Pagina 123 PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TIZIANA PARENTI INDICE Pag. Audizione del capo della polizia, prefetto Fernando Masone: Parenti Tiziana, Presidente ........... 125, 134, 135, 136 139, 140, 142, 146, 150, 153, 157, 158, 159 Arlacchi Giuseppe ............................... 140, 141 Ayala Giuseppe ................... 136, 138, 139, 140, 142 149, 151, 153, 154, 158 Bargone Antonio ....................... 135, 142, 143, 144 Bertoni Raffaele ........................... 134, 135, 154 Bonsanti Alessandra ........................ 148, 149, 150 Brutti Massimo ....................................... 140 Caccavale Michele .................................... 158 Campus Gianvittorio .................................. 154 Del Prete Antonio .................................... 151 Florino Michele ................................. 144, 157 Garra Giacomo ................................... 149, 150 Imposimato Ferdinando ................................ 136 Manconi Luigi ......................... 135, 136, 145, 146 Masone Fernando, Capo della polizia .................. 125 135, 136, 137, 139, 140, 141, 143, 144, 145, 146 147, 148, 149, 150, 151, 153, 154, 155, 157, 158 Ramponi Luigi ........................................ 154 Scozzari Giuseppe ..................... 144, 146, 148, 150 Simeone Alberto ...................................... 154 Tarditi Vittorio ................................ 143, 150 Vendola Nichi ................................... 156, 157 Violante Luciano ...................... 137, 138, 139, 140 Comunicazioni del presidente: Parenti Tiziana, Presidente ................ 159, 160, 161 162, 163, 164 Arlacchi Giuseppe .................................... 161 Bargone Antonio ................................. 159, 160 161, 162, 163 Ramponi Luigi ................................... 161, 162 Scozzari Giuseppe .................................... 163 Simeone Alberto ...................................... 159 Pagina 124 Pagina 125 La seduta comincia alle 16,50. (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente). Audizione del capo della polizia, prefetto Fernando Masone. PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del capo della polizia, prefetto Fernando Masone, ed ha per oggetto lo stato attuale della lotta alla criminalità organizzata e il coordinamento delle strutture a ciò preposte. Do la parola al prefetto Masone. FERNANDO MASONE, Capo della polizia. Signor presidente, onorevoli membri della Commissione parlamentare antimafia, voglio anzitutto ringraziare per l'opportunità che mi è stata offerta di esporre in un consesso così autorevole, nella mia nuova veste di direttore generale della pubblica sicurezza, alcune considerazioni sullo stato della criminalità mafiosa e sulla conseguente azione di contrasto. Dato il breve tempo trascorso dalla data del conferimento dell'incarico ad oggi, porrò maggiormente l'accento su programmi di intervento del dipartimento, muovendo comunque da un'analisi del fenomeno delinquenziale per delineare la mia futura azione propulsiva e di indirizzo. La dinamica dei temi che sono oggi in discussione in questa sede non mi esime comunque da un sia pur sintetico riferimento al contesto generale dell'ordine e della sicurezza pubblica del paese, logico presupposto delle ulteriori valutazioni in ordine alla fenomenologia mafiosa, alla luce degli effetti interattivi tra macro e microcriminalità. Per una maggiore incisività del mio intervento e per lasciare spazio alla formulazione di più specifiche considerazioni in merito alle tematiche in trattazione mi permetterò di consegnare, via via, al signor presidente una serie di schede analitiche che tratteggiano, in dettaglio, alcuni aspetti più significativi. Il panorama complessivo della sicurezza pubblica, oggetto di attento e costante monitoraggio da parte del dipartimento della pubblica sicurezza, delineato nell'allegata scheda sulla situazione della criminalità (allegato 1), permane sicuramente caratterizzato dagli effetti sinergici di diversi fattori, costituiti dall'associazionismo di stampo mafioso, dal traffico e spaccio di droga e da talune gravi fattispecie criminose, tra cui in primo luogo gli omicidi, che hanno interessato in misura maggiore le aree meridionali. In tale ambito la delinquenza comune, solita esprimersi essenzialmente attraverso furti e rapine, ha manifestato un elevato livello di pericolosità, specialmente nei centri urbani ad alta densità abitativa. Nel contesto generale si può comunque affermare che segnali positivi di una efficace reazione delle componenti istituzionali sono stati accompagnati da risultati di indiscutibile valore, che trovano conferma nella cospicua inversione della tendenza della delittuosità in generale che, già registrata nel corso del 1992, si è consolidata nel 1993 e nei primi sette mesi del 1994. Tale favorevole trend, pari al -5,47 per cento per il 1993 rispetto all'anno precedente, resta confermato anche nel periodo gennaio-luglio 1994, nei termini del -4,24 per cento. Pagina 126 Il complesso dei delitti rilevati fino allo scorso luglio è stato di 1.273.555: il 61,06 per cento dei reati è costituito dai furti; circa il 44 per cento dei furti riguarda automezzi e motomezzi od oggetti custoditi in auto. Si tratta, in altre parole, di microdelinquenza che forma però il serbatoio da cui la grande criminalità attinge le sue risorse umane. Nel delineato panorama, attesa la gravità del delitto, assume particolare valenza il calo degli omicidi volontari che, attestatosi sul -26,25 per cento tra il 1992 ed il 1993, ha fatto registrare, al 31 agosto ultimo scorso, un'ulteriore contrazione pari al -10,28 per cento, con apprezzabili diminuzioni in Puglia (-13,43 per cento), in Campania (-5,51 per cento) ed in Calabria (-3,80 per cento), mentre in Sicilia il dato è rimasto stazionario (184 episodi nei primi otto mesi sia del 1993, sia del 1994). Rammento in proposito che nelle predette quattro regioni viene consumato in media oltre il 60 per cento degli omicidi. Dal quadro ora descritto, sinteticamente evidenziato da una serie di elaborazioni grafiche che allego (allegato 2), emerge un andamento delle manifestazioni delinquenziali che contiene sicuri elementi di positività e che conferma l'efficacia dell'azione statuale. Si tratta peraltro di dati numerici ancora particolarmente elevati, tali da imporre l'ulteriore affinamento degli strumenti di prevenzione e repressione, la ricerca di sempre più adeguate metodologie e stategie anticrimine che meglio soddisfino le istanze di sicurezza provenienti dai cittadini e che tengano conto della minaccia che proviene dalle fenomenologie delinquenziali cosiddette minori, ma che incidono profondamente sulla civile convivenza. Direttamente funzionale a tale obiettivo primario della mia azione, sarà la completa realizzazione del già avviato programma di presidio e controllo del territorio che è mia intenzione portare a termine nel più breve tempo possibile. Sotto tale profilo, valutata l'eventuale opportunità di una migliore redistribuzione delle risorse umane allo stato disponibili, mi propongo di rendere sempre più efficienti i presidi territoriali, perché svolgano, nel modo più compiuto, il loro fondamentale ruolo di garanti del territorio e di fonti primarie di informazioni investigativamente utili. Duplice sarà il positivo effetto che ne conseguirà: una più concreta realizzazione della funzione preventiva ed un ampliamento del patrimonio conoscitivo che è essenziale presupposto dell'attività più direttamente repressiva. A tale scopo svolgerò una diretta azione di impulso e mi recherò personalmente nelle zone maggiormente interessate dall'infezione criminale, ove riunirò i responsabili degli organismi di polizia chiamati a contrastare le manifestazioni delinquenziali. Ciò mi consentirà di acquisire anche una diretta conoscenza delle problematiche esistenti e la messa a punto di una precisa metodologia di intervento, la cui attuazione sarà poi garantita dagli uffici centrali del dipartimento, che attraverso un'ulteriore opera di monitoraggio potranno delineare le strategie più efficaci. Solo attraverso una costante raccolta di dati ed un'affinata capacità di analisi e di elaborazione degli stessi (e ci stiamo sempre più attrezzando in questo senso), sarà possibile elevare il livello delle indagini e, superando la frammentaria e disorganica visione delle iniziative criminali, prefigurare le loro linee di tendenza, nel tentativo di anticiparle. E' infatti un'esigenza ineludibile la pianificazione strategica delle attività, senza dispersione di risorse informative e di energie investigative, per il raggiungimento degli obiettivi di sicurezza individuati come prioritari. Siffatto programma anticrimine, peraltro già impostato dal dipartimento ormai da alcuni anni, non potrà prescindere dall'adozione di idonee iniziative intese ad una costante verifica dell'adeguatezza delle procedure e del riscontro dei risultati conseguiti. Essenziale sarà a tal fine il ruolo della Direzione centrale della polizia criminale, che dispone degli strumenti idonei a predisporre calibrate strategie e ad assicurare il raccordo delle molteplici iniziative investigative in ambito dipartimentale, fungendo altresì da supporto tecnico Pagina 127 alla mia azione, che sarà indirizzata alla ricerca di intese operative tra le diverse forze di polizia. Il carattere polivalente delle imprese illegali che disegnano il volto della criminalità organizzata di tipo mafioso, analizzata nelle sue varie espressioni nell'allegata scheda (allegato 3), e la combinazione dei fattori della produzione illecita rappresentano le note peculiari dell'attuale processo evolutivo della delinquenza nazionale ed internazionale. In tale contesto Cosa nostra, camorra, 'ndrangheta, Sacra corona unita, costituiscono le più potenti e pericolose componenti della grande criminalità del nostro paese. Esse sono in grado di operare simultaneamente nei segmenti più lucrativi dei principali mercati illeciti, scambiando beni e servizi di diverso genere e provenienza ed intrecciando relazioni con una pluralità di altri soggetti criminali. In particolare, Cosa nostra siciliana ha, rispetto alle altre organizzazioni similari, un'importanza prevalente e tenta di costituire un modello organizzativo e comportamentale per gli altri aggregati di tipo mafioso. Sua caratteristica fondamentale è la tendenza al confronto, da pari a pari, con lo Stato ed i suoi rappresentanti, nonché all'infiltrazione in esso tramite relazioni occulte con esponenti dei suoi apparati. In piena sintonia con le valutazioni espresse in proposito, in questa sede, dal ministro dell'interno, nel ricordare la peculiare valenza delle stragi mafiose del 1992 e del 1993, cercherò di andare oltre nella disamina del fenomeno, al di là dei suddetti gravi episodi. Si impone infatti alla mia specifica funzione l'obbligo di disporre, sulla base delle prefigurate linee di tendenza del fenomeno mafioso, idonee misure atte a prevenire nel tempo le aggressioni alla sicurezza pubblica. Per assolvere a tale doveroso compito mi propongo di orientare l'azione investigativa nei confronti dell'intero sistema criminale mafioso, utilizzando mirate strategie, apparati investigativi specializzati e apposite metodologie operative, a livello tanto nazionale quanto internazionale. Tutto ciò nell'ottica di assolvere ad un compito primario di previsione delle linee di sviluppo del fenomeno mafioso - o, più in generale, criminale - per evitare che si sia costantemente costretti ad inseguire le situazioni di volta in volta emergenti. Funzionale allo scopo sarà la continua interazione tra il momento dell'acquisizione conoscitiva, volta ad individuare le connotazioni strutturali e le modalità operative delle associazioni mafiose, e quello della fase più propriamente investigativa, diretta a colpire in modo mirato e conseguente i centri nevralgici delle stesse strutture criminali. Il cennato programma di potenziamento e riorganizzazione del sistema di presidio del territorio si integra, sotto il profilo metodologico, con tale strategia antimafia, e fornisce a quest'ultima un supporto indispensabile. Non solo quindi specializzazione ma ancoraggio al territorio: questo è quello che in sintesi voglio dire. Le indagini tuttora in corso debbono sicuramente indurre ad una doverosa prudenza nell'anticipare conclusioni che potrebbero rivelarsi inesatte o solo parzialmente esatte al vaglio dell'ulteriore sviluppo dell'azione investigativa. Peraltro, non si può disconoscere l'attualità del pericolo mafioso. Conduce anzitutto a tale conclusione un processo logico-deduttivo che tenga ben presente il bisogno di rivalsa delle organizzazioni mafiose nei confronti dello Stato dopo i numerosi successi da questo conseguiti, nonché la notevole forza criminale che quei sodalizi conservano nelle cosiddette regioni a rischio, nonostante gli innumerevoli arresti effettuati. Per altro verso, ad ulteriore riscontro, sussiste la cognizione concreta sul piano investigativo di disegni criminali volti a colpire in maniera eclatante uomini che rivestono un ruolo importante nella lotta antimafia. Paradossalmente sono dell'avviso che le progettate azioni cruente, così come le stragi compiute in un recente passato, lungi dal confermare il potere mafioso, testimoniano l'attuale stato di malessere Pagina 128 della Cosa nostra siciliana che è protesa a ristabilire la sua forza aggregante, la sua capacità di infiltrazione e le sue ferree regole dell'omertà. Ritengo significativo segnale in tal senso la continua emorragia dall'organizzazione mafiosa di numerosi affiliati che decidono di violare la regola dell'omertà e di avviare un rapporto di collaborazione con le strutture dello Stato, evidenziando in tal modo la costante disgregazione della struttura e dell'impianto di Cosa nostra, nonché del suo originario codice d'onore. E' notizia di questi giorni, già peraltro resa pubblica, l'inizio della collaborazione di Giuseppe Pulvirenti. Altri episodi analoghi sono in atto. Dalla scheda che consegno (allegato 4) emergono alcuni significativi dati in tal senso e colpisce in particolare come l'incremento dei collaboratori di giustizia, costante nel tempo, sia passato da un numero di 349 che si registrava nel mese di aprile del 1993, al numero attuale di 886 con aumenti, dallo scorso mese di maggio ad oggi, valutabili in percentuale tra il 105 e il 154 per cento (naturalmente rispetto al dato iniziale). Fermo restando che non si può prescindere dall'azione investigativa avviata e sviluppata autonomamente dagli organismi di polizia, capaci di percepire tempestivamente sul territorio i segnali dell'evoluzione del fenomeno criminale e talora di prevenirne le manifestazioni, lo strumento della collaborazione - nonostante il suo ineliminabile riferimento retrospettivo - si rivela fondamentale per penetrare all'interno della compagine mafiosa e raccogliere materiale probatorio in ordine agli episodi delittuosi perpetrati. Sulla base di tale premessa ritengo doveroso soffermarmi in modo analitico sul problema della protezione dei collaboratori della giustizia, premettendo che condivido l'assoluta necessità del riordino della disciplina che la regolamenta, che peraltro è già allo studio. Il fenomeno del pentitismo ha preso avvio nel nostro paese solo dieci anni fa. Nel 1984 si registra infatti la collaborazione di Tommaso Buscetta, che ha rappresentato il germe iniziale di infezione del tessuto criminale mafioso. Se pensiamo, poi, che le norme che disciplinano, sotto il profilo della sicurezza, il contributo offerto dai pentiti e la condizione dei collaboranti della giustizia, risalgono al 1991, è del tutto evidente che ci troviamo di fronte ad una legislazione su di una materia estremamente complessa che non ha ancora avuto un'adeguata sperimentazione. E' necessario quindi considerare l'attività svolta nel settore della tutela dei collaboratori come una base di esperienze dalle quali ricavare una serie di utili indicazioni. Il raggiungimento di questo obiettivo consentirà di migliorare la specifica tecnica di contrasto del fenomeno mafioso e di incentivare future collaborazioni. Ciò deve avvenire nei tempi più rapidi per non rallentare l'azione statuale contro l'aggressione mafiosa, arrogante e violenta, e per non perdere l'occasione rappresentata da questo momento particolarmente favorevole nella lotta alla mafia, avendo la possibilità di utilizzare adeguatamente la positiva esperienza di altri paesi. Partendo da questa premessa è necessario definire chiaramente le linee di azione da seguire e fissare alcuni princìpi di carattere generale. Per affrontare proficuamente il problema della protezione dei testimoni occorre valutare a pieno la complessità e la delicatezza delle problematiche connesse, sia sotto il profilo dell'inquinamento del materiale probatorio sia sotto quello dell'incolumità dei pentiti, dei loro familiari e degli stessi operatori di giustizia. Presupposto imprescindibile che ciò avvenga è l'esigenza di un reale rapporto di fiducia tra la pubblica opinione e le istituzioni deputate ad assolvere un compito così importante. La protezione di interi nuclei familiari esposti a rischio, assoggettati a profondi stress in conseguenza della scelta di vita di un loro congiunto, è cosa non agevole, anzi difficilissima. Per conciliare le necessità di protezione con quelle di una serenità di vita delle persone sottoposte a tale regime, è importante ispirarsi ad un principio di Pagina 129 carattere generale che escluda la possibilità di una vigilanza continuativa e costante. Sarebbe infatti di ardua realizzazione e assolutamente inaccettabile in termini di oneri un apparato imperniato sulla tutela individuale di tutti i soggetti che fruiscono di un programma di protezione. Un sistema siffatto richiederebbe l'impiego di elevatissimi contingenti di personale - peraltro altamente specializzato - e rischierebbe addirittura di comportare costi superiori ai benefici. Nel parlare di costi intendo riferirmi non solo a quelli prettamente economici, ma anche a quelli attinenti alle condizioni psicologiche delle persone tutelate ed alla effettiva loro sicurezza. Un apparato siffatto non assicurerebbe, del resto, la completa tutela dei collaboratori, e ciò in quanto il dispiegamento di ingenti forze rende più elevato il rischio ed il pericolo di circolazione incontrollata di notizie riservate. Il sistema di protezione dovrebbe invece essere improntato ad un criterio che si basi sull'equazione "sicurezza uguale segretezza" e che consista nell'assoluta mimetizzazione delle persone protette nel contesto sociale in cui sono inserite dal personale preposto all'attuazione dello specifico programma. Per il perseguimento di tali finalità e metodologie operative è indispensabile disporre di una rigida disciplina regolamentare e di apposite strutture specializzate che svolgano, in via esclusiva, tale compito. L'attuazione di un piano di sicurezza improntato a tali princìpi è funzionale al reinserimento di chi ha violato la legge e si è ravveduto