PARAGRAFO 12
LE DICHIARAZIONI
DI ANTONINO CALDERONE
Particolarmente utili - per la comprensione del contesto dei rapporti mafia-politica in cui si inserisce l'oggetto di questo giudizio - saranno anche le dichiarazioni di Antonino CALDERONE.
Attraverso la sua testimonianza, l'Accusa potrà fornire informazioni precise sulla forza elettorale dell'organizzazione, e, dunque, sul suo potere di scambio e di condizionamento.
Risulterà infatti che:
- nel periodo considerato dal CALDERONE, la famiglia di Santa Maria di Gesù era la più numerosa e contava circa 200 membri; si trattava di una forza d'urto terrificante, se si tiene presente che ogni uomo d'onore, tra amici e parenti, può contare almeno su 40-50 persone, che ne seguono pedissequamente le direttive (cfr. su tale punto quanto riferirà Gaspare MUTOLO);
- ciò può dare la dimensione dell'importanza del ruolo che gioca la mafia nelle competizioni elettorali; é sufficiente che la regione indichi per quale partito bisogna votare, perchè su quel partito si riversino almeno decine di migliaia di voti, con l'elezione di molti candidati non ostili, anzi favorevoli, alla mafia;
- se si pensa che a Palermo vi erano almeno 18 mandamenti e che ognuno di essi comprende non meno di due o tre famiglie, ci si rende immediatamente conto di che cosa significhi l'appoggio della mafia nelle competizioni elettorali;
- a titolo di esempio, un episodio significativo avvenne a Catania quando Tino Castro, e cioè Agatino Francesco FERLITO, prese a schiaffi, in piena assemblea provinciale della Democrazia Cristiana, l'on. Giuseppe DRAGO (già capo della corrente andreottiana a Catania); e ciò perchè - mentre Tino Castro stava vantando il proprio appoggio elettorale e quello del suo gruppo - l'on. DRAGO cercò di prendere le distanze, minimizzando quell'appoggio.
Attraverso la testimonianza del CALDERONE, l'Accusa dimostrerà poi un altro fatto specifico, riguardante proprio l'on. Salvo LIMA ed i cugini Antonino ed Ignazio SALVO.
L'on. Salvo LIMA era elettoralmente "portato avanti" dai cugini SALVO, ai quali era legatissimo.
Di conseguenza, i fratelli Giuseppe ed Antonino CALDERONE - dopo aver tentato invano di far trasferire da Catania un funzionario di Polizia, il dott. Francesco CIPOLLA, che li disturbava con le sue indagini - si rivolsero a Nino ed Ignazio SALVO, andandoli a trovare negli uffici dell'Esattoria di Palermo ed esponendo loro il problema.
I cugini SALVO fissarono allora un appuntamento con "Salvino" (l'on. LIMA) a Roma.
L'incontro avvenne negli uffici di Francesco MANIGLIA, siti in una via del centro storico di Roma, e vi parteciparono i fratelli Antonino e Giuseppe CALDERONE (all'epoca rappresentante della provincia di Catania), Nino SALVO e l'on. Salvo LIMA.
L'on. LIMA ascoltò la loro richiesta, dicendo poi che si sarebbe interessato della faccenda.
Successivamente, Giuseppe CALDERONE fu informato dai cugini SALVO che l'on. LIMA aveva tentato di far trasferire il CIPOLLA senza successo, ma che il ministro competente dell'epoca aveva detto al LIMA di pazientare un pò perchè tanto quel funzionario, di lì a poco, sarebbe andato via spontaneamente per motivi forse inerenti al lavoro di sua moglie.
Ciò accadde prima che Antonino CALDERONE si desse a volontaria "clandestinità", andandosene via da Catania per Palermo, dopo aver subìto una visita dei poliziotti a casa, e quindi nell'autunno del 1976.
L'on. LIMA, a suo tempo escusso dal Giudice Istruttore, ha negato di avere mai incontrato i fratelli CALDERONE, nonchè di avere ricevuto delle sollecitazioni per il trasferimento del dott. CIPOLLA.
L'ing. Francesco MANIGLIA, del pari, escluderà che nei locali del suo ufficio in Roma sia avvenuto l'incontro riferito dal CALDERONE, ma ammetterà, tuttavia, alcune circostanze che avvalorano significativamente l'attendibilità delle dichiarazioni del CALDERONE.
Attraverso la testimonianza del MANIGLIA si dimostrerà infatti che:
- gli uffici romani dell'impresa MANIGLIA e l'appartamento-studio del LIMA erano ubicati sullo stesso piano di uno stabile di via Campania n. 31, in Roma, ovvero nei pressi di via Veneto;
- il MANIGLIA ha intrattenuto lunghi ed intensi rapporti con i cugini SALVO, di cui era pure stato socio nella CO.SI.TUR., società che gestiva l'Hotel ZAGARELLA;
- i SALVO utilizzavano talvolta - anche a sua insaputa - gli uffici romani della sua impresa per incontri riservati, e lui non aveva la forza per chiedere loro spiegazioni di alcun genere, come peraltro accadeva per l'uso, in quegli anni, dell'aereo privato della sua impresa.