Pagina 253 PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TIZIANA PARENTI INDICE Pag. Audizione del generale Luigi Federici, comandante generale dell'Arma dei carabinieri: Parenti Tiziana, Presidente .................... 255, 263 264, 265, 276 Arlacchi Giuseppe .................................... 267 Campus Gianvittorio .................................. 266 Cusimano Vito ........................................ 264 Del Prete Antonio ............................... 271, 272 Di Bella Saverio ........................... 274, 275, 276 Federici Luigi, Comandante generale dell'Arma dei carabinieri ............................. 255, 265, 267, 270 270, 271, 272, 273, 275 Meduri Renato ........................................ 269 Scopelliti Francesca ............................ 264, 272 Tripodi Girolamo ...................... 263, 264, 269, 275 Pagina 254 Pagina 255 La seduta comincia alle 9,30. (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente). Audizione del generale Luigi Federici, comandante generale dell'Arma dei carabinieri. PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del generale di corpo d'armata Luigi Federici, comandante generale dell'Arma dei carabinieri, che avrà ad oggetto lo stato attuale della lotta alla criminalità organizzata ed il coordinamento delle strutture a ciò preposte. Do senz'altro la parola al generale Federici. LUIGI FEDERICI, Comandante generale dell'Arma dei carabinieri. Desidero anzitutto porgere a lei, signor presidente, ed ai signori parlamentari membri della Commissione il mio saluto deferente e sentito, che è anche il saluto dell'Arma dei carabinieri, lieto di poter esporre in questa sede una valutazione realistica delle potenzialità e dei problemi dell'Arma nella lotta alla mafia. Eviterò di citare, per esigenze di sinteticità, una serie di riferimenti numerici, che comunque sono riportati in allegato alla relazione che lascerò agli atti della Commissione. Farò subito un rapidissimo cenno alla situazione dell'ordine e della sicurezza pubblica. Non mi soffermo su una valutazione generale della questione perché l'argomento è sicuramente già stato ampiamente trattato da chi è stato ascoltato prima di me in questa sede. Mi limito soltanto a sottolineare ed a ribadire che negli anni 1992 e 1993 e, in modo più accelerato, nel primo semestre del 1994 il quadro della sicurezza pubblica è stato caratterizzato da una generale contrazione della delittuosità in tutte le sue espressioni, compresi i delitti più gravi tipici della criminalità organizzata. In particolare, nel primo semestre del 1994 la delittuosità è decresciuta mediamente del 3,6 per cento. Analogo andamento hanno fatto registrare i delitti più gravi, ad eccezione - ed è l'unica - delle estorsioni, che hanno subito un incremento dell'8 per cento. Per queste ultime va peraltro rilevato che l'incremento del fenomeno può essere inquadrato anche in un progressivo affrancamento delle vittime dalla forza intimidatrice delle organizzazioni criminali e nella ritrovata fiducia sulla prontezza ed efficacia degli interventi repressivi e di sostegno. In materia - come poi ribadirò al termine del mio intervento - considero tuttavia importante, direi determinante, una rapida approvazione del disegno di legge sull'usura, che potrà contribuire in maniera assai incisiva a controllare ed a contrarre questo pericoloso fenomeno. Dedicherò ora un cenno alla situazione della criminalità organizzata. Come è certamente noto a tutti voi, anche sulla base delle relazioni svolte dalle autorità che sono state ascoltate prima di me da questa Commissione, i sodalizi di tipo mafioso vivono un momento di grande fluidità. Essi, infatti, dopo i duri colpi subiti, debbono rivedere le proprie scelte strategiche e tattiche nonché le strutture organizzative interne, condizionati, come sono, dalla impossibilità per i personaggi di vertice delle consorterie criminali di stabilire un raccordo con l'esterno. Ciò in considerazione del fatto che tali elementi sono detenuti e sottoposti al peculiare regime carcerario previsto dall'articolo 41-bis della normativa sull'ordinamento carcerario ed anche Pagina 256 per effetto della legislazione sui collaboratori di giustizia. Le forze di polizia - e l'Arma dei carabinieri in particolare, che per la capillare diffusione sul territorio rappresenta un sensore particolarmente efficace - stanno, da un lato, perseguendo con grande determinazione lo sfruttamento dei successi raggiunti, attraverso una sempre più incisiva azione investigativa finalizzata ad impedire alle consorterie criminali profondamente ferite di riorganizzarsi e, dall'altro, tendendo a localizzare i grandi latitanti (ricordo che si tratta di 29 elementi) ossia i soggetti più pericolosi che, dopo l'arresto dei clan storici, ne hanno preso il posto collocandosi nelle posizioni apicali dei vari sodalizi, nel cui ambito stanno consolidando la loro leadership. L'Arma dei carabinieri è consapevole che il continuo, risoluto impegno che si va ponendo nella lotta alla criminalità non è mai abbastanza sufficiente: dovrà quindi essere sempre più incisivo e determinato e non dovremo mai considerarci soddisfatti degli obiettivi raggiunti, nella certezza che la criminalità costituisce oggi l'obiettivo principe tra i problemi della nazione. Né è da escludere che nel corso del processo di revisione interno nell'ambito della struttura mafiosa possa manifestarsi una ripresa della politica stragista, anche in concomitanza con i grandi processi alla mafia in corso di svolgimento. Nel tentativo di rappresentarvi le potenzialità ed i limiti dell'Arma dei carabinieri, cercherò ora di disegnare un panorama sulla situazione di quest'ultima. L'Arma dei carabinieri dispone oggi di 115 mila uomini, di cui 2.500 ufficiali, 27.500 sottufficiali, 85 mila appuntati e carabinieri. Come è noto, lo strumento destinato al contrasto del crimine organizzato nell'ambito dell'Arma opera attraverso due filoni distinti: l'Arma territoriale ed i reparti speciali. Il filone dell'Arma territoriale è articolato in cinque comandi di divisione: la divisione Vittorio Veneto, con sede a Padova, è responsabile con riferimento alle regioni Trentino-Alto Adige, Veneto, Friuli-Venezia Giulia ed Emilia Romagna; la divisione Pastrengo, con sede a Milano, è competente sul Piemonte, sulla Valle d'Aosta, sulla Lombardia e sulla Liguria; la divisione di Roma, denominata Podgora, è responsabile delle regioni Lazio, Toscana, Umbria, Marche e Sardegna; la divisione Ogaden, con sede a Napoli, è responsabile per la Campania, l'Abruzzo, il Molise e, oggi, per la Basilicata e la Puglia; infine, la divisione Culquaber, quella che ci sta più a cuore, è competente sulle regioni Calabria e Sicilia. Inoltre, la componente territoriale comprende 18 comandi di regione, affiancati alle regioni amministrative, 95 comandi provinciali, anch'essi affiancati alle province amministrative, 516 comandi di compagnia e 4.664 stazioni dei carabinieri, affiancate alle amministrazioni comunali. La componente territoriale dell'Arma dei carabinieri assorbe, grosso modo, l'80 per cento del personale in servizio, cioè circa 86 mila uomini. Il secondo filone di contrasto è rappresentato dai reparti cosiddetti speciali, cioè caratterizzati da un elevato indice di specializzazione, quali i comandi carabinieri tutela patrimonio artistico, antisofisticazione e sanità, tutela norme comunitarie ed agroalimentari nonché i nuclei operativo ecologico ed antifalsificazione monetaria. Nel contesto dei reparti speciali merita un cenno particolare il raggruppamento operativo speciale, meglio noto come ROS, che opera a livello nazionale e che costituisce il collante o, meglio, il raccordo operativo delle attività investigative di maggiore rilievo avviate a livello locale. Il raggruppamento, che rappresenta il "fiore all'occhiello" dell'Arma dei carabinieri, comprende 900 unità - si tratta di 900 investigatori molto qualificati - ed è articolato in 26 sezioni anticrimine distribuite su tutto il territorio nazionale, in aderenza all'ubicazione delle procure distrettuali antimafia; costituisce servizio centrale ed interprovinciale di polizia giudiziaria; opera in Italia ed all'estero; collabora con la direzione investigativa antimafia e con i corrispondenti servizi centrali della Polizia di Stato e della Guardia di finanza; è stato recentemente potenziato attraverso la costituzione della sezione "criminalità Pagina 257 economica ed informatica" che potrà incidere in uno dei settori più emergenti delle attività criminali. L'intensificazione della vigilanza e del controllo sul territorio è comunque l'obiettivo primario dell'istituzione e ad esso vengono dedicati tutti gli sforzi possibili dell'Arma dei carabinieri. Del resto, quanto sia importante il controllo fisico del territorio - mi sia consentita una battuta - lo sa bene la 'ndrangheta che, per controllare fisicamente il territorio, ha inventato l'idea originale delle 2 mila "vacche sacre" che pascolano tranquillamente nei pressi di Platì, proprio per sottolineare che il dominio fisico del territorio è un'espressione del potere. Proprio a tale scopo, sono state assunte tutte le iniziative praticabili per recuperare personale dalle attività burocratiche e logistiche, a favore delle esigenze di controllo del territorio. In particolare, abbiamo recuperato circa 250 militari da attività assistenziali e di benessere che inizialmente, nell'Arma dei carabinieri, venivano affidate a militari ed oggi sono state devolute a strutture civili. Come loro sanno, nel quadro della nuova struttura di comando dell'Arma dei carabinieri sono stati soppressi i comandi di brigata e di legione, nell'ambito del nuovo modello ordinativo adottato a partire dal 1991, provvedimento che ha consentito il recupero di altri 200 militari circa da incarichi prettamente burocratici. E' proseguita, proprio in questo contesto, la politica del raffittimento del reticolo dei comandi sul territorio attraverso l'istituzione, negli anni 1993 e 1994, di sei comandi di compagnia e di ventidue stazioni dei carabinieri, soprattutto nelle regioni a maggiore rischio - mi riferisco all'Italia meridionale -, mentre altri ottanta comandi territoriali, ai vari livelli, sono in progetto di costituzione nell'anno in corso o nel prossimo anno. E' stata istituita (e questo è un fatto molto importante, sotto il profilo della presenza dello Stato) la Scuola allievi carabinieri a Reggio Calabria, che verrà inaugurata e diverrà operativa il prossimo mese di novembre, con la presenza di 600 allievi carabinieri. Sono stati costituiti, come loro sanno, gli squadroni Cacciatori di Calabria e di Sardegna, per rendere più incisivo il controllo delle zone impervie attraverso l'impiego di unità eliportate. E' stato impiegato periodicamente, sempre con maggiore intensità - anche quest'estate, è rientrato da pochi giorni -, il reggimento carabinieri a cavallo nelle zone più difficilmente