Pag. 75 PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE INDICE pag. Esame del programma dei lavori: Violante Luciano, Presidente ............ 79, 81, 82, 84, 86 89, 95, 97, 98 Ayala Giuseppe Maria .................................... 84 Buttitta Antonino ................................... 93, 98 Cabras Paolo ............................................ 89 Cappuzzo Umberto ........................................ 84 D'Amelio Saverio ........................................ 86 Florino Michele ......................................... 86 Frasca Salvatore .................................... 83, 84 Galasso Alfredo ..................................... 87, 98 Matteoli Altero ......................................... 94 Olivo Rosario ........................................... 94 Ricciuti Romeo .................................. 81, 82, 98 Rossi Luigi ............................................. 95 Scotti Vincenzo ......................................... 96 Smuraglia Carlo ..................................... 88, 89 Sorice Vincenzo ......................................... 90 Taradash Marco .......................................... 91 Sui lavori della Commissione: Violante Luciano, Presidente .................... 77, 78, 79 D'Amato Carlo ........................................... 78 Frasca Salvatore ........................................ 77 Fumagalli Carulli Ombretta .............................. 78 Matteoli Altero ......................................... 77 Rapisarda Santi ......................................... 77 Rossi Luigi ............................................. 79 Taradash Marco .......................................... 78 Pag. 76 Pag. 77 La seduta comincia alle 11. (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente). Sui lavori della Commissione. PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Rapisarda. SANTI RAPISARDA. Poiché è stata presentata alla Camera un'interrogazione parlamentare concernente la mia persona, chiedo che venga fatta luce su quanto è stato scritto, che è inesatto e falso. Prego pertanto il presidente e tutta la Commissione di aprire immediatamente un procedimento di indagine sulla mia persona in ordine alle affermazioni contenute nella suddetta interrogazione. ALTERO MATTEOLI. Il collega Rapisarda pone un quesito che lo riguarda personalmente, ma mi domando se ritenga che l'indagine sollecitata debba avvenire alla sua presenza, continuando egli a rimanere membro della Commissione, oppure se intenda autosospendersi, perlomeno fino alla conclusione dell'indagine stessa. Sarebbe infatti la prima volta che un membro indagato - perché egli stesso chiede alla Commissione di fare luce in merito all'interrogazione presentata, che io non ho nemmeno visto e che pertanto non commenterò nel merito - resta in carica in qualità di componente la Commissione. PRESIDENTE. Vorrei innanzitutto precisare che non so se l'interrogazione sia stata ammessa nonché ricordare ai colleghi che, in occasione dell'approvazione del regolamento della Commissione, abbiamo discusso delle eventuali situazioni di incompatibilità. Come tutti ricorderanno, abbiamo approvato un indirizzo in base al quale il presidente della Commissione si riserva, qualora emergano elementi di incompatibilità tra la presenza di un componente e la Commissione stessa, di segnalare tale elemento di incompatibilità al Presidente della Camera o a quello del Senato, a seconda dei casi. Apprezzo il senso delle istituzioni che l'onorevole Rapisarda ha manifestato ponendo per primo tale questione ma, se i colleghi sono d'accordo, non aprirei un dibattito. Sulla base del deliberato della Commissione che ho ricordato, compirò gli opportuni passi, informandone naturalmente la Commissione, e se - come immagino - quella interrogazione risulterà sprovvista di fondamento, ne informerò il Presidente della Camera affinché ne dia comunicazione all'Assemblea. SALVATORE FRASCA. Signor presidente, lei ha già detto quello che intendevo precisare: la Commissione si è data delle norme che, sebbene non siano scritte nel regolamento, credo debbano ugualmente valere come consuetudine. Ci troviamo di fronte ad una semplice interrogazione parlamentare, che potrebbe essere smentita con la presentazione di dozzine di altre interrogazioni; facciamo dunque affidamento sulla sua sensibilità perché faccia luce sul caso. Inoltre, ove si dovessero ravvisare motivi di incompatibilità, il collega Rapisarda saprà come comportarsi. Pag. 78 MARCO TARADASH. Intervengo perché, trattandosi di questioni molto delicate, ritengo che dobbiamo riflettere sulle decisioni da prendere. Signor presidente, lei ha fatto una previsione, cioè che questa interrogazione risulti destituita di fondamento... PRESIDENTE. Lo spero! MARCO TARADASH. L'ha anche previsto, perché ha detto "come immagino". Ritengo che non spetti a noi come Commissione entrare nel merito né delle interrogazioni né delle richieste di autorizzazione a procedere, che sono atti di parte che vanno valutati in quanto tali. Penso che di volta in volta, quando si delinei una situazione di particolare delicatezza per la nostra Commissione, sia nostro dovere intervenire; tuttavia sono convinto che non spetta a noi intervenire su ogni caso. In particolare, penso che la Commissione non dovrebbe in alcun modo occuparsi di questa interrogazione, ma dovrebbe invece proseguire i suoi lavori; diversamente vi è il rischio che si verifichino decine di episodi di questo tipo e che noi rimaniamo bloccati in un continuo "lavaggio" dei nostri panni. PRESIDENTE. Credo comunque che le iniziative non possano essere più di 51, visto il numero dei componenti la Commissione. In questo caso, comunque, è stato il senatore Rapisarda a richiedere, con grande rispetto per le istituzioni, che la Commissione si occupi della questione; pertanto, sulla base di quanto la Commissione ha deliberato, mi assumo la responsabilità di effettuare alcune verifiche e di informarne il Presidente della Camera. Auspico che quella interrogazione risulti infondata ma, se non lo fosse, sarà il senatore Rapisarda a prendere le decisioni del caso. MARCO TARADASH. Non credo che vi sia una delibera della Commissione; vi è un orientamento di massima, che non costituisce una vera e propria deliberazione. CARLO D'AMATO. Ritengo che le norme non scritte possano rientrare tra le regole che la Commissione si può dare partendo da un caso determinato. Al di là delle specifiche competenze della Commissione, vi è una precisa richiesta di un suo componente, il quale chiede in maniera puntuale che sia fatta luce sulla sua posizione, indipendentemente dall'ammissibilità dell'interrogazione da parte della Camera. La notizia contenuta in quel documento, infatti, è stata riportata dall'agenzia di stampa ANSA ed è stata pubblicata da alcuni giornali; non credo che un membro di questa Commissione possa continuare a lavorare serenamente in presenza di un'interrogazione che mette in dubbio la sua onestà, i suoi comportamenti e la sua moralità, privata e pubblica. Ritengo giusto che il collega Rapisarda, ritenendo di avere tutti i requisiti per far parte a pieno titolo di questa Commissione, abbia con grande senso di responsabilità affidato al presidente il compito di svolgere le opportune indagini affinchè si possa pervenire rapidamente ad un chiarimento della situazione. Mi pare che debba valere anche la posizione del singolo che avanza una richiesta, indipendentemente dalle regole di carattere generale che la Commissione si può dare. OMBRETTA FUMAGALLI CARULLI. Signor presidente, ignoro completamente l'oggetto dell'interrogazione e pertanto mi soffermerò soltanto sugli aspetti formali, qualunque sia il contenuto dell'interrogazione. Vorrei sottolineare che siamo di fronte ad una caso che potrebbe costituire un precedente molto delicato: l'interrogazione è un atto politico di parte, che il singolo parlamentare in quanto tale ha il potere - ed addirittura il dovere - di compiere qualora ritenga che debbano essere chiariti determinati elementi dal Parlamento o dal Governo. Non si può trascurare l'esistenza di un intreccio fra l'atto politico, privato e personale del singolo, e la nostra Commissione parlamentare, in particolare la presidenza, che ha l'ultima parola sulla vicenda. Il mio Pag. 79 timore è che nel futuro questo episodio possa costituire un precedente per molti altri casi e che questa Commissione parlamentare si trovi costretta a promuovere inchieste relativamente ai singoli parlamentari. Poiché nel caso specifico è stato l'interessato a sollevare il problema, bene ha fatto il presidente a decidere quanto ha detto; stiamo però attenti a non creare precedenti che possano innescare meccanismi pericolosi. PRESIDENTE. Sono perfettamente d'accordo con la sua preoccupazione, che rispecchia anche quella rappresentata dall'onorevole Taradash. LUIGI ROSSI. Intervengo soprattutto in qualità di giornalista. Le notizie che appaiono sui giornali, e che molto spesso risultano infondate, dovrebbero avere una conclusione. Se - come mi auguro - quanto è stato detto nei confronti dell'onorevole Rapisarda non risponde assolutamente a verità, vista la posizione che la stampa ha assunto, specialmente nei confronti degli organi istituzionali ed in particolare del Parlamento, chiedo che il presidente, dopo aver esperito tutte le indagini del caso, ne dia notizia ai mass media. Ritengo infatti che si debba diffondere esplicitamente l'idea che non si possono attaccare i parlamentari solo ed esclusivamente per farsi réclame. Esame del programma dei lavori. PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'esame del programma dei lavori. L'ufficio di presidenza allargato ai rappresentanti dei gruppi ha concordato su alcune linee di programma che mi accingo ad illustrare e di cui è in distribuzione una sintesi. Il primo punto di riflessione riguarda l'attività della Commissione Chiaromonte, che aveva caratterizzato il suo lavoro sotto due profili: l'analisi delle situazioni concrete (ricordo le indagini su Gela, Catania, Reggio Calabria ed altre città della Calabria e della Puglia, nonché quella su Milano, particolarmente utile); la capacità di iniziativa legislativa, attraverso la definizione di proposte che poi sono diventate quasi tutte leggi dello Stato, essendo state fatte proprie dal Governo (di particolare rilevanza le misure coraggiose sostenute dai ministri Scotti e Martelli, dirompenti rispetto al passato). Una scelta da compiere può essere quella di proseguire il lavoro non concluso dalla precedente Commissione. In questo quadro, emergono alcune questioni particolari. La prima è quella relativa alla funzionalità degli uffici giudiziari in aree particolarmente esposte. Mi viene in mente la