nel contesto sociale e soccorre, al contempo, a precise esigenze operative e di sicurezza. E' evidente che il pentito ed il suo nucleo familiare debbano essere inseriti in un programma di protezione che consenta loro una normale vita di relazione. Prescindendo, difatti, dagli stress psichici cui i soggetti tutelati sarebbero altrimenti esposti, ha una sicura incidenza negativa sull'efficacia dell'apparato di protezione la presenza di giovani in età scolare che non ottemperino all'obbligo scolastico o la circostanza che un capofamiglia conduca una vita dignitosa senza svolgere alcuna attività lavorativa. Tali anomalie non farebbero che ingenerare curiosità ed esposizioni a rischio di individuazione da parte di malintenzionati. Una adeguata politica di sicurezza non deve, per altro verso, prescindere dall'adozione di regole appositamente volte a disciplinare e definire nel tempo le modalità e la misura dell'erogazione di contributi al soggetto tutelato, allo scopo di non abituarlo ad un mero assistenzialismo di tipo pensionistico e di sottrarlo all'inattività che crea disagio e favorisce il possibile ritorno agli ambienti criminali. Una volta accettata la filosofia di sicurezza ispirata a tali canoni ed approvata una politica che sia improntata alle suesposte direttrici, provvederò a riorganizzare le già esistenti strutture di protezione, curando meglio l'aspetto della specializzazione. Per il raggiungimento dell'obiettivo, è necessaria la collaborazione di tutte le istituzioni interessate e, soprattutto, della magistratura inquirente, che dovrà offrire il suo concorso nell'attuazione di una siffatta strategia di protezione, limitando alcune richieste ed adeguando le proprie iniziative alle esigenze di sicurezza che le verranno prospettate dai tecnici del settore. Di converso, impartirò, nelle sedi opportune, precise direttive perché gli organismi di polizia giudiziaria forniscano agli uffici del pubblico ministero puntuale ed incondizionato apporto di energie per il migliore espletamento dell'attività investigativa. Sempre in tema di contrasto alla criminalità mafiosa e di strumenti vieppiù efficaci per sconfiggerla, piena e totale è la fiducia mia personale e del dipartimento della pubblica sicurezza nell'applicazione dell'articolo 41-bis della normativa penitenziaria. In quest'ottica, le competenti articolazioni del dipartimento - in primis la Direzione centrale della polizia criminale - e la Direzione investigativa antimafia continueranno a fornire tutte le informazioni Pagina 130 necessarie per l'adozione dei provvedimenti del caso da parte degli uffici a ciò preposti. A tal proposito posso dire che fino ad oggi sono stati forniti dalla citata direzione centrale al Ministero di grazia e giustizia 1.301 contributi informativi su detenuti di spiccata pericolosità. Allo stato i soggetti sottoposti al regime di cui all'articolo 41-bis sono 444, pari allo 0,82 per cento della popolazione carceraria. L'esigenza di contribuire con crescente efficacia di contrasto alla criminalità in genere, ed in particolare a quella di tipo mafioso, ha comportato tra l'altro lo sviluppo di strategie mirate e coordinate anche nello specifico ed importante settore della ricerca dei latitanti, che ha rappresentato uno degli obiettivi prioritari delle forze di polizia, come meglio si evidenzia nella specifica scheda (allegato 5). La loro localizzazione, anche in ambito internazionale, ha richiesto spesso il superamento di non lievi difficoltà, determinate principalmente dal legame che il latitante mantiene solitamente con gli ambienti ed i gruppi di appartenenza, da cui riceve supporto per sfuggire alla giustizia e mantenere la sua posizione nell'illecito. Attendono a tale impegno investigativo qualificati gruppi di operatori, per agevolare ed orientare l'opera dei quali è stato attivato lo speciale programma del gruppo integrato interforze per la cattura dei 30 latitanti di spicco della criminalità organizzata ed è stato redatto un opuscolo contenente i nominativi di 500 pericolosi catturandi. Nel 1994 sono stati assicurati alla giustizia 196 soggetti pericolosi, 12 dei quali inseriti nello speciale programma, responsabili dei reati di associazione di tipo mafioso, sequestro di persona a scopo estorsivo ed altri gravi fatti delittuosi. Inoltre sono stati tratti in arresto 59 elementi compresi nel citato opuscolo. Sempre nel 1994 sono stati assicurati alla giustizia altri 125 latitanti. Nel medesimo arco temporale, utilizzando proficuamente il solco delle relazioni internazionali, sono state altresì arrestate all'estero 140 persone, tra cui ricordiamo Salvatore Ciulla (Bolivia), Roberto Pannunzi (Colombia), Carmelo Iamonte (Polonia), Giuseppe Li Calzi (Germania), Salvatore Palazzolo (Germania), Enrico Dionisi (Romania), Mario Esposito (Spagna) e Giuseppe Autorino (Venezuela). Sono state inoltre perfezionate 105 pratiche di estradizione. I positivi risultati conseguiti, in ambito internazionale, nello specifico settore della ricerca dei latitanti impongono anzi di rammentare, in termini più ampi, come attualmente l'impegno contro la criminalità non possa essere più circoscritto all'interno dei confini nazionali. La scelta delle organizzazioni criminali di considerare prioritario il loro impegno in determinati settori di illegalità che, per loro stessa natura, implicano risvolti di carattere internazionale, hanno favorito l'espandersi della criminalità organizzata al di fuori dei paesi d'origine. Lo sviluppo del mercato illecito a livello internazionale ha determinato una costante interconnessione tra i più importanti gruppi criminali, i quali sono così riusciti ad incrementare la loro potenza aggressiva. Di converso, acquisita la consapevolezza della funzione determinante della collaborazione tra le forze di polizia dei vari paesi, si è cercato, attraverso molteplici iniziative, di dar vita ad un'unitaria azione anticrimine a carattere ultranazionale, capace di contrapporsi adeguatamente all'unitarietà dell'azione illegale del crimine organizzato. Tra i più recenti esempi di tali forme di cooperazione nel settore investigativo merita una particolare citazione l'operazione ONIG che, condotta a termine dalla Polizia di Stato in collaborazione con gli organismi investigativi statunitensi, ha consentito di trarre in arresto oltre cento soggetti appartenenti alla mafia italiana ed a Cosa nostra americana, i quali avevano creato un'unica, compatta organizzazione dedita al traffico di sostanze stupefacenti. In tale prospettiva, oltre il successo operativo raggiunto, il dato più significativo offerto dalla menzionata indagine consiste proprio nello scenario che ne è Pagina 131 emerso: la compattazione dei gruppi criminali che operano a livello internazionale in un cartello o addirittura in un'unitaria organizzazione con interessi in specifici, circoscritti settori dell'illecito. Non è questo un caso isolato, ma piuttosto una delle molteplici estrinsecazioni di un generale processo di integrazione che, prendendo le mosse da necessitate dinamiche di interazione tra distinti sodalizi criminali attivi in ambito internazionale, si è ulteriormente sviluppato fino a lasciar spazio a consapevoli strategie delinquenziali, finalizzate ad accrescere enormemente il potere criminale delle organizzazioni attraverso la loro fusione permanente od in occasione di specifiche attività delinquenziali, quali il contrabbando, il commercio clandestino delle armi e, ovviamente, il traffico di droga. Di fronte a tale realtà, è mia precisa intenzione continuare sulla strada, già tracciata, di incrementare i canali di cooperazione esistenti e di utilizzare sinergicamente tutte le potenzialità offerte dal sistema, seguendo in tale ottica la linea guida tracciata dal signor ministro dell'interno, che ha peraltro direttamente avviato precise iniziative nel settore. Sotto quest'ultimo profilo si è operato nei giorni scorsi in seno al comitato bilaterale Italia-USA per la lotta alla criminalità organizzata ed al traffico della droga, ove sono state raggiunte intese finalizzate ad un affinamento delle procedure di collaborazione tra i due paesi, anche con una più incisiva attuazione del trattato di assistenza giudiziaria del 1984. Nell'ambito di tali intese è stata offerta agli operatori americani la possibilità di aderire al sistema informativo Teledrug sul traffico di stupefacenti provenienti dalle rotte europee della droga. Quest'ultimo è frutto di un trattato di collaborazione internazionale che ha visto l'Italia promotrice di un progetto di interscambio telematico di informazioni e si caratterizza per l'ampio spettro di aree territoriali coinvolte, dalla Russia alla Bielorussia, all'Ucraina, alla Croazia, alla Romania, alla Repubblica ceca, alla Slovenia, all'Albania, alla Grecia, a Malta, a Cipro ed al Cile. L'inserimento del partner nordamericano nel descritto circuito risulterebbe, evidentemente, di grande importanza e potrebbe consentire agli Stati Uniti di fruire direttamente del patrimonio informativo dei paesi partecipanti e di avviare un dialogo di collaborazione più immediato con le polizie europee che aderiscono al progetto Europol. Europol, sul cui stato di attuazione ho predisposto l'allegata scheda che indica altresì i momenti più significativi della sua evoluzione (allegato 6), è l'organismo che, secondo quanto previsto dal trattato di Maastricht del 1991, è destinato alla gestione coordinata, in ambito comunitario, delle informazioni di polizia ai fini della prevenzione e della lotta contro il terrorismo, il traffico degli stupefacenti e la criminalità organizzata. Appare pertanto chiaro che si intende proseguire sulla strada già tracciata della collaborazione internazionale, cercando per altro di favorire lo scambio di informazioni. In questa ottica provvederò, quale direttore generale del dipartimento della pubblica sicurezza, ad omogeneizzare le procedure di collaborazione, a razionalizzarne le forme ed a individuare i referenti abilitati, nel nostro paese, a mantenere relazioni con i loro interlocutori esteri. Solo così, di fronte all'aumentato volume di rapporti di cooperazione, si potranno cogliere i frutti del sistema di assistenza internazionale, senza duplicazioni, sovrapposizioni e dispersione di risorse. Nella stessa logica organizzativa avvierò all'interno del dipartimento idonee iniziative per razionalizzare il complesso dispositivo dei rappresentanti delle nostre forze di polizia, che operano all'estero in qualità di esperti o di ufficiali di collegamento. Particolare attenzione verrà altresì dedicata alla ricerca di ulteriori soluzioni operative che, coerenti con la direzione già intrapresa, siano finalizzate a rendere sempre più efficaci gli strumenti a disposizione per aggredire i patrimoni mafiosi o di illecita provenienza. Pagina 132 La lotta all'economia criminale ha, del resto, ormai assunto un ruolo strategico nell'ambito della più generale attività di contrasto alla criminalità organizzata ed è venuta addirittura ad allargare la sua valenza iniziale. Se già da tempo si era acquisita la consapevolezza che il modo più incisivo di colpire e neutralizzare l'organizzazione criminale è quello di depauperarla delle sue ingenti disponibilità economiche, si è ora aggiunta un'ulteriore, pressante esigenza che spinge ad orientare in tal senso l'azione degli apparati statuali: la necessità di impedire le gravi distorsioni del sistema finanziario prodotte dall'infiltrazione criminale nell'apparato economico. Al riguardo debbo per altro premettere che sono già stati conseguiti, su tale versante, lusinghieri risultati sia grazie alla costante opera di monitoraggio, di indirizzo e di raccordo svolta dagli organismi centrali del dipartimento, sia, in ambito preventivo, attraverso l'attività propositiva dei questori sulla base delle segnalazioni loro pervenute dagli organismi investigativi di tutte le forze di polizia. In particolare, nel 1994, secondo una stima provvisoria in corso di verifica, sono stati operati sequestri per un ammontare di 2.001,161 miliardi di lire, di cui 981,426 miliardi in Sicilia, 656 in Campania, 166,680 in Calabria e 39,690 in Puglia. Sempre nell'anno corrente, risultano emessi dall'autorità giudiziaria provvedimenti di confisca di beni per un valore complessivo di 74,106 miliardi di lire. Lo scarto rilevabile tra i dati relativi ai sequestri e quelli afferenti alle confische è dovuto ai diversi presupposti ed alla diversa funzione delle due misure: il sequestro viene disposto in pendenza di procedimento penale per il delitto di associazione di tipo mafioso o di quello diretto all'irrogazione di una misura di prevenzione, mentre la confisca richiede che l'iter giudiziale sia stato ultimato con sentenza di condanna ovvero con la definitiva applicazione della misura di prevenzione. Sempre in tema di difesa dell'economia legale, ho già dato indicazioni affinché sia elaborato e predisposto un piano di intervento su tutto il territorio nazionale contro l'usura. Si tratta di una fenomenologia criminale cui si deve annettere particolare importanza, non potendola più considerare come una mera manifestazione della criminalità comune, bensì - come dimostrato da recenti indagini su organizzazioni di tipo mafioso - quale braccio operativo di cui possono servirsi i sodalizi criminali per riciclare denaro e rilevare aziende in difficoltà. Sotto quest'ultimo profilo, in particolare, non si può dimenticare che tale attività delittuosa rappresenta un'ulteriore forma di infezione del mondo imprenditoriale, in quanto agevola l'acquisizione di quote societarie di imprese, cui sia stato inizialmente precluso il ricorso al credito bancario. Il compito delle forze di polizia non è facile perché il fenomeno si presenta ancora in larga misura sommerso e la sua completa conoscenza è ostacolata sia dall'omertà dei soggetti passivi sia dal fatto che organizzazioni secondarie si nascondono spesso dietro lo schermo di pseudosocietà finanziarie. Considerata, in ogni caso, la notevole forza espansiva della fattispecie criminosa, cui sono riconducibili anche delitti contro la persona, saranno dedicate ad essa indagini sempre più scrupolose, con frequenti rilevazioni, oltre alla costante sensibilizzazione degli organi operativi. I risultati finora conseguiti non sono modesti: quasi 2 mila persone sono state denunciate lo scorso anno, mentre quest'anno le stime proiettive consentono di prevedere un andamento ancora più lusinghiero dell'azione repressiva, che viene ormai sempre più ad essere svolta in modo sistematico ed omogeneo secondo una preordinata pianificazione, piuttosto che in maniera occasionale nei confronti del singolo episodio delittuoso. Né sarà minore l'attenzione che verrà dedicata alla fenomenologia estorsiva, che reputo altrettanto grave data la sua duplice valenza di mezzo di illecito arricchimento e di violento strumento di controllo del territorio. Pagina 133 Recenti esperienze investigative hanno altresì indicato che anche il fenomeno estorsivo favorisce l'infiltrazione dei capitali illeciti nei circuiti dell'economia legale. Anche in tale ambito provvederò ad impartire idonee direttive affinché venga svolta un'attività di contrasto sistematica e diffusa, che vada oltre il singolo fatto delittuoso. In questa prospettiva posso assicurare che non ci saranno sovrapposizioni con l'attività del commissario straordinario antiracket. Quest'ultimo, infatti - come ha chiarito a questa Commissione il signor ministro dell'interno - non rivolgerà la propria attenzione alla prevenzione e repressione delle manifestazioni delittuose attraverso l'azione di polizia giudiziaria, bensì in un'ottica più ampia mediante la razionalizzazione delle utili e significative iniziative che promanano dalle componenti sociali e che ormai trovano una fattiva estrinsecazione attraverso le associazioni antiracket. In particolare, ritengo che, in tale ambito, sarà cura del commissario straordinario valutare e razionalizzare gli apprezzabili interventi episodicamente intrapresi (installazione di numeri verdi, sensibilizzazione di associazioni di categoria, raccomandazioni di strutture centrali - anche bancarie - a quelle periferiche, eccetera) in sintonia con le strategie anticrimine avviate dal dipartimento. Desidero infine destinare l'ultima parte del mio intervento ad alcune riflessioni che possano costituire base eventuale per un'elaborazione progettuale in ordine alla tematica del coordinamento delle attività delle forze di polizia sul territorio nazionale. Si tratta di una problematica di estrema attualità, avvertita ormai come esigenza concreta non solo dagli operatori di giustizia, ma anche da molteplici categorie di cittadini che sono destinatarie del prodotto sicurezza. Occorre preliminarmente riconoscere che in questo settore è già stato fatto moltissimo. Al riguardo, si può rammentare la proficua opera del gruppo interforze, incaricato di predisporre e seguire il già citato programma per la cattura dei latitanti di spicco della criminalità organizzata. Si può ancora ricordare che, nell'ambito della lotta al crimine mafioso, notevole è stato l'impegno finalizzato a potenziare l'azione di coordinamento in chiave ricognitiva delle strutture criminali e dei soggetti che vi sono inseriti. Per tali finalità sono stati attivati sia a livello centrale che periferico gruppi di lavoro interforze, incaricati di analizzare il patrimonio informativo complessivamente disponibile in ordine alle organizzazioni criminali, per poi renderlo fruibile, con specifici programmi informatizzati a tutti gli organismi di polizia territoriali ed alle strutture investigative specializzate nelle inchieste sul crimine organizzato. Molteplici iniziative sono state altresì adottate in tema di coordinamento in ambito locale per quanto concerne il dispositivo di presidio e controllo del territorio. Basti rammentare i piani interforze elaborati a livello provinciale con l'intento di delineare in modo razionale un programma di interventi delle varie forze dell'ordine, in relazione a diversificate aree di competenza. E' un mio preciso impegno quello di proseguire in questa direzione, migliorando ulteriormente i circuiti di scambio informativo e favorendo la circolazione dei dati conoscitivi, premesse entrambe ineludibili per evitare la compartimentazione e favorire il coordinamento. In tale logica si inserisce altresì la possibilità di far sempre meglio interagire tra di loro le centrali operative delle diverse strutture di polizia. Forme di coordinamento sono indispensabili anche e soprattutto nel settore della polizia giudiziaria. Quando si parla di polizia giudiziaria, occorre tenere presente che la stessa non si esaurisce nell'ambito operativo rientrante nella sfera di esercizio di poteri e competenze del magistrato inquirente; di conseguenza, non sempre si trova in quest'ultimo un utile punto di riferimento per la realizzazione di un efficace coordinamento. La competenza diretta del magistrato investe infatti soltanto un aspetto dell'azione Pagina 134 di polizia giudiziaria, quello cioè rappresentato dalla fase