Pagina 313 PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TIZIANA PARENTI indi DEL VICEPRESIDENTE LUIGI RAMPONI INDICE Pag. Audizione del governatore della Banca d'Italia, dottor Antonio Fazio: Parenti Tiziana, Presidente ..................... 315, 329 332, 339, 349, 350 Arlacchi Giuseppe ................... 330, 342, 343, 344 Bargone Antonio ............................... 336, 348 Bonsanti Alessandra ................................. 329 Caccavale Michele ............................. 331, 343 Del Prete Antonio ............................. 338, 348 Desario Vincenzo, Vicedirettore generale della Banca d'Italia .............................. 318, 341, 342, 343 344, 346, 347, 348 Di Bella Saverio .................................... 334 Fazio Antonio, Governatore della Banca d'Italia ...................... 315, 332, 334, 337, 338, 339 340, 342, 343, 344, 346, 348, 349 Ramponi Luigi, Presidente ..................... 330, 334 340, 343, 347 Scozzari Giuseppe ............................. 333, 334 Scivoletto Concetto ...................... 337, 338, 346 Tripodi Girolamo .................................... 336 Violante Luciano ............... 331, 332, 340, 342, 345 Pagina 314 Pagina 315 La seduta comincia alle 9,50. (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente). Audizione del governatore della Banca d'Italia, dottor Antonio Fazio. PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del governatore della Banca d'Italia, dottor Antonio Fazio, sul tema della normativa italiana ed estera relativa al settore finanziario e bancario, con particolare riferimento al fenomeno del riciclaggio. Il dottor Fazio illustrerà una relazione introduttiva ed il dottor Vincenzo Desario, vicedirettore generale della Banca d'Italia, svolgerà una relazione specifica sugli aspetti che ho ricordato. Do subito la parola al governatore Fazio. ANTONIO FAZIO, Governatore della Banca d'Italia. Signor presidente, desidero in primo luogo formulare auguri di buon lavoro alla Commissione, che si occupa di temi di vitale interesse per la società civile e, di riflesso, per l'economia e la finanza. Mi piace ricordare in questa sede che il mio primo intervento pubblico, dopo la nomina a governatore, avvenne nel maggio dello scorso anno (prima della relazione annuale), in occasione del Forum "Economia e criminalità", organizzato da questa Commissione, dal quale sono scaturiti validi approfondimenti sui diversi aspetti della materia. La Banca d'Italia ha costantemente riservato una particolare attenzione a questo tema, come dimostrano le numerose testimonianze rese dal mio predecessore e dai suoi collaboratori presso questa Commissione; le prime risalgono alla metà degli anni ottanta, quando i termini del problema non erano chiaramente delineati e gli strumenti di difesa molto limitati. Nelle Considerazioni finali del 1984 venivano tracciate le due linee di intervento, tuttora pienamente attuali, attraverso cui la Banca d'Italia opera su questo fronte: la prima attiene all'esercizio della propria funzione istituzionale di vigilanza sul sistema creditizio; la seconda si realizza attraverso la collaborazione prestata ad organi dello Stato, soprattutto l'autorità giudiziaria, impegnati nella difficile opera di contrasto alla criminalità. La normativa antiriciclaggio in Italia ha trovato una organica espressione nella legge n. 197 del luglio 1991, e la fase di prima applicazione può dirsi ormai superata. La materia dell'antiriciclaggio è entrata a far parte della ordinaria attività di verifica e di controllo che la Banca d'Italia svolge nei riguardi dei soggetti vigilati. E' maturo il tempo di condurre una prima riflessione sulla base delle esperienze acquisite. In un contesto estremamente dinamico in cui le tecniche operative si evolvono con grande rapidità, le normative perdono efficacia se non vengono via via adeguate. Anche nel settore dell'antiriciclaggio si pone l'esigenza di assicurare nel tempo un livello costantemente soddisfacente di efficacia e di efficienza della disciplina, evitando che si accumulino costi eccessivi per gli operatori, non giustificati da vantaggi certi e percepibili. Qualora quest'ultima circostanza si materializzasse, si determinerebbe negli operatori un atteggiamento di scarsa attenzione tale da vanificare la validità delle regole. La difesa contro il riciclaggio presuppone infatti una Pagina 316 partecipazione convinta e responsabile degli operatori nell'applicazione della normativa. La dichiarazione di principi emanata nel dicembre 1988 dal comitato di Basilea, che riunisce le banche centrali dei principali paesi, sottolinea che "la prima e più importante difesa contro il riciclaggio risiede nell'integrità dei responsabili delle banche e nella loro vigile determinazione". Nella lotta alla criminalità organizzata le prescrizioni formali della legge possono risultare insufficienti, se non accompagnate da un'etica professionale fondata su criteri di buona fede, di affidabilità e di correttezza nelle relazioni d'affari. L'autodisciplina degli operatori è particolarmente importante per il funzionamento dei mercati. Un ricorso troppo ampio a regole fondate su adempimenti formali e su sanzioni penali comporterebbe infatti elementi indesiderati di costo e di rigidità, e potrebbe provocare nel tempo un indebolimento dei mercati, che risulterebbe alla fine controproducente per lo stesso obiettivo di contrasto della criminalità. Mercati robusti, maturi, capaci di applicare le regole di trasparenza e di concorrenza sono la naturale difesa contro ogni tentativo volto a introdurre metodi di condizionamento mafioso. Nelle Considerazioni finali dello scorso anno avevo accostato il tema della lotta al riciclaggio a quello dell'occupazione. Il costo della crisi economica è gravoso e si concentra soprattutto nelle aree più povere e nelle fasce sociali più deboli. Il mercato del lavoro costituisce il terreno su cui il contrasto alla criminalità è più difficile e decisivo al tempo stesso. La Banca d'Italia continua a impegnarsi fattivamente nella lotta al riciclaggio, utilizzando le competenze che l'ordinamento le attribuisce e le capacità professionali di cui dispone. L'attenzione della Banca d'Italia si rivolge soprattutto alla prevenzione del fenomeno; mira a consolidare i meccanismi di mercato, a rafforzare i presidi per salvaguardare il sistema finanziario legale dal coinvolgimento in fatti di riciclaggio, a contrastare l'attività finanziaria illegale nelle sue diverse manifestazioni. Sulla base del quadro normativo individuo tre direzioni principali nelle quali la Banca tende a sviluppare la propria azione. La prima riguarda l'azione di vigilanza bancaria: difendere l'autonomia e l'integrità delle gestioni bancarie è uno degli obiettivi della vigilanza. Questo obiettivo viene perseguito attraverso molteplici strumenti, tra cui il controllo degli assetti proprietari, i requisiti di onorabilità degli amministratori, la disciplina delle partecipazioni bancarie, gli interventi di carattere straordinario. L'esperienza conferma che le banche di minori dimensioni, specie quelle operanti nelle regioni meridionali, sono particolarmente esposte ai rischi di deviazioni connesse all'ambiente circostante. Ciò non fa venire meno tuttavia il ruolo delle banche locali, per la loro capacità di dialogo e di relazione con le imprese locali. Le banche locali devono saper mantenere e rafforzare questo valore, operando in modo adeguato rispetto alle attuali esigenze dei mercati concorrenziali e integrati. In questa ottica può essere utile per le banche locali realizzare idonei collegamenti operativi e partecipativi con altre banche di maggiori dimensioni, capaci di fornire i supporti, anche gestionali, necessari perché gli organismi locali possano continuare a svolgere con profitto la propria missione. La seconda linea di intervento è rappresentata dall'analisi economica del fenomeno; la gestione delle informazioni è una leva importante per la lotta alla criminalità. La normativa antiriciclaggio prevede la raccolta presso l'Ufficio italiano dei cambi di dati rilevanti concernenti gli intermediari finanziari e le operazioni da essi effettuate. L'Ufficio sta predisponendo un progetto volto a costituire un osservatorio permanente, a carattere istituzionale, per la rilevazione e l'analisi di fenomeni di criminalità economica, in grado di dialogare con altre istituzioni. Siamo in una fase preliminare, perché in questa materia esiste poca teoria, ma sappiamo che dietro ad alcuni fenomeni vi è una forte motivazione economica; può darsi che l'analisi economica ci chiarisca alcuni filoni di sviluppo Pagina 317 e di svolgimento di questo tipo di attività illegale ed è probabile che possa fornirci maggiori criteri per individuare determinati fenomeni. Come in tutte le ricerche si inizia per perseguire un obiettivo, che poi in genere non viene colto, ma se ne possono raggiungere altri, magari di maggiore valore. Oggi ci troviamo in questa fase e non sappiamo ancora quali saranno i risultati, anche perché si tratta di una materia nuova. LUIGI RAMPONI. Spesso le grandi scoperte della scienza sono avvenute così! ANTONIO FAZIO, Governatore della Banca d'Italia. Non si trova quello che si cercava, ma spesso i risultati conseguiti valgono anche di più; comunque noi procediamo con fiducia e determinazione. Una terza linea, non certo l'ultima in ordine di importanza, è rappresentata dalla collaborazione con altre autorità. La Banca d'Italia è aperta alla più ampia e positiva collaborazione, come dimostrano le numerose intese ed iniziative congiunte già realizzate. Ciò comporta per l'istituto un rilevante impegno di risorse, come ad esempio nel caso di funzionari ed ispettori che prestano consulenza tecnica per conto di giudici penali in indagini complesse per periodi di tempo anche molto lunghi. Dicevo poc'anzi alla presidente che dei nostri 150 ispettori, in media il 20 per cento, ossia 30 di essi, sono impegnati in questa attività a tempo pieno, talché abbiamo deciso di reintegrare almeno le 30 unità rinforzando l'organico; del resto, è evidente che i giovani assunti non diventano immediatamente ispettori, perché devono seguire tutto un iter di professionalità piuttosto complesso. Contiamo anche di arrivare, in alcuni anni, a superare le 150 unità, oltre ai 30 che si dedicano a tempo pieno all'attività peritale. In genere veniamo incontro alle richieste che ci vengono inoltrate, talvolta prendendo anche contatti con il magistrato per chiedergli se si tratti di un'esigenza effettiva. Si tratta di un'attività che fino a cinque anni fa era assai limitata. E' indispensabile infine una forte collaborazione a livello internazionale, perché è sui mercati finanziari internazionali che si formano e si muovono i grandi flussi di capitali "sporchi", che poi inquinano i mercati locali. La finanziarizzazione dell'economia, i volumi elevatissimi delle transazioni, il ricorso a tecniche operative sempre più complesse e la crescente diffusione di pratiche speculative costituiscono un ambiente all'interno del quale possono celarsi insidie per il sistema legale. In questo campo, come in quello del credito e della finanza, esiste un mercato locale dove si svolgono tante piccole operazioni che hanno una loro validità economica, ma anche una loro pericolosità. La grande finanza internazionale sviluppa grandi operazioni di movimento di capitali, ed anche in questo mercato vi può essere una quota con caratteristiche analoghe a quelle cui ho fatto ora riferimento. L'Italia, da tre o quattro anni, si trova in una dimensione relativamente nuova. Voglio anche aggiungere che la velocità di movimento di tali capitali ha assunto una dimensione, proprio negli ultimi due o tre anni (come sappiamo da fenomeni finanziari che interessano la stampa economica tutti i giorni), sconosciuta negli anni ottanta, anche nei paesi nei quali era consentito il pieno movimento di capitali. Tenteremo di far fronte anche a questo. La Banca d'Italia è impegnata a questo riguardo anche nelle diverse sedi internazionali, nelle quali i fenomeni vengono analizzati e dove si formano le direttive di azione volte a combattere i fenomeni stessi. Vorrei brevemente accennare al tema dell'usura, che rappresenta, come ho avuto modo di dire in altre circostanze, una vera e propria piaga sociale, e che è legata strettamente ai fenomeni della criminalità organizzata, del riciclaggio e ad altre patologie come le estorsioni, le truffe e l'abusivismo finanziario. L'usura è un fenomeno complesso, frutto della stratificazione di numerosi problemi protrattisi nel tempo, che pertanto va affrontato su diversi campi. Uno degli obiettivi da perseguire è l'affermazione di condizioni per un più Pagina 318 efficace scrutinio rispetto ad oggi del merito di credito ad opera delle banche, e per una sua responsabile accettazione da parte degli operatori. Ciò riguarda quella fascia di clienti che è al confine tra la bancabilità e la non bancabilità. Indubbiamente l'attività bancaria, soprattutto quella svolta dalle medie e piccole banche (o da sedi locali di banche più grandi), è di modesta entità, ma potrebbe spingersi un po' oltre rispetto a quella attuale. Il fenomeno tuttavia sfugge in gran parte alla bancabilità: quando i livelli dei tassi di interesse superano certe condizioni economiche, nascono sospetti, perché è evidente che dietro un determinato tasso vi deve essere un rendimento economico ragionevole e le attività legali non superano mai certi limiti. Quindi, è evidente che al di sopra di un certo livello di tasso, peraltro difficilissimo da individuare, scatta qualcosa che non ha niente a che vedere con la banca, il credito e l'economia. Può darsi, quindi, che sia necessario spingersi oltre rispetto a quanto già viene fatto, in ciò contando soprattutto sulla collaborazione del sistema bancario. In conclusione, in una materia complessa come quella all'attenzione di codesta Commissione, la soluzione dei problemi va ricercata attraverso un'azione coordinata e tenace di tutte le componenti pubbliche e private che formano il tessuto economico e finanziario del nostro paese. La Banca d'Italia - siatene sicuri - continua a svolgere pienamente l'azione di propria competenza, consapevole che la fiducia nella moneta riposa anche sui valori di fondo del paese e sulla sua capacità di sviluppare un percorso di crescita sano e durevole. La piaga del riciclaggio e dell'usura, fenomeni patologici che attengono ad alcuni aspetti della circolazione monetaria del credito minano quasi certamente anche il valore della moneta. Con il permesso del presidente, il dottor Desario, che per molti anni ha prestato grande attenzione alle materie oggi in discussione, svolgerà ora la sua relazione. VINCENZO DESARIO, Vicedirettore generale della Banca d'Italia. Mi associo all'augurio formulato dal governatore per un proficuo sviluppo dell'attività della Commissione. E' mio intendimento richiamare, in primo luogo, gli aspetti principali della legislazione bancaria, di recente modificata, con particolare riferimento agli istituti e agli strumenti che mirano a preservare l'autonomia degli intermediari e la neutralità dei meccanismi di allocazione delle risorse da ogni improprio condizionamento, specie da parte della criminalità organizzata. Da tempo è maturata la piena consapevolezza che l'ingresso nei circuiti finanziari di flussi provenienti dalle attività illegali può incidere sul corretto funzionamento dei meccanismi creditizi e finanziari. La lotta alle varie forme di criminalità in questo senso coadiuva l'azione di vigilanza; quest'ultima, a sua volta, partecipa al perseguimento dell'obiettivo più generale di tutela della legalità nel settore finanziario. Riferirò sull'azione svolta dalla Banca d'Italia nel contrasto dei fenomeni illegali dell'abusivismo e dell'usura, nonché sul contributo in vario modo prestato per evitare il coinvolgimento, spesso inconsapevole, del sistema finanziario in fatti di riciclaggio. Le iniziative dirette al sistema finanziario legale, incentrate sulla prevenzione, e quelle indirizzate al settore illegale, finalizzate alla repressione, trovano denominatore comune nell'obiettivo di recidere il nesso che, con grave danno per lo sviluppo dell'economia del paese, tende a stabilirsi tra economia criminale ed economia legale. Mi permetterò di sottoporre alla Commissione talune considerazioni sul rilievo internazionale che i fenomeni di riciclaggio hanno via via assunto e sulle linee di intervento che vanno concretizzandosi in diverse sedi. Segnalerò, infine, alcuni ostacoli incontrati nella piena applicazione della disciplina antiriciclaggio e le possibili iniziative per rendere più efficace la lotta contro la criminalità nel settore finanziario e creditizio. Pagina 319 Già nell'ottobre dello scorso anno la Banca d'Italia ha presentato alla Commissione parlamentare antimafia un documento con il quale illustrava le finalità e gli strumenti della vigilanza sugli intermediari nel nuovo quadro regolamentare definito dal testo unico in materia bancaria e creditizia. In questo quadro, i poteri attribuiti alle autorità creditizie devono essere esercitati in armonia con le direttive comunitarie e con il fine dichiarato di assicurare la sana e prudente gestione del sistema finanziario, la complessiva stabilità, l'efficienza, la competitività, nonché l'osservanza delle disposizioni in materia creditizia. Con la chiara esplicazione, a differenza della precedente legislazione bancaria, che su questo punto era abbastanza neutrale, dei fini della vigilanza, l'attività di controllo bancario non può essere utilizzata per il perseguimento di finalità ad essa estranee. L'obiettivo della sana e prudente gestione degli intermediari permea l'intera disciplina di vigilanza. La gestione sana richiede che l'attività degli operatori si ispiri a criteri di efficienza funzionale, nonché a trasparenza e correttezza