Pagina 737 PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TIZIANA PARENTI INDICE Pag. Audizione del prefetto Giorgio Musio, commissario straordinario del Governo per il coordinamento delle misure anti- racket: Parenti Tiziana, Presidente...................... 739, 741 748, 750 Musio Giorgio, Commissario straordinario del Governo per il coordinamento delle misure antiracket .......... 739, 741 742, 745, 746, 747, 748, 749 Grasso Tano ........................... 742, 745, 746, 749 Ramponi Luigi ......................... 741, 745, 746, 747 Tripodi Girolamo ........................... 746, 748, 749 Pagina 738 Pagina 739 La seduta comincia alle 14,30. (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente). Audizione del prefetto Giorgio Musio, commissario straordinario del Governo per il coordinamento delle misure antiracket. PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del prefetto Giorgio Musio, commissario straordinario del Governo per il coordinamento delle misure antiracket. Prefetto Musio, da quanto tempo ricopre il suo attuale incarico? GIORGIO MUSIO, Commissario straordinario del Governo per il coordinamento delle misure antiracket. Ho ricevuto l'incarico dal Consiglio dei ministri tre mesi fa. PRESIDENTE. Il prefetto Musio si occupa di estorsione e di usura, con i connessi problemi dell'indennizzo alle vittime sia dell'uno sia dell'altro reato. In particolare il gruppo di lavoro che si occupa dei rapporti tra mafia ed economia ha avvertito la necessità di ascoltare il prefetto Musio sullo stato attuale di queste problematiche, visto che ogni volta che incontriamo le associazioni antiracket sentiamo costanti lamentele su ritardi da parte dello Stato, che innanzitutto hanno scoraggiato le denunce nei confronti sia degli estorsori sia degli usurai ed inoltre hanno provocato spesso danni economici molto rilevanti alle vittime (che peraltro già ne avevano subiti). Vorremmo sapere se tali situazioni siano state sbloccate e quali siano i motivi, di carattere normativo o di fatto, che hanno determinato queste situazioni di grave disagio, anche perché sembra che il numero delle denunce non sia molto aumentato, e che anzi le persone che si trovano in queste situazioni si sentano fortemente scoraggiate a denunciare. GIORGIO MUSIO, Commissario straordinario del Governo per il coordinamento delle misure antiracket. Nel rivolgere un saluto al presidente e ai componenti della Commissione, ricordo - come dicevo - che ricopro da tre mesi il mio attuale incarico, che è stato ufficializzato soltanto un mese fa con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. Fin dal primo momento ho preso contatti con i vari enti che, in base alla legge e al regolamento, sono chiamati in causa nel procedimento istruttorio delle istanze che le vittime delle estorsioni presentano per accedere al fondo di solidarietà di cui alla legge n. 172 del 1992. Ritengo che per comprendere bene la situazione sia opportuno innanzitutto un excursus dei vari provvedimenti legislativi che si sono succeduti nel tempo nella materia, rilevando innanzitutto che la legge istitutiva del fondo è diventata operante il 18 ottobre 1992 e che all'incirca alla stessa data è stato emanato il relativo regolamento. Per superare le difficoltà emerse dalle prime applicazioni, è intervenuto il decreto-legge 27 settembre 1993, n. 382, convertito dalla legge 18 novembre 1993, n. 468. Quindi, dall'ottobre 1992 al novembre 1993 vi è stato un lungo periodo Pagina 740 contraddistinto da incertezze interpretative, che naturalmente hanno fatto sentire i loro riflessi non positivi sull'istruttoria delle pratiche. Da ultimo, il regolamento per la gestione del fondo è stato modificato con il decreto interministeriale 19 aprile 1994, n. 431, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 5 luglio 1994, n.155. Questa premessa sull'excursus della normativa è obbligatoria per comprendere le difficoltà che si sono incontrate nell'esame delle domande. Ma questo non è l'unico motivo del mancato funzionamento della gestione del fondo: l'altro va individuato, a mio avviso (secondo quanto ho potuto constatare attraverso contatti diretti), in una certa farraginosità della procedura, oltre che naturalmente nel passaggio di queste domande attraverso più fasi e diversi organismi. La domanda, infatti, può essere presentata al prefetto ma anche direttamente alla segreteria tecnica, e considero questa come una disfunzione, perché comunque, anche in caso di domanda presentata alla segreteria tecnica, il comitato deve poi rivolgersi al prefetto per ricevere il rapporto sulla validità della domanda stessa. Personalmente, ritengo che sia preferibile e più proficuo far presentare le domande direttamente alle prefetture, in modo che esse possano a loro volta istruirle compiutamente e trasmetterle alla segreteria tecnica del comitato. Quest'ultimo ha operato finora (a seguito della legge e di questa prassi completamente nuova) con criteri diversi, che hanno provocato incertezze di comportamento, rispetto ai prefetti che sono stati interessati all'istruttoria. Una volta concluso l'esame delle domande da parte del comitato, quest'ultimo trasmette tutto alla Presidenza del Consiglio dei ministri, la quale può accettare la proposta e quindi emanare un decreto del Presidente del Consiglio di