percorribili, come in Aspromonte. Sono state infine ampliate le dotazioni di personale e di mezzi delle stazioni e degli organi investigativi delle compagnie e dei comandi provinciali. Particolare attenzione, inoltre, è stata posta (soprattutto nelle regioni a maggiore rischio, mi riferisco specialmente alla Sicilia ed alla Calabria) al problema delle lunghe permanenze, che era stato sottoposto alla mia attenzione anche da alcuni onorevoli parlamentari membri di questa Commissione. E' un problema, come loro ben comprendono, di non facile soluzione, perché collegato con gli interessi familiari del personale. Tuttavia, solo nei primi sette mesi del 1994 e nelle sole regioni Sicilia e Calabria, sono stati movimentati, rispettivamente, 381 sottufficiali in Sicilia e 182 in Calabria; 934 appuntati e carabinieri in Sicilia e 754 in Calabria. Nonostante questo impegno, siamo tuttavia consapevoli del fatto che le forze disponibili non consentono di far fronte a tutte le istanze di sicurezza della gente, che chiede nuovi presidi dell'Arma a garanzia della convivenza civile e democratica della comunità. Proprio domenica scorsa ho avuto modo di presenziare ad una cerimonia a San Luca, in Calabria, per dedicare una piazza ed una stele ad un brigadiere dei carabinieri caduto qualche anno fa per mano della mafia. In quell'occasione sono stato avvicinato da tutti gli amministratori locali, i quali chiedevano il rinforzo delle stazioni dei carabinieri esistenti o la costituzione di stazioni nuove: questo ci fa molto piacere, anche se abbiamo molte difficoltà ad esaudire le richieste. Posso dire che solo nei primi sei o sette mesi del 1994 sono pervenute al Comando generale circa 200 richieste di istituzione di nuovi presidi e di potenziamento di quelli esistenti. A questo punto mi sembra doveroso sottoporre alla loro attenzione alcuni problemi Pagina 258 che, a mio parere, devono essere affrontati per rendere ancora più incisiva l'azione di contrasto in atto. L'attività di contrasto dell'Arma è oggi fortemente condizionata da impegni complementari rispetto ai compiti istituzionali, che diuturnamente assorbono una grande quantità di personale, sottratto all'attività investigativa ed al controllo del territorio. Tra questi, è assolutamente necessario citare i servizi di scorta e quelli di traduzione. Per quanto riguarda i primi, nonostante una continua ed attenta opera di revisione da parte dei comitati provinciali e del Comitato nazionale per l'ordine e la sicurezza pubblica, l'Arma è chiamata ad effettuare un notevole numero di scorte (che, ricordo, prevedono l'impiego minimo di dodici militari per i servizi di scorta e di tre militari per quelli di tutela) ed è impegnata altresì con vigilanze fisse a varie personalità politiche, della magistratura o, comunque, a rischio. E' chiaro che tali servizi incidono profondamente sul controllo del territorio perché sottraggono in media, quotidianamente, 1.900 unità, solo dei carabinieri. In proposito, mi sembra doveroso sottolineare in questa sede, anche per lealtà nei confronti della Commissione, che le scorte non sempre sono dovute ad una reale situazione di pericolo, ma spesso sono piuttosto collegate ad un'ipotetica minaccia connessa alla carica o all'attività svolta dalla personalità da proteggere. Allo scopo di coniugare con equilibrio le esigenze di sicurezza del personale cosiddetto "a rischio" con quelle operative, debbo dire che il ministro dell'interno, in sede di Comitato nazionale per l'ordine e la sicurezza pubblica, sta procedendo ad una revisione critica di tutti i servizi di protezione, per ridurre, in particolar modo, le attività di scorta - e, secondo me, questo è il problema dei problemi -, da trasformare in larga misura in tutela (ciò significa recuperare almeno dieci uomini), al fine di ottenere il massimo recupero di personale. In quest'opera di recupero abbiamo bisogno anche del supporto del Parlamento. Un secondo onere, pesantissimo, che ricade sull'Arma dei carabinieri è costituito, come ho accennato, dalle traduzioni. Esse, come è noto, trovano la loro più recente disciplina nell'articolo 4 della legge n. 395 del 1990, che ne ha attribuito la responsabilità, come loro sanno, alla polizia penitenziaria, unitamente ai compiti di piantonamento dei detenuti nei luoghi di cura: in realtà, al momento, l'onere delle traduzioni da e per le aule giudiziarie, nonché tra gli istituti di reclusione e pena, è rimasto all'Arma ed è prevista la sua cessione alla polizia penitenziaria a partire dal 1^ gennaio 1996. Questo servizio, che ha subito negli ultimi anni una vera e propria impennata, è passato da un impegno di circa 1.900 carabinieri al giorno nel 1991 a quello attuale di circa 2.600 carabinieri al giorno. Indubbiamente, tale impegno ha ridotto in misura considerevole l'operatività dei reparti; inoltre, essendo spesso disposto, per le più varie ragioni, con un preavviso assai limitato, scompagina e mette in grave crisi servizi già programmati. Mi è capitato, per esempio, di arrivare all'improvviso al comando provinciale di Reggio Calabria e di veder raccogliere, alle otto del mattino, circa 300 persone, provenienti dalle stazioni più lontane e disparate, le quali dovevano soddisfare improvvisamente esigenze di traduzioni (ciò avviene all'improvviso anche per motivi di sicurezza). Il comando generale ha più volte rappresentato, nelle opportune sedi e in particolare presso il Ministero di grazia e giustizia, la circostanza che la data di cessione di questa attività - 1^ gennaio 1996 - è assolutamente indifferibile. A questo proposito voglio riferire alla Commissione che sono in corso accordi, proprio con il citato dicastero, per qualificare per tempo il personale della polizia penitenziaria che verrà preposto a questo delicato settore. Sarebbe infine opportuno - e mi permetto di richiamare l'attenzione dei membri di questa Commissione su tale problema - che si rivedessero le disposizioni in materia di traduzione dei detenuti agli arresti domiciliari, così da permettere a costoro di recarsi senza scorta presso le aule e gli uffici giudiziari. Dall'altro lato, occorrerebbe prevedere che i magistrati, per la verità assai sensibili ai problemi di Pagina 259 potenziamento dell'attività investigativa, privilegiassero l'esame dei testi e degli indagati detenuti presso le apposite sale all'interno degli istituti di prevenzione e pena. Tale ultimo accorgimento coniugherebbe in modo equilibrato il minore rischio di evasioni con un ridotto numero di traduzioni, così da ottenere, quale effetto speculare, un incremento dei militari destinati all'attività investigativa e al controllo del territorio. A fronte di questa situazione e in genere delle dilatate esigenze operative, dobbiamo dire che la forza dell'Arma è inadeguata agli impegni che abbiamo di fronte, anche perché gli incrementi che l'Arma ha avuto negli ultimi anni sono stati in larga misura vanificati da contrazioni di fatto determinate dalla riduzione dell'orario di servizio settimanale (come loro sanno, un carabiniere è impegnato sei ore e venti minuti al giorno), dall'abolizione del turno unico di ventiquattr'ore per il servizio alle caserme e infine da limitazioni alle prestazioni straordinarie. A questo proposito mi sia consentita una digressione. Spesso sento - ed è giusto che sia così, e mi fa anche piacere - che cittadini lamentano che alcune stazioni dei carabinieri sono chiuse dopo le 20. Mi fa piacere dire che le stazioni dei carabinieri sono articolate oggi in tre fasce: stazioni della prima fascia, meno impegnate; stazioni della seconda fascia, più impegnate; stazioni della terza fascia, impegnatissime. Quelle della prima fascia normalmente funzionano dalle 8 alle 14 e dalle 16,30 alle 20, quelle della seconda fascia lavorano quattordici ore al giorno, quelle della terza fascia sono aperte ventiquattro ore su ventiquattro. Per dare loro un'idea di come sono distribuite queste stazioni dei carabinieri, osservo che il 50 per cento delle stazioni dei carabinieri fanno parte della prima fascia, il 25 per cento della seconda e il 25 per cento della terza. Allora qualcuno legittimamente si chiede: come mai il 75 per cento delle stazioni dei carabinieri non lavora ventiquattr'ore al giorno? E' presto detto. Le stazioni dei carabinieri della prima fascia dispongono mediamente di un sottufficiale e cinque carabinieri. Invece, solo per tenere sempre aperta una stazione dei carabinieri, avremmo bisogno di quattro carabinieri al giorno (sei per quattro fa ventiquattro). Ci troveremmo allora di fronte ad un dilemma: o ci limitiamo a tenere aperta la stazione e non svolgiamo i servizi esterni di controllo del territorio, che sono il motivo della nostra esistenza, oppure chiudiamo la stazione per un determinato numero di ore privilegiando i servizi di controllo del territorio. A questo va aggiunto un altro fenomeno che si è verificato negli ultimi tempi, che rappresenta un sovraccarico di lavoro per le stazioni dei carabinieri e che voglio sottolineare in questa sede: l'impegno delle notificazioni giudiziarie. In passato le notificazioni venivano fatte dai messi giudiziari o per posta; adesso, in relazione alle ultime disposizioni del codice, sono deputate ad assolvere a questo compito le stazioni dei carabinieri, naturalmente sottraendo tempo prezioso al controllo del territorio. Noi non subiamo passivamente questa situazione, ma siamo intervenuti in diversi modi, sotto il profilo tecnico e sotto quello operativo. Sotto il profilo tecnico attraverso due provvedimenti. Il primo è quello della deviazione automatica di chiamata. Se un cittadino chiama la stazione dei carabinieri in un momento in cui la stazione è chiusa, la chiamata viene deviata automaticamente sulla centrale operativa della compagnia, che funziona ventiquattr'ore al giorno. Il secondo provvedimento è quello che prevede l'istituzione, presso ciascun comando provinciale, di un sistema di radiolocalizzazione, talché il comandante provinciale ha di fronte a sé una mappa del territorio di competenza su cui compaiono diverse lampadine, alcune delle quali sono fisse, che rappresentano le stazioni e le compagnie, ed alcune delle quali sono mobili, che sono le più importanti e rappresentano le radiomobili. Qualora ad una centrale operativa di un comando provinciale arrivi una richiesta di intervento, il comandante provinciale guarda la lampadina più vicina alla zona in cui è necessario intervenire ed è in condizione di Pagina 260 fare intervenire la radiomobile il più tempestivamente possibile. Questi sono i due provvedimenti tecnici ai quali si aggiunge un provvedimento operativo, che consiste nel fatto che noi nutriamo la speranza di recuperare uomini dalle scorte e dalle traduzioni per destinarli esclusivamente alle stazioni dei carabinieri, che sono state, sono e saranno la spina dorsale dell'Arma. I programmi organici dell'Arma dei carabinieri, già impostati, mirano essenzialmente a costituire, come