nello svolgimento degli affari e nei confronti della clientela. I concetti di "sana amministrazione" e di "sane gestioni aziendali" erano già presenti nei lavori della Commissione economica per la Costituente. La recente scelta legislativa ne conferma la validità. Questa nuova disciplina riconosce agli intermediari la facoltà di definire autonomamente, nel rispetto dei principi che ho ora indicato, le strategie aziendali che intendono seguire. Alle autorità è attribuito il compito di predisporre le regole prudenziali di applicazione generale, definite ex ante, non riferite ai singoli soggetti; l'attività di vigilanza in questo caso si sposta dai soggetti alle attività: chiunque svolga quelle attività deve essere sottoposto alle stesse regole di applicazione. Questo è il principio essenziale che promana dalla nuova disciplina nel mercato creditizio e finanziario. Alle autorità spetta quindi il compito di valutare la complessiva operatività dei soggetti vigilati, di assumere le iniziative che si rendono necessarie in presenza di comportamenti anomali o di situazioni in qualche caso critiche. La legge n. 197 del 1991 ha affidato a tutte le autorità di settore, e quindi di controllo, compiti di verifica nel rispetto della disciplina antiriciclaggio; questa legge ha rafforzato l'impegno che la Banca d'Italia ha sviluppato, sin dall'inizio degli anni ottanta, per assicurare l'osservanza degli obblighi di legge da parte del sistema finanziario. Nel quadro della regolamentazione del sistema sono chiaramente individuabili alcuni strumenti che, nell'assicurare l'autonomia e l'integrità delle gestioni bancarie, contribuiscono alla difesa del sistema da ogni forma di condizionamento di natura illegale, o criminale che sia. Non procedo nel dettaglio specifico, ma cito gli argomenti. Le norme a tutela della concorrenza e del mercato affidano alla Banca d'Italia il compito di sorvegliare il formarsi di posizioni dominanti, di impedirne gli abusi, di reprimere intese restrittive della concorrenza, di impedire l'esecuzione di pratiche collusive o devianti, di vietare le concentrazioni che riducano durevolmente la libertà competitiva delle imprese. Richiamo anche le disposizioni sugli assetti proprietari, introdotte per assicurare soltanto trasparenza e conoscibilità; i requisiti di onorabilità richiesta sono stati rafforzati dal concetto della sana e prudente gestione, che estende la possibilità di valutare non solo l'onorabilità sotto il profilo giudiziario specifico, ma anche sul piano della loro situazione economico-patrimoniale, della correttezza dagli stessi manifestati nelle relazioni d'affari. Tutto ciò per assicurare, come ho detto prima, il principio della sana e prudente gestione che permea l'intera legislazione. Proprio questa valutazione della qualità degli azionisti nei termini che ho adesso indicato ha assunto una particolare importanza in sede di costituzione di nuove banche. Posso dire che scambi informativi con i diversi organi inquirenti hanno indotto la Banca d'Italia in otto casi (a fronte di quaranta provvedimenti Pagina 320 autorizzativi emanati dal 30 giugno 1990 ad oggi) a non rilasciare, ovvero a sospendere, la autorizzazioni richieste, a causa di fondati sospetti sulla genuinità e sull'affidabilità delle iniziative. Con la precedente legislazione, probabilmente sarebbe stato molto difficile, perché l'autorizzazione era quasi automatica rispetto ai requisiti oggettivi che le discipline comunitarie richiedevano per l'autorizzazione: capitali minimi, forma sociale, almeno due dirigenti che gestiscono l'azienda. L'onorabilità non attiene esclusivamente agli azionisti rilevanti del sistema bancario e creditizio, ma attiene anche ai soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, di direzione e di controllo presso le imprese creditizie, i quali devono risultare in possesso di questi requisiti in aggiunta a quelli di professionalità per loro richiesta, pena la decadenza dalla carica, che in genere deve essere decisa dal consiglio d'amministrazione e, in caso di inerzia, viene disposta dall'organo di vigilanza. Mi riferisco anche al rilievo che nella nuova disciplina ha assunto il concetto di organizzazione amministrativa e contabile delle aziende, nonché il concetto dei controlli interni, perché ritengo che siano strumenti idonei per assicurare correttezza, trasparenza e verificabilità a posteriori dell'attività svolta. In questo campo, alle autorità di vigilanza è stato affidato il compito di emanare precise disposizioni. La stessa disciplina, recentissima, sui grandi fidi, di emanazione comunitaria, impone alle banche di identificare il gruppo di appartenenza del cliente che va a richiedere il fido e, in particolare, le connessioni giuridiche ed economiche fra i soggetti prenditori del credito. Passo al problema dell'articolazione territoriale delle banche. Con la prima direttiva comunitaria di coordinamento bancario veniva imposto ed attuato il principio della libertà di accesso al mercato. Inizialmente la vigilanza ha proceduto con gradualità, prima attenuando e poi sostanzialmente eliminando le barriere amministrative all'entrata e all'espansione territoriale. Dal 1990 tuttavia, sulla base di precise istruzioni impartite, le banche possono definire autonomamente le strategie di articolazione della propria rete. L'organo di vigilanza non può chiedere modifiche delle loro decisioni sulla base di motivazioni concernenti il bisogno economico e le caratteristiche di mercato delle singole piazze. Questo era l'obiettivo che le discipline comunitarie imponevano ai paesi membri. Il potere interdittivo della Banca d'Italia è limitato e si fonda espressamente su valutazioni attinenti agli aspetti finanziari, economici e patrimoniali della banca, nonché all'adeguatezza della propria struttura tecnico-organizzativa e dei controlli interni. La diffusione dei servizi bancari sul territorio nazionale si è notevolmente accresciuta nel periodo dal 30 giugno 1990 al 30 giugno 1994; il numero degli sportelli è passato da 15.496 a 21.848, con un incremento di 6.352 dipendenze, pari al 41 per cento del totale. A tale proposito, lascerò alla Commissione alcuni allegati esplicativi dei dati contenuti. L'analisi effettuata sui tassi di crescita, disaggregata a livello regionale, non mostra significative differenze rispetto alla media nazionale: l'incremento è stato del 42,3 per cento al nord, del 37 per cento circa al centro, del 41 per cento al sud. Dall'analisi di questi dati disaggregati non sono emersi fenomeni particolari che possano far ipotizzare qualche nesso con i flussi finanziari illegali che, d'altro canto, ormai sono caratterizzati da una estrema mobilità e non necessariamente emergono nella zona in cui il fenomeno criminoso si manifesta. Al contrario, la diffusione degli sportelli bancari nelle zone meno sviluppate del paese, oltre a favorire ed agevolare la crescita economica della zona, può contribuire a contrastare fenomeni di illegalità finanziaria, quali l'usura e l'abusivismo finanziario. Sul piano sanzionatorio, oltre agli istituti dell'amministrazione straordinaria e della liquidazione coatta amministrativa, che sono generalmente finalizzati alla gestione delle crisi bancarie ed estesi anche alle strutture complesse di gruppo, l'ordinamento si è arricchito di nuovi strumenti Pagina 321 di intervento straordinario in situazioni di patologia operativa. La Banca d'Italia può imporre oggi il divieto di intraprendere nuove operazioni, oltre che ordinare la chiusura di succursali, in presenza di violazioni di disposizioni legislative, amministrative o statutarie che ne regolano l'attività; fra queste, evidentemente, rientra sicuramente a pieno titolo la consapevole violazione delle norme in materia di antiriciclaggio. L'ordine di chiusura può riguardare singole filiali interne, ma anche estere, di banche italiane, e può investire una o più sedi di attività in Italia anche di banche estere. Per quanto concerne sempre il settore sanzionatorio, ma riferito agli intermediari finanziari non bancari, agli strumenti penalistici di repressione delle più gravi irregolarità si è aggiunto un ulteriore meccanismo che, in caso di gravi violazioni di norme di legge o di disposizioni amministrative, prevede la cancellazione dall'elenco generale degli intermediari finanziari tenuto presso l'UIC; ciò comporta l'impossibilità di proseguire l'attività finanziaria. Passando all'azione di contrasto all'attività finanziaria illegale, mi sembra di poter affermare che una strategia di contrasto efficace non può prescindere da una visione globale dei fenomeni di illegalità nel sistema finanziario. Le attività abusive producono effetti distorsivi sulla concorrenza e possono costituire il terreno di coltura di altre attività criminose, quali il riciclaggio e l'usura. Nel nuovo quadro regolamentare, per svolgere oggi attività finanziaria sul mercato occorre rientrare in una delle figure di intermediario previste dalla legge e sottoporsi quindi alle relative regole di controllo. Il regime penale dell'abusivismo si accompagna al meccanismo della regolamentazione indicata, con l'effetto di far emergere il sistema finanziario sommerso. Questa impostazione, oltre a tendere all'espulsione dei soggetti inquinati dalla criminalità, incentiva gli intermediari sani ad "ufficializzarsi", utilizzando i benefici, in termini di reputazione, credibilità e potenzialità operative, offerti dal sistema dei controlli al quale vanno a sottoporsi. Le società finanziarie iscritte all'elenco generale presso l'UIC sono attualmente 21.836 (anche in questo caso, esiste un preciso allegato con distribuzione di tipologia operativa e di insediamenti territoriali). Si tratta, in massima parte, di società che gestiscono esclusivamente partecipazioni in altre società e non operano con il pubblico. Le società finanziarie che prestano servizi nei confronti del pubblico sono 1.791. Per tutte queste società sono previsti diversi livelli di controllo. Per tutte insieme sono previsti essenzialmente requisiti di onorabilità degli esponenti e degli azionisti; per gli intermediari che operano nei confronti del pubblico sono stabilite precise condizioni per l'entrata nel mercato (capitale minimo, forma giuridica, professionalità, onorabilità), nonché obblighi di correttezza e regole di trasparenza. Con riguardo alla disciplina antiriciclaggio, i controlli su queste ultime società sono affidati al nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di finanza. Il terzo livello di controllo è costituito nei riguardi delle società iscritte nell'elenco speciale detenuto dalla Banca d'Italia. Si tratta di 272 società, di cui 220 aventi sede nelle regioni del nord, 39 nell'Italia centrale, 13 al sud. Questi intermediari, oltre che avere le condizioni di ingresso sul mercato, sono sottoposti alla vigilanza prudenziale ed ispettiva della Banca d'Italia e sono quelli che per dimensioni più rilevanti o perché utilizzano maggiormente risorse finanziarie acquisite presso terzi necessitano di un controllo più penetrante, più pregnante. L'articolo 3 del decreto legislativo n. 481 del 1992, recepito dal testo unico, ha definitivamente chiarito che solo le banche possono raccogliere tra il pubblico fondi con l'impegno di restituzione, fatte salve evidentemente le specifiche e disciplinate eccezioni. Con il medesimo decreto è stata poi introdotta una figura di reato che punisce direttamente la raccolta abusiva di risparmio. Il Comitato interministeriale per il credito e il risparmio, con Pagina 322 apposito decreto del marzo 1994, ha disciplinato queste eccezioni. L'applicazione di queste disposizioni coinvolge evidentemente il fenomeno delle cosiddette casse di mutualità, che negli ultimi anni si era diffuso in particolare nelle regioni meridionali. Risulta quindi confermato e reso esplicito il divieto per le cooperative finanziarie di raccogliere fondi tra i loro soci. Per corrispondere all'esigenza di assorbire le casse di mutualità nel circuito legale sono ora disponibili vari strumenti, quali la trasformazione in banca cooperativa, la cessione di azienda, la fusione con altre istituzioni bancarie. Per assicurare l'attuazione di queste nuove regole, occorre che gli intermediari che non abbiano assunto una delle figure legali tipiche vengano esclusi dalla comunità degli affari e che il territorio venga presidiato, in modo che i soggetti non autorizzati vengano prontamente individuati. La Banca d'Italia ha impegnato il sistema creditizio a seguire criteri di prudenza nell'avviare rapporti con le società finanziarie e a non favorire fenomeni di abusivismo. Nel "decalogo" antiriciclaggio viene precisata l'importanza per gli intermediari di una compiuta conoscenza del cliente; abbiamo sostenuto che essere accettato come cliente di un intermediario deve costituire un valore socialmente apprezzato. L'obiettivo di una completa "bonifica" del mercato finanziario dagli operatori illegali non può essere perseguito solo mediante i meccanismi di contrasto introdotti nell'ordinamento; occorre in particolare che la domanda di servizi finanziari da parte del pubblico non si indirizzi verso operatori non autorizzati. Si ritiene cioè che tutti i soggetti presenti sul mercato debbano essere chiaramente identificabili; da ogni forma pubblicitaria deve potersi agevolmente ricavare la legittimazione ad operare ed il tipo di intermediario da cui promana l'offerta. Ma soprattutto, i cittadini che richiedono un servizio finanziario devono essere resi pienamente consapevoli delle caratteristiche del soggetto al quale affidano il proprio risparmio ovvero richiedono un finanziamento. E' un compito che a mio avviso può essere efficacemente svolto dalle associazioni degli intermediari e dei consumatori; ritengo però che anche le autorità pubbliche possano contribuire all'opera di sensibilizzazione favorendo la più ampia diffusione tra il pubblico degli elenchi degli intermediari abilitati ad effettuare le diverse attività finanziarie. Potranno anche essere fornite (questo è un impegno che la banca si assume) indicazioni esplicative chiaramente percepibili dalla clientela sulle attività esercitate dalle singole categorie di intermediari. Il fenomeno dell'usura, come ha detto il governatore, si configura come il crocevia di un gran numero di attività illecite; secondo informazioni desumibili dai procedimenti giudiziari in corso, l'usura, da un lato si presta come strumento per riciclare e accrescere proventi di altre forme di reato, dall'altro si accompagna alle estorsioni nel perseguire l'intento criminale di impadronirsi di attività economiche legali. E' stata avviata una serie di iniziative sul terreno della lotta all'usura, nella consapevolezza che il problema è complesso e che va affrontato attraverso misure più articolate della sola repressione penale. Dal lato dell'offerta del credito, va richiamato che il sistema finanziario si è arricchito di nuovi strumenti e di nuovi operatori; la sua presenza sul territorio è divenuta più capillare. Nel complesso, il sistema legale è oggi in grado di soddisfare adeguatamente le esigenze delle famiglie e delle imprese. In via generale, osservo che l'usura origina da fattori esterni al settore bancario. Nondimeno, il contributo che la Banca ha chiesto al sistema e agli altri intermediari finanziari è quello di migliorare e velocizzare ulteriormente le procedure operative nei rapporti con la clientela. Un ruolo importante spetta in particolare alle banche locali, perché riaffermino la loro vocazione di fornire la maggior parte del sostegno finanziario alle famiglie e alle piccole imprese. Nel giugno scorso sono state emanate precise istruzioni al sistema bancario per Pagina 323 sollecitare un'attiva collaborazione da parte sua nella lotta contro l'usura. Innanzitutto, è stato ricordato che anche quelle operazioni della clientela che destino il sospetto di trarre origine da pratiche di usura rientrano chiaramente nell'obbligo di segnalazione alle forze di polizia, previsto dall'articolo 3 della legge n. 197 del 1991. E' stato richiamato che il solo dubbio che propri clienti possano utilizzare in attività finanziarie illegali i crediti legalmente ricevuti deve spingere le banche ad evitare la concessione di finanziamenti non direttamente giustificati dall'attività economica svolta dagli stessi clienti. E' stata richiamata la necessità che i controlli aziendali interni contemplino meccanismi e procedure idonei ad evitare il verificarsi di comportamenti infedeli di dipendenti, che diano sostegno e appoggio a soggetti dediti all'usura. Il sistema è stato inoltre invitato a svolgere presso la clientela un'attenta opera di richiamo e di segnalazione per rappresentare i rischi insiti nel richiedere prestiti a soggetti non legittimati a svolgere attività di finanziamento. Per il tramite dell'ABI è stato rivolto al sistema bancario l'invito a predisporre tecniche di valutazione delle richieste di fido, per i casi di particolare urgenza, che riducano i tempi di risposta. Su questo argomento voglio aggiungere che per quanto riguarda i piccoli crediti, il ricorso al credito al consumo è chiaramente agevolativo, nel senso che le modalità di istruttoria del fido sono semplificate al massimo, basandosi essenzialmente sulla busta paga o sulla dichiarazione dei redditi. Quindi, credo che chi faccia ricorso al credito al consumo chiaramente usufruisca di metodologie molto celeri nella concessione, salvo che non disponga delle capacità di meritare il credito richiesto. La molteplicità delle cause dell'usura e i suoi complessi risvolti hanno indotto la Banca d'Italia ad avviare, anche in questo caso, una ricerca per individuare gli ostacoli che, sul versante dell'offerta, impediscono ai soggetti che si rivolgono agli usurai di accedere direttamente al credito bancario; verranno approfondite le eventuali insufficienze del quadro normativo, nonché