successiva alle iniziative svolte per la ricerca della notitia criminis. Tutta la fase precedente costituisce infatti uno spazio di indagine che prescinde dall'intervento del magistrato e che la novella legislativa del 1992 ha ulteriormente ampliato e valorizzato. Ed è proprio questo stadio delle indagini, che scaturisce dalle autonome iniziative dell'investigatore, a richiedere l'attivazione di forme di coordinamento quando chiamati a svolgerla sono organismi di polizia a competenza generale. Ed è proprio in questo settore che è mio desiderio impegnarmi a promuovere una ancora più fluida e rapida circolazione delle informazioni, perché vengano evitate pericolose sovrapposizioni o sprechi di risorse. Ringrazio per la cortese attenzione e rimango, signor presidente, a disposizione per tutti i chiarimenti che ella e gli onorevoli membri della Commissione vorranno richiedermi. PRESIDENTE. Ringrazio il prefetto Masone per la sua esposizione molto ampia e dettagliata. Do la parola ai parlamentari che intendano avanzare richieste di chiarimenti o porre quesiti. RAFFAELE BERTONI. Ho molto apprezzato la relazione svolta dal prefetto Masone per la impostazione burocratica che la caratterizza, che non poteva risultare maggiore. Ho colto, però, nella relazione due aspetti che, dal mio punto di vista e - credo - da quello della Commissione, mi paiono molto importanti. Il primo è che il prefetto Masone è convinto che le mafie siano non soltanto criminalità, ma criminalità che hanno, oltre al versante militare, anche un versante politico costituito dalle ricerche e talvolta dall'attuazione di connivenze con apparati istituzionali e politici. Il secondo aspetto che ho colto nella relazione è che il prefetto Masone pensa - giustamente, a mio avviso - di seguire l'evoluzione della mafia con quello che ha definito monitoraggio. Sono convinto che la mafia - per lo meno finora - abbia sempre anticipato lo Stato e che quest'ultimo, quando vi è riuscito, l'ha inseguita; e quando vi è riuscito, ha conseguito qualche successo nella repressione e soprattutto nella individuazione dei collegamenti con gli apparati istituzionali di cui parlavo. Occorrerebbe, invece, non essere anticipati dalla mafia e prevederne - nei limiti del possibile - le mosse per prevenirle. Occorrerebbe inoltre combattere la mafia non nel passato - che pure è importante, ovviamente - ma nell'attualità, perché così - a mio giudizio - si potrà vincerla. Detto ciò, vorrei porre alcune domande che hanno tali presupposti. Il ministro Maroni disse esplicitamente - e fu la risposta che destò maggiore impressione ed attenzione nella Commissione e fuori - che pensava che la mafia potesse nel prossimo futuro ritornare ad un'azione di tipo stragista, di tipo eversivo, mettendo in essere attentati del tipo di quelli già commessi nel passato. Il prefetto Masone è della stessa opinione? Il secondo punto che vorrei approfondire è il seguente: anche questa sera il prefetto Masone ha affermato che le stragi più recenti di Roma, Milano e Firenze sono di origine mafiosa. Che siano di origine mafiosa è una certezza basata su elementi che evidentemente non ci possono essere rivelati ma che sono tuttavia esistenti, ma assieme all'origine mafiosa vi sono anche altre origini, altre componenti? Con tale quesito mi riallaccio all'opinione espressa dal prefetto sulle mafie che non sarebbero soltanto criminalità organizzata. Questo vale anche affinché il prefetto risponda alla prima domanda, quella relativa alla possibilità di un attentato. Se il ministro Maroni ci disse questo, evidentemente disponeva di elementi. Il capo della polizia è in possesso di tali elementi e questi ultimi hanno un dato di certezza, anche se non ci possono essere rivelati? Su tale argomento vorrei, anzi credo che Pagina 135 l'opinione pubblica vorrebbe una risposta puntuale. Il terzo quesito che le pongo è il seguente: l'assetto militare della mafia è quello che conosciamo o è cambiato in qualcosa? Riina è veramente il capo della mafia siciliana o qualcuno lo ha sostituito? O la polizia pensa che qualcuno lo abbia sostituito? Vorrei inoltre sapere quali specificità abbia o si pensa che abbia la mafia attualmente: agisce o pensa di agire in termini soltanto militari o sfrutta la finanza illecita in modo diverso da come ha fatto nel passato? E se così stanno le cose, in che modo, in quali direzioni e verso quali destinatari ciò si verifica? PRESIDENTE. Trattandosi di numerosi quesiti, ritengo opportuno che il prefetto Masone risponda subito. FERNANDO MASONE, Capo della polizia. Ringrazio il senatore Bertoni per l'attenzione che mi ha dedicato. Certo, egli mi ha posto una serie di domande obiettivamente complesse. Per quanto riguarda la premessa concernente il versante militare o politico della mafia, penso che quest'ultima - proprio perché tale - viva delle due componenti: altrimenti non sarebbe mafia ma solo delinquenza. Una sua caratteristica è proprio quella di essere subdola. Lasciamo stare la politica: il suo aspetto caratteristico - ripeto - è l'essere subdola e non solo militare, altrimenti non la chiameremmo mafia ma banditismo. Per quanto concerne il seguire l'evoluzione della mafia, questa è la nostra intenzione, signor presidente. Le linee che ho tratteggiato sono appunto rivolte a far sì che una volta tanto si cominci ad anticipare la mafia, senza dover sempre inseguire. RAFFAELE BERTONI. Perlomeno andare insieme! FERNANDO MASONE, Capo della polizia. E' chiaro che per fare tutto ciò dobbiamo ricorrere ad ipotesi. Non so se riusciremo a formularne: certamente ci proveremo. Siamo comunque assai avanti rispetto al passato e quindi possiamo fare previsioni azzeccate. La mafia può colpire? Certo, può farlo sempre; non ritengo assolutamente che la sua forza militare sia scaduta soltanto perché è stato arrestato Riina. Devo dire francamente che non è che per fare un attentato sia necessario l'esercito, da un punto di vista tecnico. Questa è la maggiore insidia per noi operatori quando lavoriamo "sulla strada". Forse si pensa che per mettere la bomba a via Fauro sia dovuto succedere chissà che cosa. In realtà si è trattato di due o tre persone che hanno lavorato e hanno trasportato una macchina. Non c'è quindi la possibilità assoluta di prevedere: possiamo fare previsioni ed io condivido quanto ha detto il ministro dell'interno in questa sede: la mafia può colpire, ma non credo che egli abbia lanciato un segnale di allarme, almeno stando a quanto ho letto. ANTONIO BARGONE. C'è la relazione scritta! RAFFAELE BERTONI. Il ministro lo disse: mi creda, prefetto, perché l'ho ascoltato con grande attenzione come ho fatto con lei. E poi è scritto negli atti. FERNANDO MASONE, Capo della polizia. Per quanto riguarda gli elementi certi, nella mia relazione ho fatto riferimento a piani, che sono stati scoperti, riguardanti l'attacco a determinate persone. Non è quindi improbabile, evidentemente, che il signor ministro si sia riferito a questi elementi. LUIGI MANCONI. Signor prefetto, quello che lei dice a pagina 10... PRESIDENTE. Onorevole Manconi, quando il capo della polizia avrà terminato l'esposizione, lei potrà rivolgere la sua domanda. LUIGI MANCONI. Volevo intervenire solo su quello che il Capo della polizia ha appena detto. Pagina 136 PRESIDENTE. Per evitare di sovrapporsi, una volta che il prefetto Masone avrà terminato la sua risposta, lei potrà rivolgere la sua domanda. LUIGI MANCONI. Non era un'altra questione! GIUSEPPE AYALA. Manconi si riferisce alle ultime righe della pagina 10 e alle prime della pagina 11 della relazione! FERNANDO MASONE, Capo della polizia. Ho detto proprio questo! GIUSEPPE AYALA. Non voglio assumere il ruolo dell'interprete autentico! FERNANDO MASONE, Capo della polizia. Ho capito benissimo! PRESIDENTE. Il prefetto risponde per le cognizioni che ha: non dobbiamo suggerire le risposte. C'è la relazione e risponderà alle domande integrando quest'ultima: indurre a fare domande su cui sta già rispondendo... LUIGI MANCONI. Se mi permette, presidente... PRESIDENTE. Vogliamo lasciare finire il prefetto, per favore? Poi farete tutte le domande che vorrete. LUIGI MANCONI. Signor presidente, mi permetta: il capo della polizia stava trattando proprio questo punto. Ho chiesto conferma del fatto che le parole che il prefetto aveva appena pronunciato fossero quelle che trovo nella relazione che ci ha appena consegnato a pagina 10 e 11. FERNANDO MASONE, Capo della polizia. Confermo: è esattamente quello che ho detto. Per quanto riguarda il resto delle domande dell'onorevole Bertoni, credo di aver già risposto esaurientemente; le interruzioni mi hanno portato un po' fuori campo, anche se erano dovute solo ad incomprensioni, nel senso che non ci eravamo capiti bene. Confermo comunque quanto ho detto, che mi pare sufficiente. FERDINANDO IMPOSIMATO. Vorrei anzitutto ringraziare il capo della polizia Masone per l'ampia ed esauriente relazione svolta ed augurargli buon lavoro. Vorrei poi aggiungere alcune domande, suggerendo però - se mi è consentito - l'opportunità che il capo della polizia possa riservarsi in qualche caso di rispondere a domande che possano non ricevere una risposta immediata. Anche in altre sedute della Commissione antimafia ciò è avvenuto per dare la possibilità a chi deve rispondere di documentarsi: deciderà poi il presidente come procedere. La prima domanda riguarda un'affermazione che è contenuta nella relazione. A pagina 8 si parla di infiltrazione della criminalità organizzata nello Stato tramite relazioni occulte con esponenti dei suoi apparati. Vorrei ricordare che moltissime audizioni di collaboratori della giustizia da parte della Commissione antimafia hanno messo in evidenza questi rapporti, basati anche sulla mediazione della massoneria. Di questa parola non vedo però menzione nella relazione: si parla solo di relazioni occulte. Vorrei quindi sapere dal capo della polizia se dalle ultime indagini degli investigatori sia ancora una volta emersa la presenza di camorristi appartenenti in qualche modo ad associazioni di tipo massonico, tenuto conto del fatto che sembra che anche Carmine Alfieri, nelle sue ultime dichiarazioni, abbia parlato di rapporti con la massoneria. In secondo luogo, non mi pare che nella relazione si parli dell'ultima importantissima operazione della polizia e della magistratura che è stata compiuta a Napoli e che ha riguardato non solo il caso Cirillo, ma anche rapporti abbastanza stretti tra criminalità, imprenditoria, politica ed esponenti del Governo. Sono fatti in parte antichi ma anche di una certa attualità. Volevo sapere se, rispetto ad eventi di così grande allarme ed anche ad indagini in corso relative ai rapporti con l'imprenditoria campana - in particolare nella provincia di Caserta -, la polizia sia a conoscenza di tali fatti di estrema gravità e se sia in corso un'indagine del Ministero dell'interno sui rapporti con esponenti Pagina 137 delle amministrazioni locali, che dovrebbero sussistere tuttora e che potrebbero risultare assai allarmanti, visto che nei prossimi mesi si dovrà votare in molti comuni delle province di Caserta e di Napoli. Infine, nella relazione si parla dell'arresto di esponenti della criminalità in paesi dell'America latina come la Bolivia, la Colombia ed il Venezuela, oltre che nei paesi dell'est; non si parla invece del traffico di ordigni nucleari di cui abbiamo letto sui giornali e saputo grazie ad inchieste televisive. Vorrei sapere se - rispetto a fatti tanto gravi, che addirittura lascerebbero ritenere che la criminalità organizzata si stia rifornendo di tali ordigni micidiali - si dispone di elementi più precisi ed allarmanti che potrebbero lasciar credere - ripeto - che gli attentati di cui ha parlato il capo della polizia possano consumarsi addirittura attraverso l'uso di ordigni nucleari. FERNANDO MASONE, Capo della polizia. Ringrazio il senatore Imposimato anche per gli auguri, di cui ho tanto bisogno. Rispondo brevemente. Per quanto riguarda le infiltrazioni negli apparati dello Stato, la mafia - lo ripeto, è un discorso che ho già fatto in precedenza - è tale appunto perché ha come strategia l'intromissione nelle varie strutture. Mafia e massoneria. In relazione soprattutto all'indagine napoletana non ho toccato l'argomento volutamente. L'indagine è in pieno sviluppo, alcuni interrogatori sono in corso; onestamente non ho avuto la possibilità di seguire la vicenda di persona e quindi avrei dovuto affidarmi a relazioni asettiche, che comunque non mi avrebbero consentito di rispondere alla vostra esigenza di conoscenze. Si tratta di un'inchiesta non conclusa, in pieno svolgimento: per questo motivo ho preferito non affrontare il problema. Eventualmente, non appena avrò avuto la possibilità di disporre di elementi di conoscenza tali da poter essere sottoposti all'esame della Commissione, invierò un documento esplicativo. Per quanto riguarda gli arresti in America latina e soprattutto per quanto concerne l'allarmante problema del traffico di materiale nucleare, fino a questo momento non vi è nulla di concreto dal punto di vista delle segnalazioni e dei ritrovamenti. Non abbiamo alcun elemento. Tutte le volte in cui i giornali hanno parlato di ritrovamenti, non abbiamo avuto alcun riscontro nei contatti avuti con i paesi esteri. Per cui c'è un pericolo ipotetico, che però finora non ha trovato alcun riscontro obiettivo presso di noi. LUCIANO VIOLANTE. Mi scusi, prefetto, vorrei un chiarimento su un passaggio della relazione alla pagina 19. Si parla di "1.301 contributi informativi su detenuti di spiccata pericolosità". Si tratta di contributi che riguardano 1.301 persone? FERNANDO MASONE, Capo della polizia. Sì, 1.301 persone. LUCIANO VIOLANTE. Quindi il dato desta un certo allarme, perché di fronte a segnalazioni - sulla base di vostri dati - relative a 1.301 persone pericolose, quelle sottoposte a regime differenziato sono 444. FERNANDO MASONE, Capo della polizia. No. Voglio precisare che non tutte le 1.301 segnalazioni sono negative, sono cioè tali da consentire l'applicazione dell'articolo 41-bis. LUCIANO VIOLANTE. Chiedo scusa, ma vorrei un ulteriore chiarimento in proposito. A pagina 18 si dice: "Sempre in tema di contrasto alla criminalità mafiosa e di strumenti sempre più efficaci per sconfiggerla, piena e totale è la fiducia mia personale e del Dipartimento (...) nell'applicazione dell'articolo 41-bis (...). In questa ottica, le competenti articolazioni del Dipartimento (...) e la Direzione investigativa antimafia continueranno a fornire tutte le informazioni necessarie per l'adozione dei provvedimenti del caso (...). A tal proposito (...) sono stati forniti dalla citata Direzione centrale (...) 1.301 contributi informativi Pagina 138 ...". Sembra, quindi, che le 1.301 segnalazioni riguardino l'applicazione dell'articolo 41-bis. Dico questo perché, come lei sa, nell'applicazione di queste misure vi è un problema giurisdizionale abbastanza grave: la magistratura di sorveglianza annulla, a mio avviso con eccesso, molte di queste misure (o in parte o totalmente a seconda dei casi). Siccome si tratta di una questione di particolare rilevanza, della quale credo che la Commissione dovrà occuparsi, è necessario cogliere con precisione se voi riteniate che esista uno scarto - diciamo così - fra esigenze ed applicazione. Potrebbe essere uno scarto legittimo, dovuto alla legge, nel qual caso occorrerebbe vedere se è necessario correggere la legge. E' chiaro che non è un problema di polemica, ma che si tratta di capire se esista uno scarto fra le esigenze e la risposta dal punto di vista dell'articolo 41-bis. La seconda questione riguarda il problema degli attentati. Il ministro Maroni aveva detto - e credo che ciò venga fuori anche da un recente provvedimento di qualche autorità giudiziaria - che la strategia oggi sarebbe quella di cercare di costringere lo Stato ad una trattativa alzando il livello dello scontro ad un punto tale da indurre a trattare (piuttosto che essere disposti a sopportare un certo tipo di costi). Se non sbaglio, un provvedimento reso pubblico recentemente indica una riunione in provincia di Enna avvenuta alla fine del 1991, nel corso della quale il vertice regionale di Cosa nostra avrebbe stabilito di avviare una strategia che avrebbe avuto come suoi connotati gli omicidi che conosciamo (Lima...), le due stragi, i successivi attentati di tipo intimidatorio (abbiamo detto "di negoziazione"), probabilmente altri attacchi ancora in cantiere. Sulla base di quello che si conosce, la strategia sarebbe questa. Se è così, evidentemente chiudere oggi qualunque spazio e qualunque prospettiva di contrattazione significa anche prevenire ulteriori stragi. Se infatti si facesse capire con grande chiarezza che non esiste alcuno spazio per una contrattazione, ciò significherebbe che anche le stragi sono inutili; se invece, all'interno del mondo politico o di parte di esso, vi fossero tendenze, idee, suggerimenti, propositi diretti a far sperare che ci possa essere un elemento di contrattazione, evidentemente questo non farebbe che accelerare ed aumentare la possibilità di attentati. La terza questione riguarda Giovanni Brusca, nato nel 1957. GIUSEPPE AYALA. L'"autista"... LUCIANO VIOLANTE. Secondo una serie di voci questo signore starebbe fra Corleone e San Giuseppe Jato; avrebbe avuto recentemente un figlio da una signora che vive in una delle due località (era fidanzato a San Giuseppe Jato). Se conosciamo questi dati noi, credo che li conoscano anche le autorità di polizia. Non abbiamo alcun dubbio che vi sia stata una rigorosa azione nei confronti dei latitanti: i risultati lo dicono. Sta di fatto che vi è un problema di concentrazione su alcuni in particolare: se infatti si catturasse questo, che forse sta formando la nuova leva militare all'interno di Cosa nostra, evidentemente si metterebbe a segno un colpo anche dal punto di vista organizzativo (altri colleghi, poi, segnaleranno ulteriori questioni specifiche). La domanda è dunque: se nei confronti di Giovanni Brusca del 1957 vi sia un'attenzione particolare. Se è già in corso, non c'è problema. Il fatto è che l'area di movimento è quella del Vigneto, un'area molto ristretta: ciò dovrebbe consentire un'azione dagli utili particolarmente rilevanti. Da questo punto di vista volevo dirle che le modalità della presenza delle forze armate in Corleone sono tali - non per colpe soggettive, ma per ragioni oggettive - da avviare molto spesso un conflitto fra cittadini e forze armate stesse. I cittadini di quell'area hanno l'impressione che le forze dispiegate si trovino in zona non tanto per controllare il territorio e perseguire i latitanti, quanto per fare contravvenzioni; non dico che non sia necessario anche notificare contravvenzioni, ma lei sa bene che se non si apre un meccanismo di Pagina 139 cooperazione e di collaborazione, se i cittadini sentono quelle forze come nemiche e non come amiche, scatta un meccanismo che non è di cooperazione e di integrazione, ma di avversità. Siccome abbiamo bisogno del massimo di collaborazione e di fiducia, non so se sia possibile - verificando queste