ho già detto, nuovi presidi (ho parlato di 80 presidi): 8 comandi provinciali negli altrettanti centri in cui sono previste le nuove province amministrative, 23 comandi di compagnia e 49 stazioni. Mirano, ripeto, ad assicurare l'apertura ventiquattr'ore al giorno di tutte le stazioni dei carabinieri o comunque almeno del 50 per cento; tendono ad incrementare le capacità operative dell'Arma dei carabinieri nei comparti di specializzazione individuati dal decreto del ministro dell'interno del 12 febbraio 1992 (sanità, ambiente, beni culturali, lavoro, risorse agricole, alimentari e forestali, Banca d'Italia, Ministero degli affari esteri); infine, mirano a fronteggiare le continue richieste di potenziamento che arrivano dalle autorità e dalla popolazione. Questi obiettivi irrinunciabili rischiano però di rimanere inevasi per carenza di personale. L'obiettivo prioritario del comando generale è quindi quello di procedere in primis a recuperi di personale, oltre che dalle scorte e dalle traduzioni, in un settore particolare che non dovrebbe dare un gran gettito ma comunque dovrebbe consentire un recupero di circa 800 persone: mi riferisco al settore della polizia di frontiera, che costituisce comparto di specializzazione della Polizia di Stato. Un certo recupero potrebbe essere effettuato anche nel settore della polizia militare, che è il settore della polizia che sostiene le forze armate, in relazione al previsto riordino delle forze armate nel quadro del nuovo modello di difesa. Per dare un'idea, specifico che nel settore della polizia militare l'Arma dei carabinieri impegna 2.700 uomini. Il secondo obiettivo è quello di ottenere un incremento organico adeguato che consenta - come ho già detto - l'apertura continuata al pubblico delle stazioni dei carabinieri, a cominciare da quelle dislocate in località più sensibili. L'esigenza di incremento organico, già quantificato in circa 10 mila unità, è attualmente al vaglio del Ministero dell'interno, che si è fatto promotore di questa iniziativa, in un quadro unitario con le altre forze di polizia. Ed ora un cenno all'azione di contrasto svolta dall'Arma dei carabinieri. Pur con le difficoltà appena riferite, l'Arma dei carabinieri ha svolto e svolge un'attenta azione di contrasto, come testimoniano, senza alcun trionfalismo, i risultati che hanno connotato la sua attività. Nei primi otto mesi dell'anno in corso, durante servizi preventivi e repressivi sono stati sostenuti 39 conflitti a fuoco con malviventi, nei quali sono caduti - e mi sembra doveroso ricordarlo in questa sede - gli appuntati Garofalo e Fava, trucidati in Calabria il 18 gennaio, e l'appuntato Lampis, caduto durante un servizio di polizia giudiziaria in Sardegna il 21 aprile scorso. Sono stati feriti altri 13 carabinieri. Va inoltre rilevato che a fronte del calo generale della delittuosità, cui ho accennato all'inizio della mia relazione, si è registrato un ulteriore incremento nel numero delle persone arrestate (33 mila nel primo semestre del 1994 a fronte dei 29 mila dello stesso periodo del 1993) e del numero delle persone denunciate a piede libero (207 mila nel 1994 a fronte di 198 mila nel 1993). In sintesi - e questo è importante - nel solo primo semestre dell'anno in corso sono stati inferti significativi colpi a venticinque clan camorristici campani e ad un sodalizio pugliese, a ventitré cosche calabresi e a diciassette famiglie siciliane, cui devono aggiungersi le centinaia di informative di reato che sono ancora al vaglio dell'amministrazione giudiziaria. Qui mi sia consentito un inciso, un po' lungo, ma che voglio fare. Vale la pena di ricordare che l'attività di contrasto non è stata limitata alle regioni a rischio (che, come loro sanno, sono la Sicilia, la Calabria, Pagina 261 la Sardegna, la Puglia e la Campania) ma è stata estesa anche alle ramificazioni delle associazioni mafiose in altre regioni e all'estero. Su queste desidero soffermare un momento la mia attenzione, anche perché l'evoluzione della criminalità in queste zone è forse meno nota. Infatti, fuori dalle regioni d'origine delle principali strutture mafiose (l'ho riportato in allegato), si può parlare di una vera e propria mafia trasversale come un fenomeno originale, in quanto si assiste spesso ad una collaborazione fra diverse organizzazioni o addirittura tra sodalizi che nell'area di provenienza da anni sono in conflitto fra loro. Nell'Italia settentrionale questi sodalizi, che in altre aree confliggono, hanno trovato una convivenza pacifica, coordinata, armonizzata e operativa fra loro. L'interesse di mafia, 'ndrangheta, camorra e Sacra corona unita in tali territori è prevalentemente legato alla necessità di riciclare i proventi illeciti, con investimenti altamente redditizi, in zone turistiche e industriali, mediante l'acquisizione tra l'altro di importanti società che mi consentirete di chiamare "in fase di decozione". In particolare, in Veneto la sentenza conclusiva di primo grado pronunciata proprio nel luglio di quest'anno dalla corte d'assise di Venezia costituisce il primo riconoscimento giuridico ufficiale della connotazione mafiosa della cosiddetta mala del Brenta, nata dalla pregressa presenza in zona di sorvegliati speciali siciliani. In Lombardia, operano in prevalenza soggetti collegati con famiglie sia mafiose sia della 'ndrangheta, le quali, ben divise e tra loro amalgamate, hanno costruito nel tempo veri e propri imperi economici, supportati da società finanziarie con capitali sociali estremamente elevati. In Piemonte, soprattutto in provincia di Torino, operano gruppi appartenenti sia alla 'ndrangheta sia a Cosa nostra. In Liguria, si avvertono sempre con maggiore frequenza sintomi di infiltrazioni di tipo mafioso, che assumono caratteri di particolare rilevanza a Genova, nella provincia di Savona, nei comuni di Sanremo e Ventimiglia, nonché in generale nella provincia di Imperia, dove le infiltrazioni sono in questo momento in fase di accentuazione. In Emilia Romagna, le varie forme di criminalità operanti hanno manifestato due strutture non sempre distinte. Una prima, definita tradizionale, opera in tutta la regione con collegamenti nazionali ed internazionali, e si occupa di grande traffico di stupefacenti, di armi, di esplosivi, di estorsioni, di prostituzione, di gioco d'azzardo, di usura e di attività imprenditoriali di notevole spessore. Questa criminalità tradizionale, nata con l'invio nella regione di soggiornanti obbligati, rifugge dai reati che possono polarizzare l'attenzione delle forze dell'ordine e preferisce riciclare proventi illeciti attraverso attività imprenditoriali. Una seconda struttura criminale che opera in Emilia, più recente, può essere definita urbana: oltre a compiere azioni delittuose, non trascura aspetti razzisti e di violenza per affermare la sua supremazia; agisce nel capoluogo e lungo tutta la riviera romagnola. La Toscana è una regione che costituisce sempre più un terreno fertile per le organizzazioni criminose che intendano ampliare la loro sfera d'influenza e riciclare capitali illeciti. Secondo le rivelazioni di alcuni collaboratori di giustizia, personaggi mafiosi avrebbero partecipato recentemente nella zona di Livorno a riunioni operative per concordare la spartizione del territorio della fascia costiera, per evitare dannose contrapposizioni fra diversi gruppi delinquenziali. Per quanto riguarda l'estero, sono sempre più insistenti e preoccupanti le notizie, riportate anche dagli organi di informazione, relative all'espansione nei paesi dell'est europeo delle organizzazioni criminali nazionali. L'apertura dei mercati dei paesi dell'est europeo, caratterizzati da una forte crisi, sia economica sia dei valori morali, nonché - e questo è importante - da una quasi inesistente legislazione antimafia, avrebbe aperto nuovi orizzonti alle organizzazioni criminali, offrendo loro ghiotte opportunità di traffici. L'accesso a tali mercati sarebbe stato reso possibile soprattutto dal settore manifatturiero, che, direi, è stato una sorta di pedana di lancio Pagina 262 per tutte le attività criminali. E' pertanto attuale la necessità di adottare una strategia complessiva (è quello che stiamo facendo) di lotta al crimine organizzato, nella consapevolezza che esso, per sua natura, è dotato di una rete di rapporti internazionali che gli permettono di inserirsi in un sempre più elevato numero di settori, condizionando l'economia legale anche all'estero. Insomma, la lotta alla mafia si deve combattere, e si può vincere o si può perdere, a livello non certo nazionale ma internazionale. Tornando all'azione di contrasto dell'Arma e chiudendo l'inciso sulla mafia nel centro-nord, voglio sottolineare che il nostro impegno è stato notevole anche in materia di misure di prevenzione personali e patrimoniali, nonché nell'applicazione dell'articolo 12-quinquies della legge n. 356 del 1992. Tale impegno si è estrinsecato con il sequestro di ingenti capitali mobiliari ed immobiliari, per un valore di 430 miliardi, operato durante i primi sette mesi dell'anno in corso nei confronti di personaggi ritenuti inseriti, a vario titolo, in sodalizi di tipo mafioso, con la richiesta di applicazione di numerose misure di prevenzione personale. Anche nella più generale opera di contrasto alla criminalità organizzata, non esclusivamente di tipo mafioso, sono stati raggiunti buoni risultati. Emblematici in questo contesto sono gli obiettivi raggiunti negli ultimi mesi dal comando tutela patrimonio artistico, con i recuperi del dipinto Madonna con bambino di Raffaello e della triade capitolina; dal nucleo operativo ecologico con l'operazione "Mare pulito", che ha consentito di accertare oltre 2 mila violazioni, alcune di tipo mafioso; dal NAS con le indagini sul traffico di organi umani e di medicinali (ed anche in questo ambito il limite fra mafia e criminalità comune è difficilmente distinguibile); dal comando carabinieri tutela norme comunitarie agroalimentari, con le indagini sull'AIMA, di cui abbiamo letto gli ultimi sviluppi oggi sul giornale. Desidero però precisare che, sul piano organizzativo, punto di forza dello strumento di contrasto nella lotta alla criminalità comune ed organizzata si è evidenziata la consolidata sinergia fra reparti speciali ed Arma territoriale, la cui spina dorsale rimane sempre la stazione dei carabinieri, unità di base e importantissimo terminale per l'individuazione delle metastasi criminali. Sono lieto di sottolineare che i molteplici successi conseguiti nella lotta alla criminalità comune e organizzata vanno ricondotti all'attività di supporto delle stazioni, e più in generale a tutta l'Arma territoriale. So di avere abusato della vostra pazienza ma prima di concludere voglio soltanto sottoporvi alcune idee propositive. Per ottimizzare l'attività delle forze dell'ordine e rendere più incisivi gli strumenti di cui disponiamo, ritengo opportuno in primo luogo mantenere nelle attuali forme l'articolo 