TRIBUNALE DI PALERMO

V SEZIONE PENALE

PROCEDIMENTO PENALE N. 505/95 R.G.T.

CONTRO ANDREOTTI GIULIO

UDIENZA DEL 09/01/96



La costituzione delle parti non viene trascritta perché allegata agli atti.

INTERVENTO DEL PRESIDENTE - Faccio presente che il collaborante è anche teste della difesa.

INTERVENTO DELLA DIFESA - Avv. Sbacchi - No, Presidente, noi riteniamo di dover differire ad altra data l'esame come teste della difesa. Perché potranno nascere nel procedimento altre esigenze, e quindi sarà di un momento successivo questo.

VIENE INTRODOTTO IL COLLABORANTE: TOMMASO BUSCETTA

INTERVENTO DEL PRESIDENTE - Buscetta, lei qui presente sarà interrogato ove lo voglia nella sua qualità di imputato di reato connesso. Lei intende rispondere alle domande? E` presente il suo avvocato, avvocato Ligotti. Dia le sue generalità.

RISPOSTA - Sì. Sono Tommaso Buscetta, nato a Palermo il 13 luglio del 1928. Prima di cominciare l'interrogatorio, signor Presidente, vorrei fare una richiesta alla Corte. Viste le disavventure che mi sono toccate 4-5 mesi fa in Crociera, fotografie, pubblicazioni, io preferirei fare l'interrogatorio senza questo paravento.

INTERVENTO DEL PRESIDENTE - Se non ci sono osservazioni da parte del difensore dell'imputato e da parte del Pubblico Ministero e degli altri difensori, fermo restando il divieto di ripresa televisiva e di fotografie

IL TRIBUNALE acconsente alla richiesta del collaborante.

PRESIDENTE - Allora potete togliere questo paravento. I pubblici Ministeri possono procedere all'esame.



ESAME DEL COLLABORANTE

DA PARTE DEL PUBBLICO MINISTERO

DOMANDA - Signor Buscetta, lei ha fatto parte dell'organizzazione mafiosa denominata Cosa Nostra?

RISPOSTA - Sì. Devo prolungarmi nel discorso o devo semplicemente rispondere con un sì?

DOMANDA - No, può esporre qual' è stata la sua carriera all'interno di questa organizzazione dal momento del suo ingresso in poi?

RISPOSTA - Sì. Ho cominciato questa mia carriera, così come l'ha definita lei, ma non è carriera, negli anni fine '40, e come semplice soldato ho avuto la possibilità, anni passando, di conoscere varie personalità del mondo della malavita, si intende. Ho conosciuto da La Barbera a Carlo Gambino degli Stati Uniti, da Luciano Liggio a Giuliano, ho conosciuto i fratelli La Barbera, Gioacchino Pennino, ho conosciuto i più svariati personaggi della malavita organizzata in tutto l'arco della mia vita. Ho preso parte a due guerre di mafia e, caso singolare, nella prima guerra di mafia sono stato espulso da Cosa Nostra insieme a tutta famiglia a cui io appartenevo. DOMANDA - Qual era la sua famiglia?

RISPOSTA - La famiglia di Porta Nuova. Nella seconda guerra di mafia si parlò tanto, attraverso la stampa, che io ero un perdente, però è caso strano che tutta la mia famiglia Porta Nuova intendo dire, era vincente, perché era alleata con i Corleonesi, quindi come veniva fatta questa sperequazione perdente e vincente, è una cosa anomala.

DOMANDA - Ritornando alla prima guerra di mafia, in quale periodo si svolse questa prima guerra di mafia?

RISPOSTA - La prima guerra di mafia si svolse dal dicembre '62 al giugno-luglio del '63.

DOMANDA - Può esporre molto sinteticamente quali furono le ragioni di questa prima guerra di mafia, e il ruolo che ebbe la famiglia Porta Nuova?

RISPOSTA - In quell'anno, esattamente, credo che intorno o al 24 o al 23 dicembre, non ricordo esattamente, o il 26 dicembre fu ucciso un membro della Commissione, di quella Commissione.

DOMANDA - '62?

RISPOSTA - '62, esatto. E dopo questa uccisione, che non si capì bene chi fossero gli esecutori in seno a Cosa Nostra, si scatenò quella terribile faida che vide per mesi e mesi decine di morti, quasi giornalmente a Palermo.

DOMANDA - Quali erano gli schieramenti?

RISPOSTA - Gli schieramenti erano la Commissione che diceva che agiva per scoprire chi erano gli esecutori dell'omicidio...

DOMANDA - E l'ucciso chi era?

RISPOSTA - L'ucciso era Calcedonio di Pisa.

DOMANDA - Che era un componente della Commissione?

RISPOSTA - Che era un componente della Commissione, esatto, e capo mandamento.

DOMANDA - E quindi diceva che fu ucciso Calcedonio di Pisa...

INTERVENTO DEL PRESIDENTE - Gli schieramenti?

RISPOSTA - Non c'erano schieramenti in quell'epoca perché si cercava di appurare, ma quello che si appurò non fu mai troppo perché chi è che tradiva era nella Commissione stessa, in quanto quella Commissione che fu creata dove io ebbi una parte, era stata creata nascendo con piccoli screzi, e cioè si voleva innovare questa nuova Commissione mettendo in seno alla Commissione dei soldati semplici e non dei capi famiglia. Accettarono tutti meno 4 o 5, non ricordo esattamente il numero adesso, però potrei dirlo, Troia, Madranga, Motisi, Manno, non mi ricordo più altri, 4 o 5 non aderirono e presero parte nella Commissione come rappresentanti della famiglia e membri della Commissione. Nella famiglia di Palermo si verificò anche un altro caso insolito: il rappresentante Angelo La Barbera aveva un fratello che si chiamava Salvatore, lui rimase rappresentante della famiglia di Palermo e il fratello Salvatore diventò membro della Commissione, e quindi capo mandamento a cui la famiglia mia, cioè "Porta Nuova" apparteneva, essendo un mandamento fatto di tre famiglie, Palermo Centro, Borgo e Porta Nuova, il capo mandamento era esattamente Salvatore La Barbera.

DOMANDA - Come e perché fu costituita la Commissione?

RISPOSTA - La Commissione fu istituita perché, prima che si costituisse la Commissione il capofamiglia di ogni borgata, di ogni rione aveva la patria potestà di poter decidere su ogni membro della sua famiglia, e a suo piacimento dare delle sentenze, anche sentenze gravissime come la morte nei suoi adepti. Quindi, nel 1957, se non vado errato, venne in Sicilia e a Palermo un membro della Commissione americana, sempre di Cosa Nostra, che ci consigliò di costituire anche noi una Commissione, come loro l'avevano costituita negli Stati Uniti, dopo le tremende guerre di mafia che avevano avuto nel passato in quella terra.

DOMANDA - Lei partecipò alla fase di istituzione di questo nuovo organismo alla Commissione?

RISPOSTA - Credo di averlo detto prima. Sì, ho partecipato, insieme a Badalamenti Gaetano e Salvatore Greco, inteso Cicchitè.

DOMANDA - Vuole descrivere sinteticamente quali discussioni vi furono in ordine alle modalità di costituzione di questo organo? Si disse chi ne doveva fare parte, si presero delle decisioni, ci fu una discussione, qualcuno prese la decisione per conto di tutti? Come avvenne?

RISPOSTA - No no, nessuno prese la decisione per tutti, solo che chi parlava più frequentemente nei confronti, oppure perché capivo un po' di inglese più di qualche altro, anche se non parlo bene l'inglese neanche oggi, ero io, e quindi si approssimavano molto di più alle parole che il Jo Bonanno non riusciva a dire in italiano, ma c'ero io per farmi capire.

INTERVENTO DEL PRESIDENTE - Jo Bonanno è questo membro che è venuto dall'America?

RISPOSTA - Esattamente.

INTERVENTO DEL PRESIDENTE - Josef Bonanno?

RISPOSTA - Josef Bonanno.

DOMANDA - E che ruolo aveva negli Stati Uniti Josef Bonanno?

RISPOSTA - Era capofamiglia della famiglia così nominata di Castellammarese. E` rappresentante della Commissione di New York dove facevano capo cinque famiglie.

DOMANDA - E dopo che fu istituita questa Commissione, questo organo rimase permanente o subì delle trasformazioni, ci furono delle evoluzioni, dei periodi in cui non è esistito, cosa è successo?

RISPOSTA - Lei sta parlando della nostra?

DOMANDA - Sì, della Commissione di Palermo.

RISPOSTA - Degli anni '60?

DOMANDA - Dopo la fase dell'istituzione, cosa è successo?

RISPOSTA - Dopo la fase del '63 e intorno a giugno, non saprei dire esattamente il mese, scoppiò una famosa Giulietta dove morirono 7-8 persone dell'Ordine dello Stato, e da quel momento in poi si frantumò tutta la organizzazione in quanto chi si diede alla latitanza e chi fu carcerato. Quindi, da quel momento in poi e fino al '69, non ci furono più famiglie organizzate in Sicilia.

DOMANDA - E dopo cosa accadde, dopo il '69?

RISPOSTA - Nel '69, cioè la sentenza di Catanzaro è del dicembre del '69, e l'anno dopo si costituisce un Triunvirato per normalizzare nuovamente le famiglie della provincia di Palermo costituito da Bontade, Badalamenti e Luciano Liggio...

DOMANDA - Bontade Stefano?

RISPOSTA - Bontade Stefano, Gaetano Badalamenti e Liggio Luciano che era spessissimo, se non quasi sempre, sostituito da Salvatore Riina.

DOMANDA - E questa fase del Triunvirato fino a quando dura?

RISPOSTA - Non c'è una data di scadenza perché dura fino a quando non si compongono tutte le famiglie come erano una volta. E quindi questa transizione dal '70 dura fino al '74 o al '75, ma già prima di quegli anni molte famiglie erano già sistemate, quindi io non so dire esattamente, posso dire quando finisce, ma non so dire né il percorso, quante famiglie si erano già organizzate.

DOMANDA - Quando finisce la fase del Triunvirato?

RISPOSTA - Io credo che Badalamenti diventi capo della Commissione intorno al '75 ma, in ogni caso, quando Liggio è già stato carcerato.

DOMANDA - E quindi dopo questa fase di transizione, come lei l'ha definita, si ricostituisce, se ho ben capito, la Commissione?

RISPOSTA - La Commissione e tutte le famiglie, perché anche le famiglie si erano disciolte in quell'occasione.

DOMANDA - Quindi le famiglie si ricostituiscono e si ricostituisce anche la Commissione.

RISPOSTA - Anche la Commissione.

