e ANDREOTTI verrà
approfondita più oltre, il Pubblico Ministero si propone di
dimostrare:
- che per quanto riguarda le tessere, le relative quote venivano pagate solo da
pochissimi iscritti; per il resto erano i leaders del partito a
finanziare il tesseramento;
- che a Palermo per CIANCIMINO pagava LIMA, secondo un accordo intercorrente
tra i due politici; accordo noto tra gli altri anche a GRAFFAGNINI, segraterrio
provinciale della D.C. e uomo di LIMA;
- che la spesa sostenuta annualmente non era certo indifferente, in quanto solo
per le tessere accreditate a CIANCIMINO il LIMA doveva sborsare non meno di 50
milioni di lire all'anno, per non parlare delle tessere degli
"andreottiani", che erano un gran numero;
- che in compenso, gli uomini di CIANCIMINO in occasione dei congressi votavano
per ANDREOTTI, sebbene dalla corrente "andreottiana" il predetto si
fosse formalmente distanziato.
In ordine ai rapporti tra LIMA, i cugini SALVO, il sen. ANDREOTTI e
Vito CIANCIMINO, il Pubblico Ministero, tramite l'esame del PENNINO e di testi
di riscontro, si propone di dimostrare:
- che sin dagli anni `60 le scelte determinanti relative alle elezioni ed alla
formazione delle giunte degli organi rappresentativi venivano fatte in riunioni
tra alcuni esponenti politici, tra i quali LIMA, ed uomini di Cosa Nostra;
- che le liste dei candidati venivano decise da LIMA, PENNINO senior e
BRANDALEONE;
- che i rapporti tra PENNINO senior e l'onorevole Salvo LIMA erano di grande
affinità sia sul piano personale che su quello politico;
- che ai due erano altresì molto legati Tommaso BUSCETTA e i fratelli LA
BARBERA e che la loro frequentazione era molto assidua;
- che ,ad esempio, LIMA, GIOIA, PENNINO e Nino SORCI "u riccu" gestirono
in piena armonia una speculazione edilizia su un terreno vicino il parco di
Orleans;
- che in una riunione, Gioacchino PENNINO senior, Salvo LIMA, Tommaso BUSCETTA
e il sen. CERAMI discussero della prossima formazione della Giunta Comunale di
Palermo;
- che la riunione si svolse nella casa di Salvo LIMA, un appartamento ubicato
in un palazzo del Banco di Sicilia, al quale si accedeva oltre che da un
ingresso principale che dava in viale Piemonte o viale Campania, anche da un
ingresso laterale che dava su viale Lazio;
- che scopo della riunione era quello di convincere il CERAMI ed Ernesto DI
FRESCO a non entrare nella giunta comunale;
- che l'ascesa politica di LIMA fu determinata da Cosa Nostra, con
pubbliche riunioni di politici e di uomini d'onore a Monreale, nella casa
paterna dei GRECO di Croceverde Giardini e in altre località del
palermitano;
- che nei primi anni `60, Salvo LIMA, già Sindaco di Palermo, era
personalmente accompagnato a quelle riunioni dagli esponenti più noti
ed autorevoli dell'organizzazione.