41-bis della legge n. 354 del 1975, rivelatosi sicuramente efficace per interrompere il raccordo operativo tra i mafiosi reclusi e i sodalizi di appartenenza. Tale necessità è maggiormente sentita in un momento delicato come l'attuale, che vede entrare nella fase dibattimentale i maggiori processi contro i massimi livelli delle più pericolose consorterie mafiose, che devono rispondere di reati eclatanti come la strage di Capaci. E' un punto fondamentale, espressione della fermezza dello Stato. In secondo luogo, occorre promuovere un'interpretazione autentica dell'articolo 18-bis della legge n. 354 del 1975, cosicché la possibilità di ottenere colloqui investigativi, al momento limitata al solo personale della DIA, nonché ai servizi centrali e interprovinciali delle tre forze di polizia, possa essere estesa a tutti gli ufficiali di polizia giudiziaria. E' necessario, poi, raccogliere organicamente in un testo unico tutte le disposizioni promulgate in materia di misure di prevenzione e di lotta alla criminalità mafiosa, che nel tempo si sono stratificate, così da renderne più agevole l'applicazione. Si dovrebbe altresì approvare rapidamente, come ho già detto, il disegno di legge sull'usura, contenente disposizioni importanti per contrastare questo pericoloso fenomeno. Inoltre, sarebbe opportuno applicare anche in materia di armi e di riciclaggio Pagina 263 dei beni (nel cui ambito, come sapete bene, sono codificate le operazioni sotto copertura, gli acquisti simulati e il differimento del sequestro) gli istituti da tempo già operanti per la lotta al traffico di stupefacenti, che riguardano in particolare il ritardo e l'omissione del provvedimento di cattura o arresto sino a conclusione dell'operazione, le consegne controllate da e per l'Italia, le perquisizioni e catture di navi e aeromobili sospetti, l'affidamento e la destinazione dei beni sequestrati o confiscati nel corso dell'attività di contrasto. Infine (è l'ultimo punto, di più stretto interesse per l'Arma dei carabinieri) sarebbe opportuno sostenere il progetto di potenziamento delle forze di polizia, condizione indispensabile per accentuare ulteriormente l'attività di contrasto in atto. PRESIDENTE. Ringrazio il generale Federici, che ci ha offerto importanti elementi di analisi. Do ora la parola ai colleghi che desiderano porre domande. GIROLAMO TRIPODI. Desidero innanzitutto ringraziare il generale Federici per la sua relazione, che ha affrontato con puntualità una serie di argomenti, nonché per la franchezza con la quale egli ha esposto difficoltà e limiti che si possono verificare sul piano sia organizzativo sia delle disponibilità complessive delle forze incaricate di combattere efficacemente le organizzazioni mafiose. Voglio inoltre dare atto al generale Federici dell'allarme lanciato circa un tentativo di ripresa dell'attività criminale dopo i colpi subiti: è un tentativo che stiamo denunciando. Essendo calabrese, ho già incontrato i nostri ospiti nel corso di una cerimonia a San Luca domenica scorsa; in proposito aggiungerò qualcosa dopo, perché credo che quella importante manifestazione abbia prodotto qualche impressione su di loro. Le affermazioni del generale Federici corrispondono alla realtà: esiste, da parte della mafia, un tentativo di ripresa del controllo del territorio, soprattutto nelle zone in cui essa lo ha in parte perduto a seguito delle operazioni che hanno colpito la sua potente organizzazione. Il discorso vale per 'ndrangheta, mafia e Sacra corona unita. La sottolineatura che il generale ha fatto a premessa della sua relazione, quindi, mi sembra molto pertinente ed utile per quanto concerne l'impegno che dobbiamo assumerci con riferimento alle iniziative, alle proposte, agli strumenti che vanno posti in essere non soltanto per contrastare la ripresa cui facevo riferimento ma anche per portare avanti la battaglia finalizzata alla sconfitta di queste terribili organizzazioni criminali. Esse, infatti, non soltanto controllano l'economia, ma la impoveriscono. Ho rivisto con piacere, dopo diversi anni, il colonnello Borruso qui presente, che ha operato per alcuni anni nel comando provinciale dei carabinieri di Reggio Calabria (provincia della quale conosciamo la realtà). Credo che nel momento in cui vi sono tentennamenti, o si avvertono incoerenze nella battaglia da condurre, per quanto riguarda, per esempio, la difesa di strumenti che abbiamo conquistato - come l'articolo 41-bis, la legge sui pentiti, quella sulle indagini patrimoniali e la confisca degli arricchimenti illeciti - sia necessario il contributo di tutti per chiarire la volontà di proseguire la battaglia che era stata iniziata. Questo è un punto fondamentale. Desidero ora porre qualche domanda. Ho già detto che lei ha ricordato la manifestazione che si è tenuta a San Luca in onore del brigadiere Tripodi, assassinato dalla mafia. Debbo dire che sono rimasto costernato per il fatto che una manifestazione di quel tipo, in cui si intitolava una piazza e si inaugurava una stele alla memoria di questo sottufficiale che ha dato la vita per compiere il suo dovere contro la mafia in un centro molto difficile, ci siamo trovati in una situazione in cui (a parte lei, che ha svolto, com'era giusto, un intervento appropriato) ascoltando il sindaco, non si capiva bene il motivo della manifestazione, cioè se essa fosse in onore di un caduto per infarto oppure indetta per qualche altro motivo. Pagina 264 Doveva essere un momento simbolico dell'impegno e del messaggio da lanciare alle popolazioni e a tutti i sindaci per condurre questa battaglia. Ci siamo invece trovati (questo è il fatto che mi ha costernato) di fronte ad alcune affermazioni in cui non si diceva una parola sulla mafia, sulla criminalità organizzata o sul potere criminale. Non mi riferisco naturalmente al generale Federici, come ho già detto. PRESIDENTE. Senatore Tripodi, le ricordo che alla Camera sono imminenti votazioni in Assemblea, per cui la invito a sintetizzare il suo intervento. GIROLAMO TRIPODI. Se sono in corso votazioni in Assemblea, non si dovrebbe convocare la Commissione in concomitanza con tali votazioni e sarebbe preferibile individuare un'altra soluzione. Come dicevo, non si possono organizzare manifestazioni di quel tipo senza mettere in risalto il contributo di chi paga con la vita per combattere la mafia e inoltre parlando dell'atto di qualche sconsiderato, come ve ne sono in tutta Italia. Questo non è vero e dobbiamo precisarlo. Mi sono trovato in una situazione analoga anche a Platì, dove ho partecipato a una manifestazione per esprimere solidarietà ai carabinieri, che erano stati assediati. Nonostante si sia trattato di un fatto assai grave, si è quasi criminalizzato lo Stato, che pure ha delle responsabilità (perché non ha combattuto la mafia oltre che per i problemi sociali ed economici); ma la manifestazione aveva un altro significato, non quello di protestare per la mancanza di una scuola o di una strada o per gli effetti di un'alluvione. Mi pare che questo atteggiamento sia emerso anche a San Luca. Il sindaco ha parlato, inoltre, di conciliazione nazionale: ma quale conciliazione nazionale e con chi? VITO CUSIMANO. Questo aspetto è grave. PRESIDENTE. Senatore Tripodi, la prego di non fare polemiche e di concludere il suo intervento. GIROLAMO TRIPODI. Non è forse grave parlare di riconciliazione nazionale con la mafia? Ho sentito anche un'affermazione secondo cui in passato si è cercato di "marchiare" San Luca; non so di quale marchio possa trattarsi. FRANCESCA SCOPELLITI. Questo mi sembra un processo alle intenzioni. GIROLAMO TRIPODI. Non è un processo alle intenzioni, queste cose sono state dette. PRESIDENTE. Concluda il suo intervento, senatore Tripodi. GIROLAMO TRIPODI. Queste cose sono state dette e sono scritte. In questo momento, comunque, non sto accusando nessuno ma sto dicendo che occorre essere più espliciti nel momento in cui dobbiamo combattere la mafia: non si può, infatti, dire che si tratta di sconsiderati, come ha affermato il sindaco, dal momento che sono state organizzazioni mafiose ad uccidere il brigadiere Tripodi, così come sono stati mafiosi ad uccidere i due carabinieri quella notte sull'autostrada ed a commettere un attentato contro altri due carabinieri sulla circonvallazione di Reggio Calabria. PRESIDENTE. La prego ancora una volta di concludere il suo intervento, in modo che il generale Federici possa risponderle. GIROLAMO TRIPODI. Il generale Federici ha parlato del problema della presenza permanente sul territorio; credo che, con riferimento alla chiusura delle caserme dalle 20 alle 8, si debba adottare qualche accorgimento, perché nelle zone ad alto rischio occorre garantire la presenza continua dei carabinieri. E' necessario prestare maggiore attenzione a tale aspetto anche se, naturalmente, non intendo fare un elenco dei luoghi in cui vi è una maggiore o una minore presenza dei carabinieri; dico semplicemente che il problema va considerato con attenzione, perché Pagina 265 spesso la gente si rivolge alle caserme e non trova nessuno. In ordine alla questione delle "vacche sacre", lei ha denunciato che lì si è dimostrato per lungo tempo il cedimento da parte dello Stato, che ha consentito che la piana di Gioia Tauro (ma ora il discorso vale per buona parte della Calabria) fosse invasa dalle vacche, che sono sacre soltanto perché non sono mai state cacciate dal pascolo abusivo; si tratta di vacche della mafia. LUIGI FEDERICI, Comandante generale dell'Arma dei carabinieri. Vi è stato un tentativo di eliminarle, ma abbiamo avuto dei guai. GIROLAMO TRIPODI. Lo so, e ricordo che alcuni anni fa il procuratore della Repubblica di Palmi, dottor Tuccio, aveva emanato un decreto su nostra sollecitazione; io ero sindaco di un comune della zona, e anche dopo essere stato eletto in Parlamento ho continuato a battermi per tale questione. I contadini continuano però a subire questa sopraffazione: essi coltivano e le vacche distruggono o divorano il prodotto. Vorrei allora sapere se sia possibile dare finalmente un segnale per precludere ai mafiosi la possibilità di far pascolare le loro vacche dove vogliono, vanificando le fatiche e gli investimenti dei produttori. L'altra questione - e concludo - è quella relativa a ciò che è accaduto sull'autostrada Salerno-Reggio Calabria. Ho saputo che esiste un accordo a livello nazionale che impedisce ai carabinieri di vigilare sulle autostrade, in cui l'intera attività di vigilanza, a seguito di questo accordo di ripartizione, competerebbe alla polizia stradale, che però dispone soltanto di quattro pattuglie da Lagonegro a Reggio Calabria. Si tratta di una zona in cui si sono verificati in passato molti altri episodi, culminati ora nel vergognoso assassinio di un bambino. PRESIDENTE. La invito a concludere, perché altrimenti non potremo partecipare alle votazioni in aula. GIROLAMO TRIPODI. Poiché lei ha parlato di organizzazione - è un aspetto molto importante - vorrei