Pagina 583 PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TIZIANA PARENTI INDICE Pag. Audizione del presidente del tribunale di sorveglianza di Ancona, dottor Marcello Galassi: Parenti Tiziana, Presidente ..................... 585, 588 589, 590, 592, 593 Bertoni Raffaele ........................... 586, 587, 588 590, 591, 592, 593 Di Bella Saverio ..................................... 590 Galassi Marcello, Presidente del tribunale di sorveglianza di Ancona .................. 585, 586, 587, 588 589, 590, 591, 592, 593 Audizione del presidente del tribunale di sorveglianza di Perugia, dottor Piero Poggi: Parenti Tiziana, Presidente ..................... 593, 594 595, 596, 597, 598 Bertoni Raffaele ...................... 594, 595, 596, 597 Di Bella Saverio ..................................... 598 Poggi Piero, Presidente del tribunale di sorveglianza di Perugia ..................................... 593, 594, 595 596, 597, 598 Pagina 584 Pagina 585 La seduta comincia alle 13,5. (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente). Audizione del presidente del tribunale di sorveglianza presso il tribunale di Ancona, dottor Marcello Galassi. PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del presidente del tribunale di sorveglianza presso il tribunale di Ancona, dottor Marcello Galassi. Se non vi sono obiezioni, può rimanere stabilito di invertire l'ordine delle audizioni procedendo prima a quella del presidente del tribunale di sorveglianza di Ancona, dottor Marcello Galassi, e successivamente a quella del presidente del tribunale di sorveglianza di Perugia, dottor Piero Poggi. (Così rimane stabilito). Procediamo all'audizione del dottor Galassi, in ordine all'applicazione dell'articolo 41-bis, in riferimento al suo circondario. MARCELLO GALASSI, Presidente del tribunale di sorveglianza di Ancona. Prendo la parola con imbarazzo perché i problemi sono numerosi. L'articolo 41-bis si cala nell'ambiente dell'esecuzione penale, ma in maniera particolare. Vivo l'esperienza dell'articolo 41-bis da un paio d'anni, cioè dalla sua introduzione; debbo dire che si tratta di una reiterazione di una situazione d'emergenza sociale quale noi abbiamo vissuto negli anni sessanta con il brigatismo e l'eversione in genere. Anche in quelle circostanze vi fu la necessità di inasprire il carcere con l'applicazione dell'articolo 90, ritenuto incostituzionale, successivamente sostituito dalla legge Gozzini, cui fu affiancato il regime di sorveglianza speciale. Si lavorò non tanto sul piano legislativo, quanto su quello operativo. Il povero generale Dalla Chiesa affidò la vigilanza di alcune carceri, cosiddette speciali, all'Arma dei carabinieri. Il problema non era soltanto di vigilanza, in quanto all'interno del carcere il trattamento cambiava, così com'è cambiato ora con l'applicazione dell'articolo 41-bis. Il brigatismo, però, non cessò per il rigore con cui furono applicate alcune norme, ma per le mutate condizioni sociali. Vissi allora, come vivo oggi, un aspetto pericoloso del carcere: il mito di alcuni carcerati. Allora i brigatisti in carcere si sentivano Silvio Pellico ed avevano un enorme ascendente. State attenti, si sta ripetendo lo stesso fenomeno: nell'ambiente carcerario l'applicazione dell'articolo 41-bis favorisce il personaggio, non saprei come definirlo, un superuomo, un antistato che merita riverenza, attenzione, che si sente tutelato non certo dallo Stato, ma dai suoi protettori. Con il distinguo che si opera tra i carcerati con l'applicazione dell'articolo 41-bis si rigenerano in un certo senso la causa della mafia e coloro i quali al di fuori sono considerati dei reucci, mentre all'interno diventano Silvio Pellico. In entrambi i casi c'è l'assenza dello Stato. Lo Stato è mancato in alcuni sue funzioni ed aspettative sociali. Mi rendo conto della difficoltà di affrontare sul piano legislativo questi problemi. La Commissione antimafia mi ha invitato ed io sono venuto a rappresentare un'esperienza che vivo da tanto, forse da troppo tempo. L'ambiente carcerario è vastissimo, vi sono tensioni, comporta enormi difficoltà. Ho pensato di dividere il mio intervento in due parti, la prima giudiziaria, la Pagina 586 seconda penitenziaria. Sul piano penitenziario gestisco un centinaio circa di persone sottoposte all'articolo 41-bis. RAFFAELE BERTONI. Tutti ad Ancona? MARCELLO GALASSI, Presidente del tribunale di sorveglianza di Ancona. Soprattutto ad Ascoli Piceno, poi a Fossombrone e nelle altre case circondariali. Tutto ciò crea subito un grande problema: il sovraffollamento carcerario con tutti i mali che comporta, quali promiscuità, recidivi che mettono le mani sui primari, educazione alla delinquenza, protezione all'interno del carcere; insomma, tutti i problemi che conoscete e potete intuire sono aggravati dall'articolo 41-bis, la cui applicazione richiede spazi ed operazioni che comprimono gli altri detenuti. In un piccolo carcere ciò si avverte immediatamente. Nelle quattro sezioni di Ancona, Pesaro, Fossombrone ed Ascoli Piceno si registra la crisi nella crisi. Il 41-bis, così come fa la moneta cattiva con quella buona, scaccia, comprime e rende ingestibili le carceri. Dico ingestibili non perché di fatto non si faccia fronte alla gestione carceraria, ma perché i problemi diventano difficili. Si ha un bel parlare della promiscuità carceraria... La pericolosa commistione esistente tra imputati e condannati, sia pure in primo grado (per condannati si dovrebbe intendere quelli definitivi, coloro i quali hanno "chiuso" con la giustizia in itinere, non avendo altra possibilità se non la revisione), rappresenta una miscela esplosiva e crea problemi enormi nella gestione. L'imputato, in un carcere, deve essere "gestito" come tale e non come un condannato, anche se con rigorosi accorgimenti e filtri di comunicazione. E' cioè un imputato e non ancora un condannato! Quando poi si tocca la criminalità organizzata... E' un problema, questo, che ho cercato di far capire al dipartimento dell'amministrazione penitenziaria. Mi si dà ragione ma poi, come sempre, la condizione degli istituti di pena è tale... Già con la legge del 1975 era stata prevista la separazione "in quanto possibile". Poiché però non è possibile, la stessa legge prevede l'ammucchiamento generale: soggetti provenienti dal terzo mondo insieme a quelli di colore; i drogati insieme a coloro che non lo sono, e via dicendo. Ci sono perciò problemi concernenti la