DOMANDA - Può esporre ora, molto sinteticamente, le cause della cosiddetta seconda guerra di mafia, e quale fu il suo ruolo in questa seconda guerra di mafia?

RISPOSTA - Io nella seconda guerra di mafia, a dire la verità, ho avuto un ruolo molto disgraziato, ma che non mi apparteneva. Perché, ancora prima che iniziasse la guerra di mafia, io già da molto tempo mi trovavo in Brasile, cosa che avevo scelto, e lo Stato anche, non so trovare la parola adatta, ero stato onorato con un pranzo alla mia partenza dove partecipa anche Salvatore Riina, dove partecipa Bernardo Brusca, e tutti sanno che io mi sto recando in Brasile. L'accanimento che si è svolto nei miei riguardi, ancora oggi non riesco a spiegarmelo.

DOMANDA - Prima di questo, per dare un po' più di ordine all'esposizione, quali furono le cause di questa seconda guerra di mafia, quali furono gli schieramenti, e poi andiamo al suo ruolo in particolare?

RISPOSTA - Gli schieramenti sono: da una parte c'è Stefano Bontade, Salvatore Inserillo, Gigino Pizzuto, Rosario Riccobono, in questo momento non ricordo altri, che venivano informati delle cose che accadevano in seno alla Commissione, sempre con ritardo, e quando dico queste cose intendo dire, per esempio, morte di Capitani dei carabinieri o Colonnelli dei carabinieri uccisi in azioni violente, e questi nominativi che ho fatto prima, non erano a conoscenza di queste decisioni. Decisioni che venivano comunicate dopo e venivano anche respinte quando si chiedevano a queste persone delle chiarificazioni, dicendo: "Ma adesso facciamo riunioni per difendere gli sbirri?".

DOMANDA - E dall'altra parte, l'altro schieramento da chi era formato?

RISPOSTA - L'altro schieramento era formato da Michele Greco, Salvatore Riina, Giuseppe Calò, tanti altri che adesso a ricordare tutti i nomi non ci riesco, anche perché mi sento un po' in imbarazzo.

DOMANDA - E quale fu il suo ruolo all'interno di questa seconda guerra di mafia?

RISPOSTA - Il mio ruolo fu quello di consigliare a Stefano Bontade di demordere dall'opinione di fare fuori Riina, perché lui diceva che anche il Salamone fosse d'accordo a fare fuori il Riina, ma che il Salamone avrebbe detto tutti i difetti di Riina solo dopo la morte di Riina. Io dissi a Stefano Bontade che in quell'occasione non vedevo una cosa buona perché vedevo che lui era un uomo morto, non credevo in questo atteggiamento e la mia parte fu di dire: "Io non desidero assolutamente fare parte di queste discussioni e desidero allontanarmi e non essere presente a queste cose", fra l'altro, ho ricevuto anche l'offerta di poter assumere il ruolo che aveva Giuseppe Calò, invitato da lui stesso, e caldeggiato anche da persone estranee della provincia diPalermo, come i cugini Salvo, i quali vedevano in me un mediatore, una persona a cui potersi appoggiare per finire tutti questi soprusi.

DOMANDA - Il ruolo di Calò qual' era, per chiarirlo, che le veniva offerto?

INTERVENTO DEL PRESIDENTE - Fu invitato da Calò a fare che cosa?

RISPOSTA - Ad entrare in Commissione al suo posto.

DOMANDA - E quindi queste discussioni con Bontade in che anno si verificano?

RISPOSTA - Nell'anno '80.

DOMANDA - 1980. E, dopodiché, cosa accade? Lei resta in Italia oppure va fuori?

RISPOSTA - Io esattamente credo che il 3, il 4 gennaio, il 5 gennaio me ne vado in Brasile.

DOMANDA - Il 3-4 gennaio di che anno?

RISPOSTA - Del 1981.

DOMANDA - E in Brasile cessano i suoi rapporti con Bontade, con Cosa Nostra, oppure vi sono ancora dei contatti?

RISPOSTA - No no, continuano, continuo ad avere informazioni, poi in Brasile io mi ritrovo con dei Greco, cugini di Michele Greco, mi ritrovo con Antonino Salamone, e abbiamo possibilità di verificare dopo la morte di Stefano Bontade e di dire: "Adesso le cose si mettono in una brutta maniera", il Salamone ritorna in Sicilia, il Greco ritorna in Sicilia, parlano con Michele Greco, e Michele Greco dice che non si devono preoccupare perché era stato fatto fuori Stefano Bontade in quanto aveva tramato per uccidere Salvatore Riina.

INTERVENTO DEL PRESIDENTE - Chi è questo Greco che ritorna in Sicilia?

RISPOSTA - Nicola Greco.

DOMANDA - C'era qualcuno che le telefonava da Palermo, in quel periodo, per chiedere qualcosa a lei?

INTERVENTO DELLA DIFESA - Avv. Sbacchi - Presidente, la domanda è suggestiva, la difesa si oppone.

INTERVENTO DEL PRESIDENTE - La domanda è ammessa.

RISPOSTA - Io ho ricevuto delle telefonate che fanno parte degli interrogatori dei processi dove si parlava, dove c'era un certo Lo Presti Ignazio, non uomo d'onore, ingegnere, che era socio di Salvatore Inserillo e cugino dei cugini Salvo, cioè la moglie del suddetto ingegnere Lo Presti era cugina dei Salvo. E` in queste telefonate, che si ha la possibilità di poter vedere nei verbali, si cerca di farmi tornare in Italia dicendomi che ci sono possibilità di poter avere gli appartamenti, che io potessi essere ospitato per poter porre fine a tutto quello che sta succedendo a Palermo.

DOMANDA - Chi è che la invitava a tornare in Italia in queste telefonate?

RISPOSTA - I cugini Salvo.

DOMANDA - E perché i cugini Salvo avevano interesse che lei tornasse in Italia?

RISPOSTA - Perché in quel momento quello che succedeva a Palermo era cronaca di tutti giorni e cronache che tutti possiamo sapere, se leggiamo i giornali di quell'epoca.

DOMANDA - E cosa importava ai cugini Salvo della guerra di mafia che era in corso in quel periodo?

RISPOSTA - I cugini Salvo, pur appartenendo a un'altra provincia...

DOMANDA - Quando lei dice appartenendo, in che senso?

RISPOSTA - Come uomini d'onore. Perché quando parlo dei cugini Salvo, vorrei dirlo per inciso, io parlo di Ignazio Salvo che è sottocapo della famiglia di Salemi e di Nino Salvo che è capoticino della famiglia di Salemi, e figli di uomini d'onore.

DOMANDA - Io le stavo chiedendo: quale fu il ruolo, qual'era l'interresse dei cugini Salvo allo svolgimento e all'evoluzione di questa guerra di mafia? Loro erano schierati da una parte, dall'altra, che interessi avevano?

RISPOSTA - Gli interessi dei cugini Salvo non era perché erano schierati da una parte all'altra perché loro non potevano intervenire come diritto, potevano intervenire in quanto vivevano a Palermo, e la loro attività si svolgeva a Palermo. Quindi loro erano interessati in virtù di pacifisti, niente di andare contro, o contro uno o contro l'altro, e l'attività che loro volevano da me non era di rivincita ma era un'attività di poter mediare questa guerra.

DOMANDA - Lei ha detto che ha conosciuto Stefano Bontade e ha accennato ai dialoghi che ha avuto con lui nel 1980, vuole esporre sinteticamente l'origine, l'evoluzione di questo rapporto con Bontade. Quando lo conosce, si è instaurato un rapporto particolare?

RISPOSTA - La differenza di età tra me e Stefano Bontade era di 10 anni, quando io ne avevo 20 ero amico di suo padre, lui ne aveva 10, quindi questo rapporto crebbe dopo che io conoscevo lui da bambino, e conoscendolo da bambino, io fui tra i suoi stimatori e fui uno di quelli che suggerì a chi poteva, perché in quell'epoca non esisteva Commissione, di fare prendere il posto del padre, Paolo Bontade, al figlio Stefano Bontade come rappresentante della famiglia di Villagrazia. Quindi questo rapporto crebbe sempre, lui aveva per me un grande rispetto e con gli anni ne ho avuto anch'io molto per lui.

DOMANDA - Lei ha detto, rappresentante della famiglia di Villagrazia, Stefano Bontade?

RISPOSTA - Si danno tanti nomi a questa famiglia perché arriva fino a Villagrazia, la famiglia è Guadagna, Santa Maria di Gesù ed arriva fino a Villagrazia, ho sbagliato perché lui poi è diventato capo mandamento di Villagrazia anche.

DOMANDA - E quindi i suoi rapporti con Bontade poi, nel tempo, vengono mantenuti, si approfondiscono?

RISPOSTA - Sempre, vengono mantenuti fino a che non mi reco in Brasile, quindi lo lascio vivo e non lo rivedo più. Sino a quell'epoca i rapporti sono sempre ottimi.

DOMANDA - L'origine, il contenuto del suo rapporto con Salvatore Inserillo.

RISPOSTA - Prima di conoscere Salvatore Inserillo io conoscevo gli zii di Salvatore Inserillo che corrispondono a... non ricordo in questo momento, di cui sono rappresentanti della famiglia di Passo di Rigano, poi lo stesso zio diventa membro della Commissione negli anni '75, '76, '77 e Salvatore Inserillo, oltre ad essere figlio di uomini d'onore, è anche nipote di uomo d'onore per mezzo della madre, perché la madre di Salvatore Inserillo, e in questo momento non mi viene in mente, c'è un bianco nella mia memoria, è la sorella dei due capomafia della famiglia di Passo di Rigano.

DOMANDA - I suoi rapporti con Salvatore Inserillo, i suoi rapporti personali?

RISPOSTA - Lo conosco negli Stati Uniti, presentati dallo zio che si chiama anche lui Antonino Inserillo, e poi lo ritrovo nuovamente in Italia quando lui fa ritorno anche lui dagli Stati Uniti e diventano rapporti cordiali, quando esco lui dice che vuole essere cresimato da me ed io mi propongo a diventare il suo padrino durante gli anni '80.

DOMANDA - E i rapporti tra Salvatore Inserillo e Stefano Bontade?

RISPOSTA - Sono intimissimi, anche perché facevano parte dello stesso gruppo, anche Salvatore Inserillo non era informato delle cose che succedevano in seno alla Commissione, e quindi era un po' esacerbato dalla... Dunque, ho ricordato il nome dei due zii di Inserillo, uno è Calogero Di Maggio, comunque sono Di Maggio che sono uomini d'onore della famiglia di Passo di Rigano.

DOMANDA - Passiamo ad un altro argomento. Lei ha iniziato a collaborare con la giustizia nel 1984, che cosa lo ha spinto a collaborare?