- che durante la seconda campagna elettorale per le comunali affrontata da LIMA
nei primi anni `60, quando già il predetto rivestiva la carica di
Sindaco essendo subentrato al sindaco in carica, deceduto, il PENNINO
partecipò ad alcune riunioni tenutesi per sostenere LIMA elettoralmente,
su invito di Ferdinando BRANDALEONE;
- che in particolare una volta a "La Rocca" poco prima di Monreale,
presso la locale sezione D.C. si tenne una manifestazione alla quale il LIMA
partecipò accompagnato e sostenuto da vari esponenti mafiosi tra i quali
i fratelli LA BARBERA, Gioacchino PENNINO senior e PENNINO yunior, Tommaso
BUSCETTA, i fratelli MANCINO e Ferdinando BRANDALEONE, compagno inseparabile
del LIMA;
- che in un'altra occasione, sempre con le stesse persone e con LIMA, si tenne
una riunione a Croce Verde Giardini a casa del padre di Michele GRECO
("e;Piddu"GRECO);
- che insieme al solito gruppo vi erano anche tale Arturo VITRANO, che
frequentava anch'egli il Circolo della stampa ed era amico di Cecè
SORCE, e Nicola GRECO, detto "Cola", uomo di notevole statura e possanza
fisica;
- che altre riunioni con gli stessi partecipanti vennero indette in altre
borgate di Palermo, ma il PENNINO non vi partecipò; che
- che i rapporti tra il giovane PENNINO e LIMA si erano quindi diradati, e
tornarono poi più intensi e frequenti alla fine degli anni `70,
allorchè Cosa Nostra aveva deciso un temporaneo riavvicinamento dei
cianciminiani alla corrente andreottiana, in funzione di un nuovo equilibrio
funzionale agli interessi dell'organizzazione.
Al riguardo il Pubblico Ministero si propone di dimostrare che nel 1968
si verifica un evento che determina un mutamento radicale sia nell'assetto dei
rapporti tra Cosa Nostra e correnti politiche della D.C., sia negli
equilibri di potere della D.C. siciliana, sia - infine - negli equilibri di
potere tra le correnti nazionali della D.C.
Salvo LIMA, il candidato allora privilegiato di Cosa Nostra, rompe con
il fanfaniano Giovanni GIOIA, e diviene il capocorrente di ANDREOTTI in
Sicilia.
Per converso, la corrente di ANDREOTTI, da semplice corrente
laziale, si trasforma col nuovo apporto siciliano in un gruppo di potere
sempre più rilevante per gli equilibri nazionali del partito.
Con riferimento a questo snodo fondamentale, il Pubblico Ministero si propone
di dimostrare, mediante l'esame del PENNINO e di testi di riscontro:
- che dal 1968 in poi si consolidò il legame tra l'onorevole LIMA e
l'onorevole ANDREOTTI;
- che alle elezioni nazionali di quell'anno, infatti, LIMA conseguì un
numero di voti superiore a quello del suo capo-corrente GIOIA; ciò
determinò una frattura tra i due, che trapelò vistosamente anche
all'esterno, ed il conseguente avvicinamento alla corrente
"andreottiana", dalla quale LIMA non si staccò fino alla morte;
- che, in base all'esperienza personale del PENNINO, LIMA non aveva rapporti
diretti con il suo elettorato, in quanto il suo ruolo era quello di capo
corrente, e lui lasciava le incombenze relative alla gestione ed
all'organizzazione dei suoi problemi elettorali e di partito a degli uomini
chiave, di sua fiducia, ai quali tali compiti venivano completamente delegati
pur sempre sotto il suo controllo;
- che tra le persone di fiducia di LIMA vi erano Ferdinando BRANDALEONE, che
curava i suoi rapporti con Cosa Nostra. Francesco MINEO, che svolgeva in parte
lo stesso compito, preoccupandosi altresì di organizzare tutta la politica
elettorale ed economica del bagherese. Nicola GRAFFAGNINI, segretario
provinciale del partito (DC), presidente dell'AMAT e dirigente dell'AMAP, e
Giuseppe BLANDA di Partinico, del comitato regionale, già
presidente dell'EPT, i quali ultimi si occupavano di organizzare il partito, le
elezioni, i rapporti con le sezioni, i rapporti con i componenti del partito
eletti nei vari consigli di amministrazione. Sebastiano PURPURA e Nando LIGGIO,
che negli ultimi tempi erano le persone più vicine a LIMA, svolgendo
gli stessi compiti degli ultimi due.
Un altro evento personalmente vissuto dal PENNINO nel 1980 Ë stato
quello dell'adesione di CIANCIMINO alla corrente di ANDREOTTI.