custodia e difficoltà per gli operatori penitenziari, che sono non più di quattro o cinque in alcuni istituti: uno si chiama educatore, un altro assistente sociale e via dicendo, ma tutto lì comincia e lì finisce. E' il problema dei problemi. L'articolo 41-bis crea ed aggrava questa situazione. In base alla mia ventennale esperienza in campo penitenziario, ritengo che occorra creare istituti specializzati e che nello stesso tempo venga fatto salvo il principio della territorialità. Non è infatti concepibile che un figlio parta da Catanzaro, attraversi l'Italia senza soldi (e quindi nelle condizioni di delinquere nuovamente) per andare a trovare il padre detenuto, per esempio, a Domodossola! In fondo l'Italia è più uno "stivaletto" che uno stivale! La si può facilmente dividere in tre parti: centro, nord e sud, creando in ciascuna di esse almeno un istituto, che però sia veramente riservato e specializzato per la detenzione di queste persone. Un istituto in cui vi siano una vera separazione tra imputato e condannato - sia pure in prima battuta -, una distinzione tra uomini e donne e speciali accorgimenti per i colloqui. Questo sul piano penitenziario. Sotto il profilo giudiziario, vista l'esistenza di un ordinamento penitenziario che garantisce interessi e diritti sotto il controllo della magistratura di sorveglianza, non è concepibile che uno Stato si arrenda alla legge e che in un campo delicatissimo, qual è quello della limitazione della libertà personale, tutto venga rimesso al potere esecutivo (il ministro o chi per lui). Con l'articolo 41-bis si è cercato di fare qualcosa e modestamente rivendico di aver emanato una delle prime ordinanze che hanno interessato la Corte costituzionale per ristabilire almeno un controllo. Noi non vogliamo creare conflitti tra i poteri dello Stato; le nostre pronunce sono estremamente difficili perché il contenuto Pagina 587 di quel controllo giudiziario che ci è stato dato sull'operato dell'amministrazione giudiziaria risulta di difficile gestione. Non possiamo entrare nel merito, ma dobbiamo solo delibare l'esatta applicazione dell'articolo 41-bis così come viene proposta. Non posso dubitare sulla verità dell'affermazione, per esempio, che quella persona appartenga al clan. Non posso censurarlo, ma devo prenderlo per buono nell'ambito dei rapporti di lealtà, di correttezza e di informativa che debbono sorreggere i poteri dello Stato, compreso il mio. Debbo quindi limitarmi a ristabilire non l'interesse legittimo, ma il minimo diritto leso. E' quanto abbiamo fatto. Qui nascono un po' di pasticci; vi prego quindi di intervenire in materia giudiziaria, riducendo il numero delle leggi, chiarendone il contenuto e unificando i diversi istituti. Stiamo applicando, per analogia, la procedura prevista dall'articolo 14-bis. RAFFAELE BERTONI. L'aveva detto la Corte, però. MARCELLO GALASSI, Presidente del tribunale di sorveglianza di Ancona. Per analogia. L'avevamo, infatti, proposto noi. Penso comunque che si possa ridurre tutto ad un istituto. Indubbiamente l'articolo 14-bis ha una valenza soprattutto penitenziaria, mentre l'articolo 41-bis ha un campo d'applicazione molto più vasto. All'articolo 14-bis si fa ricorso, in ambito penitenziario, non soltanto in caso di turbolenze carcerarie, ma anche nei confronti di coloro che entrano in carcere come imputati gravati però da un fardello di criminalità particolare. Giustamente, quando fu soppresso il famoso articolo 90 e venne introdotta questa normativa (parlo della cosiddetta legge Gozzini), la sua applicazione fu estesa a questo tipo di criminali. Penso che sia sufficiente rivedere e correggere il contenuto dell'articolo 14-bis prevedendo limitazioni temporali e poteri ben precisi attinenti le limitazioni per i detenuti. Come parametro facciamo riferimento all'articolo 14-quater, perché, una volta introdotto il principio della sorveglianza particolare, la legge disciplina i limiti: quelli legati alla tutela della salute, ai colloqui con i familiari, e via dicendo. RAFFAELE BERTONI. La corrispondenza come va? MARCELLO GALASSI, Presidente del tribunale di sorveglianza di Ancona. Prima, per fortuna, l'applicavano da soli; adesso la chiedono. Si tratta di una palese violazione dell'articolo 15 della Carta costituzionale. RAFFAELE BERTONI. Cioè, la fate voi adesso? MARCELLO GALASSI, Presidente del tribunale di sorveglianza di Ancona. Loro la chiedono e noi la diamo. In quel settore si è aggiustato il tiro, mentre è rimasto alquanto "impiccato" il potere relativamente ai colloqui telefonici. Noi infatti possiamo toccare solo quel punto che riguarda i colloqui con i congiunti più stretti e conviventi; in proposito il regolamento prevede quattro colloqui mensili. Se volete, potete modificare quell'articolo. L'unica cosa che è stata fatta, dopo tanto polverone giuridico, è stata quella di dichiarare l'inefficacia del provvedimento ministeriale nel punto in cui prevede una deroga rispetto a questi quattro colloqui. Lo abbiamo fatto per un principio di umanità, diversamente il carcere diventa tortura. Ho visto carceri in cui per i detenuti è già possibile avere colloqui con gli operatori; carceri in cui vi è già un fermento di recupero dei detenuti. Questi provvedimenti ex abrupto sono pericolosi, anzitutto per la classificazione per categorie. La pericolosità dell'individuo infatti è sempre legata alla persona. In altre parole, va rivisto il concetto di pericolosità. C'è il ragazzetto, per esempio, che non conta niente, mentre c'è il vero criminale per il quale la tortura è poco. Sono problemi che voi dovete gestire; non vi invidio, perché è un compito in cui lo Stato dimostra un po' di disorientamento. E' uno Stato ferito, che non sa come reagire; i problemi sono di difficilissima soluzione, sono di carattere sociale, prima che giuridico, e di cultura. Spesso ho davanti a me ragazzetti - qualche volta ragazzoni ed anziani - subacculturati, Pagina 588 che sono una facile preda, perché la cultura viene prima del denaro, a mio giudizio; la scuola viene prima di tutto. Bisogna pensare diversamente: voi forse affrontate il problema sotto il profilo dei finanziamenti e degli stanziamenti per il sud? Mi permetto di porre dei punti interrogativi molto grossi. Bisogna agire soprattutto sui giovani, sradicandoli il più possibile da un modo di vita e di pensiero che lo Stato si è guadagnato nel tempo proprio per l'assenza, per le interferenze e per la malgestione in certi