sapere quali siano il livello di coordinamento ed i rapporti con le altre forze e se lei giudichi positivamente l'idea di ripartizione del territorio tra la polizia di Stato e i carabinieri, oppure ritenga che si debbano individuare altre soluzioni. LUIGI FEDERICI, Comandante generale dell'Arma dei carabinieri. Innanzitutto voglio ringraziarla, senatore Tripodi, perché lei era uno dei presenti alla manifestazione di San Luca; tuttavia, al di là delle delusioni che lei ha riportato, mi consenta di dire che ho tratto un grande conforto, non tanto da quello che è stato detto, quanto piuttosto dalla partecipazione: ho visto una presenza di parlamentari e di amministratori locali che mi ha confortato, tanto che ho iniziato il mio discorso dicendo: "Qui oggi non c'è San Luca, ma tutta l'Italia, intorno a voi", perché in effetti c'era tutta l'Italia. E' molto importante una presa di coscienza di questa realtà, al di là di quelli che possono essere gli interessi locali della Calabria, che pure bisogna comprendere. Ho dedicato molto del mio tempo a questa regione e mi sono recato varie volte a Platì e a San Luca proprio perché so che si tratta di posti di frontiera. Mi rendo anche conto che i problemi di quelle aree non si risolvono radicalmente con operazioni repressive di polizia, o almeno non solo con queste, perché occorre ben altro. Allora, proprio l'altro giorno - forse debordando un po' dai nostri compiti istituzionali - ho raccomandato al comandante della regione Calabria di prendere contatto con il provveditore affinché ogni tanto un ufficiale dei carabinieri o un rappresentante della Polizia di Stato si rechi nelle scuole a raccontare cosa è, cosa fa e cosa deve fare lo Stato e chi ne è l'espressione. Per quanto riguarda le stazioni dei carabinieri, ribadisco, come ho già detto in precedenza, che esse sono ripartite in tre classi: il 50 per cento (2.500-2.600) rientrano - ahimé - nella prima fascia e sono Pagina 266 aperte per otto ore al giorno, il 25 per cento (circa mille) sono inserite nella seconda fascia e l'altro 25 per cento (altre mille) nella terza fascia; queste ultime sono aperte 24 ore su 24. Per esempio, le stazioni di San Luca, Platì e Bovalino (le prime che mi vengono in mente) sono tutte e tre stazioni di terza fascia. Non vi è dubbio che l'obiettivo che perseguiamo è quello di arrivare ad almeno il 50 per cento delle stazioni di terza fascia. Per quanto riguarda l'autostrada Salerno-Reggio Calabria, lei sa che tutti auspichiamo uno stretto coordinamento tra le varie forze dell'ordine; nell'ambito di tale coordinamento sono suddivise le competenze relative al controllo del territorio, fra le quali è previsto che sulle strade urbane, provinciali, comunali e così via operino i carabinieri, e sull'autostrada sia competente la Polizia di Stato. Siccome il recente dolorosissimo episodio ha colpito fortemente l'opinione pubblica, posso aggiungere che subito dopo l'incontro a San Luca ho convocato un vertice con gli ufficiali dell'Arma ed ho incontrato il prefetto e il questore; abbiamo deciso di intensificare il controllo del tratto autostradale, purtroppo a posteriori. L'Arma dei carabinieri ha anche intensificato i controlli sui raccordi autostradali. Questo è quanto concerne l'attivita organizzativa. Sotto il profilo investigativo, posso dire che, mentre siamo riuniti in questa sede, è in corso a Cosenza una riunione congiunta (un'altra si sta svolgendo a Reggio Calabria) per cercare di mettere a punto e di coordinare l'attività investigativa relativa a questo delitto, mentre lo SCO, il servizio centrale della Polizia di Stato, sta esaminando, come avrete appreso dalla televisione, un filmato che è stato ripreso automaticamente in un autogrill sull'autostrada, dal quale si spera possa emergere qualche elemento importante. Fino a ieri sera non era emerso alcun elemento sicuro. Per quanto concerne le "vacche sacre", si tratta di un problema che si trascina da anni: ve ne sono circa 2 mila che circolano liberamente nel territorio per affermare l'autorità di determinati clan sul territorio stesso. A seguito della denuncia di un privato cittadino, che aveva visto le "vacche sacre" pascolare nel suo campo di grano, i carabinieri sono intervenuti, hanno catturato circa 60 vacche e le hanno messe in una stalla; non essendo stato possibile rintracciare il proprietario, i carabinieri si sono trovati a gestire per circa un mese una sessantina di vacche, che dovevano essere accudite e munte ogni giorno (questa è la verità; consentitemi la battuta). Alla fine, in preda alla più nera disperazione, il prefetto ha deciso di vendere le vacche attraverso un'asta sul posto, che però è andata deserta. L'asta è stata allora estesa a livello nazionale e mi sembra - se non sbaglio - che le vacche siano state acquistate da un macellaio di Verona, ma non sono certo che siano arrivate in quella città. Questa è la situazione. Anche di questo problema abbiamo parlato con il prefetto e abbiamo cercato di definire una strategia, ipotizzando, al limite, l'abbattimento delle "vacche sacre" sul posto, perché si tratta di un problema. La realtà è, come dicevo in precedenza, quella del controllo fisico e materiale del territorio. Credo di aver fugato tutti i dubbi del senatore Tripodi o almeno di aver trattato tutti gli argomenti da lui sollevati. GIANVITTORIO CAMPUS. Signor generale, mi congratulo anch'io con lei (ma dobbiamo guadagnare tempo); innanzitutto, essendo sardo, mi consenta di ringraziarla perché lei ha citato la Sardegna tra le regioni a rischio, e questo costituisce la garanzia che l'Arma dei carabinieri manterrà, anche nella mia isola, la giusta attenzione verso la necessità di stroncare le attività di criminalità organizzata. Desidero rivolgerle due brevi domande, signor generale, una delle quali è relativa al bilancio dell'Arma, che sappiamo essere inserito nel bilancio globale della difesa, di cui rappresenta una quota intorno al 21-22 per cento: vorrei sapere quanto i continui tagli apportati al bilancio della difesa (a volte per necessità ed altre volte, Pagina 267 soprattutto negli anni scorsi, più per ragioni demagogiche e strumentali che sulla base di una realtà economica) incidano su quello dell'Arma; se è così, le chiedo se non sarebbe il caso di prevedere, nell'ambito del bilancio della difesa, lo stralcio di un budget fisso, cioè non decurtabile sulla base di necessità finanziarie contingenti, per l'Arma, che svolge la funzione che lei ci ha brillantemente esposto. Mi consenta poi, signor generale, una piccola nota: lei ha parlato del fatto che i NAS sono intervenuti con indagini sul traffico di organi. Si tratta di una contestazione che ho già fatto al ministro Guidi: in Italia non esiste traffico di organi; a quel che mi risulta, l'unica indagine reale è stata svolta sul traffico di cornee, che non è un traffico di organi. Queste notizie, come ho avuto modo di riferire al ministro Guidi, creano uno stato di allarme nella popolazione e riducono ancora di più la possibilità di donazioni. Cerchiamo quindi di non drammatizzare tale aspetto, perché in questo campo siamo già un "fanalino di coda", e notizie del genere non giovano certamente alla campagna che tentiamo di impostare per incentivare le donazioni di organi. LUIGI FEDERICI, Comandante generale dell'Arma dei carabinieri. Innanzitutto la ringrazio. Mi riferivo esattamente alle cornee: credevo che con il termine organi si intendessero anche le cornee, invece ho scoperto che organi non sono. Da oggi in poi le chiameremo specificamente cornee. Rispondo ora all'argomento più importante che lei ha toccato. Onorevole Campus, visto che lei è sardo, mi consenta di affermare che in Sardegna attiveremo al più presto una quindicina di piccole stazioni di carabinieri distribuite nelle zone più isolate: alcune stanno per essere completate, molte lo sono già mentre altre lo saranno fra breve, e saranno attivate quanto prima. Per quanto attiene al bilancio dell'Arma, il capo di stato maggiore della difesa e i capi di stato maggiore delle forze armate sono abbastanza saggi, anche perché io faccio la mia parte, e il bilancio dell'Arma non viene assolutamente toccato dalle decurtazioni. La ringrazio molto, comunque, della sensibilità che ha avuto nel formulare questa domanda. GIUSEPPE ARLACCHI. La ringrazio per la sua relazione, generale Federici, e le chiedo il suo parere in ordine alla divisione dei compiti o degli ambiti territoriali tra polizia e carabinieri. In sostanza, vorrei conoscere la sua opinione franca, per quanto possibile, e sintetica sul progetto, spesso ventilato, per risolvere l'annosa duplicazione tra polizia e carabinieri come forze generali di sicurezza trasformandole in forze specializzate per competenza o per territorio. La seconda questione che vorrei affrontare concerne l'eventuale dipendenza dei carabinieri dal Ministero dell'interno: come lei sa, ogni tanto si discute di questa possibilità; vorrei conoscere la sua posizione e quella - presumo - dell'Arma dei carabinieri in ordine a questo punto. LUIGI FEDERICI, Comandante generale dell'Arma dei carabinieri. Comincerei a rispondere in ordine al coordinamento, argomento che richiede qualche secondo in più, in quanto attiene all'aspetto più qualificante di ogni attività operativa. Vorrei innanzitutto smentire che esso rappresenti un problema: il coordinamento è invece un'attività direzionale, necessaria a tutti i livelli, anche nell'ambito dell'Arma dei carabinieri; un coordinamento infatti deve essere effettuato fra l'attività dei reparti operativi, le stazioni carabinieri e le compagnie carabinieri, fra i reparti speciali e quelli territoriali. Certamente l'attività di coordinamento diventa sempre più difficile man mano che aumenta il numero dei soggetti da coordinare. Ecco perché - mi consenta di esprimere una mia opinione personale - occorre combattere la tendenza, attualmente sempre più diffusa, ad istituire delle polizie speciali o, con termine moderno, delle task force per combattere aspetti particolari della criminalità organizzata, altrimenti rischiamo di trovarci nei guai. Non dobbiamo dimenticare anche che Arma dei carabinieri e Polizia Pagina 268 di Stato sono forze dell'ordine di polizia a competenza generale, hanno quindi il dovere di intervenire su tutte le violazioni delle legittimità senza avere la facoltà di discriminare il contenuto. A questo punto, per affrontare più da vicino la questione del coordinamento, va detto che esso sostanzialmente riguarda due settori: in primo luogo, quello dell'ordine, della sicurezza pubblica e del controllo del territorio e, in secondo luogo, quello dell'attività di polizia giudiziaria. Così risponderò ai due quesiti in ordine all'opportunità che l'arma rientri nelle competenze del Ministero dell'interno. Come sapete, per quanto riguarda l'ordine, la sicurezza pubblica ed il controllo del territorio gli organi di coordinamento sono il Comitato nazionale sull'ordine e