situazione di Gela, città nella quale, su istanza della Commissione, fu istituito un tribunale che però non è ancora in grado di funzionare. La seconda questione riguarda il procedimento per l'applicazione delle misure di prevenzione patrimoniale nei confronti di Ciancimino. Il giudizio di primo grado è durato sei mesi e quello di secondo dura da quattro anni e mezzo, con cambi continui di giudici, senza che si riesca ad accertare la verità. Non siamo legittimati a dire quale decisione debba assumere il tribunale, ma quattro anni sono troppi. La Commissione Chiaromonte affrontò la materia ma non riuscì a concluderne l'esame. La terza questione riguarda il problema delle aree particolarmente esposte. Nel corso della precedente legislatura, è stata prestata attenzione ad alcune zone, relativamente alle quali bisogna ora verificare cosa sia cambiato e se occorra ulteriormente insistere. Quanto alle aree non esposte ma nelle quali è in corso un processo di infiltrazione, è necessario attivare argini preventivi prima che il fenomeno dilaghi; ricordo che sotto questo profilo si lavorò per la Basilicata, perché si assisteva a fenomeni di infiltrazioni cospicui. Forse è utile continuare in questa direzione. Quanto a nuove frontiere di attività, l'ufficio di presidenza propone di individuare nella pubblica amministrazione il campo di indagine. Come ho già ricordato, la Commissione Chiaromonte caratterizzò Pag. 80 la propria attività per la sua capacità di iniziativa legislativa. La nostra proposta è di caratterizzare il lavoro di questa Commissione su questo nuovo versante, per individuare come siano applicate le leggi. Noi tutti abbiamo un po' l'abitudine, quando una legge non funziona, di proporne un'altra piuttosto che di individuare gli ostacoli di carattere amministrativo che la prima ha incontrato. Qualcuno ha calcolato che sono circa 113 le leggi in materia di criminalità organizzata emanate negli ultimi undici anni; sono tante e probabilmente qualcuna poteva essere fatta meglio o non essere affatto approvata se si fosse capito perché la precedente non aveva funzionato. D'altra parte, l'attenzione alla pubblica amministrazione è importante perché è attraverso questa (non attraverso la legislazione) che si crea il rapporto Stato-cittadino, e perché la sfiducia nei confronti dello Stato è certamente uno dei fattori che provoca maggiori difficoltà nella lotta contro la mafia. Da questo punto di vista, le proposte sono di verificare l'applicazione delle leggi (sui pentiti, sul riciclaggio, anti-racket, istitutiva della DIA); di studiare la validità dei controlli, se cioè funzionino le sezioni regionali della Corte dei Conti; di verificare l'attività dei comitati regionali di controllo, che in alcune regioni sono oggetto di attenzione giudiziaria; di affrontare il problema dei TAR e dei comitati della pubblica amministrazione presso le prefetture. Dal mancato funzionamento del sistema dei controlli dipende, come i colleghi sanno, la iperpenalizzazione perché il controllo viene spostato sulla giurisdizione penale. In questo modo si rischia, per un verso, di confondere fatti amministrativi con fatti penali e, per un altro, di produrre l'intasamento degli uffici giudiziari penali, che non riescono ad accertare quello che davvero è importante dal punto di vista penalistico. Il terzo aspetto dell'indagine sulla pubblica amministrazione riguarderebbe il monitoraggio di particolari zone. Dovrebbero essere individuate e seguite con particolare attenzione quattro o cinque aree in cui il rischio sia particolarmente rilevante e la situazione di disastro dei meccanismi amministrativi e giudiziali, nonché la presenza di fenomeni criminali, rendano la situazione particolarmente allarmante. Naturalmente, la selezione andrebbe fatta per priorità ed è chiaro che già le priorità sono discriminatorie; certo è che non possiamo verificare tutto il territorio nazionale. In sede di elaborazione di queste linee, un collega della lega nord ha proposto di inserire tra le aree da esaminare anche una zona del nord; sarà la Commissione a decidere se accogliere questa proposta. Colgo l'occasione per fare presente che esistono alcuni fenomeni specifici. Ad esempio, il prefetto di Palermo mi ha segnalato tempo fa il delicato problema di alcuni edifici scolastici, la cui costruzione è terminata ma che non sono ancora utilizzabili, mentre vengono pagati canoni di locazione molto elevati a ditte che speculano sulla situazione. Sono stati segnalati anche lavori pubblici avviati da tempo e mai esauriti, con conseguente enorme spreco di risorse pubbliche. Ricordo poi il problema di Gela, del quale si occupò il comitato guidato dal vicepresidente Cabras: il Governo stanziò 700 milioni finalizzati ad un programma per i bambini ma quel denaro non è stato mai speso, neppure per altri fini. Quanto ai 44 comuni i cui consigli sono stati sciolti per fenomeni di mafia, si segnala da più parti il pericolo che in queste amministrazioni le vecchie leadership, intrecciate a gruppi mafiosi, si ricostituiscano al momento delle elezioni. Vi è poi la questione relativa al modo in cui i commissari hanno amministrato quei comuni; sono giunte denunce sulla loro attività, nel senso che costoro avrebbero amministrato male e farebbero rimpiangere i consigli comunali sciolti. Un'altra importante questione da affrontare riguarda l'impunità. Il nodo cruciale è costituito dall'arresto dei latitanti - dobbiamo registrare con soddisfazione che molti sono stati catturati - ma anche Pag. 81 da una maggiore cooperazione, come rilevato dal Presidente del Consiglio e dal ministro dell'interno, tra le forze di polizia. Registriamo, infatti, non solo una mancanza di coordinamento permanente tra le varie forze, ma anche fenomeni di scollamento tra settori diversi delle stesse forze di polizia. Questo è un lusso che non ci possiamo permettere: 250 mila uomini nelle forze dell'ordine sarebbero in numero sufficiente. ROMEO RICCIUTI. Sono 330 mila. PRESIDENTE. L'Italia è al primo posto nel rapporto tra forze dell'ordine e cittadini, ma al sesto se consideriamo il numero di unità effettivamente impiegate nei compiti di istituto. Al capitolo dell'impunità appartiene il punto relativo al funzionamento del processo penale. Per fortuna è membro di questa Commissione l'onorevole Ombretta Fumagalli, che presiede la Commissione parlamentare per il parere al Governo sulle norme delegate relative al nuovo codice di procedura penale; il suo contributo sarà sicuramente utile a creare una interazione. Nell'ambito del nuovo lavoro che la Commissione deve svolgere, un altro capitolo riguarda le ricchezze, perché il punto di forza della mafia è ormai il possesso e la capacità di movimento di grandi quantità di denaro. Occorre allora dare piena attuazione alle leggi antiriciclaggio. La vicenda della signora pensionata di Mantova che depositava in banca 50-60 milioni alla settimana è emblematica: nessuno si sorprendeva che un'insegnante in pensione disponesse di cifre così ingenti. Ciò significa che la cultura del denaro pulito non è ancora entrata in tutti i gangli del sistema bancario. Esiste poi il problema relativo alle società finanziarie ed alla destinazione dei beni confiscati; a quest'ultimo proposito sono state emanate una serie di leggi su materie che vanno dal fondo anti-racket all'attività degli enti che si occupano del recupero dei tossicodipendenti, leggi che dovrebbero essere valutate nel loro insieme per comprendere meglio la situazione. Quanto al versante internazionale, emergono tre questioni. La prima riguarda il fatto che la mafia è anche una grande struttura internazionale, la cui forza sta nella capacità di movimento sullo scacchiere internazionale, un livello rispetto al quale le forze della legalità trovano ostacolo nelle barriere nazionali. Queste barriere, mentre funzionano per gli istituti della legalità, non impediscono l'attività delle organizzazioni criminali. E' allora necessario che le forze dello Stato raggiungano la stessa velocità di movimento e sarebbe opportuno - ho chiesto all'Ufficio studi una ricerca in tal senso - prendere contatto con gli organismi di altri paesi occidentali (quali gli Stati Uniti, il Canada, l'Australia ed alcuni paesi dell'Europa occidentale) preposti alla lotta alla criminalità organizzata. L'obiettivo dovrebbe essere quello di avviare un lavoro di cooperazione tra Parlamenti per la riduzione e l'abbattimento delle barriere nazionali quando si tratti di lavorare su alcuni fronti. In tal modo il magistrato, l'ufficiale di polizia ovvero l'ispettore bancario di un paese potrebbero stabilire un contatto con i corrispettivi personaggi di un altro paese senza passare attraverso le mediazioni che oggi frenano questo tipo di attività. Sempre sul versante internazionale, una seconda questione riguarda il riciclaggio nei paesi dell'est, che risultano essere un grande serbatoio di investimento. Ad esempio, negli ultimi sei mesi del 1992 ben 1.200 colombiani hanno chiesto il visto di ingresso turistico in Polonia; questa improvvisa passione può essere dettata da interessi culturali ma anche da interessi di altro tipo. Un primo passo da compiere sarebbe quello di accertare quanti italiani siamo stati fermati o arrestati nei paesi dell'est, e per quali reati. In questo quadro, sarà utile che la Commissione, eventualmente attraverso un gruppo di lavoro, prenda contatto con organismi quali il GAFI, il Gruppo Pompidou, Pag. 82 la Commissione anticrimine dell'ONU e gli organismi del Consiglio della Comunità europea che lavorano su questo versante. Infine, vorrei svolgere una considerazione. Potremmo anche riuscire ad abbattere la mafia, ma poi dovremo ricostruire la democrazia; non basta arrestare tutti i mafiosi perché automaticamente questa rinasca. Senza addentrarmi nella vetusta questione se si debba combattere prima sul terreno sociale o su quello giudiziario, poiché ritengo che debbano essere affrontati entrambi, proporrei che la Commissione si occupasse anche dei problemi di carattere sociale; mi riferisco alla scuola, al lavoro, alla non dispersione degli investimenti. In aree in cui la disoccupazione raggiunge il 30 per cento e dove l'evasione dall'obbligo scolastico è talmente elevata da non essere più conteggiata, inevitabilmente si crea quella cultura che favorisce il fenomeno mafioso. Si è anche posto, nella discussione che abbiamo affrontato nell'ufficio di presidenza, il problema relativo al funzionamento del mercato nel Mezzogiorno, dove vi sono forme di monopoli o di oligopoli in mano a gruppi di criminali. Mi riferisco, ad esempio, al mercato del calcestruzzo in alcune aree della Campania, ma vi sono altri settori di questo genere. Credo che una delle funzioni della