PARAGRAFO 9

LE DICHIARAZIONI
DI SALVATORE CANCEMI

Informazioni di estremo interesse sui rapporti tra il sen. ANDREOTTI e Cosa Nostra verranno fornite, in questo dibattimento, da un altro collaborante che ha fatto parte, fino a tempi recentissimi, dell'organismo di vertice dell'associazione mafiosa, in quanto componente della Commissione provinciale di Palermo: Salvatore CANCEMI.

In particolare, il CANCEMI verrà richiesto di riferire quanto a sua conoscenza sui seguenti temi:


Per quanto riguarda il tema riguardante le elezioni politiche del 1987, dalla testimonianza del CANCEMI, e dai relativi riscontri, risulterà che:


Queste circostanze, riferite dal CANCEMI già in un interrogatorio del 19 ottobre 1993, riceveranno un eccezionale riscontro nella testimonianza dello stesso Claudio MARTELLI.
Secondo quanto potrà qui riferire l'ex Ministro della Giustizia, infatti, la candidatura a Palermo, per le elezioni del 1987, gli era stata proposta proprio dagli onorevoli Filippo FIORINO e Giuseppe REINA, i quali erano andati a trovarlo a Roma prospettandogli una linea di "rinnovamento" del P.S.I. siciliano.
Le informazioni riferite dal CANCEMI sul punto risulteranno, dunque, più che attendibili.
E, sulla linea politica allora adottata dai capi di Cosa Nostra nelle loro "relazioni esterne" con il mondo politico nazionale, attraverso le dichiarazioni del CANCEMI risulterà confermato che:

Sulle vicende successive alle elezioni politiche del 1987, l'Accusa dimostrerà quindi che Cosa Nostra "non si era trovata bene" con i socialisti.
Ed in effetti, il Ministro MARTELLI non aveva corrisposto alle attese dell'organizzazione, ed in particolare non aveva intrapreso contro il maxi-processo di Palermo la stessa azione demolitoria già realizzata, invece, sull'onda del "caso TORTORA", contro il maxi-processo di Napoli.
Inoltre, era intervenuto un nuovo "patto" tra l'organizzazione ed i suoi tradizionali referenti politici, i quali non avevano evidentemente sottovalutato il "segnale" loro inviato in occasione delle elezioni politiche del 1987.
Verrà quindi evidenziata la effettiva ragione di un evento, come quello dell'incontro a Palermo, nella casa di Ignazio SALVO, tra il supremo capo di Cosa Nostra, Salvatore RIINA, ed il supremo referente politico nazionale dell'organizzazione; incontro avvenuto proprio dopo le elezioni politiche del 1987.
A causa del mutato atteggiamento di Cosa Nostra sul piano elettorale, le sorti del potere andreottiano in Sicilia (e quindi anche in Italia) erano in grave pericolo.
Occorreva rassicurare RIINA, ma questi non si accontentava più, evidentemente, delle facili promesse dell'on. LIMA. Occorreva una garanzia al massimo livello, e, dunque, l'intervento personale di ANDREOTTI.
Questo fu chiesto ed ottenuto da RIINA in quel giorno di autunno del 1987.
Cosa Nostra ritornò a sostenere elettoralmente i suoi antichi referenti; e, quando questi "tradirono", fu ucciso l'on. LIMA in maniera tale da compromettere irreversibilmente il coronamento del quarantennale disegno di potere di ANDREOTTI: la elezione a Presidente della Repubblica.
Attraverso la testimonianza del CANCEMI, l'Accusa dimostrerà quindi che:


Ancora una volta, l'informazione fornita dal collaborante troverà riscontro nelle altre risultanze processuali.
L'on. LIMA, diretto "referente" di Cosa Nostra in Sicilia, non avrebbe avuto, da solo, concrete possibilità di influenzare il giudizio della Corte di Cassazione.
Ciò poteva fare, invece, il suo "referente" nazionale, il sen. ANDREOTTI, o direttamente, o indirettamente, attraverso il collaudato canale rappresentato da Claudio VITALONE; quel VITALONE che - secondo quanto risulta dalle dichiarazioni di SBARDELLA, e risulterà inoltre da varie altre testimonianze, tra cui quella di Claudio MARTELLI -era la "longa manus" di ANDREOTTI negli ambienti giudiziari romani, ed in particolare nei riguardi del Presidente CARNEVALE, e che, secondo altre plurime testimonianze, raccolte in questo procedimento ed in quello sull'omicidio PECORELLI, era inoltre legato ai cugini Antonino ed Ignazio SALVO.