la sicurezza pubblica, il Consiglio nazionale sulla criminalità organizzata, i comitati provinciali sull'ordine e la sicurezza pubblica. Secondo me - è un parere assolutamente personale - sono strumenti efficaci per definire una comune strategia di contrasto. Quelle che possono diversificarsi sono le modalità di azione dei singoli strumenti operativi che agiscono in stretta integrazione (mi ha fatto piacere la domanda formulata dal senatore Tripodi), espressione e dimostrazione dell'attività di coordinamento, ma ciascuno strumento opera con la propria peculiare professionalità, in uno spirito di emulazione che a mio giudizio è foriero di stimoli operativi e anche motivo di successo. L'aspetto che qui mi preme sottolineare, proprio perché è stato trattato in questa sede, è quello della dipendenza dell'Arma dei carabinieri, strettamente legato (o meglio, spesso lo si vuole legare) alla questione del coordinamento. Come sapete, l'Arma dei carabinieri, quale forza armata di pubblica sicurezza, dipende già a tutti gli effetti, operativamente, dal ministro dell'interno, il quale ha la possibilità di disporne l'impiego, per quanto attiene all'ordine pubblico e al controllo del territorio, come meglio crede e senza chiedere il preventivo parere ad alcuno. Non mi sembra quindi suffragata da concreti elementi di valutazione la tesi secondo cui l'Arma, per inderogabili esigenze di coordinamento, dovrebbe passare alle dipendenze del Ministero dell'interno. Se anche ciò avvenisse, resterebbero immutati i rapporti funzionali esistenti; continuerebbe a dipendere dal Ministero dell'interno per i problemi di ordine pubblico, di sicurezza pubblica e di controllo del territorio, come già avviene attualmente. Muterebbe soltanto l'autorità responsabile della preparazione dello strumento: Ministero dell'interno anziché Ministero della difesa. Credo che ognuno di noi sia geloso delle proprie radici; anche l'Arma lo è. Temiamo che il transito al Ministero dell'interno possa, in prospettiva, mettere in discussione l'esistenza di due distinte forze di polizia a competenza generale, che è il frutto di una scelta democratica del nostro paese e che è riscontrabile in un altissimo numero di paesi democratici del mondo: Francia, Olanda, Spagna, Portogallo, Lussemburgo e molti altri paesi non europei adottano la stessa struttura. Con ciò non voglio certo negare l'esistenza di problematiche di coordinamento, soprattutto a livello periferico: esistono, infatti, e spesso sono dovute a carenze di operatori locali, che noi non vogliamo disconoscere. A mio parere, le carenze di coordinamento possono però essere adeguatamente risolte, sul piano generale, mediante la razionale distribuzione delle forze sul territorio - rispondo così alla domanda - secondo i criteri già previsti dal decreto del ministro dell'interno del 1992: una gravitazione sulle aree non urbane, cioè sui comuni rurali, dell'Arma dei carabinieri, e sui maggiori centri provinciali delle forze di polizia. Si tratta di un fatto che già avviene e che stiamo cercando di perseguire, tant'è che tutte le volte che viene richiesta la costituzione di un commissariato di polizia in un'area periferica, prima di concedere l'autorizzazione il Ministero dell'interno - dipartimento di pubblica sicurezza - chiede il parere all'Arma dei carabinieri; quest'ultima lo esprime, viene potenziata magari la stazione carabinieri o la compagnia e il commissariato non viene costituito. Viceversa accade per i centri urbani. Pagina 269 A mio avviso, gli errori esistenti sul coordinamento in sede periferica possono essere corretti sul piano internazionale, accentuando la composizione interforze di tutti gli organismi di intelligence che operano a livello nazionale ed internazionale, come per esempio l'Interpol. Ci stiamo muovendo in questo senso. Infine, è indispensabile diffondere ai minimi livelli, durante tutta la fase formativa del personale, la cultura del coordinamento; potremmo diramare infatti mille circolari e direttive, ma se il personale che le deve applicare non ne è convinto, il coordinamento non ci sarà mai. Per quanto attiene, invece, all'ordinamento di polizia giudiziaria, il problema non esiste perché, come lei sa bene, tutta l'attività di polizia giudiziaria viene coordinata dal magistrato competente per territorio, che è l'unico a decidere, secondo autonome valutazioni, quale forza di polizia debba intervenire, in che termini, con quali mezzi. Lei sa bene che il magistrato deve essere a conoscenza dell'avvio delle indagini preliminari e deve procedere. Aggiungo, per chiarezza, che in questo quadro si collocano anche i rapporti fra i reparti speciali investigativi, cioè fra DIA, SCO, ROS e GICO. Anche qui è bene dire che per quanto attiene alle investigazioni preventive non ci sono dubbi: tutti i reparti investigativi speciali devono concorrere all'aggiornamento delle mappe della criminalità organizzata. Lei sa bene che per aggiornare le mappe criminali presso il Ministero dell'interno esiste un gruppo di lavoro interforze che raccoglie i dati provenienti dai terminali di questi organismi di contrasto; tali dati confluiscono poi presso un sistema informatico che si chiama "Orso", che lei certamente conosce (oggi siamo costantemente aggiornati su 40 mila elementi). Quindi, esiste un coordinamento a monte, mentre fra DIA, SCO, GICO e ROS, per quanto attiene alle investigazioni giudiziarie, l'unico elemento responsabile del coordinamento è il magistrato, il quale, come spesso avviene e come lei sa, ha la facoltà di far convogliare più indagini su uno stesso obiettivo oppure di frenare un'indagine in attesa che un'altra sullo stesso filone possa concludersi per raggiungere un obiettivo più consistente. Senza polemiche e con grande sincerità, sapendo di interloquire con una persona che conosce profondamente questi problemi, ritengo che il coordinamento esista già in misura soddisfacente. Certamente, è perfettibile e guai se non facessimo il possibile per perfezionarlo. E' perfettibile affinando sia la dislocazione di forze sul territorio, come lei accennava, sia le regole e le procedure. E' quello che stiamo cercando di fare d'intesa con le altre forze di polizia. RENATO MEDURI. Generale Federici, come calabrese e come reggino in modo particolare, anzitutto desidero ringraziare lei e l'Arma: negli ultimi 10-15 anni l'Arma ci ha dato ottimi comandi provinciali - uno migliore dell'altro - e in Calabria lei è ormai di casa, il che significa un'attenzione particolare verso la nostra terra. Come reggino poi, e chiudo questa piccola premessa, non dimentico mai che nel 1970 - quando i famosi moti di Reggio Calabria resero necessario il ricorso alla repressione - diversa fu tra le forze dell'ordine la posizione dei carabinieri, tanto che pure in quelle giornate terribili essi erano le persone più amate a Reggio Calabria. Le porrò alcune domande, dopo aver condiviso con lei i segnali estremamente positivi che sono giunti domenica da San Luca, dove - l'avrà notato perché erano di fronte a lei su una collinetta - cittadini umilissimi applaudivano, direi freneticamente, il comandante generale dell'Arma dei carabinieri; ciò è accaduto alla vista di tutti, e non era facile in un paese come San Luca e in un clima come quello. In altre parole, dobbiamo smetterla di piangerci addosso, perché abbiamo la potenzialità di migliorare la situazione, anche con il contributo dell'Arma e - perché no? - di un generale dei carabinieri che rivolgendosi alla gente del luogo pronuncia un discorso non arido ma pieno di pathos. In quell'occasione, a San Luca si sono incontrati tanti amministratori - lei ha visto Pagina 270 quanti sindaci c'erano - i quali sono arrivati e partiti con le loro macchine, senza scorte, contrariamente a quanto a volte ha fatto qualche parlamentare. La prima domanda attiene all'apertura delle stazioni dei carabinieri. Credo che in Calabria si debba aumentare di molto il numero delle stazioni con apertura 24 ore su 24. Voglio citare il caso di Bagnara Calabra, una cittadina che ha un porto, per cui presenta rischi provenienti anche dal mare e che è divenuta uno dei principali approdi per la droga ed oggi anche per il commercio degli immigrati (ritengo infatti che si sta quasi aprendo un commercio in questo campo). Ripeto: in Calabria bisogna aumentare, probabilmente estendendole a tutte, il numero delle caserme aperte 24 ore su 24, perché in certi centri anche dalle piccole cose possono venire le grandi. Proprio a Bagnara mi è capitato di assistere una sera all'aggressione nei confronti del proprietario di un bar, finita con una terribile rissa. Ho telefonato personalmente per fare arrivare i carabinieri, dopo essere andato alla caserma, che ho trovato chiusa. Mi ha risposto, al numero indicato, il comando di Catanzaro, e mi sono sentito dire: "Dovete telefonare a Palmi". Allora ho risposto: "Guardi, se vuole telefonare, lo faccia lei, perché a questo punto quel poverino l'avranno già ammazzato". Questo per sottolineare la difficoltà dell'intervento e quindi l'esigenza di provvedere soprattutto in alcune zone - per esempio, in quelle marine, per i rischi specifici cui sono esposte - all'apertura delle stazioni 24 ore su 24. La seconda domanda riguarda l'AIMA. Lei ci ha opportunamente ricordato - lo abbiamo letto proprio oggi - l'arresto di un pezzo grosso dell'AIMA. Le chiedo quindi se soprattutto in Calabria - ma penso anche in Sicilia - non sia importantissimo avviare indagini molto circostanziate sull'operato dei centri AIMA periferici, perché penso partano proprio da lì - lo abbiamo letto anche nel dossier che ci ha fornito la baronessa Cordopatri, a proposito delle integrazioni incassate dai Mammoliti su terreni di proprietà della stessa Cordopatri - i principali affari. Secondo me vanno svolte indagini, anche perché a Reggio Calabria, l'anno scorso e due anni fa, ci sono stati delitti eccellenti di personaggi e di dirigenti di associazioni collegate all'AIMA (penso, per esempio, al delitto Criseo). La terza questione concerne i controlli autostradali, non tanto e non solo in riferimento a quel che è successo a Vibo. Tra l'altro, abbiamo una sorta di sfortuna, quasi di nemesi, a Reggio Calabria, perché nonostante l'omicidio sia avvenuto tra i caselli di Vibo e di Mileto, quindi in provincia di Catanzaro, la televisione ha parlato della provincia di Reggio Calabria. Ma questo è solo un inciso. In passato, in uno dei delitti più ricorrenti e più indegni come quello del sequestro di persona - che fortunatamente è divenuto più raro in questo ultimo periodo - è accaduto quasi sempre che i sequestrati della Brianza siano arrivati nelle campagne di San Luca o di Platì sull'Aspromonte. Poiché è impensabile che siano stati trasportati in aereo, credo che debbano essere aumentati i controlli, perché in grado senz'altro di creare maggiori remore. D'altro canto, il tragico episodio del piccolo Nicholas è avvenuto in una zona dove avvengono quasi