Commissione, una volta stabilite le priorità, sia quella di individuare, magari con la collaborazione del garante anti-trust, quelle aree del Mezzogiorno dove le regole di mercato siano particolarmente soffocate ed occorra rinvigorire le regole della concorrenza e della competizione. ROMEO RICCIUTI. Per il calcestruzzo bisognerà considerare con attenzione le importazioni illegali di cemento, che vengono effettuate da paesi del nord Africa, dalla Jugoslavia e addirittura anche dalla Grecia. Su questo fenomeno è stata già effettuata un'indagine da parte del Ministero dell'industria. PRESIDENTE. La ringrazio molto: potremmo innanzitutto acquisire questa indagine per capire il fenomeno. Dal punto di vista del metodo l'ufficio di presidenza propone di procedere per priorità, nel senso di non affrontare contemporaneamente tanti argomenti, ma cominciare a sceglierne alcuni e lavorare su di essi. Il quadro è vasto, ma bisogna scegliere le questioni a cui dare la precedenza: quando si esaurirà un fronte, se ne affronterà un altro. L'ufficio di presidenza propone anche di procedere per obiettivi, cioè non tanto con meccanismi procedimentali, quanto cercando di conseguire risultati in relazione alle singole questioni, considerando risultato anche e soprattutto la rimozione dell'ostacolo, se ostacolo si è individuato, o il raggiungimento di un obiettivo, se questo è da raggiungere. Nel corso della riunione dell'ufficio di presidenza, un collega ha individuato un punto che mi pare essenziale dal punto di vista del metodo: affrontare questioni specifiche facendole diventare banco di prova di una volontà politica. In altri termini, se una questione è considerata emblematica, allora su di essa occorre cercare di misurare la capacità della Commissione al fine di ottenere uno specifico risultato. Un altro criterio emerso è quello della massima corresponsabilizzazione di tutti i membri della Commissione: occorre fare in modo che tutti quanti i componenti, in relazione al tempo che hanno a disposizione e alla specifica vocazione di interesse, possano impegnarsi utilmente e consentire alla Commissione di utilizzare il massimo di competenze e di disponibilità possibili. Occorre distinguere nel lavoro della Commissione i momenti di conoscenza e di analisi, che possono partire da audizioni ed altre iniziative tendenti ad avere il quadro della situazione, dai momenti operativi, tendenti a risolvere i problemi segnalati nell'ambito delle nostre competenze. Infine, può essere utile che la Commissione, espressione della rappresentanza parlamentare, non si chiuda solo nel circuito istituzionale ma, come è possibile e fattibile, cerchi di collocarsi Pag. 83 come cerniera fra società civile ed istituzioni, in quanto anche un rinvigorimento della società civile è un aiuto formidabile per la lotta contro la mafia. In questo quadro un maggiore coinvolgimento nella vita amministrativa e culturale del lavoro antimafia forse potrebbe essere utile. Senza pensare a "passerelle", che sono fastidiose e non utili, mi permetto di proporre ai colleghi, una volta che il programma, con tutte le correzioni e modifiche proposte, verrà approvato dalla Commissione, di valutare l'opportunità di presentarlo in singole aree del paese anche diverse da quelle che sono più tradizionalmente aggredite dal fenomeno mafioso. Propongo, in sostanza, di presentare il programma in incontri con rappresentanti della società civile e della cultura, per poter discutere le iniziative da assumere, in generale e in relazione alle singole ragioni e alle singole aspettative. Ringrazio i membri della Commissione per l'attenzione prestata; ora attendo suggerimenti e proposte di modifica. SALVATORE FRASCA. Signor presidente, in linea di massima sono d'accordo con il programma così come è stato da lei formulato ed illustrato. Memore di un'esperienza vissuta nel passato, vorrei che i compiti della Commissione non si dilatassero al punto tale da non farci cogliere gli obiettivi che dobbiamo raggiungere. Dovremmo evitare di divenire una sorta di centro di studi (ce ne sono tanti nel nostro paese!) e di pubblicazione delle risultanze del nostro lavoro. Anche questa Commissione di studi ne ha già fatti tanti e credo che il paese abbia bisogno, semmai, di conoscenze specifiche e della individuazione dei mezzi da utilizzare per raggiungere gli obiettivi della lotta contro la mafia, che sono quelli che ci prefiggiamo. Nell'ambito di questo programma, occorrerebbe operare una certa selezione. I primi aspetti da verificare riguardano, a mio avviso, la collocazione delle forze di polizia sul territorio e, di conseguenza, il modo in cui sta operando la DIA ed i primi risultati da questa ottenuti. Altra questione prioritaria riguarda l'accertamento di come si sta muovendo la magistratura, delle carenze che emergono, degli obiettivi che questa intende cogliere, delle storture che si riscontrano nell'azione giudiziaria nel nostro paese; per poi passare ad affrontare i problemi riguardanti la droga, l'usura ed anche il mondo della politica: tutti intimamente collegati con l'attività antimafia che dobbiamo svolgere. Occorre dunque fare attenzione a non dilatare il nostro lavoro, perché diversamente impiegheremmo tanta energia senza sortire i risultati sperati. Infine, voglio cogliere l'occasione per auspicare che i gruppi di lavoro si costituiscano in maniera tale da utilizzare tutti i membri della Commissione, come giustamente il presidente ha anticipato. Propongo che l'indagine che si svolgerà su uffici giudiziari e forze di polizia, prefettura e questura, nell'ambito delle singole regioni, non sia condotta da deputati e senatori del luogo, per garantire l'obiettività del lavoro. Vedo che, fra gli uffici giudiziari dei quali bisogna immediatamente interessarci, non sono compresi la procura ed il tribunale di Paola. Lei sa, presidente, che il procuratore si è dimesso, due sostituti procuratore sono sotto procedimento penale, un altro ancora è indagato, e tutti sono in polemica tra di loro. Bisognerebbe risolvere questi problemi, che finiscono per coinvolgere il tribunale, che già ha una serie di carenze, come si evince dai rapporti di polizia e dai processi celebrati a carico d noti mafiosi della zona. Concludo affermando che abbiamo bisogno di sentire, dopo il Presidente del Consiglio e il ministro dell'interno, anche quello di grazia e giustizia. Già nel corso dell'audizione del Presidente Amato e del ministro Mancino, si rilevò che avremmo dovuto confrontarci con il ministro di grazia e giustizia. Insisto perché ciò avvenga al più presto, prima ancora di Pag. 84 iniziare a lavorare sulla base del programma predisposto. Infine, siccome è pervenuto un esposto, anzi una relazione, sulla situazione nella quale opera il procuratore della repubblica di Palmi, che come è noto è anche candidato alla superprocura, penso che egli debba essere al più presto ascoltato. Su di lui vi sono anche diverse interrogazioni parlamentari, quindi è bene che la "matassa" di Palmi sia al più presto dipanata. Se il procuratore Cordova fosse soggetto a speculazioni e aggressioni politiche, dovremmo dirlo subito e spianargli la tessera ... UMBERTO CAPPUZZO. La tessera? SALVATORE FRASCA ... la strada - scusate - per diventare super procuratore. Parlavo di tessera forse per un problema inconscio che potrebbe spiegare Freud: ritengo infatti che molti magistrati facciano la loro carriere nelle sedi politiche, anziché in quelle giudiziarie! Chiedo formalmente l'audizione del ministro di grazia e giustizia e quella del procuratore Cordova, preannunciando che rimetterò al presidente le interrogazioni da me presentate in merito al Senato. Non so cosa sia accaduto nella precedente legislatura, ma nella IX questa Commissione curava anche una rassegna stampa, che credo debba essere ripristinata perché può essere molto utile al nostro lavoro. PRESIDENTE. Per quanto riguarda il ministro di grazia e giustizia, devo osservare che è molto facile parlare con il Presidente della Repubblica, facilissimo parlare con il Presidente del Consiglio e con il ministro dell'interno, ma che sto inseguendo il ministro della giustizia da tempo. Avevamo un appuntamento per la giornata di ieri, poi è saltato ed è stato rinviato a non so quando. Vi è una oggettiva difficoltà di comunicare con l'onorevole Martelli, naturalmente per i suoi molteplici impegni. SALVATORE FRASCA. Le divinità non le dobbiamo ammettere, quanto meno io e lei che siamo laici! PRESIDENTE. Quando però uno si autocostituisce in divinità, lei capisce che tutto diventa difficile! GIUSEPPE MARIA AYALA. Debbo innanzitutto e brevissimamente dire, non per piaggeria, ma perché mi ha molto positivamente colpito, che trovo questo programma eccellente: per quella che è la mia esperienza sul fenomeno, mi sembra che non sia stato trascurato nulla. Ho comunque una richiesta da formulare, che non nasce certo dalla voglia di riuscire a trovare una cosa che non c'è, perché l'ufficio di presidenza ha previsto veramente tutto. E' considerato, e non poteva non esserlo, il problema dei rapporti tra mafia e politica. Il tema, come è notorio, è a mio giudizio decisivo. L'indicazione contenuta nel programma è generica, ma dentro questo tipo di indagine si possono mettere molte cose. Per cominciare a lavorare avanzo uno richiesta formale: iniziare queste indagini partendo dal problema elettorale. Esistono delle mappe ben aggiornate, che penso siano redatte da tutte le forze di polizia (mi risulta dai carabinieri, ma sicuramente anche dalla Polizia di Stato), sulla distribuzione territoriale delle sovranità delle famiglie mafiose e, penso, anche di quelle camorristiche. Chiedo che la Commissione antimafia svolga un'indagine, naturalmente non su tutto il territorio del Mezzogiorno ma scegliendo delle priorità in relazione alle aree più a rischio: penso a Palermo e a Napoli, ma possiamo trovarne anche altre. Questa indagine deve avere ad oggetto un'analisi dei flussi elettorali nelle zone in cui si verifica la distribuzione del potere fra le varie famiglie mafiose. In altri termini ed in parole povere, dobbiamo cercare di capire per chi si voti in quelle zone. UMBERTO CAPPUZZO. Signor presidente, chiedo che in premessa venga precisata quale sia la filosofia di fondo di questa Commissione e quali i filoni da privilegiare. Io ho l'esperienza dell'attività svolta dalla Commissione nella passata Pag. 85 legislatura; mi chiedo, dal momento che alcuni parlamentari non erano all'epoca membri della Commissione, se non sia opportuno fare il punto della situazione con riferimento agli obiettivi che abbiamo tentato di raggiungere nella X legislatura, quando si è privilegiato un discorso che definirei per versanti. Si trattava, in particolare, dei