reiezione o di accoglimento oppure, dall'esame del carteggio ricevuto dal comitato, può trarre la convinzione che sia preferibile rinviare di nuovo la pratica stessa al comitato per ulteriori approfondimenti. Ho voluto descrivere questa procedura perché da ciò si comprende perché il tutto non abbia funzionato. Ho promosso alcuni incontri e credo di poter dire che per un miglioramento dell'intero sistema siano necessari alcuni elementi: in primo luogo, sarebbe a mio avviso importante - come ho già detto - prescrivere che la domanda venga presentata al prefetto e che inoltre presso le singole prefetture si creino appositi uffici di assistenza nei confronti delle vittime, affinché vi sia la possibilità di far completare in loco le domande eventualmente prive di elementi di valutazione. E' infatti inutile prevedere un carteggio puramente burocratico di trasferimento di domande da un organismo all'altro quando in effetti si può svolgere un lavoro di prevenzione nel momento in cui si invita la vittima a istruire la pratica nel modo in cui è necessario istruirla. Nello stesso tempo, le prefetture devono essere poste in grado di capire quale sia il loro compito in una forma che sia univoca in tutta Italia: non si devono, infatti, lasciare spazi all'incertezza, che poi si traducono in lentezze burocratiche. Lo stesso comitato, in quest'anno di attività, ha acquisito una certa esperienza che dovrebbe metterlo in condizione di non avere più incertezze nella trattazione delle pratiche, e lo stesso credo valga per la Presidenza del Consiglio dei ministri. Attraverso le riunioni tenute, sono riuscito a far concordare gli enti interessati su alcuni punti: innanzitutto, su una direttiva che serva a standardizzare l'istruttoria delle pratiche, che è ormai quasi pronta e che confido sarà trasmessa ai prefetti prima di Natale, in cui vengono chiaramente indicati i contenuti obbligatori delle domande, che sono obbligatori perché devono servire a far capire le vicende personali della vittima, le considerazioni che la stessa vittima ritenga necessarie per una migliore valutazione del caso e soprattutto la quantificazione dei danni riportati. Se Pagina 741 mancassero questi elementi fondamentali, né il comitato né la Presidenza del Consiglio potrebbero pervenire a una definizione delle pratiche. Occorre quindi prevedere la creazione di uffici di assistenza presso le prefetture, l'emanazione di una direttiva standard per tutte le prefetture per l'istruttoria delle pratiche e la fissazione di termini precisi da rispettare per evitare lungaggini ingiustificate. Occorre inoltre che vi sia altrettanta solerzia da parte del comitato e della Presidenza del Consiglio, in modo da non frustrare gli obiettivi del legislatore che, attraverso le leggi, ha voluto dimostrare la solidarietà dello Stato verso le vittime: più i tempi si allungano, meno credibile è lo Stato nella sua intenzione di essere vicino alle vittime. La situazione al 13 dicembre 1994 è la seguente: sono state presentate 218 domande e il comitato ha formulato alla Presidenza del Consiglio 128 proposte. La Presidenza ha adottato - specialmente negli ultimi tempi, su mia sollecitazione - 89 provvedimenti, dei quali 13 di elargizione, 12 di provvisionali, 58 di reiezione, mentre 6 sono alla firma del Presidente. Inoltre, sono state rinviate al comitato per l'acquisizione di ulteriori elementi 8 domande; restano in corso di istruttoria presso la Presidenza 31 domande, per 26 delle quali è stata avanzata proposta di reiezione, per le altre 5 di elargizione. Le rimanenti 90 domande sono in corso di istruttoria presso il comitato. PRESIDENTE. Le reiezioni sono molte. GIORGIO MUSIO, Commissario straordinario del Governo per il coordinamento delle misure antiracket. Sono molte. Con il consenso degli altri organismi interessati, sono riuscito a far sposare un criterio di trasparenza: tenuto conto del tempo trascorso tra la data di presentazione della domanda e il momento dell'esame e della decisione; tenuto conto di alcune incertezze di carattere interpretativo e, molto spesso della incompletezza della documentazione allegata alle domande, abbiamo ritenuto opportuno fornire agli interessati, e per conoscenza alle prefetture, notizie sullo stato del procedimento. Ciò vale, da un lato, ad affermare il principio della trasparenza, peraltro obbligatorio in questo tipo di pratiche, dall'altro a mettere l'istante in condizione di fornire nuovi elementi chiarificatori per una eventuale revisione della domanda e per un più completo orientamento del comitato e della Presidenza del Consiglio, che deve decidere. Qualcuno ha ritenuto di censurare la farraginosità dell'istruttoria delle domande, prospettando la possibilità che io diventi una specie di punto di riferimento; è quanto ho già fatto praticamente, però, se mi si vuole conferire una veste diversa, occorrerà intervenire anche sul piano normativo con apposite disposizioni. LUIGI RAMPONI. Il prefetto Musio si è soffermato su talune proposte e sulle attività già svolte per cercare di snellire la procedura e renderla più trasparente, iniziative peraltro tutte commendevoli. Ha anche accennato alla necessità di indicare termini precisi, ma il provvedimento attuativo già prevede il termine di 120 giorni. Quindi, vorrei sapere che cosa intenda con la richiesta