settori. Purtroppo oggi l'Italia è facilmente percorribile, dalla Sicilia alle Alpi e viceversa, e quindi si esporta con facilità... RAFFAELE BERTONI. Meno male! MARCELLO GALASSI, Presidente del tribunale di sorveglianza di Ancona. Non so. Ripeto, prendo la parola con difficoltà. Vivo quest'esperienza e, fin dove posso, affievolisco il rigore di certe leggi. Sono convinto che per quanto riguarda l'articolo 41-bis, come fu a suo tempo con il brigatismo, si tratti più che altro di una posizione giornalistica. Il malato si cura standogli vicino; non si può chiuderlo in un reparto e mantenerlo in isolamento. A fronte di sintomi di colera, il ministro della sanità è corso. Bisogna stare col malato, sapendoci stare; egli va curato, ma dopo aver fatto una diagnosi precisa del suo male, per poi trovare la medicina adatta. Fra le medicine vi è anche l'isolamento, indubbiamente, per evitare il più possibile il contagio; ma ciò non basta, bisogna affiancare al malato persone valide. Dicendo questo faccio riferimento ad istituti carcerari che noi non abbiamo: al lavoro, a misure alternative - sempre in ambito carcerario -, al colloquio con educatori ed assistenti sociali veramente preparati (sono rarissimi e non possono affrontare un compito così grave ed ampio). Ho detto l'essenziale. Ripeto, mi farò parte diligente con il presidente facendo pervenire alla Commissione un'integrazione del mio intervento; non sono abituato a scrivere molto, sono abituato più a parlare che a scrivere. Illustrerò maggiormente gli aspetti che sono concentrati su questo punto: poche carceri, ma buone e riservate, dove l'imputato - da sottoporre velocemente a giudizio - sia separato dai condannati, per i quali deve scattare un trattamento differenziato in istituti diversi, garantendo un po' di respiro agli altri istituti, perché così non si va avanti e si corre il rischio di sommosse carcerarie. Ci sono problemi sociali a monte che non potrete mai risolvere con la legge. Ho detto tutto, mi scuso per l'estrema sintesi e per la confusione, ma l'essenziale penso di averlo instillato. Ripeto, vi manderò un'integrazione del mio intervento, poi ne farete l'uso che vorrete. PRESIDENTE. Potrebbe precisare quante istanze, in questi due anni, siano state presentate, accolte o modificate, e su quali parametri? MARCELLO GALASSI, Presidente del tribunale di sorveglianza di Ancona. Si tratta di un elemento che "ammazza" il nostro ufficio, è un problema tecnico di efficienza giudiziaria: su 100 detenuti sono presentati 100 ricorsi. Il provvedimento scade dopo sei mesi e viene rinnovato per altri sei mesi: di qui altri 100 ricorsi al tribunale di sorveglianza, che si trasformano in 100 ricorsi alla Corte di cassazione. E' una gestione folle di carte su carte per poche cose. Di questi 100 ricorsi, salvo un 5 per cento, abbiamo ritenuto legittima l'emanazione del provvedimento. Per il restante 5 per cento si tratta spesso di interventi basati sulla ricostruzione ad acta di anni e anni, per detenuti in carcere magari da vent'anni; a meno che non siano risultati problemi di collusioni carcerarie - che è un altro discorso - i detenuti di cui si conosceva tutto e che non avevano più parenti se non al cimitero, soggetti all'applicazione perché condannati a suo tempo a quel titolo, sono stati esclusi dall'applicazione dell'articolo 41-bis. In ordine a tutti gli altri ci siamo limitati a dichiarare l'inefficacia - perché il problema della pronuncia è difficile, vi è un conflitto tra poteri dello Stato, perché potere esecutivo e potere giudiziario convergono sullo stesso punto - del provvedimento nella Pagina 589 parte in cui limitava o negava un solo colloquio quando la legge ne prevedeva quattro (si tratta esclusivamente di colloqui con parenti stretti). Poi abbiamo lasciato le cose come stanno. Qualche nostro collega va oltre - anche qui bisogna vedere come l'amministrazione penitenziaria interpreti il provvedimento ministeriale - vedendo pericoli di sicurezza dall'uso del fornello per riscaldare i cibi; noi non siamo scesi in questi dettagli. Per un detenuto ciò è importante, perché è pesante stare in carcere tutto il giorno arrabattandosi in una vita difficilissima; noi snobbiamo questi problemi perché stiamo fuori, parliamo di detenuti senza esserlo. Per un detenuto un colloquio o la fiducia che gli si concede permettendogli di cuocersi due uova al tegamino da solo vogliono dire molto. Noi non siamo scesi in questi dettagli; i nostri provvedimenti - ripeto - sono limitati. Abbiamo avuto la soddisfazione di vedere accolta l'interpretazione che abbiamo dato sull'assoggettamento al controllo giurisdizionale generico del potere del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e del ministro di grazia e giustizia sul trattamento dei detenuti. In un sistema come quello attuale bisogna avere il coraggio di uscire dall'ambiguità. Non vogliamo conflitti; viviamo noi stessi con disagio questa conflittualità immanente tra il potere esecutivo e quello giudiziario, sia pure limitata a questo. Ciò è per noi particolarmente doloroso, perché sembra che ci poniamo contro i magistrati giudicanti, quasi che allentiamo o affievoliamo l'esecuzione penale data con certi rigori e con certe previsioni. Bisogna avere il coraggio di accettare o rinnegare gli ordinamenti penitenziari; la pena, una volta irrogata, diventa qualcosa di imprevedibile gestione. Le pene si modificano o si riducono perché si collabora con la giustizia, si patteggia o si chiede il giudizio abbreviato. Forse però la pena base prevista per fatti gravissimi è troppo bassa. E' necessario che la pena risponda non solo ad una funzione di intimidazione ma anche, e soprattutto, a quella di recupero della persona. Durante la mia vita giudiziaria ho assistito non dico a miracoli, ma a eventi inimmaginabili: feroci delinquenti sono cambiati radicalmente e persone affidabilissime in carcere si sono trasformate in spietati delinquenti. Credevo che il cosiddetto folle morale appartenesse solo agli studi di diritto penale; sinceramente credevo che questa figura non esistesse, invece nel carcere l'ho incontrato. Certo, poche persone rispondono a questi requisiti, ma si tratta sempre di esseri umani e parlando con loro si apprendono risvolti e aspetti che il giudice della condanna non scoprirebbe mai. "Dottore, ora le dico una cosa!": sono sufficienti poche parole in assenza dell'avvocato perché si aprano squarci e spaccati che io da