versanti relativi rispettivamente alle forze dell'ordine, agli aspetti amministrativi e a quelli giudiziari, nei quali abbiamo conseguito risultati di notevole rilievo, come lei stesso ha ricordato. Mi domando, quindi, se non sia opportuno dedicare alcune sedute alla valutazione di ciò che abbiamo acquisito e di quanto resta ancora da acquisire, soprattutto per verificare che cosa si debba sollecitare sul piano legislativo, amministrativo e operativo, anche al fine di effettuare quel controllo di cui lei stesso parlò qualche tempo fa. D'altra parte, dobbiamo procedere attraverso una sorta di calcolo combinatorio, tenendo conto della provenienza dei membri della Commissione da due distinte Assemblee, con i relativi problemi di presenza alle sedute. Ho sollevato tale questione perché, in occasione dell'audizione del Presidente del Consiglio e del ministro dell'interno, noi senatori non abbiamo avuto la possibilità di intervenire nel dibattito, come sarebbe stato nostro dovere. Mi chiedo, pertanto, se non sia opportuno, pur senza prevedere la presenza dei due suddetti responsabili di Governo, continuare il dibattito iniziato nel corso della loro audizione. Il Presidente del Consiglio, infatti, rese dichiarazioni estremamente interessanti anche con riferimento ad un nostro intervento in sede di riforma delle istituzioni al fine di valutare la conciliabilità di determinate scelte. Chiedo quindi al presidente di consentire a coloro che non hanno avuto la possibilità di intervenire in quella sede di prendere la parola sulle dichiarazioni rese nel corso dell'audizione, anche al fine di formulare proposte. Per quanto riguarda il programma dei lavori, ritengo che esso sia completo, ma ho il timore che si presenti piuttosto frammentato. Mi chiedo, pertanto, se non sia possibile "raccogliere" tutto questo, come abbiamo tentato di fare nella scorsa legislatura. Altrimenti, facendo riferimento a casi concreti che possono riguardare, di volta in volta, Vibo Valentia, Palmi, Palermo o Gela, si rischierebbe di perdere la visione di insieme. Si potrebbe distribuire una specie di questionario in cui ognuno di noi inserisca gli argomenti che vorrebbe vedere sviluppati, anche alla luce delle ottime indicazioni contenute nel programma, oppure prevedere un altro sistema per effettuare una sorta di censimento delle nostre aspettative. Ho letto, tra l'altro, la lettera del senatore Calvi, in cui vengono avanzate proposte meritevoli di attenzione in particolare circa la suddivisione futura del lavoro per categorie. Alla luce di ciò, mi domando se non sia utile ipotizzare un'articolazione dell'attività attraverso gruppi di lavoro. Condivido, inoltre, le indicazioni del senatore Frasca e dell'onorevole Ayala con riferimento al problema elettorale. Desidero soltanto osservare che al termine della scorsa legislatura, in fase di compilazione della relazione finale, io stesso sottolineai come valesse la pena portare avanti un'indagine sulle spese elettorali. Insistetti anche affinché la Commissione, nell'occuparsi della lotta contro la mafia, tenesse conto anche dell'aspetto sociale. Al riguardo, vi è nel programma qualche indicazione relativa alle scuole, al degrado cittadino ed alle opere incompiute. Questi temi, comunque, vanno inseriti in un contesto unitario affinché le questioni relative all'impiego delle forze dell'ordine, alla validità dell'aspetto legislativo, agli interventi in sede amministrativa da parte dei titolari dei ministeri, unitamente all'aspetto sociale, consentano alla nostra Commissione di svolgere un ruolo propositivo anche in settori che finora sono stati esclusi. Pag. 86 SAVERIO D'AMELIO. Pur volendo evitare nocive ripetizioni, desidero anch'io sottolineare che lo spettro degli argomenti da trattare sottoposto alla nostra attenzione è ampio e va accettato, anche se - lo dico con franchezza - esiste il rischio di una polverizzazione della nostra azione che dovrebbe essere, a mio avviso, più mirata. Ritengo che negli ultimi decenni il Parlamento abbia acquisito il merito di assicurare, anche attraverso la costituzione della Commissione antimafia, la continuità di un'azione di indagine e di conoscenza che la nostra Commissione ha svolto molto bene nel passato. Sono certo che, sotto la regia del presidente, essa opererà altrettanto bene in futuro. Occorre tuttavia che, nel momento in cui si assicura la continuità, venga garantita anche l'efficienza. Di qui nasce la necessità di procedere ad indagini più mirate, per evitare che la Commissione si trasformi in una sorta di accademia o di centro studi in cui si parli di tutto, con obiettivi più o meno mirati, ma nello stesso tempo si polverizzi l'interesse. Nel corso della IX legislatura, cui ha fatto riferimento anche il senatore Frasca, durante la quale ho ricoperto la carica di vicepresidente della Commissione, si adottò un sistema che vorrei fosse ripreso, naturalmente se si riterrà opportuno farlo: mi riferisco all'ipotesi di costituire sottocommissioni o gruppi di lavoro, presieduti ovviamente da colleghi dotati di un'esperienza specifica, al fine di evitare la polverizzazione e di predisporre uno spettro di azione più limitato e quindi più mirato. Naturalmente, la Commissione in sede plenaria dovrebbe approfondire il lavoro compiuto dalle sottocommissioni. In conclusione, desidero anch'io sottolineare la priorità assoluta, prima di avviare nel concreto i nostri lavori, della necessità di ascoltare il ministro di grazia e giustizia. PRESIDENTE. Spero che il ministro di grazia e giustizia risponda ai nostri appelli. MICHELE FLORINO. Pur concordando con il programma dei lavori prospettato, desidero aggiungere qualcosa con specifico riferimento ai lavori della nostra Commissione, senza quindi voler fare - come hanno detto alcuni colleghi - dell'accademia. Entrando nel merito dei problemi, considerata anche la presenza di autorevoli ex rappresentanti della giustizia che sono stati in prima linea nella lotta alla mafia, ritengo che si debba portare avanti un'analisi delle questioni al fine di colpire la mafia, se veramente la si vuole colpire. Vi sono regioni ormai letteralmente in preda alla delinquenza comune, come risulta anche dai rapporti dell'Alto commissario per la lotta alla mafia, nelle quali "lo Stato è un infiltrato" (così affermò Sica). Esiste, per così dire, una metastasi diffusa a tal punto che occorre intervenire per tentare di guarirla; è noto, tuttavia, che il cancro non si cura se non attraverso un miracolo. Dovremmo, infatti, puntare la nostra attenzione sull'impero economico che si è esteso nelle regioni ad alta densità mafiosa e che non consente più alcun intervento da parte dello Stato, poiché nel momento in cui si interviene crolla la stessa economia dello Stato. Lo abbiamo potuto constatare in questi giorni con il caso dei sequestri e di varie vicende, che alla fine si risolvono generalmente con un nulla di fatto, ossia con il dissequestro dei beni, perché chi si muove in quelle direzioni ha potenzialmente alle spalle una forza, garantita tra l'altro da fiscalisti e avvocati, che consente un arricchimento illecito. Considerata questa prima definizione che do di area a rischio, indicandola come una zona incancrenita dalla mafia dilagante e con poche residue speranze, mi auguro che la nostra Commissione contribuisca a risolvere i problemi e rivolga la sua attenzione anche agli orrendi episodi delittuosi di Capaci e di via D'Amelio, visto che la magistratura non ha compiuto finora passi in avanti. Invito, inoltre, il presidente e la Commissione a guardare all'altra parte del paese, quella che si ritiene fuori dalla Pag. 87 mischia. Lei, signor presidente, ha fatto riferimento poc'anzi alla Basilicata: esistono tuttavia altre regioni a rischio, che sono già state attaccate dalla delinquenza comune. Desidero citare una delle tante, che sembra tranquilla, un posto in cui ognuno sogna di andare a riposare: Siena. Vorrei sapere per quale motivo in quella città e nei suoi dintorni società finanziarie, anche straniere, acquistino cascinali e terreni, come lo stesso prefetto ha scritto in un rapporto. Non mi fermerei, quindi, all'individuazione, ormai chiara, di una mafia presente, ma terrei conto dell'esigenza di bloccare l'infiltrazione nel resto del paese. Lei sa, poiché era componente di questa Commissione, che vi è stata una brillantissima relazione sulla questione milanese. Non dobbiamo però dimenticare tutte le altre regioni a rischio. Analogamente, sono d'accordo con l'onorevole Ayala nel momento in cui parla del rapporto tra mafia e politica esteso al problema elettorale. Tale aspetto riguarda non soltanto la ricerca dei voti, ma anche le complicità con i camorristi ed i mafiosi che consentono di avvalersi del potere di queste famiglie per ricevere voti. Ho inviato al presidente una nota relativa a tre casi specifici, per chiarire la mia prima richiesta avanzata il 7 ottobre scorso: mi riferisco al camorrista Stolder, arrestato a Roma, al capo della camorra napoletana, Ciro Mariano, anch'egli arrestato, ed al carteggio che aveva con sé, nonché al dottor Crispino, il medico manager delle cliniche private napoletane. Se siamo pronti ad agire, se non proprio di concerto, almeno "aggredendo" gli uffici giudiziari che non si muovono, potremmo conoscere molte sfaccettature di una camorra che si presenta identica alla mafia. Infatti, se da qualche nostro intervento riferito alla solida impalcatura antisismica della mafia emergeva l'idea che altre diramazioni collaterali, come la camorra e la 'ndrangheta, non dessero le stesse preoccupazioni si trattava di un errore, dal momento che la camorra ha assunto la stessa fisionomia, gli stessi atteggiamenti, procedure e sistemi della mafia. Inizialmente essa si è indirizzata nei quartieri napoletani, dove i capi clan facevano il bello e il cattivo tempo; ma oggi vi è una regia che parte da una strategia - proveniente da un potere politico che cerca di inserirsi - che ha assunto i connotati di una vera forza mafiosa difficile da smantellare. Oltre che del quadro preoccupante presente in queste regioni, si deve tenere conto dell'infiltrazione nelle aree non esposte. Invito quindi la Commissione a guardare soprattutto al nord. ALFREDO GALASSO. Credo anch'io che quello predisposto sia un'ottimo programma. Se devo essere sincero, però, penso che aver unificato i vari punti emersi dalla discussione - come in qualche misura era doveroso - abbia fatto perdere quella linea e compattezza del programma, almeno nella lettura, che il presidente aveva enunciato nel corso dei lavori dell'ufficio di presidenza allargato. Un suggerimento semplice e pratico da parte mia è quindi quello di rivedere il programma dei lavori, riaccorpandolo e risistemandolo al