le disfunzioni nell'attività della pubblica amministrazione, in particolare nelle procedure esecutive per il recupero dei crediti, che indirettamente favoriscono il fenomeno dell'usura. La ricerca comprenderà anche un'analisi delle esperienze dei principali paesi esteri in materia. Sono a conoscenza che sul piano legislativo sono state presentate in Parlamento numerose ipotesi di modifica normativa. Sul tema, la Banca ha già fornito alla Commissione competente il proprio contributo tecnico. E' stata condivisa, tra l'altro, la scelta di svincolare la figura di reato dell'usura dalla sussistenza dello stato di bisogno della vittima e di renderla sufficientemente ampia da colpire tutte le possibili modalità di aggressione ai beni del soggetto. Per quanto concerne il riciclaggio, che è il punto nodale dell'attenzione di questa Commissione, i meccanismi di rilevazione introdotti dalla legge n. 197 del 1991 operano sia a livello aggregato sia per i singoli casi. Dati aggregati affluiscono all'Ufficio italiano dei cambi, al quale la legge affida il compito di effettuare analisi statistiche volte ad individuare flussi finanziari anomali riguardanti specifiche aree territoriali. Queste elaborazioni, tuttora in fase di sperimentazione, potranno confluire in un più ampio progetto per una rilevazione sistematica dei fenomeni connessi alla penetrazione della criminalità organizzata nell'economia e nella finanza legale. La rilevazione dei casi sospetti di riciclaggio è compito degli intermediari, i quali valutano le operazioni poste in essere nel contesto delle informazioni disponibili sul conto della propria clientela; queste valutazioni si avvalgono della base informativa contenuta negli archivi unici aziendali, prescritti dalla legge n. 197. Essi contengono informazioni in ordine a tutti i conti, ai depositi e a tutti gli altri rapporti continuativi intrattenuti presso la banca, nonché a tutte le operazioni che comportano movimentazioni superiori al limite dei venti milioni di lire. Le tracce di anomalia emerse presso l'intermediario finanziario vanno poi Pagina 324 approfondite sul piano investigativo. Le indagini giudiziarie possono avvalersi delle informazioni che gli intermediari sono tenuti a conservare. I rapporti tra intermediari e organi inquirenti potranno divenire più agili, meno costosi, attraverso l'anagrafe dei conti e dei depositi della clientela, prevista dall'articolo 20 della legge n. 413 del 1991, che consente (o consentirà) di individuare rapidamente gli intermediari presso i quali indirizzare gli accertamenti di polizia giudiziaria, invece che allargare le richieste a tutto il sistema nazionale. La scelta di affidare agli intermediari il compito di segnalare le operazioni sospette muove dalla considerazione che le operazioni finanziarie in genere sono neutre; solo confrontando l'aspetto oggettivo dell'operazione con le caratteristiche soggettive del cliente può ricavarsi un concreto giudizio di possibile anomalia. E' noto che allo scopo di agevolare il compito degli intermediari e per assicurare linee di comportamento omogenee, la Banca d'Italia ha diffuso nel gennaio 1993 il cosiddetto decalogo antiriciclaggio, che è stato redatto con l'apporto dell'ABI e di tutte le forze di polizia. La Banca ha in mente di rivedere il decalogo, per tenere conto sia dei cambiamenti intervenuti nella legislazione sia delle esperienze maturate, ma anche per integrare le fattispecie che denotano sintomi di possibile anomalia. Seguirà una seconda fase di sensibilizzazione dell'intero sistema bancario e finanziario, volta ad incentivare l'opera di addestramento e formazione del personale. Al momento dell'introduzione del decalogo esponenti della Banca hanno effettuato numerosi incontri con dirigenti bancari per illustrarne con chiarezza il contenuto e le finalità. Il sistema bancario si è attivato per la formazione del personale abilitato a svolgere attività in tale ambito. Devo anche riferire che il sistema bancario sta mettendo appunto una procedura informatica per un primo screening delle operazioni da sottoporre a particolare esame; ciò potrà costituire un ausilio per gli operatori, ma senza esimerli da una valutazione responsabile dei singoli casi sulla base della conoscenza del cliente. E' ormai superata l'incertezza applicativa iniziale relativa al legame con l'articolo 648-bis del codice penale, la cui riformulazione oggi estende l'obbligo di segnalazione non solo a specifiche fattispecie ma anche alle ipotesi di reati gravi produttori di ricchezza illecita, tra i quali quindi anche i fatti di usura. Rimane tuttora irrisolto il principale problema avvertito dagli operatori: la mancanza di meccanismi che assicurino la completa riservatezza delle segnalazioni, che è spesso condizione essenziale per la sicurezza del personale bancario che opera in zone difficili. Si tratta di un'esigenza che è stata già rappresentata in più sedi da tutte le autorità interessate alla materia. Concrete indicazioni su possibili interventi nella materia dell'antiriciclaggio furono individuate già nell'ambito di un gruppo di lavoro costituito presso la Banca d'Italia, su invito del ministro dell'interno, nell'ottobre del 1992, al quale partecipavano esponenti dell'ABI, dell'Ufficio italiano dei cambi e delle forze di polizia. Tenuto conto dell'esperienza francese, si potrebbe affidare a un organo composto da autorità di polizia e amministrative l'esame delle segnalazioni, oppure individuare modifiche procedurali che rendano più agevole e riservato il flusso delle segnalazioni. Dalle più recenti rilevazioni emerge una inversione di tendenza rispetto alla fase di prima applicazione; le segnalazioni pervenute al nucleo speciale di polizia valutaria dal 1^ gennaio al 15 settembre 1994 sono 529, più che doppie rispetto a quelle dell'intero 1993 (234). In totale, dal 1991 le segnalazioni ricevute si ragguagliano a 888, di cui 792 provenienti dalle banche. Superata la fase di rodaggio, quindi, il flusso delle segnalazioni tende ad accrescersi. Credo che possa realisticamente prevedersi che, apportati gli interventi correttivi e in specie quelli in punto di riservatezza, il meccanismo di segnalazione delle operazioni potrà dare i risultati voluti e attesi. Pagina 325 Per quanto concerne l'ipotesi di introdurre, in alternativa al sistema vigente, una banca-dati centralizzata nella quale confluisca la generalità dei movimenti bancari, la Banca d'Italia è tuttora dell'avviso che sussistano forti controindicazioni sotto il profilo dell'utilità, della fattibilità e dei costi, nonché sotto quello della praticabilità giuridica. Sotto il primo profilo, è estremamente difficile che da un numero straordinariamente rilevante di dati possano estrapolarsi informazioni realmente significative, ove queste non siano collegate alla conoscenza del soggetto che le ha poste in essere. E' da ritenere che il metodo secondo cui, muovendo dal sospetto dell'intermediario sulla concreta operazione si utilizzino i dati degli archivi informatici, sia più efficace rispetto a quello che, partendo da una gran mole di dati grezzi, implichi indagini a tappeto su una serie di movimenti finanziari, per lo più legittimi, per giungere a focalizzare l'attenzione su eventuali ipotesi di sospetto. Non vanno poi sottovalutati i costi di impianto e di gestione di un siffatto sistema informativo, che dovrebbe assorbire quotidianamente i dati analitici dell'intero sistema finanziario e non solo quelli, già di per sé numerosissimi, delle banche. Sul piano giuridico, credo di poter osservare che l'ordinamento consente il superamento del diritto alla riservatezza dei cittadini solo caso per caso, nel contesto delle regole e delle garanzie proprie degli accertamenti penali e tributari; qualora il meccanismo ipotizzato consenta all'autorità pubblica di conoscere costantemente le attività finanziarie dei cittadini o di avviare indagini sulla base di mere estrapolazioni automatiche, esso potrebbe confliggere con le basilari esigenze di riservatezza e di libertà. Sottolineo infine che uno strumento di questo tipo è estraneo all'esperienza degli altri paesi europei; una sua introduzione penalizzerebbe fortemente il mercato italiano, perché la generalità degli operatori tende a indirizzare le proprie scelte di investimento verso sistemi meno vincolistici e più rispettosi del diritto alla riservatezza. Le disposizioni della legge n. 197 del 1991 mirano, com'è noto, a scoraggiare l'uso del denaro contante e di altri mezzi di pagamento anonimi, nonché a diffondere il ricorso a strumenti che lascino tracce e consentano di ricostruire a posteriori le operazioni eseguite. La normativa affida esclusivamente agli intermediari abilitati la gestione dei flussi di circolazione delle disponibilità finanziarie, mirando a creare una barriera all'immissione nell'economia legale di proventi illeciti. Il testo unico in materia bancaria e creditizia aggiunge un ulteriore elemento alla regolamentazione del sistema dei pagamenti ed attribuisce alla Banca d'Italia la facoltà di emanare disposizioni al fine di promuovere il regolare funzionamento dei sistemi di pagamento. Sulla base di alcune analisi effettuate, nel confronto con altri paesi europei l'entità complessiva della circolazione del contante in Italia non mostra aspetti di particolarità, anche in rapporto al prodotto interno lordo. L'andamento della circolazione monetaria dipende anche da componenti abitudinarie e dal livello di diffusione dei mezzi di pagamento alternativi; da questa analisi (riportata in apposito allegato) si è rilevato che il maggior contributo all'aumento del circolante è attualmente riconducibile alle regioni meridionali. Sono in corso approfondimenti congiunti del Ministero dell'interno, dell'Ufficio italiano dei cambi e della Banca d'Italia per confrontare con le previsioni della disciplina antiriciclaggio l'operatività delle cosiddette società di servizi che, all'iniziale attività di mero trasporto di valori, vanno accompagnando ulteriori funzioni di smistamento delle banconote; potrà forse emergere la necessità di specifici interventi di regolamentazione. Per quanto concerne il ruolo della Banca d'Italia, devo dire che, già nella sua funzione di banca centrale, essa ha recepito pienamente al proprio interno le disposizioni e lo spirito della normativa antiriciclaggio e delle altre regole dettate per Pagina 326 accrescere l'efficienza e la trasparenza della pubblica amministrazione. L'archivio unico informatico è stato puntualmente attivato, sono state affinate le procedure di controllo sulle operazioni ed è stata svolta una diffusa ed ampia opera di addestramento e formazione del personale centrale e periferico. Pur essendo meno frequente il ricorso dei presupposti perché scatti l'applicazione dell'articolo 3 della legge n. 197 del 1991, considerata la ridotta operatività "bancaria" dell'istituto, con clientela privata non creditizia o finanziaria, tuttavia, anche con questi limiti, sono state inoltrate alla competente autorità complessivamente 14 segnalazioni di operazioni anomale, 13 delle quali hanno riguardato operazioni in titoli. Particolare rilievo assume il contributo che la Banca d'Italia fornisce alla lotta alla criminalità nelle sue manifestazioni finanziarie, attraverso l'esercizio dell'azione di vigilanza e la collaborazione con gli altri organi dello Stato. I controlli sugli adempimenti degli intermediari in materia di antiriciclaggio costituiscono ormai parte integrante dell'ordinaria attività di vigilanza. E' stata svolta un'opera di sensibilizzazione per l'adozione, da parte del sistema bancario e finanziario, di moduli organizzativi funzionali agli adempimenti richiesti dalla legge n. 197 del 1991; è stata condotta un'azione ricognitiva sullo stato di attuazione della normativa presso il sistema. In sede ispettiva vengono effettuati controlli su campioni di operazioni, anche presso dipendenze periferiche, al fine di accertare l'avvenuta registrazione delle operazioni cosiddette rilevanti, l'osservanza delle disposizioni in tema di limitazione all'uso del contante e di circolazione dei titoli al portatore, l'adeguatezza delle procedure di segnalazione delle operazioni "sospette". Nell'ambito di accordi con l'Ufficio italiano dei cambi è stato realizzato, nel periodo 1992-1993, un programma congiunto di ispezioni settoriali presso oltre 400 sportelli bancari situati nelle quattro regioni meridionali caratterizzate da una maggiore penetrazione della criminalità organizzata. L'Ufficio italiano dei cambi ha avviato autonomamente 29 accertamenti presso aziende di credito. Verifiche sul rispetto della disciplina antiriciclaggio vengono eseguite anche in occasione di accertamenti ispettivi nei confronti degli altri intermediari "vigilati" (mi riferisco alle SIM, alle società finanziarie capogruppo, alle finanziarie iscritte all'elenco ex articolo 107 del testo unico, alle società di gestione di fondi comuni di investimento). Nel triennio 1991-1993 sono state effettuate 543 ispezioni di vigilanza nei confronti del sistema bancario. In presenza di violazioni delle disposizioni di legge o amministrative, la Banca d'Italia ha avviato, nel medesimo triennio, 213 procedure per l'emanazione di decreti sanzionatori da parte del ministro del tesoro. Nel periodo dal 30 giugno 1990 al 30 giugno 1994 sono stati assunti 22 provvedimenti di gestione straordinaria e 11 di liquidazione coatta amministrativa, per un totale di 33; di essi, ben 24 sono relativi a banche dislocate nell'Italia meridionale. L'inosservanza delle disposizioni in materia di limitazione nell'uso del contante e nella circolazione dei titoli al portatore configura illecito sanzionabile in via amministrativa con decreto del ministro del tesoro, al quale dal 1^ gennaio 1992 la Banca d'Italia ha segnalato 71 casi. Con riferimento alle omissioni di registrazione delle operazioni rilevanti, che configurano ipotesi di reato, sono state inoltrate, dal 1992, 80 segnalazioni alle competenti procure della Repubblica. Inoltre, se dalle verifiche condotte emerge che le irregolarità sono connesse a particolari disfunzioni nell'organizzazione e nei controlli interni, la Banca d'Italia interviene nei confronti degli intermediari affinché adottino le necessarie misure correttive. In relazione ai compiti rimessi dalla legge n. 197 del 1991 all'Ufficio italiano dei cambi, nel febbraio 1992 è stato sottoscritto dalla Banca e dall'Ufficio un protocollo d'intesa per il coordinamento dell'attività di vigilanza in materia di riciclaggio, al quale si è aggiunto un accordo per lo Pagina 327 scambio di informazioni sulle società finanziarie, al fine di scovare eventuali soggetti abusivi. Il numero complessivo di richieste di collaborazione della magistratura è in costante aumento (139 nel 1992, 273 nel 1993 e 206 nei primi nove mesi del 1994). In molti casi tali richieste hanno riguardato l'utilizzo di funzionari della Banca nell'ambito di procedimenti penali per il conferimento di incarichi peritali o di consulenza tecnica che richiedono la ricostruzione di operazioni complesse presso intermediari, ovvero la loro audizione in qualità di testi. Va segnalata la piena disponibilità che la Banca d'Italia ha rappresentato alla Direzione nazionale antimafia a fornire consulenze tecniche nel corso di indagini in tema di criminalità organizzata. In relazione a intese di carattere generale, è stato inoltre sviluppato un proficuo scambio di informazioni anche con la Direzione investigativa antimafia. Sono intensi i rapporti con la Guardia di finanza, in particolare in tema di società finanziarie di dubbia legittimità. Nel 1993 è stato trasmesso un elenco di 187 società aventi sede in Italia meridionale venute all'attenzione della Banca d'Italia per possibili profili di abusivismo. Con la Guardia di finanza è stato stipulato, nello stesso tempo, un accordo, recentemente divenuto operativo, per l'esercizio dei controlli ispettivi in tema di trasparenza delle operazioni e dei servizi finanziari nei confronti degli intermediari non sottoposti ad altre specifiche forme di vigilanza. I direttori delle filiali provinciali della Banca d'Italia mantengono uno stretto raccordo con i prefetti, attraverso la partecipazione ai Comitati per l'ordine e la sicurezza pubblica. La Banca d'Italia partecipa inoltre, con l'Ufficio italiano dei cambi e con la Guardia di finanza, al Comitato per la risoluzione delle problematiche dell'antiriciclaggio ex legge n. 197 del 1991, istituito presso il Ministero del tesoro. Per quanto concerne il rilievo internazionale, al quale ha fatto riferimento il governatore, in questo ampio scenario la globalità e l'intensificazione dei rapporti finanziari, determinati anche dalla liberalizzazione dei movimenti di capitale a breve e a lungo termine, accrescono le probabilità di sviluppo anche delle attività economiche illecite. La massa dei movimenti è ingente ed è difficile comprendere quanto e cosa si racchiuda in questi movimenti. L'esistenza di centri finanziari che devono il proprio successo alla mancanza dei vincoli e dei controlli sui trasferimenti e depositi di fondi consente di aggirare le misure predisposte nei paesi di origine. Nei paesi dell'est europeo la debolezza delle strutture economiche richiede consistenti afflussi di capitale per finanziare gli investimenti; nel contempo, controlli pubblici ancora insufficienti non assicurano le necessarie barriere all'ingresso di capitali di provenienza illecita. Su tali flussi non si dispone di informazioni quantitative, né sono possibili stime affidabili. La più solida barriera ai movimenti dei proventi dell'attività criminale organizzata è rappresentata dalla cooperazione fra le autorità preposte ai controlli. Con la sottoscrizione dei Memoranda of understanding fra le "Vigilanze" dei paesi comunitari si dà concreta attuazione all'integrazione internazionale. Vengono scambiate informazioni