Al riguardo il Pubblico Ministero si propone di dimostrare:
- che tale adesione fu decisa dagli esponenti di vertice di Cosa Nostra, in un
momento storico in cui le due correnti D.C. governate
dall'organizzazione - la cianciminiana dai corleonesi, e
l'andreottiana dal gruppo moderato capeggiato da Stefano BONTATE
- si coalizzarono per far fronte comune dinanzi al pericolo rappresentato dal
nuovo corso politico di Piersanti MATTARELLA, che rischiava di sconvolgere il
pluridecennale dominio dell'organizzazione sulla politica e sugli affari
di Palermo e di tutta la Sicilia;
- che, in particolare, tra il 1979 ed il 1980 Giuseppe DI MAGGIO, capo
della famiglia di Brancaccio, facendosi portavoce di una decisione dei
corleonesi trasmessa tramite Michele GRECO, in quel periodo Capo della
Commissione Provinciale di Palermo di Cosa Nostra, anticipò al PENNINO
che alla riunione che si sarebbe tenuta di lì a poco a casa di CIANCIMINO
sarebbe stata avanzata dallo stesso CIANCIMINO la proposta di aderire alla
corrente di ANDREOTTI;
- che effettivamente alla successiva riunione venne decisa la adesione del
gruppo di CIANCIMINO alla corrente di ANDREOTTI;
- che ANDREOTTI era al corrente, anche perchè al congresso nazionale i
delegati cianciminiani votarono per lui;
- che lo stesso CIANCIMINO, dopo tale adesione, decise l'inserimento di alcuni
suoi uomini nelle liste comunali, insieme a LIMA;
- che i suoi sette uomini erano CALDERONE, LO JACONO, SALVAGGIO, BRONTE,
MIDOLO, MAZZUCCO (che poi non fu eletto), CIRA', a cui si aggiunse l'avvocato
Nino COTTONE, proposto dai coltivatori diretti, di cui era il legale;
- che i consiglieri provinciali invece erano ABBATE, MAZZARA e LIBERTI;
- che l'avvocato COTTONE, il quale aderì al gruppo di CIANCIMINO,
era parente di Salvatore GRECO detto il senatore.
- che qualche tempo dopo, però, il gruppo di Vito CIANCIMINO
riacquistò la sua autonomia in quanto dopo l'omicidio di Piersanti
MATTARELLA ed un congruo periodo di normalizzazione, era cessata la
necessità del fronte comune;
- che dopo il conflitto interno a Cosa Nostra scoppiato nel 1981 e 1982, e la
definitiva vittoria dei Corleonesi, cambiaronono nuovamente gli
equilibri in quanto i Corleonesi si impossessano delle amicizie politiche
dei loro avversari.
E' in tale nuovo contesto di rapporti tra Cosa Nostra ed i suoi referenti
politici che si spiega quanto accade - due anni dopo - al Congresso
regionale della D.C. di Agrigento.
I cianciminiani - ufficialmente emarginati - votarono in
realtà per ANDREOTTI.
Come si dimostrerà al di sotto degli apparenti contrasti tra LIMA
e CIANCIMINO, i Corleonesi impongono un accordo sotterraneo tra i
due gruppi e si legano ad ANDREOTTI, subentrando definitivamente in quel
rapporto con questi che prima era stato gestito dai perdenti BONTADE e
BADALAMENTI.
Mediante l'esame del PENNINO, del collaboratore di giustizia Giovanni DRAGO,
dei testi indicati ai n 189-199 dela lista depositata e di documenti che
saranno indicati, il Pubblico Ministero si propone di dimostrare ulteriormente
che in occasione delle elezioni politiche nazionali del 1987 il vertice di
Cosa Nostra adottò la linea di penalizzare la D.C. e di sostenere il
P.S.I.; linea determinata - per un verso - dall'esigenza di lanciare un
pesante avvertimento ai propri referenti che, in seno alla
Democrazia Cristiana, non si impegnavano a sufficienza contro il
maxi-processo, e - per altro verso - dall'aspettativa che tale
impegno venisse svolto dal P.S.I..