notizie, naturalmente - dar luogo ad un atteggiamento tale da far nascere collaborazioni piuttosto che ostilità. La quarta questione riguarda le priorità. PRESIDENTE. Prego di giungere subito alla domanda - con premesse più sintetiche - per stringere al massimo i tempi, poiché molti colleghi hanno già chiesto di intervenire. LUCIANO VIOLANTE. Devo dire, presidente, che questi elementi saranno utili per il lavoro successivo. Comunque, la ringrazio. Lei ha indicato una serie di interventi: vorrei sapere quali sono le sue priorità. Ha accennato per esempio al fronte economico: io vorrei capire bene quali sono i dati specifici su questo versante. L'ultima questione è relativa ai rapporti con la politica. Non ci interessa sapere con chi, come oggi si instaurino tali rapporti; lo vedrà la Commissione, se potrà. Vorrei invece conoscere quali siano a suo avviso le azioni da intraprendere in campo parlamentare, politico, al fine di isolare, disincentivare al massimo la possibilità di rapporto e dialogo tra mafia e mondo istituzionale, politico. Sulla base della sua esperienza vi è qualcosa in particolare che si può o si deve fare anche per evitare di creare illusioni sulla possibilità di rapporto? FERNANDO MASONE, Capo della polizia. Per quanto riguarda la precisione del dato da lei richiamato, ritengo che siano 1.301 i contributi forniti. Sono poi stati applicati, perché la legge lo prevedeva, i casi... LUCIANO VIOLANTE. Vi si è arrivati attraverso una serie di procedimenti giudiziari... FERNANDO MASONE, Capo della polizia. Esatto. In ogni caso per la precisione, per specificare bene le invierò un documento ad hoc. La strategia stragista della mafia è una delle ipotesi. La mafia - lo sappiamo - è in grado di organizzare stragi, le ha realizzate, purtroppo per tutti noi, per tanti motivi. Questa strategia rientra dunque nei suoi piani. Sono fermamente deciso nell'affermare che non si viene a patti; non so come si possano ipotizzare cose del genere. Più che a stragismo per ottenere qualcosa penso alla volontà di dimostrare la propria forza, alla necessità di provare con atti, anche eclatanti, che si è vivi, per avere con ciò la possibilità di ottenere sempre più accoliti. Giovanni Brusca... GIUSEPPE AYALA. Comunque non sarebbe mai lei l'interlocutore del patto. FERNANDO MASONE, Capo della polizia. Certo. PRESIDENTE. Onorevole Ayala... GIUSEPPE AYALA. Presidente, se ho una cosa da dire me la faccia dire! PRESIDENTE. Però le domande sono molte e il capo della polizia deve rispondere... FERNANDO MASONE, Capo della polizia. Assolutamente non mi ritengo... PRESIDENTE. Onorevole Ayala, abbia pazienza, chiedere al capo della polizia se sia l'interlocutore del patto... GIUSEPPE AYALA. Ho escluso che lo sia. A mio modesto avviso... PRESIDENTE. ...mi sembra veramente offensivo (Interruzione del deputato Ayala). Con il rispetto di tutti, ivi compreso di chi viene ascoltato... GIUSEPPE AYALA. Il rispetto da questa parte non manca mai. Pagina 140 PRESIDENTE. Nemmeno da questa. GIUSEPPE AYALA. Questo mi fa molto piacere. FERNANDO MASONE, Capo della polizia. Lei, onorevole Violante, mi dice che Giovanni Brusca starebbe tra Corleone e San Giuseppe Jato; francamente non posso darle una risposta. LUCIANO VIOLANTE. Sulla fidanzata? FERNANDO MASONE, Capo della polizia. Non posso darle una risposta; mi riferisco a quando io ero a Palermo, potevo essere più vicino all'ambiente e sapere. Sono notizie sulle quali mi devo documentare, perché caso mai sono in possesso di investigatori sul posto. MASSIMO BRUTTI. C'è un gruppo specifico? FERNANDO MASONE, Capo della polizia. In ogni caso vi è un gruppo di persone che lavora per la cattura e Brusca, insieme a Bagarella, è conosciuto come uno dei soggetti più pericolosi. Ritengo per la verità che lo sia molto più Brusca, alla luce della mia memoria e dei fatti. Per quanto riguarda la presenza delle forze armate a Corleone, che hanno creato il clima di sfiducia dei cittadini, francamente non sono stato informato. Tenga però presente - e mi dispiace dover rispondere in questo modo - che chiaramente non posso essere esaustivo; ho cominciato quest'attività il 1^ settembre. LUCIANO VIOLANTE. Segnalavo il problema, poi lei vedrà. FERNANDO MASONE, Capo della polizia. Certamente la ricerca dei latitanti è tra le priorità. Ogni latitante catturato è davvero un colpo secco che si dà alle organizzazioni criminali in genere. I miti che aleggiano sono perniciosi, pericolosi e creano aggregazioni di tutti i tipi. Altra priorità è il controllo del territorio. Credo molto in esso, perché la gente avverte questa esigenza; se riusciamo ad effettuare un serio controllo sul territorio togliamo ossigeno alla mafia sia perché la malavita non costituisce un serbatoio sia perché la gente non vede nell'antistato, nella malavita, chi possa proteggerla. Punto dunque sul controllo del territorio organizzato, coordinato, per quanto possibile. I mezzi ci sono; cominciamo subito a coordinare bene l'attività del dipartimento. Comunque considero tale controllo tra le misure prioritarie. GIUSEPPE ARLACCHI. Prefetto, come lei certamente sa, negli ultimi tempi sia il concetto sia la realtà della criminalità organizzata della mafia sono molto cambiati. Quando parliamo di mafia non ci riferiamo più esclusivamente a gruppi criminali operanti in Sicilia, Calabria o altrove, ma ad un paesaggio che è diventato più variegato. So che il Ministero dell'interno, in particolare il dipartimento della pubblica sicurezza, tempo fa ha intrapreso una specie di ricognizione generale, configurando una mappa sia delle famiglie mafiose intese in senso ampio sia di quelle appartenenti a Cosa nostra. Era un'esigenza sentita da lungo tempo, perché soltanto quando conosciamo quanti gruppi mafiosi abbiamo di fronte, quanti membri ne facciano parte, quali siano le famiglie associate a Cosa nostra, siamo in grado di capire chi abbiamo davanti e di misurare i nostri successi o le nostre sconfitte. Vorrei dunque sapere in primo luogo a che punto siamo, se abbiamo una mappa delle famiglie di Cosa nostra, se sia stato ultimato il lavoro ed eventualmente a quale punto sia la ricognizione dell'aggregato. Nella sua relazione lei ha usato spesso l'espressione "criminalità organizzata" ed ha indicato, sia pure in termini molto generali, alcune componenti della criminalità organizzata. Vorrei sapere se abbiamo mappe delle formazioni criminali organizzate anche diverse dalla mafia italiana. Lei certamente è a conoscenza - e si può dedurre da alcuni riferimenti della sua relazione - del fatto che vi è un fenomeno di internazionalizzazione, arrivato anche in Italia. In larghe parti del paese, soprattutto nei più grandi centri metropolitani o Pagina 141 nell'Italia del nord, intere sezioni dei mercati criminali sono ormai nelle mani non della mafia siciliana o calabrese ma di gruppi di varia coloritura nazionale. Le chiedo, quindi, se l'istituzione che lei dirige si sia posta il problema e se abbia cominciato a lavorare in questa direzione, nel senso di vedere quanti sono i gruppi, quali sono, da dove vengono, come si muovono e così via. Per quanto concerne la criminalità economica, siamo di fronte ad un concetto ormai accettato; in Commissione parliamo continuamente di economia criminale, criminalità economica, necessità di studiare, analizzare e colpire il fenomeno. Mi domando se l'istituzione che lei dirige si sia posta il problema di una ricognizione. Quando parliamo di criminalità economica, di finanza illecita o di criminalità economica collegata alla finanza illecita di che cosa ci stiamo occupando? Secondo lei quali sono i gruppi di aggregati della criminalità economica più pericolosi del paese? Vorrei sapere, infine, quale sia la sua opinione, la sua valutazione circa i rapporti tra criminalità classica e corruzione politica. I precedenti capi della polizia che venivano ascoltati dalle Commissioni parlamentari negli ultimi tempi fornivano dati sul numero di amministratori pubblici inquisiti per corruzione, dati dai quali era possibile avere un'idea di come si ponesse nel nostro paese il fenomeno della corruzione politica. Qual è la sua sensazione? Gli amministratori inquisiti, gli uomini politici corrotti e collegati con la criminalità organizzata oggi sono diminuiti, aumentati o il loro numero è rimasto uguale? Qual è la sua opinione su un dato che a noi serve per capire come si evolvano oggi i rapporti tra mafia e una parte importante del sistema istituzionale? FERNANDO MASONE, Capo della polizia. Per quanto riguarda l'internazionalizzazione del fenomeno mafioso e della criminalità organizzata in genere, stiamo avvertendone già da molto tempo la portata. Le misure cui ho accennato, e cui ha accennato il ministro dell'interno nell'audizione che recentemente ha fatto in questa sede, cioè la creazione di Europol, Teledrug, eccetera, prendono tutte le mosse dal convincimento che la mafia e in genere l'organizzazione criminale non sono più un fenomeno nazionale e stanno sempre più aumentando le loro mire ed espandendosi. Per tale motivo è necessaria l'azione di contrasto che è già stata avviata. Per quanto riguarda le mappe sull'internazionalizzazione, come lei sa, tali mappe anche per le organizzazioni criminali e mafiose note sono sempre in divenire: in un certo periodo vi è una determinata situazione, ma è sufficiente l'arresto di alcuni latitanti per cambiare completamente lo scenario. Quindi non solo abbiamo le mappe, ma le aggiorniamo continuamente. Per quanto riguarda quelle di carattere internazionale, il discorso è più complesso; tuttavia ci stiamo muovendo nel senso di avere sempre il massimo della collaborazione sia attraverso l'Interpol, della quale proprio in questi giorni a Roma si tiene una sessione... GIUSEPPE ARLACCHI. Può far avere una copia di queste mappe alla Commissione? FERNANDO MASONE, Capo della polizia. Senz'altro. Come dicevo, oltre che quella dell'Interpol ricerchiamo la collaborazione anche dell'Europol; abbiamo cercato poi di coinvolgere - lo accennavo nella mia relazione - gli Stati Uniti attraverso lo scambio di notizie informatizzate. Questa è la scommessa del futuro: l'informatizzazione e la circolazione delle notizie. A proposito della criminalità economica, va notato che se ne parla da sempre ma in materia si concretizza poco; abbiamo qui il generale Ramponi, che è un esperto nel campo. E' vero che ho dedicato poco spazio nella mia relazione a questa tematica; comunque predisporrò un documento aggiornato che fotografi la situazione attuale secondo il dipartimento e lo farò recapitare alla presidenza nel più breve tempo possibile. Pagina 142 L'ultimo aspetto riguardava il rapporto tra criminalità e corruzione politica. Mi riservo di far conoscere il numero esatto dei comuni attualmente commissariati. Ritengo, comunque, che vi sia una diminuzione rispetto al passato, ma questo è ovvio perché vi è stata l'esplosione del fenomeno, poi il massimo del contrasto e adesso tutti, prima di muoversi, ci pensano sopra o comunque adottano misure che rendono più difficile scoprirli. In ogni caso, farò pervenire alla Commissione un documento sulla materia. ANTONIO BARGONE. Vorrei fare riferimento ad un progetto di riorganizzazione del comparto della sicurezza, del quale ha parlato il ministro Maroni e di cui non c'è traccia nella relazione del capo della polizia. Il ministro ha affermato che vi è la necessità di riorganizzare tale comparto affidandosi soprattutto al decentramento e alla specializzazione. Nella definizione degli strumenti il ministro è stato più vago; in ogni caso ha fatto riferimento all'attuazione dell'articolo 4 della legge n. 410 del 1991, quindi al ruolo della Criminalpol soprattutto dal punto di vista del coordinamento delle forze. Si è parlato anche della specializzazione attraverso corsi di formazione diretti alle forze di polizia in particolare per quanto riguarda la criminalità economica. In relazione a tale aspetto non è stato predisposto un programma. Vorrei invece comprendere meglio alcuni riferimenti contenuti nella sua relazione. Lei, per esempio, a pagina 5 e a pagina 9 della relazione, parla di maggiore efficienza, di mirate strategie, di apparati investigativi specializzati; ebbene, vorrei sapere di che si tratta e se in tale progetto sia previsto e quale sia il ruolo della DIA. Infatti su tale punto il ministro non è stato chiaro. Vorrei inoltre sapere se si intende applicare la legge e quindi far convergere nella DIA, ROS, SCO e GICO oppure se vi sono orientamenti di tipo diverso. Ciò è naturalmente importantissimo per stabilire quale ruolo debba svolgere la DIA e quale debba essere la sua incisività nel progetto. Un'altra questione che intendo sottoporle riguarda gli attentati agli amministratori comunali siciliani e calabresi. Tali crimini si ripetono con una sempre maggiore frequenza, tanto che ormai vi è allarme per l'agibilità democratica dei comuni in cui si è votato recentemente. Nella maggior parte dei casi, tra l'altro, si tratta di consigli comunali sciolti per infiltrazioni mafiose. Vi è quindi la preoccupazione, sentita non solo dagli amministratori ma dai cittadini, che si possano riprodurre quelle situazioni che hanno comportato l'effetto traumatico dello scioglimento. Chiedo, dunque, a che punto siano le indagini, se vi siano già dei risultati e se siano state adottate misure per tutelare gli amministratori e consentire loro di gestire i comuni in una situazione di maggiore agibilità democratica. Un ulteriore tema concerne il rapporto tra mafia e politica. La Commissione antimafia della scorsa legislatura era partita dalla valutazione della coabitazione tra potere politico e mafia, della sinergia tra questi due poteri. Lei ha prima affermato che la mafia di per se stessa implica un'attività politica in senso lato, poiché ha bisogno di sinergie con quanti gestiscono il potere politico. Poiché si è detto - non riprendo l'argomento considerato che lei ha anche già risposto - che vi è una strategia terroristica - come ha dichiarato anche il ministro Maroni -, le chiedo se a suo giudizio ciò significhi che la mafia e le organizzazioni criminali stiano cercando un nuovo patto con le forze politiche, che di fatto vi potrebbero aderire anche involontariamente, uno spazio che venga garantito da una certa accondiscendenza verso l'illegalità diffusa. Per esempio, l'onorevole Parenti qualche mese fa ha fatto riferimento ad infiltrazioni in un importante partito di Governo. PRESIDENTE. Si può anche dire... GIUSEPPE AYALA. Rischio! PRESIDENTE. Il rischio riguarda tutti i partiti, non solamente il movimento cui appartengo; si può anche dire il nome. Pagina 143 ANTONIO BARGONE. Signor presidente, non mi sento inibito a fare il nome... VITTORIO TARDITI. Neanche noi siamo inibiti! Abbiamo anche chiesto un'indagine. ANTONIO BARGONE. Voglio rassicurare il presidente che quando parlo scelgo quello che voglio dire e quindi non c'è bisogno che mi si tuteli da questo punto di vista. Ho scelto di dire che c'era un rischio - come notava giustamente Ayala - di infiltrazione e quindi chiedo se in questa ottica vi siano elementi che facciano ritenere che c'è una sorta di spinta delle organizzazioni criminali a ritrovare lo spazio per un rapporto tra mafia e potere politico, così come si era affermato in quella relazione. FERNANDO MASONE, Capo della polizia. Per quanto riguarda il decentramento e la specializzazione, secondo il mio modo di vedere debbono esserci due momenti che vanno poi coordinati, questo è un po' lo spirito di tutta la mia relazione. Parlo di decentramento perché tutte le indagini vanno compiute sul territorio. Non si può, cioè, estraniarsi completamente o tenere al di fuori delle indagini le forze che operano sul territorio. Quindi, il decentramento dell'azione anche investigativa, di prevenzione e di repressione, deve essere affidato anche alla polizia giudiziaria che opera sul territorio. Il tutto deve essere coniugato, appunto, con organismi specializzati. Cosa voglio dire? Faccio riferimento ad un periodo perché forse così riesco ad essere più efficace. E' infatti molto difficile non avere ancora iniziato un'attività di ampio respiro e rispondere a tanti quesiti. Forse riesco a chiarire il mio pensiero con un esempio. Quando ero questore di Palermo, se si doveva svolgere un'indagine ed emergevano elementi concreti ed utili per lo sviluppo di tale indagine, non esitavo un attimo a coinvolgere l'organismo centrale specializzato. Mettevo così insieme le forze operanti sul territorio e l'organismo centrale specializzato, utilizzando la conoscenza del territorio e, nel contempo, la sorpresa dovuta al fatto che operavano elementi specializzati e non conosciuti. In questo senso vedo il coniugarsi delle due cose. Il problema degli attentati agli amministratori comunali è gravissimo. Non posso dire molto per quanto riguarda l'andamento delle indagini, che comunque non credo nell'immediato possano presentare lati estremamente positivi. Come far fronte al problema? Questo è il punto del controllo organico del territorio. Se siamo presenti noi, penso che la malavita possa ritrarsi o, perlomeno, attenuare la propria attività. Risponderemo in questo modo cercando di attrezzarci meglio e di essere presenti nel modo migliore. In merito alla coabitazione tra mafia e politica, premesso il concetto di carattere generale che un'organizzazione criminale si definisce mafia quando ha la possibilità di infiltrarsi, di avere connivenze e così via, allo stato non sono in grado fornire elementi obiettivi - non perché non voglia parlarne, ma perché non ne sono a conoscenza - che possano far ritenere che sia in atto questa commistione, questo tentativo di coabitazione. ANTONIO BARGONE. Mi scusi, ma le avevo fatto una domanda sulla Criminalpol e sulla DIA. FERNANDO MASONE, Capo della polizia. La Criminalpol, la direzione centrale della polizia criminale, rimane nel dipartimento il centro motore di tutte le attività che riguardano l'organizzazione dei servizi di polizia giudiziaria. La DIA, che ha una sua struttura particolare, ha certamente un collegamento - ed a mio avviso per lavorare meglio deve averlo sempre più stretto - con il centro. Ciò appunto perché una serie di notizie, di valutazioni e di elementi raccolti vanno vanificati perché manca il coordinamento. Se ognuno procede lungo la propria strada e la propria direttrice non ci sarà mai un risultato che sia il frutto di un'azione sinergica. Vi saranno Pagina 144 risultati e si vedranno sempre di più quelli positivi quando sono risultati... ANTONIO BARGONE. Lei pensa che bisogna far confluire... FERNANDO MASONE, Capo della polizia. Non confluire; tutte le notizie debbono essere coordinate e collegate attraverso sistemi informatici. Poc'anzi ho fatto riferimento addirittura a quel momento dell'attività di polizia giudiziaria che è antecedente all'intervento del magistrato per dire che vi è tutta una fase in cui una serie di notizie vanno sprecate. Mi spiego con un esempio: se ad un certo punto mi riferiscono che un certo latitante - oppure un trafficante di droga - si trova in un determinato