su episodi di patologia finanziaria che riguardano singoli intermediari. Lo scambio di informazioni, seppure su basi non codificate, si va realizzando tra le autorità dei paesi ad economia matura; ciò anche sulla scorta di esperienze - quali la vicenda della Bank of credit and commerce international (BCCI) - che hanno dimostrato la necessaria complementarità dei controlli, specie in ipotesi di condizionamenti criminali delle scelte di gestione. Il Gruppo di azione finanziaria internazionale per la lotta al riciclaggio dei proventi illeciti, costituito nel 1989 dai sette paesi maggiormente industrializzati, ha rappresentato un significativo foro di incontro fra le diverse delegazioni nazionali dell'intera area OCSE e delle piazze di Hong Kong e Singapore. Le 40 raccomandazioni elaborate dal GAFI configurano il comune denominatore dell'assetto degli ordinamenti nazionali per la lotta alla finanza illecita e tracciano le linee per Pagina 328 l'affinamento delle strategie dell'azione di contrasto. Si è appena conclusa la fase dei lavori del GAFI orientata, attraverso un sistema di mutue valutazioni, a verificare lo stato di effettivo recepimento delle raccomandazioni nelle legislazioni, nel sistema dei controlli amministrativi e di polizia e nella cooperazione giudiziaria realizzata dai singoli paesi aderenti. Nel quadro di questi lavori, nel 1993 una commissione internazionale di esperti ha condotto una visita presso autorità, amministrazioni ed organismi del nostro paese impegnati nell'azione antiriciclaggio, tra i quali la Banca d'Italia e l'Ufficio italiano dei cambi. Le conclusioni cui gli esperti sono pervenuti, contenute in un documento approvato dall'Assemblea plenaria del GAFI, riconoscono la validità dell'impianto normativo antiriciclaggio del nostro paese, richiamando l'attenzione sull'esigenza, peraltro già ben presente alle autorità italiane, di rendere più funzionali le procedure per la gestione delle segnalazioni delle operazioni sospette. Su questo punto le esperienze estere sono eterogenee. Tutte le soluzioni adottate perseguono, tuttavia, l'obiettivo della "riservatezza" delle segnalazioni e del loro accentramento presso "unità" di analisi. Orientamento comune dei paesi europei è stato quello di rifiutare, perché ritenuti difficilmente governabili, sistemi basati sull'automatica acquisizione di dati rilevanti in senso quantitativo. Il GAFI, nella sessione dei lavori per il 1994-1995, ha programmato una specifica valutazione comparativa delle diverse formule già realizzate, o in via di realizzazione, nei diversi paesi europei. Un nuovo elemento di preoccupazione emerso di recente in sede GAFI è costituito dalle modalità operative di taluni sistemi privati di compensazione delle transazioni internazionali, che non sembrano assicurare piena trasparenza circa le generalità dell'ordinante e del beneficiario effettivo delle operazioni. L'esigenza della cooperazione internazionale ha ricevuto un'autorevole conferma dalla recente conferenza di Napoli del G7 e credo che un ulteriore significativo appuntamento sia rappresentato dalla conferenza dell'ONU che si terrà a Napoli nel prossimo novembre. Credo anche che questa sia oggi la sede maggiormente legittimata a compiere interventi di questo tipo per estendere la normativa in materia a tutti i paesi. Ritengo che il GAFI, con le nuove attività, esaurisca la sua funzione, per cui vi è bisogno di un organo che abbia il potere di incidere sulle decisioni governative per raggiungere risultati obiettivi. La Banca d'Italia è impegnata a fornire varie forme di ausilio ai paesi dell'est europeo e a quelli in via di sviluppo, al fine di consentire ai medesimi di impiantare efficaci sistemi di controllo sulle attività finanziarie. Nell'ambito di accordi bilaterali di assistenza, si svolgono frequentemente, presso il nostro istituto, stages per rappresentanti di banche centrali; elementi della Banca d'Italia, inoltre, si recano spesso presso dette banche per collaborare a specifici programmi di formazione e di qualificazione. Infine, su richiesta del Fondo monetario internazionale, la Banca d'Italia ha istituito corsi periodici di formazione per esponenti di banche centrali di paesi dell'Europa orientale. Quanto alle prospettive, nell'azione di contrasto al riciclaggio va completandosi la fase di impianto del sistema normativo e dei controlli. E' stata inoltre svolta un'ampia opera di sensibilizzazione degli intermediari. Su queste basi è da attendersi una fase di piena attuazione delle indicazioni della legge e delle autorità. Talune proposte operative da me richiamate potrebbero costituire un ulteriore impulso per l'azione di contrasto ai fenomeni illegali nel sistema finanziario, contribuendo a migliorarne i risultati. In conclusione, ritengo utile riassumere alcuni degli orientamenti prospettati. In materia di lotta all'abusivismo si segnala una duplice esigenza: rafforzare l'azione di controllo sul territorio, attraverso la Guardia di finanza e le altre forze dell'ordine, al fine di far emergere i soggetti illegali; sensibilizzare i cittadini per evitare Pagina 329 che si rivolgano a soggetti non autorizzati a svolgere attività finanziaria. In tema di contrasto all'usura, ferma restando l'opportunità dei previsti interventi legislativi, desidero richiamare l'impegno del sistema bancario a corrispondere, nel rispetto dei criteri tecnici della valutazione del merito di credito ed in forme e con procedure adeguate, alle richieste di credito dei piccoli operatori, nonché lo sviluppo di iniziative volte a prevenire il ricorso all'usura, mediante strumenti di garanzia collettiva promossi o costituiti da associazioni di categoria o da fondazioni che abbiamo scopi di utilità sociale. Quanto alla lotta al riciclaggio, gli orientamenti prospettati concernono l'aggiornamento del decalogo emanato dalla Banca d'Italia e l'avvio di una nuova azione di sollecitazione indirizzata, in particolare, agli intermediari non bancari; concernono, inoltre, la revisione della procedura di segnalazione delle operazioni sospette, in funzione di una assoluta riservatezza dei soggetti segnalanti, eventualmente affidando il vaglio delle operazioni ad un organismo unico, cui partecipi, accanto alle forze di polizia, una componente di natura tecnica; il rafforzamento della cooperazione internazionale in relazione alla continua evoluzione dei fenomeni finanziari illegali, che tendono a svilupparsi nei varchi lasciati sguarniti dalla regolamentazione e dai controlli. PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Desario per l'ottima relazione. Poiché il governatore Fazio non desidera aggiungere altre osservazioni, do la parola ai colleghi che intendono rivolgere domande ai nostri ospiti. ALESSANDRA BONSANTI. Vorrei chiedere al governatore della Banca d'Italia e al dottor Desario (che conosco da tempo per il lavoro che egli ha svolto in alcuni settori di osservazione della criminalità organizzata) di effettuare un soltanto apparente salto indietro, diciamo un salto indietro "storico". Per molti anni in Italia le banche del riciclaggio e quelle legate più strettamente alla mafia hanno fatto capo in un primo momento a Michele Sindona e, in una fase successiva, a Roberto Calvi, entrambi iscritti alla loggia massonica P2 ed entrambi assassinati. L'universo del riciclaggio rappresenta oggi un ambito molto più complesso rispetto al passato tanto che, se ripensiamo al Banco Ambrosiano ed alle banche di Sindona, possiamo avere l'impressione che fossero una sorta di gioco da ragazzi, anche se Sindona ha sempre rivendicato a se stesso un ruolo importante di maestro nel meccanismo delle scatole cinesi delle società estere. Vorrei chiedervi, in base all'esperienza da voi maturata e che in parte avete vissuto sulla vostra pelle (penso, in particolare, a ciò che è accaduto al dottor Sarcinelli ed al governatore Baffi nel momento in cui hanno cercato di penetrare a fondo questo universo), se ritenete che oggi in Italia esistano eredi delle situazioni di allora e quali pensate possano essere i canali che hanno ereditato tutto ciò che fu di Sindona e di Calvi. Sapete bene che negli Stati Uniti si parla molto di Parretti e in Svizzera di Fiorini (del quale si parla anche negli Stati Uniti), ma tutto questo sembra un aspetto limitato rispetto al problema considerato nella sua globalità. Qual è il vostro giudizio al riguardo? Inoltre vorrei sapere se riteniate che in Italia oggi possa esistere il rischio che imperi finanziari o grandi capitali sorti sulla base di attività di riciclaggio o comunque illegali siano completamente entrati nella sfera della legalità e se esistano strumenti adeguati per indagare su certe origini oscure, oppure se gli italiani debbano rassegnarsi a pensare che nella seconda Repubblica debba essere dimenticato tutto ciò che nacque nella illegalità della prima. Infine, vorrei sapere se esista un elenco dei paradisi fiscali più appetibili e adoperati. Penso, infatti, che già l'individuazione dei punti di arrivo di certi capitali potrebbe far suonare un campanello d'allarme. L'ultima domanda è la seguente: quali sono gli istituti esteri più preparati nel settore del riciclaggio, ai quali la Commissione Pagina 330 potrebbe rivolgersi per approfondire il problema? GIUSEPPE ARLACCHI. Ho molto apprezzato le vostre relazioni, perché hanno dato la misura del grosso passo in avanti che anche la Banca d'Italia ha compiuto negli ultimi anni sotto il profilo dell'acquisizione di una sensibilità più spiccata ed evidente rispetto ad un problema che in precedenza era minimizzato o negato da molte autorità finanziarie pubbliche e private del nostro paese. Credo che tale atteggiamento rappresenti in gran parte l'effetto del mutamento dei tempi e che su di esso abbia anche influito la dichiarazione di Basilea. Ripeto: ho molto apprezzato la vostra apertura così come ho apprezzato anche il richiamo ad una posizione tradizionale che avete sempre assunto circa il collegamento tra la proliferazione degli sportelli bancari e delle piccole banche in alcune aree del paese, soprattutto al sud, ed il riciclaggio. Voi avete sempre sostenuto che tale correlazione è probabilmente inesistente, o comunque minima, e che il problema del riciclaggio del denaro sporco e di origine illecita presenta dimensioni più ampie e molto più difficili da individuare rispetto ad un criterio basato sulla pura e semplice statistica che segnala l'aumento del numero degli sportelli bancari. E' evidente che i grandi flussi di riciclaggio implicano la collaborazione o la complicità di grandi istituti finanziari, mentre per il piccolo riciclaggio e le piccole operazioni illecite viene offerta la collaborazione dei piccoli istituti. Mi pare che i due casi più importanti verificatisi negli ultimi anni sono quello della BCCI, da voi richiamato nella relazione (un caso classico di riciclaggio mondiale che segue le vicende di Sindona e di Calvi), e quello, che pure presenta caratteristiche completamente differenti, della Banca nazionale del lavoro italiana, coinvolta nel finanziamento di operazioni illecite (in questo caso l'economia illegale è stata finanziata dall'economia legale, con un intreccio sul quale sarebbe molto interessante riflettere anche a livello normativo). Tali casi dimostrano come il riciclaggio a livello mondiale sia collegato a grandi istituti e ad altrettanto grandi segmenti del sistema internazionale. E' evidente che abbiamo un mercato internazionale, quello dell'eurodollaro, il quale, per le sue dimensioni e per le caratteristiche di anonimità dei suoi operatori, nonché per la competizione molto intensa che in esso si sviluppa, rappresenta l'ambito privilegiato di azione di alcuni istituti finanziari a rischio molto elevato (con tendenze speculative ed ultraspeculative) nonché il luogo in cui operano i segmenti del sistema finanziario internazionale, cioè i centri finanziari offshore, i paradisi fiscali che tanto ci preoccupano. Qual è il vostro parere sulla incidenza rispetto alla questione dei paradisi fiscali dei centri finanziari offshore coinvolti nelle operazioni di finanza illecita degli ultimi anni? Mi riferisco sia ai centri finanziari puri sia a quelli che presentano al loro interno sistemi bancari e finanziari. In sostanza, vorrei sapere quale sia l'incidenza del mercato dell'eurodollaro e dei paradisi fiscali sul sistema del riciclaggio internazionale. Ho apprezzato la considerazione del dottor Desario secondo cui il GAFI, nonostante abbia svolto un ottimo lavoro di ricognizione e di analisi, non è più sufficiente, ponendosi invece la necessità di andare molto più avanti. Cosa suggerite, sul piano dell'azione internazionale del nostro paese, a questo riguardo? Ritenete che quella della creazione di un'istituzione internazionale o sovranazionale di carattere europeo o mondiale che abbia il compito di monitorare la correttezza delle transazioni sia un'idea sulla quale cominciare a riflettere? Mi riferisco ad una specie di Security exchange commission mondiale che abbia il compito di garantire la sicurezza delle transazioni internazionali, visto che il fenomeno del riciclaggio è connesso ad un fenomeno di stabilità del sistema finanziario internazionale. LUIGI RAMPONI. Ho ascoltato una relazione splendida per la globalità e per l'incisività. Intendevo porre una serie di domande, ma rinuncio, perché sarebbe Pagina 331 difficile, da una parte, porre domande chiare e, dall'altra, consentire risposte esaurienti. Rimane, comunque, questa bellissima relazione di cui vi sono molto grato; essa è la base per l'avvio, o meglio il proseguimento di una collaborazione reciproca, nel corso della quale potremo entrare nel merito di ciascun argomento in modo molto più efficace. Ho colto con grande piacere un senso di maturazione e di responsabilità cosciente, dal punto di vista dell'aggiornamento della normativa, ed una disponibilità pressoché totale nei confronti dell'integrazione di metodi di carattere sia tecnico-informatico sia di carattere umano. Non mi sento di dire altro che grazie per questa relazione che studierò in vista dei contatti che avremo, una volta che avremo definito - e lo faremo a breve scadenza - l'attività della Commissione articolata per gruppi. Credo di poter dire anche a tutti i colleghi che oggi, nonostante le grandi difficoltà, il contesto italiano in ambito legislativo e bancario è certamente all'avanguardia a livello europeo. Grazie. MICHELE CACCAVALE. Anch'io esprimo il mio compiacimento per le relazioni, che confermano l'azione della Banca d'Italia a sostegno dello Stato nella lotta contro la criminalità. Il governatore ha detto che la legge n. 197 del 1991 è applicata "con efficacia soddisfacente". Nel corso di una audizione del ministro Maroni svoltasi in questa Commissione, sono stati sollevati dubbi e perplessità sulla possibilità di apertura di nuovi sportelli di casinò, proprio perché ciò presuppone un'azione di riciclaggio di denaro sporco. Premesso che in Italia ne operano quattro, in deroga agli articoli 718 e seguenti del codice penale, se venisse applicata anche allo sportello del casinò la legge n. 197 prevista per gli sportelli bancari, si otterrebbe la stessa "efficacia soddisfacente" nell'azione contro il riciclaggio di denaro sporco? Avete parlato di usura e di clienti "bancabili" o meno: il cliente non bancabile è quello non affidabile, che ha subito protesti o che ha avuto qualche decreto ingiuntivo; però esistono molti casi in cui sono oggetto di usura proprio soggetti protestati che da qualche anno hanno avviato un'attività pulita. Questa, infatti, ha bisogno del sostegno della banca, ma la banca giudica il soggetto non bancabile, anche se alle sue spalle vi sono compendi immobiliari che potrebbero garantire l'esposizione bancaria. Proprio questi soggetti sono al centro dell'attenzione dell'usura. Se spostassimo un pochino il limite che intercorre tra il soggetto bancabile e quello non bancabile, eviteremmo altri clienti all'usura. Quando il governatore afferma che la difesa contro il riciclaggio presuppone una partecipazione convinta e responsabile degli operatori nell'applicazione della normativa, ritengo si debba considerare anche un altro aspetto: forse non bastano i corsi di formazione per i dirigenti bancari; serve un cambio di cultura. Finché il dirigente bancario sarà soggetto ad una classificazione legata a raccolta, disponibilità, ed impieghi, cioè ai risultati del suo sportello, non avremo mai un'applicazione ed una partecipazione convinte. Nel Pometino esistono alcune piccole agenzie che hanno come clienti pastori sardi, che teoricamente dovrebbero essere gente semplice ma che invece hanno decine di miliardi in BOT (magari sono gli stessi pastori sardi oggetto di indagine da parte dell'autorità giudiziaria per qualche rapimento). Per l'economia dell'agenzia e per la carriera del capo agenzia essi costituiscono un patrimonio a cui difficilmente, per cultura, questi può rinunciare. LUCIANO VIOLANTE. Tanto il governatore quanto il dottor Desario hanno fatto riferimento al problema della cooperazione internazionale, anche perché risulta dalle indagini che il grande riciclaggio è internazionale, e non nazionale, e tocca, in media, almeno quattro paesi. Riagganciandomi all'analisi che faceva il collega Arlacchi, mi pare che, in base ai dati, le transazioni finanziarie quotidiane si aggirino intorno agli 880 miliardi di dollari e quelle commerciali intorno ai 3 mila Pagina 332 miliardi di dollari annui. Praticamente in tre giorni e mezzo di transazioni finanziarie si coprono le intere transazioni commerciali annuali. ANTONIO FAZIO, Governatore della Banca d'Italia. Il dato è di qualche anno fa, oggi è superato. LUCIANO VIOLANTE. Inoltre, credo che lo scarto tra entrate ed uscite annue sia elevatissimo, nel senso che vi è una massa monetaria notevole che circola senza corrispettivo e senza documentazione. Non è che questo sia