di una precisa definizione dei termini, che a me risulta siano già indicati. Per quanto riguarda la necessità di costituire un ufficio presso la prefettura, con determinate competenze, e di emanare una direttiva standard (che, se ho capito bene, è già pronta), che costituisca una sorta di guida per la compilazione delle domande, ritengo che siano iniziative condivisibili. Ritengo che l'elevato numero di reiezioni delle domande sia dovuto ad una interpretazione forzata della legge; probabilmente, molto dipende dal giudizio del comitato proponente, il quale, nel formulare la sua proposta alla Presidenza, esprime già un parere di accettazione o reiezione. Vorrei, quindi, che fossero chiarite le com Pagina 742 competenze del comitato e vorrei sapere se, nella direttiva standard di cui abbiamo parlato, si prevede che le prefetture inoltrino comunque tutte le richieste alla Presidenza del Consiglio. Infatti, trovo molto strano che alcune domande, che sono state esaminate dalle prefetture, vengano trasmesse alla Presidenza, che quindi le deve respingere; in questo modo la Presidenza del Consiglio è costretta ad occuparsi di una serie notevolissima di pratiche. Se la percentuale più alta delle pratiche trasmesse viene respinta devo ritenere che probabilmente esse sono state presentate da persone non aventi diritto; era quindi perfettamente inutile inoltrarle, perché mancavano i requisiti richiesti dalla legge. Mi chiedo se questa valutazione rientri nella facoltà dei prefetti o se debbano comunque inoltrare tutte le domande. GIORGIO MUSIO, Commissario straordinario del Governo per il coordinamento delle misure antiracket. Quando ho parlato di termini volevo dire, in sostanza, che nella direttiva essi saranno precisati nuovamente: la direttiva richiamerà l'attenzione dei prefetti sulla necessità di rispettare i termini - cosa che finora, purtroppo, non è avvenuta - e di avere una sensibilità sempre più forte nella trattazione di queste pratiche. Per quanto concerne la possibilità dei prefetti di pronunciarsi sull'ammissibilità o meno delle domande, questa facoltà non è loro concessa, perché la legge fa riferimento a provvedimenti definitivi attuati dalla Presidenza del Consiglio. Anch'io ritengo che gli adempimenti burocratici, per esempio relativamente al rispetto dei termini per la presentazione della domanda, potrebbero essere meglio assolti da un'autorità periferica, ma per fare questo occorre una modifica normativa. Ringrazio il senatore Ramponi per le domande che mi ha posto, perché mi danno la possibilità di ricordare un particolare; dovrebbero essere specificati i contenuti ed i risultati della mia funzione, inserita in un procedimento stabilito per legge, perché si inserisce in un procedimento amministrativo che osserva precise regole di legge, ed anche di giustizia amministrativa. Posso esercitare questa azione di vigilanza, di stimolo - e ciò rientra nei miei compiti di commissario straordinario del Governo per il coordinamento delle misure antiracket - ma deve essere valutato attentamente se spetta a me adottare una decisione, perché in tal caso devo essere autorizzato dalla legge. TANO GRASSO. Prima di formulare domande precise e porre alcune questioni, ritengo necessario svolgere due premesse. Voglio innanzitutto ricordare che la legge antiracket è nata sulla spinta dell'esperienza delle associazioni antiracket, che svolgono un ruolo fondamentale, oserei dire strategico, nell'azione di contrasto al fenomeno del racket. Infatti, attraverso la forma associativa, si riesce a tutelare nel migliore dei modi la vittima che collabora con l'autorità giudiziaria; non è un caso che laddove le denunce vengono presentate all'autorità giudiziaria non si sia verificato un solo atto cruento o di rappresaglia. Questo significa che la formula associativa funziona ed è vincente, perché dà al cittadino la massima tutela, forza, e soprattutto sicurezza. Negli ultimi tempi si è verificato un rallentamento nella diffusione di queste associazioni, che prima nascevano con un ritmo quasi mensile. E' evidente che non si tratta di centri culturali, ma di associazioni che si costituiscono su basi estremamente solide e sulla volontà degli imprenditori di presentare denunce all'autorità giudiziaria. Quindi, la nascita di queste associazioni è un fatto di grande valore, ma ripeto che negli ultimi tempi il fenomeno ha subito un calo, perché non sono più sorte nuove associazioni. Un altro indice negativo, come evidenziano i dati del Viminale, riguarda la diminuzione delle denunce di estorsione. Abbiamo registrato una forte impennata nel 1992, che è stato il momento di maggiore attenzione da Pagina 743 parte dell'opinione pubblica, delle istituzioni e dei mass media sul problema delle estorsioni, mentre il primo trimestre del 1994 conferma l'arretramento già in atto nel 1993. Queste sono, a mio avviso, le due premesse da cui dobbiamo partire per capire qual è la posta in gioco e renderci conto come una legge che interviene in maniera così marginale - perché interessa solo 200 persone circa - possa condizionare anche queste cifre. In un primo momento ho definito la legge antiracket come un provvedimento-propaganda ed ora esprimo un giudizio ancora più grave, perché ritengo che essa sia un boomerang, perché, dopo aver creato una serie di aspettative, le