Pagina 425 PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TIZIANA PARENTI INDICE Pag. Audizione del Presidente del Consiglio dei ministri, onorevole Silvio Berlusconi, sulle linee programmatiche dell'azione del Governo nella lotta alla criminalità organizzata: Parenti Tiziana, Presidente &&P 427, 433, 439, 440 444, 445, 446, 451, 452 Arlacchi Giuseppe .............................. 446, 447 Ayala Giuseppe ................................. 434, 444 Bargone Antonio ................................ 441, 443 Berlusconi Silvio, Presidente del Consiglio dei ministri ..................... 427, 429, 433, 434, 435, 437 439, 441, 443, 444, 445, 450, 451, 452 Bertoni Raffaele ..................... 435, 437, 439, 451 Bertucci Maurizio .................................... 440 Bonsanti Alessandra ........................ 429, 437, 446 Campus Gianvittorio .................................. 444 Cusimano Vito ................... 443, 444, 446, 448, 452 Di Bella Saverio ..................... 443, 444, 445, 451 Imposimato Ferdinando ................................ 437 Mancino Nicola ............................ 446, 447, 449 Manconi Luigi .................................. 437, 444 Scozzari Giuseppe .............................. 435, 444 Violante Luciano ............................... 449, 450 Pagina 426 Pagina 427 La seduta comincia alle 10,10. (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente). Audizione del Presidente del Consiglio dei ministri, onorevole Silvio Berlusconi, sulle linee programmatiche dell'azione del Governo nella lotta alla criminalità organizzata. PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Presidente del Consiglio dei ministri, onorevole Silvio Berlusconi, sulle linee programmatiche dell'azione del Governo nella lotta alla criminalità organizzata. Il Presidente del Consiglio mi ha comunicato che non potrà trattenersi oltre le ore 12 e che si riserva di intervenire la prossima settimana (indicativamente venerdì, o anche prima) nel caso in cui non potesse esaurire in tempo tutte le risposte o approfondire alcune delle questioni che gli verranno poste. Do ora la parola al Presidente Berlusconi. SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. Vorrei fare una premessa a queste comunicazioni sulla politica che il Governo intende perseguire circa il contrasto al fenomeno della mafia. Vi è stata una mia espressione, riferita da alcuni organi di stampa durante la mia permanenza in Russia, su cui ho già fatto delle precisazioni, che credo sia opportuno ribadire in questa sede. Tra l'altro, questo viaggio in Russia mi ha rivelato una realtà, concernente la criminalità organizzata nei paesi dell'est, molto importante e pericolosa. Ho avuto contatti con i rappresentanti del governo della Federazione russa, a cui noi daremo (forse vale la pena di dirlo) il più importante supporto che riusciremo a delineare nell'ambito delle nostre possibilità di bilancio, perché è un paese che deve ancora raggiungere un livello di democrazia paragonabile a quello dei paesi occidentali e conserva moltissime caratteristiche di uno Stato che conosce molto da vicino la dittatura. Le ammissioni che vi sono state riguardano 50 mila tonnellate di armi chimiche: per loro ammissione, si potrebbe distruggere tre volte la popolazione mondiale; vi è un armamentario nucleare che potrebbe distruggere - sempre a loro dire - dieci volte la popolazione del mondo. E' una democrazia che ancora si sta imponendo e che ancora certa non è, con degli avanzamenti pericolosi sulla destra e sulla sinistra che potrebbero riportare indietro la storia. E' quindi molto importante continuare nella situazione attuale (che è una situazione mondiale, che fa guardare con relativa sicurezza la pace e la stabilità del mondo, dopo la caduta del bipolarismo) e non ritornare di nuovo nel bipolarismo. Io, come primo rappresentante della politica estera del paese, mi sto accorgendo che, quando si verifica un incidente in giro per il mondo, la situazione oggi è molto diversa. Ricordo cosa succedeva prima: quando accadeva un incidente, una parte si rivolgeva al mondo occidentale, agli Stati Uniti, un'altra parte a Mosca ed esisteva la possibilità che da una scintilla nascesse un grande incendio. Questo non succede più. Ho personalmente assistito a tutte le mediazioni, a tutti gli interventi; ho anche partecipato, cercando di rendere utile in qualche modo la presenza internazionale Pagina 428 dell'Italia, a tentativi di componimento di certi contrasti e vedo che esiste una grande collaborazione, per esempio, tra Washington e Mosca. Credo che debba essere primario interesse del nostro paese svolgere un'attività positiva nella direzione del mantenimento di queste situazioni generali di sicurezza per il mondo intero. Per quanto riguarda la Russia, quindi, il suo ruolo in questo ambito generale è importantissimo. Credo che noi dovremo fare tutto il possibile per dare un contributo affinché la riforma del sistema economico in atto possa avanzare. A tale proposito credo che abbiamo fatto un buon lavoro, con gli appuntamenti già costruiti, affinché le nostre imprese pubbliche e private possano trovare là occasioni di lavoro importanti; tra l'altro, c'è tutta la riconversione dell'industria bellica, che era enorme ed occupava i tecnici e le maestranze migliori. Ritengo che vi sia una buona possibilità operativa per le nostre aziende, dando un contributo alla Federazione russa in questo suo difficile cammino, ma anche apportando dei vantaggi alla nostra economia, che potrebbe trovarsi in una posizione preferenziale nei confronti di un grande mercato di 150 milioni di consumatori, che poi è anche la porta di un ulteriore mercato nei paesi dell'ex impero sovietico. In quella situazione, sono stato avvicinato da giornalisti russi. Anche con i ministri si parlava della mafia: in Russia le organizzazioni criminali sono presenti, come in tutti i paesi giovani, dove le strutture di contrasto non sono avvantaggiate (si fa per dire), ma certamente più specializzate, per la lunga storia di lotta che hanno alle spalle, come succede nel nostro paese. Mi è stata rivolta una domanda sulla mafia, sulla ricongiunzione tra la mafia italiana e quella dei paesi dell'est. Io mi sono adombrato quando ad un certo punto alla nostra immagine è stata affiancata anche quella della mafia. Da italiano normale, mi sembra che questa situazione non ci debba far piacere; non fa piacere a nessuno che 57 milioni di italiani possano avere addosso, al primo posto, l'immagine della mafia. Avevo letto le risultanze di un sondaggio internazionale nel quale, alla domanda su quali fossero gli elementi significativi dell'immagine "Italia", la risposta era stata: mafia, pizza e poi una squadra di calcio. Io dissi: "Bisognerebbe evitare questa immagine, che riguarda un'attività pericolosa, dannosa e che dobbiamo combattere con tutte le forze, ma un'attività che non possiamo dire caratterizzante dell'intera operosità degli italiani". Avevo appena detto che gli imprenditori italiani sono la ricchezza del nostro paese e sono 4 milioni; per contrasto ho aggiunto che i boss mafiosi importanti risultano essere, dalle segnalazioni e dalle conoscenze che ho, meno di un centinaio. Non si possono quindi paragonare gli italiani (57 milioni) e gli imprenditori (coloro che intraprendono e rischiano in Italia) con la presenza di boss mafiosi che sono in numero pericoloso ma contenuto. Credo che questa sia una cosa che tutti possono sottoscrivere. Mi dicevano: "Ma allora come mai continuate a produrre film sulla mafia?". Certo, non è una cosa buona; mi assumo anch'io le mie responsabilità perché ho cofinanziato anch'io film che avevano per oggetto elementi di vita mafiosa. Forse non ci rendiamo conto che una fiction, che è più pericolosa del film perché va su tutte le televisioni di tutto il mondo, soprattutto se realizzata bene, può portare ad un congiungimento di questo fenomeno (pericoloso, ma per fortuna limitato) con l'immagine generale dell'Italia. Credo che dobbiamo tutti renderci conto di questo e fare quello che sta nelle possibilità di ciascuno di noi per evitare che ciò si aggravi e che accada ancora e ripetutamente. Chiedo scusa per questa precisazione, ma sono rimasto addolorato vedendo come, purtroppo, esista un costume di strumentalizzazione, di stravolgimento anche delle dichiarazioni più semplici che uno si trova a fare per rispondere con cortesia alle domande dei giornalisti, rispettandone il lavoro. Purtroppo mi accade sempre più spesso, ma non farò liste di proscrizione da nessuna parte...! Veniamo ora alle comunicazioni circa gli intendimenti del Consiglio dei ministri Pagina 429 e della Presidenza del Consiglio in relazione al fenomeno della mafia. Ho voluto raggruppare in otto punti gli argomenti su cui desidero intrattenervi: dopo alcune premesse generali, vi parlerei delle caratteristiche di una efficace attività di contrasto, di quello che deve essere il potenziamento ed il coordinamento delle strutture di prevenzione e di investigazione. Passerei poi dalla prevenzione sul territorio alle forme di sostegno sociale e di fiducia che devono nascere nello Stato, per trattare inoltre gli strumenti investigativo-processuali, in particolare lo strumento processuale, nonché gli strumenti processuali per quanto riguarda il fenomeno di aggressione ai patrimoni. Infine passerei all'argomento dal quale siamo partiti, cioè l'ambito sovranazionale del crimine organizzato, sul quale, come voi sapete, si svolgerà una conferenza voluta dall'ONU, ma che nasce da una proposta di Giovanni Falcone, che si terrà a Napoli nel mese di novembre e che io ho deciso di presiedere per la sua intera durata. ALESSANDRA BONSANTI. E' invitata la Commissione? SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. Sicuramente. Innanzitutto, credo che si possa estendere l'invito a chi vorrà partecipare, perchè abbiamo allestito una sala molto capiente. Si prevede una partecipazione molto elevata: saranno presumibilmente 140 paesi. In tutti i colloqui internazionali che sto tenendo, chiedo che ci mandino dei rappresentanti di alto livello, quindi ministri dell'interno e di grazia e giustizia; in certi casi, e forse per un giorno, sarà possibile avere anche dei Presidenti del Consiglio e dei Capi di Stato. Per esempio, ho già la promessa da parte di Boris Eltsin di un suo personale intervento; ciò a significare di come ritengano importante una collaborazione internazionale nella lotta contro le organizzazioni criminali transnazionali. Svolgerò ora alcune premesse generali. Tra i suoi obiettivi primari e fondamentali, il Governo ha sempre segnalato quello dell'efficace contrasto della criminalità organizzata, mafiosa e non. L'ho affermato con determinazione all'atto dell'insediamento e l'ho ribadito con altrettanta determinazione anche a Palermo appena dieci giorni fa, in occasione della presentazione della conferenza ai 40 paesi che si sono incaricati di delineare i temi da esaminarsi in quella conferenza. Sono infatti pienamente consapevole dell'assoluta gravità del fenomeno e del suo multiforme atteggiarsi, così come sono convinto del fatto che solo una incessante e coordinata azione di tutte le forze istituzionali e sociali potrà consentire di debellarlo, dando ai cittadini di questo paese la certezza di non dover più subire le forme di intimidazione e di assoggettamento che caratterizzano la condotta di tali associazioni criminali. I recenti successi investigativi ed il sempre più significativo progredire delle indagini processuali in tema di mafia non devono importare cali di tensione ideale ed emotiva, né far ritenere, con imprudente o sconsiderata leggerezza, che si è ormai in presenza di un avversario "alle corde". Da più parti vengono invece allarmate segnalazioni circa il possibile ripetersi di attentati; pressoché all'unisono, investigatori, magistrati e studiosi sottolineano che i gruppi mafiosi potrebbero modellare le loro future strategie criminali avendo riferimento proprio all'atteggiarsi delle future risposte istituzionali, nella speranza di una cosiddetta normalizzazione delle reazioni, di una sorta di "politica dell'oblio" e del disinteresse. Anche dinanzi a questa Commissione, i responsabili della sicurezza hanno ribadito le loro preoccupazioni, segnalato i pericoli, invitato a moderare l'entusiasmo che pur potrebbe discendere dalla positività dei risultati fin qui raggiunti. Condivido le loro analisi ed assicuro l'impegno costante e fattivo dell'intero Governo nella elaborazione e realizzazione di una globale attività di contrasto, organizzata secondo moderni criteri di flessibilità e agilità e secondo moduli che consentano il rapido flusso delle informazioni e delle conoscenze, così da permettere risposte tempestive all'attacco mafioso e da convogliare Pagina 430 tempestivamente o addirittura anticipatamente le risorse umane e tecniche disponibili proprio in quei settori ai quali l'attenzione criminale ha deciso di rivolgersi nell'uno o nell'altro momento