giudice, prossimo alla pensione e con i capelli bianchi, non avrei mai immaginato. Il carcere insegna tante cose, ma va affrontato giorno per giorno, specie oggi in presenza delle problematiche a tutti note come le misure alternative e le riduzioni di pena. Ma a tavolino o fuori dalle celle il carcere si gestisce male. Vi suggerisco di incontrare e parlare con i direttori degli istituti penitenziari, i quali potranno dire con immediatezza e forse con più praticità e concretezza quali siano i problemi che pone l'articolo 41-bis, perché loro li vivono in prima persona, più dei detenuti. Da giudice vi esorto ad unificare le procedure, a ridurre le pene e costruite i carceri. Da sempre si parla dell'apertura delle case mandamentali destinate ad accogliere i drogati e i piccoli ladruncoli; istituti che potrebbero essere gestiti in maniera ottimale. Se ne parla da sempre, senza però realizzare alcunché. PRESIDENTE. Tra l'altro, costano anche poco. MARCELLO GALASSI, Presidente del tribunale di sorveglianza di Ancona. Certo, costano poco, ma non si riescono a costruire anche per l'opposizione dei sindaci e degli agenti di custodia, i quali non vogliono essere trasferiti in quegli istituti. L'amministrazione penitenziaria sta per terminare la costruzione di un complesso fuori della città di Ancona: vi suggerisco Pagina 590 di lavorare sul nuovo, perchè adattare una struttura carceraria vecchia alle nuove esigenze è un'opera difficile oltreché onerosa ed i risultati sono insoddisfacenti. Ripeto, lavorate sul nuovo creando nuove carceri specializzate oppure sfruttando le strutture in via di ultimazione destinandole ad un determinato genere di criminalità. SAVERIO DI BELLA. Dottor Galassi, mi consenta di iniziare l'intervento esprimendo soddisfazione perché constato che il pensiero di Beccaria è ancora presente e vivo in chi svolge un compito difficilissimo, ossia la sorveglianza. Mi fa piacere constatare che il principio costituzionale secondo cui non si deve rinunciare al recupero della persona, nemmeno di fronte al peggior delinquente, è sempre vivo, anche se la sua concreta attuazione è resa difficile dalle condizioni in cui svolgete la vostra opera. E' stato sottolineato che si deve soprattutto prevenire, non solo reprimere; ma le realtà sulle quali la prevenzione dovrebbe essere esercitata rappresentano ancora delle piaghe aperte, specie nel meridione, dove manca il lavoro ed altri elementi importanti. In particolare, sono stato colpito dal tema della separazione degli imputati dai condannati; non so quali suggerimenti possa dare la Commissione antimafia, ma sicuramente si avverte la necessità di una raccomandazione da rivolgere al Ministero di grazia e giustizia. PRESIDENTE. E' un discorso antichissimo questo, che va avanti da decenni. SAVERIO DI BELLA. Sono convinto anch'io che la modifica delle carceri vecchie, il loro adattamento alle nuove esigenze rappresenti un'impresa disperata. In Italia si stanno costruendo carceri un po' ovunque e quelle nuove - i cui progetti sono stati rivisti nel 1991 - sono state concepite in modo tale da rendere un servizio adeguato alle esigenze. Altre carceri programmate, invece, non sono state iniziate per mancanza di fondi: poiché non tutto il male viene per nuocere, spero che il ritardo sia utilizzato per rivedere i progetti ed adeguarli alle nuove necessita. Per quanto riguarda la questione della conflittualità oggettiva tra alcune norme e la disciplina carceraria, mi auguro che vengano suggerite modifiche affinché la disciplina non risulti più confliggente, e spero in tal modo di interpretare il desiderio dell'intera Commissione. Il cittadino che subisce una giusta condanna deve espiare la pena nel rispetto delle leggi senza rinunciare al recupero, perché sarebbe una sconfitta inaccettabile sul piano morale. Può anche darsi che il tentativo di recupero fallisca con molti o con alcuni, però l'impossibilità di esercitare questo diritto costituzionale è una lacuna di cui l'Italia deve liberarsi nell'interesse della giustizia e della sua tradizione e civiltà giuridica. RAFFAELE BERTONI. Ho chiesto quante siano le persone imputate o condannate per delitti di mafia alle quali è stato applicato l'articolo 41-bis nel distretto di Ancona. MARCELLO GALASSI, Presidente del tribunale di sorveglianza di Ancona. Delitti di criminalità organizzata, non proprio mafia. RAFFAELE BERTONI. Mafia intesa nel senso di camorra e 'ndrangheta. MARCELLO GALASSI, Presidente del tribunale di sorveglianza di Ancona. Nell'ambito distrettuale sono cento, di cui 60-70 ad Ascoli Piceno. RAFFAELE BERTONI. Poiché tu hai detto che i casi a cui è stato applicato l'articolo 41-bis sono cento, nel caso di delitti legati agli stupefacenti queste misure non vengono applicate? MARCELLO GALASSI, Presidente del tribunale di sorveglianza di Ancona. Si tratta di una percentuale minima. RAFFAELE BERTONI. La maggior parte sono mafiosi? Pagina 591 MARCELLO GALASSI, Presidente del tribunale di sorveglianza di Ancona. Mafiosi, camorristi e quelli del gruppo Mammoliti della Sacra corona unita. RAFFAELE BERTONI. Mammoliti non appartiene alla Sacra corona unita, ma alla 'ndrangheta. Comunque, hai anche Mammoliti? MARCELLO GALASSI, Presidente del tribunale di sorveglianza di Ancona. Avevo. Poi, voleva la semilibertà a tutti i costi ... RAFFAELE BERTONI. Voleva, figuriamoci! Se posso, vorrei formulare un'altra domanda. Dei cento provvedimenti ai sensi dell'articolo 41-bis, riferiti a cento persone, tu sei stato il giudice che ha emanato l'ordinanza su cui poi si è pronunciata la Corte costituzionale. MARCELLO GALASSI, Presidente del tribunale di sorveglianza di Ancona. Non solo io. RAFFAELE BERTONI. Uno dei primi; comunque, è stato un merito. Ritengo giusto, infatti, che sia applicato l'articolo 41-bis con le limitazioni individuate dalla Corte costituzionale, che praticamente sono legge e come tale devono essere considerate, limitazioni ben specificate nella sentenza. Se ho ben capito, il sindacato che tu svolgi, che non è di merito, come giustamente hai sottolineato, porta a volte ad annullare totalmente o parzialmente ovvero a modificare i provvedimenti, perché mal motivati o senza riferimenti a quei fatti specifici che darebbero al provvedimento stesso l'auspicabile insindacabilità sotto il profilo della legittimità. MARCELLO GALASSI, Presidente del tribunale di sorveglianza di Ancona. E' così. RAFFAELE BERTONI. Quindi è il ministero che, come