Con riferimento al primo tema, attraverso la testimonianza del DI MAGGIO ed i relativi riscontri l'Accusa dimostrerà che i capi di Cosa Nostra decisero il comportamento da seguire in occasione delle elezioni politiche del 1987 in una riunione cui presero parte - tra gli altri - lo stesso DI MAGGIO, Salvatore RIINA, Antonino MADONIA, Salvatore CANCEMI.
La riunione era stata convocata dal RIINA per stabilire se i voti di Cosa Nostra dovessero confluire sulla D.C. ovvero sul P.S.I., poichè i democristiani "non facevano il loro dovere".
Infatti, il RIINA lamentava che la D.C. non aiutava l'organizzazione in relazione all'andamento del maxi-processo.
L'incontro si concluse con la decisione di votare per il P.S.I. e, in particolare, per l'on. MARTELLI, non già perchè quest'ultimo avesse legami con Cosa Nostra, ma per "dare uno schiaffo" alla D.C.
Fu consentito tuttavia, a seguito di un'osservazione in tal senso di Antonino MADONIA, di continuare a votare singoli candidati democristiani, purchè fossero "amici" e si prestassero ancora ad aiutare le famiglie con cui avevano rapporti.
Risulterà, inoltre, che il DI MAGGIO ebbe ad incontrare personalmente i cugini Antonino ed Ignazio SALVO, congiuntamente o separatamente, in tre occasioni successive:
Qual era il contenuto di questo messaggio?
RIINA voleva un appuntamento per incontrare l'on. ANDREOTTI.
L'incontro era poi effettivamente avvenuto nella casa palermitana di Ignazio SALVO nel pomeriggio di un giorno collocato alcuni mesi dopo le elezioni politiche del giugno 1987 (quindi nell'estate-autunno).
Quel giorno Salvatore RIINA, tramite Michelangelo LA BARBERA, convocò il DI MAGGIO per le ore 14.30 in un magazzino vicino ad un "pollaio" dietro la Casa del Sole (individuato dalla p.g.).
RIINA giunse all'appuntamento accompagnato da Giuseppe SANSONE (1) con una utilitaria, e prese posto con il DI MAGGIO a bordo della Golf bianca di quest'ultimo, dicendogli che, da soli, dovevano andare da Ignazio SALVO.
Giunti davanti al cancello del garage dell'edificio in cui abitava il SALVO, essi trovarono Paolo RABITO, che aprì loro il cancello e fece parcheggiare la macchina nel garage.
Con un ascensore privato, RIINA, DI MAGGIO e RABITO salirono nella casa di Ignazio SALVO, il quale li fece entrare in una stanza, ove si trovavano l'on. Giulio ANDREOTTI e l'on. Salvo LIMA, i quali si alzarono e li salutarono; il DI MAGGIO strinse la mano ai due deputati, e baciò Ignazio SALVO.
RIINA, invece, salutò con un bacio tutte e tre le persone (ANDREOTTI, LIMA e Ignazio SALVO), mentre il DI MAGGIO subito dopo andò, insieme al RABITO, in un'altra stanza.
Dopo un po' di tempo (circa 3 ore - 3 ore e mezza), richiamato da Ignazio SALVO, il DI MAGGIO ritornò nel salone-studio, salutò le persone che erano ancora lì presenti (e cioè l'on. ANDREOTTI e l'on. LIMA), stringendo loro la mano, e se ne andò con il RIINA.
Egli non aveva mai visto prima, né rivide più in seguito, di presenza, né l'on. ANDREOTTI, né l'on. LIMA, e dopo quell'incontro non rivide più neanche Ignazio SALVO.
Come si vede, anche le dichiarazioni del DI MAGGIO confermeranno integralmente l'esattezza del quadro che forniranno gli altri collaboranti in ordine:
Inoltre, le precisazioni che fornirà il DI MAGGIO sulla collocazione temporale dell'incontro e sull'oggetto del colloquio (a lui del tutto ignoto) appaiono coerenti con una ricostruzione delle linee evolutive di quel rapporto di scambio che, anche secondo altri collaboranti, cominciava ad incrinarsi già nel 1987, e comunque in epoca anteriore alla sentenza emessa dalla Corte di Cassazione nel maxi-processo.