fine di delineare quello che dovrebbe essere il percorso di questa Commissione. E' naturale che mettendo insieme tanti temi si abbia poi la sensazione, come qualche collega ha già rilevato, di una frammentazione. Affrontato questo, che non mi pare comunque l'aspetto più significativo ed importante da sottolineare, vorrei svolgere due considerazioni di carattere generale. L'audizione del Presidente del Consiglio e del ministro dell'interno mi ha lasciato una sensazione di profonda insoddisfazione, non tanto su punti specifici, quanto proprio sull'idea, sulla concezione di quella che debba essere oggi l'azione di contrasto nei confronti della mafia. Ciò mi induce a porre in questa sede una questione di fondo, peraltro già emersa nei primi interventi, vale a dire la necessità di un approfondimento sulla fase che stiamo attraversando in questo momento drammatico. Tale approfondimento mi pare richieda una maggiore conoscenza, anche se non una discussione Pag. 88 di carattere politico o sociologico, degli elementi e dei dati, a cominciare dalle ultime, tragiche vicende dalle quali credo si debba necessariamente partire: mi riferisco ai delitti di Salvo Lima, Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e Ignazio Salvo. L'approfondimento delle conoscenze di questi fatti serve ad avere un orientamento più preciso ed aggiornato del fenomeno. Credo sia questa l'esigenza prioritaria. La seconda osservazione sui punti del programma, che condivido, concerne la necessità che l'azione di contrasto non sia più soltanto a ridosso, a rimorchio, comunque a sostegno dell'azione giudiziaria, quanto ad ampio raggio, dovendo riguardare, come minimo, l'intero arco del sistema dei controlli, non soltanto quello giudiziario. Questa è una necessità che ribadiamo da anni ma che non ha trovato una piena attuazione. Noi ragioniamo, come è giusto, in termini di sistema di potere mafioso, piuttosto che di pura e semplice organizzazione criminale, ma allora dobbiamo anche indicare alcune priorità nell'intervento, senza perdere di vista il punto di attacco. Credo, per esempio, che dovremo fare uno sforzo, forse già nella definizione del programma, analogo a quello compiuto per il recupero dei lavori della precedente Commissione. La funzionalità degli uffici giudiziari, le aree esposte, la questione Ciancimino (piuttosto emblematica) rappresentano già un ordine di priorità, non soltanto un criterio pratico di recupero del lavoro svolto. Probabilmente, dovremmo prevedere analoghe priorità. Se l'analisi aggiornata di questo fenomeno, per esempio, porta, nei limiti in cui possiamo farla, a ritenere che vi sia - come credo - un versante internazionale particolarmente importante e pericoloso in questa fase, un ordine di priorità dovrebbe prevederlo al primo punto. All'interno di ciascun settore, dalla pubblica amministrazione alle ricchezze illegali, vi possono essere punti di attacco in quest'azione di contrasto. In sostanza, da un lato farei uno sforzo di approfondimento delle conoscenze, anche attraverso una discussione in questa sede, sulla base di ulteriori elementi circa la natura e l'attuale linea di tendenza del fenomeno; dall'altro configurerei una scala di priorità delle iniziative. Mi pare questo il modo di affrontare correttamente il lavoro sulla base di quello che ritengo - lo ripeto - un ottimo programma. La preoccupazione che avvertiamo in questa fase è di essere indietro rispetto alla dinamica dei fatti. Non vorrei, cioè, che per attuare una serie di iniziative sulla base di una conoscenza compiuta, quale questo fenomeno complesso richiede, arrivassimo tardi rispetto ad una dinamica dei fatti che è rapidissima. La discussione in termini di analisi e la definizione delle priorità servono dunque per stare al passo con questa dinamica velocissima, al fine di svolgere, nei limiti del possibile, una funzione di sostegno politico nei confronti del Parlamento e del Governo, nonché di prevenzione rispetto a vicende tragiche che possono ripetersi. CARLO SMURAGLIA. Credo che i punti che tratterò siano già compresi nel programma dei lavori, anche se enunciati in modo sommario. Mi pare, infatti, che nel programma ci sia veramente tutto, pertanto farò soltanto delle sottolineature, anche al fine di verificare se la mia ipotesi (che si tratti di questioni già inserite nel programma) sia esatta. Concordo sul fatto che la Commissione debba agire anche sul piano sociale ed informativo-culturale; al riguardo mi chiedo se attraverso la voce "Ministero pubblica istruzione", al secondo punto della quale è stato inserito il termine "educazione", ci si proponga di creare un rapporto permanente per la formazione culturale in materia di mafia. In particolare, vorrei sapere se questa previsione riguardi un aspetto che considero fondamentale, cioè quello della preparazione degli insegnanti. Anche se vi sono nelle scuole iniziative sporadiche, a volte diffuse, con la presenza di persone che conoscono a fondo questi problemi, la mia esperienza personale mi insegna che Pag. 89 queste iniziative riescono in genere sempre bene, ma riescono benissimo se vi è stato un lavoro preparatorio, preliminare, nei confronti degli insegnanti. Credo sia molto importante che quelle iniziative, già rivolte alla formazione degli insegnanti, siano trasformate in modo organico con l'accordo del Ministero della pubblica istruzione, prevedendo facilitazioni e forme di incentivazione per gli insegnanti e la presenza di un organismo nelle scuole, fondamentale da questo punto di vista. Credo che la realizzazione di tale ipotesi sia importante e la mia sottolineatura è proprio volta a comprendere se essa sia contenuta nel termine "educazione". La seconda osservazione riguarda la funzionalità e i rapporti con il nord. Sono tra coloro che sono convinti che l'attenzione vada posta con molta intensità al nord, per tutte le ragioni già evidenziate ed anche per l'accentuazione che si vuol dare agli aspetti economici, nonché al fatto che la mafia si nutre della possibilità di fare investimenti, scambi e così via. Continuo ad essere del parere che il nord non sia attrezzato per combattere la mafia da questo punto di vista; sono convinto che, né sul piano investigativo né su quello giudiziario, le strutture siano sufficienti. Mi pare se ne sia accorta anche la precedente Commissione parlamentare antimafia quando è andata a Milano, anche se non credo si tratti di un problema solo di quella città. Del resto, il procuratore generale di Milano, nella sua relazione di quest'anno, espone ad un certo punto una sua idea personale sulla presenza della mafia o della criminalità organizzata a Milano. PAOLO CABRAS. Idea un po' minimalista! CARLO SMURAGLIA. Egli aggiunge poi un'osservazione interessante, affermando che, in fondo, null'altro è possibile dire dal momento che si è costretti ad inseguire la quotidianità e l'emergenza. Il procuratore generale di Milano spiega in parte la ragione della minimizzazione. La precedente Commissione ha anche notato, nel corso dei suoi due viaggi, impostazioni diverse date ad indagini investigative e giudiziarie, perché vi è chi ritiene che ci si debba muovere sul territorio e chi invece ritiene ci si debba muovere soprattutto inseguendo il movimento dei capitali. Si era parlato in passato della possibilità di collocare punti di osservazione in settori particolarmente esposti e di altre ipotesi. Vi è quindi un ambito in cui ferve la discussione e nel quale si ha l'impressione che le strutture investigative, organizzative e giudiziarie non siano adeguate a svolgere compiti molto specifici e rilevanti. Va tenuto presente, inoltre, un dato culturale: in alcune città vi è una resistenza a considerarsi possibili soggetti passivi di infiltrazioni mafiose, prova ne è che la relazione della commissione del comune di Milano - bella o brutta che sia - non riesce ad essere discussa nemmeno in consiglio comunale. PRESIDENTE. Tale relazione ci è stata peraltro trasmessa. PAOLO CABRAS. E' vero che non c'è più la commissione antimafia? CARLO SMURAGLIA. Non essendoci un termine di scadenza nella delibera iniziale, ad un certo punto la commissione ha ritenuto che fosse giusto rimettere al consiglio comunale la decisione se proseguire o meno in quella forma o in altre, indicando alcune soluzioni possibili; ad ogni modo, da luglio la situazione è questa. Secondo me ciò dipende anche delle resistenze psicologiche cui mi riferivo poc'anzi; vale a dire, tra i tanti mali non si vuole accettare l'idea che ci sia la mafia. Da questo punto di vista va posta un'attenzione particolare non solo a Milano ma anche Torino, che ha avuto infiltrazioni mafiose con il clan dei catanesi e infiltrazioni calabresi, per cui - ripeto - meriterebbe la stessa attenzione anche per approfondire la situazione complessiva e verificare se le strutture investigative Pag. 90 e quelle giudiziarie siano adeguate a questi compiti. Sarebbe utilissimo che il nord avesse questi due punti di osservazione continuativa della Commissione, volti a fornire un contributo e a verificare l'evolvere del fenomeno rispetto alle indagini e visite precedenti, con accentuazione particolare in questa direzione. Personalmente, non mi interessano tanto i morti per scontri tra bande, che pure a volte ci sono anche nelle strade delle periferie milanesi, quanto quella parte che non emerge mai, cioè il denaro, i movimenti finanziari. Si tratta di un problema delicatissimo che bisogna approfondire e studiare a fondo. Vorrei infine un chiarimento su un aspetto che non ho ben compreso. Per quanto riguarda le modalità di lavoro, concordo perfettamente con il presidente circa la necessità di coinvolgere tutti i componenti la Commissione; vorrei sapere, però, se si pensa di agire collegialmente, con gruppi di lavoro o sottocommissioni. Mi pare un problema meritevole di attenzione sul quale, anche se forse è già stato affrontato, desidererei un chiarimento perché ritengo importante, anche ai fini del coinvolgimento dei singoli, il modo in cui si articola il lavoro della Commissione. VINCENZO SORICE. Sono particolarmente spaventato, pur esprimendo un giudizio positivo, dalla vastità del programma. Da un'analisi generale dei problemi, sono emerse nel corso del dibattito indicazioni positive. Vorrei, tuttavia, cercare di capire come la nostra Commissione dovrà operare perché è proprio sulla sua operatività che dovremmo riflettere almeno in questa prima fase. Non vorrei si passasse, infatti, da un eccesso all'altro; non ho ancora ben capito, prima di tutto, se disponiamo degli strumenti operativi per svolgere tutto questo lavoro. Ho l'impressione, sulla base delle indicazioni contenute nel programma, che saranno necessari strumenti di cui non sono sicuro che si possa