ha poi frustrate. Il primo limite che ho avvertito nella gestione di questa legge riguarda un eccesso di scrupolo; come ha sottolineato in modo esplicito il senatore Ramponi, si tratta di una materia estremamente delicata, in cui l'attività dello Stato si incrocia con quella dell'autorità giudiziaria, e ciò rende tutto più complicato. Lo scrupolo è necessario, ma quando raggiunge limiti eccessivi, si blocca tutto; quando parlo di scrupolo eccessivo intendo dire che la paura di favorire, su 218 persone, tre, quattro o cinque profittatori, o truffatori, ha impedito di dare elargizioni a coloro che ne avevano effettivamente bisogno. Dobbiamo mettere in conto che una gestione meno rigida della normativa legislativa, che è l'orientamento politico che dobbiamo dare al comitato, può dare ristoro ad un truffatore, ma anche ad altre 100 persone che ne hanno diritto. Il risultato più importante è che se le elargizioni le ricevono queste 100 persone i dati relativi alle denunzie contro il racket si invertono e si intensifica l'efficacia dell'azione di contrasto. La seconda questione riguarda la farraginosità delle procedure. Debbo dire onestamente che, da quando il prefetto Musio ha preso in mano la situazione, si è registrato un sensibile segnale di cambiamento. Un tempo, noi - scusatemi se parlo di noi - non avevamo alcun interlocutore. Quando andava bene, riuscivo ad arrivare al comitato tecnico ma non avevo comunque alcuna possibilità di incidere né di ricevere informazioni. Da questo punto di vista, la figura del commissario antiracket ha quindi segnato una sensibile inversione di tendenza. Si tratta di un dato estremamente positivo che va senz'altro riconosciuto al prefetto Musio. La procedura è comunque farraginosa e potrebbe essere semplificata; tuttavia, l'ostacolo fondamentale che fino ad oggi ha frenato la definizione delle pratiche è rappresentato dal problema della responsabilità. La questione, in sostanza, è legata all'individuazione di chi si debba assumere la responsabilità di accertare l'esistenza del rapporto causale - è questo il punto - tra l'attentato subito e gli atteggiamenti di contrasto a fenomeni estorsivi. Questo è il vero problema, che ho denunciato più volte al ministro dell'interno e che chiama in causa la figura dei prefetti, i quali non sempre si sentono di assumere questo tipo di responsabilità. Come sappiamo, il prefetto può accedere agli atti giudiziari, sia pure incontrando il limite del segreto istruttorio, e ricevere l'ausilio delle forze dell'ordine; pertanto, questa figura istituzionale è posta nella condizione di avere un quadro di insieme del fenomeno e, quindi, di capire se le ragioni di un certo attentato siano chiare oppure no. Una forte sensibilizzazione sotto questo profilo potrebbe dunque portare ad una rapida definizione delle domande pendenti, soprattutto delle più significative, cioè di quelle legate ad esperienze di associazionismo antiracket. Quanto alle modifiche normative - ed è questa la terza questione che intendo porre - vorrei conoscere il pensiero del prefetto Musio sulla proposta ufficialmente formulata dalle associazioni antiracket siciliane, che nelle prossime settimane presenteremo anche alla Commissione antimafia. Considerato che il problema fondamentale è relativo a chi debba Pagina 744 assumersi la responsabilità, l'idea è di attribuire un maggiore potere al commissario antiracket (il quale, tra l'altro, opera presso la Presidenza del Consiglio) nel senso cioè di riferire a lui la responsabilità di accertare la sussistenza dei presupposti previsti dalla legge. Quanto al comitato (che a nostro avviso deve continuare ad esistere, dal momento che coinvolge associazioni di categoria ed operatori), si limiterebbe ad un ruolo di carattere consultivo. Analogo meccanismo, a mio avviso, potrebbe essere previsto anche con riferimento al fondo antiusura. Ho letto questa mattina le risposte fornite dal Presidente Berlusconi alle domande che gli abbiamo rivolto in questa sede in occasione della sua audizione. Il Presidente del Consiglio ha annunciato che il Governo è impegnato a rivedere l'ipotesi dell'istituzione del fondo antiusura, previsto dalla legge attualmente in discussione al Senato, sulla base delle osservazioni mosse alla proposta originaria. Cosa pensa l'alto commissario antiracket sul fatto che anche per il fondo antiusura in corso d'istituzione (che, ovviamente, dovrà avere caratteristiche diverse dal momento che la vittima dell'usura si trova in una condizione assolutamente differente rispetto a quella che caratterizza la vittima del racket: la cristallinità e la certezza che possono affermarsi con riguardo a quest'ultima non sono certo le stesse rinvenibili rispetto alla vittima dell'usura; lo stesso danno, peraltro, si configura in maniera diversa) egli possa svolgere funzioni di decisione in ordine alla gestione? Credo che la nostra Commissione, ad un certo punto del lavoro che sta svolgendo sul rapporto tra criminalità ed economia, potrebbe formulare una proposta specifica al riguardo. Vorrei approfittare dell'occasione per sollevare una serie di questioni. Il primo problema che intendo prospettare riguarda la pubblicizzazione della legge in materia. Se la nuova normativa riuscirà a sbloccare la situazione ed a consentire i primi benefici, credo che la sua