luogo, svolgo un accertamento e non mi risulta che, in quel momento, la persona in questione sia nel luogo indicato, od anzi l'informazione assunta mi dice che non esiste, per me la notizia finisce lì. Può darsi invece che un altro organismo, a conoscenza della notizia, possa costruire un castello. Questo è il senso del collegamento che intendo praticare: tutte le notizie, specie quelle che non vanno all'autorità giudiziaria - perché quelle che giungono all'autorità giudiziaria vengono coordinate dal magistrato e poi arriveranno a destinazione -, ma anche quelle precedenti all'attività investigativa vera e propria, debbono confluire, debbono essere in qualche modo utilizzate. Vedremo quale sia il modo legale e migliore perché ciò avvenga. MICHELE FLORINO. Porrò due sole domande (ad una di esse forse il capo della polizia ha già risposto, ma vorrei però ribadirla), la prima delle quali riguarda un tema di fondo già affrontato negli anni scorsi, quello cioè del mancato coordinamento delle forze di polizia preposte alla lotta anticrimine. Vorrei sapere se oggi tale problema sia stato risolto o se persista. La seconda domanda parte da una considerazione. Nessuno dei colleghi ha voluto affrontare fino in fondo il problema: se noi siamo stati informati (non solo dagli elementi che lei ci ha fornito questa sera ma anche da quelli che ci vengono sempre propinati dai giornali) di una sconfitta della mafia (ecco perché io non la chiamo mafia, ma criminalità), se questo è il risultato dei 1.300 pentiti, degli arresti, di una mafia messa in ginocchio, dove è andata ad annidarsi l'evoluzione della criminalità? Le domando se in questo momento c'è un'evoluzione della criminalità. Dal mio punto di vista voler ribadire - come hanno fatto con persistente monotonia alcuni colleghi - il rapporto politico-mafioso, che pure è esistito, invece di puntare direttamente ad una collusione tra poteri istituzionali, che non sono solo quelli politici - e in parte quelli politici caduti con gli effetti di Tangentopoli - ma sono quelli che vedono forze istituzionali, fra cui la stessa magistratura, complice della criminalità organizzata... GIUSEPPE SCOZZARI. Quali casi? MICHELE FLORINO. I casi sono all'ordine del giorno. GIUSEPPE SCOZZARI. Quali? MICHELE FLORINO. Centinaia. GIUSEPPE SCOZZARI. Faccia i nomi! MICHELE FLORINO. I nomi sono presenti nelle inchieste, non li dico a lei. Non a caso, nell'ultimo intervento che svolsi in questa Commissione mossi accuse con dovizia di particolari, dicendo che era stato violato finalmente il santuario sacro della magistratura e mettendo in luce i persistenti rapporti di collusione tra criminalità e magistratura. Ad alcuni, infatti, non fa comodo affrontare ed estirpare decisamente il bubbone. Rispetto a quella considerazione ormai di appiattimento finale con i morti che ci date in pasto - quelli di Riina - che non contano più, ma conta un'evoluzione della criminalità verso una forma di élite con poteri economici che vedono senz'altro dei poteri istituzionali che la dirigono. Rispetto a questa situazione, le forze di polizia coordinate riescono ad aprire il Pagina 145 cancello del portone sacro della magistratura e a snidare coloro che direttamente gestiscono con la manovalanza il potere criminale, non solo in Italia ma anche in Europa? E rispetto ad alcuni settori della magistratura collusi con la criminalità, lei, che è capo della polizia, ritiene di fare pulizia anche all'interno di corpi istituzionali preposti alla lotta contro la mafia coinvolti in casi eclatanti di collusione con la delinquenza e la criminalità? Solo se lei può dare una risposta a queste domande si potrà arrivare al nocciolo del problema, senza più tirare in ballo i politici (che sono alibi di comodo) o la mafia (che non esiste). Infatti, in questo momento state dando all'opinione pubblica cadaveri che non servono, visto che il potere e l'evoluzione della criminalità si annidano e vengono gestiti molto in alto. FERNANDO MASONE, Capo della polizia. Per quanto riguarda lo stato del coordinamento delle forze di polizia, devo dire che esso non è certamente ottimale ma che rispetto al passato abbiamo fatto e stiamo facendo passi da gigante. Siamo ormai arrivati a tracciare competenze precise, per esempio su alcune materie; il discorso se la competenza debba essere per materia o per territorio deve essere ancora affrontato. Ribadisco che siamo veramente molto avanti rispetto al passato, per lo meno in base all'esperienza che ho vissuto. A Roma, per esempio, abbiamo delineato piani organici di controllo del territorio e abbiamo applicato il cosiddetto traslaudio (faremo in modo di applicarlo anche in tutte le altre questure), il quale consente alle forze di polizia (ad esempio, alla sala operativa della questura) di comunicare direttamente con le auto dei carabinieri, e viceversa. Le notizie urgenti ed importanti, quindi, possono essere comunicate direttamente dall'operatore della polizia o dei carabinieri a coloro che operano sulla strada. Non so se si tratti di piccole cose; ma sono proprio le piccole cose che portano alle grandi. Posso assicurare ancora una volta che rispetto al passato stiamo progredendo e che faremo di tutto (l'ho scritto nella relazione perchè è uno dei punti ai quali tengo maggiormente) affinchè il coordinamento possa essere realizzato nel migliore dei modi. Per quanto concerne l'esistenza della mafia e l'evoluzione della criminalità, devo rilevare che tutto è possibile ed opinabile e che tutte le tesi sono buone. Ma, se ci allontaniamo dalle cose reali che vediamo tutti i giorni, rischiamo di fermarci; e la nostra azione non può fermarsi. Quando ho parlato di mafia sottolineando il carattere subdolo dell'associazione mafiosa, non mi riferivo necessariamente alla politica, ma anche al settore istituzionale. Abbiamo avuto casi che sono stati chiariti e lei, senatore Florino, ha giustamente evidenziato che nei vari settori delle istituzioni vi sono state persone colluse. Non ho alcuna remora ad ammettere tutto questo. D'altra parte, posso dire che la Polizia di Stato, cioè il dipartimento di pubblica sicurezza, da tempo ha deciso di usare il massimo rigore in proposito. Non ci spaventiamo, anche se possiamo dispiacerci come ad ognuno di noi dispiace scoprire che nella propria famiglia qualcuno non fa bene il proprio dovere. Però, non ci martoriamo, anzi ci consideriamo fortunati quando riusciamo a fare pulizia, a capire determinati meccanismi e ad espellere le famose mele marce. LUIGI MANCONI. Chiedo scusa se poc'anzi il mio intervento è risultato irrituale e ha creato confusione. Il mio intento era quello di ricollegarmi alle parole appena pronunciate (ormai credo un'ora fa) dal capo della polizia e chiedere chiarificazioni proprio in merito a quanto aveva appena esposto, confrontandolo con ciò che avevo letto nella relazione consegnatami in quel momento. La mia sensazione è che la relazione del prefetto vada ben oltre le parole pronunciate dal ministro dell'interno. Alla pagina 10 già citata, si legge: "Per altro verso, ad ulteriore riscontro sussiste la cognizione concreta sul piano investigativo di disegni criminali volti a colpire in maniera eclatante uomini che rivestono un ruolo Pagina 146 importante nella lotta antimafia". Credo di non sbagliarmi se dico che questa affermazione è ben più puntuale, precisa e dettagliata (anche nell'uso dei termini e degli aggettivi) di quanto fosse la formulazione, approssimativa e comunque già inquietante, fornita dal ministro dell'interno. Perchè insisto su questo punto? Perchè credo sia per un verso ingiusto e per altro verso superfluo lamentarsi dell'uso che i giornali possono fare di una informazione di questa natura. Poichè ciò è stato detto immediatamente dopo l'audizione del ministro e ribadito oggi in quest'aula, devo rilevare che a mio avviso il problema non può essere ridotto a scandalismo dei giornali, ad enfasi eccessiva o ad esagerazione. Fatta salva la riservatezza delle informazioni di cui lei dispone (che non si intende violare in questa sede), credo sia importante adottare una linea precisa su tale punto, perchè vi è il rischio di una banalizzazione dell'allarme. A ritmo costante, con periodicità regolare, da fonti non approssimative ma istituzionalmente autorevoli, emerge l'annuncio (come in questo caso) di una cognizione concreta sul piano investigativo di un disegno criminale (che qui significa proprio attentato volto a colpire). Credo si debba stare molto attenti quando si danno simili annunci, perchè, ripeto, vi è per un verso il rischio di una banalizzazione dell'allarme; per usare un linguaggio ancora più ordinario, il richiamo "al lupo, al lupo" rischia di risultare scarsamente efficace nell'indurre vigilanza. Per altro verso, se non si tratta di un annuncio generico ma concreto (insisto nel voler usare questo aggettivo perchè è scritto nella relazione), chiedo al prefetto Masone se, nei limiti della riservatezza prima richiamata, possiamo avere informazioni più puntuali. Vengo ora molto rapidamente alla seconda domanda. Il collega Bertoni ha sollevato una questione che non credo sia di mera curiosità ma che ha anche natura investigativa e attiene all'ordine pubblico e alla sicurezza dello Stato. Dobbiamo considerare Totò Riina un cane morto o abbiamo, per esempio, informazioni (che possano essere rese note in questa sede) sulla continuità del suo ruolo di leadership? Oppure dobbiamo presupporre che una nuova leadership si sta affermando e sta imponendo il suo dominio all'interno dell'organizzazione criminale? FERNANDO MASONE, Capo della polizia. Per quanto riguarda la prima domanda, posso ribadire esattamente quello che ho scritto. Per quel che riguarda, invece, la possibilità di esplicitare il motivo per cui ho detto quelle cose e a chi intendo riferirmi, non posso assolutamente farlo in questa sede. LUIGI MANCONI. Non certo i nomi dei bersagli, figuriamoci! Sarebbe irresponsabile. FERNANDO MASONE, Capo della polizia. E' detto che qualcuno impegnato sul fronte antimafia corre questi rischi perché se ne è avuto riscontro in alcuni atti giudiziari. E' questo quello che ho detto e penso di non poter dire più di questo. LUIGI MANCONI. Atti investigativi. FERNANDO MASONE, Capo della polizia. Esatto, atti investigativi. Totò Riina cane morto? Andrei molto cauto. Secondo me non possiamo ancora dire una cosa del genere. Anche perché sia Bagarella sia Brusca erano persone molto vicine a Totò Riina nel momento in cui era libero. Se quindi sarà provato, come è probabile, che Bagarella o Brusca hanno preso le redini di Cosa nostra in mano o stiano per farlo, vorrà dire che Riina ha ancora il suo valore. Non posso considerare chiusa la partita Riina perché francamente non lo è ancora. PRESIDENTE. Vi sono ancora molti iscritti a parlare. Vi prego pertanto di sintetizzare le domande, anche perché così saranno più ampie le risposte. GIUSEPPE SCOZZARI. Si è parlato di usura. Giusto qualche ora fa stavamo esaminando la proposta di legge in materia in Commissione giustizia della Camera, della Pagina 147 quale faccio parte. La prima domanda, de iure condendo, è quali suggerimenti puntuali può dare il capo della polizia affinché il Parlamento possa varare una legge che sia la più efficace possibile nella lotta all'usura. Non chiediamo una prospettazione della legge, ma uno o due consigli da portare in Parlamento. Sempre con riferimento all'usura, bisogna dire che le società finanziarie costituiscono lo strumento attraverso il quale si foraggia e si incrementa in modo incredibile tale fenomeno. Anche e soprattutto perché le società finanziarie non sono registrate in modo regolare e molte di esse operano al di fuori di ogni sistema di controllo legislativo. Con quali forze ed in che termini la polizia intende combattere il fenomeno terribile rappresentato dal dilagare delle società finanziarie e, quindi, dal moltiplicarsi dell'usura? Circa la commissione per i pentiti, presieduta da Marianna Li Calzi, fondatissime voci affermano e danno quasi per certa l'espulsione o l'allontanamento - chiamiamolo come vogliamo - di due autorevolissimi componenti, due magistrati, il dottor Grasso e il dottor Vigna, i quali hanno dato un contributo straordinario nella gestione dei collaboratori di giustizia; ritengo che in questo momento specifico essi possano fornire un ulteriore contributo, visto che si sta procedendo a regolamentare la gestione dei collaboratori stessi. Sempre in materia di collaboratori di giustizia, prendiamo atto che il capo della polizia, con la cui opinione concordo, è contrario, per motivi giusti e validissimi, ad un corpo di vigilantes incaricato di tutelarli. Ho assistito alcuni collaboratori di giustizia e uno dei problemi più gravi era che la commissione che dovrebbe varare il programma di protezione e individuare chi sia collaboratore di giustizia e chi no si riuniva raramente, senza la costanza e la dovuta periodicità, richiesta dal numero crescente di collaboratori. Ciò creava incertezza in capo al collaboratore che causava rallentamenti nelle indagini ed uno stress psicologico incredibile in capo al collaboratore, ma soprattutto in capo ai magistrati che si assumevano - e si assumono - responsabilità nei confronti dei collaboratori di giustizia o potenziali tali. La commissione che vara il programma di protezione si riunisce periodicamente o continua a farlo in maniera poco coordinata e poco tempestiva? Riprendo ora quanto affermato dal collega Bargone con riferimento agli attentati ai sindaci progressisti nel meridione. Il prefetto potrà riservarsi di rispondere a questi quesiti, trattandosi di argomenti molto specifici. Vorrei sapere se continua a lavorare il gruppo interforze istituito dal ministro Maroni subito dopo gli attentati a Piana degli Albanesi e a Corleone. Questo gruppo interforze, che dovrebbe servire a comprendere la dinamica degli attentati ed eventualmente a individuarne le cause, i mandanti e i responsabili, continua ad interagire nel territorio? Desidero inoltre sapere se questo gruppo interforze ha anche funzioni di controllo del territorio, ossia se agisce come un sensore per una più adeguata tutela degli amministratori esposti in prima linea. Una delle province siciliane cui ritengo che lo Stato abbia prestato minore attenzione, tanto è vero che negli ultimi mesi si è verificata una serie di attentati e anche di omicidi, è quella di Agrigento. Mi riferisco per esempio ad alcuni imprenditori, come Bennici a Licata e Panepinto a Bivona. Desidero sapere cosa intende fare lo Stato per potenziare e rendere ancora più efficace il controllo del territorio. Per esempio, a Bivona la mattina hanno ucciso un imprenditore e un suo operaio (con le stesse tecniche utilizzate tre mesi prima) e nel pomeriggio hanno rubato una macchina e rapinato un tabaccaio. Ciò significa che lo Stato ha rinunciato a qualsiasi controllo del territorio. FERNANDO MASONE, Capo della polizia. Consigli circa il problema dell'usura. Come lei stesso ha detto poco fa è in corso di esame una legge: il contributo del dipartimento vi è certo stato nel dire la propria sull'argomento, nell'esporre il proprio punto di vista. La cosa che non poteva essere tollerata era l'ufficio della procura della Repubblica Pagina 148 presso la pretura, perché di fatto ha impedito le investigazioni; addirittura c'erano delle duplicazioni e comunque si trattava di una situazione che andava rimossa e la legge sta pensando a fare giustizia di questo. Quanto alle società finanziarie, trattandosi di un settore estremamente tecnico, sono molto prudente perché richiede un approfondimento che allo stato non sono in grado di fare. Posso riferire che (dico questo in base alla mia pregressa attività di questore in sede) si registra (questa situazione avrebbe fatto felice a suo tempo il generale Ramponi) una sempre maggiore volontà di specializzazione della polizia, per cui le indagini non vengono demandate in toto alla Guardia di finanza che riteniamo un organismo essenziale per questo tipo di lotta le cui forze, però, vanno risparmiate per essere indirizzate in modo più proficuo verso altri settori. Sulle espulsioni dalla commissione per i pentiti non posso risponderle, onorevole Scozzari, perché il fatto non mi risulta. Fino a ieri ho incontrato magistrati che lavoravano sulla questione. Le cose che lei dice a me non sono state rese note. Ha osservato che in passato la Commissione si è riunita in maniera episodica: mi sembra che allo stato compia il proprio dovere, perché il numero crescente di pentiti richiede un intervento della commissione, che è un atto dovuto. Per quanto riguarda il settore (dal punto di vista burocratico, non legislativo) che si occupa dei cosiddetti collaboratori di giustizia, ho già dichiarato che è mia intenzione compiere una rivisitazione di tutto l'apparato, che è sorto quasi improvvisamente e perciò necessita di una regolamentazione. Sugli attentati ai comuni cercherò di farle avere una documentazione perché devo ancora ricevere conferme sulla possibilità di far proseguire l'azione di questi gruppi interforze che, senza dubbio, quando sono all'opera, rappresentano ottimi sensori del territorio. Anche sulla provincia di Agrigento non ho con me la scheda riguardante le forze in campo. GIUSEPPE SCOZZARI. Sono molto poche. FERNANDO MASONE, Capo della polizia. Sono poche, dice lei; bisogna verificare quante siano in rapporto alla totalità delle forze e all'incidenza delinquenziale. Anche al riguardo le invierò una scheda completa di cui non dispongo al momento. ALESSANDRA BONSANTI. Comincio da qualcosa che il prefetto Masone sicuramente conosce molto bene. C'era una volta la banda della Magliana, laddove felicemente convivevano, a Roma, piduisti, mafiosi, servizi segreti, politici romani; era un'organizzazione molto pericolosa (ho parlato di mafiosi, c'era Pippo Calò). Vorrei sapere se le risulta se vi sia ancora un residuo di quell'organizzazione (così la definiva Sica). A proposito di piduisti - anche questi il prefetto li conosce bene (ripenso ai sequestri dei primi anni settanta) - vorrei sapere se continuano i controlli, da parte della polizia e della DIGOS, sui frequentatori di villa Wanda, dove ancora risiede Gelli. Vorrei sapere se tali controlli siano stati rallentati ovvero in che modo continui tale vigilanza e se risultino contatti tra ambienti mafiosi e il venerabile o l'ex venerabile della P2. Infine, le chiedo di essere più preciso quando parla delle motivazioni delle stragi, perché ho l'impressione che lei abbia privilegiato, non so se volontariamente o no, una spiegazione che fino ad ora sembrava secondaria, quella cioè che la mafia avesse bisogno di dimostrare la propria potenza in quel modo, piuttosto che quello che dovesse ricattare su problemi che le premono molto, come le questioni relative all'articolo 41-bis o ai pentiti. FERNANDO MASONE, Capo della polizia. Ricordiamo tutti le imprese della banda della Magliana, i cui componenti abbiamo visto crescere; ho seguito fin dai primi furti coloro che successivamente si sono associati dando luogo ad una pericolosissima organizzazione. La banda