quotidianamente queste aggressioni, addirittura furti di TIR carichi di materiale, che scompaiono in modo incredibile. Torno quindi a sottolineare di intensificare questo tipo di controlli. LUIGI FEDERICI, Comandante generale dell'Arma dei carabinieri. Senatore Meduri, innanzitutto mi consenta di ringraziare anche lei per la sua presenza a San Luca. Io ho riportato gli stessi sentimenti. Tornerò quanto prima a Platì e a San Luca, perché i carabinieri hanno bisogno di solidarietà. Comincerò dall'ultimo argomento da lei trattato, quello dei controlli autostradali. Le assicuro che proprio nella riunione che abbiamo tenuto domenica abbiamo deciso di compiere ogni sforzo per il controllo delle autostrade ed anche delle strade normali. Le posso dire che questa notte c'è stato un conflitto a fuoco in Calabria Pagina 271 fra carabinieri e rapinatori di un TIR, i quali avevano sequestrato il proprietario e stavano partendo con il mezzo. E' avvenuto questa notte. Il conflitto a fuoco non ha avuto esiti letali per nessuno, e per quanto ci riguarda abbiamo assicurato alla giustizia i due rapinatori. Quindi, è un'esigenza impellente quella di un maggior controllo delle strade e delle autostrade, anche perché esse sono il luogo dei vari traffici. L'assassinio dei due carabinieri Garofalo e Fava ed il ferimento di altri due sono avvenuti lungo una strada di grande traffico dove pare - dagli elementi che stanno emergendo - che fosse in atto un grosso traffico di armi. Non c'è dubbio che il controllo delle strade, soprattutto nelle ore serali e notturne, debba essere uno dei maggiori punti di attenzione delle forze dell'ordine. Sull'AIMA mi limito a prendere nota senza far cadere nel vuoto questa sua segnalazione. Abbiamo un reparto molto inserito in questo settore, che è quello che ha effettuato le indagini sull'organizzazione centrale dell'AIMA; segnalerò di approfondire la situazione con riferimento ai centri AIMA periferici. Per quanto riguarda l'apertura delle stazioni 24 ore su 24, lei sfonda una porta aperta: è il primo obiettivo che ci poniamo. Prenderò nota del caso della stazione di Bagnara Calabra ed esamineremo se sia possibile un intervento di potenziamento in tempi brevi. ANTONIO DEL PRETE. Signor generale, innanzitutto mi consenta di renderle testimonianza di apprezzamento per quanto ha detto e per quanto fa. Tema della mia domanda sarà la difesa del territorio, in particolare delle coste pugliesi (le brindisine e le salentine). La mia Puglia - sono tarantino - è schiacciata fra la Calabria e la Campania e in parte è feudo della Sacra corona unita. Premesso che arrivano sulla costa pugliese, in particolare su quelle salentina e brindisina, miriadi di imbarcazioni cariche di albanesi, di nordafricani e di cingalesi, che raramente vengono bloccate, e che lei, signor generale, ha saggiamente parlato - e l'ho apprezzato - di collaborazione trasversale della criminalità organizzata, le chiedo se questa trasversalità non possa attenere anche ai rapporti internazionali. Il business del trasporto dei profughi, al quale faceva riferimento il collega Meduri, non può essere collegato al traffico delle armi e della droga, nonché alla prostituzione? Non può essere un campo individuato di attività criminale e, soprattutto, un bacino di utenza per la raccolta della manovalanza? Vorrei conoscere da lei le risposte dell'Arma dei carabinieri a questi fenomeni. LUIGI FEDERICI, Comandante generale dell'Arma dei carabinieri. Il tema da lei proposto, che riguarda l'immigrazione più in generale, con particolare riferimento all'area che le interessa più da vicino, è di particolare attualità. Innanzitutto le posso dire che noi riteniamo che sul territorio nazionale oggi ci siano più di 2 milioni di immigrati, anche se è difficile fare una valutazione precisa poiché il loro numero è in costante aumento; personalmente non esiterei ad affermare che siamo intorno ai 3 milioni, almeno la metà dei quali in condizione di irregolarità. Per quanto riguarda i reati commessi dagli immigrati, senza voler discriminare nessuno, è comunque certo che il 15-20 per cento degli immigrati è pregiudicato per reati commessi sul suolo nazionale. I provvedimenti che abbiamo proposto per contenere il fenomeno dell'immigrazione, sulla base di studi compiuti insieme al ministro per gli affari sociali prima e al ministro per la famiglia adesso, riguardano tre filoni di intervento. Il primo concerne la possibilità di arginare il fenomeno all'origine; il secondo mira a rendere più complesso l'ingresso degli stranieri nel nostro paese; il terzo è volto a rendere più pratica e concreta la possibilità di espulsione. Prima di tutto ritengo che potrebbe essere utile, nei paesi che sappiamo essere la principale fonte di provenienza degli immigrati, una propaganda relativa alle reali possibilità occupazionali in Italia. E' bene che la gente sappia che qui non trova il Pagina 272 paradiso terrestre. Sarebbe poi molto utile un'attività di intelligence dei servizi di sicurezza, specie nelle aree a maggior rischio, tale da consentirci di conoscere almeno i tempi, l'entità ed i pericoli dell'afflusso degli immigrati per non essere colti di sorpresa come è avvenuto quando sulle coste di Bari sono arrivati i primi 2 mila profughi provenienti dall'Albania. A mio parere, quindi, una particolare attenzione dei servizi di sicurezza in questo settore è determinante. Vi sono poi alcuni provvedimenti di carattere tecnico, che mi limito a citare rapidamente: l'introduzione dell'obbligo del visto, l'adozione di nuove formule di richiesta e di nuove vignette-visto che rendano possibile l'informatizzazione dei dati e più difficile la distruzione dei tesserini; l'aumento dei diritti consolari per il rilascio dei visti; la subordinazione della concessione del visto al possesso di adeguati mezzi finanziari. Per rendere più complesso l'ingresso nel nostro paese occorre informatizzare i valichi di frontiera e dotarli di lettori ottici per la lettura della banda alfa-numerica dei nuovi visti. E' necessario, inoltre, migliorare il controllo delle coste e dei confini terrestri facilmente accessibili. Si tratta comunque di problemi all'ordine del giorno; il nuovo commissario straordinario per l'immigrazione ha indetto riunioni di coordinamento con i prefetti, i rappresentanti della marina militare, dell'Arma dei carabinieri e della Guardia di finanza per coordinare i vari mezzi disponibili. Per quello che riguarda più direttamente i carabinieri, il livello di attenzione a questi problemi è molto alto e ci stiamo muovendo in questa direzione. Abbiamo potenziato la presenza di motovedette in particolare in Sicilia, a Pantelleria, a Lampedusa e in Puglia. Siamo in attesa di altre 28 motovedette di altura, imbarcazioni che riescono a muoversi in un raggio abbastanza vasto nelle acque territoriali, per concorrere più efficacemente, insieme alla Guardia di finanza e alla marina, al controllo del territorio. Sono poi necessari un inasprimento delle norme di soggiorno ed una semplificazione delle pratiche di espulsione. Attualmente, infatti, ad uno straniero che venga trovato non in regola con le norme di soggiorno viene intimato, lasciandolo in libertà, di abbandonare il paese entro 15 giorni. Entro 15 giorni quello straniero può prendere il volo; quindi è indispensabile individuare misure più concrete. In Francia, per esempio, è stato istituito un premio in denaro con il quale pagano allo straniero il viaggio di rientro, quindi lo imbarcano direttamente. Inoltre gli immigrati hanno imparato la via rappresentata dal ricorso al TAR con la richiesta di sospensiva, che ormai è diventata un'abitudine. Certamente a questo fenomeno, come ho detto prima, sono collegati fenomeni di criminalità, di varia natura, cospicui, il più preoccupante dei quali in questo momento è quello della prostituzione. ANTONIO DEL PRETE. E delle armi! LUIGI FEDERICI, Comandante generale dell'Arma dei carabinieri. Il problema della prostituzione non preoccupa tanto per la presenza di 30 mila prostitute, quanto perché il 15-20 per cento di esse sono portatrici di AIDS. E' quindi un problema sociale e sanitario da non sottovalutare. FRANCESCA SCOPELLITI. Per mancanza di tempo, non certo di sentimenti, tralascio il preambolo dei ringraziamenti, per affrontare rapidamente due questioni. La prima riguarda l'apertura delle caserme 24 ore su 24. In proposito, non posso nascondere la mia perplessità rispetto a quella che mi sembra di poter definire una sindacalizzazione delle caserme dei carabinieri che invece, nella mia mente, dovrebbero essere strumenti al servizio della società. Mi spaventa il fatto che a un certo punto, come gli sportelli degli uffici postali, vengano chiuse perché è scaduto l'orario. Comprendo le difficoltà, ma, considerato che in Italia uno dei problemi più gravi è rappresentato dalla disoccupazione giovanile, vorrei conoscere qual è il rapporto tra domanda e offerta di lavoro Pagina 273 in questo settore. Lei ha affermato che l'orario limitato delle caserme è imposto dal fatto che non vi è un numero sufficiente di carabinieri tale da garantire i 4 carabinieri necessari a coprire l'arco di 24 ore per tutte le caserme. Ciò è dovuto ad una scarsa domanda di arruolamento nell'Arma o al fatto che non vi è un'offerta adeguata? Ribadendo che vorrei vedere tutte le caserme aperte 24 ore su 24 al servizio del pubblico, senza voler essere una voce contro, vorrei però sottolineare i piccoli e grandi abusi che a volte si consumano nelle caserme, alcuni dei quali in anni passati hanno avuto anche gli onori della cronaca. Ricordo, per esempio, il caso di un certo Cerrone a Muro Lucano, entrato in una caserma per un interrogatorio ed uscito in una bara; il caso di un certo Marino, in un paese della Sicilia, portato in una caserma dai carabinieri per essere interrogato su questioni di mafia ed uscito morto; il caso verificatosi in una caserma di Monza nella quale alcuni carabinieri hanno fermato una ragazzina inglese con la scusa di controllarle i documenti e l'hanno violentata. Contro questi carabinieri sono stati adottati dei provvedimenti ed i responsabili sono stati condannati, però - e mi duole dirlo - c'è stata una difesa d'ufficio nei loro confronti da parte del comando dei carabinieri. Nel rapporto tra società e forze dell'ordine queste difese d'ufficio o addirittura la logica del fine che giustifica i mezzi mi preoccupano molto. Non vorrei cioè che l'arma definita la benemerita venisse a macchiarsi di colpe gravi a fronte di un'immagine che è sempre stata limpida. Ho citato casi particolarmente gravi, ma abusi di minore rilievo si verificano quotidianamente, anche, per esempio, nei controlli stradali per quel fenomeno che in psicologia si attribuisce al fatto di indossare una divisa. Se il comando generale dell'Arma assumesse chiaramente posizioni di condanna di fronte agli abusi, a mio avviso, il corpo manterrebbe migliore la sua immagine anche laddove i