struttura, signor prefetto, dovrebbe farsi promotrice di una iniziativa nazionale di pubblicizzazione della normativa stessa, perché tale intervento potrebbe agevolare la rimessione in moto del meccanismo delle denunce. A tale riguardo segnalo l'importante esperienza della regione Toscana, che ha provveduto alla diffusione del decalogo antiracket, fornendo nel contempo istruzioni per l'applicazione della legge. Un problema aperto è quello della solidarietà, nel quale come Commissione incappiamo spesso. Cosa intendo dire? Mi riferisco a casi di vittime di estorsioni che abbiano subito gravi danni le quali, pur rappresentando un grande simbolo per l'intero movimento antiracket, non possono accedere ai benefici previsti dalla legge. In Sicilia il problema è stato risolto con l'emanazione di una legge regionale, purtroppo del tutto inapplicata, sulla quale occorre intervenire. Vi è un altro aspetto connesso - come dire? - ad una sorta di legge di natura. Nel momento in cui una persona subisce un lutto per motivi di estorsione, il destino della famiglia e degli eredi è segnato nel senso della decadenza. Abbiamo visto in che modo si è evoluta la vicenda di Pannunzio di Foggia (anche se poi, per fortuna, la tendenza originaria si è invertita, grazie anche al suo intervento, signor prefetto); vi è poi il problema della ex Sigma, la fabbrica di Libero Grassi che, al di là di ciò che rappresenta nel mondo economico, svolge un indubbio ruolo simbolico: la battaglia, come si ricorderà, riguardava l'ACIO di Capo d'Orlando e la fabbrica di Libero Grassi. Pertanto, se si riuscisse a mettere in moto queste realtà, avremmo conseguito un risultato estremamente importante. Infine, vorrei soffermarmi brevemente sul problema dei testimoni, del quale abbiamo discusso in Commissione in occasione dell'audizione del generale Valentini, del servizio centrale di protezione. Non ho letto ancora il relativo regolamento, che è stato trasmesso ed acquisito agli atti della Pagina 745 Commissione, ma vorrei comunque porre il problema perché ad esso dovremo dare una soluzione. Non è possibile che un commerciante-testimone con una fedina penale limpida, che anzi ha dimostrato il suo alto senso civico, subisca lo stesso trattamento riservato ai collaboratori di giustizia, con tutto ciò che questo comporta. Conosciamo molto bene il caso del commerciante di Gela, che è solo uno dei circa venti casi analoghi per i quali credo che sarebbe opportuno un intervento normativo. GIORGIO MUSIO, Commissario straordinario del Governo per il coordinamento delle misure antiracket. Vorrei partire dall'ultimo problema da lei sollevato, per sgombrare il campo da possibili interferenze della mia attività in un ambito che non mi appartiene. Sarei anche disponibile ad esprimere il mio parere, ma se mi pronunciassi sulla possibilità di ammettere i testimoni ad un certo regime, credo che uscirei dal campo che mi è stato attribuito. La prego di non considerarla una scortesia... TANO GRASSO. Avevo posto la questione in termini generali. GIORGIO MUSIO, Commissario straordinario del Governo per il coordinamento delle misure antiracket. Sì, me ne rendo conto. Quanto all'eccesso di scrupolo, penso che ci si debba attenere a tale criterio nel momento in cui chi è chiamato a decidere sulla distribuzione di soldi pubblici si deve interrogare sulla sussistenza dei requisiti che legittimano la corresponsione. Lo scrupolo, pertanto, è d'obbligo, tanto più che, come lei sa certamente, nell'ambito delle domande presentate ve ne sono alcune proposte da persone che hanno cercato o cercano di approfittare della situazione. Pertanto, ripeto, lo scrupolo è d'obbligo. Ciò che non è accettabile... LUIGI RAMPONI. Mi scusi se la interrompo, ma vorrei comprendere meglio i termini del problema. In particolare, vorrei sapere se lei consideri possibile che le associazioni di categoria operanti sul territorio diano, in un certo modo, una patente di garanzia e, eventualmente, una sorta di fideiussione. Qualora si appurasse che tra coloro i quali hanno proposto domanda di risarcimento vi sono alcuni profittatori, questi ultimi sarebbero obbligati alla restituzione. Tuttavia, se al di sopra di questo livello si prevedesse una garanzia fornita dall'associazione del luogo, che potrebbe essere chiamata da un lato a confortare il momento difficile della decisione del prefetto o di chi per esso e, dall'altro, a realizzare una partecipazione, potrebbe trattarsi di una soluzione efficace al problema sollevato. TANO GRASSO. Debbo chiarire che in questa materia esiste già uno strumento, rappresentato dal regolamento, pubblicato di recente dal ministro Maroni, con il quale si istituisce l'albo provinciale delle associazioni antiracket. Al fine di mettere ordine nel settore, è stata prevista l'istituzione presso ogni prefettura di appositi albi che consentono già una prima selezione sulla qualità delle associazioni antiracket. Nella fase di modifica della legislazione in materia, che a mio avviso potrebbe essere agganciata alla normativa sull'usura (della quale il Senato sarà chiamato ad occuparsi all'inizio dell'anno prossimo), si potrebbe pensare ad introdurre un criterio di coinvolgimento delle associazioni nella decisione. Si tratta, del resto, di una proposta che avevo avanzato nella precedente legislatura, e che tuttavia