disporre. E' stata anche avanzata la preoccupazione che questa diventi una Commissione di studio; se ciò poteva essere valido nel corso delle precedenti legislature, durante le quali sono emerse proposte legislative, dovremmo ora operare invece una sorta di controllo sotto tale profilo. Ho talune perplessità relative all'operatività di questa Commissione e le sue competenze e non vorrei, qualora dovessimo recarci in periferia e collegarci con l'esterno, che ci trovassimo di fronte ad una sorta di conflitto di posizioni tra organi dello Stato. Sulla base dell'esperienza comune, infatti, posso dire che quando si stabilisce un contatto con organi periferici dello Stato ci si imbatte sempre nella tendenza a minimizzare il fenomeno. E' questo un punto essenziale, ma siamo ora in una seconda fase che prevede l'approfondimento e la possibilità di controllare documenti di ufficio. Ciò necessita di un lavoro a monte per definire le nostre competenze. Non vorrei, infatti, che, come componenti della Commissione, ci dividessimo tra legittimisti (coloro che vogliono il rispetto delle leggi) e sostenitore della necessità di travalicare le leggi per andare al cuore del problema. Si tratta di una conflittualità che dobbiamo cercare di eliminare a monte, per evitare che si realizzi anche tra noi quando ci recheremo in periferia. La mia preoccupazione, al di là delle sottocommissioni e delle ommissioni, è che si rende necessaria una metodologia ben chiara per i singoli argomenti: in tal modo potremo effettivamente essere di aiuto all'Esecutivo. In questo momento, infatti, ritengo che la funzione della Commissione sia quella di fornire un sostegno non solo in termini di indirizzo, ma anche di segnalazione per interventi immediati una volta individuate la negatività. Poiché, tuttavia, ci troviamo in un momento delicato di passaggio credo che la definizione preventiva delle metodologie di lavoro da portare all'esterno sia indispensabile per l'inizio dell'attività della Commissione. Una volta chiariti i termini del problema, saremo in grado di fornire veramente un contributo per la lotta alla mafia. Pag. 91 MARCO TARADASH. Apprezzo molto il lavoro svolto, in modo particolare dal presidente, per predisporre un quadro dei compiti che dovremo svolgere. Anche io, come altri colleghi, credo che, partendo da questa base, si debba cercare di focalizzare alcune priorità. Premetto che concordo con la richiesta formulata dal collega Ayala di svolgere un'analisi dei flussi elettorali. Nel rapporto tra mafia e politica, che costituisce una delle componenti principali del nostro lavoro, credo che questa rappresenti un'analisi fondamentale. Sarebbe anche necessario stabilire per tale analisi una data di partenza, che potrebbe essere quella delle elezioni del 1987. In quell'anno ero candidato nelle liste del partito radicale e mi capita ancora di leggere, nei documenti e nei libri, che il pentito Marino Mannoia continua ad affermare che a Palermo il partito radicale ha ricevuto contributi elettorali ed economici dalla mafia in occasione di queste elezioni. Come candidato allora di quel partito, sarei soddisfatto di sapere se ciò sia vero o se, come sono assolutamente convinto, sia il caso di ridimensionare quel tipo di accuse. Poiché tale problema esiste davvero, cominciamo ad analizzarlo a partire dal 1987, con riferimento a Palermo, a Trapani ed alle zone in cui gli spostamenti elettorali si sono verificati, cercando di capire il modo in cui il voto è stato espresso nelle aree a maggiore densità mafiosa. Se una sottovalutazione può essere contenuta nel programma dei lavori essa è relativa alla metodologia e, soprattutto, al problema della narcomafia. Sono tutti convinti che la maggiore fonte di denaro per le organizzazioni criminali sia la droga, ma nel nostro programma rivolgiamo maggiore attenzione a fenomeni di tipo tradizionale piuttosto che alla comprensione di come si stia sviluppando l'organizzazione del traffico di droga. Credo che il compito della Commissione antimafia non sia soltanto quello di investigare sulla mafia come organizzazione tradizionale, ma anche quello di comprendere le sue trasformazioni, nonché l'assimilazione di altre organizzazioni criminali. Dobbiamo cioè guardare al fenomeno mafioso piuttosto che alla mafia con la "M" maiuscola, ed alle organizzazioni criminali che riprendono e sviluppano i meccanismi mafiosi sia all'interno sia al di fuori del nostro paese. La Commissione Chiaromonte si era qualificata soprattutto nel tentativo, tra l'altro ben operato, di razionalizzare la strategia esistente cercando di comprendere quali fossero le carenze della strategia antimafia che prevaleva nella passata legislatura e fornendo indicazioni che spesso sono state seguite e tradotte in leggi. Si trattava di una strategia essenzialmente repressiva che presentava ampie zone d'ombra o veri e propri buchi cui la Commissione Chiaromonte ha cercato di porre rimedio. Anche noi dovremo operare in questo campo, perché è evidente che l'azione di contrasto alla mafia non avviene ancora oggi nel modo in cui dovrebbe. Ma il nostro lavoro non può limitarsi a ciò. Oltre a razionalizzare le strategie esistenti, dovremo fornire al Parlamento ed al Governo indicazioni utili a correggere o superare tali strategie. Poiché la vera espansione del fenomeno mafioso nel mondo è legata al problema della narcomafia, credo che un'analisi della strategia proibizionista sulla droga debba essere al centro del nostro lavoro. Dovremo anche riflettere sulla modifica, sul superamento o sull'abolizione di tale strategia perché sarebbe inutile continuare ad affermare che dobbiamo svuotare il grande mare costituito dalla criminalità, dal riciclaggio e dalla droga se dovessimo scoprire che il motore che alimentiamo serve da un lato a svuotare ma dall'altro a riempire, o a moltiplicare la potenza dei meccanismi criminali e mafiosi. A mio avviso dovremmo innanzitutto porre come obiettivo del nostro lavoro la comprensione del fenomeno della narcomafia e dei suoi intrecci con il preesistente fenomeno mafioso, tenendo conto degli ulteriori sviluppi; quello della narcomafia, infatti, costituisce un momento di passaggio preliminare all'inserimento Pag. 92 nell'economia legale. Nell'economia legale di Siena o della Versilia possono infatti essere presenti organizzazioni mafiose che non si sono mai sporcate con il racket, gli scippi o violenze di altro genere, ma che traggono le loro forze ed energie da queste fonti di reddito. Un secondo aspetto, già sottolineato da altri, è quello dell'analisi dei nuovi insediamenti mafiosi al di fuori delle aree tradizionali: il nord Italia, la Basilicata, Genova, la Versilia e, magari, la Costa azzurra. Ricordo che il sindaco di Mentone solo un mese fa ha chiesto al suo Governo l'introduzione anche in Francia della richiesta del certificato antimafia agli italiani che acquistino abitazioni sulla Costa azzurra (e sono moltissimi), sospettando acquisizioni di origine mafiosa. Sempre nella prospettiva di comprendere in che modo il fenomeno si stia evolvendo e si possa contrastare in termini politici, un terzo punto da approfondire è quello relativo agli extracomunitari. A Genova il 60 per cento degli arresti per traffico di droga riguarda extracomunitari. Quali sono le relazioni tra questi gruppi extracomunitari e le organizzazioni mafiose tradizionali? Quali sono le relazioni con Stati esteri che si inseriscono adesso nel traffico della droga, probabilmente in contatto con organizzazioni mafiose italiane? La Nigeria è attualmente uno dei punti caldi del traffico della droga, anche perché ha accumulato conoscenze tecniche in materia finanziaria, commerciale o di altro genere nel periodo della ricchezza petrolifera ed oggi, non avendo più petrolio, utilizza questo patrimonio per il traffico della droga. Poiché non credo che vi sia possibilità di ingresso nel nostro paese senza un accordo con le organizzazioni mafiose tradizionali, dovremmo riuscire a capire in che misura si siano sviluppati tali collegamenti. A ciò si aggiunge il fatto che il problema degli extraeuropei, anche sulla base delle ragioni espresse poco fa dal presidente Violante, deve costituire una delle principali chiavi di lettura del fenomeno mafioso in Italia e nel mondo. Ritengo che se cominciassimo ad analizzare il fenomeno nelle sue reali dimensioni di crescita troveremmo a quel punto anche la capacità di chiarire meglio le disfunzioni della pubblica amministrazione ed i fenomeni di corruzione collegati all'enorme ricchezza che il traffico di droga consente. Se non faremo ciò, rischieremo di scattare l'ennesima fotografia, naturalmente aggiornata perché il fenomeno mafioso è in continua evoluzione, lasciando però immutata la sostanza delle cose. Il presidente Violante ha auspicato che la Commissione riesca a camminare più rapidamente delle organizzazioni criminali, ma francamente si tratta di un auspicio che non ha mai trovato riscontro nella storia dei rapporti tra "guardie e ladri", perché i ladri corrono sempre più velocemente, soprattutto quando il loro motore è alimentato dal denaro proveniente in parte dal sistema partitocratico, ma in gran parte dal narcotraffico. Invito dunque la Commissione a focalizzare meglio la sua attenzione su questi aspetti. Non possiamo sapere, essere convinti e sentirci dire da tutti i massimi esperti che il traffico della droga rappresenta la principale fonte di arricchimento delle organizzazioni criminali, per poi quasi autocensurarci (come affermava il senatore Smuraglia riferendosi alla resistenza psicologica di alcune città a considerarsi soggetto passivo di possibili infiltrazioni mafiose) in merito all'analisi di questo problema. E' vero che per noi la lotta alla mafia - o, per alcuni, la mafia - è più vicina nei suoi termini politici, di cui vediamo le connessioni nell'operare quotidiano, piuttosto che nella dimensione reale del fenomeno. Dovrebbe dunque essere meglio precisato il nostro compito come Commissione politica che non deve occuparsi soltanto, anche quando è necessario, di fare le "bucce" al Governo, alla magistratura o alla polizia, ma fornire anche una prospettiva per la correzione delle tendenze. Pag. 93 ANTONINO BUTTITTA. Signor presidente, onorevoli colleghi, viviamo sicuramente in anni bui e abbiamo tutti motivo di essere preoccupati. Una delle ragioni della mia preoccupazione si riferisce a quanto qui sta oggi accadendo, cioè al modo in cui la Commissione - penso soprattutto agli assenti - affronta un problema così grave. In passato questa Commissione, sicuramente al di là delle intenzioni dei suoi componenti, ha dato la sensazione di procedere, almeno per certi aspetti, in maniera superficiale e comunque rapsodica; sempre al di là delle