sempre, non sa fare quello che dovrebbe fare. Dopo la prima delle due sentenze della Corte costituzionale, hanno perlomeno preso l'abitudine di attenersi, nell'emanare i provvedimenti, a quelle prescrizioni o continuano a fare come prima? MARCELLO GALASSI, Presidente del tribunale di sorveglianza di Ancona. Purtroppo da noi è capitato che, scaduto il semestre, hanno rinnovato d'emblée il provvedimento, senza tener conto delle modifiche apportate in prima battuta: ci siamo dovuti "cibare" gli stessi reclami, con le stesse soluzioni. RAFFAELE BERTONI. Perciò, senza tener conto nemmeno delle sentenze della Corte costituzionale. MARCELLO GALASSI, Presidente del tribunale di sorveglianza di Ancona. Hanno ripetuto sic et simpliciter il provvedimento. RAFFAELE BERTONI. Hanno fatto la fotocopia. Questa è la nostra amministrazione centrale! MARCELLO GALASSI, Presidente del tribunale di sorveglianza di Ancona. Per noi che lavoriamo con quattro litri di benzina per cento chilometri, ciò comporta un fermo giudiziario notevole. Il provvedimento ha carattere di estrema urgenza ed ha durata semestrale. Mi auguro che lo prendano per più lungo tempo, così potremo respirare. Resta il fatto che il reclamo va esaminato con la massima urgenza e, al tempo stesso, devono essere rispettate le procedure giurisdizionali, cioè i termini a difesa, gli avvisi ai difensori, e così via. RAFFAELE BERTONI. Dicevo proprio che ciò avviene perché il ministero non legge nemmeno le sentenze della Corte costituzionale. MARCELLO GALASSI, Presidente del tribunale di sorveglianza di Ancona. Forse credevano, avvalendosi dell'articolo 41-bis, di aggirare le formalità previste dall'articolo 14-bis concernente la sorveglianza particolare, un articolo che invece prevede proprio la conflittualità ... Pagina 592 RAFFAELE BERTONI. Non è conflittualità. E' un normale rapporto. MARCELLO GALASSI, Presidente del tribunale di sorveglianza di Ancona. Mi riferivo alla conflittualità giudiziale: il ministro offre le prove, il detenuto non accetta il provvedimento e il terzo giudice decide sulla base delle prove offerte. Oggi si arriva a questo in via indiretta. Ecco perché invito ad unificare i due istituti, che si sovrappongono, rispetto ai quali siamo costretti ad operare per relationem, per analogia. Non è giusto, perché siamo nel campo dei diritti individuali. RAFFAELE BERTONI. Vorrei fare un'altra domanda. Ci conosciamo da tanto tempo; sono un giudice un po' disoccupato ma, se ti ricordi, facemmo il comitato dei giudici di sorveglianza proprio quando io ero al Consiglio superiore della magistratura. Dunque, è purtroppo da tempo che mi sono occupato di questi problemi. A quanto mi risulta ed ascoltando quello che hanno detto in questa sede altri presidenti di tribunali di sorveglianza, il regime previsto dagli articoli 14-bis e seguenti non aveva dato buoni risultati. MARCELLO GALASSI, Presidente del tribunale di sorveglianza di Ancona. Per niente, perché creava complicazioni; pertanto, era stato abbandonato. Abbiamo fatto in tutto un provvedimento, mi pare. RAFFAELE BERTONI. Volevo avere una conferma: non è recuperabile. PRESIDENTE. Quale potrebbe essere una proposta attuabile per rendere possibile un'applicazione della norma che fosse armonica con l'ordinamento giudiziario? MARCELLO GALASSI, Presidente del tribunale di sorveglianza di Ancona. Quella di modificare l'articolo 14-bis, facendo rientrare in quell'ambito l'articolo 41-bis e ... RAFFAELE BERTONI. Stabilendo per legge quello che ha detto la Corte costituzionale. MARCELLO GALASSI, Presidente del tribunale di sorveglianza di Ancona. A me sta bene la sorveglianza particolare - in fondo, il problema si riduce a questo - per impedire la perpetuazione di comportamenti. Esiste già un comma dettato per le turbolenze carcerarie, ma non è questo il caso, perché il comportamento mafioso consiste proprio nell'essere dei "baciamani" ossequiosi. Però, c'è un comma che prevede il regime di sorveglianza particolare sulla base di precedenti comportamenti. E' il vostro compito, non certo il mio, quello di fare il legislatore. Avverto però l'esigenza di far rientrare tutto in quell'articolo, che del resto soddisfa ogni esigenza: è temporalmente limitato, disciplina quante volte si possa ripetere la compressione dei diritti ... RAFFAELE BERTONI. Ma non fa riferimento a tipi di reato. MARCELLO GALASSI, Presidente del tribunale di sorveglianza di Ancona. C'è infatti da aggiungere: "... a coloro che si siano resi responsabili ...". In questo modo sarebbe tutto risolto: avreste riportato nella legalità la situazione, con il controllo del giudice, e avreste lasciato la possibilità di adottare un sistema di rigore e di controllo. Mi ero permesso di affermare - a volte dico cose di cui poi mi compiaccio e mi stupisco per averle dette - rispondendo ai quesiti posti dalla presidenza della Commissione: "Il regime di sorveglianza particolare, con le limitazioni proposte e con le possibilità di reclamo al tribunale, già soddisfa tutto e tutti: società, detenuti e controllo giudiziario. Ritengo sia sufficiente aggiornare tale istituto soprattutto rispetto alle categorie dei detenuti da sottoporvi". Basta trasportare l'elenco da un articolo all'altro; anche per la durata applicativa, è previsto un termine. Proseguivo auspicando l'elencazione chiara e dettagliata delle possibili restrizioni di trattamento e proponendo di abbandonare l'articolo 41-bis. Pagina 593 RAFFAELE BERTONI. Il punto centrale è l'omogeneità del trattamento. L'amministrazione si riserva, a mio avviso giustamente, l'applicazione dell'articolo 41-bis perché questo consente l'omogeneità del trattamento. Se la decisione fosse rimessa in prima battuta alla magistratura di sorveglianza, Mammoliti, sconosciuto a un magistrato di sorveglianza, non riceverebbe quel trattamento. MARCELLO GALASSI, Presidente del tribunale di sorveglianza di Ancona. In quel modo avremmo risolto tutto, perché il primo adempimento a cui siamo tenuti è un controllo sulla persona alla quale si applica il trattamento; si chiedono le informazioni e, per fortuna, oggi abbiamo tutto, cioè le schede processuali, quelle di polizia e i precedenti. Finalmente, a seguito di nostre insistenze, la Digos e tutti gli apparati di polizia che prima rispondevano "si presume che", adesso fanno riferimento a dati precisi, individuati nel tempo e nel luogo, che consentono al giudice il controllo sulla persona e sul decreto applicativo. Oggi