non fu accolta: i rappresentanti delle associazioni antiracket, che conoscono il problema e seguono di fatto l'istruttoria, partecipano al comitato... LUIGI RAMPONI. Ti riferisci alle associazioni antiracket non, quindi, a quelle di categoria? TANO GRASSO. Queste ultime sono già rappresentate in seno al comitato. Pagina 746 LUIGI RAMPONI. Sì, ci sono i rappresentanti... TANO GRASSO. La verità è che le associazioni antiracket sono nate perché vi era un vuoto delle associazioni di categoria. LUIGI RAMPONI. Un vuoto partecipativo. GIROLAMO TRIPODI. C'era e c'è...! TANO GRASSO. C'era e, in parte, c'è. Le associazioni antiracket - io le conosco - non sono in grado di sottoscrivere fideiussioni. LUIGI RAMPONI. Quelle di categoria sì. TANO GRASSO. Sì. GIORGIO MUSIO, Commissario straordinario del Governo per il coordinamento delle misure antiracket. Riprendendo il discorso sullo scrupolo, credo che si debba riconoscere la necessità per chi istruisce la pratica di verificare la sussistenza dei requisiti previsti dalla legge, in modo da giungere alla decisione più logica possibile sul caso concreto. L'accertamento dei requisiti riguarda il momento della presentazione della domanda ma anche la fase nella quale i prefetti relazionano al comitato sulla domanda stessa. Quanto al problema dell'accertamento del nesso di causalità - opportunamente sollevato dall'onorevole Grasso - nella direttiva in corso di elaborazione e che, come ho detto poc'anzi, sarà diramata ai prefetti, sono contenute indicazioni specificamente riferite a questo aspetto. Si è capito che molto spesso le pratiche non sono andate avanti proprio a causa delle incertezze sorte sul nesso di causalità. Pertanto, si è chiarito che non bisogna attendere i risultati dell'accertamento giudiziario perché, se così fosse, non potrebbe essere accolta alcuna domanda. La procedura, in sostanza, è sganciata dal momento dell'accertamento giudiziario e la si àncora alle ipotesi in cui non risulti infondata la prospettazione del fatto estorsivo oppure a quella in cui non si ravvisino elementi che inducano a considerare fraudolenta la condotta di chi presenta la domanda. LUIGI RAMPONI. Insomma, fino a prova contraria. GIORGIO MUSIO, Commissario straordinario del Governo per il coordinamento delle misure antiracket. Esatto. Quanto alla responsabilità dell'accertamento, se si intende riferire quest'ultimo al prefetto, sarebbe necessaria una modifica della legislazione. L'onorevole Grasso ha proposto di attribuire competenza al commissario antiracket, come figura straordinaria. Non voglio tirarmi indietro, ma ritengo che la conoscenza dei fatti nel loro insieme - porto la mia esperienza recente di prefetto di Palermo - è del prefetto del luogo, che ha un contatto diretto con la magistratura e con le forze di polizia che il commissario straordinario non ha. Non voglio sottrarmi a nuovi compiti, ma credo che questo aspetto vada chiarito. Ha anche parlato dei casi di Lecce, cioè di persone che hanno subito estorsioni e che non sono state ammesse ai contributi previsti dalla legge. Sto per proporre - colgo l'occasione per informarne la Commissione - che si facciano retroagire gli effetti della legge perlomeno al 1^ gennaio 1991. Ho fatto un accertamento per capire quanti casi fossero restati fuori dai benefici ed è risultato che ve ne sono uno a Lecce e due in Sicilia. Il movimento antiestorsione nasce anche sulla spinta emotiva di vicende che si sono verificate prima dell'entrata in vigore della legge. Ritengo perciò che sia opportuna una manifestazione di solidarietà da parte delle istituzioni e dello Stato nel suo complesso, ammettendo questi soggetti ai benefici anche se ad oggi non hanno ottenuto il riconoscimento. Inoltre, ho potuto Pagina 747 constatare che per un commerciante di un paese nei pressi di Brindisi si è verificato un caso particolare. Egli diligentemente non aveva presentato domanda perché non sapeva con certezza se si trattasse di un fatto doloso di natura estorsiva; però, una volta accertata giudizialmente la dolosità dell'evento, non è stato ammesso al beneficio perché la legge prevede 120 giorni dalla data dell'evento stesso. Sembrerebbe opportuno far decorrere la data dall'accertamento giudiziario, altrimenti resterebbero fuori categorie benemerite verso le quali lo Stato dovrebbe dimostrare solidarietà. Ritengo che, nel corso dell'esame della legge contro l'usura, potrebbero essere presentati emendamenti per risolvere tali questioni. Per quanto concerne la gestione del fondo antiusura, ho già avuto modo di dire (come il presidente ricorderà) che se non si stabiliscono "paletti" precisi relativi ai requisiti per essere ammessi a godere delle provvidenze di questo fondo c'è il rischio addirittura che la criminalità organizzata possa inserirsi, in collusione con presunte vittime, e che i soldi del fondo vadano a suo beneficio. Mi richiamo perciò ad una proposta dell'onorevole Grasso, da me sempre condivisa, per cui chi presenta la domanda deve dimostrare innanzitutto di avere un piano di gestione finanziaria della sua impresa tale da dirimere qualsiasi dubbio sulla bontà del destinatario; inoltre, devono essere individuate altre condizioni per cui, al momento dell'esame della domanda, siano impossibili eventuali inserimenti fraudolenti. Indubbiamente posso svolgere