storico. Veniamo ora alle caratteristiche di una efficace attività di contrasto. Quella appena esposta è una scelta anticrimine che ha per premessa la radicata convinzione di avere di fronte non solo e non tanto gruppi banditeschi o delinquenziali, ma organizzazioni politico-criminali che da sempre pretendono di esercitare sul territorio una sovranità alternativa rispetto a quella statuale e di piegare i cittadini ai propri voleri, opprimendone la libertà di determinazione. Ecco il motivo per il quale ho voluto da subito sottolineare che l'impegno del Governo ha carattere globale e che non può esaurirsi né nel potenziamento delle strutture di investigazione né nel supporto all'operato della magistratura inquirente. L'impegno del Governo deve invece svilupparsi anche prima e fuori della repressione del reato, dispiegandosi ai livelli nei quali si collocano, più o meno direttamente, i corrispondenti fattori criminogeni. Da qui l'attenzione al risanamento del tessuto sociale e ad una politica di sviluppo economico delle aree depresse: attenzione indispensabile sia per evitare che le organizzazioni criminali si propongano come valida alternativa alla povertà sociale sia per agevolare la diffusione di un convinto costume di rispetto della legalità. Da qui anche più specifici interventi di rottura di certe ambigue solidarietà finalizzate a disarticolare la complessa trama di referenti creata dalla mafia in tutti gli spettri della società e delle istituzioni e ad assicurare l'autonomia decisionale e la trasparenza degli organi di Governo delle comunità locali. In questo senso occorre muoversi se si vuole davvero rompere il circuito mafioso e creare un'alternativa effettiva e duratura all'oppressione criminale. Segnali positivi è dato cogliere anche a tale proposito; il significativo aumento delle denunce per fatti di usura ed estorsione non può dipendere infatti che dalla decisione delle vittime dei reati di vincere le paure e di rinnovare la loro fiducia nella risposta dello Stato (in proposito, diffonderemo l'ultimo libro del Papa che ha davvero come fatto centrale il "non abbiate paura" che si impone in ogni momento e che in questo caso sembra un imperativo categorico assolutamente tempestivo). Quella del Governo sarà perciò una risposta globale e coordinata, frutto di una visione di insieme del fenomeno, attenta ad anticiparne le strategie criminose e ad evitare che dal frazionamento delle competenze burocratiche le associazioni mafiose possano trarre vantaggi tanto importanti quanto ingiustificabili. Con tutti i ministri, studierò ed appronterò i sistemi più adeguati per raggiungere la finalità che mi sono prefisso, valutando in specie i modi per utilizzare al meglio le strutture di direzione e coordinamento già esistenti ed i già previsti momenti del loro raccordo, sconsigliando, all'inverso, la creazione di nuovi organismi antimafia, la cui competenza, allo stato attuale della normativa, non potrebbe che avere contorni vaghi e la cui attività sarebbe giustamente accolta da comprensibili diffidenze. Ritengo perciò che ci si debba muovere sull'esistente, potenziando le attuali strutture di contrasto e correttamente individuando le loro rispettive aree di operatività. Per quanto riguarda il potenziamento e coordinamento delle strutture di prevenzione e di investigazione, particolare importanza e delicatezza assumono i temi relativi ai rapporti tra i vari organismi di polizia ed al loro coordinamento. L'elevata professionalità degli organismi di polizia ha fin qui consentito sia il raggiungimento di brillanti risultati investigativi sia il concreto superamento delle difficoltà operative ed interpretative inevitabilmente connesse alla prima fase di applicazione delle normative antimafia emanate nel 1991 e nel 1992. La creazione di nuovi organismi di polizia specialistici e centralizzati, che conoscete bene, ha ovviamente importato la necessità di modularne reciprocamente gli interventi, di evitare la demotivazione Pagina 431 degli appartenenti alle strutture già operanti, di contemperare le esigenze di prevenzione con quelle di repressione affidate alla direzione degli uffici del pubblico ministero, anch'essi, nel frattempo, ristrutturati nelle competenze, negli organici, nello stesso modo di operare. Coniugando abilità e senso istituzionale sono state "inventate" così nuove modalità di indagine, di cooperazione e di coordinamento. Da queste bisogna ora partire per affinare la funzionalità dei vari organi, per evitare contrapposizioni, per incrementarne l'efficacia investigativa. Con lucidità il ministro dell'interno vi ha già indicato la strada che intende perseguire. Il capo della polizia ed il direttore centrale della polizia criminale vi hanno a loro volta illustrato con chiarezza le nuove linee per il coordinamento delle strutture di contrasto. Si tratta di prospettazioni nelle quali mi riconosco pienamente (ne ho lungamente discusso con il ministro dell'interno), perché esse hanno l'innegabile pregio di riempire di contenuto le inattuate previsioni normative che, ferma restando la responsabilità politica del ministro dell'interno, attribuiscono al consiglio generale per la lotta alla criminalità organizzata il potere di definire le linee dell'attività di prevenzione ed attribuiscono al dipartimento della pubblica sicurezza il compito di raccordare tutte le risorse investigative. Senza stravolgere competenze e tradizioni dei vari organi di polizia, la linea di intervento privilegiata dal ministro dell'interno consente di affiancare le esperienze di informazione e conoscenza acquisite dagli organi decentrati operanti sul territorio (prefetti, questori, gli informatori) alle attività degli organi centralizzati e specialistici e di effettuare a monte, per il tramite del vicedirettore generale della pubblica sicurezza, un raccordo effettivo e strategicamente attento agli indirizzi di prevenzione e investigazione indicati dal consiglio generale. In tal modo, non si recupera solo una fondamentale uniformità nelle condotte di indagine delle varie forze di polizia (pur nella permanenza di una ovvia ripartizione di compiti), ma si ottengono anche due scopi complementari: quello di impegnare gli organi specialistici solo in investigazioni mirate e quello di restituire agli organi territoriali la loro insostituibile funzione di garanti del controllo del territorio e di fonti primarie delle informazioni d'ambiente. Funzioni di garanzia sul territorio che non vanno lette solo in relazione alla prevenzione e repressione dei delitti di mafia, ma anche in relazione alla necessità di accrescere il controllo sull'espandersi di quella microcriminalità diffusa che angustia e inquieta qualsiasi cittadino e che, nel contempo, rappresenta il serbatoio inesauribile per l'assunzione della bassa manovalanza mafiosa. Da tutte le indicazioni che abbiamo, dai sondaggi, devo dire che risulta come questo della microcriminalità che assedia molte delle nostre città ed anche i centri più piccoli sia uno dei temi su cui in questo momento è molto attenta l'opinione pubblica. Veniamo alle forme di sostegno sociale e di fiducia nello Stato. Il contatto con il territorio consente di prevenire il nuovo atteggiarsi delle attività criminose laddove, invece, la successiva centralizzazione del dato informativo acquisito sul territorio consente sia di darne una lettura coordinata rispetto a quella degli altri dati pervenuti sia di elaborare, se del caso, una strategia di investigazione complessa, specialistica, necessariamente affidata agli organismi di polizia specificamente deputati alla lotta contro la criminalità mafiosa. Può aggiungersi che, sotto l'aspetto della prevenzione, la soluzione appena delineata ha l'ulteriore vantaggio di consentire una interpretazione immediata di fenomeni diffusi come l'estorsione e l'usura, cioè di fenomeni che in sé non sono tipicamente propri della criminalità organizzata ma che, sempre più spesso, vengono da questa utilizzati per fiaccare la resistenza degli imprenditori, per rilevarne le aziende e per riciclare i capitali illecitamente acquisiti. Proprio con riferimento a fenomeni del genere, occorre che lo Stato acquisisca una nuova dimensione, in grado di avvicinare il cittadino all'amministrazione e di Pagina 432 assicurargli forme di sostegno sociale idonee a tutelarlo dalle prevaricazioni, dall'assoggettamento, dalle intimidazioni mafiose. Al riguardo, l'esperienza iniziata nel 1992 con la istituzione del cosiddetto fondo antiracket merita di essere proseguita e rafforzata, se del caso, mediante iniziative nuove e libere dagli orpelli burocratici che fin qui ne hanno impedito l'effettivo decollo. In questa direzione, ritengo ci si debba muovere anche al fine di impedire il diffondersi delle pratiche dei prestiti usurari e delle sospette intermediazioni finanziarie, favorendo all'inverso l'istituzione di fondi di sostegno e la creazione di giuste condizioni perché le vittime dei reati possano denunciarne gli autori sapendo di poter contare sulla protezione effettiva dello Stato. Questi sono i principi cui abbiamo ispirato i contenuti del disegno di legge sull'usura che è all'esame del Parlamento. Occorre, insomma, creare le condizioni per un recupero del rapporto fiduciario tra cittadino ed istituzioni e per l'acquisizione di una nuova coscienza della legalità. Lo Stato deve essere in grado di proteggere chi gli consente l'individuazione dei più gravi reati e deve altresì studiare modalità idonee per non esporre chi fornisce tali notizie alle minacce o alle violenze della criminalità. In proposito e ad esempio, mi paiono meritevoli di revisione le norme del decreto-legge n. 143 del 1991 in tema di segnalazione delle operazioni bancarie di sospetto riciclaggio; ciò non solo per la loro farraginosità e per l'assenza di criteri individuativi certi, ma anche per la contestuale assenza di previsioni in grado di garantire l'anonimato dell'autore della segnalazione, che costituisce una remora molto forte. Un anonimato, sia detto per inciso, che non determinerebbe, oltre tutto, effetti sull'esito del futuro ed eventuale procedimento penale, posto che si tratterebbe di vicende facilmente acclarabili attraverso una successiva indagine bancaria od ancora attraverso le acquisizioni documentali inerenti all'operazione segnalata. Si tratta, cioè, di reati le cui prove emergono dalle carte, dai documenti e quindi credo che si debba garantire l'anonimato di chi produce queste segnalazioni. Nel settore assai complesso della normativa di controllo sulle società finanziarie, alcuni importanti risultati, come accennavo, sono già stati conseguiti. Essi sono: il riequilibrio dell'equità competitiva tra gli operatori, grandi e piccoli, anche tramite l'applicazione generalizzata di regole prudenziali; una chiara legittimazione dei soggetti che operano nel comparto finanziario, abbinata alla repressione delle situazioni abusive; la trasparenza nei rapporti con la clientela mediante l'imposizione a tutte le categorie di intermediari di regole a vantaggio del contraente considerato debole; la compressione degli spazi a disposizione di fenomeni criminosi quali il riciclaggio e l'usura, veicoli tipici di reimpiego dei proventi delle attività criminali (convergono in questa direzione l'applicazione di regole specifiche e, in via indiretta, l'esistenza di una funzione di vigilanza). Su questa linea occorre proseguire, per consolidare le posizioni finora raggiunte e per adattare il sistema alle nuove esigenze che si vanno manifestando. Vanno colte anzitutto le occasioni normative che consentano di completare il riassetto del sistema finanziario, in funzione anche di prevenzione nei confronti di impropri condizionamenti da parte del crimine organizzato. La razionalizzazione già realizzata per il comparto delle banche e delle finanziarie di credito deve ora essere estesa agli intermediari operanti nel settore dei valori mobiliari, quali le SIM e l'articolata "famiglia" degli organismi di investimento collettivo in titoli (fondi comuni, fondi chiusi, fondi immobiliari). Anche in questo caso l'operazione potrà consistere nella raccolta e riorganizzazione delle disposizioni in un testo unico. A questo proposito, chiederemo al Parlamento la delega per realizzare un testo unico organico delle misure di prevenzione e sul riciclaggio di denaro sporco. Su questo, abbiamo un po' anticipato i tempi, perché sentivamo che nella lotta alle organizzazioni Pagina 433 criminali era importante procedere a questa riorganizzazione: la Presidenza del Consiglio ha già preparato un suo testo. Quindi, chiederemo al Parlamento una delega per un testo che è stato praticamente già studiato e che dobbiamo soltanto perfezionare. PRESIDENTE. Ce lo può lasciare? SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. No, preferirei non lasciarlo, perché deve essere ancora sottoposto ad una revisione; ma è già fatto molto bene. Sul piano operativo, vanno ulteriormente perfezionati i meccanismi di coordinamento tra le diverse