siamo a questo punto. Abbiamo ora bisogno di una legge più chiara e soprattutto di una unificazione. Non è possibile camminare su questi due binari: un 41-bis che poi viene esercitato, per analogia, sul 14-ter è un mostro giuridico. Quel che manca non è tanto la legge, ma le strutture adatte per le persone detenute in istituti speciali, che in definitiva sono poche. Ogni istituto ha un regolamento che gestisce la ricezione dei pacchi e della posta, disciplina gli ingressi e, in generale, regola lo svolgimento della giornata, mentre vi dovrebbe essere un regolamento speciale per detenuti speciali, eventualmente stabilendo per legge una deroga al trattamento generale (per esempio, prevedendo che non possano godere di determinati benefici prima di un certo numero di anni), conformemente a quanto ha sancito la Corte costituzionale. Mi riservo di inviare alla Commissione ulteriore documentazione. PRESIDENTE. Dichiaro conclusa l'audizione del presidente del tribunale di sorveglianza di Ancona, che ringrazio per aver accolto il nostro invito. Audizione del presidente del tribunale di sorveglianza di Perugia, dottor Piero Poggi. PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del presidente del tribunale di sorveglianza di Perugia, dottor Piero Poggi. PIERO POGGI, Presidente del tribunale di sorveglianza di Perugia. Facendo riferimento allo schema di ricerca riguardo all'analisi ed elaborazione dei modi di attuazione dell'articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario che è stato predisposto dalla Commissione, devo subito dire, in ordine ai dati quantitativi, che abbiamo rigettato tutti i ricorsi, anche se abbiamo stabilito di seguire un certo criterio: una cosa è l'imputato sub iudice, un'altra è il condannato, nel senso che, se si è ritenuto di mettere il primo sotto regime differenziato, ce ne saranno le ragioni, mentre nel secondo caso bisogna vedere, perché non sono soltanto i mafiosi ad essere sottoposti al regime del 41-bis. Ricordo il caso di un soggetto (che ora è stato sottratto a tale regime) il quale arrivò al punto da tentare il suicidio, sostenendo di non essere mai appartenuto alla mafia e di non sapere neanche che cosa fosse quest'ultima: era un rapinatore qualsiasi che era rimasto coinvolto nei maxiprocessi di Palermo. Svolgo la mia attività presso un istituto di pena piuttosto impegnativo, il carcere di Spoleto. PRESIDENTE. Ci sono anche detenuti differenziati? PIERO POGGI, Presidente del tribunale di sorveglianza di Perugia. Ce ne sono diversi, sono presenti anche sedici collaboratori. Ho avuto a che fare anche con Melluso, Gianni il bello, il quale mi ricattava; in udienza, quando gli ho concesso l'affidamento in prova al servizio sociale, gli chiesi che cosa avrebbe fatto e lui mi rispose che sarebbe diventato collaboratore di giustizia. Quest'ultimo è diventato quasi Pagina 594 un mestiere: lo sapete quando guadagna un collaboratore di giustizia? Per esempio, Melluso prende 5 milioni, la moglie 2 milioni ed hanno una villa gratis con telefono, gas e luce pagati: certamente gli conviene fare il collaboratore! Eppure che cosa ha da dire uno come Melluso, che sta in carcere da 22 anni? Sì, forse qualcosa riferita dai compagni di cella... Nel 1993 sono pervenuti 9 ricorsi e attualmente ce ne è soltanto uno pendente, fissato per l'udienza del prossimo 1^ dicembre. Ne abbiamo definiti 8, tutti con rigetto, un non luogo a provvedere e una inammissibilità. Nel 1994 è aumentato il numero, ma bisogna tener presente che per un terzo si tratta di ricorsi ripresentati a seguito della reiterazione del decreto ministeriale scaduto nel frattempo. Ad oggi ne sono pervenuti 40, dei quali 21 sono pendenti; di questi ne ho fissati 2 per l'udienza del prossimo 24 novembre e gli altri per il 1^ dicembre, avendo deciso di tenere udienza - come già è accaduto - nel carcere di Spoleto per evitare un eccessivo dispiegamento di forze ed un continuo viavai dei furgoni cellulari. Inoltre, abbiamo trasmesso per competenza ad altra autorità giudiziaria 4 ricorsi e ne abbiamo rigettati 15, di cui 9 impugnati presso la Cassazione. Solo un caso ci aveva lasciato un po' perplessi perché, come ben sapete, inizialmente i decreti non erano motivati ma erano uguali per tutti, "stampati a ciclostile"; per questa ragione siamo stati indecisi se accogliere la tesi dei tribunali di Ancona e di Firenze e quindi dichiarare decaduto il decreto in quanto non motivato. Anzi, abbiamo addirittura discusso perché il mio collega di Spoleto, il dottor Laudenzi, sosteneva che la competenza fosse del TAR perché il decreto del ministro è atto amministrativo; ma a questo proposto soccorre la legge, che parla di tribunale di sorveglianza. RAFFAELE BERTONI. Quanti detenuti avete? PRESIDENTE. Quali istituti, oltre quello di Spoleto? PIERO POGGI, Presidente del tribunale di sorveglianza di Perugia. Tutta l'Umbria. Penso di averne 1.700-1.800. RAFFAELE BERTONI. No, mi riferisco all'articolo 41-bis. PIERO POGGI, Presidente del tribunale di sorveglianza di Perugia. Dovrebbero essere una sessantina circa, tutti a Spoleto, perché negli altri istituti non ci sono detenuti per i quali sia applicato il disposto dell'articolo 41-bis. PRESIDENTE. Come viene diviso l'istituto tra collaboratori e detenuti soggetti a regime previsto dall'articolo 41-bis? PIERO POGGI, Presidente del tribunale di sorveglianza di Perugia. I collaboratori sono nell'ex sezione femminile; sono in un luogo a parte e stanno molto peggio di detenuti comuni perché hanno un piccolo cortile... PRESIDENTE. Si lamentano? PIERO POGGI, Presidente del tribunale di sorveglianza di Perugia. Sì, si lamentano perché hanno un piccolo cortile, prendono aria a stento, vivono nella paura; hanno paura degli agenti di custodia perché magari anche questi si possono mettere d'accordo con alcuni mafiosi. Prima, infatti, di detenuti sottoposti al 41-bis ne avevo molti di più; poi, in seguito all'uccisione di Borsellino, sono stati trasferiti nelle isole, per cui sono rimasti in numero minore. PRESIDENTE. Questa convivenza crea forse problemi a livello di organizzazione... PIERO POGGI, Presidente del tribunale di sorveglianza di Perugia. No. Se vorrete venire una volta a vedere, vi accompagnerò: i collaboratori sono in una piccola villetta in cui anni fa era la sezione femminile, ora abolita. Gli altri detenuti sono tutti a sinistra, attorno attorno. E' un carcere grosso: sono 600 detenuti. Spoleto è nota