Pag. 99 AUDIZIONE DEI COMANDANTI ED UFFICIALI DEL GRUPPO INVESTIGATIVO CRIMINALITA' ORGANIZZATA (GICO) DELLA GUARDIA DI FINANZA E DEL RAGGRUPPAMENTO OPERATIVO SPECIALE (ROS) DELL'ARMA DEI CARABINIERI PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE indi DEL VICEPRESIDENTE PAOLO CABRAS INDICE pag. Audizione dei comandanti ed ufficiali del Gruppo investigativo criminalità organizzata (GICO) della Guardia di finanza: Violante Luciano, Presidente ............ 101, 104, 105, 106 107, 108, 109, 110, 111, 112, 114, 115 116, 118, 119, 120, 121, 122, 123 Ayala Giuseppe Maria .............................. 113, 114 Bargone Antonio ........................................ 115 Biondi Alfredo ......................................... 115 Biscardi Luigi ......................................... 116 Borghezio Mario ........................................ 118 Boso Erminio Enzo ...................................... 119 Buttitta Antonino ................................. 118, 122 Cabras Paolo ...................................... 103, 114 D'Amato Carlo .......................................... 117 D'Amelio Saverio .................................. 116, 117 D'Arcadia Gabriele, Comandante del Centro coordinamento attività investigative criminalità organizzata ........................ 106, 107, 109, 110, 111 Ferrara Salute Giovanni ................................ 117 Ferrauto Romano ........................................ 119 Pag. 100 Florino Michele ........................................ 110 Frasca Salvatore ....................................... 110 Galasso Alfredo ................................... 115, 116 Marchetti Ugo, Capo del II reparto operazioni del Comando generale della Guardia di finanza ............................ 101, 103, 104, 105, 106 111, 112, 116, 118, 119, 120, 122, 123 Matteoli Altero .............................. 117, 118, 122 Polo Stefano, Comandante del GICO presso il gruppo regionale di polizia tributaria di Milano ....................................... 110, 111, 112 Riggio Vito ............................................ 116 Rossi Luigi ....................................... 115, 123 Saulle Arcangelo, Comandante del GICO presso il Nucleo regionale di polizia tributaria di Palermo ............................ 107, 108, 109, 110, 114 Taradash Marco .................................... 113, 123 Tripodi Girolamo ....................................... 112 Audizione dei comandanti ed ufficiali del Raggruppamento operativo speciale (ROS) dell'Arma dei carabinieri: Violante Luciano, Presidente ............ 124, 126, 127, 128 131, 132, 133, 135, 136 139, 140, 141, 142, 144, 145 Bargone Antonio ........................................ 131 Biscardi Luigi ......................................... 144 Borghezio Mario ................................... 129, 140 Boso Erminio Enzo .................. 125, 130, 137, 138, 144 Buttitta Antonio .................................. 128, 131 Cabras Paolo ................................. 129, 132, 140 Cappuzzo Umberto .................................. 127, 132 D'Amato Carlo ................................ 132, 141, 143 Ferrara Salute Giovanni ................................ 129 Florino Michele ........................................ 131 Frasca Salvatore ....................................... 126 Galasso Alfredo .............................. 139, 140, 145 Matteoli Altero ......................... 125, 126, 130, 132 135, 136, 138, 141, 142 Mori Mario, Vicecomandante del Raggruppamento operativo speciale dell'Arma dei carabinieri ................... 137, 138, 139, 140, 141, 143 Riggio Vito .................................. 128, 136, 139 Rossi Luigi ............................................ 125 Subranni Antonio, Comandante del Raggruppamento operativo speciale dell'Arma dei carabinieri ............................. 124, 125, 133, 134 135, 136, 141, 142, 144 Taradash Marco ................ 126, 127, 134, 139, 140, 143 Tripodi Girolamo ....................................... 129 Comunicazioni del presidente: Violante Luciano, Presidente ........................... 145 Sui lavori della Commissione: Violante Luciano, Presidente ................. 101, 124, 145 Cabras Paolo ........................................... 124 Matteoli Altero ........................................ 124 Pag. 101 La seduta comincia alle 16,30. (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente). Sui lavori della Commissione. PRESIDENTE. Prima di iniziare le audizioni previste all'ordine del giorno, comunico che hanno manifestato la loro disponibilità ad incontrare la Commissione anche i responsabili del Servizio centrale operativo della polizia e quelli della DIA. Dovremmo, quindi, fissare la data della loro audizione, possibilmente entro la settimana in corso, al fine di non disperdere gli elementi di cui disponiamo. Audizione dei comandanti ed ufficiali del Gruppo investigativo criminalità organizzata (GICO) della Guardia di finanza. PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione dei comandanti ed ufficiali del Gruppo investigativo criminalità organizzata (GICO) della Guardia di finanza. Sono presenti il colonnello Ugo Marchetti, capo del secondo reparto operazioni del comando generale della Guardia di finanza; il colonnello Gabriele D'Arcadia, comandante del Centro di coordinamento dell'attività investigativa sulla criminalità organizzata; il tenente colonnello Arcangelo Saulle, comandante del Gruppo di investigazione sulla criminalità organizzata presso il nucleo regionale di polizia tributaria di Palermo; il tenente colonnello Stefano Polo, comandante del Gruppo di investigazione sulla criminalità organizzata presso il gruppo regionale di polizia tributaria di Milano; il capitano Vecchione, ufficiale addetto all'ufficio operazioni del comando generale. Do la parola al colonnello Marchetti, che illustrerà il lavoro svolto e gli indirizzi investigativi adottati nel settore del crimine organizzato. UGO MARCHETTI, Capo del II reparto operazioni del Comando generale della Guardia di finanza. Desidero innanzitutto ringraziare la Commissione, a nome dell'amministrazione che rappresento, per la convocazione odierna, che ci darà modo di illustrare e di rendere più evidente il nostro lavoro. Nella Guardia di finanza, questa struttura si è costituita già nel novembre 1990, anche di fronte a sollecitazioni della precedente Commissione antimafia la quale, operando sul territorio, aveva constatato la necessità di un maggiore impegno o comunque di una maggiore presenza, anche ordinativa, del Corpo nel settore del crimine organizzato. Per la verità, già allora non mancavano attenzione e interesse, ma erano assenti strutture specifiche. Quindi, secondo una scelta ordinativa propria, si pensò di istituire i Gruppi di investigazione sul crimine organizzato (GICO), caratterizzati da una presenza inizialmente provinciale, che poi diventò regionale per motivi di migliore coordinamento delle indagini. La prima scelta fu quella di collocare tali strutture di investigazione all'interno dei nuclei regionali di polizia tributaria, nel convincimento che lo strumento di investigazione migliore per fenomeni di carattere economico, quali noi intendiamo il crimine organizzato, fosse rappresentato dalla polizia tributaria, in quanto Pag. 102 dotata di potestà di intervento superiori rispetto ad altre strutture ordinative del Corpo e ad altre strutture operative. Le facoltà della polizia tributaria nascono con una legge del 1929, ancora molto efficiente e significativa, che consente potestà di intervento veramente penetranti che, esercitate prevalentemente dai nuclei regionali di polizia tributaria, consentono una più accentuata facoltà di interpretazione del fenomeno mafioso in senso lato sul versante economico. Del resto, all'interno dei nuclei troviamo - o riteniamo di trovare - le professionalità più attente, perché dispongono di personale selezionato. Negli ultimi tempi, purtroppo, può accadere anche che questa selezione venga meno poiché anche da noi la situazione è, se non confusa, certamente difficile di fronte all'emergenza ed alle più diverse pressioni operative. Vi è quindi, non dico un disorientamento ma una necessità di assestamento di fronte a nuove emergenze operative che fino a qualche anno fa non esistevano. Anche presso le nostre strutture è in corso, in questo momento, una generale ricerca di approfondimento e di professionalità, che è più intensa nei nuclei perché da loro pretendiamo di più. Questa fu l'esigenza posta: il ministro delle finanze ed il comandante generale di allora vollero inserire nel contesto del nucleo regionale di polizia tributaria il GICO, in quanto si riteneva di disporre di professionalità migliori, più attente e capaci di interpretare un fenomeno molto complesso dal punto di vista della polizia economica e di difficile aggressione. E' necessario, infatti, innanzitutto capire i movimenti per poi ricercare successivamente dove essi si sviluppino. In precedenza incontravamo grandi difficoltà di accesso nei luoghi in cui normalmente risiedono queste attività e questi flussi finanziari. Il problema consiste quindi innanzitutto nel capire il fenomeno, che indubbiamente esiste, dal momento che le ingenti masse di denaro mosse da determinate forme criminali (il traffico di stupefacenti è la più semplice, ma vi è anche il contrabbando dei tabacchi lavorati esteri) devono evidentemente trovare uno sbocco ed una possibilità di impiego. Normalmente ciò avviene dove l'impiego è possibile: ogni investimento viene effettuato dove è possibile, così come lo stazionamento del denaro, poiché non è pensabile che quest'ultimo avvenga in luoghi che non siano quelli ordinari in cui il denaro viene trattato (nelle banche, presso gli intermediari finanziari ed in tutti gli ambienti in cui il denaro, essendo merce, può essere ottimamente o intelligentemente investito). Per tali ragioni, collocammo il GICO all'interno del nucleo di polizia tributaria, attribuendogli in primo luogo il compito di censire tutti gli intermediari finanziari d'Italia. I nostri GICO avevano allora il monopolio o la primogenitura in questo censimento, dal momento che nessun altro organismo in Italia si trovava in una situazione del genere. Successivamente le cose sono cambiate in virtù della rivoluzione subita dal diritto pubblico e privato dell'economia con l'approvazione della legge con la quale si è