RISPOSTA - Io avevo visto già Cosa Nostra degenerare, ma questo non intaccò, parlo degli anni '70 quando io sono in carcere e quando comincia la mia peregrinazione nei carceri, quando nel 1977 o '78 viene rimosso Gaetano Badalamenti dalla carica di capo della Commissione, quando l'avvento alla droga si è generalizzato, quando sono uscito nel 1980 mi sono reso conto che quei valori a cui, se ad altri possono far ridere per me erano motivi idealistici, si erano persi, non vedevo più l'obbedienza che mi avevano insegnato e il rispetto che si aveva per la gente più anziana più ben pensante, non c'era più, adesso il valore era denaro, adesso il valore era avere la villa al mare o averla in montagna, adesso il valore era chi sparava di più, anche se in tutte le epoche si è sempre sparato, ma in quegli anni diventò come una corsa a dire: chi sono i più bravi a sparare? Si era perduto veramente l'essenza qual era di aiutare il debole e di fare anche certe volte giustizia noi stessi, adesso si era alla lotta più sfrenata. Quindi, pur se non totalmente mi ero distaccato da Cosa Nostra idealmente, posso benissimo dire che già avevo intaccato questo rapporto tra la mia personalità e il nuovo andamento di Cosa Nostra, ma quello che mi turbò veramente fu la fine dei miei figli, fu la fine di tanti parenti miei, ancora prima che io mi decidessi a collaborare, perché molti parenti sono stati uccisi dopo che un uomo d'onore è tornato collaboratore della giustizia. Io invece non avevo collaborato, non avevo dichiarato la guerra ed io ho perso figli, cognati, fratelli, nipoti.

DOMANDA - Erano uomini d'onore?

RISPOSTA - Nessuno di loro. Nessuno di loro era uomo d'onore, e questo è quello che più mi ha tormentato, perché se i miei figli fossero stati uomini d'onore avrebbero accettato il gioco, sarebbero stati insieme, che le cose andando male potessero subire queste conseguenze, io non mi sono mai lamentato che cercassero me o cercano me, stavano al gioco delle parti, ma i miei figli no, i miei figli non entravano. Io avevo conosciuto la guerra di mafia nel 1963 dove, ripeto, morivano decine di persone al giorno, ma i miei fratelli andavano ad aprire le loro fabbriche, i miei figli andavano a scuola, mia moglie andava a fare la spesa, non c'era quel clima che si è instaurato nel 1983. Quindi questa è una delle ragioni più vere che io ho posto a me stesso per poter collaborare con la giustizia.

DOMANDA - E dopo l'uccisione dei suoi figli si verificò qualche altro fatto traumatico che la riguardava personalmente?

RISPOSTA - Dopo l'uccisione dei miei figli?

DOMANDA - Dopo che i suoi figli furono uccisi, lei subì qualche altro fatto traumatico che lo riguardava personalmente, che riguardava la sua persona, prese delle decisioni prima ancora di collaborare?

RISPOSTA - Sì sì, forse allude alla mia decisione personale, per liberare la mia famiglia dalla mia presenza? Mi sono avvelenato, ho preso della stricnina, la mia sorte o la mia disgrazia, perché forse questi processi non ci sarebbero stati, e molte persone sarebbero state molte più contente senza la mia presenza, è che al momento che io ingerisco la stricnina si istituisce in Brasile un nuovo metodo, che per consegnare la persona estradata si accompagna in un ospedale per farlo controllare se ha ricevuto percosse fisiche, e quando si apre lo sportello della macchina, che era una macchina chiusa dal di dietro dove io ero chiuso, e vengo scaricato davanti all'ospedale, mi trovano esanime dentro la macchina e pensano ad un infarto cardiaco. Caso del destino vuole che in quel giorno, in quel pronto soccorso si trova un dottore che è specialista in avvelenamenti, che sostituisce la persona incaricata perché ha un appuntamento con la ragazza, e quindi nel sostituirlo lui dice: "Questo signore non ha avuto nessun attacco di cuore, questo signore è avvelenato", riescono a trovare qual' è, forse mi usciva un po' dalla bocca, qual' è la ragione, qual è il veleno che ho preso, e mi cominciano a fare altro veleno che si chiama curaro, e quindi mi lascia un po' perdendo il senso dell'orientamento, perdendo il senso della misura, io non sapevo come alzare il piede, non conoscevo la distanza, ma comunque queste sono cose che riguardano la medicina e non interessano al processo, e vorrei aggiungere che questo era stato fatto perché potessi liberare la mia famiglia dalla mia presenza.

DOMANDA - In che senso voleva liberare la sua famiglia dalla sua presenza?

RISPOSTA - Finendo io forse sarebbero finiti i guai per i miei parenti che rimanevano dopo tutti quelli che erano stati uccisi. La mia costituzione fisica non lo ha permesso, sono rimasto vivo, ed oggi mi trovo in un Tribunale a dichiarare.

INTERVENTO DEL PRESIDENTE - In che tempo avvenne questo?

RISPOSTA - Nel 1984.

INTERVENTO DEL PRESIDENTE - Prima di essere estradato in Italia?

RISPOSTA - Sì, prima di essere estradato in Italia.

DOMANDA - Signor Buscetta, come e con chi ha cominciato a collaborare?

RISPOSTA - Io ho cominciato a collaborare, prima di ogni cosa io ho avuto una grande ammirazione per un uomo che mi accompagnò dal Brasile in Italia, era un uomo della polizia, era venuto in Brasile insieme ad un graduato della Guardia di Finanza e insieme ad un graduato dei carabinieri. Quest'uomo giovane Vice questore si chiama Giovanni De Gennaro, fu l'uomo che per primo ha saputo leggere nel mio io, che io non ero più disposto a continuare ad essere uomo d'onore, e gli dissi, fra l'altro, perché io non ricordo di aver fatto quel viaggio dal Brasile all'Italia, ero in condizioni, come stato di salute pessimo, tanto da atterrare a Milano per avere bombole di ossigeno, ero accompagnato anche da un dottore della polizia, e non ricordo, però nei momenti di lucidità lui mi disse che se volevo collaborare avrei dovuto dire tutto ai giudici, e lui non pretendeva nessuna confidenza perché tutte le confidenze che io avrei fatto a lui io le avrei dette al giudice, e mi diceva: "Lei non deve fare confidenze a me, le deve fare al giudice e le deve scrivere nei verbali", questa sua correttezza di comportarsi, questa sua maniera di essere mi fece sentire molta simpatia per questo funzionario così giovane. Il giorno 16 di luglio incontrai il dottore Falcone.

INTERVENTO DEL PRESIDENTE - Nel luglio del?

RISPOSTA - '84. Incontrai il dottor Falcone e gli dissi che volevo collaborare. Il dottor Falcone accettò; e perché io lo dissi al dottor Falcone? - mi può essere chiesto -. Il dottore Falcone in seno a Cosa Nostra non era chiamato il Dottor Falcone era chiamato con un epiteto che io non desidero ripetere in quest'aula, un epiteto molto brutto, molto cattivo, il che invece aveva valore di dignità e di onestà perché era un avversario di Cosa nostra, anche se io dei giudici non avevo niente da dire, non ho niente da dire, però quest'uomo mi destava una particolare attenzione, cosa che si acuì nei mesi seguenti per la sua intelligenza e per la sua maniera di essere, perché lui sapeva per intero tutto quello che io intendevo dire per metafore, e cioè discutendo cosa io intendessi dire in linguaggio palermitano e siciliano, cosa molto difficile ad uno che non è cresciuto nella terra dove sono nato. E` una cosa molto difficile, io non so spiegarla, ma non è difficile per chi è nato come me in quella terra capire cosa intendo dire, quando dico di Giovanni Falcone. Per me Giovanni Falcone era lo Stato, per me Giovanni Falcone non era un impiegato dello Stato, io lo vedevo come lo Stato, io lo vedevo come l'uomo che voleva combattere veramente la mafia, non lo Stato italiano che faceva i comizi e diceva il dettato come combattere la mafia, io lo vedevo in trincea, lo vedevo come un uomo che voleva difendere nel vero senso della parola con molto onore e con molta dignità la terra dove lui era nato. Io ho scritto delle lettere a Giovanni Falcone che non ho mai spedito, le ho conservate, io queste cose le dico al dottore Falcone ma lui non lo sa, lui non lo sapeva perché io le avevo scritte in un momento di tranquillità, volevo esternare a lui, l'ho scritto in momenti quando sentivo tutto quello che veniva fatto contro il giudice Falcone dal Pool, al Pool, quando hanno distrutto il Pool, quando io vedevo le sentenze che andavano diluendosi nel tempo dall'84 al '90, quando io sentivo che un individuo preso dietro e schiacciato tra due autobus, dopo avere eseguito una sentenza di morte era assolto, io ho visto che non era vero, non c'era la guerra alla mafia, la guerra alla mafia era rimasta al Pool, ma lo Stato non era assolutamente interessato, ed ecco le ragioni dei vari dinieghi a rispondere veramente alle domande del giudice Falcone, ma io non so se sto uscendo fuori dal seminato.

DOMANDA - Lei ha parlato del suo rapporto con il giudice Falcone. Quello che vorrei chiederle: questo rapporto di collaborazione fu un rapporto nel corso del quale lei disse al giudice Falcone tutto quello che sapeva su Cosa Nostra o ci furono alcuni argomenti dei quali non volle parlare?

RISPOSTA - No, ci furono degli argomenti ben chiari che non volevo dire. DOMANDA - Vuole dire quali e perché?

RISPOSTA - Io avevo cominciato, io per sommi capi qualche dichiarazione al giudice Falcone l'ho fatta, ma quando io vidi che l'interesse del giudice Falcone...

DOMANDA - Lei dice: "qualche dichiarazione al giudice Falcone l'ho fatta". Cosa intende dire con "qualche dichiarazione"? Su quale argomento e in che termini?

RISPOSTA - Ha ragione, mi spiego male. Le mie dichiarazioni per quanto riguardano Cosa Nostra le ho sempre fatte con la massima chiarezza e con la massima lucidità, non le facevo per tutti quanti riguardano i membri di Cosa Nostra che avessero un'attinenza a cose politiche. Tanto per esempio, vorrei fare un esempio: si è parlato tanto in questi ultimi tempi di Gioacchino Pennino, e si fa molta confusione con il giovane Gioacchino Pennino, è il vecchio Gioacchino Pennino. Io ho conosciuto Gioacchino Pennino, il giudice Falcone mi fece una volta la domanda su Gioacchino Pennino se era uomo d'onore, sono stato costretto per non arrivare ai termini politici a negare che Gioacchino Pennino fosse uomo d'onore. Io ricordo benissimo le risate di Giovanni Falcone quando dissi: "No, ma io lo conosco perché andiamo insieme al tiro a volo", invece il giudice Falcone sapeva benissimo che non era vero quello che stavo dicendo io, ma purtroppo per continuare nelle dichiarazioni fu costretto ad accettare.