autorità, amministrative e di polizia, impegnate a garantire la correttezza gestionale degli intermediari finanziari a fronte dell'assedio portato dalla criminalità organizzata. Le iniziative di coordinamento interforze finora realizzate hanno sempre dato esito positivo, come è emerso anche dalle precedenti audizioni presso questa Commissione. Nei confronti delle piccole società finanziarie operanti nelle regioni a più alto rischio potrà essere particolarmente utile un'azione capillare di monitoraggio sul territorio ad opera della Guardia di finanza, in collaborazione con le altre forze di polizia e con il supporto tecnico delle autorità di vigilanza, cioè con gli uffici di vigilanza dell'Istituto centrale. Infine, su un piano più generale, potrà essere avviata un'azione di sensibilizzazione del pubblico sulle possibilità di accesso ai servizi finanziari e sulle regole predisposte a tutela del corretto svolgimento dei rapporti. In questo modo, si eviterà che la domanda di servizi approdi a soggetti non autorizzati, con conseguenze penose sul piano sociale. Una informazione trasparente, chiara e accessibile potrà trasformare il pubblico in cliente avvertito ed esigente, primo custode del proprio interesse economico, contribuendo alla crescita di un mercato maturo e responsabile. Qui c'è moltissimo da fare; c'è moltissimo da fare con il sistema bancario, che preferisce non inoltrarsi nei prestiti cosiddetti minori, e questo fa anche parte di una pratica annosa che secondo me la Banca d'Italia dovrebbe contribuire a modificare. Oltre tutto, c'è una grande richiesta di maggiore apertura al credito proprio da parte delle categorie che sono il sostegno primo e fondamentale della nostra struttura economica, cioè da parte degli artigiani e delle piccolissime imprese, che hanno molte difficoltà anche, per esempio, per il fatto che l'avviamento dell'impresa o del negozio non viene considerato dalle banche un patrimonio che possa essere garanzia del credito concesso. Qui c'è da svolgere una grande azione di convincimento nei confronti del nostro sistema creditizio, che per questo verso è arretrato rispetto alle altre nazioni e che invece deve essere sollecitato in questa direzione, anche perché vi sarebbe un frazionamento tale da abbassare moltissimo la percentuale di rischio relativa a questo tipo di microprestiti. Veniamo agli strumenti investigativo-processuali. Non è sempre possibile garantire anonimato e riservatezza. Nella gran parte dei casi, l'individuazione degli autori dei più gravi reati di criminalità organizzata dipende dalle dichiarazioni accusatorie di testimoni e di correi che, recidendo il vincolo associativo, hanno optato per la collaborazione processuale. A costoro il legislatore accorda un trattamento sanzionatorio, processuale e penitenziario di estremo favore che idealmente si contrappone ai trattamenti di rigore riservati viceversa ai correi irriducibili. Come sappiamo, si tratta di un sistema premiale particolarmente sofisticato e complesso che si articola lungo più direttrici tutte fra loro strettamente connesse ed alla cui scelta si è pervenuti dopo lunghi dibattiti e dopo le positive esperienze in materia terroristica degli anni ottanta. I collaboratori di giustizia sono oggi oltre 800 ed alla consistenza delle loro dichiarazioni accusatorie si deve (Commenti del deputato Ayala)... Mi spiace che sia proprio un milanista il più "Pierino" di tutto il consesso! Pagina 434 GIUSEPPE AYALA. Presidente, a lei capita spesso di sbagliare...! Pierino poi...! SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. Era altamente affettuoso. Lei sa che tra il presidente e i tifosi non ci può essere che questo tipo di rapporto...! GIUSEPPE AYALA. La nostra comune militanza milanista. SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. Certo, non abbiamo tantissime altre cose in comune, ma quella è certa. Alla consistenza delle dichiarazioni accusatorie di pentiti e collaboratori di giustizia, che sono oltre 800, si deve in gran parte l'avvenuto e già ricordato scompaginamento delle associazioni criminali di appartenenza. I risultati investigativi rendono superfluo qualsiasi rilievo sulla opportunità di continuare o meno ad avvalersi del loro apporto probatorio. Il Governo, quindi, non ha intenzione di modificare la disciplina in materia di collaborazioni processuali o di adottare linee di intervento che possano essere lette come arretramenti o ripensamenti rispetto alle scelte di politica criminale adottate al riguardo nel 1991 e nel 1992. La giurisprudenza ha ampiamente e da tempo chiarito la necessità di un attento vaglio critico in ordine alla genuinità e alla attendibilità delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, così come ha ricordato la necessità di un approccio ad essi altamente qualificato e professionale. Di ciò sono ben consapevoli magistrati inquirenti e forze di polizia e ad essi va dato atto di compiere ogni sforzo per impedire l'inquinamento delle fonti di prova e rendere immune da sospetti di gestioni interessate il contenuto delle chiamate in correità. L'auspicio di una "gestione" del collaboratore stabilmente affidata ad organi diversi da quelli investigativi e l'auspicio di un attento vaglio critico circa l'ammissione del collaboratore a misure o programmi di protezione non vanno perciò letti come volontà di un ridimensionamento della valenza processuale dell'apporto offerto dal collaboratore medesimo, ma soltanto, ed al più, quali momenti per l'armonizzazione del complesso tessuto normativo, così da colmarne gli aspetti talvolta lacunosi e disorganici. Credo che questo parere sia in accordo con quello di autorevoli magistrati che militano nelle procure più impegnate in questa direzione. In questo senso, si muove lo schema di regolamento che si appresta a tornare all'esame del Comitato nazionale per l'ordine e la sicurezza pubblica, dopo i pareri dell'apposita commissione sulla protezione e del gruppo di lavoro interministeriale (tra ministro dell'interno e ministro di grazia e giustizia) incaricato dello studio dell'intera materia. In questa sede, mi preme però sottolineare la necessità di un esame unitario del regime differenziato stabilito dalla normativa vigente per gli autori dei delitti di mafia, siano essi collaboratori o irriducibili. La parcellizzazione dei vari momenti in cui si articola tale regime rappresenta, infatti, l'artificio consapevolmente utilizzabile e utilizzato per scardinare l'intero impianto legislativo e per far perdere di vista il problema nel suo complesso. Va ribadito perciò, con determinazione, che solo l'atteggiamento di collaborazione processuale prova l'avvenuta dissociazione dell'autore dei delitti di mafia dall'organizzazione di appartenenza e che perciò soltanto l'intervenuta collaborazione può giustificare l'adozione di un trattamento sanzionatorio e penitenziario non differenziato e non rigoroso. Solo in presenza della collaborazione processuale (che deve quindi esprimersi in tutte le fasi del processo, a differenza di quanto avvenuto di recente in note vicende), cioè, può dirsi cessata o quantomeno diminuita presunzione di pericolosità sociale che accompagna il mafioso e i suoi delitti. Sicché, solo in caso di collaborazione può farsi luogo alla concessione di misure alternative alla detenzione od a misure cautelari meno afflittive della custodia in carcere. Questo è il messaggio normativo più volte esaminato anche dalla Corte costituzionale e ritenuto compatibile con i principi Pagina 435 di legittimità. Questo è anche il messaggio che, senza incertezze, il Governo intende riaffermare. Le disposizioni che regolano la materia hanno rappresentato un efficace scudo investigativo e processuale che va mantenuto nella sua interezza e senza tentennamenti. Di conseguenza, mi appare inutile indulgere ancora sul tema della volontà del Governo di prorogare o meno la previsione dell'articolo 41-bis della legge n. 354 del 1975. La sospensione delle ordinarie regole di trattamento penitenziario nei confronti dei detenuti per fatti di mafia si spiega con la loro capacità di influenzare anche dall'interno degli istituti la condotta criminosa dei complici in libertà: una capacità di incidere sulla strategia criminosa dell'organizzazione che, dalle sentenze della Corte di cassazione oltre che dalle acquisizioni investigative e probatorie, emerge con assoluta chiarezza, rendendo di per sé inevitabile l'applicazione ai soggetti in questione di un trattamento penitenziario che, pur senza comportare l'adozione di misure contrarie al senso di umanità, sia idoneo ad impedire il compimento di ulteriori delitti. Quello del rispetto del senso di umanità è l'unico limite posto anche dalla stessa Corte costituzionale ai contenuti del decreto che sospende le regole ordinarie di trattamento all'interno dell'istituto penitenziario: un limite che, peraltro, stando anche alle conclusioni della Corte, non risulta travalicato da nessuna delle restrizioni concretamente inserite nei decreti applicativi del Ministero di grazia e giustizia. L'articolo 41-bis della legge n. 354 del 1975 ha insomma ragione di essere per il fatto stesso che esiste all'esterno un'organizzazione mafiosa e che all'interno degli istituti penitenziari dimorano detenuti che di essa fanno parte e che ad essa sono tuttora in grado di inviare indicazioni criminali. Di abolizione della previsione potrà allora e perciò parlarsi solo quando l'uno o l'altro presupposto per la sua applicazione sarà venuto meno, per l'avvenuta definitiva sconfitta dell'organizzazione o per la cessata pericolosità sociale del detenuto. RAFFAELE BERTONI. Allora proroghiamo l'efficacia dell'articolo 41-bis? SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. Certo, è già previsto e lo faremo nei prossimi giorni. Vi è già un accordo per disporre una proroga per un periodo consistente. RAFFAELE BERTONI. Emanerete un decreto-legge? SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. Sì. RAFFAELE BERTONI. La ringrazio, anche perché sono stato il primo... SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. Prego. GIUSEPPE SCOZZARI. Speriamo che la Maiolo non si dimetta! SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. Le condizioni umane rappresentano indubbiamente un aspetto da tenere presente. Sta di fatto che da tutte le verifiche che abbiamo effettuato non risulta che vi siano particolari, consistenti e corpose misure. Ogni altra considerazione sul punto mi appare inutile, potendosi al più valutare soltanto se, anche al fine di evitare difformità interpretative da parte dei tribunali di sorveglianza, vadano legislativamente stabiliti sia i tipi di misure restrittive adottabili sia il divieto di una reiterazione delle impugnazioni davanti ai giudici diversi da quello del luogo di assegnazione del detenuto. Va piuttosto studiato un adeguato sistema per evitare che la previsione possa essere svuotata di effettivi contenuti a causa di situazioni concretamente verificabili e in grado di rendere solo apparente lo stato di isolamento carcerario. Pochi istituti penitenziari sono in grado di assicurare l'effettivo isolamento del detenuto. Fra questi si annoverano quelli dell'Asinara e di Pianosa la cui utilizzazione per finalità di detenzione va pertanto mantenuta, anche se sentiamo di dovere presto Pagina 436 dare inizio ad interventi di edilizia carceraria, troppo a lungo trascurata. L'effettivo isolamento non può essere invece assicurato presso quegli altri istituti ove, specie per ragioni di giustizia, anche i detenuti sottoposti al regime differenziato devono essere trasferiti (spesso per lunghi periodi). In questi casi, la previsione dell'articolo 41-bis della legge n. 354 del 1975 finisce per perdere di significatività. Occorre evitare che ciò si verifichi. Se del caso, anche in via alternativa, occorre prevedere, da un lato, che in taluni casi la partecipazione dell'imputato detenuto al dibattimento possa avvenire stando a distanza e mediante collegamenti e sistemi audiovisivi capaci di assicurare il pieno rispetto del diritto di difesa; dall'altro, che le udienze di indagine e la stessa udienza preliminare possano svolgersi davanti al giudice naturale, ma nell'istituto di assegnazione del detenuto. Soluzione, quest'ultima, in parte già prevista dal sistema vigente e la cui costante applicazione eviterebbe che un gran numero di appartenenti alle forze dell'ordine venga giornalmente distolto dai suoi prioritari compiti di istituto per essere destinato ai pericolosi e defatiganti compiti di traduzione dei detenuti. A tale proposito richiamo le allarmanti dichiarazioni del comandante dell'Arma dei carabinieri rese nel corso dell'audizione del 4 ottobre scorso. Quanto allo strumento processuale, il riferimento appena operato alle problematiche in tema di celebrazione dei processi impone di affrontare, sia pure rapidamente, le questioni relative alle eventuali modifiche da apportare alla normativa che regola i giudizi penali per fatti di mafia. Paiono oggi superate