tutto denaro sporco, ma è quel denaro "caldo" che si sposta per tante ragioni. Certamente, però, flussi di questo genere intanto sono possibili in quanto vi sono aree territoriali quali i paradisi fiscali e così via. Nell'ambito della cooperazione internazionale è possibile che le grandi banche centrali comincino ad assumere un indirizzo nei confronti delle banche di quei paesi che ospitano in modo privilegiato capitale riservato? Domando questo perché, per esempio, in alcuni di questi paradisi come le Cayman vi sono dipendenze di banche legali, diciamo così. Allora il problema non è quello dello statuto che quei governi assicurano al sistema bancario ma quello delle banche italiane, inglesi o tedesche che hanno loro articolazioni. Signor presidente, propongo, per inciso, di inserire nella modifica al regolamento una nota che vieti l'uso del telefonino in aula, che credo raccoglierà l'unanimità. PRESIDENTE. Non credo, perché molti lo usano. LUCIANO VIOLANTE. In base al principio dell'ipocrisia, tutti voteranno a favore. PRESIDENTE. Perché il principio dell'ipocrisia è quello più vigente. Andiamo avanti. LUCIANO VIOLANTE. Come dicevo, il problema è che in questi paesi vi sono diramazioni di banche di paesi "seri". Allora mi chiedo se le banche centrali non possano svolgere un'azione di correzione rispetto a questa tendenza. Naturalmente si tratta di un'azione che deve essere svolta a più livelli, perché non può riguardare un solo istituto o un solo paese. Tra i paradisi fiscali noti ho contato 14 paesi che fanno riferimento all'area inglese (ex colonie, paesi che fanno riferimento economico-finanziario all'Inghilterra o anche paesi in piena giurisdizione inglese); mi domando, allora, se vi siano alcune banche con maggiore responsabilità, non in senso penale e politico, ma che abbiano maggiore capacità di indirizzo in questa direzione. Ho l'impressione che finché si conservano queste enclave sarà difficilissimo fare una lotta contro il riciclaggio sul piano internazionale. Seconda questione: loro hanno fatto riferimento alla circolazione monetaria; ho visto che i dati sono leggermente superiori, nella media, a quelli degli altri paesi, ma ciò corrisponde a tradizioni italiane; però vorrei chiedere spiegazione su due opacità istituzionali. La prima riguarda i libretti al portatore che ormai per la forma, in senso materiale (sono delle piccole schede), che hanno assunto, sostanzialmente sostituiscono il denaro circolante molto più della lira pesante, nel senso che si tratta di tagliandi che valgono, ad esempio, 20 milioni e che sono immessi sul mercato. L'altra riguarda i certificati di deposito: una circolare del Ministero del tesoro del 1991, per ragioni contabili interne tra banca centrale e singole banche, li esclude dalla dizione e dalla categoria del deposito. Di fatto, però, credo che ciò esenti questi titoli anche da altre forme di verifiche e di controlli; essi rischiano cioè di essere titoli al portatore come i libretti. Se ciò è vero, corriamo il rischio di aver innovato, senza volerlo, il sistema monetario costituendo titoli che integrano la circolazione monetaria, senza esserlo, e sfuggono ai controlli. Terza questione. E' difficilissimo valutare il giro di affari del crimine, tanto che le valutazioni oscillano fortemente; cito due persone serie: Deaglio parla di 100 mila miliardi all'inizio degli anni ottanta e Pagina 333 Rey parla di 26 mila miliardi nel 1990. Vi sono poi molti altri dati maggiori e minori. L'osservatorio di cui loro hanno parlato - che credo avrebbe straordinaria importanza da questo punto di vista - potrebbe adoperarsi non per quantificare ma per fornire indici che facciano comprendere a tutti gli operatori economici quali siano i rischi che si corrono? Infatti, è necessario fare una battaglia non solo normativa ma anche culturale, nel senso che, finché non ci si rende conto che difendere l'economia dal crimine è interesse dei soggetti economici e che l'apparente bombola di ossigeno di oggi può essere la zavorra di domani, sarà difficile avere una vera collaborazione su questo terreno. Allora, forse, uno studio serio e attento da parte di un'autorità che abbia gli strumenti per farlo, che indichi il pericolo reale da questo punto di vista, potrebbe aiutare la creazione di una cultura in tale direzione. Un altro aspetto culturale, che riguarda piuttosto il Parlamento, è quello della selezione delle regole. Il mercato rischia di essere schiacciato dalle regole, per cui quello della selezione qualitativa credo sia un punto assolutamente essenziale. Non so se il testo unico aiuti in questa direzione, però sarebbe utile che la Banca d'Italia svolgesse la sua autorevole funzione di consiglio e di indirizzo sull'individuazione dei settori da "disboscare" e razionalizzare dal punto di vista delle regole. GIUSEPPE SCOZZARI. Anch'io mi congratulo per le relazioni, che occorre studiare bene per capirne meglio le dinamiche e per comprendere quello che si sta facendo per combattere la criminalità organizzata. Concordo con quasi tutto quello che è stato detto. Dico quasi tutto perché il dottore Desario ha fatto un'affermazione in relazione alla quale vorrei avere qualche delucidazione: egli ha affermato che l'usura è esterna al sistema bancario. In questi giorni mi sono occupato della legge sull'usura (a proposito della quale abbiamo perso un'occasione importante, perché il testo definito ieri dalla Camera e che verrà approvato definitivamente martedì prossimo, a mio personale giudizio è pessimo) e nel corso degli incontri che ho avuto con le vittime del fenomeno, con le associazioni che tutelano gli usurati e con diversi magistrati è emerso, purtroppo, un fenomeno preoccupante, che si può riassumere nel fatto che l'usura è, per così dire, figlia delle banche. Si tratta di un'affermazione grave, che purtroppo, però, trova riscontro nella grande maggioranza dei casi di cui mi sono trovato a discutere con piccoli commercianti, artigiani, o semplici cittadini che hanno subìto l'usura. Il meccanismo che dà origine a questo fenomeno nasce dalla facoltà, prevista dall'articolo 6 della normativa sul sistema bancario, per i dirigenti degli istituti di credito di chiedere il rientro immediato, entro 24 ore, dei prestiti concessi. Ciò comporta che il più delle volte chi, dopo aver avuto grande fiducia dall'istituto di credito, non è in condizione di restituire immediatamente il denaro poiché non dispone della liquidità necessaria, pur offrendo notevoli garanzie patrimoniali, deve ricorrere a qualche sistema alternativo. Il terribile meccanismo che mi è stato illustrato è quello secondo il quale è proprio il funzionario della banca, per puro caso, a presentare al potenziale usurato chi può risolvere i suoi problemi di rientro immediato, così si instaura il rapporto di usura. Vi sono indagini che, almeno in Sicilia, confermano questa ricostruzione dei fatti; nei quattro più grandi centri della provincia di Agrigento, per esempio, tra gli arrestati per vicende connesse all'usura figurano anche alcuni funzionari di banca. La prima domanda che rivolgo, è dunque: quali controlli interni sono possibili per accertare eventuali comportamenti poco coerenti con il dovere dei funzionari di banca? Che possibilità vi sono per una evoluzione culturale dei dirigenti delle banche, che hanno una grande responsabilità per la sopravvivenza del sistema economico locale ma anche nazionale? Vorrei poi sapere quante segnalazioni alle forze di polizia, ai sensi dell'articolo 3, siano state fatte in tema di usura, se questo istituto funzioni ed in che termini si svolga il rapporto. Pagina 334 Desidero altresì conoscere la vostra opinione in relazione alla necessità di definire nuove regole tra banche ed utenti per quanto riguarda la certezza dei tempi degli affidamenti. Il più delle volte, infatti, il sistema degenera perché i tempi di affidamento sono eccessivamente lunghi e si richiedono garanzie particolarmente gravose anche per crediti di minore entità. Al sud purtroppo è così, dottor Desario. Vorrei inoltre sapere se riteniate percorribile l'ipotesi di richiedere una motivazione del diniego, che quanto meno fornirebbe a chi chiede il prestito la possibilità di rivolgersi al governatore della Banca d'Italia per sottolineare l'infondatezza dei motivi della negazione del credito. Avviene spesso, infatti, che vi siano motivi infondati, che però vengono espressi solo oralmente. Faccio infine un accenno a due vicende siciliane: Sicilcassa e Banco di Sicilia. Nel corso dell'ispezione presso il Banco di Sicilia (proprio oggi c'è una sua foto su Il giornale di Sicilia accanto ad un articolo sulle vicende siciliane e la Banca d'Italia il cui titolo è, all'incirca, "No al commissariamento". Il Mattino: "Via alla ricapitalizzazione") per la questione dei crediti non recuperabili, quali anomalie sono state riscontrate (ritengo che ve ne siano di gravissime nella vicenda dell'estrema scopertura che ha visto il Banco di Sicilia)? Sono state accertate pressioni per favorire gli affidamenti? Per quanto riguarda l'altra vicenda, quella della Sicilcassa, quanto è avvenuto è davvero incredibile. Il meccanismo è questo: il fondo pensioni avrebbe potuto partecipare ad un'asta ed acquistare un immobile per 15 miliardi; non lo ha fatto; ha prestato i soldi alla ditta dei Costanzo per acquistarlo e dopo un anno ha acquistato lo stesso immobile per 30 miliardi. LUIGI RAMPONI. Non è incredibile, è uno dei mille casi! GIUSEPPE SCOZZARI. Leggendo queste notizie viene la pelle d'oca e ci si domanda se davvero il sistema creditizio faccia acqua da tutte le parti. Cosa intende fare la Banca d'Italia per evitare il ripetersi di vicende di questo genere, che tra l'altro riguardano transazioni di decine di miliardi? Per quanto riguarda la Sicilcassa, il mio auspicio è che venga commissariata; anche il governatore ha già espresso un parere negativo, che io certamente rispetto. ANTONIO FAZIO, Governatore della Banca d'Italia. E' anche nell'interesse della Sicilia! GIUSEPPE SCOZZARI. Quali controlli intende esercitare la Banca d'Italia nei confronti degli istituti di credito siciliani e meridionali in genere, che in alcuni casi hanno concesso crediti con eccessiva facilità mentre in altri - ricordo in particolare la vicenda della SIGMA di Libero Grassi - hanno praticato tassi elevatissimi di interesse? L'ultima questione riguarda il fatto che alcune banche in passato hanno concesso prestiti speciali ad imprenditori speciali; mi riferisco in particolare ad una vicenda che ha coinvolto alcuni piduisti ed alcuni esponenti della massoneria. Chiedo ai vertici della Banca d'Italia se questo fenomeno, che in passato ha avuto riscontro in numerose ispezioni, oggi continui ad esistere. Mi scuso se fra poco dovrò allontanarmi, ma avrò il piacere di leggere le vostre risposte dal resoconto stenografico; le ascolteranno comunque i miei colleghi del gruppo progressista... LUIGI RAMPONI. Noi possiamo ascoltarle...? GIUSEPPE SCOZZARI. Naturalmente! Mi sono espresso in questo modo perché si tratta di domande di ispirazione progressista. SAVERIO DI BELLA. Mi congratulo per la chiarezza e l'ampiezza dell'analisi che ci è stata esposta e pongo alcune questioni di carattere generale. In primo luogo, vorrei sapere come riteniate possibile conciliare il problema della riservatezza, anche per evitare che Pagina 335 su questo terreno l'Italia venga battuta dalla concorrenza internazionale, con la necessità di rendere visibili le ricchezze, proprio per evitare che i capitali per così dire sporchi entrino con facilità nel paese. Si tratta di un problema di carattere internazionale in merito al quale, come cittadino, vorrei fare una considerazione. Ho l'impressione che parecchie banche centrali operino su due diversi livelli: il primo è quello della negazione di ogni rapporto con i capitali di origine illegale, in particolare quelli provenienti dal narcotraffico; poiché, però, si tratta di cifre che si aggirano intorno ai 500 miliardi di dollari all'anno, ho il sospetto che ad un secondo livello vi sia grande tolleranza, in una sorta di gara sotterranea per attirare questi capitali. Sono comunque d'accordo sul fatto che il problema può essere risolto solo se viene affrontato in termini globali a livello di ONU. Torno anch'io alle vicende del Banco di Sicilia e della Sicilcassa. Contrariamente a quanto sostengono alcuni esponenti della maggioranza, mi auguro che il trauma gestionale ci sia, naturalmente senza speculazioni, e che anzi sia forte e duro. Dico questo perché ritengo che nell'Italia meridionale sia necessario avere il coraggio di guardare in faccia alcuni problemi per verificare se siamo in grado di trovare delle risposte. E' stata svolta un'indagine a campione dai cui risultati emerge che gli imprenditori meridionali attribuiscono il mancato sviluppo del Mezzogiorno più al sistema bancario ed alla gestione dei capitali praticata dalle banche nell'Italia meridionale che non alla stessa mafia. PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LUIGI RAMPONI SAVERIO DI BELLA. Non condivido questa affermazione e spero che questa sia l'opinione solo del campione selezionato dall'indagine, però considerato che esiste, bisogna tenerne conto. All'origine di questo durissimo giudizio vi sono, in parte, i ritardi nell'affidamento e la selezione a rovescio dei soggetti ritenuti affidabili, che spesso sono dei mafiosi. In proposito, anzi, vorrei chiedervi se sia mai stato studiato a fondo il problema delle cosiddette sofferenze bancarie per verificare quali siano i soggetti che le procurano; molto probabilmente, infatti, tali accertamenti potrebbero dare delle sorprese che confermerebbero i timori espressi da questi imprenditori. Passando ad un altro argomento, vorrei sapere a che punto sia l'istituzione della sede della Banca d'Italia nelle nuove province calabresi di Crotone e Vibo Valentia. In questa regione sventurata la 'ndrangheta attacca le banche sparando ai dirigenti dei piccoli istituti (cito per tutti il dottor Grillo della banca di San Calogero), operando un condizionamento sui sindaci (anche a questo proposito cito il sindaco di San Calogero, che trova mille scuse per impedire alla banca di trovare una sede) e ricorrendo a mille vie per far capire che per le piccole banche non può esservi libertà e non possono quindi assumere un ruolo propulsivo per l'economia locale. Tutto ciò al fine di favorire il ricorso all'usura, che è il mercato parallelo nel quale si esplica l'attività di una parte consistente di questo tipo di malavita. Da ultimo, vorrei porre una questione che forse è più di tipo storico, riguardando gli attentati dello scorso anno a via Fauro a Roma ed a Firenze. Siamo ormai lontani nel tempo e possiamo esprimere un giudizio. Abbiamo peraltro assistito al fallimento del tentato depistaggio, poi scoperto dalla magistratura, relativo all'attentato di Roma; i magistrati hanno infatti definito un insulto alla ragione l'ipotesi di credere al pentito, se non erro Di Natale, che aveva cercato di indirizzare le indagini in una certa direzione. Il governatore della Banca d'Italia non crede, invece, che i ricordati attentati abbiano rappresentato un messaggio preciso della criminalità organizzata al sistema Italia, nel momento in cui l'allora Presidente del Consiglio Ciampi e la Banca d'Italia portavano avanti una politica tesa a mettere sotto controllo proprio il fenomeno del riciclaggio nel nostro Pagina 336 paese facendo capire che si faceva sul serio soprattutto perché fra gli studiosi - fra i quali cito il Rey - si cominciava a prospettare l'ipotesi della nominatività degli stessi titoli di Stato, proprio per verificare la titolarità delle ricchezze e procedere quindi, eventualmente, alla confisca dei capitali e dei beni di origine malavitosa? GIROLAMO TRIPODI. Condivido l'apprezzamento degli altri colleghi per la vasta e puntuale relazione relativa alle direttive che la Banca d'Italia segue, anche per quanto riguarda il fenomeno del riciclaggio del denaro sporco ed il controllo degli istituti bancari operanti sul territorio nazionale, rispetto alla cui gestione del denaro è necessario il massimo di trasparenza. Personalmente desidero limitarmi a porre poche domande, cominciando a fare riferimento al fatto che, nella relazione, si è sottolineato con forza l'impegno di porre una maggiore attenzione sulle province caratterizzate da un forte rischio mafioso. Apprezzo tale impegno, ma devo osservare che spesso le attività di riciclaggio del denaro sporco, proveniente da traffici internazionali di droga e di armi, o da altre fonti, come l'uso distorto dei finanziamenti CEE destinati al settore agricolo o la speculazione edilizia (nel cui ambito si registrano forti rendite collegate alla proprietà dei suoli ed attività che hanno portato alla devastazione del territorio) riguardano un più vasto ambito. Mi sembra giusto, quindi, rivolgere attenzione alle banche, alle casse di risparmio, alle banche popolari e rurali che operano nel Mezzogiorno ma occorre anche attenzione verso le banche di altre città, perché oggi le attività mafiose sul piano finanziario per lo smistamento dei proventi illeciti si svolgono non soltanto nelle zone meridionali, e non soltanto a livello nazionale ma anche internazionale. Riferendomi, comunque, al territorio nazionale, ritengo che vada rivolta una particolare attenzione anche alle banche dei grossi centri, dove è più facile penetrare ed anche mimetizzare le operazioni, il che può essere invece più difficile nelle piccole banche, dove l'occhio vigile della gente può consentire di individuare più agevolmente eventuali operazioni "sporche". Vorrei dunque qualche chiarimento a tale proposito, anche con riferimento a come si intenda nel futuro intensificare questo tipo di controllo, che rappresenta uno dei punti chiave nella battaglia contro la mafia. E' questo, infatti, uno degli ambiti in cui è possibile