DOMANDA - Lei al giudice Falcone, su questo argomento, mafia e politica, che cosa disse, che non sapeva niente, che sapeva qualcosa, che non intendeva collaborare? Che cosa disse?

RISPOSTA - No, io dissi qualcosa di più, che non intendevo collaborare e dissi che se continuavamo a parlare di mafia e politica a me sarebbe toccato il manicomio criminale così come era stato per Vitale, primo collaboratore della giustizia italiana, e ucciso 10 anni dopo aver eseguito i 10 anni di condanna che aveva riportato, unico condannato nel processo, io aggiunsi anche in un'altra occasione: "Dottore Falcone, noi dobbiamo scegliere chi deve morire per primo, lei o io", perché sapevo che in quel momento se io avessi parlato di mafia, prima di ogni cosa, questo era il mio proponimento, avrei vanificato...

DOMANDA - Ha detto: se avessi parlato di mafia?

RISPOSTA - Sì, se avessi parlato di mafia e politica, avrei vanificato tutto il lavoro che era stato svolto per arrivare a concludere che cosa è la mafia in Sicilia, avrei, poi tra l'altro dovuto menzionare personaggi che reggevano la politica italiana, e se oggi nel 1996 sembrano delle cose incredibili, io a voi lascio immaginare se le avessi dette nel 1984.

DOMANDA - E questi personaggi, che avrebbe dovuto menzionare nell'84, chi erano, erano ai vertici dello Stato?

RISPOSTA - Posso fare due nomi, uno è l'attuale Senatore a vita Giulio Andreotti e l'altro era Salvo Lima.

DOMANDA - E quindi mi faccia capire, nella sua mente, se lei nel 1984 avesse parlato, avesse detto quello che sapeva su queste persone, cosa sarebbe potuto accadere?

RISPOSTA - Secondo me però, io ritenevo che le mie sarebbero diventate solo insinuazioni, sarei stato preso per pazzo, e il giudice Falcone sarebbe stato trasferito ad altra sede, o sicuramente non sarebbe stato più giudice. Perché tale era la potenza delle persone politiche che avrei dovuto parlare, e lo ripeto ancora una volta, il Senatore Andreotti e l'Onorevole Salvo Lima, che sarei stato ridicolizzato e le mie dichiarazioni sarebbero state vanificate, oltre a quelle politiche, ma anche quelle sul campo criminale, perché si sarebbe approfittato per dire: "Questo sa tutto di tutti".

DOMANDA - Ma questo suo rifiuto di parlare di argomenti che riguardavano in ogni modo mafia e politica, non dura anche sino per esempio al 1988, quando il giudice Falcone viene ad interrogarlo negli Stati Uniti. Perché dura ancora fino al 1988?

RISPOSTA - Credo di averlo già detto prima, può darsi che non mi sia spiegato bene.

DOMANDA - Se può spiegare ancora più chiaramente.

RISPOSTA - Sì. Fino al 1988, mentre eravamo partiti per vedere finalmente la lotta alla mafia, fino al 1988 io non vedo neanche i segnali della lotta alla mafia, e quando nel 1988 viene il giudice Falcone a sentirmi negli Stati Uniti sui fatti del Golpe Borghese, io sono sempre convinto che la lotta alla mafia non è vera, non deve succedere perché io sto vedendo che i processi, e quasi tutte le persone indicate da me nei vari processi, erano messe tutte in libertà.

DOMANDA - C'erano stati anche degli attacchi al giudice Falcone in quel periodo?

RISPOSTA - L'ho detto anche prima, nelle lettere che ho scritto al giudice Falcone, che io ritenevo per me, il faro?

DOMANDA - In queste lettere lei parlava di queste cose, di questi attacchi al giudice Falcone?

RISPOSTA - Sì, parlavo di questi attacchi di Falcone.

DOMANDA - E cosa scriveva?

RISPOSTA - Gli scrivevo, per esempio, se lo ritenessero prima donna, se lo ritenessero supergiudice, se lo ritenessero super dei super, una cosa era certa: era l'uomo che aveva voluto lavorare e che aveva voluto veramente essere l'uomo guida per sconfiggere i mafiosi. Mi diceva, fra l'altro, quando io gli dicevo: "Dottore Falcone, stia attento, lei vedrà, lei sarà ucciso, lei non deve". "Non si preoccupi, signor Buscetta, non si deve preoccupare, se io muoio, altri miei colleghi verranno dopo di me, e che come me non temono la morte, lei non si deve preoccupare, verranno altri colleghi dopo di me". Queste sono le cose che io scrivo nelle lettere al giudice Falcone, queste sono le cose che dico: ma voi giudici quando avete giurato di servire lo Stato, ve ne siete ora dimenticati? Questi che combattono il Pool, questi che fanno affari carrieristici, se poi sono veri, detto tra parentesi, si sono dimenticati del giuramento che hanno fatto? Qua non c'è: io il posto lo merito prima di te, qua ci deve essere una lotta comune, così come è stata fatta nei confronti dei brigatisti, di andare contro i mafiosi per onorare anche tutte quelle persone che in quegli anni, servitori dello Stato, erano morti per servire lo Stato.

DOMANDA - Quindi, se ho ben capito, in questo rapporto di collaborazione, il suo punto di riferimento era Falcone?

RISPOSTA - Il mio faro.

DOMANDA - Ci sono stati, durante questi rapporti di collaborazione, momenti di insicurezza, momenti nei quali lei ha temuto di poter tornare in carcere o cose di questo genere?

RISPOSTA - Questo è successo nel 1984. Nel 1984, quando io finii la prima parte delle mie dichiarazioni, quindi non saprei dire bene il mese, ma diciamo intorno agosto-settembre del 1984, il dottore Di Gennaro ebbe delle pressioni da parte del Questore di Roma di trasferirmi nei carceri. Il dottore Di Gennaro comunicò al giudice Falcone questa apprensione del Questore di Roma di quell'epoca. Il Giudice Falcone, ricordo, che disse al dottore Di Gennaro: "Dica al Questore di Roma che se deve ordinare una traduzione per Tommaso Buscetta la ordini per via Notarbartolo a Palermo", via Notarbartolo a Palermo è la casa del dottor Falcone.

DOMANDA - Quando lei ha iniziato a collaborare c'era una legge sui collaboratori di giustizia?

RISPOSTA - E` una bella domanda questa.

INTERVENTO DEL PRESIDENTE - Non faccia commenti sulle domande del Pubblico Ministero, Buscetta.

RISPOSTA - D'accordo, chiedo scusa. Siccome si parla molto di ville e di paghe, io posso dire che sono entrato alla questura di Roma il 16 luglio del 1984 e sono uscito il 20 dicembre del 1984, ho mangiato qualche volta gli spaghetti presi alla mensa degli agenti, e per tutto questo tempo ho mangiato un pane e una mozzarella, questo vorrei gridarlo. Non ho avuto nessun pranzo, non ho avuto nessun soldo, non ho avuto nessuna garanzia per me, ho avuto semplicemente una garanzia: che potendo approfittare che negli Stati Uniti si stesse processando, si stesse istruendo un processo, così denominato "Pizza connection", la mia famiglia sarebbe stata trasferita negli Stati Uniti, la mia famiglia intendo dire quella parte di famiglia, perché altri non volevano essere trasferiti, e avrebbero avuto una discreta garanzia negli Stati Uniti ma non per me. Quindi, l'unica cosa fatta fuori le righe, perché non c'era nessun accordo da poter fare, imputato-giudice nel 1984, fu potere essere trasferito negli Stati Uniti.

DOMANDA - Signor Buscetta, quando e perché lei ha cominciato a parlare, a dire quello che lei sapeva sull'Onorevole Lima e sul Senatore Andreotti?

RISPOSTA - Io ho cominciato a dirlo dopo la morte del dottor Falcone e dopo la morte di Borsellino, anche se con Borsellino non avevo gli stessi rapporti che avevo con il dottor Falcone, ma indubbiamente era una persona che rispettavo, così come rispettavo il giudice Falcone. In quell'epoca, prima ancora che venissero dei giudici ad interrogarmi negli Stati Uniti, io avevo già parlato con l'antico Pubblico Ministero della Pizza Connection telefonicamente su questo riguardo, e gli avevo anticipato...

INTERVENTO DEL PRESIDENTE - Chi era questo Pubblico Ministero?

RISPOSTA - Io lo chiamo Richy Martin, ma forse si chiama Richard Martin. Mi aveva cercato e gli avevo detto che gli offrivo tutta la mia collaborazione dopo la morte del giudice Falcone e gli dissi che era arrivato il momento che avrei dovuto parlare di mafia e politica. Questo avvenne nel 1992.

DOMANDA - Prima del 1992, lei ha detto che in Italia non aveva parlato del Senatore Andreotti, ma all'estero aveva parlato con qualcuno di quello che sapeva del Senatore Andreotti?

RISPOSTA - Io ne avevo parlato con questo Pubblico Ministero di allora, ma non ne avevo parlato nel senso di parlare di politica. Io non so per chi è competente, comunque la conoscenza che ho avuto io è che negli Stati Uniti il Pubblico Ministero prepara il teste per il processo, le raccomandazioni di Richy Martin erano: " tu devi rispondere sempre la verità a qualsiasi domanda"; ho detto che io non avevo difficoltà a rispondere la verità a qualsiasi domanda, però siccome in Italia si sarebbero verificati che da parte dei giudici mi erano sempre state più volte fatti inviti a parlare da mafia e politica, io non mi sentivo di rispondere la verità in quel Tribunale. Quel Pubblico Ministero mi disse: "No, no, mi dispiace, qui negli Stati Uniti tu devi rispondere anche a queste domande", io ho detto che non rispondevo. Forse sentendo che gli sfuggiva un testimone di mano al dottor Richy Martin, lui mi disse che non mi avrebbero fatto domande sulla politica, e così fu.

DOMANDA - Lei spiegò a Richy Martin perché questa sua ostinazione di non parlare di mafia e politica? Glielo fece capire in qualche modo? Gli parlò del Senatore Andreotti?

RISPOSTA - Certo.

DOMANDA - E cosa gli disse?

RISPOSTA - Richy Martin si mise a ridere a quell'epoca.

DOMANDA - Andiamo per ordine, che cosa disse esattamente lei a Richy Martin sul Senatore Andreotti?