talune iniziali difficoltà di funzionamento delle nuove strutture inquirenti antimafia anche se, da più parti, si sollecita una revisione delle attribuzioni del procuratore nazionale antimafia, modellandole meglio con riferimento sia ai poteri di investigazione preliminare sia ai poteri in materia di applicazione temporanea dei magistrati. E' però certo che la sperimentazione sul campo ha consentito di appianare le originarie situazioni di comprensibile diffidenza e che si tratta ora soltanto di affinare le nuove modalità del lavoro di équipe e di meglio utilizzare le forze in campo mediante un potenziamento degli uffici più esposti e un maggiore coinvolgimento operativo dei magistrati delle procure non distrettuali (cioè delle procure cosiddette minori). A questo tema si ricollega quello relativo alla auspicata istituzione dei tribunali distrettuali. Il ministro dell'interno e quello di grazia e giustizia hanno al riguardo richiesto il parere del Consiglio superiore della magistratura dal quale, a suo tempo, vennero sollevate consistenti critiche circa l'opportunità di creare i nuovi organismi specializzati che pure erano stati vivamente richiesti da talune procure distrettuali e dalla precedente Commissione antimafia, sia per ragioni di continuità di competenza tra uffici giudiziari sia per esigenze di funzionalità e sicurezza degli uffici di procura. Le esigenze anche pratiche appena evidenziate appaiono meritevoli di grande attenzione, pur se non vanno sottovalutate né l'obiezione secondo la quale i problemi più immediati potrebbero essere risolti mediante l'ampio ricorso all'istituto delle applicazioni né le difficoltà concrete che l'istituzione dei tribunali distrettuali comporterebbe in tema di revisione degli organici di tutti gli uffici giudicanti (distrettuali e ordinari) al fine di consentire la celebrazione dei dibattimenti in questione. I problemi connessi alla valutazione delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, alla partecipazione ai dibattimenti a distanza, alla custodia cautelare degli imputati di mafia e al funzionamento degli uffici di procura antimafia vanno ovviamente letti nel generale contesto della normativa processuale penale le cui attuali caratteristiche meritano, come è noto, una attenta e complessiva revisione. Va subito detto, però, che anche per quanto attiene al versante strettamente processuale, i fatti di criminalità organizzata presentano tali e rilevanti peculiarità da non poter essere agevolmente assimilati ai fatti criminosi ordinari. Essi esigono perciò il ricorso a discipline particolari delle quali il sistema attuale dà già conto, Pagina 437 pur se in modo spesso disorganico. Anche sul versante del processo, perciò, c'è dunque bisogno di un compiuto riordino della materia e di una valutazione attenta circa l'opportunità di ampliare i margini di operatività del cosiddetto doppio regime processuale, specie in considerazione della facilità con la quale, nei procedimenti per delitti di mafia, può essere compromessa la genuinità delle fonti di prova. Veniamo ora all'aggressione dei patrimoni da parte della mafia ed agli strumenti processuali. Un semplice ed organico riordino della materia non è invece sufficiente con riferimento agli aspetti della normativa antimafia che riguardano la cooperazione internazionale e l'aggressione dei patrimoni mafiosi. A quest'ultimo proposito, da più parti si lamentano l'insufficienza degli strumenti di contrasto e, ancor di più, le difficoltà connesse alla loro attuazione pratica. Alle difficoltà di quantificazioni del "fatturato mafioso", si aggiungono infatti quelle legate... tra l'altro sento di cifre che, sia pure senza una conoscenza diretta del fenomeno, mi appaiono esagerate. Le migliaia di miliardi non sono facilmente realizzabili. Pensiamo che nelle più grandi aziende del paese - mi riferisco ai gruppi che conosco - per realizzare 11 mila miliardi di fatturato occorrono 40 mila persone. I mafiosi sono 20 mila: avranno, certo, attività particolarmente lucrose... RAFFAELE BERTONI. Sono 50 mila! SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. I dati del Ministero dell'interno indicano, con riferimento alla consistenza delle famiglie della mafia siciliana, della 'ndrangheta e della camorra... FERDINANDO IMPOSIMATO. Non fermiamoci a numeri! SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. Sì, anche perché il discorso non cambia di molto. Mediamente, per realizzare un fatturato di 10 mila miliardi bisogna "viaggiare" da 30 mila persone in su. ALESSANDRA BONSANTI. Dipende anche dal campo in cui si opera! SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. Lo so, ma guardi che è difficile operare al di fuori delle leggi. Non si tratta di attività che possono essere svolte alla luce del sole. LUIGI MANCONI. La merce-droga! SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. La merce-droga ha un valore elevato, ma quando sento parlare di 10, 20, 30 mila miliardi o addirittura di 100 mila miliardi, non posso non pensare che quest'ultima è la cifra che spendiamo per il sistema sanitario globale. Atteniamoci quindi a cifre attinenti alla realtà. Comunque, non litighiamo su questo perché, a prescindere dalle quantificazioni, certi fenomeni vanno combattuti in maniera forte e decisa. Ho già ricordato che le previsioni del decreto-legge n. 143 del 1991 in tema di "segnalazione delle operazioni sospette" non hanno fin qui dato risultati soddisfacenti; così come mi pare superfluo ricordare come molto spesso le forme di controllo elaborate si siano rivelate puramente formali e di fatto ininfluenti rispetto alla finalità perseguita. Mi pare allora fondamentale porre allo studio, congiuntamente a tutte le amministrazioni interessate e avvalendoci del contributo di esperti di indiscussa fama, l'elaborazione di nuove e compiute linee di intervento che si muovano sia sul piano puramente investigativo sia su quello del processo (anche di prevenzione) e della sensibilizzazione sociale. Anche qui, come ho già sottolineato, non si tratta solo di affinare le professionalità investigative ovvero di individuare nuovi strumenti normativi che semplifichino le procedure: si tratta, anche e principalmente, di creare una nuova sensibilità nelle associazioni degli industriali e dei commercianti e nei sindacati, di agevolare l'identificazione delle professioni di servizio - commercialisti, avvocati, eccetera (perché i loro esponenti siano posti sull'avviso Pagina 438 di poter essere utilizzati anche a loro insaputa) -, di impedire che le organizzazioni mafiose possano riutilizzare i beni ad esse sequestrati solo per l'incapacità dello Stato di operare qualsiasi oculata gestione. Si tratta anche di creare sul punto sempre più ampie forme di cooperazione e assistenza internazionale, essendo noto che le difficoltà di aggressione dei patrimoni mafiosi dipendono anche dal fatto che non tutti i paesi dispongono di un sistema regolamentato nel settore economico ed in quello delle professioni che offrono servizi finanziari. Specie sotto quest'ultimo aspetto si sono però fatti di recente molti passi in avanti; anche sotto il profilo normativo, benefici effetti potranno presumibilmente conseguire dall'oculata applicazione delle nuove previsioni che consentono il sequestro (durante il processo) e la confisca (in caso di condanna) di interi patrimoni "soggetti" quando questi risultino sproporzionati rispetto al reddito dichiarato o all'attività svolta dall'imputato o dal condannato per fatti di mafia e di essi non si sappia giustificare la provenienza. Credo sia questo il criterio più logico e di buonsenso che possa essere seguito. Si tratta, in sostanza, di accertare in che modo sia stato prodotto un certo patrimonio considerando anche l'attività svolta dal soggetto che si prende in considerazione. Questi dati possono emergere anche dall'utilizzazione degli informatori locali, dalle stazioni dei carabinieri, eccetera, con riferimento alle situazioni in cui una famiglia od un individuo vivono al di sopra delle possibilità che normalmente sono connesse all'attività denunciata dagli interessati. Quanto all'ambito sovranazionale del crimine organizzato, il lavoro svolto negli ultimi anni da magistrati e investigatori ha consentito di comprendere come la "rotta della internazionalizzazione" rappresenti oggi una delle strade privilegiate dai gruppi criminali per incrementare sia le loro spinte di carattere "terroristico" e "armato" sia le loro spinte al reimpiego più sicuro e proficuo dei proventi illeciti e delle ricchezze accumulate. Da qui, dunque, la scelta delle organizzazioni criminali di considerare prioritario il loro impegno in determinati settori dell'illecito (il contrabbando, il traffico di droga, il commercio clandestino di armi - a cui negli ultimi tempi si sono aggiunte svariate altre attività riguardanti componenti di armi sofisticate, come le famigerate mine antiuomo e via di seguito, ed anche materiale atomico o parti di centrali atomiche -, il riciclaggio, le case da gioco, il mercato dell'immigrazione) che, per loro natura, implicano risvolti di carattere internazionale e favoriscono le proiezioni del crimine organizzato fuori del paese di origine. La progressiva globalizzazione dei mercati e il graduale superamento della frontiera favoriscono positivamente la crescente unificazione e interdipendenza delle economie. Dall'altro, però, creano i presupposti per un sempre più diffuso "scambio" tra le mafie tradizionali e quelle straniere (la colombiana, la turca, la cinese e ultimamente quella dell'est europeo) e, di conseguenza, il pericolo che dalla internazionalizzazione discenda un innalzamento del rischio "mafia" con uno smisurato aumento del potere armato ed economico delle organizzazioni criminali. Una efficace strategia antimafia non può ignorare, né sotto l'aspetto dell'aggressione ai patrimoni mafiosi né sotto quello più ampio e generale della sensibilizzazione al problema, le considerazioni sin qui enunciate. Va perciò apprezzata l'iniziativa del ministro dell'interno di moltiplicare gli sforzi per l'incisivo sviluppo di forme di collaborazione e coordinamentomultilaterale e bilaterale; così come va apprezzato l'intento del ministro di grazia e giustizia di procedere alla complessiva revisione del libro XI del codice di procedura penale al fine di rendere più agevoli i rapporti tra le autorità giudiziarie (specie in tema di estradizioni, di rogatorie e di assistenza giudiziaria) e di superare così le difficoltà operative ora riscontrate e spesso conseguenti all'oggettiva diversità dei sistemi processuali di volta in volta posti a confronto. Sulle scelte da adottare in tema di cooperazione internazionale nella lotta al crimine Pagina 439 organizzato incideranno in modo decisivo gli esiti della conferenza mondiale di Napoli del 23 e del 24 novembre 1994, nel corso della quale una parte importante dei lavori dovrà essere dedicata a quel minimo di legislazione che dovrebbe essere un denominatore comune in tutti i paesi: stiamo infatti riscontrando - l'ho constatato anche nel mio recente viaggio - che non vi sono norme nel diritto processuale perché non vi sono esperienze pregresse e la collaborazione tra i vari paesi, anche per quanto riguarda le estradizioni e così via, a volte viene resa difficoltosa dal fatto che negli altri ordinamenti (soprattutto nelle giovani democrazie, nei paesi in via di sviluppo) non si riscontrano norme analoghe alle nostre, che consentano una facile identificazione dei reati e quindi la possibilità di ottenere o meno l'estradizione. Credo che questo sia un lavoro fondamentale e se la conferenza di Napoli porterà all'adozione di un minimo di misure da inserire, a seguito di un voto unanime, in tutte le legislazioni dei paesi che interverranno, questo sarà già un grandissimo risultato. Poiché, come sapete, tendiamo ad essere concreti, avanzeremo proposte precise come, per esempio, quella dell'istituzione di una scuola internazionale per la prevenzione, ossia di una scuola di polizia specializzata nella lotta antimafia, di una scuola per gli operatori giudiziari, oltre a tutta una serie di situazioni per cui il Governo italiano si è già impegnato, mio tramite, anche ad un apporto di fondi economici consistenti affinché queste iniziative possano decollare. Dovranno all'esito essere intraprese azioni comuni e dovranno essere formulati indirizzi di vero contrasto della delinquenza mafiosa in uno spirito di forte volontà transnazionale che esalti le esperienze di ciascun paese interessato - purtroppo, le nostre - e che, come io spero, farà tesoro in specie delle esperienze, appunto, italiane. Su tali esperienze e sugli insegnamenti di tutti i servitori dello Stato italiano caduti per mano di mafia, si è andata infatti formando la normativa oggi vigente, una normativa che è meritevole di miglioramenti e ammodernamenti, ma che rappresenta un punto di partenza per l'elaborazione di una legislazione internazionale rispettosa dei diritti dei cittadini onesti, ma