indebolire la mafia e contribuire concretamente nella lotta contro di essa. Una seconda domanda riguarda il fatto che, in passato, soprattutto in Sicilia ma anche in altre zone del paese, sono fiorite molte casse rurali, spesso gestite dalla mafia, o meglio da una sorta di abbinamento mafia-politica, che ne costituiva la base. Negli ultimi tempi, dopo alcuni interventi che sono stati effettuati, chiudendo casse rurali e banche popolari, il fenomeno si è ulteriormente diffuso o è stato frenato? Vi è un impegno specifico tendente ad accertare come si evolva l'attività finanziaria e creditizia di queste aziende di credito? Vi sono, inoltre, controlli diretti a conoscere la condotta morale degli amministratori, in particolare nel caso delle piccole banche? E' importante, infatti, sapere chi siano coloro che dirigono le banche e posso ricordare, come esempio, il caso della Banca popolare di Scilla che, fino a qualche tempo fa, era amministrata da esponenti della mafia, successivamente individuati. ANTONIO BARGONE. Anch'io desidero esprimere apprezzamento per le relazioni che sono state svolte, che, però, a mio avviso, presentano un limite per quanto riguarda la questione dell'usura, che è stata liquidata con troppa superficialità. Mi collego in proposito alle osservazioni del collega Scozzari, per integrarle. In materia di usura, nelle ultime settimane, si è sviluppato un dibattito nel paese; anche il Vicepresidente del Consiglio, per esempio, ha accusato le banche che abbandonano le piccole imprese in difficoltà, soprattutto nel Mezzogiorno. E' stato sostanzialmente osservato che il sistema bancario rappresenta un elemento Pagina 337 non di alimentazione di un circuito virtuoso nell'ambito del dinamismo economico ma di stabilizzazione dell'assetto economico, anche con riferimento alle sue patologie, sia legali sia illegali. PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TIZIANA PARENTI ANTONIO BARGONE. Non si può, quindi, affermare soltanto che l'usura è frutto di elementi esterni alle banche, perché la valutazione che ne viene fatta nel Mezzogiorno è che vi sono alcuni meccanismi che, in qualche modo, consegnano cittadini e imprenditori, mani e piedi legati, agli usurai. Indicherò quindi alcuni fatti, rispetto ai quali chiedo delle spiegazioni. Il costo del denaro, per esempio, è molto più elevato al sud rispetto al nord: la differenza è di almeno tre punti secondo un'analisi della SWG. A fronte di un costo del denaro più elevato, le garanzie richieste nel sud sono pari al 90 per cento dell'importo del prestito, mentre al nord sono pari al 55 per cento. Le spiegazioni ufficiali fornite da qualche direttore di banca, basate sulla presenza di un maggior numero di risparmiatori nel sud, mi sembrano francamente poco convincenti. In sostanza, in una situazione di maggiore difficoltà economica, si presenta una maggiore difficoltà di accesso al credito ed il sistema bancario si caratterizza per la sua rigidità, che accresce le difficoltà esistenti. Vorrei dunque un chiarimento da parte dei nostri ospiti a tale proposito. Ricordo peraltro che sono state presentate alcune proposte di legge tendenti ad uniformare i tassi di interessi al nord e al sud: è necessario, quindi, uno specifico approfondimento. Ricordo poi le degenerazioni, riportate per esempio dal settimanale Il Mondo, rappresentate da funzionari di banca che indicano la mappa dei clienti in crisi per consegnarli agli usurai, oppure da funzionari di banca che sono titolari di finanziarie e che, dopo aver rifiutato il fido in banca, suggeriscono l'indirizzo della loro finanziaria, o ancora da prestiti agli usurai perché a loro volta li concedano alle vittime, ovviamente a tassi elevatissimi (a ciò si è fatto cenno anche nelle relazioni). Rispetto a tali fenomeni, come si possono attivare opportuni controlli? Come possono tutelarsi i cittadini? Personalmente ritengo - la mia valutazione si basa sugli elementi che ho raccolto - che i controlli siano poco penetranti e tempestivi, non arrivando a colpire le degenerazioni che ho ricordato. Voglio citare un esempio indicativo: la Cassa di risparmio di Puglia ha concesso fidi per centinaia di miliardi a Casillo e Cavallari senza garanzie e non mostrando alcuna sensibilità rispetto alla personalità dei clienti. Considerando la disponibilità nei confronti di chi si è poi rivelato un soggetto, in qualche modo, contiguo od organico alle organizzazioni criminali, avendo comunque attivato risorse di provenienza illecita, insieme alla rigidità nei confronti del cittadino e del piccolo imprenditore sano, che non riescono ad ottenere l'accesso al credito, si evidenzia la necessità di chiarimenti aggiuntivi da parte vostra in ordine alla direzione in cui è opportuno muoversi. Il problema dell'usura, soprattutto nel Mezzogiorno, è infatti inserito nei meccanismi di radicamento, di alimentazione, di diffusione della criminalità organizzata; rientra nel meccanismo del riciclaggio ed è uno degli strumenti utilizzati per appropriarsi di imprese e di esercizi commerciali. Occorre dunque un'attenzione che, con un pizzico di umiltà, deve essere rivolta anche a capire cosa possa essere modificato nei meccanismi bancari affinché si possa eliminare, o almeno limitare, il fenomeno dell'usura. CONCETTO SCIVOLETTO. Esordirò anch'io esprimendo apprezzamento per le relazioni... ANTONIO FAZIO, Governatore della Banca d'Italia. Ringrazio lei ed i suoi colleghi, ma dovete piuttosto indicarci quali ne sono stati i limiti. Pagina 338 CONCETTO SCIVOLETTO. Cominciare con l'esprimere apprezzamento è il modo migliore per passare poi ad evidenziare i limiti! L'apprezzamento per le relazioni, comunque, non è rituale per la nostra Commissione, almeno in base alla mia breve esperienza, per cui le assicuro che è sincero. Diversi colleghi hanno già affrontato gli argomenti sui quali ritengo opportuno un approfondimento, per cui mi soffermerò su più specifici aspetti. In relazione all'usura ho davanti agli occhi l'ordine del giorno approvato dal comitato esecutivo dell'ABI nella seduta del 14 settembre, nel quale si sostiene che le critiche rivolte al sistema bancario sono infondate, giacché il ricorso - leggo testualmente - "al prestito usurario è proprio di chi ha già perduto i requisiti del merito di credito presso imprese, come le banche, operanti secondo principi tecnico-economici consolidati e controllati". A me pare (ma su questo vorrei anche la vostra valutazione) che con questo giudizio si voglia mantenere un atteggiamento di lontananza, per certi versi burocratico, rispetto alla questione che pure, anche sulla base delle affermazioni che ho ascoltato, sembrava essere stata colta con maggiore apertura e maggiore duttilità. Ritengo pertanto che se questo punto dell'ordine del giorno è invece espressione di un orientamento più diffuso, sarebbe giusto esprimere elementi di forte preoccupazione, come del resto hanno fatto i colleghi che mi hanno preceduto. In secondo luogo, per quanto riguarda il riciclaggio, vorrei sapere se a vostro parere si tratti di un problema (sia nel nostro paese sia a livello di coordinamento internazionale) che attiene alle nuove legislazioni oppure se concerna l'applicazione di quelle esistenti. Vorrei anche sapere quali siano le difficoltà maggiori e le eventuali resistenze che si incontrano a livello interno ed internazionale nella lotta contro il riciclaggio. Mi pare che nella relazione del dottor Desario si parli di otto casi di sospensione di autorizzazioni. Non chiedo di conoscere di chi si tratti, ma vorrei, se possibile, avere ulteriori elementi almeno in relazione alla dislocazione territoriale, all'entità... ANTONIO FAZIO, Governatore della Banca d'Italia. Immagino anche i motivi. CONCETTO SCIVOLETTO. Sì, vorrei conoscere anche i motivi di queste sospensioni. Un'altra questione che vorrei porre concerne il rapporto imprese-banche. Al di là delle ottime intenzioni della Banca d'Italia, o del sistema bancario, si pone un problema di gestione di questo rapporto nelle realtà periferiche. E' possibile, secondo voi, ipotizzare una figura impropriamente assimilabile a quella del difensore civico oppure istituire una linea verde? Vi è, cioè, la possibilità di prevedere un organismo specifico presso il quale un'impresa possa portare le proprie ragioni? Concludo richiamando una questione già sollevata dall'onorevole Bargone, quella cioè relativa al costo del denaro nel sud. Non più di 4-5 giorni fa ho avuto un incontro con alcuni imprenditori, i quali segnalavano questo dato e addirittura sostenevano che gli stessi istituti bancari (per esempio il Banco di Sicilia o la Cassa di risparmio) praticano tassi diversi a Trieste e a Ragusa. Credo si tratti di una questione molto importante rispetto alla quale vi chiedo, poiché il problema coglie uno degli aspetti della difficoltà del sistema delle imprese nel Mezzogiorno, cosa riteniate opportuno si possa rapidamente fare su questo versante. ANTONIO DEL PRETE. Prima di porre al governatore della Banca d'Italia la mia domanda, mi permetto una chiosa rispetto a quanto sottolineato dall'onorevole Scozzari circa l'attività di alcuni funzionari disonesti delle banche. Mi rendo conto che la Banca d'Italia non può fare molto in questo senso, però mi permetto di sottolineare un ulteriore aspetto: la suddetta attività, signor governatore, è due volte odiosa perché quei funzionari fanno da trait d'union con gli usurai e, molto spesso, tendono a porre la banca nelle condizioni Pagina 339 di "rientrare". Qualcosa, allora, bisognerà tentare. La domanda che desidero porre attiene invece al problema bancario in Puglia. L'operazione Cariplo-Cassa di risparmio di Puglia ha rappresentato, come è noto al governatore, un polpettone politico-bancario-imprenditoriale che ha dissanguato letteralmente la Caripuglia per le due ben note operazioni Cavallari e Casillo. L'assetto societario nuovo - è questa la mia domanda - garantirà le aspettative degli imprenditori pugliesi? Chiedo questo soprattutto perché la Cassa di risparmio di Puglia era affidataria di numerose tesorerie ed anche perché quell'istituto era nato ed era vissuto con lo scopo di farsi interprete delle legittime aspettative imprenditoriali pugliesi. Nell'associarmi al coro di ringraziamento dei colleghi per la puntuale relazione, vorrei poi anch'io richiamare l'attenzione del governatore sulla sperequazione del costo del denaro. PRESIDENTE. Essendo terminati gli interventi dei colleghi, do la parola al governatore della Banca d'Italia e al dottor Desario per le risposte. ANTONIO FAZIO, Governatore della Banca d'Italia. Poiché le domande poste sono numerose, ad alcune cercheremo di dare una risposta soddisfacente, ad altre risponderemo in termini molto generali e ad altre ancora forse rinvieremo la risposta perché attengono a problemi la cui soluzione non è nelle nostre mani (spesso non lo è neppure la piena comprensione dei fenomeni). Partirei da alcune considerazioni e osservazioni di carattere generalissimo, pregando poi il dottor Desario di fornire risposte più precise, considerato che la sua esperienza è molto specifica e molto più ampia della mia (sono stati menzionati casi degli ultimi vent'anni rispetto ai quali egli in prima persona ha operato per reprimerli o risolverli). In generale, considero l'incontro odierno come l'apertura di un dialogo. Non riteniamo affatto - entro nel vivo delle risposte - di avere in mano gli strumenti o di aver impostato la soluzione dei problemi che vi stanno a cuore. Siamo disponibili ad altre collaborazioni, non necessariamente in questa forma solenne ma anche come contatti bilaterali, più snelli e più pratici su alcuni punti specifici. Il problema dell'attività di riciclaggio, dell'usura e in generale della circolazione di capitali originati da attività illegali, va naturalmente ad impattare sul credito e sui costi finanziari (distinguerò poi il livello internazionale da quello locale, che noi spesso sommiamo, ma in realtà sono fenomeni distinti, da affrontare in maniera distinta). Dobbiamo però toglierci l'illusione di poter conoscere questi fenomeni e ancor più di reprimerli attraverso un controllo penetrante delle attività finanziarie. Sarebbe come dire - ho usato spesso questo paragone - che poiché tutti i ladri utilizzano l'automobile, dovremmo sopprimere i furti bloccando o controllando tutto il traffico automobilistico! L'entità dei capitali a livello internazionale in valore assoluto è enorme ed è legata a taluni fenomeni che conoscete meglio di noi. Rispetto all'entità dei flussi finanziari internazionali l'onorevole Violante ha citato una cifra che credo sia quella contenuta nella relazione del ministro del tesoro, ma quella cifra va aggiornata quasi ogni giorno (dal 1992 è almeno una volta e mezzo superiore, ma lo dico sulla base di impressioni a fior di pelle). L'entità della circolazione di questi flussi finanziari, la loro numerosità, è tale che i fenomeni illegali, pure importanti in valore assoluto, rappresentano comunque una minima parte. Non possiamo, quindi, passare attraverso il controllo di questi fatti, dobbiamo invece avere un metodo diverso: dobbiamo disporre di certi connotati o segnalazioni particolari (ma anche su questo punto non si arriva oltre certi limiti) o comunque di talune tracce per poi tentare, nel momento in cui se ne è in possesso, di seguire il movimento di questi dati. Non possiamo, cioè, esaminare il totale dei dati; sarebbe come se - faccio un altro paragone - avessimo una carta topografica Pagina 340 in scala 1:1, non servirebbe a nulla, bisogna invece cercare di avere indirizzi un pochino più precisi. LUCIANO VIOLANTE. La Banca d'Italia ha fatto un'analisi comparativa tra la situazione economico-sociale di alcune aree del paese e il numero degli sportelli bancari esistenti? ANTONIO FAZIO, Governatore della Banca d'Italia. Sì. Le darò poi qualche ulteriore chiarimento quando affronterò di nuovo il problema del Mezzogiorno, anche se si tratta di un discorso molto complesso. Vi è poi una seconda considerazione di carattere molto generale. Ci sembra che la normativa per il momento sia adeguata; attenzione, però, siamo tutt'altro che soddisfatti! Non si può cioè dire che siccome il codice penale va bene non vi sono più delitti o abbiamo represso tutti i delitti; il discorso è completamente diverso. Anzi, data la novità dei fenomeni, ma credo che anche quelli di riciclaggio abbiano avuto negli ultimi cinque o dieci anni uno sviluppo che forse non conoscevano, anche perché si è sviluppato il veicolo finanziario... LUIGI RAMPONI. Hanno avuto maggiori risorse. ANTONIO FAZIO, Governatore della Banca d'Italia. Probabilmente hanno avuto maggiori risorse. Per quanto riguarda l'andamento del fenomeno - dicevo - quello che noi possiamo dire è che è aumentato il veicolo attraverso cui il fenomeno si è sviluppato, ma probabilmente è aumentata anche l'origine. Siamo quindi nella fase di applicazione e siamo tutt'altro che soddisfatti: non ci pentiamo di nulla di quanto abbiamo fatto ma abbiamo la sensazione - consentitemi di dirlo - di insufficienza rispetto all'entità del fenomeno. Siamo quindi alla ricerca delle strade che potranno poi condurre ad eliminare (come accennavo poc'anzi) alcune parti della normativa che diventano solo ingombranti e che anzi, in casi estremi, potrebbero generare, da parte di chi le deve applicare, una forma di rigetto perché estremamente costrittive, introducendo invece aspetti nuovi. Una terza questione generalissima (ma mi rendo conto che indico due livelli di generalità) concerne il fatto che le banche centrali di tutto il mondo si preoccupano del problema del controllo monetario. In alcuni paesi del mondo, in maniera più o meno penetrante, questi istituti hanno anche il compito di vigilanza; in Italia tale compito di supervisione del sistema bancario è affidato totalmente alla banca centrale. Per quanto mi riguarda - ma sottolineo che ciò deriva anche da una lunga tradizione culturale nell'ambito della Banca d'Italia - ritengo si tratti di un sistema estremamente efficace per i compiti della Banca d'Italia ed anche per fornire un contributo alla repressione di altri fenomeni. Dovete tener presente che in alcuni paesi le banche centrali hanno scarsissimi poteri di vigilanza e quei poteri sono decentrati in altri organi, per cui si creano anche da questo punto di vista discrasie e difficoltà. La vigilanza non ha per fine la repressione degli illeciti di qualsiasi natura. I nostri ispettori - nel prosieguo sarò più specifico sui problemi della Sicilcassa, riservandomi di dare altre informazioni perché alcuni fatti non li conosciamo - non possono rilevare tutti i fenomeni di collusione mafiosa o di semplice collusione, né esaminano in alcun modo tutte le operazioni; essi analizzano le modalità di gestione dell'istituto di credito dal punto di vista dell'allocazione del credito, delle procedure seguite, del tipo di controllo da svolgere, dei parametri che l'istituto deve osservare nel corso della gestione, per verificare se l'istituto stesso sia in linea con i criteri di carattere generale, che garantiscono che la gestione del denaro, dei prestiti, salvaguardi l'interesse del risparmiatore. Se i nostri funzionari - i quali esercitano pubbliche funzioni - vengono a contatto con fatti per i quali sussiste il sospetto di collusione con attività illecite, li segnalano (c'è anche il vaglio di una apposita commissione istituita dal dottor Carli nel 1971 e presieduta dal direttore centrale Pagina 341 di vigilanza; un compito che per tanti anni ha svolto il dottor Desario, mentre ora compete al dottor Bianchi) ed io li trasmetto all'autorità giudiziaria. Le segnalazioni sono abbastanza numerose; ripeto, evitiamo di segnalare sospetti non fondati, se lo facessimo compiremmo un pessimo servizio. Sulla singola operazione - successivamente ritornerò sul fenomeno dell'usura - concernente la concessione o