intenzioni dei suoi componenti, si è lasciata andare ad un certo sociologismo. Faccio questo mestiere, ma penso che esso possa essere esercitato meglio laddove si è deputati a svolgerlo, cioè nelle università; qui dobbiamo assolvere un ruolo diverso. Rispetto a tutto ciò, ritengo che il progetto delineato dall'ufficio di presidenza sia organico e ritengo, altresì, non solo per stima nei confronti del presidente, dei componenti dell'ufficio di presidenza e della Commissione, che alla fine, grazie al nostro impegno, si potranno conseguire risultati forse non decisivi ma comunque esaustivi rispetto ad alcuni problemi. Certo, si tratta di un progetto che, come ha segnalato giustamente il collega Galasso, va rischematizzato e ritabulato, perché in questo momento costituisce soltanto un elenco di temi; quindi, si pone senz'altro l'esigenza di una razionalizzazione, come pure vi è l'esigenza - ha ragione il collega Ayala - di mirare meglio alcuni dei percorsi indicati dal progetto stesso. Uno di questi è rappresentato dal rapporto tra mafia e politica, da esaminare non in termini generici e confusi ma in maniera da precisare l'ambito in cui ci si deve muovere, che sicuramente è quello dei flussi elettorali. D'altra parte, come afferma ancora il collega Ayala - e anche in questo caso ha ragione - dobbiamo individuare l'ambito non solo tematico ma anche territoriale; infatti, non ha senso svolgere un'indagine su tutti i flussi elettorali del nostro paese o comunque di tutto il sud, occorrendo invece scegliere alcune aree campione - e il collega Ayala le ha indicate - e su di esse promuovere l'indagine. Detto ciò, aggiungo che sono stato favorevolmente colpito dal terzo punto, quello che il presidente ha etichettato come "le ricchezze"; è chiaro infatti ed è evidente che, se si vuole realmente colpire la mafia, è sul suo potere economico che bisogna intervenire. Ciò non solo per motivi di carattere generale che qui non ripeto, perché sono abbastanza ovvi, ma anche perché - ha ragione il collega Taradash - l'essenza del potere economico della mafia è attualmente da riferire ai profitti provenienti dal mercato degli stupefacenti. Si tratta di una materia che dovrà necessariamente e doverosamente essere approfondita dalla nostra Commissione. Per precisare ulteriormente il percorso, a mio giudizio, dobbiamo indagare sul sistema bancario privato e, se occorre, anche su quello pubblico; in particolare chiedo alla Commissione (non conosco la situazione delle altre regioni, conosco quella esistente nella mia, la Sicilia) di indagare sul sistema bancario e finanziario privato siciliano perché, pur non essendo un esperto e pur appartenendo agli uomini della strada - spero non da marciapiede - ho osservato che questo sistema non ha avuto un andamento normale, ma ha conosciuto processi di carattere, diciamo così, sussultorio, che a mio parere meritano di essere chiariti proprio ai fini della determinazione, precisa e non sociologica, del rapporto tra potere mafioso e potere economico. Ritengo che per conseguire questo obiettivo, come pure gli altri delineati nel progetto di massima indicato dalla presidenza, si debba procedere attraverso l'istituzione di sottocommissioni; ritengo altresì necessario elaborare una scala di priorità e cominciare ad indagare sugli aspetti più eclatanti, quelli che noi chiamiamo criminali in senso aperto e scoperto, di questo fenomeno. Come ha affermato il collega Galasso, bisogna indagare Pag. 94 sui più eclatanti delitti che sono avvenuti nella società meridionale in questi ultimi anni. ALTERO MATTEOLI. Signor presidente, anche noi approviamo, in linea di massima, il documento che ci è stato presentato. Vorrei riallacciarmi, visto che nel documento è riportato tra parentesi il mio nome a proposito dell'aspetto relativo ai rapporti tra mafia e politica, a quanto affermato dal collega Ayala. Sono perfettamente d'accordo sul fatto che occorra procedere ad un'analisi dei flussi elettorali, ma essa deve rappresentare a mio giudizio il terminale della nostra indagine; la ragione per cui la mafia poi scelga Tizio anziché Caio si comprende attraverso una serie di rapporti che devono essere tutti sviscerati. Quindi, non ho nulla da eccepire rispetto a quanto affermato dal collega Ayala, ma guai se considerassimo tale aspetto soltanto da questo punto di vista. Non ci sono dubbi sulla necessità di stabilire delle priorità: per quanto riguarda la funzionalità degli uffici giudiziari, è già previsto qualcosa. Abbiamo imparato molto, durante l'incontro avvenuto a Messina con le associazioni antiracket, per quanto riguarda le banche, il riciclaggio, l'usura; il fatto che l'usura sia favorita dal funzionario o dal direttore della banca costituisce un aspetto che deve essere approfondito. A questo proposito, nel corso della riunione dell'ufficio di presidenza allargato discutemmo anche di alcuni tribunali del nord: a Messina abbiamo accertato l'esistenza di questo problema (soprattutto per quanto riguarda Capo d'Orlando) ma al nord si è proceduto ad alcuni arresti proprio per fatti di questo tipo. Cito, perché ognuno di noi evidentemente conosce meglio le zone dalle quali proviene, l'arresto avvenuto in questi giorni in Toscana, di un mafioso legato ad un direttore di banca il quale, attraverso l'usura, ha accumulato grandi proprietà. Ripeto che occorre individuare - non intendo farlo in questa sede, perché molti dei colleghi hanno già dichiarato che la nota di lavoro è già ampia - alcuni tribunali del nord nei confronti dei quali la Commissione dovrà svolgere una serie di indagini; limitarci al sud sarebbe a mio avviso riduttivo. Ho sentito affermare da alcuni colleghi che il lavoro che ci viene prospettato è troppo oneroso per poterlo sviluppare; qualcuno si è anche domandato se abbiamo i necessari strumenti operativi e se, quando ci rechiamo in periferia, si determinino conflitti di competenza. Vorrei essere molto chiaro in ordine a questo aspetto: una Commissione di questo tipo nasce - o per lo meno dovrebbe nascere - soltanto in una situazione di emergenza; che poi in Italia l'emergenza duri da dieci anni, è un altro discorso. Dobbiamo allora dirci francamente se esista o meno la volontà politica di procedere, perché il fatto di chiederci se abbiamo gli strumenti operativi, in una fase in cui ancora non abbiamo iniziato a lavorare, è a mio giudizio molto preoccupante. Gli strumenti operativi dobbiamo anche crearceli all'interno della Commissione, mettendoci a lavorare al di fuori delle tessere di partito che abbiamo in tasca; infatti, la mafia si è sempre arricchita ed ha fatto strada perché è stato in qualche modo coperto il personaggio mafioso fornito di una determinata tessera (non voglio andare a verificare di quale partito). Se dimentichiamo tutto questo e se abbiamo la volontà politica di realizzare ciò che ci siamo proposti, gli strumenti operativi possiamo trovarli strada facendo. I conflitti di competenza - lo dico con franchezza, sono non un giurista ma un politico - non mi preoccupano, se il nostro intento è quello di arrivare ad un risultato. ROSARIO OLIVO. Intervengo brevemente per dichiarare che mi ritrovo nelle proposte formulate dal presidente Violante a nome dell'ufficio di presidenza, proposte che sono state poi approfondite, arricchite e meglio precisate dai colleghi che sono intervenuti molto autorevolmente. Pag. 95 Si delinea quindi un impegno non generico e polverizzato ma efficace e mirato, che risponde all'esigenza del perseguimento di obiettivi concreti. D'altra parte, credo che non possiamo permetterci il lusso di andare a caccia di farfalle mentre siamo circondati dalle belve. Vorrei semplicemente sottolineare molto positivamente - è questa la ragione del mio intervento - la sollecitazione, contenuta nell'introduzione del presidente Violante, ad un impegno pure sul fronte educativo e culturale. Ho apprezzato molto questo allargamento dell'orizzonte della lotta alla mafia; ho sperimentato, anche nella mia attività di amministratore regionale e nel corso di lunghi anni di impegno, quanto questo spazio sia importante e quest'impegno non marginale. Si tratta di un impegno di lotta che ritengo fondamentale soprattutto in alcune zone ed in talune regioni in cui il tessuto sociale è stato devastato dall'attacco e dal contagio mafioso. In queste zone, che sono ampie, occorre un grande impegno, un lavoro di lunga lena per ricostruire la democrazia nelle coscienze; occorre creare nelle nuove generazioni un nuovo atteggiamento culturale, un nuovo modello comportamentale. Abbiamo tutti sottolineato come sia necessario impegnarci nella repressione del fenomeno mafioso. Ma nell'affrontare questa tematica ho avvertito la crisi delle parole, nel senso che, come hanno ben sottolineato molti colleghi, si è fatta molta accademia, tante "passerelle" ma sono stati pochi gli impegni e i risultati concreti. Sono stato quindi molto rimotivato dalle parole del presidente Violante e dalle parole dei colleghi autorevolmente intervenuti, poiché hanno tutti sottolineato la necessità di non sottovalutare il fronte della lotta alla mafia. Da questo punto di vista, riterrei opportuno un incontro della Commissione con il ministro di grazia e giustizia, proprio per sollecitare la predisposizione dei progetti in materia di lotta al fenomeno mafioso, anche se ritengo, basandomi sulla mia esperienza, che tali progetti non esistano: alcune regioni hanno promosso iniziative legislative, e su questo fronte credo di essere il presentatore dell'unica legge approvata nell'Italia meridionale, ma non mi risulta, per esempio, che il Ministero della pubblica istruzione, nonostante i discorsi, gli impegni e le enunciazioni abbia mai presentato un progetto efficace per la lotta alla mafia. E' facile dire al mondo della scuola che bisogna scendere in campo, ma come è possibile farlo se non la si mette nella condizione di svolgere la propria parte? Il senso del mio intervento, quindi, è quello di rivolgere un invito alla Commissione antimafia affinché affronti, con i ministri della pubblica istruzione, dell'università e per gli affari sociali, il tema degli impegni immediati e concreti sul versante della lotta alla mafia, che, per quanto di ampio respiro, considero non certo marginale ma di enorme importanza. PRESIDENTE. La ringrazio molto, onorevole Olivo, perché nel suo intervento ha toccato un tema di particolare rilievo. LUIGI ROSSI. Signor presidente, vorrei, se possibile, che lei fissasse un limite agli interventi. Ciò premesso, dico subito che sarò particolarmente sintetico e che non supererò cinque minuti di tempo. Il primo punto che voglio evidenziare è relativo all'intervento svolto dal ministro dell'interno, senatore Mancino, nel senso che ciò