adeguata all'effettiva gravità del fenomeno da combattere. E' mia intenzione, comunque, fin d'ora procedere ad un attento e complessivo coordinamento delle norme già operanti in Italia, che serva non solo ad agevolare il lavoro degli interpreti, ma principalmente a cogliere la necessità degli opportuni aggiornamenti suggeriti dalla pratica investigativa e processuale. Si creeranno così le condizioni per proporre, pressoché in tempo reale, le modifiche necessarire per un contrasto efficace e tempestivo, pienamente adeguato allo stesso evolversi dell'esperienza criminale in tutti i suoi differenziati momenti: da quelli coinvolgenti il mondo della prevenzione, delle indagini e del processo a quelli che direttamente o indirettamente interferiscono o possono interferire con il corretto sviluppo dell'economia e delle attività di lavoro. A questo proposito, sto dando vita, presso la Presidenza del Consiglio, ad un osservatorio permanente per le attività di contrasto e per il flusso dell'informazione, al fine di dare tempestivamente i necessari impulsi operativi alle amministrazioni interessate (non si tratta soltanto del Ministero dell'interno), affinché il contrasto nei confronti di questo terribile fenomeno possa essere il più efficace possibile e la Presidenza del Consiglio possa svolgere al meglio il suo compito di indirizzo e di coordinamento (Applausi dei deputati e dei senatori dei gruppi della maggioranza). RAFFAELE BERTONI. Mi verrebbe voglia di applaudire; però La piovra è fiction! PRESIDENTE. Ringrazio il Presidente del Consiglio per la sua analitica, ampia ed esauriente relazione, che è stata soprattutto molto chiara, il cui testo sarà distribuito ai colleghi. SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. Consegno al presidente anche una pubblicazione curata Pagina 440 dalla Presidenza del Consiglio dei ministri: si tratta di un testo unico coordinato delle leggi in materia di misure di prevenzione. Ne consegno al presidente la prima copia e successivamente ne farò pervenire altre per tutti i membri della Commissione. PRESIDENTE. Poiché a mezzogiorno il Presidente del Consiglio dovrà recarsi a Palazzo Chigi, mi auguro che gli saranno rivolte domande sintetiche, in modo che egli possa rispondere nel corso di una prossima seduta senza dover intervenire successivamente. MAURIZIO BERTUCCI. Desidero innanzi tutto dare atto della forte e concreta volontà, da parte del Governo nel suo insieme e da parte sua, signor Presidente, in prima persona, di combattere la mafia senza incertezze, senza titubanze e senza latitanze. La notizia che lei ci ha appena dato in ordine al decreto-legge per la proroga dell'articolo 41-bis ne è una conferma. Vorrei ricordare alcune parole pronunciate da Giovanni Falcone, il quale ha affermato che certe dichiarazioni apparentemente innocue, certi comportamenti che nel resto d'Italia fanno parte del gioco politico normale, in Sicilia acquistano una valenza specifica. Desidero ricordare che il suo recente viaggio nella città di Palermo è la riprova lampante di come la mafia debba essere affrontata a viso aperto e soprattutto individuando i suoi territori di azione; con il termine "territori" intendo fare riferimento non al momento puramente geografico, ma all'intero e vasto raggio di attività criminose poste in essere dalle organizzazioni mafiose, prime fra tutte le attività economiche e finanziarie. Credo, signor Presidente, che proprio questo sia il tallone d'Achille dell'organizzazione mafiosa (o delle organizzazioni mafiose); se si riuscirà a porre un robusto argine ai molteplici affari della mafia pedinandone i flussi finanziari, individuando i settori d'interesse, bloccando tempestivamente i beni e il patrimonio costruiti negli anni con le attività criminose, potremo dire che si saranno raggiunti gli obiettivi ai quali, già anni addietro, aveva fatto riferimento Giovanni Falcone. In tempi recenti, uno dei fenomeni che sembra abbia acquistato sempre maggiore consistenza è quello dell'usura (e vengo alla domanda che intendo porle): da pochi giorni la Camera ha approvato il disegno di legge del Governo proprio in materia di usura; è sotto gli occhi di tutti come un tale fenomeno sia divenuto, per così dire, argomento di attualità. Vero è che il problema si presenta ormai in tutta la sua dimensione con connotati di particolare allarme sociale, soprattutto in considerazione dei legami che connettono questo tipo di reato alle attività poste in essere dalla criminalità organizzata. La nuova legge prevede un considerevole aumento di pena per i soggetti dediti all'usura; le chiedo, signor Presidente, proprio in considerazione della tipologia dei reati in questione, se non sarebbe stato forse più opportuno immaginare non tanto una pena detentiva più severa, quanto una norma che fosse ispirata a un'idea di certezza della pena unitamente alla certezza della confisca dei beni del soggetto. Inoltre - concludo - sempre in riferimento al disegno di legge governativo, la Camera ha ritenuto di dover rinviare la disciplina relativa al fondo di sostegno alle vittime dell'usura. Sebbene l'utilizzazione di altri fondi, disposti per far fronte a simili situazioni (per esempio, il fondo antiracket), non abbia dato i risultati auspicati, non ritiene, tuttavia, che, considerata l'urgenza della situazione, il fondo antiusura debba essere immediatamente istituito presso le prefetture o - ancora meglio - presso le regioni? Da ultimo, sempre in tema di usura, l'opinione pubblica sembra essere sempre più convinta che molta parte della responsabilità sia da attribuirsi alla politica di restrizione del credito adottata dalle istituzioni bancarie. Qual è l'opinione del Governo al riguardo? Quanto all'ultima domanda che intendo porre, capita spesso agli italiani che si recano all'estero (credo sia accaduto a tutti noi) di sentir pronunciare, magari anche da un tassista, la fatidica quanto ironica Pagina 441 domanda e risposta: "Italiano? Ah, mafia!". Si tratta di un luogo comune che sovente viene enfatizzato anche da una certa stampa estera: credo che ricordiamo ancora tutti, o quasi tutti, la copertina di Der Spiegel che, nel 1977, ci raffigurava con una pistola adagiata su un piatto di spaghetti. Le chiedo, signor Presidente, in che modo il Governo si stia adoperando affinché questa immagine distorta del nostro paese possa essere definitivamente cancellata. ANTONIO BARGONE. Prendo atto che questa mattina sono state date alcune risposte rassicuranti, soprattutto per quanto riguarda l'articolo 41-bis e i collaboratori di giustizia. Tuttavia, non posso non rilevare che nell'azione del Governo manca la forte volontà di lotta alla mafia di cui ha parlato l'onorevole Bertucci. Mi riallaccerò ad alcuni fatti e cercherò di evitare il più possibile il riferimento ad interviste, per evitare la possibilità del ricorso alla tecnica ormai consueta della smentita. Intanto, per quanto riguarda la campagna elettorale, ricordo le sue dichiarazioni in ordine ai collaboratori di giustizia e ad una modifica della legislazione nel senso di ridimensionarne il ruolo e quindi l'efficacia; successivamente, il riferimento più preciso e più recente è alle dichiarazioni rese in questa sede dal ministro dell'interno Maroni, dal ministro di grazia e giustizia Biondi e dal procuratore nazionale antimafia. Il ministro Maroni ha più volte fatto riferimento a lei, rimandando alcune domande che gli erano state rivolte e affermando che ad esse avrebbe dovuto rispondere il Presidente del Consiglio, perché si tratta di una volontà unanime del Governo che deve essere mostrata. Il riferimento era soprattutto alla questione finanziaria, ossia alle infiltrazioni criminali nella finanza, tenuto conto che il ministro Maroni sosteneva, come risulta dal resoconto stenografico della sua audizione, che esiste un rapporto tra istituzioni, sistema bancario e mondo economico e imprenditoriale su cui il Governo deve adottare dei provvedimenti che non possono essere emanati soltanto dal ministro dell'interno. Per quanto riguarda l'articolo 41-bis, siamo stati costretti ad assistere a due dichiarazioni diverse e contraddittorie, anzi contrapposte, dei ministri Maroni e Biondi: il primo confermava la sua determinazione nel reiterare l'efficacia dell'articolo 41-bis, mentre il ministro Biondi ha eluso la domanda relativa a tale questione ed ha anzi rinviato più in là i suoi impegni. Inoltre, per quanto riguarda i penitenziari dell'Asinara e di Pianosa, su cui lei questa mattina ha dato assicurazioni, il ministro Matteoli ne proponeva invece la chiusura, ricevendo l'entusiastica e immediata adesione del ministro Biondi, che qui ha giustificato la sua posizione dicendo di essere stato in passato ministro dell'ambiente e che quindi, in qualche modo, era stato richiamato a questa sua sensibilità particolare di tipo ambientalistico. SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. Mi sembra comunque che sia tutto superato dalla dichiarazione di oggi. ANTONIO BARGONE. Non è tutto superato ed ora vengo alla domanda che intendo porle, signor Presidente del Consiglio. La questione - lo ripeto - non è affatto superata: ogni volta sembra che lo sia, ma poi il giorno dopo ci troviamo di nuovo di fronte a affermazioni che sono in contrasto. Del resto, proprio ieri il ministro Maroni ha reso delle dichiarazioni in cui afferma che sostanzialmente la lotta alla mafia la sostiene soltanto il ministro dell'interno e che non c'è collaborazione da parte della maggioranza; lo stesso ministro ha fatto un riferimento specifico ad un'assenza dei parlamentari della maggioranza in Sicilia. Queste sono le dichiarazioni del ministro Maroni, tanto che vi sono state alcune smentite o prese di posizione da parte di deputati di forza Italia e di alleanza nazionale. La questione non può essere considerata superata, e citerò due esempi, uno dei quali è quello dell'usura, cui ha fatto riferimento anche l'onorevole Bertucci. Lei ha detto delle cose che sono state smentite Pagina 442 dall'azione del Governo e della maggioranza in aula: quindi, non sto facendo riferimento ad interviste. Quel provvedimento è stato approvato svuotando di contenuto e di efficacia lo stesso disegno di legge del Governo, che ha fatto marcia indietro; ci si è limitati soltanto ad un aumento di pene, venendo meno alle aspettative di tutti coloro che sono vittime del fenomeno ed anche ad un dibattito che era arrivato ad una fase avanzata. Sempre per quanto riguarda il coordinamento, anche in questa sede il ministro Maroni ha fatto riferimento al Presidente del Consiglio, affermando che vi è bisogno di provvedimenti del Governo che siano collegiali, mentre lei, a sua volta, ha fatto riferimento al lavoro del ministro dell'interno. E' chiaro, quindi, che ci troviamo di fronte ad una mancanza di strategia, da questo punto di vista: non posso che prenderne atto, perché, dopo aver ascoltato il ministro dell'interno ed il Presidente del Consiglio, mi sembra che, per quanto riguarda questo versante, non vi sia chiarezza di intenti. Il ministro Maroni ha detto più di quanto abbia detto lei, perché ci ha riferito di aver dato l'incarico di mettere in piedi un progetto mentre lei non ha detto nemmeno questo. Ancora, per quanto riguarda la giustizia, il ministro Biondi ha affermato di trovarsi costretto a subire le ristrettezze della legge finanziaria, perché sono necessarie decisioni collegiali nella materia. La legge finanziaria conferma la giustizia ad uno degli ultimi posti nelle priorità del Governo; cito un caso per tutti, sul quale penso che qualcuno tornerà: teniamo presente che in Calabria le strutture giudiziarie sono praticamente inesistenti, e che coloro che vi lavorano possono essere considerati degli eroi, degli uomini di frontiera, che sono messi in tali condizioni dallo Stato. E penso che la legge finanziaria non aiuti in questo senso. Ieri vi è stata un'interrogazione del capogruppo di forza Italia al Senato (non si tratta, quindi, di un'intervista e, questa volta, non la può smentire) che fa da sponda ad un'intervista rilasciata da Riina a la Repubblica: lo stesso La Loggia ritiene che a questa intervista non bisognerebbe dare spazio, mentre egli la utilizza per attaccare coloro che si sono impegnati sul fronte della lotta alla mafia e rovesciare il ragionamento di Riina. Signor Presidente, la mia domanda, quindi, è collegata a tali considerazioni. Tutte queste sono contraddizioni, anche rispetto alla relazione che ha letto stamattina; vi è bisogno di atti conseguenti, che siano univoci. Il procuratore nazionale antimafia ha dichiarato alla nostra Commissione - ed anche questa non è un'intervista - che vi è un chiaro calo di tensione nella lotta alla mafia. Vi sono stati, inoltre, riferimenti, che non sono stati chiari ma che andrebbero chiariti, soprattutto dal Presidente del Consiglio, a nuove alleanze politiche di Cosa nostra e della mafia. A tale riguardo, non viene detto nulla! Ecco perché anche le sue precisazioni di stamattina rispetto all'intervista