carabinieri agiscono in prima linea. LUIGI FEDERICI, Comandante generale dell'Arma dei carabinieri. Per quanto riguarda il rapporto tra domanda e offerta di lavoro nell'Arma dei carabinieri, rispondo subito che di domande ne vengono presentate fin troppe: per l'assunzione di 800 sottufficiali, abbiamo avuto 32 mila domande. Quello che ci condiziona è la legge che determina il nostro organico, per il quale, comunque, è allo studio un incremento. Il ministro dell'interno, molto sensibile a questo problema, fin dall'inizio della sua attività ha avviato un studio sull'incremento organico di tutte le forze dell'ordine. Per quello che ci riguarda abbiamo proposto un incremento di 10 mila unità, in prevalenza sottufficiali perché essi, a nostro avviso, avendo maggiore capacità investigativa, sono i più preziosi per le stazioni dei carabinieri. Ci auguriamo che le leggi finanziarie di questo e dei prossimi anni ci consentano di colmare questa lacuna. Sarebbe già sufficiente, comunque, recuperare il personale impiegato nelle traduzioni e nelle scorte: con 5 mila uomini in più sicuramente potremmo garantire una apertura di 24 ore su 24 al 50 per cento delle stazioni dei carabinieri. Vorrei però sottolineare che, al di là degli abusi - dei quali parlerò più avanti -, i carabinieri rappresentano per i cittadini un punto di riferimento sicuro, tant'è che la gente è reticente a chiamare il 112 perché risponde subito. E il 112 è il comando provinciale, magari poco lontano, però si preferisce vedere in faccia il carabiniere con gli alamari: speriamo di soddisfare questa esigenza con l'incremento di personale che abbiamo richiesto e con il recupero del personale che auspichiamo. Per quanto riguarda gli abusi, i carabinieri sono 115 mila: nessuno di noi è angelo, nessuno di noi è diavolo, e perciò non escludo che su 115 mila carabinieri ve ne possa essere qualcuno che si comporta male. Non è legge, non è regola, non è certamente un riferimento che ci deve guidare nella valutazione dell'attività dell'Arma dei carabinieri; non ricordo questi episodi ma, se lei li cita, sono sicuramente veri. Andrò a verificare i risultati delle indagini Pagina 274 e quali sono state le condanne esemplari nei confronti dei carabinieri. Posso dire che nel mondo in cui viviamo il garantismo, che è giusto che ci sia, spesso coinvolge ufficiali, sottufficiali e carabinieri in episodi giudiziari che poi li vedono completamente assolti da ogni ipotesi di reato. E' chiaro che nel caso di un sottufficiale dei carabinieri, che mentre esso rischia la vita quando fa irruzione nell'alloggio di un mafioso, quest'ultimo non ha nulla da perdere e può dichiarare tutto quello che vuole al magistrato, per cui il carabiniere si trova in difficoltà a dimostrare il contrario. Attualmente credo di avere almeno il 5 per cento degli ufficiali dei carabinieri coinvolti in processi pendenti a loro carico solo per aver compiuto il loro dovere: per questi, il comando generale spende una parola di supporto, di solidarietà e di plauso, ma non certo per coloro che sono malauguratamente coinvolti - ahimé - in collusioni con la mafia. E qualcuno c'è: questo ci addolora profondamente e noi lo censuriamo perché è un dolore profondo quando abbiamo occasione di verificarlo in episodi, come quelli che lei ha citato, che credo non siano la regola del comportamento dell'Arma. SAVERIO DI BELLA. Signor generale, vengo anch'io da una regione - la Calabria - che lei ha visitato recentemente e sono tra coloro i quali da anni si battono per risvegliare la coscienza civile di quelle popolazioni (e credo che ci siamo riusciti). A mio avviso è mancato, da parte dei governi pro tempore, uno sforzo deciso, costante e continuato nel tempo, per tutto l'arco dei mesi o degli anni necessari a vincere questa battaglia, per far capire che lo Stato avoca a sé il monopolio del contrasto alla violenza ed il controllo del territorio. Quest'ultimo significa tante cose, non solo le strade e le autostrade, ma anche paesi e villaggi, perché in alcuni villaggi c'è il coprifuoco mafioso, il quale ad una certa ora della sera, vige anche in alcuni quartieri delle città. Pertanto, far presente ai cittadini che lo Stato recupera questo controllo anche attraverso la visibilità delle forze dell'ordine è uno degli obiettivi primari, perché è proprio questo ad incoraggiare i cittadini a proseguire in questa loro volontà di riscatto e a scoraggiare la malavita. Mi dispiace che la stampa e la televisione non diano risalto a queste notizie, ma abbiamo avuto il piacere di assistere a manifestazioni di migliaia di persone in piccoli paesi come Acquaro, Stefanaconi e San Luca, che sono scese in piazza a chiedere la presenza dello Stato attraverso i carabinieri, che ne sono il simbolo nonostante qualche pecca, come lei stesso ha ricordato. Credo tuttavia che nel bilancio complessivo i fatti vadano considerati nella loro dimensione reale: le pecore nere sono sempre esistite in qualunque corpo e credo che nessuno di noi si illuda di poter raggiungere la perfezione, anche se ce lo auguriamo. Tuttavia questi episodi vanno condannati, e ne vanno puniti i responsabili. Va inoltre tenuta presente la fiducia che la popolazione esprime nei confronti delle forze dell'ordine, alle quali attribuisce un ruolo fondamentale. Da questo punto di vista lo sforzo che l'Arma sta compiendo - e di cui do atto - per una maggiore presenza in Calabria, deve essere potenziato e continuato: fra i collaboratori o le forze con le quali normalmente collaborate non ho mai visto citato il Corpo forestale dello Stato, che pure ha compiti di polizia giudiziaria e che in regioni come la Calabria riveste un ruolo non indifferente - a maggior ragione se venisse potenziato - perché la caratteristica della Calabria è di essere una regione montuosa e boschiva. Per quanto riguarda la preparazione degli ufficiali dell'Arma, la necessità di affrontare questo tipo di criminalità, che ha dimensioni di carattere economico oltre che militare, ha portato ad una modifica delle materie e dell'iter formativo degli ufficiali, oppure da questo punto di vista non è stata introdotta alcuna innovazione? In quest'ultima ipotesi, non ritiene che rischieremmo di essere superati dal fatto che la criminalità utilizza tutte le moderne tecnologie, soprattutto nel Pagina 275 riciclaggio, per portare avanti le proprie strategie di occupazione dei poteri, non ultimo quello economico? Ultima osservazione: per chi non lo sapesse, è stata presentata una proposta per costituire una Commissione d'inchiesta parlamentare sull'AIMA, che sta facendo il suo iter e che spero venga approvata al più presto; sono certo che l'Arma dei carabinieri contribuirà a farci capire meglio cosa è successo sia al suo interno sia al suo esterno. LUIGI FEDERICI, Comandante generale dell'Arma dei carabinieri. In tema di controllo del territorio mi sembra che lei si sia riferito in particolare agli attentati che hanno recentemente interessato la zona di Stefanaconi ed alcune zone della provincia di Palermo. GIROLAMO TRIPODI. Anche la provincia di Reggio Calabria: Taurianova, Seminara e così via. LUIGI FEDERICI, Comandante generale dell'Arma dei carabinieri. Posso dire che sono state convocate numerose riunioni del comitato provinciale sull'ordine e la sicurezza pubblica mirate a far luce su questi episodi e che sono stati adottati provvedimenti affinché la presenza dell'Arma sia più visibile, come lei ha auspicato. Aggiungo che i comandanti provinciali e regionali sono stati da me sensibilizzati e che ho ricevuto numerose lettere da parte degli amministratori locali che mi ringraziavano per aver stabilito un diretto collegamento con i sindaci; ho poi numerose lettere in cui i sindaci si dicono stupiti e mi ringraziano del fatto che il comandante provinciale dell'Arma abbia stabilito un rapporto funzionale con loro. Infine posso dirle, per sua soddisfazione, che il 30 settembre scorso la compagnia carabinieri di Vibo Valentia e la stazione carabinieri di Sant'Onofrio hanno deferito all'autorità giudiziaria - 2 in stato di arresto e 12 a piede libero - 14 pregiudicati della cosca Petrolo-Bartolotta, responsabili di associazione a delinquere di stampo mafioso, finalizzata all'accaparramento e gestione della cosa pubblica a mezzo minacce. Riteniamo che i responsabili abbiano collegamenti con episodi e manifestazioni mafiose che si sono verificate in zona. Per quanto riguarda la preparazione degli ufficiali dell'Arma dei carabinieri, lei ha poca fiducia in noi se pensa... SAVERIO DI BELLA. Ne ho molta! LUIGI FEDERICI, Comandante generale dell'Arma dei carabinieri.... che gli ufficiali dei carabinieri di oggi siano quelli di trent'anni fa! Certo, stiamo approfondendo tutti i settori, in particolare quello dell'economia, del riciclaggio dei beni, il settore delle estorsioni e quello del racket, che sono di grande attualità: guai se ci facessimo superare dai tempi! Ma non basta: un ufficiale dei carabinieri - anche un sottufficiale, ma soprattutto un ufficiale, che ha funzioni direttive -, per essere preparato non è sufficiente che impari i concetti in accademia o alla scuola ufficiali. E' indispensabile che si faccia l'esperienza sulla propria pelle; ecco perché normalmente un capitano, dopo quattro anni di servizio in una regione, viene avvicendato. Ciò avviene non certo per depotenziare il contrasto del crimine in quella zona, ma per diversi motivi, tra i quali vi è quello di qualificare la sua preparazione professionale affinché, mano a mano che egli salirà nei gradi, possa risolvere tutte le situazioni che sarà chiamato ad affrontare. Pertanto, il capitano che inizia a prestare servizio a Como ha bisogno di un "bagno" nella realtà calabrese o siciliana per completare la sua preparazione professionale. Come vede, la preparazione degli ufficiali, come quella dei sottufficiali, ci sta molto a cuore. Le dirò di più: per i sottufficiali speriamo di inaugurare al più presto una nuova accademia a Firenze, che sia più dignitosa di quella attuale, che consenta di unificare le tre scuole sottufficiali (oggi disperse sul territorio con costi straordinari) e che ci permetta di aggiornare meglio le tecniche di insegnamento. Speriamo che questa nuova Pagina 276 struttura possa divenire operativa entro tre anni. SAVERIO DI BELLA. Vorrei soltanto aggiungere, a livello di notizia, che sabato prossimo, su impulso di uno dei paesi tradizionalmente legati alla presenza della mafia, ma anche alle lotte contro quest'ultima, il sindaco di Gioia Tauro, l'ex senatore Argiroffi, promuoverà iniziative affinché i sindaci dei comuni calabresi costituiscano un'associazione contro la mafia, proprio per testimoniare ulteriormente la volontà di riscatto nonché la presenza delle istituzioni locali in questa battaglia di civiltà. PRESIDENTE. Ringrazio il generale Federici. Ricordo ai colleghi deputati che alla Camera stanno per avere inizio votazioni qualificate. La seduta termina alle 11,45.