verso gli enti, come del resto sto facendo, una funzione di stimolo e di sollecitazione, che produce effetti, perché è difficile sottrarsi alle sollecitazioni. Forse, non sarebbe fuori luogo enucleare i casi ancora "in sofferenza" - una decisione sui quali potrebbe avere un significato positivo in termini di credibilità delle istituzioni - sui quali concentrare l'attenzione. LUIGI RAMPONI. Cosa può dirci sulla questione della pubblicità in materia? GIORGIO MUSIO, Commissario straordinario del Governo per il coordinamento delle misure antiracket. Ho già preso contatti con il dipartimento informazione della Presidenza del Consiglio, perché indubbiamente, nei confronti dell'estorsione ma soprattutto nei confronti dell'usura, un reato la cui diffusione preoccupa tutti, occorre svolgere un'opera di informazione che valga a far comprendere i rischi del ricorso al prestito usuraio. Molta gente attualmente sottoscrive un interesse del 10 per cento mensile, dimenticando che con la capitalizzazione degli interessi il tasso diventa del 170-180 annuo. Inoltre, si devono anche pubblicizzare al massimo le provvidenze a livello comunitario, statale e regionale che, in qualche modo, potrebbero essere utilizzate dalle medie e piccole imprese per impostare meglio la gestione delle risorse e quindi per evitare il ricorso agli usurai. Considero quest'opera di pubblicizzazione e di prevenzione, che è assolutamente indispensabile, uno dei miei compiti, oltre a quello di proporre modifiche (o quant'altro possa servire a migliorare la normativa) e alla sollecitazione del sistema bancario. Quest'ultimo, infatti, dovrebbe dare aiuti più consistenti rispetto a quanto fa al momento. E' vero che le banche, dovendo amministrare i soldi dei depositanti, hanno regole di gestione interna e sono vincolate nella determinazione dei tassi di interesse a problemi di politica economica che trascendono le banche stesse. Però il dato di fatto che ritengo di dover far presente in questa sede, avendo avuto la possibilità di contattare associazioni di categoria, esponenti del mondo bancario, Banca d'Italia e quanti stanno studiando il problema dell'usura, è che oggi ci troviamo di fronte ad un fenomeno di dimensioni economiche spaventoso. Il grado di deterioramento del tessuto socio-economico è notevole, non è un puro fatto di Pagina 748 moda. Dai contatti che ho avuto a Bari, Napoli, Brindisi, Catania e Palermo è emerso che, nelle regioni a rischio, la recessione economica, la stretta creditizia, il venir meno di contribuzioni statali hanno creato difficoltà enormi per cui si è verificato il ricorso al prestito usuraio. Questo fenomeno ha già determinato effetti nefasti nel momento in cui si è verificato un vero e proprio spossessamento di beni immobili dell'imprenditoria da parte dell'economia illegale, ma dobbiamo mettere in conto gli altri danni che deriveranno dai prestiti usurai già assunti, che le persone non bancabili non saranno in grado di fronteggiare. PRESIDENTE. Esistono dati esatti relativi a tale fenomeno? GIORGIO MUSIO, Commissario straordinario del Governo per il coordinamento delle misure antiracket. Esistono dati che provengono da più parti. Il 22 dicembre la BNL e la Doxa presenteranno un documento nel quale viene illustrata l'analisi compiuta nell'ambito della propria clientela, dal quale emergeranno dati precisi sulle tipologie di persone che si sono rivolte agli usurai e le diverse esigenze; si tratta di un mondo variopinto che comprende persone che si sono trovate in difficoltà e persone che hanno fatto ricorso all'usura per scopi voluttuari, non degni di considerazione. Inoltre, nel mondo degli usurai esistono persone e società, nonché individui che si sono dedicati a quest'attività solo da poco e che sono insospettabili. Il fenomeno deve essere seguito perché è estremamente preoccupante. GIROLAMO TRIPODI. Quando il Parlamento ha approvato la legge si è posto due obiettivi. Il primo era quello di aiutare gli operatori economici, gli artigiani, i commercianti e i cittadini colpiti dall'azione mafiosa a fini estorsivi. Il secondo obiettivo era di stimolare una collaborazione alla lotta contro la mafia e le organizzazioni criminali di ogni tipo. Pensavamo così di aver creato uno strumento moderno per rompere lo stato di omertà esistente in molte zone del paese: non esistendo incentivi dello Stato, i cittadini colpiti non denunciavano alle autorità competenti gli attentati, gli atti intimidatori e le minacce subite. In alcune zone dove avvenivano attentati dinamitardi, tagli di piante e danneggiamenti ad attrezzature industriali, non venivano avanzate denunce, perché chi riceveva le angherie doveva sottostare a queste intimidazioni e poi arrivare ad un accordo. Questo è stato uno degli elementi che hanno determinato il rafforzamento del potere criminale in alcune zone e quindi la sua possibilità di controllo del territorio. Il racket, così come le tangenti, è uno dei canali attraverso i quali la mafia svolge la sua attività delittuosa e quindi colpisce i cittadini, imponendo la sua prepotenza sulla società. I due obiettivi non sono stati raggiunti e, come diceva l'onorevole Grasso, si sono verificati addirittura dei contraccolpi: se all'inizio erano sorte associazioni antiracket per contrastare il fenomeno mafioso, man mano la tendenza si è