meno del credito, la Banca d'Italia non ha il potere di entrare, in quanto ciò rientra nella gestione della banca e dei suoi organi amministrativi. Se una determinata banca, in un certo luogo applica un tasso di interesse del 30 per cento rispetto ad un'altra che ne pratica uno del 10 per cento, la cosa ci preoccupa dal punto di vista della politica generale, del credito o sotto il profilo dell'apertura di nuovi sportelli o della concorrenza, ma non entriamo nel merito. Noi consideriamo il comportamento dei funzionari dell'istituto di credito circa l'allocazione del credito secondo criteri di correttezza al fine di salvaguardare la buona amministrazione del denaro conferito dai depositanti, fermo restando che in presenza di collusioni con fatti illegali le rileviamo. L'attività di vigilanza non è un'attività di polizia, né penetra a livello di singole operazioni: sarebbe praticamente impossibile. La Banca d'Italia ha istituito da tempo una centrale dei rischi che riceve le segnalazioni riguardanti le operazioni superiori ad un certo valore. Se queste ultime non vengono segnalate, interveniamo. In altri termini, se il nostro ispettore rileva che a fronte di 30 mila operazioni di credito ne sono state omesse dieci o quindici, noi sanzioniamo, così come procediamo alla segnalazione se vi è un sospetto di collusione, senza tuttavia verificare il motivo della concessione di quel credito perché sarebbe impossibile. Tenete presente che abbiamo 150 ispettori - erano 50 venti anni fa, prima che il dottor Desario fosse chiamato a Roma - di cui 30 collaborano a tempo pieno con la magistratura. Ripeto, stiamo portando avanti un'azione di potenziamento. Se il presidente permette, dopo queste generalissime premesse cederei la parola al dottor Desario, il quale potrà rispondere su una serie di domande specifiche. Successivamente riprenderò la parola per soffermarmi sul sud, sul fenomeno dell'usura, sul Banco di Sicilia e sulla Cassa di risparmio Vittorio Emanuele, anche se non ho con me tutti i dati perché l'argomento non era all'ordine del giorno. Ma, forse, più dei dati servono i concetti. VINCENZO DESARIO, Vicedirettore generale della Banca d'Italia. Cercherò di seguire l'ordine delle domande. L'onorevole Bonsanti ha parlato della possibile esistenza di eredi dei casi Sindona e Calvi. Premesso che oggi è molto facile parlare di riciclaggio nella vicenda Sindona e Calvi, dirò che quando il caso fu affrontato il problema non era tanto questo, quanto la strumentalizzazione delle aziende bancarie gestite da questi signori per sostenere l'attività di un certo gruppo, che poteva essere mafioso o di altro genere. Allora non si aveva una cono- scenza esatta del problema; a queste valutazioni si è giunti successivamente all'episodio. Nell'ambito del sistema creditizio e finanziario legale escludo l'esistenza di eredi di questo tipo. L'onorevole Bonsanti ha fatto dei nomi, ma come ben sa sono nomi di persone che nel paese non hanno svolto un'attività finanziaria legale. Costoro hanno svolto le loro attività all'estero; qualche tentativo di ingresso nel sistema finanziario italiano fu esperito da Fiorini, il quale emigrò all'estero e là si trova in carcere in Svizzera per le vicende giudiziarie legate alla sua società, la Sasea, ed i reati eventualmente commessi, che non so quali siano. Credo sia difficile pensare ad una cosa del genere con il sistema di controlli impostati e con la regolamentazione estesa a tutti i punti finanziari del sistema italiano. Certamente qualcuno, illecitamente o in maniera sommersa, può contribuire o portare denaro di provenienza illecita; è possibile ovunque, al di là dei controlli che possono esistere. Pagina 342 Non esiste un elenco dettagliato dei paradisi fiscali, è evidente però che si può ricostruire sapendo quanto è successo. In ordine ai centri offshore l'onorevole Violante ha posto una domanda: in questo caso credo che la collaborazione internazionale qualcosa possa fare. Le banche centrali, a mio avviso, possono contribuire a realizzare condizioni di maggiore chiarezza nella regolazione e nel controllo sulle attività dei centri offshore. Il comitato di Basilea da tempo si è impegnato, in collaborazione con tutte le autorità di vigilanza degli stessi centri offshore, nella promozione di intese atte a conseguire gli obiettivi indicati. In sostanza, sarebbe necessario, utile ed importante che i principali operatori di questi mercati adottino quanto meno dei codici di condotta rigorosi, che rispondano a criteri di trasparenza ed assicurino la correttezza delle transazioni e l'integrità rispetto a intenti illeciti. In questo campo la Banca d'Italia, dopo l'episodio Calvi, con la nuova normativa sulle partecipazioni abolì - con l'opinione contraria del nostro sistema bancario - la presenza di filiali di banche italiane in centri offshore. Il sistema italiano fu costretto a chiudere tutte le filiali nei centri offshore. LUCIANO VIOLANTE. Si ricorda quando avvenne? VINCENZO DESARIO, Vicedirettore generale della Banca d'Italia. Dal 1982 in poi. GIUSEPPE ARLACCHI. La normativa è ancora vigente? VINCENZO DESARIO, Vicedirettore generale della Banca d'Italia. Continuando, sarò più preciso. Successivamente, poiché la mancata presenza su certi mercati poneva il nostro sistema bancario in condizioni di inferiorità competitiva con le grosse banche estere, l'abbiamo gradualmente consentita. Questo però con un solo obiettivo, perché in quei paesi potevano raccogliere disponibilità finanziarie, a tassi inferiori e senza grossi vincoli fiscali, da utilizzare nell'ambito dell'attività gestionale legata alla funzione propria. Non si tratta di una filiale a tutti gli effetti, che opera sul piano gestionale completo, ma opera solo in termini di raccolta. Aggiungo che relativamente all'espansione all'estero delle banche, la Banca ha emanato precise istruzioni al sistema, dato che l'autorizzazione è condizionata dalla presenza in loco di un efficiente controllo di vigilanza, dalla possibilità da parte della casa madre di acquisire le informazioni necessarie ai fini della vigilanza consolidata e, nello stesso tempo, dalla possibilità dell'organo di vigilanza di acquisire gli stessi dati per un controllo specifico su un intero gruppo bancario. GIUSEPPE ARLACCHI. Quindi, siete in grado di avere una distribuzione delle filiali di banche italiane operanti nei centri off shore. VINCENZO DESARIO, Vicedirettore generale della Banca d'Italia. Certo, l'abbiamo. Non ci sono dubbi, l'abbiamo sicuramente nel nostro elenco. Un'ultima osservazione. In particolare, e questo origina dalla vicenda della BNL di Atlanta, abbiamo posto la condizione che i massimi dirigenti delle filiali all'estero presentino un curriculum operativo e, possibilmente, promanino dalla compagine del personale della banca, al fine di assicurare affidabilità e serietà di comportamento nei confronti degli interessi della casa madre. Ad Atlanta, come ricorderete, vi erano 40 persone tutte straniere, nessun elemento proveniva dal personale della BNL e perciò non potevano mantenere contatti più stretti con il vertice aziendale della banca. ANTONIO FAZIO, Governatore della Banca d'Italia. La nostra normativa è molto più restrittiva di quella degli altri paesi. Al di là di certi limiti non si può andare e il nostro sistema bancario si lamenta del fatto che "togliamo" competitività. Pagina 343 GIUSEPPE ARLACCHI. Le filiali offshore non possono prestare denaro; possono raccoglierlo e basta. VINCENZO DESARIO, Vicedirettore generale della Banca d'Italia. Adesso sì, in qualche caso specifico. Lo fanno attraverso titoli formalizzati, in genere attraverso obbligazioni, tipo commercial paper. ANTONIO FAZIO, Governatore della Banca d'Italia. L'espansione delle nostre banche all'estero è molto inferiore a quella di altri sistemi, per esempio della Francia, della Germania e del Regno Unito. E' superiore a quella della Grecia e del Portogallo, ma per cause legate al reddito. La vigilanza da noi esercitata forse, in qualche caso, tende piuttosto ... GIUSEPPE ARLACCHI. La vostra giurisdizione si estende a queste filiali offshore? VINCENZO DESARIO, Vicedirettore generale della Banca d'Italia. Certo. Secondo le nuove disposizioni del testo unico e degli accordi europei, l'attività di vigilanza oggi si è modificata, nel senso che l'esercizio di un'attività prudenziale ed ispettiva sulle filiali italiane di banche estere non compete più a noi ma all'autorità della casa madre. A noi spetta, invece, l'esercizio della vigilanza sulle filiali estere di banche italiane: vi è stata questa netta separazione dell'attività di vigilanza tra le autorità dei paesi, in particolare di quelli comunitari. MICHELE CACCAVALE. Chi emette le cartelle obbligazionarie? VINCENZO DESARIO, Vicedirettore generale della Banca d'Italia. Non sono obbligazioni, sono titoli del tipo dei commercial paper. La società che si istituisce nell'offshore con la garanzia della casa madre emette questi titoli che vengono collocati sul mercato e che recepiscono le disponibilità finanziarie per assolvere la loro gestione complessiva. MICHELE CACCAVALE. Potrebbero però essere uno strumento di riciclaggio. LUIGI RAMPONI. Quello sono: il punto delicato è che prendono i soldi, non li portano là. Questo in un contesto internazionale generale, per cui se non li prendono loro, li prendono gli altri. VINCENZO DESARIO, Vicedirettore generale della Banca d'Italia. Il problema è che la raccolta osserva determinate regole. Mi consta che le autorità di vigilanza americane stiano cercando di porre dei limiti alla operatività delle filiali di banche americane nei centri offshore che, secondo la disciplina americana, avevano una contabilità separata, che non veniva riportata nella contabilità della casa madre. Ora sembra che gli Stati Uniti stiano tornando su questa posizione per riportare nell'alveo della sede centrale, della casa madre, tutta l'attività svolta, che è un'attività complessiva. Solo noi prima le abbiamo fatte chiudere, per ragioni all'epoca molto valide, poi abbiamo dovuto, per motivi legati alla competitività, aprire il settore della raccolta attraverso titoli collocabili su quei mercati. MICHELE CACCAVALE. Anche perché immagino sia una raccolta a tassi molto bassi. VINCENZO DESARIO, Vicedirettore generale della Banca d'Italia. Soprattutto perché ci sono agevolazioni fiscali: è questo il problema. GIUSEPPE ARLACCHI. Queste filiali all'estero sono sottoposte alla giurisdizione italiana o a quella del paese offshore che le ospita? VINCENZO DESARIO, Vicedirettore generale della Banca d'Italia. Nei paesi offshore, in genere, sono sottoposte al loro controllo. Ho precisato, però, che noi concediamo le autorizzazioni sulla base di tre condizioni: esercizio di vigilanza adeguata; possibilità per la casa madre di acquisire le informazioni; possibilità di acquisirle da parte della Banca centrale. Pagina 344 GIUSEPPE ARLACCHI. La filiale offshore alla quale, per ragioni di vigilanza, chiedete informazioni sulle transazioni, non rischia di violare la legge del paese offshore che impone il segreto bancario sulle transazioni stesse? VINCENZO DESARIO, Vicedirettore generale della Banca d'Italia. Ma noi le chiediamo tramite la casa madre. GIUSEPPE ARLACCHI. Se la legge proibisce qualunque informazione sulle operazioni che avvengono sul territorio delle isole Cayman, la filiale offshore alla quale avete il diritto di chiedere informazioni, per esercitare i vostri poteri di vigilanza, nel fornirvele non viola la legge, appunto, delle isole Cayman? VINCENZO DESARIO, Vicedirettore generale della Banca d'Italia. Lei parla di operazioni attive, non di operazioni che riguardano la raccolta in sé per sé. La raccolta effettuata attraverso titoli al portatore, tipo commercial paper, non vedo a quale segreto debba attenersi. E' questa la nostra posizione. Abbiamo consentito questo proprio per tale ragione: cioè, non intervenendo sulle operazioni, le informazioni che eventualmente riceviamo vertono sulla quantità della raccolta o sulle scadenze, niente di più, perché i titoli emessi sono al portatore. ANTONIO FAZIO, Governatore della Banca d'Italia. Quante sono queste filiali? VINCENZO DESARIO, Vicedirettore generale della Banca d'Italia. Sono pochissime; anzi, dirò di più, negli ultimi anni si è manifestata una tendenza da parte delle banche italiane a chiudere molte filiali all'estero e ad insediarsi sulle piazze più importanti. E' una tendenza recentissima che si sta affermando. L'onorevole Arlacchi chiedeva cosa si suggerisca oltre al GAFI e se sia possibile pensare ad un'autorità sovranazionale. Mi sembra una soluzione estremamente delicata e difficile. Ciò che credo possibile, invece - ecco perché mi sono riferito all'ONU -, è l'individuazione di un foro in cui si eserciti un potere sui governi che faccia applicare in modo uniforme i sistemi di controllo e di verifica per la lotta al riciclaggio ed alla criminalità organizzata; in tal modo si potrebbe far confluire tali dati in una determinata organizzazione sovranazionale: ma quella di conferire ad un'autorità sovranazionale la verifica o l'imposizione di norme mi sembra un'idea estremamente utopistica, in questo momento. Mi auguro invece che tutti i paesi adottino immediatamente la normativa antiriciclaggio finora portata avanti dalle autorità dei paesi europei - attraverso il recepimento della direttiva comunitaria - e di tutti quei paesi che hanno adottato le quaranta raccomandazioni del GAFI. Se fosse possibile questo, si avrebbe già un risultato estremamente positivo, anche per controllare quei flussi internazionali che oggi destano grandi preoccupazioni. Questa è la nostra opinione. L'onorevole Caccavale parlava della possibilità di estendere la disciplina antiriciclaggio agli uffici cassa o agli sportelli esistenti presso i casinò. Certo, si potrebbe effettuare tale estensione, però rimarrebbe il problema della verifica dell'applicazione della norma da parte di un organo, perché quelli in questione sono organismi non assoggettati a nessun tipo di controllo: in sostanza, quindi, estendere l'applicazione della norma senza rendere concreta la possibilità di controlli rischierebbe di non produrre alcun risultato. Credo, tuttavia, che un'iniziativa in tal senso sarebbe positiva, per impedire il riciclaggio attraverso quegli organismi. E' stato posto da molti commissari il problema dell'usura e mi sembra di essere stato definito un po' superficiale nella valutazione di tale fenomeno. Confermo in modo chiaro e convinto che l'usura non trae origine dalle banche. Posso senz'altro accettare l'affermazione che le banche abbiano, al loro interno, manchevolezze o abbiano tra i loro dipendenti elementi infedeli che contribuiscono allo sviluppo dell'usura in certe zone, perché i dati che emergono dalle recenti iniziative di carattere giudiziario lo dimostrano ampiamente: mi sembra che il caso di Torino sia Pagina 345 stato emblematico in questo senso. Tuttavia ritengo che generalizzare questi episodi ed affermare che la causa principale dell'usura risiede nelle banche sia un grave errore, che non consente di combattere l'usura nelle sedi appropriate. Occorre anche comprendere, a mio avviso, che la banca amministra il risparmio dei depositanti e deve tutelare, nella sua attività di gestione, la propria capacità di restituire, a richiesta, il risparmio ricevuto; occorre, quindi, che la sua attività venga gestita con i criteri seri ed obiettivi di un'impresa capace di valutare attentamente il merito di credito. Nella relazione, nondimeno, non ho escluso la possibilità che le banche migliorino la loro condizione. Siamo intervenuti, con una lettera specifica, richiamando l'attenzione sul controllo interno sul personale, per evitare che continuino ad essere presenti quegli elementi infedeli che possono contribuire allo sviluppo dell'usura. Siamo intervenuti anche chiedendo alle banche di velocizzare la valutazione del merito di credito. E' difficile, comunque, pensare che, oggi come oggi, una banca, considerata ente di natura imprenditoriale pura, con una gestione concorrenziale e operante sul mercato aperto, possa consentirsi di erogare credito ad alcuni soggetti che - consentitemi -, anche quando siano stati indirizzati dal personale bancario infedele a rivolgersi ad operatori illegali, credo commettano essi stessi un errore determinante decidendo di accedere a quegli operatori. Sono convinto che i veri promotori dell'usura spesso siano gli stessi usurati. E' chiaro che le banche devono fare tutti i tentativi possibili per evitare tale fenomeno: la stessa ABI si è impegnata nel richiedere che si sviluppi una maggiore rapidità nelle decisioni di affidamento, in particolare quando il cliente ne manifesti la necessità. Più di questo, tuttavia, credo che alle banche e al sistema finanziario non sia possibile chiedere, anche perché in Italia si è ormai sviluppata un'architettura del sistema bancario molto articolata: ci sono società finanziarie di leasing, di factoring, di credito al consumo, di finanziamento, di intermediazione sui valori mobiliari, e così via. In genere, il credito al consumo al piccolo operatore viene affidato sulla base di una semplice busta paga e di una dichiarazione dei redditi. La maggior parte degli istituti che esercitano il credito al consumo hanno istituito banche dati per valutare la clientela che è diventata già morosa. In questi casi è difficile fornire crediti, non solo perché quella persona è già morosa o ha avuto dei protesti - con ciò rispondo a molti commissari che hanno affrontato questo tema -, ma perché vi è una valutazione negativa della capacità prospettica di produrre reddito da parte di quel prenditore di credito: è quest'ultimo, infatti, l'elemento che ha valore fondamentale nella decisione relativa al merito di credito. Certamente, occorre anche un profondo cambiamento di cultura: è vero, infatti, che molto spesso i dirigenti