è stata sconfitta completamente? Non credo. Periodicamente vengono svolte indagini che Pagina 149 portano alla luce tronconi che sono sempre innestati in quel tessuto: basti pensare alla gestione del gioco d'azzardo nella città di Roma e alla scomparsa del piccolo Nicitra insieme allo zio, fratello del Nicitra componente della banda della Magliana che è attualmente detenuto. Sono tutti sintomi di una grossa attività perché quando si ricorre a questi tipi di vendette, vuol dire che l'organizzazione esiste ancora ed è forte. Per quanto mi riguarda, non ho mai smesso di considerare questa organizzazione ancora esistente; periodicamente e puntualmente si sono verificati episodi che hanno confermato questa ipotesi. Occorre quindi prestare la massima attenzione all'organizzazione che controlla a Roma il gioco d'azzardo clandestino e il traffico di droga. ALESSANDRA BONSANTI. Ci sono le proprietà immobiliari! FERNANDO MASONE, Capo della polizia. Sì; abbiamo effettuato a Roma, fatto che non si era mai verificato in passato, sequestri molto importanti per centinaia di miliardi nel settore delle proprietà immobiliari. Per quanto riguarda la domanda sulla P2, sulle misure di vigilanza a villa Wanda, le invierò una documentazione sui controlli effettuati, perché al momento ricordo solo vagamente un episodio relativo ad una scorta. GIUSEPPE AYALA. Posto che lei non frequenta villa Wanda! (Si ride). FERNANDO MASONE, Capo della polizia. Quanto alle motivazioni delle stragi, non credo alla mafia che compie l'attentato per ottenere qualche cosa dallo Stato. Non riesco a concepire oggi, nel 1994, una situazione di questo genere; qualsiasi azione è fatta soltanto per manifestare la propria forza. ALESSANDRA BONSANTI. Lo hanno detto dei pentiti! FERNANDO MASONE, Capo della polizia. Mi limito ad esprimere una mia convinzione: ci sono dei pentiti che dicono oppure fraintendono (il limite è molto fragile, molto tenue) che un certo attentato è stato fatto per ottenere un'attenuazione... Io non lo credo, perché non l'otterranno. Credo che questa Commissione (e non solo) non potrebbe mai tollerare una cosa del genere. Il discorso è diverso: dare dimostrazione di forza, fare accoliti e riuscire ad intimidire; in questo senso potrebbero riuscire ad ottenere qualcosa, non portando tout court un attacco violento al quale, spaventati, si risponde facendo concessioni. Questo non esiste, o perlomeno io ne sono profondamente convinto. GIACOMO GARRA. Certamente il prefetto Masone è a conoscenza delle dichiarazioni che ha reso il detenuto Giuseppe Pulvirenti, meglio noto con il nomignolo di Malpassotu. Egli ha detto che lo Stato ha vinto la battaglia, che la mafia è allo sfascio, nella polvere. Egli ha detto, quasi novello San Giovanni Battista: "Compagni, pentitevi!". Il tutto in stridente contrasto con la realtà siciliana. Non dimentichiamo che la Sicilia a molti - me compreso - è parsa un territorio sul quale lo Stato esercitava la propria sovranità a macchia di leopardo. E laddove non c'erano queste macchie di leopardo con la presenza dello Stato, vi era invece la sovranità della mafia. Se trovavamo nelle prefetture, nei palazzi di giustizia la presenza dello Stato, probabilmente non sempre questo accadeva a livello di comuni o a livello di uffici regionali. Ebbene, in un momento nel quale ancora la mafia, per la sua presenza diffusa, esprime quasi una sovranità sul territorio in contrapposizione a quella dello Stato, sentiamo dichiarazioni del tipo di quelle rese dal Malpassotu. Vengo alla domanda. Avrà notato che quello adoperato dal pentito Pulvirenti è un lessico forbito, un lessico quasi da copione. Allora domando al prefetto Masone: è un copione che un consulente, chiunque esso sia, o persone esperte che può aver contattato gli hanno suggerito, o per caso Pagina 150 (non vorrei che fosse vera la seconda ipotesi, e al riguardo gradirei avere una risposta dal capo della polizia) è un copione che gli è stato fornito a livello di organi di polizia? Perché è molto inquietante pensare che... ALESSANDRA BONSANTI. Va bene che Catania è Catania, ma insomma... GIACOMO GARRA. Collega, io ho ascoltato con attenzione il suo intervento... VITTORIO TARDITI. Abbiamo ascoltato solo i vostri interventi! GIUSEPPE SCOZZARI. Se non vi siete iscritti! GIACOMO GARRA. Scusi se ho rotto il monopolio! VITTORIO TARDITI. E' possibile che abbiate alzato la mano solo voi? PRESIDENTE. Chiudiamo la polemica. Io ho iscritto tutti coloro che lo hanno chiesto. GIACOMO GARRA. Presidente, io credo di aver portato alla cortese attenzione del capo della polizia non un grappolo di domande ma una sola domanda. E qui mi fermo. FERNANDO MASONE, Capo della polizia. Per quanto a mia conoscenza, Pulvirenti ha cominciato la sua collaborazione solo da qualche giorno. Non sono assolutamente a conoscenza delle dichiarazioni fatte. Non posso esserlo in quanto capo della polizia, tenuto conto che ancora non sono pubblici gli interrogatori di questa persona. Le notizie e le dichiarazioni che sono attribuite al Pulvirenti le ho apprese pure io stamattina dalla stampa, e su di esse, francamente, non mi sento di fare commenti. Posso soltanto dire che non credo affatto che organi di polizia (della polizia di Stato, perlomeno), che tra l'altro, nel caso specifico, non penso siano nelle condizioni di farlo in quanto non mi pare abbiano a che fare con Pulvirenti, possano essere ispiratori di tali dichiarazioni. Non ritengo vi sia un interesse del genere. E non credo vi sia nella polizia di Stato, nelle forze di polizia, gente disponibile per fare operazioni di questo genere. VITTORIO TARDITI. Signor prefetto, sarò rapidissimo. Riallacciandomi al suo dichiarato intento di privilegiare il controllo del territorio (e penso principalmente ai confini), quali sono le misure che intende attuare il suo ufficio in relazione al fatto che la criminalità organizzata nazionale ed internazionale collegate lucrano sull'immigrazione clandestina e sulla tratta di donne avviate alla prostituzione? Quanti ritiene che siano, secondo i dati in suo possesso, gli extracomunitari clandestini oggi in Italia? E in quale proporzione, sempre secondo i dati in suo possesso, costoro partecipano alle attività criminose? E infine, quali sono le misure che intende proporre per attuare la difesa del confine del territorio italiano così come è già stabilita negli altri paesi dell'Unione europea e in America? FERNANDO MASONE, Capo della polizia. Io non ho la possibilità di fornire i dati che lei mi chiede, prima di tutto perché quando si tratta di clandestini si può parlare solo per approssimazione appunto perché siamo in presenza di clandestini. I dati che ricordo indicano per Roma 200 mila regolari. Si pensa a circa un 30 per cento di irregolari. Il tutto va poi rapportato al territorio nazionale. Roma comunque ha il numero più alto di cittadini stranieri extracomunitari. Per quanto riguarda il controllo alle frontiere, che tra l'altro è difficilissimo per la conformazione territoriale del nostro paese, non credo che il problema principale sia questo. Certo, i clandestini entrano pure dai porti e dagli aeroporti, ma entrano anche in altre maniere, provenendo da altri paesi e così via. L'elemento sul quale bisogna incidere è la possibilità dell'espulsione. Noi infatti i clandestini li troviamo, non è questo il problema. Non è difficile, dal punto di vista preventivo e repressivo, Pagina 151 trovare extracomunitari non in regola. Non siamo di fronte ad un problema di polizia, per cui bisogna fare chissà che cosa. Il problema è come mandarli via. Allo stato attuale, infatti, non si riesce, se non in pochi casi, a raggiungere questo risultato. Per ottenere questo prima ci deve essere un decreto di espulsione con l'intimazione a lasciare entro quindici giorni il territorio nazionale. Dopo di che si può procedere all'espulsione. Ma occorre trovare sia il giorno in cui c'è il volo per il paese dove l'espulso è destinato, sia il posto sull'aereo. Insomma, al termine di un'operazione che ha visto impegnati centinaia di uomini, si giunge a portare all'aeroporto solo tre o quattro persone. Il problema serio, quindi, è questo. Da lì dipende tutto il resto. Se oggi è data la possibilità di espellere 50 clandestini dediti alla prostituzione, stia tranquillo che domani sera non li troverà certo nelle stesse condizioni. Cercheranno infatti perlomeno di cambiare il posto, di essere meno visibili e meno esposti. Il problema vero, pertanto, è questo. ANTONIO DEL PRETE. Signor prefetto, ho apprezzato la sua diagnosi sulla capacità di adattamento della mafia. E' vero, la mafia vuole convivere con lo Stato, anche perché - e vengo alla domanda - a mio avviso queste organizzazioni criminali, italiane e non, guardano con interesse ai fertili campi dell'est. La domanda è: il capo della polizia è a conoscenza di fatti accertati o accertabili comprovanti rapporti o affari di organizzazioni criminali nostrane con omologhe dell'est Europa o dell'ex Unione Sovietica (io mi rifaccio alla sua relazione) ove, come è noto, sono da tempo in svendita materiali vari ed armi da guerra provenienti dagli arsenali militari? Se ne ha contezza, di quali episodi può parlarci e quali concludenti iniziative può o intende prendere in relazione? FERNANDO MASONE, Capo della polizia. La ringrazio molto per avermi posto questa domanda. In altra parte della relazione lei avrà visto che abbiamo cercato di dare un senso pratico ai rapporti internazionali con tutti i paesi dell'est... ANTONIO DEL PRETE. L'ho molto apprezzato. FERNANDO MASONE, Capo della polizia. ...segnatamente con quelli che hanno aderito, poiché avvertono le esigenze che sentiamo anche noi. Le iniziative, essendo a livello di polizia, non sono provate e quindi non possono essere raccontate; per poter riferire in ordine ad esse occorre infatti che vi siano stati risultati apprezzabili, anche dal punto di vista investigativo, che hanno interessato l'attività giudiziaria. Tuttavia, se più Stati avvertono questa esigenza, vuol dire che il problema c'è e noi cercheremo di fare in modo che sia sempre più approfondito il rapporto con tutti i paesi, segnatamente con quelli dell'est che attualmente possono apparire come terra di conquista. GIUSEPPE AYALA. Innanzitutto vorrei unirmi agli auguri che le sono stati rivolti, non per estorcerle un ringraziamento, ma perché mi pare che lei li meriti. D'altra parte, la sua relazione dimostra un impegno che sicuramente spenderà nel nuovo incarico, come già in passato le è capitato di fare nei ruoli che ha rivestito. Vorrei svolgere una brevissima premessa per poi scendere nello specifico. Ascoltandola, riflettevo su un dato che secondo me è molto significativo, sia dal punto di vista politico sia da quello generale. Come forse lei ricorderà, ho sempre sostenuto, al di là delle persone - oggi potrebbe apparire un'affermazione legata alla cronaca giornalistica, ma sono cose che dico da anni -, che il monopolio democristiano del Ministero dell'interno di fatto ha costituito, a giudizio mio e di molti, una struttura tale per cui probabilmente lì si poteva trovare la spiegazione dei risultati che tutti auspicavamo ma che non arrivavano. Ripeto che non desidero fare alcun processo sommario, che non compete né a me né a nessuno dei presenti, nei confronti delle singole persone. E' un discorso Pagina 152 generale (Commenti del senatore Bertoni). No, non ci compete in questa sede. Riflettevo sul fatto che - senza avanzare alcuna riserva nei confronti di Parisi (tanto per fare i nomi e i cognomi): ci mancherebbe altro - il dato storico oggettivo è che lei è il primo capo della polizia successivo alla fine - da molti e da me, anche in atti parlamentari della precedente legislatura, personalmente auspicata - di quel famoso monopolio democristiano. Inoltre, il ministro dell'interno mostra quotidianamente di essere assolutamente scevro da qualunque tipo di condizionamento del genere noto a molti (a me sicuramente, visto che l'ho sperimentato anche in prima persona) e lei può dunque trovarsi con le mani finalmente libere nello svolgere un'azione realmente efficace, naturalmente con i mezzi, gli uomini e le strutture di cui dispone (è un limite che graverebbe su chiunque e graverà fatalmente anche su di lei). Una risposta da lei fornita che mi ha molto interessato è stata quella relativa alle priorità. Lei giustamente - e può immaginare quanto io condivida le sue affermazioni - ne ha individuato due fondamentali: la ricerca dei latitanti, che è una priorità assoluta, ed il controllo del territorio, che lo è talmente tanto che è difficile stabilire quale delle due collocare al primo posto. Le vorrei chiedere, signor prefetto, se non sarebbe il caso, finalmente, di porre una terza priorità per un serio impegno di carattere soprattutto investigativo (con le modalità che ella riterrà naturalmente di organizzare) che si occupi non tanto del famoso nodo tra mafia e politica - che è generico e del quale molto si è parlato e poco si è scoperto, anche se qualcosa sta emergendo (ma, ripeto, questo è compito della magistratura) - quanto dell'altro che, secondo molti che di queste cose un po' se ne intendono, è più subdolo e forse più importante, e cioè del nodo mafia-burocrazia, mafia-amministrazioni locali. Ciò anche al fine di far funzionare meglio una disposizione di legge importante quale quella relativa allo scioglimento dei consigli comunali. Bisognerebbe cioè ritenere prioritaria tutta questa fascia (soprattutto riguardo alla burocrazia) che - mi pare sia riconosciuto da quanti hanno competenza sull'argomento - rappresenta la vera continuità del rapporto. Si può vedere la mafia come una organizzazione criminale che esprime una grande potenza militare (e su questo purtroppo siamo tutti d'accordo, perché vi sono fatti eclatanti che lo confermano); la si può vedere - e già vedo che questa sensibilità, per fortuna, si diffonde - come una organizzazione criminale che esercita una fortissima influenza sul piano economico-finanziario (è altrettanto certo). La mafia è una struttura di potere - queste cose le ho scritte (lei forse lo ricorderà) nel 1988, e ne ho pagato anche il prezzo -, è stata una componente organica ad un sistema di potere che dovrebbe (me lo auguro) essere venuto meno (non ho segnali contrari e quindi continuo a ritenerlo anche perché, probabilmente, il suo incarico ne è una dimostrazione). Quindi, questa componente non è meno importante né della componente finanziaria, né di quella internazionale, né di quella militare, ma è quella che emerge di meno. Essa è rimasta nell'ombra per ragioni che possono essere anche ipotizzabili ma che preferirei trascurare di evidenziare, augurandomi che appartengano al passato (mai al presente e, tanto meno, al futuro). Questa è la componente che omologa la mafia nella cogestione del sistema di potere, senza scomodare le grandi collusioni politiche, che pure ci sono state, probabilmente anche a livelli elevatissimi. Sul piano investigativo la ragnatela di rapporti intessuti a livello di burocrazia e di amministrazioni locali è una componente fondamentale, insieme con il suo controllo del territorio, che è succedaneo a quello carente dello Stato, con la potenza finanziaria, che aumenta sempre più, giungendo addirittura a condizionare l'economia o, tanto per fare un esempio, con l'influenza sugli appalti. Questo tipo di investigazione, questo tipo di indagine, di sensibilità e di accortezza non le pare che meriti oggi di conquistare quella priorità che già avevano Pagina 153 conquistato la cattura dei latitanti - che ha fornito risultati che sono sotto gli occhi di tutti - ed il controllo del territorio (anche se forse i risultati sono stati inferiori)? Le vorrei poi chiedere più specificamente una cosa. Lei ritiene - è una mia vecchia opinione - che, soprattutto per quanto riguarda le prime due priorità da lei indicate (la cattura dei latitanti ed il controllo del territorio), i servizi segreti possano svolgere una funzione diversa e più pregnante rispetto al passato? Mi riferisco alla famosa attività di intelligence, che è l'esatta alternativa alla militarizzazione del territorio: si possono utilizzare pochi uomini professionalmente e qualitativamente attrezzati... PRESIDENTE. Onorevole Ayala, molti altri colleghi devono ancora parlare e l'ora è molto tarda. La pregherei pertanto di sintetizzare le sue domande. GIUSEPPE AYALA. Se lei sapesse, presidente, lo sforzo di sintesi che sto facendo! PRESIDENTE. Lo immagino, ma cerchi di capire anche le nostre esigenze. GIUSEPPE AYALA. Faccio appello alla sua generosità, nella speranza che voglia concedermi ancora qualche minuto. Un'ultima cosa riguardo al ruolo di Riina (lo riprendo brevissimamente). Io credo che un'attività di indagine - certo, mi rendo conto, complessa, non facile - sull'attuale ruolo di Riina sia molto importante perché egli segna un discrimine nella storia di Cosa nostra (che, per esempio, ho indicato nei motivi di appello nel maxiprocesso del 1988), ed è quello di aver talmente premuto l'acceleratore sulla componente militare da aver creato, all'interno dell'organizzazione, un effetto di intolleranza nei confronti di un sistema di potere fondato sulla violenza non soltanto verso le istituzioni ma anche all'interno dell'organizzazione stessa. Da lì è discesa, come era facile prevedere, la proliferazione dei pentiti. PRESIDENTE. Faccia la domanda, però, onorevole Ayala. GIUSEPPE AYALA. Sto facendo le domande. Non può passare il tempo ad interrompermi, perché non mi fermo! Sintetizzo al massimo. PRESIDENTE. Lei in questo modo toglie spazio agli altri perché il prefetto ha degli impegni e non può trattenersi più oltre. Faccia la cortesia, abbia pazienza! GIUSEPPE AYALA. Di fronte agli impegni del prefetto, che cosa vuole che ci importi del ruolo di Riina oggi nella mafia? Ho finito! FERNANDO MASONE, Capo della polizia. Onorevole Ayala, la ringrazio moltissimo per la domanda. Nella mia illustrazione ho posto determinate priorità per operare una compensazione, dal momento che vi è stato un notevole sviluppo dell'attività investigativa in questi ultimi tempi ed i risultati si sono visti. Ritengo però che quei risultati non sconfiggano l'organizzazione, la colpiscono duramente, però, se non riusciremo ad estromettere la mafia dal territorio, non vinceremo, anche se otterremo dei grandissimi risultati. Di proposito, quindi, non ho voluto inserire tra le priorità lo sforzo investigativo, perché già c'è. Per quanto riguarda la burocrazia, lei dice bene. Tenga presente però che ormai non ci sono più tappe da percorrere. Lei mi insegna che non si può iniziare un'attività investigativa per vedere come si comporti la burocrazia o un determinato burocrate; però tutte le volte che dovesse sopravvenire la necessità o indagini dovessero rivelare connessioni e collusioni, stia tranquillo che nessuno ferma né fermerà questa macchina. Per quanto riguarda i servizi segreti, ben venga l'azione di intelligence. L'abbiamo sempre apprezzata, anche perché fare dell'intelligence significa venire naturalmente a conoscenza di tante cose. Non si