per il festival e per il carcere! RAFFAELE BERTONI. C'è un carcere nuovo... Pagina 595 PIERO POGGI, Presidente del tribunale di sorveglianza di Perugia. Quello di Magliano: è un po' alienante, assomiglia a quello di Sollicciano a Firenze. PRESIDENTE. Poiché arrivano parecchie lamentele di collaboratori detenuti a Spoleto, avevo posto la domanda per sapere se la loro presenza crei problemi, magari anche per il fatto che gli agenti di custodia sono gli stessi. PIERO POGGI, Presidente del tribunale di sorveglianza di Perugia. Credo di no, anche perché hanno un direttore che proviene dagli educatori penitenziari ed è di uno scrupolo tale che è più facile che qualcosa accada nelle altre carceri; infatti non è mai successo niente. Hanno anche un magistrato di sorveglianza che è duro nel dare permessi o benefici, per cui il carcere è sotto controllo in considerazione della pericolosità degli ospiti. In effetti, ci sono brutti ceffi, brutti elementi, come Gambino. Buona parte della gente processata e condannata a Palermo è a Spoleto. PRESIDENTE. Questi sono fissi, non sono di transito... PIERO POGGI, Presidente del tribunale di sorveglianza di Perugia. A proposito del transito - mi rivolgo ai due colleghi più che ai due parlamentari - quando fanno un ricorso e vengono trasferiti, è là che deve essere mandata la relativa domanda! Altrimenti, siamo costretti a fare quello che un collega proprio questa mattina mi ha confidato di fare: manda all'archivio, non decide più nella convinzione che, non essendo più il detenuto a Spoleto, non vi è motivo per cui debba decidere lui. Questo sarebbe il minimo che dovreste proporre... anche addirittura con circolari. RAFFAELE BERTONI. Con circolare no. PIERO POGGI, Presidente del tribunale di sorveglianza di Perugia. Con circolare no, ma in qualche modo si dica, si precisi... Io sono costretto a fare molti provvedimenti - tempo perso - riguardanti gente che è stata trasferita il giorno successivo alla presentazione dell'istanza. Che ne so io chi è o chi non è, se il 41-bis essere applicato oppure no... Penso che anche gli altri colleghi si siano lamentati di questo fatto. RAFFAELE BERTONI. Si lamentano pure quelli del carcere dove vanno i detenuti in transito per l'udienza... PIERO POGGI, Presidente del tribunale di sorveglianza di Perugia. Se sono in transito no, vale il principio della competenza. Ma se sono stati tutti trasferiti all'Asinara, perché devo decidere io? RAFFAELE BERTONI. Pensa a quelli che vanno a Palmi o a Palermo per venti giorni. PIERO POGGI, Presidente del tribunale di sorveglianza di Perugia. Sono pienamente d'accordo. PRESIDENTE. Bisognerebbe stabilire chi abbia competenza a decidere. PIERO POGGI, Presidente del tribunale di sorveglianza di Perugia. Bisognerebbe stabilire la competenza allorquando il detenuto va e non torna più. Decida il magistrato di Sassari se il detenuto è all'Asinara, di Firenze se è a Porto Ferraio. PRESIDENTE. Nel mentre che il detenuto ha tutta una serie di processi altrove, chi dovrebbe essere competente? Se i processi sono a Palmi, a Palermo e in altri tribunali ancora perché i reati sono stati commessi in luoghi diversi, dove si determina la competenza? Provvisoriamente... PIERO POGGI, Presidente del tribunale di sorveglianza di Perugia. Sì, provvisoriamente; ho già detto che sono d'accordo con voi. Se è provvisorio, ritorna in carico a me, è giusto che lo faccia io. Al massimo attendo che ritorni! Oltre tutto, ha diritto a presenziare all'udienza; quindi, che cosa comporta la traduzione? RAFFAELE BERTONI. La domanda del presidente è questa: secondo la regolamentazione attuale, ogni tribunale di sorveglianza è competente in base... Pagina 596 PIERO POGGI, Presidente del tribunale di sorveglianza di Perugia. In base al luogo dove è stato fatto il ricorso. RAFFAELE BERTONI. ... al luogo dove si trova il detenuto. C'è un'assegnazione del detenuto al carcere di Spoleto, ma questo detenuto per ragioni di giustizia può andare provvisoriamente in più luoghi... PIERO POGGI, Presidente del tribunale di sorveglianza di Perugia. Rimango competente io. RAFFAELE BERTONI. No, non rimani competente tu perché il detenuto è in transito. PIERO POGGI, Presidente del tribunale di sorveglianza di Perugia. Se è transitorio... Prendiamo questo caso: un detenuto va in permesso, prende la nave a Civitavecchia: nell'attesa è competente Roma o Perugia? RAFFAELE BERTONI. Perugia. PIERO POGGI, Presidente del tribunale di sorveglianza di Perugia. Allora! Non ci stiamo capendo sul "transitorio": se il detenuto va per ragioni di giustizia, poi rientra in carico a Perugia, o no? RAFFAELE BERTONI. Nel momento in cui molta gente va in transito per ragioni di giustizia in altro carcere e fa immediatamente domanda di disapplicazione dell'articolo 41-bis al tribunale di sorveglianza di quel luogo... PIERO POGGI, Presidente del tribunale di sorveglianza di Perugia. Vuoi eccepire questo: che alla fine finiscono per scegliersi il tribunale che gli sta più comodo... RAFFAELE BERTONI. Non solo, si rivolgono a persone che non ne sanno niente! Voi come fareste? Questa è la domanda del presidente. PIERO POGGI, Presidente del tribunale di sorveglianza di Perugia. La trasmetterei al seguito, se la traduzione non è provvisoria: se un detenuto va a Milano, trasmetto la domanda al collega di Milano per quanto di competenza. PRESIDENTE. Sì, ma nel frattempo può essere trasferito a Palermo, a Reggio Calabria... PIERO POGGI, Presidente del tribunale di sorveglianza di Perugia. Dobbiamo seguirlo nei posti dove va, anche perché ci devono dare le informazioni. Se il direttore ha tenuto il detenuto solo per due giorni a Perugia, dopo di che questo va a Milano, che ne sa di quel soggetto! E' questo il punto; siamo d'accordo dall'inizio. RAFFAELE BERTONI. Quindi, dovrebbe permanere la competenza del carcere di assegnazione, anche se ci sono spostamenti transitori. PIERO POGGI, Presidente del tribunale di sorveglianza di Perugia. Sì, certo. PRESIDENTE. Però, attualmente non è così. PIERO POGGI, Presidente del tribunale di sorveglianza di Perugia. C'è addirittura chi (e questi, secondo me, non fanno giustizia, lo dico anche se si tratta di cari amici), quando un detenuto viene trasferito, dichiara il non luogo a provvedere sull'istanza, perché quel detenuto non è più nel suo carcere. Io, invece, ritengo che l'istanza debba essere inviata dove è stato mandato, anche perché non è detto che tra coloro che sono