rilasciata in Russia, fatte prima della relazione, dimostrano che evidentemente la relazione è, forse, un elaborato ponderato ma che poi, nel momento in cui vi è bisogno di esprimere davvero una volontà, si minimizza. Anche stamattina, lei ha dichiarato qui che la mafia è fatta di cento boss, che si parla male dell'Italia per la La piovra. Nel mondo, Presidente, si parla male della mafia perché ci sono le stragi, che sono fatti tragici di grande rilievo; bisogna dunque evitare che accadano, soprattutto pensando che non ci sono soltanto cento boss e che esiste una mafia - come lei stesso ha affermato nella relazione, contraddicendosi quindi subito dopo - che non è soltanto lupare e coppole storte. Si tratta invece di criminalità economica, di infiltrazioni, di relazioni fra settori economici, istituzionali, imprenditoriali; si tratta, quindi, di una realtà molto complessa, sofisticata, con collegamenti internazionali, che naturalmente deve essere combattuta con una strategia che sia complessa. La mia domanda, signor Presidente del Consiglio, è quindi se si possa porre termine, mostrando davvero in questo senso una volontà politica di lotta alla mafia, a questa oscillazione, che è gravissima, perché - come ha detto Falcone ed è stato Pagina 443 ricordato qualche giorno fa sul Corriere della Sera- certe dichiarazioni apparentemente innocue, certi comportamenti che nel resto d'Italia fanno parte del gioco politico normale, in Sicilia acquistano una valenza specifica; niente è ritenuto innocente, in Sicilia. Questo significa che anche le dichiarazioni irresponsabili che qualche suo ministro ha rilasciato, o qualche dichiarazione che lo stesso Presidente del Consiglio ha fatto, possono suonare come segnali importanti per la mafia, che naturalmente cerca spazi ed alleanze, soprattutto sulla base dei segnali che le vengono mandati. SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. Se il presidente della Commissione consente, vorrei non dare una risposta ma limitarmi ad una breve osservazione. Vorrei intanto ricordarle che la pericolosità del fenomeno - mi sembra non vi siano dubbi - è avvertita da parte nostra e che nel programma di Governo la lotta alla mafia è fondamentale; poi le risponderò più puntualmente. Le ricordo inoltre il fatto che una certa immagine influenza negativamente quella complessiva dell'Italia; per esempio, per un'opinione degli operatori turistici del nostro paese, se questa immagine non fosse quella che è e noi potessimo, pur sapendo che è un fenomeno pericolosissimo, da combattere, eccetera... ANTONIO BARGONE. Scusi, Presidente... VITO CUSIMANO. Fa' rispondere! PRESIDENTE. Onorevole Bargone, lei non è stato interrotto e la prego di non interrompere. Lei ha svolto il suo intervento e rivolto le sue domande al Presidente del Consiglio, che si sta ora limitando ad una breve osservazione. SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. Mi dispiace di essere stato causa involontaria della discussione. Volevo semplicemente osservare che non so se sia vero, ma gli operatori turistici affermano che, se vi fosse un cambiamento nell'immagine della mafia, il flusso turistico degli stranieri in Italia potrebbe addirittura raddoppiare. Pensi, pertanto, che male ci fa questo fenomeno ma anche che male ci fa la sua esaltazione sugli schermi televisivi di tutto il mondo. Credo che dobbiamo contemperare due aspetti: lotta assoluta e totale, ma cercando di non fare pubblicità ad un fenomeno così grande, che con la sua immagine copre addirittura tutto il bene che noi certamente possiamo rappresentare. SAVERIO DI BELLA. Vorrei entrare subito nel merito di alcune questioni, anche per non abusare del vostro tempo. Comincio con un'osservazione preliminare: mi sembra che vi siano progetti virtuosi che le circostanze impediranno di realizzare. Le circostanze non sono dovute al caso, sono dovute a scelte che questo Governo ha già, in qualche maniera, preventivato. Questo perché non si può ignorare che il Mezzogiorno, dove il fenomeno criminale è maggiormente localizzato, rappresenta una realtà che chiede lavoro e giustizia. Chi ha guidato i destini di questo paese, finora, ha negato l'uno e l'altra, e questo Governo continua a negare l'uno e l'altra. Nell'Italia meridionale, i tribunali non sono messi nelle condizioni di svolgere i processi. Ho scritto al Ministero di grazia e giustizia e al Presidente del CSM, prendendo come cartina di tornasole il tribunale di Reggio Calabria, dal quale fra poco saranno scarcerate centinaia di persone incriminate per decine di delitti di sangue: non ho avuto il piacere di avere una risposta. Con riferimento alla Calabria e all'Italia meridionale, ho detto direttamente al ministro di grazia e giustizia Biondi che il suo modo di gestire il dicastero è una delle cause della poca credibilità di questo Governo nella volontà di lottare effettivamente contro la mafia. Ho denunciato un altro fatto preciso, che potrebbe succedere a ciascuno di noi. Un sottosegretario di questo Governo è stato fotografato a sua insaputa (gliene do atto, perché naturalmente, ripeto, è un fatto che potrebbe Pagina 444 succedere a ciascuno di noi) con dei mafiosi; la foto è stata poi "venduta" dalla 'ndrangheta come testimonianza del fatto che i legami perversi che esistevano con i vecchi dirigenti esistono ancora. La risposta del sottosegretario in questione, l'onorevole Gasparri, è stata che ripristinerà il saluto romano, così nessuno potrà fotografarlo mentre stringe la mano ad un mafioso; ha aggiunto anche un'altra affermazione, che tralascio per amore di... GIUSEPPE AYALA. Come battuta non è male! PRESIDENTE. D'altra parte, dare la mano è pericolosissimo! SAVERIO DI BELLA. Sapremo rispondere ad eventuali rigurgiti di questo genere: non vi fate illusioni. GIANVITTORIO CAMPUS. Anche il pugno chiuso potrebbe andare bene! SAVERIO DI BELLA. Non mi piacciono né l'uno né l'altro, se sono indizio di totalitarismo. Desidero, comunque, sottolineare alcuni problemi che mi sembrano essenziali, e che già conoscete. Il collegamento che voglio fare è, chiaramente, alla legge finanziaria: se la stessa verrà approvata senza modifiche sostanziali, da parte del Parlamento, per quanto riguarda gli investimenti nell'Italia meridionale, bisognerà prendere atto che l'incentivo alla crescita ed anche al radicamento sociale delle organizzazioni criminali verrà dato dal Governo, se il Parlamento - lo ripeto - non riesce a modificare la scelta operata fino a questo momento. Il numero dei giovani disoccupati nell'Italia meridionale è salito ad un cifra spaventosa: sono circa 1 milione e 600 mila. E' fatale che, al di là dell'eroismo dei molti, che pure vi è, o della scelta di vivere in povertà piuttosto che uccidere una mosca, sempre compiuta da milioni di meridionali, vi sia un'aliquota che, di fronte ad una situazione di questo genere, decide di correre con la mafia, che dà potere, denaro ed anche coperture politiche (almeno ne dava e, ripeto, si vende un'immagine che fa sperare che ne possa dare ancora). D'altra parte, signor Presidente del Consiglio, le dirò con molta franchezza, perché sono abituato a parlare chiaro, che lei rischia di essere (al di là della sua volontà, mi auguro) un ministro della malavita. Vi sono alcuni dati che possono far sperare alla criminalità italiana che questo possa avvenire... VITO CUSIMANO. Questa è veramente una Commissione inagibile! Presidente, vi è un limite a tutto! Create un clima inaccettabile! GIUSEPPE SCOZZARI. Non fare il fascista, fai parlare! SAVERIO DI BELLA. Io ho l'abitudine di motivare le mie affermazioni... VITO CUSIMANO. Non avete senso dell'opportunità! Ma come ti permetti! PRESIDENTE. Colleghi, vi prego di intervenire in modo corretto ed educato: i concetti si possono esprimere ugualmente, senza interruzioni da parte di nessuno. SAVERIO DI BELLA. Signor presidente, penso di aver utilizzato un linguaggio che nella storia del nostro paese... LUIGI MANCONI. E' una citazione storica autorevole. SAVERIO DI BELLA. Voglio esplicitare il perché di questo rischio: faccio riferimento ad alcune radici oscure del suo potere finanziario ed anche dei suoi legami. Se vuole i riferimenti testuali, mi rifaccio alla ricostruzione delle sue vicende che hanno realizzato Giovanni Ruggeri e Mario Guarino... SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. Ha già finito di "rifarsi", perché è tutto falso! Ho già avuto modo di svolgere attività di contrasto in questo senso, con varie querele... Pagina 445 PRESIDENTE. Colleghi, peraltro noi dobbiamo occuparci non di questioni personali ma degli indirizzi di Governo. SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. Mi sia consentito, però, di rispondere sul punto. Io ho l'orgoglio di avere lavorato da sempre e di avere creato un grande gruppo: ne sono assolutamente orgoglioso, e le dico anche che, se qualunque altra azienda italiana fosse stata sottoposta allo stesso trattamento cui sono state e vengono oggi sottoposte le mie imprese, gli aspetti negativi sarebbero comunque emersi. Le mie imprese, invece, benché sottoposte ai raggi x, stanno dimostrando di essere le prime per quanto riguarda i rapporti con il fisco (negli ultimi anni, 1.100 miliardi di tasse pagate): io sono il primo contribuente italiano. Se sono qui, è perché sono sereno: indaghino pure, non emergerà nulla di negativo. L'ho dichiarato e lo dichiaro ancora qui formalmente: io non ho compiuto - e lo conosco bene quello che ho fatto, perché sono stato io ad averlo fatto - atti che siano né penalmente né moralmente condannabili. Quindi, lei legga pure Guarino eccetera, ma le do un consiglio: utilizzi meglio il suo tempo... SAVERIO DI BELLA. Io ascolto tutte le campane, anche le cose che dice lei. SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. Non avrei deciso di fare quello che sto facendo, né di sottopormi alla luce dei riflettori, di sopra, di sotto, davanti, dietro, se avessi qualcosa che non mi rende sereno. SAVERIO DI BELLA. Il tempo, lo utilizzo sentendo tutte le campane: il mio mestiere è quello dello storico, per cui ascolto e leggo tutto quello che viene prodotto. Vorrei comunque tornare ad un rischio che, invece, rientra nella cultura con la quale lei affronta il tema della mafia. La spia è data proprio da quello che lei ha detto, correggendo in modo sensato le dichiarazioni distorte rese a Mosca. Veniamo da una esperienza di criminalizzazione delle città nelle quali si parlava dell'esistenza della mafia, come a Palermo, dove un'intera generazione di scrittori ha criminalizzato o tentato di criminalizzare coloro i quali affermavano che esisteva la mafia. La stessa storia si è verificata a Messina e, in generale, in tutta la Sicilia. Guarda caso, mentre si negava l'esistenza della mafia e si accusava chi faceva presente questo fenomeno, la mafia unificava criminalmente la Sicilia. La storia si sta ripetendo per la Calabria ed anche a livello nazionale. Non vorrei che questo tipo di approccio, metodologicamente poco agguerrito e poco capace di fronteggiare tale rischio, finisse ancora una volta, senza volerlo, con l'agevolare la conquista e l'unificazione criminale dell'Italia da parte della mafia. Per quanto riguarda la questione del lavoro, che è fondamentale, ritengo debba essere superata una cultura che non vede negli uomini e nelle braccia una risorsa: i disoccupati dell'Italia meridionale, che sono una risorsa per il paese, rischiano invece di diventare un problema. Vorrei che, nel momento in cui si localizzano fenomeni a livello industriale, si tenesse conto di quanto dicono gli studiosi e gli organismi istituzionali. A questo proposito, desidero citare una relazione della Corte dei conti del 1967, che purtroppo non ha insegnato nulla: "Di frequente l'aspetto localizzazione viene valutato in tal senso sulla base di criteri di economie esterne e di disponibilità di servizi che portano a vedere solo i benefìci dell'agglomerazione nelle regioni più dotate di tessuto industriale. Il calcolo imprenditoriale prescinde però dai costi sociali che pure sono sopportati dalla collettività e che fatalmente finiscono per rimbalzare sulle attività produttive, a causa dell'onere della congestione che viene a determinarsi e delle sue negative conseguenze socioeconomiche". Spero che questo basti a spingere lei ed il Governo a riconsiderare l'impostazione complessiva della legge finanziaria. Se la manovra del Governo resta così com'è, i buoni propositi di lottare contro la mafia Pagina 446 saranno vanificati, proprio perché la logica effettiva della gestione dei poteri economici e della concentrazione della ricchezza in questo paese seguirebbe altre strade ed altre direttive. PRESIDENTE. L'onorevole Bonsanti ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori. ALESSANDRA BONSANTI. Signor presidente, vorrei far notare a tutti i colleghi che il Presidente del Consiglio ha tempo fino a mezzogiorno e che sono 18 le iscrizioni a parlare. Mi rivolgo perciò alla sensibilità di ognuno affinché vengano poste