può fare una differenziazione dicendo che una certa cosa ci interessa ed un'altra no. Si può fare soltanto per il SISMI, che è Pagina 154 proiettato verso l'esterno, ma per quanto riguarda l'attività normale sul territorio di un organismo di intelligence, dal momento che capita di tutto, è opportuno che esso sia efficiente, perché in tal modo riuscirà a captare maggiori elementi anche nel campo della criminalità organizzata. LUIGI RAMPONI. Vorrei rivolgere una preghiera a tutti i colleghi. Ogni volta che sento parlare di componente "militare", provo un notevole senso di fastidio. E' una componente terroristica, non è una componente militare. GIUSEPPE AYALA. La definirei sanguinaria! LUIGI RAMPONI. Parlate, se volete, di componente armata, ma non è corretto che tutti coloro che sono militari vengano accostati ... Siccome mi avete capito benissimo, vi sarò grato se eviterete di adoperare tale espressione che è ormai invalsa. RAFFAELE BERTONI. Hai ragione! GIUSEPPE AYALA. Absit iniuria verbis! GIANVITTORIO CAMPUS. Sarò molto breve perché sono capace di fare della sintesi, dote che pare molto rara in questa sede. Signor prefetto, dato che l'esistenza di collegamenti stretti tra camorra, classe politica e vertici dello Stato di centro e di sinistra da anni, per rimanere nell'ambito napoletano, rappresenta un segreto di Pulcinella, lei pensa che solo ora, essendo cambiato lo scenario politico nazionale, la polizia e le altre forze investigative abbiano finalmente la possibilità di agire liberamente e completamente senza impedimenti o compressioni? Altrimenti perché solo ora si può indagare e colpire così in alto? Colgo inoltre l'occasione per invitarla a continuare ad operare con il massimo rigore (per citare le sue parole). FERNANDO MASONE, Capo della polizia. Tenga presente che il contributo che abbiamo avuto dai pentiti e dall'arresto dei grandi latitanti, ormai avvenuto qualche anno fa, è enorme. Molto spesso si dice che una cosa non viene fatta perché non la si vuole fare. Ebbene, vi assicuro che molto spesso si sbatte la testa contro il muro senza sapere che strada imboccare. Per quanto mi riguarda, quando stavo alla squadra mobile, ero sempre animato da questa filosofia: quando vedevo che non si riusciva a portare avanti un'indagine, puntavo su un'altra indagine, perché poteva darsi che ne derivasse qualche elemento favorevole per il primo caso. Ho detto questo per spiegare che il contributo che abbiamo ricevuto per quanto attiene alla conoscenza delle organizzazioni è notevole. Infatti, è facile, quando non si hanno dei riscontri, dire che un certo fenomeno non esiste o è poca cosa; si è portati a credere che sia una fantasia di un confidente o di chi sa chi. Quando, invece, il tutto si inserisce in esperienze maturate sulla base di testimonianze rese con grande sacrificio o con pericolo di vita da parte di altre persone, dei collaboratori o di altri testimoni, i vari elementi vengono visti in tale ottica, e quindi più facilmente si riescono a conseguire dei risultati. Lei non è convinto ma le assicuro che è così. ALBERTO SIMEONE. Signor prefetto, in primis vorrei rivolgerle i miei auguri più affettuosi. Spero che lei me lo consenta in virtù del fatto che apparteniamo alla stessa terra; una terra che non ha conosciuto fenomeni di gravissima criminalità e che mi auguro non ne conosca o quanto meno che non conosca la virulenza dei fenomeni che hanno infestato altre zone del paese. Nella sua relazione ha parlato di sequestri e di confische. Ritengo che quanto lei ha detto si debba interpretare nel senso che i duemila sequestri siano relativi a procedimenti penali iniziati, ma non conclusi e che le settanta confische siano relative a processi conclusi. Diversamente sarebbe tragico il divario tra i sequestri e le confische. Pagina 155 La seconda domanda attiene all'usura. Si tratta di un fenomeno molto vasto, che affonda le sue radici nel tempo ed anche in una legislazione che per molti versi fa paura. D'altronde il fenomeno della mafia in Sicilia si sostanzia forse anche della proliferazione di finanziarie che trovano posto ad ogni angolo di ogni strada. Non è il caso, allora, di interessare anche la Banca d'Italia? Il capo della polizia non ritiene sia il caso di rivedere la legge istitutiva delle finanziarie anche per una regione a statuto speciale come la Sicilia? In ordine all'articolo 41-bis, di cui si sta molto dibattendo anche in Commissione giustizia, il capo della polizia non crede che sarebbe opportuno arrivare, attraverso gli strumenti adeguati e suggeriti dalla legge, anche al teledibattimento, che eviterebbe di spostare i mafiosi ed i camorristi da un luogo dove tale articolo viene applicato ad un altro luogo dove la promiscuità è tale da poter impedire l'applicazione di questa norma? Ritengo che il controllo del territorio non dovrebbe essere attuato con un dispiegamento di forze che assume l'aspetto di un'operazione di polizia vera e propria - come è accaduto in Sicilia, con l'operazione Vespri siciliani, ed in Calabria -, ma dovrebbe essere davvero continuo, anche se dai toni più contenuti ma in grado di evitare la nascita di fenomeni criminosi. Cito gli esempi della zona dell'aversano, del napoletano, del casertano, nella zona che va sotto il nome di agro aversano, da una parte, e di zona domiziana, dall'altra, dove proliferano la prostituzione - in maniera davvero molto grave - e l'abusivismo edilizio - che è anch'esso un gravissimo reato - in maniera virulenta. FERNANDO MASONE, Capo della polizia. Onorevole Simeone, la ringrazio per gli auguri che mi ha rivolto e che accetto volentieri avendo, tra l'altro, una comunanza di origini. Affronterò per prime le questioni dei sequestri e delle confische. I sequestri vengono disposti dal magistrato in occasione dell'applicazione delle misure di prevenzione o nelle fasi processuali; la confisca arriva al termine del procedimento. A questo è dovuto il divario. Sulla questione dell'usura mi sono già soffermato rispondendo ad un quesito dell'onorevole Scozzari che ha detto che il Parlamento sta esaminando la legge relativa a tale fenomeno. A prescindere dal progetto di legge che si sta esaminando, già l'istituzione del commissario straordinario per l'antiracket e per l'usura da parte del ministro dell'interno sta a significare che si è voluto dare un valore veramente importante al fenomeno. Non ci aspettiamo miracoli, ma un coordinamento, una unitarietà di intenti e l'acquisizione di notizie da più parti, per pervenire poi ad una serie di dati comuni a tutti gli operatori. La legge sulle finanziarie rappresenta effettivamente un punto dolente specialmente, ma non solamente, per la regione siciliana. Quella sulle società finanziarie, le pseudosocietà finanziarie o le finanziarie con prestanome, rappresenta veramente la parte più difficile dell'investigazione nella quale è impegnata in modo serio la Guardia di finanza. Se verranno predisposte iniziative legislative in materia, saranno ben accolte. Tutto ciò che può facilitare il lavoro degli investigatori trova il capo della polizia certamente favorevole. Per quanto riguarda la questione del teledibattito e dell'articolo 41-bis, sono d'accordo. Mi pare, peraltro, che sia già previsto dalla legge; deve essere richiesto dai magistrati. Quando nella relazione ho fatto riferimento alle richieste dei magistrati, sostenendo che bisognava fare in modo che potessero essere coniugate con il problema generale della sicurezza a proposito dei pentiti, mi riferivo proprio a questo. Sono quindi favorevole all'utilizzo di tali strumenti. Per quanto riguarda il controllo del territorio, anch'io non sono favorevole alla sua militarizzazione. Il controllo del terriorio rappresenta, a mio avviso, qualcosa di diverso: l'acquisizione di informazioni. Il controllo del territorio si attua anche trattando burocraticamente la pratica del porto d'armi o dello straniero che si è recato Pagina 156 in un ufficio di polizia per chiedere qualcosa. L'importante è venire a conoscenza di notizie e fare in modo che esse siano messe in circolazione tra le forze di polizia. Quando si osserva (mi riferisco ad esperienze pratiche, che danno comunque l'idea di quella che è la realtà; perché le cose reali sono quelle che poi riguardano gli operatori di polizia e dei carabinieri sulla strada) che molte persone escono dal carcere e sono mandate agli arresti domiciliari, sostengo che si tratta di un fatto positivo. Esprimo tale punto di vista non perché sono favorevole agli arresti domiciliari ma perché sapere dove sta una persona, significa conoscere il palazzo, la strada e via dicendo. Nella sostanza, quindi, un elemento negativo quale è quello dell'accresciuto carico di lavoro può diventare un fatto positivo perché si ricavano informazioni che possono risultare utili. Concepisco pertanto il controllo del territorio in questo modo e non come un ricorso ai mitra o ai fermi di polizia. NICHI VENDOLA. Credo che gli auguri rivolti al capo della polizia siano in generale i più sinceri, anche perché contengono un sentimento di "legittima difesa" da parte nostra e della gente che rappresentiamo. Signor prefetto, ieri la Commissione parlamentare antimafia ha compiuto la sua prima missione. Siamo stati in una città di frontiera, nella città martoriata di Reggio Calabria, per acquisire informazioni a proposito della emblematica vicenda della baronessa Cordopatri. In tale occasione abbiamo avuto due rappresentazioni del fenomeno, quello specifico e quello generale, degli espropri mafiosi, tra di loro in contraddizione. Da un lato, una conoscenza approssimativa e confusa da parte sia delle autorità di governo sia di quelle di polizia e, dall'altra, una descrizione precisa, dettagliata ed agghiacciante da parte dei magistrati. Il procuratore generale di Reggio Calabria ci ha riferito che nella Locride, nel Reggino e nella piana di Gioia Tauro forse l'80 per cento dei terreni non sono sfruttati dai loro legittimi proprietari, ma sono nelle mani della criminalità organizzata. Il controllo del territorio riguarda anche un problema come questo. Auspico che lei avrà la possibilità di leggere il resoconto stenografico delle audizione di ieri perché potrà così trarre le sue deduzioni su un fenomeno così inquietante. Le pongo quindi tale problema: come si risponde a questo fenomeno? Accanto a questo, visto che parliamo di territorio e di terra, vi è il fenomeno del caporalato, che riguarda, questa volta, la mia regione, cioè la Puglia. Vi sono due normative nell'ambito del mercato del lavoro e dell'assunzione della manodopera (per esempio, ora vi è la chiamata nominativa in agricoltura) che possono avere un impatto negativo, nel senso di favorire il fenomeno del caporalato. Non so se lei conosce questa fattispecie di reato, ma terribile, una specie di sequestro collettivo, con ricatto, violenza ed esproprio di tempo e di lavoro. Vorrei conoscere la sua opinione al riguardo. Passo ora alla terza questione. Siamo, siete certamente tutti impegnati nel tentativo di colpire il traffico degli stupefacenti; credo, però, che oggi sia aperta una questione, che è dinnanzi agli occhi di tutti: il bisogno di trarre un bilancio delle strategie complessive che si pongono in essere riguardo al problema della droga. Molti operatori di polizia a livello internazionale hanno sviluppato un ragionamento argomentato di critica fortissima alle politiche proibizionistiche e "punizionistiche". Le premetto che non voglio entrare nel merito della normativa vigente in Italia dal punto di vista dei danni sociali che ha provocato. Il problema che le pongo nella sua qualità di capo della polizia è il seguente: il proibizionismo in Italia è particolarmente drammatico perché consente a Cosa nostra di essere il monopolista della raffinazione, oltre che della commercializzazione, dell'eroina. Lei sa, infatti, che le tecnologie della raffinazione sono elementari; ed è molto facile costruire in un capannone un laboratorio di trasformazione di queste materie Pagina 157 prime, che sono a bassissimo costo e che giungono dall'America latina. Infine, pongo il problema del rapporto tra mafia e politica. Vorrei rassicurare i colleghi che non lo faccio in maniera polemica: si tratta di un terreno sul quale nelle piazze ognuno dice la propria opinione e ci si scontra, ma io parlo di questo problema da un punto di vista oggettivo. La mafia - lei ha usato un aggettivo che non credo sia di carattere morale ma analitico - è un fenomeno subdolo. Possiamo dire che si tratta di un sistema opportunistico, dotato di una straordinaria capacità di adattamento. La mafia, anzi, riesce a trasformare ogni modificazione sociale, politica, istituzionale, economica in una nuova chance per nuovi affari: ha un'incredibile capacità mimetica. Rispetto a tutto ciò, siccome è crollato un regime e dentro il nuovo che avanza, come si dice, sono diverse le nuove formazioni politiche ed anche i gruppi emergenti, il rischio di un traghettamento verso questo "nuovo" dei vecchi ceppi o di forme rinnovate della criminalità organizzata è molto forte. Le chiedo allora quale attenzione mirata si vuole porre al riguardo. Colleghi, non sto ponendo un problema di parte: da questo punto di vista, so per chi hanno fatto votare nella mia terra gli spacciatori di droga (non per chi hanno votato, perché non sono entrato nella cabina); ma questo ce lo diremo nelle piazze. MICHELE FLORINO. Hanno votato e continuano a votare a sinistra! PRESIDENTE. Non facciamo polemiche. NICHI VENDOLA. Io pongo un problema serio: la sua interruzione non lo è! PRESIDENTE. Ponga la sua domanda. NICHI VENDOLA. La domanda è proprio questa: cinquant'anni... MICHELE FLORINO. Questo è un dibattito politico, non è più una domanda! NICHI VENDOLA. E' sempre un dibattito politico: anche le sue interruzioni lo sono. PRESIDENTE. Procediamo, senza interruzioni. NICHI VENDOLA. La tecnica terroristica dell'interruzione non è adeguata al tono civile che sto adoperando. PRESIDENTE. Concluda e ponga la sua domanda, onorevole Vendola. NICHI VENDOLA. Siccome ci siamo trovati, signor capo della polizia, in una situazione nella quale, come diceva prima il collega Ayala, non denunce vaghe ma inchieste in corso hanno sottolineato che non soltanto una classe politica genericamente, ma coloro che all'interno di essa erano preposti istituzionalmente alle politiche dell'ordine pubblico, sono stati coinvolti in inchieste per associazione mafiosa, pongo il problema - fermo restando che il giudizio sulle responsabilità individuali lo daranno le sentenze, oltre a tutto ciò che appartiene alla nostra cultura garantista - di quale attenzione mirata si stia attuando verso l'infiltrazione. Occorre usare sobrietà in questo discorso: lo dico perché non tutta la polizia o la magistratura ma parti delle istituzioni sono state coinvolte. In che modo costruite un'attenzione mirata su questo terreno? FERNANDO MASONE, Capo della polizia. Grazie degli auguri, onorevole Vendola. Ho seguito l'attività svolta ieri dalla Commissione a Reggio Calabria per quanto mi è stato possibile. Non ho ancora avuto l'opportunità di leggere il resoconto stenografico: lo farò quanto prima e con la massima attenzione, anche perché Reggio e la Calabria in genere meritano tutto ciò da parte del capo della polizia; ciò è fuori di dubbio. Ho detto, ad un certo punto della relazione, che voglio andare personalmente Pagina 158 (mi si deve dare un po' di tempo per farlo) nei centri più importanti e dove maggiore è la forza delle organizzazioni criminali per rendermi conto dell'esistenza e dell'efficacia dell'azione di contrasto. In quella sede cercherò di fare tutto il possibile, tenuto conto delle risorse di cui disponiamo, per far sì che queste ultime vengano effettivamente utilizzate per svolgere tale attività. Per quanto riguarda il caporalato, esso è uno dei reati forse più antichi che purtroppo ci affliggono. Per fortuna esso non ha un'estensione particolare in Italia, perché non ha avuto seguito. A Roma hanno provato a crearlo in alcune occasioni, specialmente per quanto riguarda gli extracomunitari (faccio l'esempio di Roma per la mia esperienza diretta). Per fortuna siamo riusciti sempre ad intervenire ed il fenomeno non si è esteso. Convengo comunque nel dire che si tratta di uno dei fenomeni più gravi, che affligge particolarmente la Puglia. Per quanto riguarda il traffico della droga ed il proibizionismo, la liberalizzazione degli stupefacenti è una teoria: lascerei il tutto alla competenza del Parlamento e della classe politica. Noi dobbiamo cercare di applicare le leggi. Entrare in un discorso di questo genere non è opportuno: lo possiamo fare in privato ed ognuno ha le sue idee, ma in questa sede non posso parlare di ciò. Per quanto concerne il rapporto mafia-politica, mi pare che abbiamo espresso concetti abbastanza vicini. La mafia è criminalità organizzata più qualcosa, e questo qualcosa è la penetrazione. Allo stato c'è una situazione di questo genere? Non posso risponderle ma non perché non voglia farlo. Le dico soltanto che teniamo alta la guardia e pare comunque che i fatti stiano dimostrando che di fronte ad elementi concreti non si ferma nessuno: questo è un impegno che posso assumere. MICHELE CACCAVALE. Signor prefetto, la ringrazio per la sua relazione, che ho apprezzato molto. A me interessa l'opera di prevenzione che dovrebbe essere svolta nelle zone dove la mafia sta emigrando. Prendendo spunto da alcuni brani della sua relazione, vorrei farle tre brevissime domande. Lei precisa che Cosa nostra siciliana si distingue dalle altre organizzazioni malavitose perché ha la caratteristica di tendere al confronto da pari a pari con lo Stato e con i suoi rappresentanti, nonché all'infiltrazione in esso tramite relazioni occulte con esponenti dei suoi apparati. Vorrei allora pregarla di rispondere a queste sintetiche domande: cosa intende per relazioni occulte? Quali sono gli apparati cui lei si riferisce? Come avvengono le infiltrazioni alle quali lei fa riferimento? FERNANDO MASONE, Capo della polizia. La ringrazio, onorevole Caccavale. Per quanto riguarda le relazioni occulte, mi riferisco a tutte le cose che non sono note, a tutto quanto non è palese, comprendendo anche associazioni che non hanno la caratteristica della pubblicità. Quali sono gli apparati? Certamente sono apparati della burocrazia e comunque istituzionali. Come ho detto, la mafia per me è qualcosa che ha quel connotato in più rispetto alla malavita organizzata; cerca le infiltrazioni nelle amministrazioni, intendendosi con ciò tutte le medesime e non soltanto quelle locali: dipende dall'interesse. Questo intendo dire e null'altro. MICHELE CACCAVALE. E come avvengono le infiltrazioni? GIUSEPPE AYALA. Voglio sentire la risposta! (Commenti). PRESIDENTE. Mi pare che l'ora tarda consigli una maggiore sobrietà! MICHELE CACCAVALE. Voglio capire! GIUSEPPE AYALA. Ci mancherebbe altro! FERNANDO MASONE. Capo della polizia. Per quanto riguarda le modalità di infiltrazione, dipende dalle amministrazioni nelle quali si realizza la penetrazione. Se sono organismi elettivi, è chiaro che si comincia