sottoposti al regime di cui all'articolo 41-bis non via sia qualche poveraccio che è rimasto coinvolto ingiustamente, quindi è giusto conoscere profondamente le singole persone. Se, però, queste stanno in un carcere solo per due giorni, non è possibile conoscerle. RAFFAELE BERTONI. Adesso abbiamo capito. PIERO POGGI, Presidente del tribunale di sorveglianza di Perugia. Dicevamo tutti e tre la stessa cosa, con parole diverse. Pagina 597 PRESIDENTE. Può segnalarci qualche altro elemento? Quello di Spoleto è un carcere sovraffollato? PIERO POGGI, Presidente del tribunale di sorveglianza di Perugia. Direi di no, può contenere fino a 600 persone, ma in genere ce ne sono circa 400. Un carcere sovraffollato è, invece, quello di Perugia, perché vi sono lavori in corso e perché - come abbiamo visto nella trasmissione televisiva del Gabibbo - il carcere di Capanne non è ancora concluso: l'impresa napoletana sta aspettando di alzare i costi, caro Bertoni... RAFFAELE BERTONI. E' colpa dei napoletani? PIERO POGGI, Presidente del tribunale di sorveglianza di Perugia. Era solo una battuta, i miei più cari amici sono napoletani. PRESIDENTE. Nel carcere di Perugia non ci sono detenuti sottoposti al regime di cui all'articolo 41-bis? PIERO POGGI, Presidente del tribunale di sorveglianza di Perugia. No, sono tutti sottoposti al regime normale. A Perugia vi sono soprattutto detenuti in attesa di giudizio. Approfitto di questa occasione per sottolineare un'esigenza, anche se non è di competenza di questa Commissione: è necessario fare qualcosa affinché i drogati non stiano più in carcere, perché non si tratta di delinquenti e fanno veramente pena. A Torino, Fornace, grazie alla fondazione Agnelli, ha creato un carcere a sé stante, nel quale sono detenuti e curati solamente i drogati, che vengono seguiti da psicologi, e così via. RAFFAELE BERTONI. Poc'anzi, anche il presidente Galassi ha sottolineato la stessa esigenza. PRESIDENTE. A tale scopo, però, non è necessario costruire nuovi carceri, perché ce ne sono già tanti, per esempio i carceri mandamentali. PIERO POGGI, Presidente del tribunale di sorveglianza di Perugia. Veramente, i carceri mandamentali li stanno sopprimendo tutti. RAFFAELE BERTONI. Ma tu sai che la droga è stata il bersaglio numero uno di Craxi e compagnia, quindi... PRESIDENTE. Però, non si può dire che non siano mai delinquenti. RAFFAELE BERTONI. Mi riferisco a chi usa la droga. PRESIDENTE. Ma chi la usa la vende. PIERO POGGI, Presidente del tribunale di sorveglianza di Perugia. Sì, la vende per comprare altre dosi per sé o per gli amici. Bisogna dire, poi, che una cosa è guardare la situazione dal punto di vista del pubblico ministero, altra cosa è guardarla da quello del magistrato di sorveglianza. PRESIDENTE. Certo. PIERO POGGI, Presidente del tribunale di sorveglianza di Perugia. Io ho svolto tutta la carriera come pubblico ministero e preferisco di gran lunga la funzione che sto rivestendo ora: tant'è vero che ora si libererà il posto di procuratore generale ed io non presenterò neppure la domanda, perché il mio attuale ruolo mi piace molto. Il 12 dicembre prossimo, per esempio, una compagnia di miei detenuti e detenute presenterà al teatro Eliseo il Cyrano de Bergerac: un regista che è stato aiuto di Fellini ed ha una villa a Baschi si è offerto ed io ho detto di sì. Inizialmente si voleva far recitare soltanto gli uomini, alcuni dei quali si sarebbero travestiti da donne, ma io mi sono opposto. RAFFAELE BERTONI. Ai tempi di Voltaire il teatro era vietato alle donne. PIERO POGGI, Presidente del tribunale di sorveglianza di Perugia. Pare che anche Totò, tuo compaesano, fosse di questa opinione. Tuttavia le donne sono bravissime: per principio io sono un po' antifemminista, ma nel vederle lavorare rimango Pagina 598 ammirato. Chiedo scusa, comunque, per la divagazione. PRESIDENTE. Non ci sono, nel suo carcere, donne sottoposte al regime di cui all'articolo 41-bis? PIERO POGGI, Presidente del tribunale di sorveglianza di Perugia. No, le mie detenute o hanno ucciso il marito - o il partner in genere - oppure sono in carcere per droga. Sono questi i due reati tipici delle donne. Non ho mai visto ladre (magari perché c'è chi ruba per loro!). Se la Commissione lo ritiene opportuno, potrei arricchire le mie dichiarazioni con una memoria scritta, da inviare in seguito. SAVERIO DI BELLA. Dottor Poggi, le saremmo grati se potesse darci qualche suggerimento. PIERO POGGI, Presidente del tribunale di sorveglianza di Perugia. Ho già ricordato i problemi inerenti alla competenza. Per quanto riguarda il regime di cui all'articolo 41-bis, debbo dire che mi fa sempre un po' paura, perché il carcere è già duro di per sé ed un detenuto a cui venga comminato il regime differenziato (che comporta un solo colloquio al mese, ore d'aria limitate e tutta una serie di altre restrizioni), se è colpevole, finisce per rassegnarsi, perché sa di aver sbagliato, ma se non lo è ha buoni motivi per ammazzarsi. Il ministero, quindi, dovrebbe porre estrema attenzione, perché a volte fornisce elementi concreti, fondati, ma altre volte basta che un soggetto abiti nel quartiere "X" di Palermo o di Napoli perché gli venga applicato l'articolo 41-bis. PRESIDENTE. Fanno veramente così, oppure è un paradosso? PIERO POGGI, Presidente del tribunale di sorveglianza di Perugia. No, ovviamente si tratta di un paradosso, se fossero queste le motivazioni che vengono scritte, sarei il primo ad annullare tutti i provvedimenti restrittivi! Debbo anche riconoscere che durante l'ultimo periodo in cui era in carica il precedente ministro ed ora con il ministro Biondi (so che non se ne occupa lui personalmente, ma l'ufficio competente del suo ministero, che è composto da magistrati) le motivazioni sono più articolate, per cui nell'ordinanza si può anche scrivere "Vista la motivazione convincente del decreto ministeriale...". Prima, invece, i decreti venivano fatti un po' con il ciclostile, ma non si fa giustizia in questo modo. PRESIDENTE. Le saremmo grati se potesse fornirci uno schema dei detenuti del suo carcere a cui è applicato l'articolo 41-bis. PIERO POGGI, Presidente del tribunale di sorveglianza di Perugia. Sì, si tratta di una sessantina di persone: consegnerò alla Commissione lo schema riguardante il 1993. PRESIDENTE. Ringraziamo il presidente del tribunale di sorveglianza di Perugia, dottor Poggi, per il contributo fornito ai nostri lavori. La seduta termina alle 14,30.