domande brevi, come fa la stampa estera. So bene che i parlamentari non sono giornalisti e che ognuno ha il diritto di intervenire per quanto tempo vuole. Non posso appellarmi al regolamento ma solo alla loro sensibilità. PRESIDENTE. Questo è anche il mio auspicio. L'onorevole Cusimano ha chiesto di intervenire sull'ordine dei lavori, ne ha facoltà. VITO CUSIMANO. Ho ascoltato la relazione del Presidente del Consiglio e solo dopo mi sono iscritto a parlare. In quale punto della lista delle richieste è il mio nome? Se si chiede di intervenire prima ancora di ascoltare la relazione, non riusciremo mai a porre tutti le domande. PRESIDENTE. Non credo che l'ordine degli interventi riguardi l'ordine dei lavori. Proseguiamo con gli interventi. GIUSEPPE ARLACCHI. Signor Presidente del Consiglio, ho apprezzato la sua relazione soprattutto nella parte in cui ella ha dimostrato di avere il senso dell'ordine di grandezza delle cifre che sono in ballo quando si parla di mafia e di criminalità organizzata. Condivido perciò il richiamo al senso delle proporzioni relativamente ai profitti della criminalità organizzata. Desidero quindi porle una domanda, proprio perché ha dimostrato di conoscere in modo non superficiale i temi. Lei sa bene che la battaglia non si combatte solo nelle zone in cui la mafia uccide, cioè al sud e nelle aree in cui vi è disgregazione sociale e corruzione, in parte indotta dalla mafia. La mafia si combatte soprattutto nel nord del paese e nelle zone più sviluppate, dove esiste un segmento dell'impresa produttiva, dell'economia e della finanza, nazionale ed internazionale, che rappresenta l'altro aspetto del problema della mafia, un aspetto più silenzioso e meno visibile. Ecco perché la Commissione ha posto tra i suoi compiti quello di indagare sul riciclaggio del denaro sporco. Nella sua relazione, signor Presidente, lei ha parlato delle misure che si stanno adottando per il sistema bancario e per quello finanziario. Poiché buona parte dei capitali della mafia ormai prende direttamente la via delle zone più sviluppate del paese, che cosa ritiene si debba fare a proposito del capitale mafioso riciclato nelle imprese produttive dell'Italia del nord, nella proprietà più o meno trasparente delle imprese, e che costituisce un fattore di inquinamento dell'economia legale, spesso sopravvalutato? Cosa propone inoltre in campo internazionale, visto che esistono alcuni paesi europei che ormai, in modo piuttosto evidente, stanno adeguando le loro legislazioni in modo da dare asilo e protezione ai capitali di origine illecita? Mi riferisco a paesi quali l'Austria, il Liechtenstein, il Lussemburgo e la vecchia e tradizionale Confederazione elvetica. Lei sa bene, signor Presidente, che questo è uno dei temi che preoccupano non solo l'Italia ma tutta la comunità internazionale. Le sintetizzo, dunque, la mia domanda: cosa pensa a proposito del capitale riciclato non tanto nelle imprese bancarie quanto in quelle produttive dell'Italia del nord e, in secondo luogo, nei paradisi fiscali europei? NICOLA MANCINO. Credo di agevolare, almeno nella risposta, il compito del Presidente del Consiglio, che probabilmente risponderà a tutti in una prossima occasione, richiamandomi alle considerazioni svolte dall'onorevole Arlacchi. Pagina 447 Siamo più in presenza di una mafia che non è più rurale né urbana. Abbiamo oggi di fronte una mafia finanziaria che proietta i propri interessi su tutto il territorio nazionale ed anche a livello internazionale, in questo periodo soprattutto in Europa centrorientale. Non intendo svolgere considerazioni in forma critica, ma rilevo che esistono due modi per affrontare il fenomeno. Uno è quello di conoscerlo, sapere di doverlo combattere, ma non dirlo. Si tratta di un atteggiamento comune a molti paesi europei, che è stato superato negli Stati Uniti i quali, vinto tale complesso, si sono aperti completamente alle denunce, alle offensive ed hanno assunto una strategia anticrimine che ha dato notevoli risultati. Sul piano europeo, ovunque si sottolinei l'esigenza di omogeneizzare la legislazione, ci si trova di fronte quasi ad un rifiuto ad ascoltare. Se lo faccia dire da chi ha percorso buona parte dell'Europa: ciò accade in Francia, dove ho litigato con il ministro Pasqua, ma anche in Inghilterra, in Olanda, un po' meno in Austria, anche se la spiegazione degli austriaci è che esistono impedimenti di natura costituzionale, che però sottendono un atteggiamento remissivo, perché la Costituzione si può sempre cambiare. GIUSEPPE ARLACCHI. Hanno elevato il segreto bancario a rango di norma costituzionale. NICOLA MANCINO. Anche sulla scorta di una legislazione nazionale italiana, perché l'hanno sempre chiesto e volevano commisurare... Qualunque sia il livello dell'incontro con altri paesi, occorre portare con sé una conoscenza approfondita del fenomeno, che non è solo italiano. L'onorevole Arlacchi ha fatto cenno alla Svizzera, all'Austria, al Liechtenstein; parlerei anche di San Marino, dell'Ungheria, della Russia, della Polonia. Intendo dire che, ovunque si vada, occorre sottolineare che l'intreccio finanziario costituisce una delle ragioni dell'intensificazione della criminalità a livello europeo. Ricordiamoci che in Italia nel 1992 si è registrato un decremento del tasso di delittuosità del 10,4 per cento, nel 1993 del 9,7 per cento e che il trend è in diminuzione anche per il 1994. Certo, avevamo raggiunto livelli molto alti e quindi la somma di queste percentuali, che pure è molto rilevante, sconta il fatto che la situazione era allarmante. Sono un pessimista e quindi ragiono in modo diverso da lei, signor Presidente, che è un ottimista (e la invidio per questo). Capisco che all'estero non si possa parlare male, ma se in quelle occasioni cominciassimo a parlare anche delle condizioni degli altri paesi, li metteremmo in serie difficoltà e dovremmo farlo. Quando il ministro Pasqua ha detto che in Francia non esisteva la mafia - ed io so bene, sin da quando ero ragazzino, che esiste la mafia marsigliese - gli ho spiegato che almeno quella marsigliese era storicamente accertata. Poiché il ministro Pasqua parla correttamente l'italiano, mi ha risposto: "Cerchiamo di non affliggerci reciprocamente". Per omogeneizzare le legislazioni occorrono relazioni internazionali e non basta il ministro dell'interno, che pure ha sottolineato con notevole spessore - che io ho apprezzato - l'esigenza di tali relazioni. L'omogeneizzazione deve essere compito non solo della conferenza di Napoli, ma di tutti gli incontri a livello internazionale. La domanda che le pongo, signor Presidente, è se da parte del Governo vi sia questa disponibilità. Vorrei ora sgombrare il terreno dal problema disoccupazione-occupazione. Non credo che il fenomeno della mafia sia dovuto solo alla disoccupazione nel Mezzogiorno, perché la mafia finanziaria è presente nel centro nord, dove il tasso di occupazione è elevato, e si è introdotta nei gangli dell'economia, possedendo titoli azionari, obbligazioni, titoli di Stato, società finanziarie, società fiduciarie. Prendo atto con soddisfazione che, da questo punto di vista, lei è stato molto puntuale descrivendo la strumentazione necessaria per combattere la criminalità organizzata. Il coordinamento - ed è questa la seconda domanda che le pone uno che ha Pagina 448 registrato una sconfitta su questo piano - è soltanto apparente, dipendendo dalle buone maniere del direttore del dipartimento della pubblica sicurezza, che è anche capo della polizia. O il direttore del dipartimento è super partes rispetto allo status di capo della polizia e riesce a realizzare il coordinamento, oppure questa diventa una buona maniera per risolvere il problema. Come intende affrontarlo il Governo? Un disegno di legge si è infranto tra le proteste delle organizzazioni sindacali di polizia e l'indifferenza generale delle forze politiche (mi riferisco anche alla mia parte politica, che all'epoca aveva la maggioranza relativa), perché gli orpelli ed i gradi sono molto più importanti, in questa nostra società, della necessità di corrispondere ad un'esigenza di coordinamento, che non esiste. Spesso si fa buon viso a cattivo gioco, si tengono riunioni tra i questori, prima dello sciopero generale, ed i prefetti, non essendo informati, non possono effettuare un coordinamento con la Guardia di finanza e l'Arma dei carabinieri, che pure fanno parte delle forze dell'ordine. Ho voluto porre questo problema alla sua attenzione perché ritengo si tratti del problema del prossimo futuro. Sarebbe auspicabile, di intesa tra la Presidenza del Consiglio e i ministri della pubblica istruzione, dell'interno e di grazia e giustizia, una mobilitazione delle scuole. Non dimentichiamo che i ragazzi in età scolare possono rappresentare il primo punto di contrasto con la malavita organizzata, avendo un'età in cui è possibile operare il rifiuto di un certo tipo di presenza e di controllo del territorio. Nel momento in cui si discuterà in Senato il "pacchetto giustizia" solleverò il problema relativo allo svolgimento dei processi, la cui mancata celebrazione non rende possibile conseguire risultati apprezzabili in questo campo. Per celebrare processi occorrono giudici e quindi è necessario guardare con attenzione ai "plurincarichi" per destinare i giudici ai loro compiti istituzionali. E' necessaria una strumentazione sufficiente; al riguardo, vorrei ricordare che la stenotipia, uno strumento raro, esistente per ragioni di privilegio soltanto al Senato, oggi si diffonde e deve far parte dello strumentario dei nostri processi civili, penali ed amministrativi. C'è bisogno anche di collaboratori, quali cancellieri e assistenti giudiziari, e di tutto ciò che serve per accelerare i processi. Se non si celebrano i processi, lei ha perfettamente ragione a parlare in quei termini, anche nei confronti dei collaboratori di giustizia. L'apprezzamento della valenza del passaggio dall'area del crimine all'area della collaborazione nei confronti della giustizia è un apprezzamento riservato soltanto al magistrato. Se tutto deve essere conforme all'impianto delle decisioni della Corte costituzionale, allora dobbiamo porre il giudice in condizioni di apprezzare ciò che è verosimile, ciò che può essere vero, rispetto a ciò che è inattendibile. Toccherò ora un argomento che probabilmente le procurerà una reazione. Se vogliamo affrontare la questione giustizia non possiamo esimerci dal dovere di guardare alle risorse finanziarie, peraltro assolutamente insufficienti. Probabilmente un ministro del tesoro parlerebbe di emendamenti compensativi, con i quali credo non sia possibile affrontare la questione giustizia, così come ha sottolineato anche il collega Bargone. E' possibile immaginare un piano decennale con un'addizionale non dolorosa dello 0,01 per cento per avere a disposizione risorse che mettano i tribunali, i TAR, i GIP, in condizione di funzionare e quindi emettere sentenze più rapide. Tra coloro che aspettano di essere processati indubbiamente ve ne sono alcuni che meritano di essere condannati, ma ce ne sono tanti altri che meritano di essere assolti. Non dimentichiamo che il grado di civiltà di un paese si misura anche dalla capacità della giustizia di corrispondere in tempi brevi ad esigenze di legalità. VITO CUSIMANO. Non solo penale ma anche civile. Pagina 449 NICOLA MANCINO. Certamente! LUCIANO VIOLANTE. Ciò che ha detto il Presidente del Consiglio è chiaramente soddisfacente perché gli impegni e le proposte - a mio avviso - sono quelle giuste, però c'è un problema politico ed è quello che ha posto anche il collega Bargone. Assai spesso - e lei lo registra - proposte del Governo, pure correggibili, alla Camera ed al Senato vengono modificate in senso peggiorativo. C'è un problema di coerenza tra indirizzi e proposte del Presidente del Consiglio ed indirizzi e proposte della maggioranza parlamentare. Certamente lei saprà come affrontare il problema, ma questo terreno è particolarmente importante. Comprenderà che se il Governo avanza una proposta utile e positiva e la maggioranza parlamentare la stravolge, la blocca, la paralizza, il messaggio che ricevono le organizzazioni mafiose è quello di poter contare su una funzione paralizzante di una maggioranza nei confronti dell'indirizzo positivo del Governo e ciò indipendentemente dalle volontà. Non si tratta, infatti, di un problema di volontà, ma di un significato oggettivo dei fatti. Se lei riuscisse a trovare il modo per richiamare la sua maggioranza ad una coerenza con gli indirizzi del Governo, aiuterebbe molto lo svolgimento, lo sviluppo e l'efficacia del piano da lei indicato. Se si procede con una serie di stop and go, dichiarazioni importanti e positive e poi magari controdichiarazioni, interpretate in maniera non corretta (ma ciò che appare finisce con l'essere), il risultato è negativo. Il procuratore nazionale antimafia ci ha parlato di "calo di tensione" nella lotta contro la mafia. Gli indirizzi che lei ha qui indicato, se fossero accompagnati