previsto, per esempio, un censimento delle società finanziarie, che in precedenza rappresentavano un arcipelago ingestibile ed incontrollabile. Peraltro fino agli anni compresi tra il 1988 e il 1990, la situazione (la Banca d'Italia lo ha sottolineato più volte) è stata veramente paradossale: accanto ad un mondo di imprese che trattavano denaro ed erano ipercontrollate, come le banche, gli istituti di credito e le fiduciarie, vi era una realtà ipocontrollata rappresentata dall'immenso numero di imprese finanziarie che, secondo il censimento che portammo a termine, erano circa 90 mila e potevano trattare denaro con la stessa facilità, anche se evidentemente non con le stesse garanzie, delle banche, pur non essendo sottoposte ad alcun controllo specifico circa la gestione del denaro. Chiedemmo, pertanto, ai nostri GICO in primo luogo di censire tutte le imprese finanziarie. Il risultato è un patrimonio ricchissimo tuttora a disposizione dei Pag. 103 gruppi di investigazione, che ci consente di orientarci in un mondo veramente complesso. Successivamente, chiedemmo ai GICO (alcuni lo stanno ancora facendo poiché l'operazione non è semplice) di censire tutti i percettori di contributi, nazionali e non, oltre un certo limite. Il presupposto è sempre che il denaro rappresenta il veicolo fondamentale di cui deve avvalersi il crimine organizzato: l'illecito va ricercato dove vi è denaro. Pertanto, la contribuzione in senso lato (nazionale e non) e comunque i collettori di disponibilità finanziarie vanno da questo punto di vista controllati. Abbiamo quindi operato, e stiamo ancora attuando, un censimento generale delle contribuzioni finanziarie nazionali e non (quindi anche comunitarie). Si tratta di un'attività molto complessa, perché i soggetti da controllare sono numerosissimi, nell'ordine di centinaia di migliaia. Naturalmente, i più grandi sono pochi, però può essere interessante prendere in considerazione anche i più piccoli, ossia quelli che si aggirano sui 100 milioni di percezione: 100 milioni di lire moltiplicati per 100 milioni di volte producono decine di miliardi. I GICO si stanno muovendo su queste basi operative ed hanno conseguito risultati sufficientemente soddisfacenti. Dico sufficientemente soddisfacenti perché anche noi, seppure operiamo nel campo della polizia fiscale da qualche centinaio di anni, siamo da questo punto di vista alle prime armi. Non credo, infatti, che si possa improvvisare, per esempio, un analista di flussi finanziari, nonostante egli nasca dalla polizia tributaria. Certamente, qualcuno dei nostri uomini è già in grado di condurre questa attività e la svolge, tuttavia non si tratta ancora di un patrimonio generalizzato. Comunque, poiché stiamo lavorando soltanto da circa due anni, ritengo che molti dei nostri uomini siano in condizione di migliorarsi. Vi è poi un'attività che si sviluppa su richiesta delle autorità competenti, prima fra tutte la magistratura, che fa ricorso alla professionalità del Corpo in maniera sempre più frequente. Ciò rappresenta sotto molti aspetti un problema, nel senso che "taglia" spesso i ritmi delle nostre indagini, anche se si tratta di un problema accettato in quanto non si potrebbe fare diversamente. Vi sono poi altre autorità che intervengono sui GICO in piena legittimità; le più interessanti da questo punto di vista sono, in sede provinciale, il prefetto ed il questore, che sono autorità legittimamente competenti a chiedere gli interventi. I prefetti hanno altresì ulteriori possibilità di richiesta di intervento nei confronti dei GICO in virtù dell'"eredità" ricevuta dall'alto commissario: dato che questo organismo scomparirà entro breve tempo, certe sue potestà indubbiamente significative verranno devolute ai prefetti provinciali. Il che moltiplicherà inevitabilmente le possibilità di richiesta di intervento dei prefetti nei confronti della Guardia di finanza. Da questo punto di vista, vorrei dire che, probabilmente, si produrranno non dico dei problemi ma quanto meno delle difficoltà, perché evidentemente il moltiplicarsi delle richieste potrebbe frammentare ulteriormente le indagini. Ma questo fa parte, evidentemente, del nostro lavoro. Sui GICO poi possono agire ed agiscono di fatto i questori. Si tratta di un'altra autorità di pubblica sicurezza, in sede locale, alla quale dobbiamo far fronte. Ci sono poi tutte le richieste locali, interne, provenienti dagli altri comandi del corpo. Per cui tali organismi, pur essendo di istituzione assai recente, sono già adesso fortemente gravati da impegni. Per altro, parte dei GICO, dal 1^ gennaio 1993, sarà devoluta alla DIA. Fino a questo momento è stato stabilito che soltanto una parte dei GICO vada alla DIA. PAOLO CABRAS. Ci può dare delle cifre? UGO MARCHETTI, Capo del II reparto operazioni del Comando generale della Guardia di finanza. Si tratta di 4 ufficiali, 58 sottufficiali e 18 tra appuntati e Pag. 104 finanzieri. Essi costituiscono il 15 per cento della forza attuale dei GICO. Questi ultimi, tuttavia, risultano già impoveriti (sto parlando dal punto di visto della Guardia di finanza): non mi riferisco ad un impoverimento numerico ma ad uno qualitativo. I GICO, infatti, hanno già costituito il serbatoio della DIA, nel senso che quest'ultima, dovendo e potendo evidentemente scegliere i suoi collaboratori, ha scelto molto bene, all'interno dei GICO (relativamente ai suoi interessi), prelevando ottimi elementi. Il mio reparto, considerato di punta all'interno della Guardia di finanza, ha perso due ottimi ufficiali, che continueranno a fare il loro lavoro all'interno della DIA. Sarà senz'altro positivo che la Direzione investigativa antimafia abbia acquisito degli specialisti, ma rimane il fatto che i GICO e la Guardia di finanza li hanno persi. Comunque, quando la DIA sarà pienamente operativa, penso che queste scelte dimostreranno la loro validità, anche perché la DIA, grazie all'eredità dell'alto commissario, acquisirà altre potestà, altre possibilità di intervento, altre capacità di penetrazione del fenomeno. Avendo "l'esclusiva" o comunque una competenza privilegiata in materia di lotta alla mafia, utilizzando al meglio tali risorse potrà effettivamente comprimere - del resto così deve essere, altrimenti verrebbe meno al suo compito - il fenomeno. Dispongo di alcuni dati sui risultati che abbiamo conseguito. Per esempio, in materia di riciclaggio siamo riusciti ad individuare 38 casi, che non sono a mio avviso assolutamente pochi, anche perché il riciclaggio è un reato molto difficile da individuare. PRESIDENTE. Quali sono le tecniche di riciclaggio? UGO MARCHETTI, Capo del II reparto operazioni del Comando generale della Guardia di finanza. Le tecniche di riciclaggio sono diverse, alcune molto banali. La sostituzione fisica non la consideriamo riciclaggio. Proprio stamane abbiamo predisposto un documento sul riciclaggio nel quale abbiamo indicato quattro o cinque casi: la forma più classica è quella del reinvestimento del denaro attraverso "scatole cinesi", con società, finché ciò sarà consentito. E questo, di fatto, non può che essere consentito, perché altrimenti bisognerebbe incidere sul diritto commerciale: il che potrebbe anche essere comprensibile, ma probabilmente verrebbe a confliggere con altri interessi tutelati dall'ordinamento giuridico. Fintanto che sarà possibile far passare i flussi di denaro tramite due o tre società per azioni, a responsabilità limitata o società di capitali in genere, sarà sempre possibile nascondere l'origine illecita del denaro. Ciò avviene normalmente e senza arrivare a forme di complicità con il mondo finanziario, che pure in qualche caso sono state sospettate o fortemente indiziate. Si tratta invece di complicità soprattutto a livello non istituzionale. Per la verità i pochi casi che abbiamo riscontrato finora evidenziano problemi non istituzionali ma soggettivi, ossia strumentalizzazioni, attraverso soggetti, dell'istituto finanziario, normalmente assai di rado dell'istituto di credito. Per quanto riguarda l'istituto di credito, in qualche caso si sono individuate complicità nelle forme di riciclaggio attuato. Si è trattato comunque di un istituto di credito privato: il grande istituto di credito è soprattutto strumentalizzato. Ci troviamo in grosse difficoltà nell'individuare flussi finanziari e monetari illeciti degli intermediari finanziari. L'articolo 3 della legge n. 197 del 1991 stabilisce l'obbligo per il funzionario dell'istituto, o comunque della finanziaria, di segnalare il caso sospetto al questore, all'alto commissario, al nucleo speciale di polizia valutaria. Però la norma è scritta in maniera tale (e forse non poteva essere scritta altrimenti), per cui il sospetto deve essere innanzitutto evidente agli occhi di un tecnico e poi deve essere riferibile ai reati presupposti del reato di riciclaggio, ossia il funzionario deve ritenere che quel flusso finanziario sia proveniente dal commercio della droga. Il che, evidentemente, significa richiedere un salto mor- Pag. 105 tale quanto meno triplo, perché si può avere il sospetto della illeceità della provenienza del denaro, ma che questa sia necessariamente ricollegata al fenomeno degli stupefacenti diventa obiettivamente molto difficile dimostrarlo. Quindi, con molta probabilità, quella norma dovrà essere rivista affinché possa essere efficiente: la sua inefficienza si deduce dalla scarsità del numero dei casi di sospetto segnalati. Al momento, secondo le notizie che mi sono state segnalate dal nucleo speciale di polizia valutaria (le cifre subiscono però ogni giorno degli aggiornamenti), i casi sono 62. Tuttavia, anche se i casi fossero 600 e non 62, sarebbero molto pochi. Personalmente ho avuto il privilegio di partecipare ai lavori preparatori di quella norma, la quale fu scritta evidentemente con altre finalità. Non si può cioè pensare che in Italia vi siano 600 casi si riciclaggio, poiché saranno infatti senz'altro di più. Se la norma ne "esprime" 62, e a titolo di sospetto, evidentemente non funziona. E' comunque difficile concepire un'altra norma, anche se in altri ordinamenti si è cercato di farlo. Per il momento però non pare che vi siano situazioni confortanti. In Inghilterra, per esempio, c'è una norma simile, che si affida non tanto all'obbligo di legge, quanto piuttosto all'atteggiamento diciamo civile dell'operatore del diritto ... PRESIDENTE. Se non ricordo male, il ministro del tesoro ha