Pagina 159 dal voto: evidentemente è lì che può avvenire il primo approccio, il primo contatto. Se si tratta della burocrazia, le modalità possono essere molteplici, e comunque si chiamano in ogni caso "corruzione". Questo è quello che posso dire. PRESIDENTE. Mi pare che abbiamo esaminato tutti gli elementi possibili, in un certo senso "tutto lo scibile" che potevamo esaminare. Ringrazio a nome della Commissione il prefetto Masone per il suo contributo. Avverto che gli allegati alla relazione svolta dal prefetto Masone sono a disposizione dei parlamentari presso la segreteria della Commissione. Comunicazioni del presidente. PRESIDENTE. Comunico che domani, mercoledì 28 settembre, alle ore 15 è prevista la riunione dell'ufficio di presidenza integrato dai rappresentanti dei gruppi; la Commissione è convocata per le ore 17,30, per l'audizione del dottor Bruno Siclari, procuratore nazionale antimafia, e per le ore 19, per l'audizione del generale di corpo d'armata Costantino Berlenghi, comandante generale della Guardia di finanza. L'audizione del procuratore nazionale antimafia avrà per oggetto: i rapporti fra procure distrettuali antimafia e direzione nazionale antimafia; procure distrettuali e procure ordinarie; istituzione dei tribunali distrettuali. L'audizione del comandante generale della Guardia di finanza avrà per oggetto: infiltrazione della criminalità nelle attività economiche e nella struttura di controllo dei movimenti finanziari, con particolare riferimento alla problematica del riciclaggio. Naturalmente si tratta di temi ampliabili a seconda delle esigenze della discussione ed in ogni caso la rappresentazione di cui ho appena dato comunicazione è sintetica. Per quanto riguarda le audizioni di ieri a Reggio Calabria, non è ancora pronto il resoconto stenografico. In proposito sarebbe forse stato opportuno svolgere una relazione. Ancora poc'anzi mi stavo tenendo in contatto per sapere se vi erano novità; ma essendo in corso la discussione per la legge finanziaria, non sono riuscita a parlare con il ministro delle finanze né con il capo di gabinetto. Quindi, per questa sera non siamo riusciti ad avere notizie. Se volete un resoconto sull'attività tenutasi ieri, posso svolgere un'ampia relazione; eventualmente, ove dimenticassi qualche elemento, i colleghi che erano presenti potrebbero integrare. In ogni caso sarà disponibile il resoconto stenografico. ALBERTO SIMEONE. Non è necessaria una relazione dettagliata, leggeremo lo stenografico. PRESIDENTE. Sta bene. L'ho detto soltanto perché in precedenza eravamo rimasti d'accordo per una relazione. ANTONIO BARGONE. Presidente, vorrei sollevare un'eccezione rispetto a questo, che riguarda un aspetto regolamentare ed anche di rapporti istituzionali. Era stato deciso che una delegazione si recasse per un sopraluogo a Reggio Calabria, poi in sede di ufficio di presidenza si è deciso all'unanimità che la delegazione coincidesse con l'ufficio di presidenza stesso. Successivamente ho appreso che l'ufficio di presidenza ieri ha svolto audizioni, con resoconto stenografico. Vorrei far presente che non era questo il mandato affidato alla delegazione. E' la Commissione che svolge le audizioni: solo su mandato della Commissione la delegazione può dar luogo a questo tipo di attività. Il compito della delegazione in realtà era circoscritto: realizzare un sopralluogo. Nelle precedenti Commissioni antimafia se ne sono fatti molti... PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Bargone, non si trattava di un sopralluogo, ma di vedere quale fosse la situazione ascoltando le persone. "Sopralluogo" significherebbe, altrimenti, andare a vedere un luogo. Pagina 160 ANTONIO BARGONE. Presidente, le audizioni sono un'altra cosa. "Audizione" significa convocare le persone... PRESIDENTE. Comunque, controlleremo sul resoconto stenografico che cosa fosse stato deciso. ANTONIO BARGONE. Audizione significa convocare le persone ed ascoltarle. Le audizioni si svolgono solo su mandato della Commissione, un mandato che in questo caso non c'era. PRESIDENTE. Era proprio questo, invece, il mandato della Commissione. ANTONIO BARGONE. Non era questo, presidente. Tra l'altro, quando si svolgono audizioni è prevista una relazione che la Commissione deve discutere in seduta plenaria. Quello di cui stiamo parlando, invece, mi sembra un caso tipico per un sopralluogo da parte di una delegazione, la quale naturalmente si renda conto della situazione - so cosa si intenda per "sopralluogo" - ed intervenga per risolvere un problema. Ecco cosa è previsto dal regolamento e cosa presuppone la stessa natura della Commissione. Se, invece, si tratta di una delegazione che si reca in loco per un problema specifico, abbastanza marginale rispetto all'attività complessiva della Commissione, quando in realtà si svolgono audizioni è chiaro che si finisce per ricavare da questo materiale risultati che sono fuori dal mandato conferito dalla Commissione e quindi anche dagli obiettivi che la stessa Commissione si è posta. Non sollevo il problema per un puntiglio, per porre questioni di lana caprina o per creare contrapposizioni: si tratta di regolare i lavori di questa Commissione in piena lealtà, affinché tutto sia realizzato nella maniera più trasparente, in modo che ogni commissario si senta tutelato dalle attività della Commissione. Vi è infatti un rischio che in passato qualche volta si è corso (parlo sempre sulla base di esperienze): che l'ufficio di presidenza in qualche modo espropri la Commissione delle sue funzioni e possa quindi allontanarsi dagli obiettivi che la stessa Commissione si è data. Parlo quindi in maniera del tutto costruttiva, per dare un contributo; credo che questo serva anche a chiarire i rapporti, per un'interpretazione applicativa del regolamento che ci aiuti a lavorare nella maniera migliore possibile. PRESIDENTE. Onorevole Bargone, io prendo atto di quello che lei dice. Comunque, la Commissione si è recata nell'area non per un sopralluogo - che sarebbe stato completamente inutile e solamente di facciata -, ma per assumere elementi conoscitivi e per intervenire. Cosa che la Commissione ha fatto: ha assunto elementi conoscitivi sulla situazione della baronessa Cordopatri, che costituiva un problema urgente (come riconosciuto e, fra l'altro, come richiesto dalla Commissione). Si è trattato, dunque, di attività conoscitiva: e non si può conoscere se non si parla con le persone, perché i luoghi da soli non parlano... ANTONIO BARGONE. Presidente, questo vuol dire audizioni! PRESIDENTE. Ma è solamente acquisendo osservazioni... ANTONIO BARGONE. Si può parlare con una persona senza fare un'audizione, che è una cosa diversa! PRESIDENTE. No. Non si può fare così. ANTONIO BARGONE. Come no?! PRESIDENTE. No, perché le cose devono restare... ANTONIO BARGONE. L'abbiamo fatto sempre! Basta leggere i verbali delle Commissioni precedenti... PRESIDENTE. No, onorevole Bargone, non sono fatti colloquiali, ma fatti istituzionali. Poiché le vicende riguardanti la baronessa Cordopatri costituiscono un Pagina 161 fatto grave, era necessario che le affermazioni delle persone in grado di riferire sulla condizione della baronessa Cordopatri fossero registrate affinché venissero a conoscenza di tutta la Commissione. Questo è quanto. ANTONIO BARGONE. Prendo atto della sua risposta. PRESIDENTE. Fra l'altro, c'è stato un intervento per risolvere il caso della baronessa Cordopatri: ci siamo trattenuti fino ad ora tarda ed ancora oggi mi sono interessata per cercare di contattare il ministro delle finanze, il quale però non è disponibile a causa della concomitante riunione del Consiglio dei ministri per l'esame della legge finanziaria. Mi pare quindi che la Commissione abbia assolto ampiamente al suo compito, come avrete modo di rilevare dal resoconto stenografico. Mi pare anche che sia un po' ingiusto rinfacciare alla Commissione di avere operato perché questo caso venisse alla luce. Per venire alla luce occorre che le persone siano investite ... ANTONIO BARGONE. Presidente, nessuno sta rinfacciando niente! Non si può lavorare così in questa Commissione! Io ho sollevato un problema regolamentare; che c'entra "rinfacciare"! Poi lei, presidente, sta parlando a nome della Commissione. Anch'io "sono" la Commissione; lei sta parlando a nome dell'ufficio di presidenza ... PRESIDENTE. Che era stato delegato dalla Commissione, mi pare all'unanimità. Non solo; era allargato ad altri commissari, tant'è che a Reggio Calabria erano presenti anche altri membri della Commissione. GIUSEPPE ARLACCHI. Penso che vi siano due problemi. Il primo è quello della differenza tra "sopralluogo" e "audizione"; questa differenza non era a me chiara, ma non penso costituisca un grande problema stabilirla adesso come regola di azione della Commissione stessa. La differenza tra "sopralluogo" ed "audizione" non mi sembra grandissima: consiste nel fatto che un sopralluogo è una serie di incontri informali, nel senso che non vengono registrati e stenografati, con autorità locali. L'audizione è un sopralluogo nel quale tutti gli incontri sono stenografati e poi resi pubblici o segretati a seconda delle decisioni dell'ufficio di presidenza. E' una distinzione di carattere formale che è bene non annullare, non sottovalutare, ma che non è stata assunta con chiarezza dalla Commissione. Tutti i membri della Commissione erano qui e si è stabilito che una parte, in questo caso l'ufficio di presidenza, rappresentasse la Commissione stessa nel viaggio a Reggio Calabria. A dire la verità credo che questa distinzione sia sfuggita a me come ai più. Visto che vi è un atteggiamento costruttivo, penso che il problema possa essere tranquillamente superato stabilendo d'ora in poi di volta in volta se si tratti di un sopralluogo, a carattere informale e senza registrazione, o di audizioni. La Commissione può anche delegare - questo è importante, Bargone - l'ufficio di presidenza o una parte di se stessa, che sia rappresentativa, a fare qualcosa; altrimenti può crearsi un ostacolo non da poco di carattere pratico, se tutta la Commissione ogni volta deve compiere l'audizione. E' importante che non venga interpretato in questo modo; altrimenti, ripeto, diventa un ostacolo al lavoro della Commissione. Penso che il problema possa essere così superato; di volta in volta deve essere ben chiaro ai membri della Commissione che cosa si sta delegando, i limiti della delega e se si tratta di audizione o sopralluogo. LUIGI RAMPONI. Apprezzo sempre il fair play; lei, collega, ha detto bene, è cooperativo ed io voglio rimanere in questo campo. Mi preoccupa un po' il discorso della lealtà; spero che lei non pensi che vi sia stato un tentativo, un'astuzia, per carità. Voglio solo farle presente, ribadendo e chiarendo quanto è stato detto, che in un primo tempo si decise di non andare a sentire la baronessa e di chiedere alle autorità Pagina 162 competenti di risolvere i problemi e di comunicarci come si erano regolate nei confronti dei problemi che angustiano la baronessa. In un secondo tempo nell'ufficio di presidenza si è deciso di ascoltare la baronessa. Non riesco a capire: la differenza starebbe nell'effettuare o meno la registrazione. Ieri siamo andati e abbiamo detto che desideravamo sentire le autorità interessate al discorso. Come le avremmo dovute sentire? Invitandole ad entrare ed a parlare; oppure, non so, in un angoletto ... Non riesco a capire. Se la differenza vera tra sopralluogo e audizione è quella per cui si va ad ascoltare qualcuno o a chiedergli conto di qualcosa, su mandato della Commissione, ma in un caso non si fa la registrazione e nel secondo la si fa, non riesco a capire quale sia questa differenza: comunque in Commissione o il testo registrato o il rapporto fatto sulla base di appunti presi da chi ha ascoltato può essere sempre dibattuto. Non riesco ad afferrare quale sia stato l'errore che avremmo compiuto essendo andati a Reggio Calabria e avendo detto ai signori (che avevamo mandato di ascoltare) di dirci che cosa sapessero della questione. ANTONIO BARGONE. La differenza è sostanziale. In incontri di tipo informale chi parla non si assume la responsabilità di quello che dice. LUIGI RAMPONI. Non era informale. ANTONIO BARGONE. Quando si fa un sopralluogo e si raccolgono informazioni soltanto per avere un chiarimento sulla situazione, che serve alla Commissione per intervenire, chi viene ascoltato in maniera informale non si assume la responsabilità di ciò che dice; fornisce, dunque, informazioni in maniera informale. Le audizioni ... LUIGI RAMPONI. Scusi, si sente il prefetto, il questore, il comandante dei carabinieri, in maniera informale? ANTONIO BARGONE. Certo. LUIGI RAMPONI. Che cosa si va a fare in maniera informale? E' un sopralluogo. ANTONIO BARGONE. Scusate, voi potete anche ridere, ma vent'anni di Commissioni antimafia testimoniano di questa differenza sostanziale. Audizione significa fare domande che presuppongono la responsabilità di chi risponde; queste domande può farle solo la Commissione, che delega qualcuno. Se non si è delegati non si possono fare domande al prefetto o al questore, perché si potrebbero anche fare domande che esulano dagli obiettivi della Commissione. LUIGI RAMPONI. Questo è un altro aspetto. ANTONIO BARGONE. No, questo è l'aspetto ... LUIGI RAMPONI. Rimaniamo sull'aspetto del nostro mandato; voglio chiarire: siamo andati ... ANTONIO BARGONE. Lei ha detto che il mandato è stato dato dall'ufficio di presidenza ... LUIGI RAMPONI. No, dalla Commissione. ANTONIO BARGONE. Io non lo ricordavo, ma lei ha fatto una ricostruzione di questo tipo: la Commissione aveva deciso di non sentire la baronessa, poi l'ufficio di presidenza ha stabilito di sentirla. Non vi è, dunque, il mandato, che è stato dato dall'ufficio di presidenza. PRESIDENTE. L'aveva dato la Commissione. Comunque, prendiamo atto e per il futuro saremo più chiari. ANTONIO BARGONE. La questione è importante, perché non si tratterà soltanto di andare a Reggio Calabria per la baronessa Cordopatri, ma di fare anche altro. La Commissione non si deve trovare nelle condizioni di leggere verbali di un certo tipo. Pagina 163 PRESIDENTE. E' stato fatto proprio per rendere la Commissione il più possibile edotta di quanto è accaduto ed eventualmente dare suggerimenti in merito a cosa fare. ANTONIO BARGONE. La drammatizzazione del problema non serve a risolverlo. Mi sembrava che l'onorevole Arlacchi avesse dato una risposta di buon senso, che accontentava tutti. Se drammatizziamo la questione non ne usciamo più, perché ognuno rimane sulle proprie posizioni da questo punto di vista. Volevo soltanto dare un contributo che servisse per il futuro, per regolarci... PRESIDENTE. Ci regoleremo meglio. ANTONIO BARGONE. ...anche sul mandato che deve dare la Commissione alle delegazioni. E' una cosa importantissima, non di poco conto. Ad esempio adesso che vi sono state le audizioni la relazione è obbligatoria; non si può chiedere alla Commissione se la si debba predisporre. La relazione deve essere approntata perché occorre capire che cosa sia successo. PRESIDENTE. Certamente. L'onorevole Scozzari ha chiesto di fare una comunicazione. GIUSEPPE SCOZZARI. Intendo portare a conoscenza della Commissione un fatto estremamente grave; all'inizio della seduta ho chiesto al presidente di essere autorizzato ad esporlo in maniera velocissima. Si tratta di ciò che sta succedendo in provincia di Agrigento (poco fa con il capo della polizia lo abbiamo accennato): purtroppo in questi mesi si sta susseguendo una serie di omicidi nei confronti di imprenditori. Non sto a specificare se gli imprenditori siano vittime del racket o se siano persone che in un certo senso condividono i rischi di un sistema alquanto pericoloso. Infatti la vicenda è sotto il vaglio dell'autorità giudiziaria e quindi non ho notizie precise. In questa sede intendo rappresentare il clima estremamente pesante che si sta vivendo nella provincia di Agrigento. Alcuni mesi fa un imprenditore, Bennici, è stato ucciso nella sua cava a Licata; tre mesi fa è stato ucciso il fratello di Calogero Panepinto; in questi giorni, nello stesso luogo, con gli stessi mezzi e tecniche è stato ucciso l'altro fratello del Panepinto: due fratelli sono stati uccisi a distanza di tre mesi nello stesso posto. Purtroppo è deceduto anche un operaio, Francesco Maniscalco, ed è stato ferito gravemente il figlio Davide del Panepinto. Ciò che voglio dire è che in questa provincia la guerra di mafia sta assumendo toni estremamente pesanti. Che si tratti di mafia lo dimostra anche il fatto che prima indagava la procura della Repubblica di Agrigento mentre ora le indagini sono state avocate dalla direzione distrettuale antimafia di Palermo, che si sta appunto occupando di tali delitti. Oltre a portare la Commissione a conoscenza di questi fatti - poiché ritengo sia opportuno che prenda atto della situazione estremamente grave in cui versa quel territorio - intendo informarla di un altro avvenimento. Venerdì 30 settembre nella città di Bivona in provincia di Agrigento si terrà una manifestazione per i fatti estremamente gravi che si sono verificati. Tale manifestazione è stata preceduta da un durissimo documento unitario dei sindacati nel quale si parla chiaramente di attentato ai diritti fondamentali costituzionalmente previsti: il diritto alla libertà economica, al lavoro e naturalmente alla vita. I sindaci dei quattro comuni della zona (Bivona, Alessandria, Cianciana e mi sembra Cammarata o San Giovanni) mi hanno interpellato chiedendomi di essere loro tramite presso la Commissione per rivolgere al presidente, all'ufficio di presidenza e a tutti i commissari disponibili l'invito a partecipare alla manifestazione alla quale io sarò presente tutto il giorno. So che venerdì mattina sono previste delle audizioni. Nel pomeriggio, alle 16,30 circa, i quattro consigli comunali si riuniranno unitariamente alla presenza anche del vescovo, monsignor Ferraro, che ha colto la drammaticità della situazione e degli episodi delittuosi, tanto da partecipare personalmente Pagina 164 alle manifestazioni della giornata nonché alla fiaccolata che si terrà la sera di venerdì 30. Ho ricevuto tale mandato e rappresento la questione alla Commissione, chiedendo la massima partecipazione possibile nonché un'iniziativa volta a sollecitare gli organi che hanno l'onere e il dovere di controllare il territorio. Si tratta di un territorio espropriato; lo dimostra il fatto che la mattina si uccidono un imprenditore e un operaio e il pomeriggio tranquillamente alcuni malviventi rubano un'automobile e compiono una rapina in un tabaccaio della stessa città. Ciò significa che ormai in quella zona non esistono più regole. Mi auguro che la Commissione voglia essere presente non solo inviando parole di solidarietà e di attenzione nei confronti di quella provincia, in cui lo Stato purtroppo ha difficoltà ad agire, ma anche con una presenza concreta. Grazie. PRESIDENTE. Ricordo ai colleghi che domani la prima audizione è prevista alle ore 17,30 e che alle 15 è convocato l'ufficio di presidenza. La seduta termina alle 20,15.