invertita. Recentemente si è verificato un fatto preoccupante: a Taurianova volevano fare come a Cittanova, dove i commercianti si erano ribellati e avevano denunciato i nemici della loro attività, cioè le cosche mafiose, e in particolare i Facchineri (cioè quelli delle vacche sacre), uno dei quali giorni fa è sfuggito alla cattura ed è latitante. A Taurianova hanno tentato in questi giorni di fare la stessa cosa, però, nell'incertezza della copertura dello Stato, prima hanno denunciato e poi sono tornati indietro, prima hanno costituito un'associazione e poi ci hanno rinunciato. Si è così indebolita un'iniziativa che avrebbe potuto portare a grandi risultati. Mi rendo conto che il problema è complesso e che non possiamo risolverlo qui adesso, signor prefetto, però è evidente che non si riuscirà a proseguire in questa azione se la procedura prevista consentirà ritardi e cavilli e se non ci saranno finanziamenti Pagina 749 adeguati. Se si vuole veramente contribuire alla lotta alla mafia, è necessario compiere un salto di qualità. Conosco un imprenditore di Scalea che ha avuto il coraggio di rifiutare il pagamento di tangenti alla mafia: ha denunziato il fatto alle forze di polizia fornendo anche indicazioni sui nomi, ed io stesso mi sono interessato della vicenda presso il questore. Egli ha presentato richiesta di risarcimento perché la sua impresa ha subito più di cento milioni di danni, ma non ha ricevuto nulla. Io stesso mi sono interessato personalmente del caso, ma non ho saputo a chi rivolgermi al Ministero dell'interno. Il dato rilevante è che l'interessato non ha avuto risposta e questo non solo ha deluso lui, ma ha scoraggiato anche altri che avrebbero potuto seguire il suo esempio. Signor prefetto, lei ci ha riferito che molte richieste di risarcimento sono state respinte; vorremmo conoscere i motivi di queste reiezioni. Se qualcuno chiede un risarcimento senza una valida motivazione, è una sorta di estorsore al contrario; ma nei casi in cui c'è stato un attentato, denunziato, che ha fatto seguito ad una richiesta estorsiva, bisogna verificare approfonditamente le ragioni che hanno portato a respingere le richieste di risarcimento. Vorrei poi sapere se, secondo la sua opinione, i fondi messi a disposizioni sono sufficienti. TANO GRASSO. C'è un surplus di 150 miliardi! GIROLAMO TRIPODI. A maggior ragione se i fondi ci sono, vorrei conoscere le ragioni per le quali le domande non sono state accolte. Lei ha parlato di una direttiva volta a definire procedure standard e della possibilità di presentare le domande direttamente ai prefetti. Mi permetto di sollecitarla a formulare una direttiva che sia rigida, ma non eccessivamente dettagliata, altrimenti anch'essa rischia di divenire farraginosa: il problema, infatti, è lo snellimento delle procedure. Il segnale forte che bisogna dare è nel senso della volontà di proteggere chi ha resistito, ha subito danni e ha scelto di collaborare nella lotta alla criminalità organizzata. GIORGIO MUSIO, Commissario straordinario del Governo per il coordinamento delle misure antiracket. Per quanto riguarda le motivazioni della reiezione delle pratiche, è una curiosità che ho voluto togliermi anch'io: non potendo esaminare il contenuto dei singoli fascicoli, ho disposto una verifica per comprendere i motivi di queste reiezioni. Tra le diverse zone del paese, le regioni del sud (Puglia, Calabria, Sicilia, Campania) sono quelle nelle quali è stato presentato il maggior numero di domande; purtroppo ho anche dovuto constatare che riguarda queste zone anche il maggior numero di reiezioni. Il motivo della maggior parte dei rifiuti è di merito: il comitato, cioè, non ha riconosciuto la sussistenza dei requisiti per proporre l'accettazione della domanda. Se volesse una risposta più precisa, sarebbe necessario un esame ulteriore che richiederebbe tempo. Comunque si tratta in maggioranza di motivi di merito; le richieste respinte perché riguardanti fatti anteriori o perché le domande sono state presentate fuori dai termini costituiscono una parte trascurabile. GIROLAMO TRIPODI. Si potrebbero evitare queste perdite di tempo. GIORGIO MUSIO, Commissario straordinario del Governo per il coordinamento delle misure antiracket. Sì, i rifiuti conseguenti a questo tipo di motivazione si potrebbero evitare attribuendo direttamente ai prefetti il compito di vagliare i requisiti. La direttiva di cui ho parlato è volta proprio ad un miglioramento dell'istruttoria di queste domande, ottenuto fornendo agli interessati un'assistenza relativamente ai contenuti della domanda (data, natura del fatto, rapporti di causalità, ammontare del Pagina 750 danno, esistenza o meno di polizze assicurative, sussistenza di presupposti) e riguarda anche i contenuti del rapporto del prefetto. La direttiva si limita a ricordare le disposizioni di legge in materia e, soprattutto, richiama l'attenzione sul fatto che nel rapporto devono essere presenti determinati elementi, altrimenti l'istanza non può essere valutata dal comitato. Non è, dunque, un appesantimento burocratico, ma la volontà del comitato (perché la direttiva deriva da un'iniziativa del comitato stesso e della Presidenza del Consiglio) di evitare una corrispondenza inutile. PRESIDENTE. Ringraziamo il prefetto Musio per la sua disponibilità. La seduta termina alle 15,40.