inviato una casistica molto sofisticata. UGO MARCHETTI, Capo del II reparto operazioni del Comando generale della Guardia di finanza. Il nostro ministro del tesoro? PRESIDENTE. No, quello inglese. UGO MARCHETTI, Capo del II reparto operazioni del Comando generale della Guardia di finanza. In Inghilterra la situazione è alquanto diversa perché un grosso istituto bancario è stato implicato in fatti di riciclaggio. Probabilmente anche noi dovremo intraprendere una strada diversa. C'è poi il sistema americano che, al pari di quello australiano, è talmente "onnipotente" da non essere impiegabile, nel senso che procede alla registrazione di tanti dati da non consentirne una selezione. PRESIDENTE. Come funzionano i sistemi americani e australiano? UGO MARCHETTI, Capo del II reparto operazioni del Comando generale della Guardia di finanza. C'è una segnalazione totale dei dati, all'interno dei quali è possibile selezionare i casi sospetti o ritenuti tali sulla base di un programma informatico. Ho tuttavia l'impressione che si tratti di un sistema ingolfato. Inoltre l'ordinamento giuridico americano è molto differente dal nostro. Il sistema poi è talmente localizzato da risultare di difficile applicazione in Italia. In ogni caso i risultati non sono confortanti. Il sistema australiano funziona invece un po' meglio. PRESIDENTE. Forse perché è basato sul monitoraggio di tutte le operazioni? UGO MARCHETTI, Capo del II reparto operazioni del Comando generale della Guardia di finanza. C'è un monitoraggio di quasi tutte le operazioni, ma si tratta di un paese con 16 milioni di abitanti. Inoltre, le operazioni di banca, anzi le operazioni finanziarie nel loro complesso, sono molte di meno e quindi il sistema risulta più gestibile. Evidentemente, in Italia, il problema si riproporrebbe in termini geometricamente molto diversi. PRESIDENTE. Colonnello Marchetti, quali sono gli indirizzi strategici che avete impartito? UGO MARCHETTI, Capo del II reparto operazioni del Comando generale della Guardia di finanza. Dall'entrata in vigore della Costituzione ad oggi si è verificato Pag. 106 innanzitutto un mutamento del sistema giuridico veramente incredibile. E noi abbiamo registrato le diverse modifiche. In primo luogo è cambiato il regime delle finanziarie, perciò le preoccupazioni che prima erano più evidenti e probabilmente anche più motivate, adesso vengono un po' meno. Conosciamo le finanziarie e sono tutte censite: fino al 22 settembre erano 25 mila e trecento. PRESIDENTE. Ha anche un elenco dei dati riferito alle regioni? UGO MARCHETTI, Capo del II reparto operazioni del Comando generale della Guardia di finanza. Non ancora. Il censimento delle finanziarie lo stanno facendo l'UIC e la CONSOB ed è a questi organismi che abbiamo chiesto i dati. Rimane un mondo esterno a quello delle finanziarie ufficiali, un mondo che comunque può destare delle preoccupazioni. In ogni caso adesso è stata potenziata la possibilità di filtrare le operazioni. Da questo punto di vista siamo dunque più tranquilli. Recentemente è stata cambiata - anche se per motivazioni fiscali, ma penso che questo aspetto abbia comunque la sua importanza - la possibilità di accedere in banca. Ciò ci consente evidentemente di avere uno strumento in più di fronte a certi sospetti che possono nascere sul piano fiscale e svilupparsi sul piano processuale penale. L'indicazione che abbiamo dato ai nostri GICO è quella di applicare al massimo quanto previsto dall'articolo 18 della legge n. 413, che disciplina gli accessi in banca. In questo senso siamo stati peraltro sollecitati dal nostro ministro. Il tutto in un contesto di interventi di natura e con potestà fiscali rivolti particolarmente nei confronti del mondo della intermediazione finanziaria (banche, intermediari finanziari propriamente detti, insomma tutto il mondo che ruota intorno a questa realtà). Sul piano concreto, sul piano cioè processuale penale, stiamo applicando al massimo l'articolo 12-quinquies del decreto n. 356: una normativa, questa, di una potenzialità incredibile per noi ed evidentemente per tutte le forze di polizia. Tale normativa, infatti, consente il sequestro dei beni sproporzionati rispetto alla dichiarazione dei redditi o all'attività esercitata, nei confronti dei soggetti indagati per uno dei reati presupposti del reato di riciclaggio. Si tratta, indubbiamente, di una norma di una grandissima potenzialità che la Guardia di finanza, per quanto riguarda la sua competenza, ha richiesto e sostenuto con motivazioni da anni. Ora tale norma esiste nel nostro ordinamento: essa ci sembra molto funzionale rispetto all'obiettivo del contenimento del fenomeno dell'arricchimento illecito e quindi del fenomeno mafioso. Fino a questo momento essa ha consentito numerosissimi sequestri. L'80 per cento dei motoscafi di altura è stato sottratto al contrabbando. Ciò ci ha permesso di infliggere un colpo non dico determinante ma quasi, nel contrastare queste organizzazioni. Probabilmente verranno adottati altri sistemi: si passerà cioè ad un contrabbando via terra e non per mare, ma intanto viene ristretta la possibilità dell'azione. PRESIDENTE. Colonnello D'Arcadia, intende precisare qualcosa in relazione alla sue specifiche funzioni? GABRIELE D'ARCADIA, Comandante del Centro coordinamento attività investigative criminalità organizzata. Vorrei illustrare brevemente l'organizzazione del centro e la sua collocazione organica nell'ambito della Guardia di finanza. PRESIDENTE. Ci interessa anche il problema del coordinamento con i carabinieri e la polizia di Stato, nonché il problema del raccordo con la DIA. GABRIELE D'ARCADIA, Comandante del Centro coordinamento attività investigative criminalità organizzata. La Guardia di finanza ha istituito, in seno alla XII zona (la zona centrale di cui fanno parte anche il nucleo centrale ed il nucleo speciale di polizia valutaria) il centro di Pag. 107 collegamento dell'attività investigativa previsto dalla legge. Tale centro ha compiti specifici di collegamento delle attività dei GICO e dei vari nuclei regionali i quali, di volta in volta, inviano le segnalazioni sulle principali attività investigative che stanno svolgendo e sui risultati acquisiti. Attraverso contatti personali io vengo a sapere che cosa loro stiano facendo. Il centro che dirigo cura anche i collegamenti con i servizi centrali della polizia di Stato, coi carabinieri e con la DIA attraverso contatti personali fra me e gli alti ufficiali dei carabinieri. Stiamo creando uno schedario formulato sia sulla scorta di quanto è a nostra disposizione - per vedere cosa noi possiamo dare alle altre forze di polizia e alla DIA nonché loro a noi - sia sulla base dei servizi che stiamo sviluppando. Si tratta di una fase che si sta dispiegando in questo momento e che stiamo curando in modo particolare. PRESIDENTE. La norma della comunicazione alla DIA di tutte le notizie e le informazioni relative a questioni di polizia giudiziaria è osservata? GABRIELE D'ARCADIA, Comandante del Centro coordinamento attività investigative criminalità organizzata. Sì, e non solo: quando ci sono servizi che possono interessare la DIA, tutti i reparti inviano immediatamente la segnalazione alla DIA oltre che al mio centro. Il collegamento DIA gode, pertanto, di una duplice via: tramite il centro e direttamente dai reparti. Io posso poi integrare le informazioni e le notizie fornite dal reparto operante con il patrimonio in possesso della Guardia di finanza. PRESIDENTE. Do ora la parola al tenente colonnello Saulle, comandante del GICO di Palermo. Credo che ai colleghi interessi avere notizie sulla vostra specifica attività e perciò, in premessa, le chiedo se a Palermo esista un nucleo interforze. ARCANGELO SAULLE, Comandante del GICO presso il Nucleo regionale di polizia tributaria di Palermo. No, un nucleo interforze a Palermo non c'è. E' stata istituita la DIA e poi c'è lo SCO a livello centrale di polizia di Stato ed il ROS dei carabinieri, sempre a livello centrale. A livello regionale opera il GICO. PRESIDENTE. Lei da quanto tempo è a Palermo? ARCANGELO SAULLE, Comandante del GICO presso il Nucleo regionale di polizia tributaria di Palermo. A Palermo da circa un anno ed al GICO da agosto. PRESIDENTE. Qual è l'attività specifica che il GICO sta compiendo a Palermo? ARCANGELO SAULLE, Comandante del GICO presso il Nucleo regionale di polizia tributaria di Palermo. Quella di Palermo è una realtà un po' particolare rispetto alle altre regioni in quanto la criminalità mafiosa è nata, si è sviluppata ed opera nel territorio siciliano. Tutto ciò la caratterizza rispetto alle altre forme di criminalità appunto per il modo in cui si manifesta. A Palermo - ed è ormai noto - troviamo una diffusa omertà ed una estesa connivenza anche con ambienti insospettabili. Inoltre, i vincoli familiari mafiosi, sia interni sia esterni, sono molto stretti. La natura particolare di tale crimine organizzato in Sicilia e lo stretto collegamento esistente fra il territorio ed il mafioso hanno comportato una serie di risvolti che influenzano l'attività propria del GICO di Palermo. Abbiamo, infatti, un elevatissimo numero di soggetti imputati e potenzialmente destinatari di misure di prevenzione; sono quindi noti i soggetti contro o verso cui operare. Da ciò deriva una elevata richiesta di applicazione degli articoli 2-bis e 2-ter della legge n. 356 da parte del questore e dell'autorità giudiziaria. Questo ci induce a privilegiare l'attività su richiesta rispetto a quella di iniziativa. Ad esempio, come GICO, abbiamo Pag. 108 attualmente in giacenza 340 accertamenti ancora da sviluppare. PRESIDENTE. Di quanti uomini dispone il GICO di Palermo? ARCANGELO SAULLE, Comandante del GICO presso il Nucleo regionale di polizia tributaria di Palermo. Di cinquanta uomini, di cui 4 ufficiali. PRESIDENTE. Quante automobili avete? ARCANGELO SAULLE, Comandante del GICO presso il Nucleo regionale di polizia tributaria di Palermo. Sette autovetture, più apparati e mezzi che l'amministrazione ci fornisce. PRESIDENTE. Di quali apparati in particolare è dotato il gruppo di Palermo? ARCANGELO SAULLE, Comandante del GICO presso il Nucleo regionale di polizia tributaria di Palermo. Disponiamo di apparati per le intercettazioni telefoniche, per indagini ambientali nonché apparati più complessi - di recente acquisizione - per le intercettazioni dei telefoni cellulari che stanno dando qualche esito molto