Al riguardo il P.M. si propone di provare:
- che nel 1987 Giovanni DRAGO, uomo d'onore della famiglia di Corso dei Mille
e componente del gruppo di fuoco del mandamento di Brancaccio, comunicò
al PENNINO che, per le elezioni nazionali che di lÏ a poco si sarebbero
svolte, la parola d'ordine del vertice di Cosa Nostra, in tutte le sue
componenti, era quella di votare per il PSI, abbandonando la DC, in quanto vi
era tra l'altro un impegno del PSI e di MARTELLI in particolare di
"risolvere i problemi dei mafiosi";
- che in particolare si doveva quindi votare per i candidati socialisti, che
erano MARTELLI, FIORINO, ALAGNA e REINA;
- che esponenti mafiosi svolsero in occasione di quelle elezioni un'azione di
intimidazione nei confronti di attivisti della D.C. ,del P.C.I e di altri
partiti, mai verificatasi negli anni precedenti nè ripetutasi negli anni
successivi, impedendo l'affissione dei manifesti elettorali, la diffusione di
volantini, imponendo la chiusura di comitati elettorali;
- che i medesimi esponenti svolsero una concreta ed incisiva azione di sostegno
elettorale per il P.S.I. organizzando e finanziando con denaro
dell'organizzazione mafiosa riunioni elettorali con centinaia di persone per
esponenti del P.S.I. e svolgendo una capillare propaganda per quel partito; e
consigliere comunale e regionale;
- che in effetti in effetti alle elezioni del 1987 il PSI ebbe una buona
affermazione particolarmente elevata nei quartieri a più alta
densità mafiosa.
IL Pubblico ministero si propone altresì di fornire
acquisiretramite l'esame del PENNINO, il quale ha avuto rapporti personali di
conoscenza e di frequentazione con i cugini Antonino ed Ignazio Salvo,
ulteriori elementi di prova circa:
A proposito dei regali effettuati ai coniugi SANGIORGI-SALVO in occasione
delle loro nozze, è poi emersa un'altra significativa circostanza.
Mediante l'esame del noto fotografo palermitano Nicolò SCAFIDI si
dimostrerà che questi svolse il servizio fotografico, comprensivo
di ripresa cinematografica, delle nozze SANGIORGI-SALVO, e fotografò
nella circostanza anche i regali di nozze.
Tuttavia, custodì i negativi soltanto per alcuni mesi perchè - su
richiesta di Nino SALVO - li consegnò a lui, compresi i provini e
facendoseli pagare.
Il regalo di ANDREOTTI, però, non è stato trovato.
Mediante l'esame del PENNINO si chiarirà il motivo di tale mancato
ritrovamento, si proverà infatti:
- che tra il PENNINO e Gaetano SANGIORGI detto "Tani" vi sono sempre
stati ottimi rapporti, sia sul piano professionale che su quello personale,
anche perchè il SANGIORGI è stato sempre grato al PENNINO per
l'aiuto datogli all'inizio della sua attività professionale;
- negli ultimi mesi del 1993, quando già andava e veniva
frequentemente dalla Croazia, dove aveva deciso di trasferirsi, esso PENNINO
incontrò il SANGIORGI diverse volte presso il suo laboratorio di via
Principe di Belmonte;
- in uno di questi incontri, nel novembre del 1993, il SANGIORGI asserì
che poco tempo prima aveva subito una perquisizione da parte di agenti della
DIA i quali non avevano trovato quel che cercavano, e cioè un regalo che
egli aveva ricevuto dall'onorevole ANDREOTTI in occasione del suo matrimonio
con la figlia di Nino SALVO;
- che SANGIORGI confermò che in realtà per il matrimonio il
detto uomo politico gli aveva regalato un enorme vassoio d'argento, che
tuttavia egli era riuscito a nascondere proprio per evitare che venisse
individuato.
(1) Brancaccio.