Ma le parole di Raffaele GANCI e di Michelangelo LA BARBERA comportavano la certezza di un interessamento poi effettivamente svolto dall'on. ANDREOTTI per influire sul giudizio della Corte di Cassazione, ovvero soltanto l'ipotesi che l'on. LIMA potesse rivolgersi a tale scopo all'on. ANDREOTTI?
In proposito, attraverso la testimonianza del CANCEMI, l'Accusa evidenzierà un ulteriore significativo episodio.
Quando la stampa e la televisione diffusero con abbondanza di particolari gli episodi riferiti dai collaboranti sul conto dell'on. ANDREOTTI, ciò costituì ovviamento oggetto di commenti.
In particolare, nel periodo in cui i giornali pubblicarono le dichiarazioni rese da Baldassare DI MAGGIO anche sul conto dell'on. ANDREOTTI, si verificò un episodio specifico.
Mentre CANCEMI era latitante, ed abitava in una casa vicina alla sua residenza di via Portello. Di quando in quando lo veniva a trovare Raffaele GANCI, egli pure latitante, e si tratteneva per un po'.
In una di queste occasioni, CANCEMI e GANCI stavano leggendo su un giornale (probabilmente Il Giornale di Sicilia) un articolo in cui si riferiva l'episodio dell'incontro, avvenuto nell'abitazione di Ignazio SALVO, tra RIINA, l'on. LIMA e l'on. ANDREOTTI; l'episodio in cui, stando alle dichiarazioni del DI MAGGIO, RIINA aveva baciato l'on. ANDREOTTI.
Alla lettura dei resoconti giornalistici di quell'episodio, comprensibilmente inclini alla enfatizzazione del dettaglio del bacio, CANCEMI aveva avuto una istintiva reazione di incredulità, pensando che il DI MAGGIO avesse raccontato delle fandonie.
Ma il collaborante si era dovuto subito ricredere, di fronte alla serissima risposta di Raffaele GANCI, uno dei capi di Cosa nostra più vicini a Salvatore RIINA, ed egli stesso organizzatore della strage di Capaci.
Il GANCI, infatti, aveva confermato - con tono assolutamente serio - che DI MAGGIO diceva la verità, perchè i rapporti con i SALVO e LIMA RIINA li faceva tenere proprio a DI MAGGIO.
In effetti - secondo quanto risultava anche a CANCEMI - a RIINA interessava soltanto uno che pigliava l' "ambasciata" e la portava, anche un "cucuzzone" andava bene, purchè fosse una persona assolutamente fidata; e tale era DI MAGGIO.
Con riferimento alla motivazione dell'omicidio dell'on. LIMA, attraverso la testimonianza del CANCEMI l'Accusa dimostrerà che:

Evidentemente, ai capi di Cosa Nostra non mancavano le informazioni, anche se riguardanti vicende delicatissime svolgentisi all'interno delle Istituzioni.
Qualcuno ovviamente, nel riferire dette notizie ai tramiti dell'organizzazione, aveva enfatizzato la natura ed i termini dell'intervento del dott. FALCONE, il quale - come risulterà dalle testimonianze dei suoi collaboratori del Ministero(1) - si era limitato a seguire, con doverosa attenzione, le fasi dell'assegnazione del maxi-processo in Cassazione per evitare ritardi ed inconvenienti; ed aveva altresì intrapreso, a seguito di direttiva del Ministro MARTELLI, una attività di verifica (il c.d. "monitoraggio") delle sentenze della Prima Sezione della Corte di Cassazione, che aveva evidenziato serie " anomalie(2)."
E tuttavia resta il fatto che - come sostanzialmente era stato recepito all'interno di Cosa Nostra - l'attenzione dimostrata dal Ministro MARTELLI e dal Giudice FALCONE aveva certamente contribuito a frustrare il disegno di "smantellamento" in Cassazione del maxi-processo.
Ma chi, in particolare, si accingeva a questo "smantellamento", che avrebbe determinato la vittoria definitiva di Cosa Nostra sul magistrato che l'aveva pi efficacemente combattuta?
Anche dalla testimonianza del CANCEMI risulterà che:


Sui rapporti intrattenuti da Cosa Nostra con il sen. ANDREOTTI, principalmente per tramite dei cugini SALVO, attraverso la testimonianza del CANCEMI l'Accusa evidenzierà che:

Ed ancora, con riferimento alla motivazione dell'omicidio di Ignazio SALVO - identica a quella dell'omicidio dell'on. LIMA, e collegata "alle promesse non mantenute soprattutto in relazione all'esito del maxi-processo" - attraverso la testimonianza del CANCEMI sarà possibile comprendere che:

Ancor più in dettaglio - con riferimento ad un episodio già ricordato, in termini analoghi, da Tommaso BUSCETTA e da Francesco MARINO MANNOIA, il tentativo di aggiustamento del processo RIMI - dalla testimonianza del CANCEMI risulterà confermato che:

Sull'omicidio PECORELLI, attraverso la testimonianza del CANCEMI l'Accusa evidenzierà che:

Per quanto riguarda, infine, il tema dell'aggiustamento di processi, il CANCEMI potrà dettagliatamente riferire un episodio da lui direttamente vissuto, ed attinente al tentativo di aggiustamento del c.d. maxi-ter, attuato mediante il versamento di una ingente somma di denaro al prof. Giovanni ARICO', considerato uno dei canali più efficaci per arrivare al Presidente Corrado CARNEVALE.


V., infra , il Capitolo dedicato ai tentativi di aggiustamento del maxiprocesso.
V., infra , sul punto, la deposizione di Gian Nicola SINISI.