positivo. Come dicevo, l'attività su richiesta viene privilegiata rispetto a quella di iniziativa. Abbiamo difficoltà di indagine in quanto esiste una elevata "copertura sociale" - così noi la definiamo - assicurata al soggetto inquisito il quale, nell'ambiente in cui opera, in cui è nato ed in cui vive, può servirsi di prestanome. L'utilizzo di questa figura rende particolarmente difficoltoso il nostro lavoro perché il prestanome serve a mascherare le ricchezze derivanti dai reati perpetrati. La potenziale costante possibilità dei soggetti mafiosi di essere inquisiti dagli organi di polizia li ha resi particolarmente scaltri sicché, non soltanto riescono ad evitare le indagini tecniche, ma riescono anche a mascherare benissimo i patrimoni illecitamente accumulati servendosi di professionisti di tutto rilievo per porre in essere gli artifici contabili utili a deviare le nostre indagini. Tant'é che, di recente, abbiamo dovuto modificare i metodi di indagine per gli accertamenti ex articolo 14 che prima erano molto più semplici visto che bastava considerare le risultanze presso i registri per verificare il patrimonio del soggetto, mentre ora è necessario ricorrere sempre ad analisi di bilancio per risalire ad eventuali investimenti illeciti che vengono nascosti soprattutto attraverso i conti finanziari. PRESIDENTE. Ci sono state applicazioni della norma cui faceva riferimento poc'anzi il colonnello Marchetti? ARCANGELO SAULLE, Comandante del GICO presso il Nucleo regionale di polizia tributaria di Palermo. Lei si riferisce all'articolo 12-quinquies. Noi abbiamo fatto dieci proposte per l'applicazione di tale articolo, di cui alcune sono state trasmesse alla procura (perché i reati sono stati commessi) ed altre direttamente alla pretura perché i reati previsti dal secondo comma dell'articolo sono per l'appunto di competenza pretorile. Finora l'articolo è stato applicato in un solo caso ed è stato preso un provvedimento per il sequestro di una villa facente capo ad un soggetto che praticava l'usura. Gli altri casi sono ancora all'esame dell'autorità giudiziaria perché si sono incontrate difficoltà nella materiale applicazione dei due commi dell'articolo. PRESIDENTE. Quali difficoltà? ARCANGELO SAULLE, Comandante del GICO presso il Nucleo regionale di polizia tributaria di Palermo. Difficoltà relative all'intestazione dei beni. Avendo la legge vigore ex nunc, ed essendo l'intestazione magari avvenuta in tempi precedenti all'approvazione della nuova legge, quest'ultima non è applicabile. PRESIDENTE. La norma non parla anche di disponibilità oltre che di titolarità? Pag. 109 ARCANGELO SAULLE, Comandante del GICO presso il Nucleo regionale di polizia tributaria di Palermo. Sì, ma il secondo comma precisa: salvo che non sia applicabile il primo comma. Verificata l'inapplicabilità del primo comma, diventa conseguentemente impossibile l'applicazione del secondo. PRESIDENTE. Mi scusi, ma non ho capito. ARCANGELO SAULLE, Comandante del GICO presso il Nucleo regionale di polizia tributaria di Palermo. Il primo comma recita: "Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque attribuisce fittiziamente..." e così si riferisce ad ipotesi verificatesi dopo l'entrata in vigore della norma. Il secondo comma recita: "Fuori dei casi previsti dal comma primo". PRESIDENTE. L'articolo parla pure di "coloro nei cui confronti sono svolte indagini ... risultano essere titolari o avere la disponibilità a qualunque titolo di denaro ...", e continua prescrivendo che i beni sono confiscati. Possono perciò essere confiscati anche i beni di cui si ha la disponibilità a qualunque titolo. ARCANGELO SAULLE, Comandante del GICO presso il Nucleo regionale di polizia tributaria di Palermo. Certamente, ed in effetti è stato operato il sequestro della villa. Comunque noi, pur in attesa che la magistratura assuma le proprie decisioni o quanto meno si orienti definitivamente, stiamo applicando un altro articolo della legge n. 356. Mi riferisco all'articolo 24 che prevede che può essere richiesto al soggetto che gode di particolari situazioni patrimoniali - sempre nell'ambito delle indagini previste per particolari reati - di giustificare per l'appunto il proprio patrimonio. PRESIDENTE. Sempre nell'ambito delle misure di prevenzione? ARCANGELO SAULLE, Comandante del GICO presso il Nucleo regionale di polizia tributaria di Palermo. Sì, quindi si allarga il campo coperto dagli articoli 2-ter e 10. Stiamo utilizzando l'articolo 24 in particolare nei confronti di coloro, mafiosi o sospetti mafiosi, che partecipavano a società. In precedenza, si arrivava soltanto a sequestrare la quota del soggetto facente parte della società, anche se di fatto si poteva supporre che avesse influenza ... PRESIDENTE. Mi scusi, sono state fatte indagini sui beni di cui dispone la famiglia Riina? ARCANGELO SAULLE, Comandante del GICO presso il Nucleo regionale di polizia tributaria di Palermo. Attualmente non ne abbiamo fatto sulla disponibilità. PRESIDENTE. Non è il caso di farle visto che Riina è un latitante di particolare peso? GABRIELE D'ARCADIA, Comandante del Centro coordinamento attività investigative criminalità organizzata. Credo che ci stia lavorando anche Firenze. PRESIDENTE. Sta lavorando sullo zio, mentre io mi riferisco a Totò Riina. Essendo, credo, uno dei capi di Cosa nostra ed avendo una famiglia, chiedo se i beni di cui dispone tale famiglia siano stati "passati al setaccio". ARCANGELO SAULLE, Comandante del GICO presso il Nucleo regionale di polizia tributaria di Palermo. Le rispondo che da agosto non ne abbiamo fatti. Può darsi che in precedenza - questo non posso dirlo - sia stato fatto un accertamento che riguardi i beni del Riina. PRESIDENTE. Credo che alla Commissione interesserebbe sapere se questo accertamente sia stato fatto. Penso possa anche rispondere successivamente per iscritto. Pag. 110 ARCANGELO SAULLE, Comandante del GICO presso il Nucleo regionale di polizia tributaria di Palermo. Non ci sono problemi: le risponderemo sicuramente. SALVATORE FRASCA. Come sono stati utilizzati i beni confiscati? MICHELE FLORINO. Sono stati sequestrati, non confiscati. PRESIDENTE. Credo che questo aspetto non dipenda dalla Guardia di finanza. Il senatore Frasca pone un problema molto serio, vale a dire quello della destinazione dei beni confiscati. In materia, vigono norme qualche volta in collisione fra di loro. Ne abbiamo approvata, infatti, una generale; successivamente ne abbiamo approvata un'altra all'interno delle legge sulla droga che precisa alcune destinazioni; un'altra ancora inserita nella legge antiracket che stabilisce che una quota di tali beni va a costituire un fondo. Francamente ho l'impressione che, se sommassimo le varie quote previste dalle diverse norme, arriveremmo a più di un'unità. La domanda, come dicevo, è molto seria, ma non penso che vi sia qualcuno degli ufficiali presenti che possa rispondere sui problemi che pone la destinazione dei beni confiscati. Si tratta di una materia di grande interesse che dovremo valutare ed approfondire. GABRIELE D'ARCADIA, Comandante del Centro coordinamento attività investigative criminalità organizzata. Signor presidente, desidero soltanto accennare alle difficoltà che molte volte abbiamo incontrato ad assicurare la tutela degli amministratori dei beni sequestrati designati dai giudici. Per la confisca e la successiva destinazione la Guardia di finanza non è stata mai attivata direttamente. PRESIDENTE. Do ora la parola al tenente colonnello Polo. STEFANO POLO, Comandante del GICO presso il gruppo regionale di polizia tributaria di Milano. Desidero precisare che comando anche il gruppo operativo antidroga dello stesso nucleo regionale in virtù di una scelta precisa che le superiori gerarchie hanno inteso operare a Milano. La situazione lombarda in tema di lotta alla criminalità organizzata è ovviamente differente da quella rappresentata dal collega di Palermo. E non a caso siamo qui insieme per descrivere le due differenti situazioni locali. E' evidente che la Lombardia è un centro di interesse economico e finanziario rilevantissimo. E' risaputo pure che Milano è il punto terminale di un ingentissimo traffico di stupefacenti nonché il centro di raccolta e di smistamento di grossissime partite di droga dirottate nel resto d'Europa. In questo contesto, soprattutto con riferimento alla situazione economico-finanziaria delle Lombardia, le stesse organizzazioni di stampo mafioso hanno costituito il loro settore di attività in modo differente da quello siciliano. Dobbiamo dire che non è stata riscontrata la presenza di famiglie mafiose intese nell'accezione comune. In ogni caso, l'interesse delle famiglie mafiose non è tanto quello di ottenere un capillare controllo del territorio, quanto quello di inserirsi in traffici economici e di gestirli nel loro interesse. Il riciclaggio di danaro va riferito in particolare al traffico di stupefacenti. In questo contesto, non essendoci una situazione consolidata, vale a dire una mappa consolidata di famiglie in Lombardia, più che un'azione quale quella posta in essere dal GICO di Palermo - cioé di controllo patrimoniale con misure di prevenzione - il GICO di Milano svolge un'attività investigativa "pura" nei confronti di questi soggetti. Nell'ambito della sua attività d'iniziativa, il GICO di Milano tende ad approfondire gli aspetti finanziari collegati al fenomeno droga, cioè a individuare le fonti di approvvigionamento delle organizzazioni di trafficanti ed il modo in cui esse reinvestono in danaro frutto della Pag. 111 loro attività. Inoltre, abbiamo fatto in modo di valorizzare soprattutto l'attività informativa creando una rete di informatori sia a livello di persone che normalmente svolgono attività commerciali e industriali, sia nell'ambito della criminalità che ruota attorno al traffico degli stupefacenti, proprio nel tentativo di individuare questi personaggi. Non a caso i maggiori risultati conseguiti dal GICO, nell'ambito della sua attività operativa, derivano proprio dalle operazioni antidroga svolte dal GOA. PRESIDENTE. Cos'è il GOA? STEFANO POLO, Comandante del GICO presso il gruppo regionale di polizia tributaria di Milano. Il Gruppo Operativo Antidroga presso il nucleo regionale di polizia tributaria. La scelta di tenere vicini GICO e GOA risponde ad un preciso indirizzo operativo. PRESIDENTE. Quanti uomini ha a sua disposizione? STEFANO POLO, Comandante del