vengono valutati sulla base dei risultati gestionali, in termini dimensionali, della raccolta e dell'impiego operati; occorre anche, però, che i principi dell'etica e della deontologia diventino elementi fondamentali della cultura del bancario, per contribuire maggiormente a determinati risultati, che ognuno di noi richiede. Sono convinto che l'usura sia uno dei reati più odiosi che esistono nel nostro paese e ritengo sia quello che ha il maggior disvalore sociale, ma credo che le problematiche debbano essere portate avanti nei settori competenti: è inopportuno, a mio avviso, generalizzare singoli episodi portandoli a livello di sistema. L'onorevole Violante ha posto una questione riguardante i certificati di deposito. Desidero precisare che il decreto chiarisce che il termine "deposito" non comprende i certificati, ma è chiaro che, in sede di accensione del deposito, l'operazione di versamento per ottenere il certificato è registrata e, se superiore ai venti milioni, inserita nell'elenco delle relative operazioni. Non esiste, quindi, una limitazione in proposito. LUCIANO VIOLANTE. Solo ai fini del fondo, della riserva? Pagina 346 VINCENZO DESARIO, Vicedirettore generale della Banca d'Italia. Sì, anche. ANTONIO FAZIO. Governatore della Banca d'Italia. Certo, poi ha determinate caratteristiche, viene trattato in maniera diversa dal punto di vista del rischio bancario, e così via. VINCENZO DESARIO, Vicedirettore generale della Banca d'Italia. Il senatore Tripodi parlava di molte casse rurali gestite dalla mafia. Credo di aver chiarito, nella mia esposizione, che dopo il 1985, con il recepimento della prima direttiva comunitaria - ma anche in precedenza -, la valutazione era affidata esclusivamente all'esame di elementi oggettivi di comportamento: quindi, capitale minimo e dirigenti che devono gestirlo. La seconda direttiva comunitaria ci ha dato la possibilità di analizzare l'onorabilità dei dirigenti, anche tenendo conto della loro capacità di assicurare la sana e prudente gestione: in questo quadro siamo riusciti a valutare anche elementi di onorabilità che, in base alla direttiva del 1985, non venivano presi in considerazione. Mi sono state chieste, inoltre, spiegazioni in ordine ad alcune banche da noi non autorizzate. Ebbene, posso dire che sono state respinte due iniziative, una riguardante la Cassa rurale ed artigiana La Verde di Caraffa del Bianco - Reggio Calabria - e l'altra la Cassa rurale dell'agro nocerino-sarnese di San Valentino in Torio. I motivi del mancato rilascio dell'autorizzazione sono emersi innanzitutto dalla collaborazione con la DIA e sono dipesi dall'inesistenza, negli azionisti più rilevanti, dei presupposti atti a garantire una gestione sana e prudente, atteso che era emerso come alcuni esponenti facessero parte di associazioni criminali locali. Un altro caso, che non ho citato, riguarda la questione, di cui avrete letto sui giornali, della Banca industriale del Lazio SpA, in Ciociaria, che era stata da noi autorizzata i primi giorni dello scorso maggio ed aveva deciso di iniziare le attività il 22 maggio ... ANTONIO FAZIO, Governatore della Banca d'Italia. Era stata autorizzata con molte perplessità, ma alla fine non avevamo trovato motivi sufficienti per negarla. VINCENZO DESARIO, Vicedirettore generale della Banca d'Italia. Esatto. Alla fine, cinque giorni prima dell'apertura, l'autorità giudiziaria ci comunicò che buona parte degli azionisti rilevanti e dei membri del consiglio d'amministrazione erano inquisiti per motivi di mafia. A questo punto, abbiamo utilizzato la nuova norma del testo unico, che consente la sospensione delle attività ed abbiamo subito, ovviamente, ricorsi presso le competenti autorità amministrative locali. ANTONIO FAZIO, Governatore della Banca d'Italia. Nel caso specifico, avevamo presentato delle richieste presso l'autorità giudiziaria e di polizia e non avevamo ottenuto nulla: quindi, pur avendo segnalazioni di vario tipo, non eravamo in possesso di elementi sufficienti. CONCETTO SCIVOLETTO. Gli otto casi sono tutti collocati nel centro-sud? VINCENZO DESARIO, Vicedirettore generale della Banca d'Italia. Credo di sì. Se non sbaglio, l'onorevole Di Bella ha affrontato il problema della riservatezza suggerendo che tale principio impedirebbe la visibilità della ricchezza: ma la riservatezza non verte sui movimenti dell'operatore, riguarda invece il funzionario bancario o la filiale di banca che effettua la segnalazione dell'operazione sospetta, determinata ai sensi dell'articolo 3 della legge n. 197 del 1991. Cosa succede? Nelle zone più difficili, dove l'impiegato bancario è esposto in prima persona di fronte alla criminalità organizzata, teme di essere aggredito e quindi evita di fare segnalazioni. Si era presa l'abitudine di dire al magistrato: la banca X o il tale X ha segnalato questo, ma dopo due minuti sulla piazza si spargeva la voce che la banca aveva segnalato un'operazione come sospetta. I rischi sono stati tanti: mi consta l'esistenza di personale bancario che si lamenta di questo Pagina 347 fatto e sostiene che potrebbe segnalare tante cose, ma non lo fa perché ha paura per sé e per i propri figli. Ecco, allora, la nostra proposta - che è stata condivisa da tutte le autorità e che abbiamo trasmesso sin dal 1992 al ministro Mancino - di rendere anonima la segnalazione: la denuncia, in sostanza, rappresenterebbe il punto di partenza degli approfondimenti degli inquirenti. Questo impedirebbe la conoscibilità dei segnalanti e quindi, secondo me, agevolerebbe la segnalazione. LUIGI RAMPONI. Che cosa resta anonimo? Si segnala l'operazione senza dire a chi ci si riferisca? VINCENZO DESARIO, Vicedirettore generale della Banca d'Italia. No, no, l'operazione è completamente descritta, nel senso che si sa che essa viene fatta da una determinata banca e da un certo funzionario. Deve essere assicurata la non diffusione di questa notizia. LUIGI RAMPONI. Allora, il termine anonimo non è appropriato, sarebbe meglio parlare di segreto. VINCENZO DESARIO, Vicedirettore generale della Banca d'Italia. In quell'occasione predisponemmo, come lei può vedere, una sorta di scheda contenente la segnalazione, il soggetto cui essa si riferisce, cognome e nome, denominazione, eccetera. Il problema è quello di far agire in maniera riservata il segnalante, per evitare che possa subire conseguenze. Per quanto riguarda gli interventi della Banca d'Italia in materia di erogazione del credito e di modalità di erogazione del credito stesso, se consideriamo che la banca è un'impresa e che gli amministratori hanno la responsabilità della gestione, credo sia estremamente difficile interferire. E' facile chiedersi - caso che è accaduto in altra circostanza - perché siano stati erogati, per esempio, cento miliardi. Non è che un credito di cento miliardi, o di venti, o di due sia diverso da uno di dieci; il problema è che esistono regole particolari, innanzitutto in termini di massimo di fido concedibile ad una persona o ad un gruppo di persone, oltre ad altre regole che le banche debbono osservare. La nostra attenzione va nel senso di verificare se quei crediti siano stati correttamente osservati e se, dall'esame dell'andamento di quell'operazione, emerga la possibilità che la banca rientri, perché questo ci consente di valutare poi la quantità delle cosiddette partite in sofferenza, l'incidenza di queste ultime sulla patrimonializzazione e quindi la necessità di intervenire sulle diverse aziende. E' il caso citato dall'onorevole Del Prete a proposito della Caripuglia. Abbiamo espletato azioni ispettive nel 1993, che hanno evidenziato aspetti di notevole criticità della situazione generale della banca sul piano tecnico ed organizzativo. In realtà, la banca si era spinta a perseguire indiscriminate politiche di espansione che negli ultimi anni venivano poste in essere attraverso una conduzione aziendale sicuramente non improntata a logiche d'impresa, poiché gli obiettivi di sviluppo quantitativo e di sostegno a tutti i costi dell'economia locale venivano anteposti all'esigenza di assicurare adeguati livelli di efficienza della struttura e di preservare gli equilibri tecnici in termini finanziari o di liquidità, economici e patrimoniali. L'onorevole Del Prete ha citato alcuni tra i casi più clamorosi: mi riferisco alle due operazioni (che poi sono state sottoposte ad accertamenti giudiziari) riguardanti le case di cura riunite del Cavallari e tutte le imprese del gruppo Casillo, operazioni che hanno inciso in maniera determinante. L'iniziativa che la Banca d'Italia ha assunto è quella di fare entrare una banca di grosse dimensioni, di sicura affidabilità, in grado di immettere capitale nuovo (credo che l'aumento di capitale si sia ragguagliato a circa trecento miliardi). Questo dovrà consentire una ripresa se non dico immediata, quanto meno in breve tempo della funzionalità della banca a sostegno dell'economia della regione. Questa è stata l'iniziativa della Banca sul piano della valutazione della Cassa di risparmio di Puglia. Pagina 348 ANTONIO BARGONE. E' stata informata anche l'autorità giudiziaria? VINCENZO DESARIO, Vicedirettore della Banca d'Italia. Sì. ANTONIO FAZIO, Governatore della Banca d'Italia. Secondo l'usuale procedura, che ho chiarito, di carattere generale; tutte le operazioni nelle quali ravvisiamo un qualche fumus di reato vengono da noi segnalate. ANTONIO DEL PRETE. Ciò è avvenuto fin dal 1993? ANTONIO FAZIO, Governatore della Banca d'Italia. Sì, immediatamente dopo. Tenga conto che, per tempi tecnici, passano circa due mesi, salvo che non siano fatti gravissimi. VINCENZO DESARIO, Vicedirettore generale della Banca d'Italia. Per quanto riguarda la Sicilcassa - al di là del fatto che l'ispezione condotta, se non erro nel 1992, presso la Cassa di risparmio Vittorio Emanuele aveva già dato risultati non del tutto soddisfacenti in ordine alle modalità di gestione di questo istituto - i nostri interventi sono stati frequenti ed hanno avuto lo scopo di indirizzare la banca ad apportare correzioni. Ciò che è accaduto non ha nulla a che vedere con la gestione bancaria ordinaria; si tratta di fenomeni che attengono esclusivamente all'investimento delle disponibilità del fondo pensioni dell'istituto, cosa che - lo ripeto - non ha nulla a che fare con la gestione bancaria e non è assoggettata al controllo dell'organo di vigilanza. Quindi, nonostante lo svolgimento della nostra ispezione, difficilmente avremmo potuto accorgerci di vicende di questo genere. La preoccupazione riguardante la banca non è eccessiva; gli organi consiliari attualmente in carica sono in grado di gestire, ma siamo in contatto con le autorità centrali e regionali perché si riformi immediatamente il consiglio della fondazione e perché si reintegri il consiglio della banca nominando nuovamente il presidente ed un sindaco. Come sapete, nell'ordinamento penale italiano non esiste la possibilità, di fronte ad iniziative della magistratura o a denunce di terzi, di impedire a soggetti di esercitare la propria attività. Però, su suggerimento della Banca, il Comitato per il credito e il risparmio ha impartito al sistema bancario l'istruzione che tutti i dirigenti raggiunti da avvisi di garanzia o rinviati a giudizio hanno l'obbligo di darne precisa informazione al consiglio, il quale ha il compito di valutare se questi elementi influenzino la gestione della banca e quindi di assumere le decisioni di eventuale sospensione (sempre che non sia già avvenuta l'autosospensione). La sospensione (o l'autosospensione) diventano obbligatorie nei casi di misure cautelari personali, com'è avvenuto per Ferraro e Mulè. Aggiungo però che la vicenda non ha avuto riflessi sulle condizioni della banca: i dati che possediamo in questo momento manifestano un ordinato funzionamento dell'attività della stessa. In ordine al Banco di Sicilia sappiamo cosa sia accaduto. Per entrambi gli istituti il problema principale è stato causato dal fatto che la maggior parte dei crediti (o, comunque, quelli più pesanti) sono stati erogati ai cosiddetti cavalieri della zona, che lì avevano la massima concentrazione del proprio gruppo imprenditoriale. Quindi, le due più importanti istituzioni bancarie siciliane si sono trovate, almeno inizialmente, ad erogare tali crediti; ma credo che negli ultimi anni, più che cercare l'espansione del credito, abbiano tentato di rientrare di quello concesso. Ricordo bene che, prima dell'arresto del cavalier Graci, era stato avviato un procedimento di ristrutturazione del credito per consentirne il rientro, al punto che le azioni della Banca etnea in possesso del Graci erano state date a garanzia della Cassa Vittorio Emanuele e, nel contempo, la banca etnea si era impegnata addirittura a cedere la propria partecipazione in un altro istituto - se non erro la Banca di Biancavilla - per poter corrispondere ai suoi debiti nei confronti del sistema bancario. Pagina 349 Per quanto concerne il Banco di Sicilia si può dire che oggi le cose vadano abbastanza bene: sono stati interamente rinnovati il consiglio della fondazione ed il consiglio d'amministrazione. Vi è un nuovo direttore generale, sono stati assunti elementi qualificati, è stato varato un prestito subordinato sufficiente per corrispondere alle esigenze ed il nuovo consiglio sta operando per portare la banca sì ad un "dimagrimento" da tutte le attività deficitarie, ma in realtà deve portarla ad una base solida da cui ripartire per un suo maggiore sviluppo. Credo con questo di aver risposto a tutte le domande che sono state formulate. Se ho dimenticato qualcosa, potete farmelo presente. PRESIDENTE. Mi pare che alle questioni fondamentali si sia risposto. Do ora la parola al governatore Fazio, che voleva aggiungere qualcosa. ANTONIO FAZIO, Governatore della Banca d'Italia. Riguardo all'usura, vorrei far presente che, parlando di bancabilità, mi sono riferito ad un problema economico, non giuridico. Quando si arriva a livelli di tassi di interesse che superano il 20, 25, 30 per cento, è chiaro che dietro non vi può essere un'attività economica ordinaria. Non è possibile avere delle attività economiche legali in condizioni che possano portare constantemente a rendimenti, per non parlare dei tassi, così elevati. Quanto al credito nel Mezzogiorno, si tratta di questione sulla quale sono stati condotti approfondimenti ed analisi. Il credito buono è nelle economie buone: per tre quarti il problema - lo dico in maniera un po' immaginifica - è rappresentanto dalla debolezza dell'economia del Mezzogiorno, debolezza legata anche alla composizione delle imprese meridionali, in genere più piccole rispetto a quelle del centro nord. Questa è una parte della spiegazione della differenza di costo. Come sapete, i tassi d'interesse variano in funzione della dimensione dell'impresa, per cui, se la composizione delle imprese nel centro sud è di dimensione più piccola, ma soprattutto con prospettive economiche meno certe, è evidente che troverete un superiore costo del denaro. A questo stiamo reagendo innanzitutto con azioni di vigilanza (Banco di Sicilia, Caripuglia e tutta una serie di altri istituti sui quali sistematicamente riferiamo alle autorità che ce lo richiedono) che rendiamo pubbliche. Io stesso tra una settimana, a Foggia, svolgerò un intervento nel quale fornirò nuovamente alcune indicazioni di carattere generale sul credito nel Mezzogiorno. Quindi, la prima idea è quella di fortificare l'imprenditorialità e la capacità patrimoniale delle imprese-banche operanti nel centro sud. D'altronde, non è certo con il credito che si risolva il problema del Mezzogiorno. Che per il restante quarto vi siano problemi di non buona amministrazione, e molti casi di carente organizzazione (fornirò qualche dato medio desunto dalle ispezioni) sul modo in cui operano le banche del sud, è anche vero, ma gran parte del problema delle sofferenze nel sud è dovuto - lo ripeto - alla debolezza dell'economia del Mezzogiorno. Sul problema più generale del costo del denaro, a chi chiede se si riaprirà il credito al sud vorrei far presente che esso è regolato su base nazionale, anche perché il sistema è ormai completamente comunicante in tutto il territorio italiano. Noi immettiamo moneta e credito e compiamo azioni in funzione degli equilibri generali che riguardano tutto il paese. Sapete benissimo, per esempio, che presentandosene le condizioni abbiamo abbassato i tassi di interesse a breve termine in misura drastica; adesso, però, sono i tassi di interesse determinati dal mercato a salire, non quelli che determiniamo noi. Sapete anche che di recente siamo stati costretti a riaumentare i tassi di interesse, sia pure in misura parziale rispetto alla diminuzione precedente. Sappiamo benissimo che l'incidenza territoriale su alcuni di questi movimenti è molto differente, però essa è al di fuori della politica monetaria. Quindi, il principale intervento che svolgiamo è indirizzato al tentativo di rafforzare l'imprenditorialità Pagina 350 e la base patrimoniale, e lo facciamo fino al punto di discendere al livello delle singole organizzazioni. A tal proposito, nella relazione dello scorso anno vi è una descrizione amplissima di tutti gli interventi effettuati, che adesso è dif- ficile riassumere. Comunque, sia in merito a questo aspetto sia su doman- de che riterrete opportuno rivolgerci in seguito, anche per iscritto, potremo essere più precisi. Su temi più specifici siamo anche disposti ad incontrarci nuovamente con la Commissione. Del resto, credo che solo l'argomento sul Mezzogiorno me- riti di per sé due o tre audizioni, e per quanto ci riguarda siamo disposti a parteciparvi. PRESIDENTE. Ringrazio il governatore della Banca d'Italia, dottor Fazio, ed il vicedirettore generale, dottor Desario, per i tantissimi elementi che ci hanno fornito. Su altri argomenti specifici, la Commissione richiederà nuovamente la loro collaborazione. La seduta termina alle 13.