RISPOSTA - Io dissi a Richy Martin: "Immagina tu" - e il tu non è confidenza, il tu in America è you - "Immagina se tu nel corso dell'interrogatorio mi dici: chi sono gli alti esponenti che dovrebbero accoppiare accanto alla mafia o fare il termine mafia e politica", ed io dissi: "Figurati, se io dovrei dire Andreotti", lui si mise a ridere e disse: "Sì sì, è vero, ma a noi non interessa la politica, noi non facciamo processi ai politici, il nostro processo è su fatti di droga, quindi non farò nessuna domanda". Posso semplicemente dire che a queste cose ha assistito un agente speciale della DEA che fu la mia ombra per circa 11 anni che assisteva a queste cose, non solo ha assistito a queste cose, ma ha assistito a tutti i miei interrogatori per i giudici che si sono presentati negli Stati Uniti, e lui era quasi sempre presente.

DOMANDA - E chi è costui?

INTERVENTO DEL PRESIDENTE - Come si chiama questo?

RISPOSTA - Antonio Petrucci, Anthony Petrucci.

DOMANDA - Lei a Anthony Petrucci disse quello che sapeva di Andreotti?

RISPOSTA - Quello che sapevo di Andreotti no, però io parlai di Andreotti, nel senso di dire: "Ma tu immagina se questo dottore Giovanni Falcone viene qui negli Stati Uniti a parlarmi di politica, se io posso parlare di Andreotti, se non mi prenderanno per un pazzo", quindi erano più di una volta che ho parlato con questo Tony Petrucci di queste cose.

DOMANDA - E questi colloqui, questi dialoghi con Richy Martin e Tony Petrucci, ai quali abbiamo fatto rifermento, in che anni si sono svolti?

RISPOSTA - Non saprei dire in quali anni, però posso dire l'arco di tempo, diciamo dall'85 al '92. Tony Petrucci mi accompagnò sempre.

DOMANDA - Distinguiamo i colloqui con Richy Martin in che anni, anche approssimativamente?

RISPOSTA - Inizio '85.

DOMANDA - E all'inizio dell'85 lei, parlando...?

RISPOSTA - Quando io sono preparato per rispondere come teste, perché là non si chiama pentito, hanno un nome molto più grazioso "testimone", al processo di Pizza connection.

DOMANDA - Quindi all'inizio dell'85 lei, per la prima volta, dice a Richy Martin che non vuole parlare di mafia e politica perché dovrebbe fare il nome di Andreotti, abbiamo capito bene?

RISPOSTA - Sì, se avessi fatto il nome di Andreotti.

INTERVENTO DEL PRESIDENTE - Fu un solo colloquio o più colloqui?

RISPOSTA - No, il colloquio fu uno, parlandosi di politica, no no, dove io dissi: "Io risponderò a tutto con la verità, a qualsiasi cosa", perché lui diceva: "Lei deve dire anche se io mentre mangio ho emesso un rutto, che è una cosa volgare, ma se io glielo domando lei deve rispondere", il signor Richy Martin mentre mangiava ha emesso un rutto - queste sono le cose che lei deve dire - sì, siamo d'accordo, ma non parliamo di politica, perché io questo non lo farò.

INTERVENTO DELLA DIFESA - Avv. Coppi - Vorrei fare una richiesta al Presidente su un modo di intervenire del Pubblico Ministero in occasione dell'ultima domanda. Io non credo che sia consentito, in sede di interrogatorio, chiedere al testimone o al dichiarante se si ha ben compreso il senso di una sua risposta, perché in questa maniera si potrebbe, involontariamente certo, ma suggerire al testimone una modifica diretta ad una precisazione, una puntualizzazione. Se l'interrogante teme che la risposta non sia stata chiara farà altre domande fino a che la risposta viene fuori, ma dire al testimone: è così che dobbiamo intendere, questo non mi pare corretto.

INTERVENTO DEL PRESIDENTE - L'interruzione della difesa è corretta, Pubblico Ministero, effettivamente ha ragione, perché in questo modo si potrebbe in ipotesi. Quindi evitiamo, se ho capito bene, lei ha detto questo, rifaccia la domanda.

DOMANDA - Ne prendiamo atto. Signor Buscetta, questi dialoghi con Richy Martin furono uno o più di uno su questo argomento?

RISPOSTA - Su questo argomento credo che sia stato uno, ma non ricordo più. E` un argomento che non mi interessava di toccare negli Stati Uniti.

DOMANDA - A questo dialogo con Richy Martin era presente Petrucci?

RISPOSTA - Sì, Petrucci è sempre presente in tutti i miei interrogatori.

DOMANDA - Con Petrucci quante volte ha avuto occasione di parlare di Andreotti, e nel corso di quale arco temporale?

RISPOSTA - Non ho il tempo temporale per stabilire quante volte, posso semplicemente dire che Tony Petrucci negli Stati Uniti mi accompagnava in tutte le testimonianze, intendo dire testimonianze anche italiane, che erano fatte a Washington e a New York, e in quei periodi di compagnia, attraversando e facendo i viaggi parlavamo, quindi come faccio a stabilire le date, ma sono stato innumerevoli volte con Tony Petrucci.

DOMANDA - Passiamo ad un altro argomento. Vuole riferire i fatti che sono a sua conoscenza sui rapporti tra esponenti di Cosa Nostra ed esponenti del mondo politico a far data dal suo ingresso in Cosa Nostra? Cioè, lei entra in Cosa Nostra, quando si accorge che esistono rapporti tra la politica e Cosa Nostra, e in che modo se ne accorge?

RISPOSTA - Io entro a far parte giovanissimo in Cosa Nostra, e poi me ne vado in Argentina con mia moglie e i miei figli, ritorno agli inizi degli anni '50, riparto nuovamente per l'Argentina, anche se già sono uomo d'onore, e comincio ad entrare nell'appoggiare i politici verso la fine degli anni '50. Il mezzo me lo offre un membro della famiglia mia stessa di Cosa Nostra che si chiama Ferdimando Brandaleone e un altro è Gioacchino Pennino, per dirlo più chiaramente, "Il vecchio", sono loro che mi fanno conoscere i primi politici e Ferdinando Brandaleone, ombra di Salvo Lima, sempre, in tutti gli anni, che ho saputo sempre ombra di Salvo Lima e membro della famiglia di Porta Nuova che mi fanno conoscere il mondo politico.

DOMANDA - Fermiamoci un attimo, prima di andare avanti. Vuole dirci quello che sa su Ferdinando Brandaleone e poi quello che sa su Gioacchino Pennino il vecchio?

RISPOSTA - Ferdinando Brandaleone, l'ho già detto, era membro della famiglia di Porta Nuova, famiglia a cui appartenevo, era figlio dell'iniziatore della Borgata di Porta Nuova che era il rappresentante e si chiamava Carlo Brandaleone, padre di Ferdinando Brandaleone.

DOMANDA - Aveva dei fratelli?

INTERVENTO DEL PRESIDENTE - Era il rappresentante della famiglia da Porta Nuova?

RISPOSTA - E` lui che la inizia, perché la famiglia di Porta Nuova fino agli anni della guerra della Piana dei Colli ancora non esiste, viene istituita poco prima dell'avvento del Prefetto Mori, e cede un pezzo di terreno alla famiglia di Palermo, un pezzo di terreno alla famiglia di Corso Calatafimi, un pezzo di terreno alla famiglia Della Noce e si costituisce la famiglia, cosiddetta non Porta Nuova, che è un nome che abbiamo dopo, ma di Denesini, e il rappresentante di quella famiglia è Carlo Brandaleone, che poi fugge. Il padre di Brandaleone quando c'è l'avvento del Prefetto Mori fugge, si dà latitante, e la sua latitanza la trascorre in Francia. Quando rientra dalla Francia il posto è già occupato perché si sono rifatte nuovamente le famiglie, ed è occupato da Salvatore Filippone, da Gaetano Filippone. E quindi il padre di Ferdinando Brandaleone diventa consigliere della famiglia mafiosa.

DOMANDA - Aveva un fratello Ferdinando Brandaleone?

RISPOSTA - Sì, ma non era uomo d'onore, era un fratello assessore, credo, comunque ai miei tempi non era ancora assessore, ho saputo che dopo è diventato assessore. Mi sembra che si sia suicidato il fratello di Brandaleone.

DOMANDA - Passiamo ora a Gioacchino Pennino, chi era, e che ruolo aveva all'interno di Cosa Nostra?

RISPOSTA - Gioacchino Pennino era figlio di un altro Gioacchino Pennino padre, rappresentante della famiglia di Brancaccio. Prima di passare a lui, a Gioacchino Pennino, alla famiglia di Brancaccio, passò a un'altra persona, cognato o genero di Gioacchino Pennino nonno, e dopo la morte di quest'ultimo il rappresentante della famiglia di Brancaccio divenne Gioacchino Pennino vecchio, inteso per me.

INTERVENTO DEL PRESIDENTE - E nei confronti dell'attuale collaborante, qual' era il rapporto di parentela?

RISPOSTA - Zio.

DOMANDA - Aveva delle caratteristiche, delle doti particolari questo Gioacchino Pennino o era un uomo d'onore qualsiasi, come tanti?

RISPOSTA - Aveva delle caratteristiche personali, innanzitutto ha passato la vita, credo, andando intorno a tutte le case da gioco d'Italia e anche dell'estero, e poi era un uomo che frequentava la borghesia per bene di Palermo, era un uomo che fu il primo ad essere tenutario di una bisca semiclandestina nel circolo della stampa a cui poi feci parte anche io, questo circolo della Stampa.

DOMANDA - Riprendiamo il discorso che avevamo lasciato in sospeso poco fa, quando lei ha detto che i primi politici le vengono presentati da questi due personaggi: Ferdinando Brandaleone e Gioacchino Pennino, riprendiamo da qui: chi sono i politici che le vengono presentati, e dove, e in quale occasione?

RISPOSTA - I politici che mi vengono presentati a quell'epoca sono Salvo Lima, poi ne ho uno che lo conosco personalmente che si chiama Trapani che...

DOMANDA - Il nome di battesimo lo ricorda?

RISPOSTA - Giuseppe.

DOMANDA - Era un uomo d'onore o no?

RISPOSTA - Era un uomo d'onore e consigliere della mia famiglia, della famiglia di Cosa Nostra. Uomini d'onore ce n'erano altri, per esempio c'era Antonino Sorci.

DOMANDA - Intende dire uomini d'onore che facevano politica?

RISPOSTA - Che facevano politica, tutti per la Democrazia Cristiana e Antonino Sorci era uomo d'onore e cugino di quell'Antonino Sorci famoso, detto U'ricco a Palermo che era rappresentante di Villagrazia .

DOMANDA - C'erano altri politici uomini d'onore?