GICO presso il Gruppo regionale di Polizia Tributaria di Milano. Al GICO 42 uomini e 40 ufficiali. Al GOA 71 uomini e 6 ufficiali. PRESIDENTE. E i mezzi? STEFANO POLO, Comandante del GICO presso il gruppo regionale di polizia tributaria di Milano. I mezzi sono rilevanti, perché comprendono automobili, furgoni, vetture per l'inseguimento, mezzi speciali, eccetera. Disponiamo inoltre di apparecchi per intercettazione telefonica e per intercettazione ambientale, cioè di tutti gli strumenti tecnici indispensabili per un'azione capillare, mirata ed approfondita in questi due settori di servizio. PRESIDENTE. In ordine a questo settore, a me sembra che, giustamente, a Milano sia data una priorità. Abbiamo però l'impressione che vi sia uno scarto eccessivamente rilevante tra la quantità di uomini e mezzi di cui dispone Milano e quella di cui dispone Palermo. STEFANO POLO, Comandante del GICO presso il gruppo regionale di polizia tributaria di Milano. Le cifre che le ho riportato si riferiscono a due gruppi separati e distinti che agiscono insieme. PRESIDENTE. Non mi riferisco ad una questione burocratica ma di indirizzo. In sostanza, in un'area come Palermo, a me sembra che vi sia una presenza piuttosto ridotta sia di uomini sia di mezzi. STEFANO POLO, Comandante del GICO presso il gruppo regionale di polizia tributaria di Milano. Vi è anche il GOA a Palermo ... GABRIELE D'ARCADIA, Comandante del Centro coordinamento attività investigativa criminalità organizzata. Considerando sia il GICO sia il GOA a Palermo vi sono circa 80 uomini. UGO MARCHETTI, Capo del II reparto operazioni del Comando generale della Guardia di finanza. A Milano il GOA è consistente perché in questa città il problema della droga è rilevantissimo, non tanto per il consumo quanto per lo smistamento ed il traffico. PRESIDENTE. Soltanto il GICO di Milano di quanti uomini dispone? STEFANO POLO, Comandante del GICO presso il gruppo regionale di polizia tributaria di Milano. Dispone di 42 sottufficiali e finanzieri e di 4 ufficiali. PRESIDENTE. E di quanti uomini dispone Palermo? UGO MARCHETTI, Capo del II reparto operazioni del Comando generale della Pag. 112 Guardia di finanza. Chiedo scusa, signor presidente, ma i dati li abbiamo allegati ... Dal punto di vista dell'organico, il GICO più consistente è quello di Napoli, che dispone di 70 unità, mentre quello di Palermo ne ha cinque di meno, cioè 65. PRESIDENTE. Quindi, ciò che fa differenza è la quantità del GOA ... UGO MARCHETTI, Capo del II reparto operazioni del Comando generale della Guardia di finanza. Sì, il GOA è evidentemente ispirato ad altre esigenze, cioè non alla lotta alla criminalità organizzata ma alla lotta agli stupefacenti, che a Verona, per esempio, è rilevantissima. PRESIDENTE. Dunque, dal punto di vista della presenza di stupefacenti ritenete che, rispetto a Milano, Palermo non sia una piazza di particolare rilievo. UGO MARCHETTI, Capo del II reparto operazioni del Comando generale della Guardia di finanza. Sì, da un punto di vista comparativo, Palermo deve ritenersi meno importante di Milano. STEFANO POLO, Comandante del GICO presso il gruppo regionale di polizia tributaria di Milano. Per quanto riguarda il Gruppo operativo antidroga di Milano, a proposito del quale bisogna anche considerare la presenza degli aeroporti di Malpensa e di Linate, va detto che trattasi del gruppo più consistente come forza numerica, perché deve coprire una circoscrizione territoriale che è limitata alla Lombardia soltanto istituzionalmente: le organizzazioni lombarde si appoggiano alle zone limitrofe, per cui ci espandiamo costantemente anche in zone che non sono più quelle di stretta competenza del GOA di Milano. Ciò non toglie che, oltre alle attività di riciclaggio connesse alle operazioni antidroga, il GICO di Milano effettui anche autonome attività investigative tendenti a dimostrare i reati derivanti dall'estorsione aggravata ... PRESIDENTE. Se non ho compreso male, mentre a Palermo il carico della domanda è talmente elevato che non si riesce a compiere indagini autonome, a Milano sareste in grado ... STEFANO POLO, Comandante del GICO presso il gruppo regionale di polizia tributaria di Milano. A Milano, la nostra attività concerne soprattutto l'indagine autonoma; ai fini dell'applicazione delle misure di prevenzione, stiamo eseguendo accertamenti patrimoniali, richiesti dal questore di Lecco, nei confronti di un gruppo calabrese insediatosi da qualche tempo nella zona. La nostra attività principale è puramente investigativa. PRESIDENTE. Prego i colleghi che stanno per intervenire di limitarsi a rivolgere domande. GIROLAMO TRIPODI. Anzitutto, vorrei sapere se il GICO operi in tutte le regioni del paese e quale attenzione venga rivolta alle zone in cui opera la mafia (mi riferisco, alla Campania, alla Calabria, alla Sicilia ed alla Puglia). Le vostre strutture sono soltanto a livello regionale oppure sono articolate anche a livello provinciale? Un'altra domanda che desidero porvi è relativa ai risultati conseguiti, a proposito dei quali, pur non intendendo addebitare responsabilità ad alcuno, devo dire che registriamo una lacuna enorme ... PRESIDENTE. Onorevole Tripodi, qual è la domanda? GIROLAMO TRIPODI. La domanda è relativa agli accertamenti patrimoniali: poiché essi hanno registrato un calo, vorremmo sapere a quale motivo ciò sia dovuto. Indipendentemente dalle attività inerenti alle indagini patrimoniali, vorrei sapere se si stiano compiendo accertamenti relativi ai ricavi illeciti conseguenti alle evasioni fiscali. Pag. 113 MARCO TARADASH. Prima di rivolgere alcune domande agli ufficiali della Guardia di finanza, alle quali potranno anche rispondermi per iscritto, se lo riterranno opportuno, voglio rivolgere una richiesta al Presidente: quella di svolgere una singola audizione per seduta, poiché credo che questo modo di procedere sarebbe più proficuo per i nostri lavori. Poiché si è parlato di riciclaggio del danaro legato al traffico del tabacco (ho letto che si tratta di 400 miliardi all'anno), vorrei sapere quale sia la dimensione generale del problema: per esempio, in che misura stimate il riciclaggio del denaro relativo al traffico di droga, al racket, alla prostituzione, agli appalti eccetera? In quali misure ritenete che venga intercettato il denaro in circolazione? Al riguardo vorrei conoscere i risultati concreti, perché la documentazione che inviò alla Commissione l'apposito organismo degli Stati Uniti indicava l'1 per cento rispetto al denaro in valuta (di cui voi non vi occupate) ed il 10 per cento rispetto all'ammontare complessivo. Confermate queste cifre o ritenete che siano inferiori? Riguardo alla normativa antiriciclaggio, di cui ho discusso anche nell'ambito del Parlamento europeo, ricordo che la proposta della Commissione e della maggioranza fu che le segnalazioni dovessero riguardare soltanto il denaro proveniente dal traffico della droga, in quanto si sosteneva che sarebbe stato impossibile fare altrimenti. A me sembra che tale normativa non abbia funzionato, ma vorrei sapere se ciò sia accaduto per la motivazione di cui sopra e se a vostro giudizio potrebbe funzionare meglio. Qualche giorno fa, in Commissione è giunto un documento del CNEL in cui si evidenziano 82 o 86 segnalazioni complessive. A parte il fatto che il numero da voi citato è inferiore, voglio comunque sottolineare che tali segnalazioni risultano compiute soltanto da tre soggetti, cioè gli uffici postali, le banche e gli intermediari ufficiali, per cui se ne deduce che tutte le società che dovevano essere interessate alle segnalazioni non ne abbiano compiuta alcuna. E' possibile sperare che lo facciano in futuro? Il giudice Caponnetto proponeva una banca centrale delle informazioni sui flussi finanziari presso la Banca d'Italia. Poiché a me sembra che l'utilità di un simile strumento sia stata da voi esclusa, vorrei che chiariste meglio il vostro punto di vista. In merito al segreto bancario, vorrei sapere se esista realmente un problema per ciò che attiene al medesimo e se sia possibile abolirlo completamente, come da più parti viene ipotizzato. Per quanto riguardo Green ice, vorrei sapere in che misura una simile operazione - che è stata molto reclamizzata - abbia avuto realmente impatto sul fenomeno generale. Ritenete che la militarizzazione della Guardia di finanza sia un fattore positivo rispetto alle possibilità di coordinamento e di lavoro, oppure siete dell'avviso che costituisca un handicap? GIUSEPPE MARIA AYALA. Premesso che, se pure ad altro titolo, ho partecipato ad altre riunioni della Commissione antimafia, vorrei valorizzare l'aspetto propositivo degli ufficiali della Guardia di finanza, nel senso che coloro che ogni giorno si misurano utilizzando concretamente i mezzi operativi a loro disposizione sono senz'altro i migliori giudici di tali mezzi, sotto il profilo sia normativo sia organizzativo. Ciò detto, chiedo - senza voler cadere nell'umorismo, perché non mi sembra che in questa sede abbia titolo di ingresso - se troviate normale che a Palermo sia stata sequestrata soltanto la villa di un usuraio. Se questo è il dato concreto - a prescindere dalle circa 60 segnalazioni pendenti presso gli uffici giudiziari, e che comunque meriterebbero un discorso più approfondito, perché restano sempre "pendenti" -, vorrei sapere quali suggerimenti possano venire dalla vostra personale esperienza per giungere ad una stima degli enormi patrimoni illeciti accumulati Pag. 114 a Palermo. Come è possibile scoprire che su Riina e sul suo entourage non è ancora stato fatto nulla? La Guardia di finanza, che gode di una notoria e meritata fama di specificità e capacità sul terreno economico, che rappresenta indubbiamente uno dei fronti decisivi, non potrebbe offrirci un contributo per aiutarci a capire e per dare un senso concreto al nostro lavoro? Cosa è possibile fare in termini di coordinamento e di correzione normativa? Per esempio, penso che legare l'illiceità solo al traffico degli stupefacenti per far scattare determinati meccanismi sia riduttivo. D'altronde, però, se non ricordo male, la vecchia norma sul riciclaggio si occupava solo di rapina o estorsione aggravata. Dando per scontato ciò che è scontato, ossia la genuinità del vostro impegno (considerato che oltretutto siete i destinatari dell'applicazione concreta della normativa), sarebbe interessante far giungere a noi, cosiddetti legislatori, un contributo