da una coerente azione della maggioranza e da una rapida e coerente azione dell'esecutivo, probabilmente rovescerebbero questa sensazione. Lei ha indicato tre problemi: l'interrogatorio per circuito televisivo degli imputati più pericolosi, la proroga dell'articolo 41-bis e l'Asinara. Si tratta di questioni molto urgenti. Se il Governo ritenesse di emanare un decreto-legge in tema di interrogatorio per circuito televisivo ciò consentirebbe immediatamente anche un'applicazione più puntuale dell'articolo 41-bis. Le avranno certamente detto che imputati come Riina ed altri sono in giro per le carceri italiane dovendo rispondere di una serie di reati in diversi tribunali. Ciò fa sì che l'articolo 41-bis nei loro confronti non possa essere applicato. Come lei ha correttamente detto, soltanto in poche carceri si può applicare quel tipo di regime. Quindi, l'emanazione di un decreto-legge su tale materia ci aiuterebbe a risolvere il problema. La stessa cosa vale per l'articolo 41-bis. Come tutti ricordano il Parlamento ha preso l'impegno di "liberare" l'Asinara entro l'agosto 1995; tuttavia, questo impegno non potrà essere mantenuto. La soluzione potrebbe essere allora quella di destinare l'isola per metà al penitenziario e per l'altra metà a parco nazionale. Se una soluzione del genere fosse possibile si potrebbero conciliare le diverse aspettative ed esigenze. Le questioni relative all'interrogatorio per circuito televisivo, all'articolo 41-bis e all'Asinara, possono essere affrontate, se lei ritiene, con un decreto-legge. Ad esempio, l'attuazione immediata dell'interrogatorio per circuito televisivo ci consentirebbe di evitare rischi ed esposizioni. In tema di articolo 41-bis vorrei richiamare la sua attenzione su un punto. Molti provvedimenti sono annullati per insensibilità o cattiva interpretazione da parte dei tribunali di sorveglianza e molti altri perché la motivazione del Ministero di grazia e giustizia non è corretta. Se lei, nell'ambito delle sue funzioni di coordinamento dei singoli ministeri, ritenesse di invitare il Ministero di grazia e giustizia ad una più rigorosa motivazione, credo che potremmo giungere ad un consolidamento dell'articolo 41-bis rispetto alla situazione attuale. In tema di tribunali distrettuali lei ha accennato ad un problema serio quale il rischio di doverne aumentare gli organici. Lo stesso collega Mancino si è soffermato sul problema. Sarebbe opportuno avviare uno studio sull'utilizzazione razionale delle risorse esistenti. E' convincimento non solo mio ma anche di molte persone Pagina 450 che si interessano di questi argomenti che una utilizzazione più razionale delle risorse umane esistenti nel mondo giudiziario potrebbe risolvere molti dei problemi che dobbiamo affrontare. Oggi tra funzionari amministrativi e magistrati vi è un rapporto, assolutamente ottimale, di 1 a 4; in realtà, la pessima distribuzione del personale amministrativo negli uffici giudiziari non consente di utilizzare al meglio detto rapporto. Il numero di magistrati di per sé non è insufficiente, è pessima la loro distribuzione. Mentre in Sicilia, ad esempio, a fronte di 5 mila aderenti organici alla mafia ci sono 53 magistrati delle procure distrettuali, in Calabria a fronte di 5 mila e 800 aderenti organici, ci sono soltanto 9 magistrati delle procure distrettuali. E' questo scarto che determina la debolezza di cui parlavano alcuni colleghi intervenuti precedentemente. Lavorando sull'utilizzazione razionale delle risorse esistenti forse si potrebbe trovare un equilibrio tra le esigenze di bilancio e le esigenze di una risposta adeguata al problema. Per quanto riguarda i tribunali distrettuali, attualmente quelli di piccole dimensioni come quelli di Termini Imerese, di Sciacca, di Marsala non riescono a fronteggiare la microcriminalità; è sufficiente, infatti, che un piccolo tribunale come quello di Marsala sia chiamato a celebrare un processo della durata di otto mesi affinché tutto si blocchi, impedendo di fronteggiare la criminalità del posto, la quale ha uno spazio di crescita, di irrobustimento e di consolidamento anche perché, in quella fase, sono presenti una serie di forti organismi che fanno da sostegno ai processati. Quindi, i tribunali distrettuali obbediscono anche ad una logica di equa distribuzione delle risorse. Si concentri dunque la risposta alla grande criminalità in alcune zone per consentire ai tribunali, cosiddetti, periferici, di attuare il secondo livello della risposta nei confronti della criminalità medio-bassa che non è meno pericolosa della grande criminalità. La gente, infatti, non sente sulla sua pelle il grande trafficante di stupefacenti, sente il borseggiatore, e quindi ha necessità di una risposta sul versante tanto del grande criminale, quanto del borseggiatore. Se lei potesse far riflettere i suoi uffici su tale questione, credo che si potrebbe trovare una soluzione adeguata. In ordine al problema del numero dei mafiosi affiliati, è vero che si tratta di 24-25 mila persone inserite nelle organizzazioni a tempo pieno, ma vi è poi tutta una rete di irregolari e favoreggiatori che eleva enormemente il numero degli aderenti. A tutto ciò si aggiunga che mentre le imprese legali in genere operano in un regime di rispetto delle regole di mercato, questo tipo di imprese agisce in un regime di non rispetto delle regole di mercato. SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. E non pagano i contributi! LUCIANO VIOLANTE. Non pagano i contributi, non accedono al credito bancario ed hanno una serie di vantaggi enormi. La molteplicità delle attività consente loro di operare in un regime di monopolio per moltissime attività imprenditoriali in vaste aree del territorio nazionale. Riteniamo sia di non secondaria importanza richiamare gli imprenditori ed il mercato ad una maggiore vigilanza. E' impossibile che un imprenditore non sappia se il suo vicino lavora correttamente o meno. Egli lo sa. Abbiamo avuto esempi classici come quello di Casillo. Tutti sapevano chi era Casillo, eppure è diventato presidente dell'associazione industriali di Foggia. Vi sono episodi di questo genere che dimostrano come richiami forti all'imprenditoria, circa il rispetto delle regole anche etiche del mercato, non possono che agevolare la trasparenza e quindi il suo ed il nostro lavoro. Un richiamo alla sua maggioranza ad una più puntuale coerenza potrebbe aiutarci molto. SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. Se il presidente consente vorrei svolgere un piccolo intervento circa un'affermazione dell'onorevole Violante che ha posto l'accento e l'attenzione Pagina 451 sull'utilizzazione razionale delle risorse. Questo problema, validissimo per tutto il comparto della giustizia, riguarda l'intero settore pubblico. Siamo superdotati di uomini, ma nella difesa, nella sanità, nei trasporti, nelle ferrovie essi sono, purtroppo, male utilizzati. Se da imprenditore dovessi essere chiamato in qualità di consulente (cosa che faccio, anche se spero non per molto tempo)... RAFFAELE BERTONI. Si sottovaluta! SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. Il bilancio dell'azienda Italia che abbiamo ereditato può essere modificato soltanto con un intervento in profondità di riorganizzazione di tutto ciò che è pubblico. L'utilizzazione razionale delle risorse, la mobilità, il cambiamento degli orari nelle amministrazioni locali e tutta una serie di altri princìpi devono essere mutuati dall'imprenditoria privata, dove vengono normalmente applicati. Si tratta di un fatto fondamentale, che rappresenta una rivoluzione. In questo momento siamo in grado di intravedere la necessità di procedere in questa direzione e i possibili risultati, ma non abbiamo gli strumenti regolamentari e normativi per poter procedere. Quindi credo che questo sia un grande capitolo che certamente funziona per la giustizia ma che si dovrebbe applicare in tutti i settori dello Stato. Certo, occorre cominciare da alcune cose. Lei pensi anche soltanto al fenomeno - scusate, ma è un punto sul quale vale la pena che anche i parlamentari concentrino la loro attenzione - di coloro che non lavorano, che prendono l'indennità di licenziamento e quella di cassa d'integrazione. Noi li abbandoniamo a se stessi; escono normalmente dal circuito lavorativo, diventano inadatti al lavoro e li abbiamo persi in un paese dove sono meno di quattro le persone che lavorano per mantenere le altre sei. Il che è il contrario di quanto avviene nei paesi che non hanno il nostro deficit pubblico (Commenti). SAVERIO DI BELLA. C'è la legge Cassese! PRESIDENTE. Colleghi, vi prego di parlare uno alla volta, altrimenti non si capisce. SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. Lei pensi quanto vantaggio si potrebbe trarre dall'utilizzare personale di livello, che viene lasciato inattivo, per esempio, nelle amministrazioni che riguardano il Ministero dell'interno, nelle forze dell'ordine. Lei sa benissimo, meglio di me, quante sono le persone di questi corpi che vengono utilizzate in mansioni amministrative. Pensi al vantaggio che potremmo ricavare dal rimandare sul campo, adoperare realmente, come veri operatori dell'ordine, le persone, sostituendo, per tutti gli adempimenti amministrativi correnti, le persone con altre che invece adesso lasciamo inattive o addirittura a fare lavoro nero, con gravissime conseguenze per la nostra economia. Questo è tutto un lavoro di ristrutturazione! Ci troviamo di fronte ad un'azienda-Stato che è andata così per tantissimi anni e che si trova in una situazione veramente fallimentare. Certe volte, andando anche a dormire a delle ore che non avrei immaginato di raggiungere, mi sento cadere le braccia perché mi vedo incapace ed inadeguato di fronte alla mole di modifiche e di cambiamenti che si dovrebbero introdurre e che sono di tutta evidenza. Se l'Italia fosse un'azienda di 10 mila persone, ci sarebbe da rivoluzionarla tutta e si avrebbero moltissime possibilità di farla ripartire in un attimo, anche perché dall'altra parte, poi, le cose positive sono straordinarie, ripeto straordinarie. Abbiamo degli sprechi di tempo e di potenzialità che sono veramente dovuti ad una macchina politico-burocratica inefficace e molto spesso in contrasto con l'attività produttiva, con l'attività di chi deve investire e deve rischiare. Se riuscissimo - questi sono i miei appelli un po' da libro Cuore e capisco che forse non fanno parte della lotta politica - a lavorare tutti insieme per questo, potremmo davvero trasformare questa burocrazia in una di aiuto e non di contrasto all'opera delle imprese; avremmo risolto Pagina 452 innanzitutto il problema del lavoro e, successivamente, tutti gli altri problemi, compreso quello della criminalità. Se noi infatti potessimo dare lavoro ai giovani del sud, questi signori che hanno il crimine come professione incontrerebbero molte più difficoltà a trovare chi collabora con loro. Esiste dunque la possibilità di una grande rivoluzione positiva anche se è difficile poterla attuare perché gli strumenti con cui noi possiamo lavorare sono ancora vecchi; lo confesso e sento che nella stessa burocrazia c'è una difficoltà enorme: c'è un muro di gomma che risponde a certe mie iniziative. A proposito dei lavori parlamentari io ho osato dire che vi erano delle lungaggini, eccetera, eccetera; ma quando lo dico io, diventa un comportamento irrispettoso nei confronti del Parlamento. Ditelo voi! Prima, la signora Bonsanti faceva presente come, probabilmente, con un intervento di uno, due o tre minuti ciascuno si riuscirebbe a formulare domande ed avere risposte, con vantaggio per tutti. Questo è soltanto un aspetto molto piccolo, ma nell'amministrazione l'irrazionalità è la padrona! Avremo quindi un grande lavoro da svolgere e speriamo di poterlo fare con il concorso di tutti (Commenti). Dovete avere anche voi un po' di pazienza, perché nessuno è professionista. Lo sappiamo, siamo tutti esordienti. Io per primo. VITO CUSIMANO. Ci sono i professionisti! SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. Abbiate quindi un po' di pazienza e di indulgenza, perché è un lavoro nuovo. Non ci manca la voglia di fare e io devo dire che non mi manca nemmeno il senso dello Stato! (Commenti). Vi posso assicurare una cosa a proposito della compagine di Governo: essa potrà essere, per certi versi, criticabile, ma ho il convincimento che questa compagine di Governo non avrà mai le mani sporche e credo che ciò sia un gran vantaggio rispetto al passato. PRESIDENTE. Il Presidente del Consiglio ha per oggi terminato. SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei Ministri. Poiché ho visto che non siamo riusciti a concludere, mi consegnerò a voi la prossima settimana per un tempo adeguato: verrò qui e risponderò alle domande. Se avrete la cortesia di presentare dei quesiti scritti, risponderò anche a quelli. PRESIDENTE. Ringrazio il Presidente del Consiglio. Concorderemo un giorno della prossima settimana per il seguito dell'audizione. La seduta termina alle 12,10.