RISPOSTA - Sì, ce n'è qualche altro, per esempio c'è il rappresentante del Corso Calatafimi, Giuseppe Guttadavo che è rappresentante, uomo d'onore e che è deputato nazionale, però nei primi tempi è deputato nazionale per la Monarchia, negli anni '50.

DOMANDA - Altri politici uomini d'onore?

RISPOSTA - In questo momento non mi ricordo.

DOMANDA - Ed allora passiamo ai politici che conobbe in quel periodo tramite questi personaggi e che non erano uomini d'onore.

RISPOSTA - Ma dobbiamo passare un po' più nel tempo perché io sto dicendo agli inizi quando io conosco Lima, poi, superato il '60, i politici diventano un po' di più, i posti di riunione avvengono per questi politici di cui parlerò o a casa di Lima o a casa di Gioacchino Pennino, che io chiamo sede naturale della Democrazia Cristiana a Palermo.

DOMANDA - La casa di Gioacchino Pennino?

RISPOSTA - Nella casa di Gioacchino Pennino, se non vado errato, che era in via Sperlinga.

DOMANDA - Mentre la casa di Lima dov'era?

RISPOSTA - La casa di Lima era in via Roma Nuova, sul lato destro, andando verso la Favorita, credo che giù dove lui abitasse ci fosse un negozio grandissimo o l'Upim o la Standa.

DOMANDA - E lei c'è andato molte volte a casa di Lima?

RISPOSTA - Sì, sono stato molte volte. Prima lui abitava in un'altra casa, poi quando furono costruiti questi palazzi che davano su via Roma Nuova lui andò ad abitare ed io andavo insieme a Ferdinando Brandaleone o con Gioacchino Pennino.

DOMANDA - Quindi a casa di Lima e a casa di Gioacchino Pennino, chi ha conosciuto di uomini politici?

RISPOSTA - Di uomini politici ho conosciuto D'Acquisto.

DOMANDA - Il nome di battesimo se lo ricorda?

RISPOSTA - Mario. Ho conosciuto Attilio Ruffini, ho conosciuto Barbaccia.

DOMANDA - Barbaccia come?

RISPOSTA - Non mi viene in questo momento.

DOMANDA - Poi?

RISPOSTA - Poi ho conosciuto Di Fresco, ho conosciuto... non lo ricordo in questo momento.

INTERVENTO DEL PRESIDENTE - Il nome di Di Fresco?

DOMANDA - E che rapporti aveva con queste persone?

RISPOSTA - Rapporti elettorali, cioè far pesare quando si votava, i voti farli affluire ad uno o ad un altro personaggio, ho conosciuto Reina.

DOMANDA - Reina era un politico?

RISPOSTA - Uomo politico che diventò, mi sembra, il primo Presidente della Regione, no no, della Provincia.

DOMANDA - Della Provincia di Palermo?

RISPOSTA - Sì, provinciale di Palermo. Credo che sia stato il primo Presidente.

DOMANDA - Lei ha mai frequentato il circolo della stampa?

RISPOSTA - Sì.

DOMANDA - In che periodo?

RISPOSTA - Lo frequentavo tutti gli anni quando era possibile perché c'erano delle volte in cui non era possibile, dal 2 novembre al 6 gennaio.

DOMANDA - Solo in questo periodo lo frequentava?

RISPOSTA - Solo in questo periodo perché era il periodo che si giocava, e quindi c'erano delle roulette, c'era lo chemin de fer, e tutte le notti le passavo là.

DOMANDA - E chi ha conosciuto al circolo della stampa, di uomini politici e di uomini d'onore, naturalmente?

RISPOSTA - Di Fresco era uno di quelli che giocava, in questo momento non ricordo il nome di battesimo, ho conosciuto i fratelli Davenio, ho conosciuto tante persone che in questo momento non mi viene il nome, non riesco a ricordare il nome delle persone che ho conosciuto al circolo.

DOMANDA - Questo circolo della stampa era frequentato anche da Gioacchino Pennino il vecchio?

RISPOSTA - Era lui che l'aveva fatto il circolo della stampa come gioco, perché lui era stato quasi, credo, un frequentatore del circolo della stampa da sempre. DOMANDA - Lei poco fa ha fatto riferimento al nipote di Gioacchino Pennino.

RISPOSTA - Sì.

DOMANDA - Lei lo ha conosciuto questo nipote?

RISPOSTA - Sì.

DOMANDA - E dove?

RISPOSTA - L'ho conosciuto a casa dello zio, l'ho conosciuto anche al circolo della stampa, ma io ho conosciuto un giovane studente che frequentava l'Università.

DOMANDA - Studente in che materia?

RISPOSTA - In medicina. Per esempio una volta credo che mi abbia accompagnato dal suo professore di Università per una visita medica, perché soffrivo di fegato in quell'epoca. E credo che questo giovane, allora studente universitario, mi abbia accompagnato e non era uomo d'onore però.

DOMANDA - E successivamente, questo Gioacchino Pennino medico, diciamo così, le fece mai dei favori, delle cortesie, ebbe dei rapporti con lei?

RISPOSTA - Sì, mi fece dei favori e non l'ho mai incontrato. Cioè, io l'ultima volta che vidi Gioacchino Pennino giovane è intorno alla fine del '62 o inizio del '63, prima che io diventassi latitante, e ho avuto il modo di ricevere favori attraverso lui perché avendo avuto l'idea di trasformarmi per aggiustarmi una cartella clinica di malattie, avevo bisogno del Bacillo di Koch per metterlo nelle mie urine, perché era l'unica maniera per accertare di essere tubercoloso, cosa che mi perveniva attraverso il dottor Franco Barbaccia, non mi veniva il nome, Francesco Barbaccia.

INTERVENTO DEL PRESIDENTE - E allora stava dicendo di Pennino?

RISPOSTA - Pennino mi mandava attraverso il dottor Barbaccia che me lo introduceva al carcere dell'Ucciardone, il bacillo di Koch in una bottiglietta che poi io mescolavo con le mie urine, che non sono da tubercolosi, e mandando all'esterno le analisi, logicamente non nel laboratorio, Pennino, ma in altri laboratori, risultava che io avessi la tubercolosi renale.

INTERVENTO DEL PRESIDENTE - E Barbaccia che funzioni aveva?

RISPOSTA - Barbaccia era otorino dell'Ucciardone, e veniva tutti i lunedì al carcere dell'Ucciardone.

DOMANDA - Signor Buscetta, approfondiamo la figura di Franco Barbaccia, chi era Franco Barbaccia? Era uomo d'onore, sì, no?

RISPOSTA - Era uomo d'onore, era membro della famiglia di Cinisi e, caso strano, era stato combinato a Cinisi perché era un piacere che aveva voluto avere Gaetano Badalamenti di averlo nella sua famiglia.

DOMANDA - Si è occupato mai di politica Franco Barbaccia?

RISPOSTA - E` stato eletto per ben 2 volte nella D.C. a Palermo. E` stato eletto prima consigliere comunale a Palermo con grandissimi voti.

INTERVENTO DEL PRESIDENTE - Il periodo di tempo sempre.

RISPOSTA - Alla fine degli anni '50, fu eletto come consigliere a Palermo, consigliere comunale, con molti voti anche se non ha mai fatto nessun comizio. Poi si propone per diventare deputato nazionale e viene eletto.

INTERVENTO DEL PRESIDENTE - E, successivamente, come tempo.

RISPOSTA - Successivamente, agli inizi del '60. Viene eletto nuovamente, avrebbe dovuto eleggersi nuovamente nel '64, se non vado errato, e per noi non c'è stato tempo di aiutarlo perché era finito chi era latitante e chi era carcerato, era successa la strage di Ciaculli, e quindi non ci siamo resi utili per l'elezione del 1964.

DOMANDA - Lei sta dicendo: per noi non era stato più possibile aiutarlo, non ci siamo resi utili. Perché era stato aiutato Barbaccia da Cosa Nostra?

RISPOSTA - Certo.

DOMANDA - E in che modo?

RISPOSTA - Con lo zio. Barbaccia è nipote acquisito di Gioacchino Pennino, la moglie di Barbaccia è figlia della sorella di Gioacchino Pennino il vecchio. Quindi, si figuri se non era aiutato da noi specialmente nelle prime elezioni.

DOMANDA - Lei personalmente lo ha aiutato?

RISPOSTA - Nelle elezioni nazionali sì.

DOMANDA - E come l'ha aiutato?

RISPOSTA - Prima dovrei spiegare la maniera che si ha di aiutare, i politici molte volte distribuiscono i fac-simili, li lanciano dalla macchina, io non ricordo di aver mai fatto questo. Io ricordo che quando si proponeva l'aiuto al candidato, o il candidato richiedeva l'aiuto di un determinato rione, ci si recava in quel determinato rione in compagnia del candidato, e sempre si trovava il rappresentante di Cosa Nostra della borgata per prendere un caffè, nient'altro, perché la gente potesse vedere che il rappresentante di quel rione aveva ricevuto la visita del Sindaco o del prossimo candidato, e quindi i voti andavano a quel candidato che noi volevamo.

DOMANDA - Può essere più chiaro, forse si è capito, ma siamo un po' più chiari, si prendeva un appuntamento del rappresentante di Cosa Nostra nel rione, ma poi all'appuntamento c'era solo il rappresentante o c'erano altre persone?

RISPOSTA - C'ero io, c'era Gioacchino Pennino, c'era Ferdinando Brandaleone, in certi posti c'erano i fratelli La Barbera.

DOMANDA - Allora, c'era il rappresentante della borgata, c'erano altri uomini d'onore, ma c'erano anche normali cittadini, le persone della borgata oppure erano...?

RISPOSTA - No no, appuntamento con noi loro non ne avevano, ma erano loro che dovevano vedere che il rappresentante della borgata... io dovrei far capire a questa Corte che cosa significa a Palermo, il rappresentante della borgata è, cosa significa per l'umile palermitano il rappresentante della borgata. Significa il Presidente del Tribunale, significa il Presidente dello Stato, significa la legge, significa l'uomo che può amministrare nel bene e nel male la vita di quel rione, perlomeno in quei tempi. Quindi, quando si andava a cercare l'aiuto per il politico da candidare, era al rappresentante della borgata che ci rivolgevamo, era al rappresentante della borgata che si faceva trovare dove noi poi arrivavamo, anche se separati, insieme al sindaco o al candidato che noi portavamo, per far notare che quel rappresentante o quella persona nota a tutti, era l'uomo a cui si doveva fare il favore di votare per quel signore.

DOMANDA - E partecipavano molte persone a queste riunioni?

RISPOSTA - Chi non conosce Palermo non può capire cosa significa, ma la curiosità nella borgata, arrivando delle macchine, arrivando personaggi a livello di La Barbera, noti malauguratamente alla cronaca nera, arrivando il sindaco Lima, o arrivando il dottore Barbaccia, era fonte di gente che vedeva come se fossero comizi.