propositivo. In altri termini, che cosa si può fare? Speriamo non si venga a sapere che a Palermo si è sequestrata soltanto la villa di un usuraio! E' una cosa che fa rabbrividire, anche perché a Palermo succede ben altro. ARCANGELO SAULLE, Comandante del GICO presso il nucleo regionale di polizia tributaria di Palermo. Vorrei precisare che la villa di un usuraio è stata sequestrata in relazione all'articolo 14-quinquies. Se alla Commissione interessa, per quanto riguarda l'articolo 2-ter, per ogni anno posso specificare i sequestri di immobili eseguiti. PRESIDENTE. Ha l'elenco? ARCANGELO SAULLE, Comandante del GICO presso il nucleo regionale di polizia tributaria di Palermo. Sì. PRESIDENTE. Può essere interessante. Ha colpito - forse perché siamo male informati - quanto è stato fatto nei confronti della famiglia Riina. Se la Commissione può rivolgere un invito alla Guardia di finanza, è quello di "mettere le mani" in quel genere di situazioni. ARCANGELO SAULLE, Comandante del GICO presso il nucleo regionale di polizia tributaria di Palermo. Mi riservo di fornire una risposta scritta. GIUSEPPE MARIA AYALA. Fermo restando che nelle mie parole non vi era alcuna riserva. PAOLO CABRAS. Nella relazione del colonnello Marchetti mi ha colpito la denuncia relativa alla modestia dei risultati delle indagini sul riciclaggio. Oltre al riferimento concernente alcune modifiche di carattere normativo, sempre possibili alla luce dell'esperienza e comunque utili, vorrei sapere se la strumentazione prevista dalla legge antiriciclaggio non risulti carente. Ricollegandomi ad una domanda posta dal collega Taradash circa la banca dati (che pur essendo stata avversata era già contenuta in una proposta della precedente Commissione antimafia), vorrei sapere se questa, unitamente all'abolizione del residuo di segreto bancario, possa contribuire ad ottenere risultati più efficaci. Un altro aspetto su cui intendo soffermarmi concerne una questione qualitativa. Posto che non è possibile improvvisare un analista finanziario per operazioni complesse quali sono quelle che presiedono ai fenomeni di riciclaggio, credo che forse qualche suggerimento potrebbe essere fornito. Conosco le notevoli ed elevate competenze professionali dei comandanti dei reparti dei nuclei della Guardia di finanza; tuttavia, in periferia - specie quando si tratta di indagare sul riciclaggio, sulle attività di investimento e reinvestimento di denaro sporco - si registra un notevole salto di qualità tra queste competenze (limitate anche nel numero) ed il complesso delle unità operative della Guardia di finanza. Domando: com'è possibile superare questa situazione? A prescindere dalla possibilità di aumentare Pag. 115 l'organico, possono essere dati suggerimenti rispetto a problemi di preparazione o di nuova professionalità? Un altro argomento che intendo sottolineare concerne un effetto che potrà scaturire dalla vostra attività investigativa. Della mafia conosciamo la mappa delle famiglie, delle cosche, dei clan e la presenza nelle singole realtà del Mezzogiorno di intrecci tra mafia e politica, tra mafia ed attività istituzionale. Ciò che non si riesce a conoscere invece è la mappa dei colletti bianchi, delle consulenze, degli specialisti, degli intermediari: in sostanza di quelli che permettono le operazioni di riciclaggio, i quali non sono ovviamente al livello della cultura di Pippo Calò. E' possibile ottenere la mappa di queste competenze per conoscere un mondo che finora è stato poco investigato, non dico dalla Guardia di finanza, un mondo che comunque è stato oggetto di scarsa attenzione non solo nelle indagini di polizia giudiziaria, ma anche in quelle giudiziarie? LUIGI ROSSI. Sarò sintetico nel formulare le domande. Vorrei sapere quali risultati abbia dato il monitoraggio circa i prestanome, in quanto di questi si è parlato. Vorrei sapere se sia stata svolta un'indagine sulla proliferazione degli sportelli bancari, soprattutto nel sud, e se effettivamente funzioni il coordinamento interforze. Ancora: sono considerati i rapporti tra mafia e politica? Infine, anche se forse si tratta di una domanda ingenua, vorrei sapere dove finiscono le droghe sequestrate, ossia se sono conservate come corpus delicti oppure se vengono immediatamente distrutte. ANTONIO BARGONE. E' stato affermato che si è svolto un censimento completo delle finanziarie, tanto che se ne conosce il numero. Vorrei sapere però se ci si è fermati al censimento oppure se sono state applicate le leggi - parziali e insufficienti - sul controllo degli assetti proprietari e societari delle finanziarie medesime e si è controllato il tipo di attività svolta. In che misura, soprattutto nel Mezzogiorno, le banche, anche quelle a capitale pubblico, sono soggetti attivi di attività di riciclaggio? Esiste un controllo, un'attività investigativa rispetto alle licenze, alle autorizzazioni ed alle connessioni varie, su tutto il territorio nazionale, relativamente a soggetti che hanno svolto attività illecite? Queste attività sono collegate a risorse finanziarie di provenienza illecita ed in che misura? ALFREDO BIONDI. La mia domanda rappresenta, in un certo senso, la prosecuzione di quanto hanno chiesto i colleghi Cabras e Rossi. Vorrei sapere se sia stata compiuta un'analisi comparativa tra gli sportelli bancari aperti nelle zone di più intensa mafiosità - non solo reale, ma anche potenziale - come possibilità di esportazione dei proventi. In caso affermativo, gradirei conoscere se siano state compiute indagini sulle modalità delle procedure, su chi ha assunto l'iniziativa e su quali funzionari abbiano rilasciato le relative licenze per l'apertura degli sportelli. Infine, vorrei sapere se questa analisi porti - come temo - a riscontrare una differenza tra la potenzialità socioeconomica dei luoghi e dei soggetti nei luoghi stessi, ed il proliferare degli sportelli. Ciò ha formato oggetto di valutazione e di riferimento per l'autorità bancaria, che ha l'obbligo di vigilanza, ed anche per quella di Governo, ossia alle "superiori gerarchie" come ho sentito dire poc'anzi? ALFREDO GALASSO. Prima di formulare le domande, vorrei avere dal presidente una rassicurazione. Poiché siamo al cuore della questione mafia, credo che incontri come quello odierno dovrebbero essere periodizzati, se mi consente l'uso di tale termine. PRESIDENTE. Credo che si ripeteranno. Pag. 116 ALFREDO GALASSO. Questo lo dico perché so già di essere insoddisfatto rispetto all'ampiezza delle argomentazioni da trattare, non all'incontro. Desidererei sapere innanzitutto da che parte cominciate; mi spiego meglio: quando non agite in esecuzione di compiti di polizia giudiziaria, l'impulso da chi o da cosa proviene? Qual è, secondo la vostra esperienza, l'ambito territoriale che dal punto di vista operativo risulta più congruo (provinciale, regionale o nazionale), cioè nel quale la vostra attività operativa si svolge in modo più adeguato al fenomeno? Dove e come ha luogo il coordinamento sia interno (si è parlato di GICO regionali) sia esterno, cioè quello con gli altri poteri pubblici incaricati di svolgere attività analoghe? La domanda concernente la banca dati non la ripeterò, in quanto è già stata posta. Tuttavia, vorrei sapere se il terminale della vostra attività sia giudiziario, paragiudiziario oppure se esistano altre autorità pubbliche interessate, una volta che il vostro lavoro si è in qualche modo compiuto. VITO RIGGIO. Vorrei porre alcune domande in ordine ad analisi compiute sia dalla Commissione antimafia nella passata legislatura sia dalla Commissione affari costituzionali nel corso di una lunga indagine conoscitiva sul riciclaggio. All'epoca si ipotizzò un'organizzazione di monitoraggio costante del sistema economico; ricordo che un generale della Guardia di finanza parlò di "luogo dei punti": ebbene, esiste questo "luogo dei punti"? E quali difficoltà si incontrano? Allora ci si riferì anche ad una griglia delle modalità di reinvestimento, sia per settori sia per procedure. Si sostenne che, se vi erano imprese in grado di riciclare denaro e di lucrare appalti pubblici, sarebbe stato importante segnalarlo agli enti interessati. Non so se la domanda formulata dall'onorevole Galasso volesse intendere la stessa cosa, ma vorrei sapere se la segnalazione viene utilizzata. Infine, sempre all'epoca, con riferimento ai tipi di ostacoli, si parlò delle difficoltà incontrate dalle banche. Vorrei porre la domanda in termini espliciti, visto che i precedenti quesiti sono stati formulati con circonlocuzioni. Ci sono interferenze di tipo politico nelle indagini e di messa a punto di elementi non solo conoscitivi, ma anche operativi per la pubblica amministrazione? LUIGI BISCARDI. La Guardia di finanza conosce o ha in corso indagini sugli intermediari tra la criminalità mafiosa e gli uffici della pubblica amministrazione? Ho posto questa domanda in quanto secondo talune notizie apparse oggi sugli organi di stampa pare siano stati scoperti carteggi relativi a questo genere di rapporto. Il colonnello Marchetti ha parlato di censimento di contributi nazionali. Chiedo se tra questi siano inclusi anche quelli regionali, in quanto nella mia regione è in corso un'indagine da parte della Guardia di finanza. SAVERIO D'AMELIO. Credo innanzitutto che, tra tante cose che non vanno, il lavoro compiuto dalla Guardia di finanza (di cui siamo stati informati questa sera) che ha riguardato il censimento degli intermediari finanziari e delle società finanziarie sia stato notevole, perfettamente in linea con la professionalità del Corpo. Se torno con la memoria agli anni 1985-1986 (presiedevo un comitato dell'allora Commissione antimafia), quando a proposito dei flussi finanziari vi era la certezza di navigare nel nulla, debbo riconoscere che il tempo non è passato invano. Detto questo, mi preoccupa l'apprendere che a Palermo il GICO non esista e non funzioni, se ho ben compreso, un nucleo interforze. PRESIDENTE. Non so se in qualche città italiana vi sia un nucleo interforze. UGO MARCHETTI, Capo del II reparto operativo del Comando generale della Guardia di finanza. Vengono creati ad hoc. Pag. 117 SAVERIO D'AMELIO. Tale circostanza porta immediatamente a considerare la nota questione (per me essenziale) del coordinamento con gli altri corpi di polizia, senza il quale credo non si possa raggiungere alcun risultato. La mia prima domanda tende quindi a sapere il motivo per il