che ho appreso mi porta a ritenere che oggi il dicastero che egli guida funzioni meglio di prima. Tengo a sottolineare che questa affermazione è resa da un membro dell'opposizione. Il secondo punto su cui voglio soffermarmi attiene alla sentenza di un giudice - che voi tutti conoscete - in cui è detto che bisogna abituarsi a convivere con la mafia. Si tratta di un'esternazione che respingo nel modo più assoluto. Ritengo che la sorte della nostra Commissione debba essere diversa da quella toccata alla Commissione antimafia egregiamente presieduta dal senatore Chiaromonte: dobbiamo avanzare proposte e queste devono essere recepite. Pag. 96 Credo che la necessità di attuare una netta distinzione tra criminalità organizzata e criminalità comune sia il punto essenziale sul quale dobbiamo concentrare la nostra attenzione e su cui devono puntare la magistratura, il Governo ed il Parlamento. Poiché ho dinanzi a me sia la bozza della nuova legge antimafia degli Stati Uniti, che si richiama al 1950, sia la legge antimafia che pochi giorni fa abbiamo approvato alla Camera, posso dire che tra le due normative vi sono enormi differenze. Per quanto riguarda il pregevole quadro antiproibizionista dell'onorevole Taradash, credo che questa Commissione non debba interessarsi soltanto del narcotraffico, perché a me risulta, in base a dati ufficiali, che ciò che la mafia incassa con i narcotici è pari ad un terzo di ciò che introita con le tangenti e gli appalti. In merito alla superprocura, ritengo che quest'ultima non possa combattere la mafia, se resta così come è. E' necessario creare un organo di carattere giudiziario che si interessi esclusivamente della criminalità organizzata, lasciando agli altri organi giudiziari il compito di occuparsi della criminalità comune. VINCENZO SCOTTI. Ritengo che allo stato dei nostri lavori la Commissione debba anzituttto considerare prioritarie tre questioni particolarmente gravi. La prima è relativa al rapporto tra mafia e pubblica amministrazione, nel senso di considerare come il funzionamento dei sistemi di controllo all'interno di quest'ultima sia in grado di bloccare o addirittura di facilitare le pressioni o l'ingresso della mafia all'interno della pubblica amministrazione stessa. La seconda questione attiene al rapporto tra droga e riciclaggio di denaro derivante da profitti illeciti, cioè due fenomeni non distinti ma legati tra di loro da un intreccio particolarmente forte e che sono anche pertinenti al problema territoriale considerato prima dal collega Smuraglia. La mia impressione è che su tale questione la nostra riflessione sia ancora debole e che gli strumenti siano ancora inadeguati, nonostante le opzioni di cui possiamo avvalerci e la riflessione internazionale attualmente in atto. La terza questione è relativa agli intrecci tra politica e mafia. Non ho alcuna obiezione ai problemi posti in relazione al voto ma credo che vi siano ulteriori nodi che necessitano di essere indagati e valutati. Ritengo che siamo tutti convinti del mutare dei rapporti tra mafia e politica nel corso degli ultimi anni, cioè del profondo cambiamento qualitativo che si è verificato e che tuttora si sta verificando non solo in Sicilia ma anche a livello internazionale. Tale fenomeno merita senz'altro un'analisi approfondita, e da questo punto di vista mi auguro che aiutino a far luce le risultanze che emergeranno dall'indagine giudiziaria sugli ultimi quattro delitti di mafia (dal delitto Lima a quello di Salvo), anche rispetto ai processi aperti sui delitti commessi in passato e sempre riconducibili ai rapporti tra mafia e politica. Credo sia importante sciogliere questo nodo, anche perché ho l'impressione che a volte ci si limiti a considerare fatti marginali senza entrare nel cuore delle questioni. Ripeto: rivolgerei un'attenzione particolare alle indagini in corso, approfondendo le risultanze che man mano emergeranno. La mia opinione è che le questioni che ho evidenziato dovrebbero essere considerate attentamente tenendo presente che taluni fenomeni potrebbero rivelarsi fuorvianti rispetto alla natura dei rapporti che si sono instaurati o che si stanno instaurando tra mafia e politica, e da questo punto di vista ritengo che sia fondamentale soffermarsi sul funzionamento degli organi dello Stato. L'ultima questione che desidero evidenziare, signor presidente, è relativa al rapporto della Commissione con l'esterno, il quale è delicatissimo, in quanto dobbiamo riuscire a trasmettere all'opinione pubblica anche un messaggio "educativo", inteso quale capacità del sistema di rigenerarsi. Poiché ricordo che nella seduta dell'ultimo ufficio di presidenza il Pag. 97 senatore Cabras evidenziò talune questioni relative proprio al nostro rapporto con l'esterno, credo che nel prosieguo dei nostri lavori esse meritino un approfondimento specifico, in modo tale da far sì che per il paese la Commissione antimafia sia un punto di riferimento reale rispetto alla lotta alla mafia. PRESIDENTE. I colleghi intervenuti hanno espresso il loro consenso sul programma dei lavori della loro Commissione, sia pure ponendo una serie di precisazioni che considero assai utili; in questa sede mi limiterò a rispondere a quelle di particolare importanza, riservandomi sulle altre di formulare un testo sintetico, che terrà conto di tutte le altre osservazioni espresse e che sarà fatto pervenire a tutti i colleghi della Commissione. Non appena mi sarà restituito con le correzioni che questi avranno ritenuto opportuno apportarvi, potremo esaminarle nel corso di una successiva seduta e pervenire ad una conclusione. Anch'io ritengo opportuno ascoltare il ministro di grazia e giustizia ma, ripeto, non è facile parlare con il guardasigilli. Studieremo con gli uffici in quali termini sia possibile predisporre una rassegna stampa, che sarebbe un utile strumento di lavoro. Credo debba essere affrontato il problema elettorale posto dai colleghi Ayala e Galasso, con le precisazioni dell'onorevole Scotti. Quanto alle sottocommissioni, il regolamento prescrive che possano essere costituiti gruppi di lavoro per obiettivi specifici e tempi determinati. Si tratta di un utile strumento di lavoro, purché, naturalmente, non siano organismi permanenti, perché in tal modo ingesserebbero il lavoro della Commissione, che invece deve rifluire tutto nell'assemblea plenaria. L'onorevole Galasso ha opportunamente sottolineato la priorità del versante internazionale. Se parliamo di droga e di riciclaggio, ci troviamo direttamente in quel tipo di problemi cui egli accennava. Sia il senatore Smuraglia sia l'onorevole Olivo hanno sottolineato con forza il problema dell'educazione e formazione permanente di ragazzi e insegnanti. Proprio oggi in ufficio di presidenza abbiamo discusso della possibilità di svolgere un'audizione del ministro Russo Jervolino su questi temi specifici. Alcune associazioni studentesche ci hanno chiesto un incontro per poter utilizzare gli atti della Commissione antimafia nei loro studi. Vedremo quale tipo di incontro svolgere e naturalmente i colleghi interessati potranno parteciparvi. Per quanto riguarda l'attenzione da porre al nord, sono stati citati i casi di Torino e Milano. Potremmo individuare queste due aree come quelle nelle quali concentrare l'attenzione della Commissione antimafia, specialmente sul versante del riciclaggio nel sistema delle società finanziarie. Gli strumenti operativi cui faceva riferimento l'onorevole Sorice sono costituiti innanzitutto dalle strutture dello Stato. D'accordo con i colleghi dell'ufficio di presidenza, si è ritenuto di rinviare l'individuazione dei consulenti e degli strumenti a dopo l'approvazione del programma: solo in relazione ad un certo tipo di programma si potrà operare la scelta dei consulenti. Se, ad esempio, la Commissione ritiene all'unanimità di considerare prioritario il settore amministrativo, bisogna scegliere consulenti funzionali a quel tipo di lavoro. Non abbiamo limiti in questo settore se non, naturalmente, il buon senso, come sempre. Nei prossimi giorni, l'ufficio di presidenza allargato ai capigruppo assumerà, come prescrive il regolamento, il suo orientamento in materia di consulenti, che possono essere part-time o a tempo pieno. Credo che in tal modo si possa disporre di un complesso di strumenti adeguati. L'ufficio di presidenza ha anche chiesto che il nucleo della Guardia di finanza a disposizione delle Commissioni bicamerali, momentaneamente non occupato, venga utilizzato da questa Commissione. Quindi possiamo ricorrere anche a competenze specifiche. Pag. 98 Ringrazio l'onorevole Taradash di aver posto con chiarezza la questione del narcotraffico, che rientra nello schema presentato laddove si parla di riciclaggio, moneta e finanza. E' bene prestare attenzione particolare a questo tipo di problemi. L'onorevole Buttitta ha sollevato il tema del rapporto mafia-politica, in particolare, se non sbaglio, per quanto riguarda Palermo e Napoli. ANTONINO BUTTITTA. Mi richiamavo alla proposta dell'onorevole Ayala, il quale diceva che è inutile fare un'indagine generica. PRESIDENTE. Bisogna capire bene cosa stia succedendo nei rapporti mafia-politica. Sono d'accordo con l'osservazione dell'onorevole Scotti: alcune cose stanno certamente cambiando e gli stessi omicidi Lima e Salvo dimostrano una modifica dei punti di raccordo e di mediazione. Se i colleghi sono d'accordo, potremmo dedicare una prossima seduta della Commissione a riflettere su come impostare un lavoro sui rapporti mafia-politica. ALFREDO GALASSO. Sono d'accordo, purché ciò avvenga nella linea che proponeva l'onorevole Scotti, cioè un aggiornamento della situazione, altrimenti cominciamo dal secolo scorso. PRESIDENTE. Non c'è dubbio. C'è tutto il tempo perché ciascun collega si possa attrezzare per discutere come affrontare tali questioni. Mi pare che la sintesi fatta dall'onorevole Scotti - pubblica amministrazione; droga e riciclaggio; mafia-politica; comunicazioni all'esterno - contenga i canali sui quali lavorare e ai quali dare priorità. ROMEO RICCIUTI. Nell'ambito dell'approfondimento sul versante dell'amministrazione, credo sarebbe molto utile studiare anche una forma di pubblicizzazione dei redditi e dei patrimoni dei vertici dell'amministrazione e anche della magistratura, come avviene per i deputati e per chi fa politica. PRESIDENTE. Certamente. In altri Stati non si può accedere a nessun incarico pubblico di rilievo se non ci si presta ad una sorta di radiografia di questo tipo. Ringrazio molto tutti i colleghi. Prenderò contatto con le Presidenze di Camera e Senato in modo da convocare la prossima seduta della Commissione in una giornata che non interferisca con i lavori dei due rami del Parlamento. La seduta termina alle 13,15.