DOMANDA - E poi i comizi si facevano, qualcuno parlava?

RISPOSTA - Assolutamente no, non ho mai assistito a un comizio.

DOMANDA - C'erano anche dei rinfreschi, si offriva qualcosa alla gente?

RISPOSTA - E' logico, il caffè, il rappresentante di quella borgata predisponeva con anticipazione i rinfreschi che sarebbero stati serviti, caffè, gli spumoni, tutto quello che si può fare per dare il benvenuto a chi si presentava.

DOMANDA - C'erano degli uomini d'onore che erano consiglieri o assessori al Comune di Palermo?

RISPOSTA - Sì, l'ho detto. Credo di averlo detto, o mi sbaglio? Ho detto Giuseppe di Trapani, era assessore e consigliere.

INTERVENTO DEL PRESIDENTE - Trapani o Di Trapani?

RISPOSTA - Giuseppe Trapani, non Di Trapani. C'era Sorci, c'era Cerami che non era uomo d'onore, perlomeno a quell'epoca non lo era.

INTERVENTO DEL PRESIDENTE - Cerami chi?

RISPOSTA - Giuseppe Cerami era un ex consigliere comunale, e poi è diventato Senatore a Roma, è stato eletto sempre come Senatore.

DOMANDA - Le risulta se questi consiglieri, assessori e uomini d'onore approvarono al Consiglio comunale una delibera contro la mafia, e Cosa Nostra?

RISPOSTA - Sì, la fecero per alzata di mano.

DOMANDA - E come si spiega che degli uomini d'onore approvano una delibera del Consiglio comunale di Palermo contro Cosa Nostra?

RISPOSTA - Non potevano fare altrimenti, sennò avrebbero mostrato il distintivo di dire: "Anche noi siamo uomini d'onore", quindi avrebbero dovuto per forza fare il doppio gioco, alzare la mano e poi correre dai vari rappresentanti e dire: "Io non potevo fare a meno, mi sarei rivelato che io sono un mafioso, se non avrei fatto così".

DOMANDA - Signor Buscetta, lei ha già accennato al fatto di aver conosciuto l'Onorevole Salvo Lima. Entriamo più nello specifico, in particolare, quando e come lei ha conosciuto Salvo Lima.

RISPOSTA - Ho conosciuto Salvo Lima alla fine degli anni '50, mi è stato presentato da Ferdinando Brandaleone, dai fratelli La Barbera, dallo stesso Gioacchino Pennino, che poi tra l'altro mi ero anche scordato di dirlo, che a quell'epoca l'onorevole più anziano della Democrazia Cristiana a Palermo era Gioia, e tutta questa gente più giovane faceva capo a quell'epoca a Giovanni Gioia.

DOMANDA - Tutta questa gente, intende i politici?

RISPOSTA - Sì, intendo parlare dei politici, ho parlato di Mario D'Acquisto, ho parlato di Salvo Lima, allora anche lui giovane, ho parlato di Di Fresco, allora democratico-cristiano, non ho parlato di Ciancimino, ma anche lui a quell'epoca, anche se non faceva capo, e Giovanni Gioia era uno dei giovani che si prestava ad avere voti da parte dei mafiosi, come del resto tutti i parlamentari, escluso i comunisti che non ne cercavano e i fascisti sapevano che non li avevano, e quindi non li cercavano e ci combattevano. Quindi la domanda che mi ha fatto lei? DOMANDA - Come è quando ha conosciuto Salvo Lima?

RISPOSTA - Conosco Lima alla fine degli anni '50 e lui si candida per consigliere, ha moltissimi voti, e diventa Sindaco del Consiglio comunale di Palermo. Durante il periodo in cui lui è Sindaco, ed io sono a Palermo libero, ci frequentiamo spesso. Ogni anno all'apertura del Teatro dell'Opera Massimo di Palermo mi manda i biglietti per tutta la stagione, diventiamo buoni amici.

DOMANDA - Lei ha conosciuto anche il padre di Lima?

RISPOSTA - Io l'ho conosciuto sì, il padre di Lima anche lui era uomo d'onore, faceva parte della famiglia di Palermo ed era stato uno di quelli che hanno raccomandato suo figlio ai fratelli La Barbera e Angelo La Barbera era suo rappresentante.

DOMANDA - In che senso aveva raccomandato Lima?

RISPOSTA - Elettoralmente, perché i fratelli La Barbera si interessavano veramente di Lima a quell'epoca.

DOMANDA - In che modo si interessava?

RISPOSTA - Sempre alla solita maniera, io non so come dovrei spiegarlo, l'interessamento politico è una cosa difficile che cambia, perlomeno in Sicilia non c'è né il pacco della pasta, né il paio di scarpe. In Sicilia è l'influenza che il rappresentante di una borgata ha su quel rione, ed allora su quel rione quasi si possono stabilire i voti che ci saranno per la Democrazia Cristiana.

DOMANDA - La domanda era per capire se lo avevano aiutato nella carriera politica.

RISPOSTA - Lo avevano aiutato, è logico, era uno dei suoi candidati Lima.

DOMANDA - Dei suoi di chi?

RISPOSTA - Dei fratelli La Barbera.

DOMANDA - Il padre di Lima da chi le fu presentato?

RISPOSTA - Io non lo ricordo perché questa è una domanda che si fa sempre, in tutti i processi ascolto questo: da chi le fu presentato? L'importante è averlo avuto presentato, ma non è necessario conoscere la persona che me lo presentò.

INTERVENTO DEL PRESIDENTE - Lei risponda alla domanda. Se lei ricorda da chi le è stato presentato o non lo ricorda. Non faccia commenti sulle domande. RISPOSTA - Non lo ricordo.

DOMANDA - Comunque le fu presentato ritualmente come uomo d'onore?

RISPOSTA - Sì.

DOMANDA - Le fu presentato una sola volta o più volte? RISPOSTA - Come più volte? Una volta. Una volta è sufficiente.

DOMANDA - Quindi i suoi rapporti con Lima diventano rapporti che durano nel tempo?

RISPOSTA - Che durano fino al 1980.

DOMANDA - Lei, personalmente, e altri uomini d'onore vi siete impegnati per aiutare Lima elettoralmente?

RISPOSTA - Io sono uno che mi sono impegnato, e Gioacchino Pennino è un altro che si è impegnato, i fratelli La Barbera si sono impegnati. Certo che ci siamo impegnati per fare eleggere.

DOMANDA - Forse lei ripeterà cose che ha già detto, ma è importante ripetere. Come vi siete impegnati, può raccontare episodi specifici?

RISPOSTA - Ci recavamo nelle zone dove si considerasse da parte dell'eletto, che non avesse i voti sufficienti in quel determinato rione, in quella determinata zona non avessero i voti sufficienti per essere a posto con i voti, allora chiedeva a noi...

DOMANDA - Chiedeva, chi è il soggetto?

RISPOSTA - Lui.

DOMANDA - Lui chi?

RISPOSTA - L'interessato ad essere votato, e in questo caso Lima.

DOMANDA - Quindi Lima chiedeva a voi?

RISPOSTA - Chiedeva a noi di recarci in quella zona insieme a lui, dove lui avrebbe potuto dimostrare di essere amico degli amici, così è la parola.

DOMANDA - Amici degli amici cosa intende? Traduciamolo bene.

RISPOSTA - Gli amici sono gli uomini d'onore, amico degli amici è l'amico dell'uomo d'onore, però anche se questo è occulto, è solo l'atteggiamento, è solo la maniera di chi è vissuto, di chi è nato in Sicilia che può capire che cosa intendo dire con questa frase. Amico degli amici è uno che può esternare a chi osserva che lui è vicino alle persone che contano.

DOMANDA - Ed allora queste riunioni nelle borgate, per i motivi che ha spiegato, si sono svolti una volta, due volte, più volte?

RISPOSTA - No, più volte.

DOMANDA - Quelle a cui lei ha partecipato personalmente?

RISPOSTA - Più volte, ma non saprei indicare gli anni, stiamo parlando di cose avvenute 35 anni fa.

DOMANDA - Cosa intende per più volte? 5 volte, 10 volte, 20 volte?

RISPOSTA - Tutte le volte che fosse necessario, ma logicamente siamo andati in molti posti che io ricordi così a memoria, siamo andati in molti posti e il risultato si otteneva. Il candidato che noi appoggiavamo era eletto.

DOMANDA - Oltre a lei, quali altri uomini d'onore partecipavano a queste riunioni elettorali a favore di Lima?

INTERVENTO DEL PRESIDENTE - Erano riunioni? Perché non l'ha detto il collaborante. Che cosa facevate?

RISPOSTA - Riunioni erano apparizioni, come potrei dirlo, io credo che una riunione si fa, o per fare un discorso oratorio o per...

INTERVENTO DEL PRESIDENTE - Dica che cosa facevate.

RISPOSTA - Apparivamo in quel posto, in quella zona dove avremmo incontrato il capo mafia di quella zona e che avrebbe visto quella gente di quella borgata il candidato vicino al capo mafia che prendeva il caffè, che prendeva il sorbetto o la camomilla, non saprei indicare cosa prendeva. Però era una cosa che si contava, e addirittura facevamo conti ancora prima che si andasse a votare veramente.

DOMANDA - In che senso facevate conti?

RISPOSTA - Sui voti che si sarebbero riportati in quelle zone che noi visitavamo.

DOMANDA - E da questi conti cosa risultava fuori?

RISPOSTA - Che il nostro candidato era eletto.

DOMANDA - Presidente, ripeto la domanda di poco fa: a questo tipo di incontri, di apparizioni, come lei l'ha definito, oltre a lei, quali altri uomini d'onore partecipavano accompagnando Lima?

RISPOSTA - Io credo di averlo detto, La Barbera, io stesso, Gioacchino Pennino, l'uomo d'onore del posto, ed altri uomini d'onore del posto, anche della borgata, non è che veniva solo il rappresentante. Logicamente non erano masse, erano numeri, ma era l'importante perché questo numero così limitato poi a sua volta aveva i suoi 50 familiari o i 20 familiari che avrebbero votato secondo quello che stavano vedendo.

DOMANDA - Si sono svolte delle riunioni a casa dell'onorevole Salvo Lima che avevano per oggetto la scelta di candidati, le elezioni, discussioni di carattere politico alle quali lei o altri uomini d'onore avete partecipato?