quale a Palermo non funzioni il nucleo interforze. In secondo luogo, vorrei che mi fossero chiariti i collegamenti dei GICO con la DIA. Se devo interpretare come un fatto freudiano l'affermazione del colonnello Marchetti secondo il quale il 15 per cento delle forze dei GICO andrà alla DIA (e, a mo' di esempio, ci ha informati che perderà due ufficiali di alto livello) non vorrei che quest'affermazione, in sé comprensibile, nascondesse una realtà di cui si sente parlare: vi sarebbe, in sostanza, una sorta di resistenza da parte dei diversi corpi di polizia nei confronti della DIA al punto che si sceglierebbe il personale meno qualificato all'interno dei nuclei (qualificatissimi per quanto riguarda la Guardia di finanza) proprio per cercare di vanificare lo sforzo di unificazione in nome del quale la DIA è stata istituita. Se così fosse (mi auguro che non lo sia), si tratterebbe di un fatto davvero grave. GIOVANNI FERRARA SALUTE. Il colonnello Marchetti ha alluso al fatto che il personale preparato tecnicamente per l'analisi dei flussi finanziari è difficile da formare, il che significa che evidentemente si pone un problema anche in termini quantitativi. Ricordo che un discorso analogo, sia pure in termini diversi, veniva sviluppato in occasione di audizioni simili a quella odierna nella IX legislatura, quindi otto anni fa circa; vorrei sapere se da allora il problema dell'adeguata quantità di personale qualificato abbia fatto registrare un serio progresso (anche se l'organico rimane comunque insufficiente), oppure se esso sia ancora ad un livello giudicato dalla Guardia di finanza insoddisfacente. Inoltre vorrei sapere cosa si possa fare perché il problema della formazione del personale sia risolto nel modo migliore sotto il profilo sia qualitativo sia quantitativo. CARLO D'AMATO. Si è già parlato del ruolo degli istituti bancari piccoli e grandi e delle finanziarie; vorrei ora qualche ulteriore dettaglio relativo ai problemi determinati dalla presenza del capitale da narcotraffico nelle operazioni di borsa ed al peso che tali capitali hanno avuto negli acquisti più recenti di titoli di Stato e chiedo se la Guardia di finanza sia in grado di compiere una valutazione almeno approssimativa sull'influenza che questo capitale ha avuto nelle recenti manovre speculative che si sono abbattute sul mercato finanziario e sulla lira. Desidererei anche conoscere la distribuzione del capitale illecito tra nord e sud: siamo portati a ritenere che esso si concentri principalmente nel sud ma, dal momento che le attività imprenditoriali più corpose si sviluppano nel centro-nord, vorrei sapere se la Guardia di finanza abbia raccolto segnali della presenza di capitale illecito nelle grandi imprese (mi riferisco non solo alle imprese edilizie che si assicurano gli appalti delle opere pubbliche ma anche ad aziende che operano in altri settori produttivi, in particolare le grandi imprese industriali). Vorrei poi che i rappresentanti della Guardia di finanza esprimessero un proprio parere sulla legislazione vigente, ammesso che non lo abbia già fatto il colonnello Marchetti nella sua relazione introduttiva che non ho potuto ascoltare. Sarebbe poi interessante conoscere se alla Guardia di finanza siano pervenute indicazioni anche in ordine ad altre regioni a rischio oltre a quelle sulle quali si svolge già un'azione di monitoraggio costante. Infine, vorrei sapere se da parte del GICO possano venire suggerimenti in vista di azioni preventive mirate ad evitare il propagarsi in altre regioni delle attività mafiose. ALTERO MATTEOLI. Gli ufficiali della Guardia di finanza qui presenti (che ringrazio) sanno perfettamente che, se l'audizione odierna fosse stata indirizzata Pag. 118 soltanto ad acquisire alcuni dati, sarebbe stato sufficiente chiederli per iscritto. Pertanto, nel formulare le mie domande, chiederò loro anche alcuni giudizi sulle strutture, gli uffici e la normativa vigente. Quanto a quest'ultimo punto, il colonnello Marchetti ha già svolto alcune considerazioni nel suo intervento iniziale. Lo stesso colonnello Marchetti ha fornito un dato molto interessante: 25 mila società finanziarie censite dalla CONSOB. Chiedo se sia stato fatto uno studio comparato con gli altri paesi per verificare se questo numero sia simile (tenendo ovviamente conto del numero degli abitanti) a quello di altre nazioni. In secondo luogo, vorrei sapere chi abbia stabilito di affidare tale censimento alla CONSOB e se la Guardia di finanza trovi in tale organo il giusto referente. PRESIDENTE. Credo che il compito sia stato affidato alla CONSOB dall'Ufficio italiano cambi. UGO MARCHETTI, Capo del II reparto operativo del Comando generale della Guardia di finanza. L'elenco ce lo ha fornito l'Ufficio italiano cambi. ALTERO MATTEOLI. La Guardia di finanza ha raccolto questi dati senza compiere alcun accertamento, per cui non può aver appurato se le siano stati forniti dati inesatti. In terzo luogo, vorrei conoscere la percentuale delle richieste, presentate a norma dell'articolo 18 della legge 413 sulle autorizzazioni ai controlli bancari, che sono state accolte tra quelle rivolte al magistrato. Riprendendo una domanda formulata dal collega Biondi, vorrei sapere se sia possibile compiere uno studio comparato con gli altri paesi relativamente al numero degli sportelli bancari; leggiamo spesso che in Italia, soprattutto in alcune regioni, vi è un numero di sportelli bancari sproporzionato rispetto a quello di altri paesi: si tratta di una fantasia dei giornalisti o c'è qualcosa di vero? Quanto ai rapporti tra mafia e politica, vorrei sapere se siano state condotte indagini sulle spese sostenute da taluni candidati in alcune zone d'Italia per la campagna elettorale. Poiché in teoria tutte queste spese dovrebbero essere fatturate, mi è sempre sembrato strano il fatto di non poter risalire alla cifra precisa che un candidato spende per una competizione elettorale. ANTONINO BUTTITTA. Nell'associarmi ai colleghi che hanno manifestato apprezzamento al colonnello Marchetti e a tutto il Corpo della Guardia di finanza per il lavoro compiuto contro il fenomeno mafioso, non posso non rilevare il fatto che a proposito della necessaria, indispensabile collaborazione che deve esistere tra le diverse strutture impegnate in questo compito, interne ed esterne alla Guardia di finanza, si sia parlato di rapporti personali. Non ho niente contro questi ultimi ed anzi li considero uno degli aspetti positivi della vita ma ritengo che risultati più organici nella lotta alla mafia si possano raggiungere se i rapporti tra le strutture interne ed esterne - lo ribadisco - alla Guardia di finanza, sono formalizzati, istituzionalizzati, permanenti, e credo che un impegno in tal senso vada chiesto alla Guardia di finanza così come a tutti gli altri organi che conducono la lotta alla mafia. Riprendendo una considerazione che ho già sviluppato in una precedente seduta e che è tornata negli interventi di alcuni colleghi, vorrei osservare come salti agli occhi di tutti, anche dei non addetti ai lavori, la rapida e straordinaria fortuna di alcuni istituti bancari e finanziari, privati e non solo. Vorrei sapere se su taluni di questi istituti siano state condotte indagini. MARIO BORGHEZIO. Vorrei sapere quale sia lo stato attuale dell'impalcatura delle indagini relative alla penetrazione della "mafia Spa" nel settore societario. In particolare, mi interesserebbe sapere se sia stata compiuta una radiografia del tipo di investimenti e di collegamenti dei Pag. 119 pacchetti azionari, nonché dei dati che si possono ricavare dalla pubblicazione dei bilanci e dalle assemblee societarie, con particolare riguardo alle società ed ai gruppi che (e su questo vorrei avere conferma dai responsabili della Guardia di finanza) secondo l'opinione pubblica costituiscono il settore privilegiato di penetrazione degli investimenti: le piccole banche, le banche popolari, le imprese di costruzione che si assicurano gli appalti pubblici, nonché il settore delle società finanziarie e parabancarie legate in particolare ai movimenti d'usura. Vorrei anche sapere se siano emersi coinvolgimenti con organizzazioni mafiose in relazione all'affaire Dominion oggi attualissimo e che concerne un istituto bancario di rilevanza nazionale. ROMANO FERRAUTO. Vorrei conoscere un dato che ritengo estremamente utile, cioè quante società finanziarie siano nate nell'immediata vigilia del riallineamento della lira. Vorrei cioè sapere se nei venti giorni che hanno preceduto il riallineamento della lira si sia verificato un picco nel normale andamento delle nascite delle finanziarie. Ritengo inoltre - offro questo dato reputandolo molto attendibile - che la pulizia del cosiddetto denaro sporco venga effettuata (l'ha detto anche lei, colonnello Marchetti) anche da istituti bancari complici e compiacenti, a volte insospettabili. Sembra che una piazza tra quelle che più si prestano per questo tipo di attività sia quella di Trieste. E' vero che vi è la piazza di Milano ma sembra che Trieste guidi la graduatoria. Può confermare queste notizie? ERMINIO ENZO BOSO. Desidero chiedere al comandante Marchetti, anche alla luce della mia esperienza, maturata nell'Arma dei carabinieri, se non ritenga impossibile il collegamento interforze, al quale non credo, signor presidente, proprio per... PRESIDENTE. Per vita vissuta! ERMINIO ENZO BOSO. Esatto. Non ci sarà mai una Guardia di finanza che scarica i suoi uomini migliori. Non lo faranno mai, inoltre, né l'Arma dei carabinieri né la Polizia di Stato. Fino a quando queste forze rimarranno dipendenti da ministeri, vi saranno sempre politici che a fine anno dovranno fare la relazione sull'attività del loro settore di competenza per chiedere contributi e quindi investimenti. Mi domando se non sarebbe stato più utile accrescere il numero dei tecnici a disposizione che, come ha rilevato il comandante Marchetti, svolgono bene il loro lavoro, in considerazione del fatto che si va verso l'utilizzazione di tecnologie sempre più avanzate e sofisticate. Perché non si è provveduto prima ad integrare ed accrescere il numero di questi tecnici? Perché non si è giunti al punto di affidare la gestione delle compatibilità direttamente a qualche magistrato al di sopra delle parti, in modo che il potenziale delle forze non sia più sottoposto ad un controllo politico ed al potere di un ministero, bensì affidato ad un coordinamento tecnicamente