RISPOSTA - Alla scelta dei candidati io non ho mai partecipato, anche perché non ne avrei avuto la competenza, ma le riunioni c'erano a casa di Lima o a casa di Pennino. E a casa di Pennino molto spesso hanno parlato di candidare, per esempio, la candidatura dell'onorevole Barbaccia è stato un fulmine a ciel sereno perché era una candidatura che non si aspettavano, e visto il risultato per l'elezione al Municipio di Palermo, lo zio volle candidarlo per le elezioni nazionali. E quindi non fu poca la battaglia che successe per candidare Franco Barbaccia. Ma io a queste cose non ho partecipato, anche perché io non avevo abbastanza...

DOMANDA - Quando lei dice: non ho partecipato, intende dire che non ha partecipato alla discussione o che non ha partecipato alla riunione?

RISPOSTA - Non ho partecipato alla discussione.

DOMANDA - Ma ha partecipato alla riunione?

RISPOSTA - Sì, ho partecipato alla riunione, ma non trattavo io questi argomenti perché non avevo la capacità, riconosco, non le avevo le capacità per ragionare il giusto o il non giusto.

DOMANDA - A parte l'appoggio elettorale, lei, all'onorevole Salvo Lima ha fatto altre cortesie, altri piaceri, altri favori?

RISPOSTA - A parte?

DOMANDA - A parte l'appoggio elettorale, ha fatto altre cortesie?

RISPOSTA - Io non mi ricordo in questo momento se ho fatto altre cortesie, ma lui le ha fatte a me, ma in questo momento non mi ricordo.

DOMANDA - Lei o altri uomini d'onore che tipo di favori avete chiesto, se li avete chiesti, all'onorevole Salvo Lima?

RISPOSTA - I favori che io conosco di Salvo Lima sono, quando lui era Sindaco di Palermo, il cambiare dei terreni da zona verde ad area edificabile, uno di questi favori l'ha fatto a me e a Salvatore La Barbera, un altro favore...

DOMANDA - Andiamo per ordine, il primo, in cosa consisteva questo favore che ha fatto a lei e a Salvatore La Barbera?

RISPOSTA - C'era un'area in una zona centrale di Palermo alla fine della via Libertà, dove era stata definita quell'area zona verde, mentre noi, attraverso l'interessamento del Sindaco Lima, abbiamo potuto trasformarla in area edificabile che poi abbiamo venduto ad un costruttore che si chiamava Salvatore Moncada, anche lui uomo d'onore di Palermo. DOMANDA - E questo è un esempio, poi?

RISPOSTA - Il secondo esempio che io personalmente ho chiesto l'elevazione di due piani su una costruzione che stavo facendo insieme ad un tale Annaloro, cosa che mi fu accordata per suo interessamento, e a quell'epoca l'assessore...

INTERVENTO DEL PRESIDENTE - Che significa la costruzione di due piani?

RISPOSTA - Era stata concessa la licenza per esempio di arrivare a 8 piani ed invece poi avevo chiesto il favore di arrivare a 10 piani, e mi è stato concesso.

DOMANDA - Ricorda...?

RISPOSTA - Un'altra, io non ho preso parte in questa, è una zona di Palermo, che era una villa detta Duca d'Orléans che fu trasformata interamente da verde ad area edificabile, e questa era una concessione che veniva fatta ad Antonino Sorci, ad un tale che si chiamava Rosario Mancino ed altri.

DOMANDA - Sorci e Mancino erano uomini d'onore?

RISPOSTA - Erano uomini d'onore tutti e due. Mancino era uomo d'onore a Brancaccio, nella famiglia di Gioacchino Pennino e Sorci era rappresentante, lui, della famiglia di Villagrazia.

DOMANDA - E chi è che fece questo favore?

RISPOSTA - Lima, era il Sindaco.

DOMANDA - Lei sa se l'onorevole Lima si recò mai negli Stati Uniti?

RISPOSTA - Sì.

DOMANDA - E come lo sa lei?

RISPOSTA - Io ho fatto una lettera, se così posso chiamarla, di accompagnamento, perché lui dovendosi recare negli Stati Uniti se poteva essere accolto da gente del posto. Io feci una lettera per Carlo Gambino e Jo Bonanno, che avevo conosciuto. Jo Bonanno l'avevo conosciuto nel 1957, mentre Carlo Gambino non l'avevo mai conosciuto, ma avevo conosciuto i fratelli di Carlo Gambino che si chiamavano Paolo e Giuseppe Gambino. Avevo questa conoscenza diretta perché abitando a corso Liguzza a Palermo, non ricordo più il piano dove io abitavo, ma mettendo che io abitavo al secondo piano, al terzo piano abitava la sorella di Carlo Gambino, sposata a Palermo con un uomo d'onore della famiglia del Borgo. INTERVENTO DEL PRESIDENTE - Chi era questo Carlo Gambino?

RISPOSTA - Carlo Gambino era il rappresentante della famiglia palermitana di New York.

DOMANDA - Perché questa lettera di accompagnamento, quale scopo, che funzione aveva?

RISPOSTA - La funzione di essere accompagnato in vari posti e sapere, avere qualcuno che poteva indicare, ma io so che loro, a detta dello stesso Sindaco di allora, avevano avuto accoglienze molto festose negli Stati Uniti.

DOMANDA - Cioè Lima aveva avuto accoglienze festose? RISPOSTA - Sì, e al ritorno mi aveva ringraziato.

INTERVENTO DEL PRESIDENTE - In quel periodo era Sindaco?

RISPOSTA - Sì, era sindaco in quel periodo.

DOMANDA - Prima di passare alla prossima domanda sul prosieguo dei suoi rapporti con Lima, se ve ne furono, desidererei che lei precisasse al Tribunale il periodo della sua detenzione in Italia, dal momento in cui venne estradato la prima volta dal Brasile.

RISPOSTA - Il periodo è dal 3 o 4 dicembre del 1972 fino al gennaio del 1980.

DOMANDA - Quindi questo è l'unico periodo di sua detenzione in carceri italiane?

RISPOSTA - Ne avevo avuti anche prima. Ne ho avuto uno a Taranto e un altro a Roma per periodi di mesi, però.

DOMANDA - Ricorda il periodo, o quanto meno l'epoca? RISPOSTA - L'epoca, credo che doveva essere il 1958. DOMANDA - E durante la sua carcerazione degli anni '70, definiamola così, dal '72 all'80 per la precisione, ricorda in che carceri passò la sua detenzione? Cominciamo con il carcere dell'Ucciardone, fu mai detenuto all'Ucciardone?

RISPOSTA - Sì, e ci rimasi fino a che fui trasferito alla fine degli anni '73 per passare un processo d'appello alla Corte d'Assisi di Catanzaro. Ritornai nuovamente all'Ucciardone nel mese di gennaio del 1974. Quindi rimasi a Catanzaro circa un mese e mezzo.

DOMANDA - Poi?

RISPOSTA - Poi fui trasferito al carcere di Barcellona, Sicilia, per un periodo di un mese e mezzo, credo, nel mese di maggio del 1974 stesso.

DOMANDA - Fermiamoci un attimo a Barcellona. Ebbe modo di incontrare altri uomini d'onore nel carcere o nell'ospedale di Barcellona Bozzedirotto?

RISPOSTA - Sì.

DOMANDA - Chi?

RISPOSTA - Ricordo così, a prima vista, Giuseppe Calderone.

DOMANDA - Chi era Giuseppe Calderone?

RISPOSTA - Giuseppe Calderone era il rappresentante della famiglia di Catania.

DOMANDA - Ha rapporti con Antonino Calderone?

RISPOSTA - Il fratello maggiore di Antonino Calderone.

DOMANDA - Vi erano altri uomini d'onore a Barcellona? RISPOSTA - Ce n'era un altro che apparteneva alla mia stessa famiglia, che si chiamava Salvatore... mi riservo poi di fare il nome.

DOMANDA - Poca importanza. Da Barcellona rientrò di nuovo all'Ucciardone?

RISPOSTA - Da Barcellona rientrai all'Ucciardone, dopo un periodo di un mese e mezzo, quel centro clinico di Barcellona. E vi rimasi fino all'agosto del 1977, ininterrottamente, tranne qualche sortita di pochi giorni per andare alle cliniche di Palermo, agli ospedali, ma due o tre giorni.

DOMANDA - Quindi diciamo dalla fine del '72 all'agosto del '77 lei è stato quasi ininterrottamente all'Ucciardone?

RISPOSTA - Sì.

DOMANDA - All'Ucciardone dove dimorava, solitamente? RISPOSTA - All'infermeria. Quando ritorno dal centro clinico di Barcellona, vado direttamente all'infermeria e di là esco solo nel 1977.

INTERVENTO DEL PRESIDENTE - Perché va all'infermeria? RISPOSTA - Perché sono ammalato.

DOMANDA - Era ammalato realmente o simulava qualche malattia?

RISPOSTA - No, simulavo, simulavo tubercolosi renale. DOMANDA - Da chi era frequentata l'infermeria dell'Ucciardone in quel periodo?

RISPOSTA - Era frequentata un po' da tutti i detenuti in numero ridottissimo, perché c'erano detenuti veramente ammalati, e quindi andavano ricoverati in infermeria; però l'ultimo piano dell'infermeria era dedicata esclusivamente a me e ad altri uomini d'onore, con cifre che andavano anche da 35 a 40 uomini d'onore dentro quel reparto che rimaneva sempre aperto con altri cancelli che si chiudevano.

DOMANDA - Quindi la circolazione delle notizie tra voi uomini d'onore in quel periodo com'era? Difficoltosa?

RISPOSTA - Era come se si stesse fuori; io avevo ottenuto già dal direttore che potevano entrare giornali, poi c'erano anche le voci amiche della gente che usciva e della gente che entrava, e quindi era una vita normale, ci mancava solo la libertà o la famiglia, ma poi avevamo tutto.

DOMANDA - Quale fu il suo ruolo all'interno del carcere dell'Ucciardone durante questi 4 anni e mezzo di quasi ininterrotta permanenza? Quella di un detenuto comune...

INTERVENTO DEL PRESIDENTE - Basta basta: quale fu il suo ruolo?

RISPOSTA - Io, per poter definire quale fu il mio ruolo, devo iniziare che arrivando nel 1972 incontrai, sentii anzi, per meglio dire, che alle celle di punizione c'erano Gaetano Badalamenti, Stefano Bontade, Giuseppe...

INTERVENTO DEL PRESIDENTE - Alle celle di?

RISPOSTA - Di punizione. A quell'epoca, al carcere dell'Ucciardone si viveva già da carcerati, ma poi quando si faceva qualche mancanza si era condannati ad andare alle celle di punizione, dove non si poteva fumare, non c'erano lenzuola, dove c'era solo un tavolaccio e nessu'altra comodità.

DOMANDA - Seppe qual' era stata la trasgressione per la quale questi uomini d'onore si trovav