avanzato per garantire che la delinquenza finisca in manette? Visto che si parla del problema dell'apertura di sportelli bancari nelle diverse regioni italiane, chiedo di conoscere i dati relativi a questo fenomeno in relazione alla densità di abitanti per regione e possibilmente per provincia. PRESIDENTE. Chiedo al colonnello Marchetti se intenda rispondere immediatamente, anche a nome dei suoi colleghi, ad alcune delle domande poste. Per una più analitica risposta ai quesiti formulati dai colleghi, che potrebbe esserci fornita per iscritto, potremmo far pervenire al colonnello Marchetti il resoconto stenografico dell'odierna seduta. UGO MARCHETTI, Capo del II reparto operazioni del Comando generale della Guardia di finanza. Desidero rispondere immediatamente ad alcune delle domande postemi. Pag. 120 PRESIDENTE. Naturalmente, può affrontare subito le domande cui intende dare risposta. UGO MARCHETTI, Capo del II reparto operazioni del Comando generale della Guardia di finanza. Alcune delle domande avanzate sollecitano una risposta spontanea. La prima domanda cui intendo riferirmi (si tratterà appunto di un fatto inconscio e freudiano) riguarda il problema dei due ufficiali appartenenti al reparto operazioni della Guardia di finanza trasferiti alla DIA. L'espressione da me usata, "ho perso", non significa che io non condivida il loro passaggio alla DIA. Siamo tutti perfettamente convinti del fatto che la DIA debba funzionare. Essa funziona - non è problema di campanilismo o di parrocchia - soprattutto in relazione all'impegno della Guardia di finanza, che, pur rappresentando un quinto della consistenza delle forze di polizia (ammesso altresì che essa svolga la medesima attività dei carabinieri e della polizia di Stato nel settore della pubblica sicurezza, quando invece ad essa si riferiscono tutt'altri compiti), partecipa nella misura di un terzo all'attività della DIA, cioè in misura totalmente paritetica alle altre forze. La nostra organizzazione ha voluto dare in questa occasione il massimo della disponibilità. Questo però non significa che, quando si perde un patrimonio, egoisticamente inteso, se ne debba essere contenti. Sono contento del fatto che i miei ufficiali siano andati alla DIA e penso che essi siano stati collocati al posto giusto: ovviamente, però, devo ora rimpiazzarli con elementi dello stesso livello professionale e questo è un risultato non facile da conseguire. Per quanto riguarda gli analisti finanziari, desidero rilevare che, riferendomi ad essi, parlo dei miei migliori collaboratori. Così come non è possibile rimpiazzare il grande chirurgo o il grande avvocato, non vedo come si possano rimpiazzare facilmente persone che da venti anni si occupano esclusivamente, ed al massimo livello, di operazioni assai difficili, quali sono quelle effettuate da tanti dei nostri nuclei regionali di polizia tributaria. Non si tratta quindi di un problema, ma di un fatto che va considerato, altrimenti non si comprenderebbe la ragione per la quale non si riesce a vincere la mafia, così come tutti desideriamo. La lotta alla mafia richiede infatti una disponibilità così elevata ed intensa di professionalità che ancora non è stata raggiunta. La Guardia di finanza si sta attrezzando e dispone di ottime scuole. Faccio sempre un esempio, quando vengo chiamato a rispondere su questi argomenti: la Guardia di finanza ottiene un incremento costante di risultati perché le sue scuole funzionano e si adeguano sia per quanto riguarda la formazione professionale dei finanzieri e dei sottufficiali sia, soprattutto, per quanto riguarda la formazione professionale degli ufficiali. Dico soprattutto non per ragioni di casta, ma perché l'ufficiale, per rispondere ai requisiti che noi intendiamo, deve essere in grado di partecipare personalmente all'attività operativa. E ciò impone una preparazione molto particolare. Il problema degli analisti finanziari, cioè di quei funzionari con le stellette che devono svolgere tale lavoro, non può essere sottovalutato. Ci stiamo pertanto attrezzando: i nostri corsi funzionano e disponiamo di personale assai qualificato, che ci consente l'effettuazione di ottime attività operative. Tuttavia, proprio perché di qualità eccellente, questo personale non è poi così diffuso. Desidero rispondere ai temi più generali, riservandomi di affrontare per iscritto gli argomenti di dettaglio. Per quanto riguarda il coordinamento, è stato più volte e da più parti sostenuto che esso sarebbe una chimera e che viene ricercato ma mai conseguito. Ebbene, secondo la mia esperienza di capo del II reparto operazioni e di esponente del Comando generale della Guardia di finanza, le risultanze a disposizione non corrispondono a quanto si afferma. Pag. 121 Non ho mai avuto la sensazione di uno scoordinamento a livello di vertice. Il che non vuol dire che non possano esserci scoordinamenti a livelli operativi; ma si tratta dello stesso scoordinamento che può determinarsi tra due professionisti chiamati ad affrontare uno stesso aspetto o lato di un problema. Di scoordinamento, inoltre, si può parlare soltanto fino a quando l'indagine mantiene una dimensione amministrativa, essendo essa ancora nelle mani della polizia giudiziaria o di sicurezza, perché, quando il fatto riveste ormai una dimensione penale-processuale, non può esservi scoordinamento, essendo il coordinamento naturalmente effettuato dal magistrato. Si tratta infatti di un ruolo fondamentale del giudice e soprattutto oggi il nuovo pubblico ministero svolge una funzione naturale e fondamentale di coordinamento. Noi non ci poniamo questo problema del coordinamento tra organismi diversi. E' chiaro, invece, che l'eventuale mancanza di coordinamento nei rapporti interni rappresenterebbe una gravissima mancanza del responsabile dell'attività. Non è pensabile quindi che si possa creare uno scoordinamento sul piano delle regole e, qualora si verifichi un' eccezione alla regola, è chiaro che si è fuori di essa. Può succedere anche in seno alla Guardia di finanza che il GICO di Milano non si coordini, dolosamente, colposamente o per errore, con un altro GICO, ma questa situazione configura uno sbaglio che viene perseguito. Può succedere! Non è successo, ma può succedere: lo ammetto sul piano intellettuale. Se dovesse accadere, si tratterebbe di una gravissima mancanza, di cui risponderebbero personalmente i comandanti. Sul piano dei rapporti interorganici tra i diversi GICO o altri strumenti di intervento del settore, tutte le opportune misure sono state assunte. Il precedente ministro dell'interno e l'attuale titolare del dicastero hanno emanato decreti ministeriali in materia di coordinamento e noi dobbiamo rispettare sul piano professionale le regole di coordinamento. Quando questo non accade, è come se il medico, dovendo operare al ginocchio, intervenga invece su un occhio: si verifica in tal caso un errore e viene perseguito. Evidentemente, al di là dei disegni, delle architetture o delle impalcature giuridiche o di fatto, si possono verificare delle eccezioni, ma esse sono riconducibili a fatti di natura umana. Per quanto riguarda i risultati, chiedo venia se ho dato l'impressione di considerarli ridotti o riduttivamente. I risultati conseguiti dalla Guardia di finanza, tenuto conto che il reato di riciclaggio ha qualche mese di vita e che rispetto al suo perseguimento occorre apprestare professionalità non facilmente reperibili, non sono trascurabili, stante il sequestro di qualche centinaio di miliardi di valuta ritenuta inquinata e la denuncia di qualche decina di persone. Bisognerà vedere quale risultato si potrà conseguire in fase procedimentale, essendo difficile la prova del riciclaggio. E' difficile provare il reato di riciclaggio, quando esso deve essere collegato a presupposti specifici; non è facile arrivare a dimostrare che una certa quantità di denaro, che ha assunto la forma di pacchetto azionario o che è stata trasformata in un immobile o in una villa, provenga da un fatto di droga di quindici mesi prima. La prova del fatto è giuridicamente complessa e quindi non è questione di distacco professionale dal problema, ma dell'intrinseca difficoltà della sua soluzione, che richiede qualità culturali ed investigative del tutto particolari. Non credo che le altre forze di polizia, italiane o estere, stante la configurazione che la questione del riciclaggio assume nel nostro ordinamento giuridico, abbiano capacità o potenzialità... PRESIDENTE. Esaminando bene le tre norme di cui agli articoli 648, 648-bis e 648-ter (ricettazione, riciclaggio semplice e l'impiego di denaro proveniente da quel tipo di reati), mi pare che l'ipotesi di cui all'articolo 648, quella della ricettazione, sussista comunque. Il problema Pag. 122 consiste quindi nello stabilire quale sia la figura di reato e non l'illiceità del comportamento, che sussiste comunque. UGO MARCHETTI, Capo del II reparto operazioni del Comando generale della Guardia di finanza. Il comportamento è illecito, ma noi vogliamo arrivare, considerati anche gli effetti e la dimensione del fenomeno, a colpire la forma particolare della sostituzione economica del denaro e non quella fisica, che atecnicamente era anche prima riciclaggio. Vogliamo arrivare alla dimensione nuova del denaro proveniente da un certo arricchimento. E' questo che ci crea dei problemi operativi, che credo sussistano per tutti coloro che responsabilmente affrontino il problema. E' chiaro che dovremo attrezzarci diversamente. Evidentemente, abbiamo bisogno di crescere e penso che sia necessario dirlo. Per quanto riguarda la crescita del numero degli sportelli bancari o delle finanziarie o la ricostruzione societaria di queste imprese, devo innanzi tutto dire che esiste un vincolo giuridico potestativo che ci impedisce o comunque ci condiziona nell'esercizio pieno dei nostri poteri. Vi è anzitutto l'ispettorato di vigilanza della Banca d'Italia che svolge un compito istituzionale essenziale e qualificante l'attività dell'istituto di emissione in sede di controllo: rispetto a tale compito, noi ci poniamo doverosamente distaccati. E' chiaro che svolgiamo i nostri accertamenti, le nostre indagini, le nostre attività, cercando di ricostruire la situazione. Lo scorso anno abbiamo stilato, consegnandolo alla Commissione finanze della Camera, un documento che confrontava gli sportelli e le provviste bancarie (e quindi la movimentazione del denaro) in sede provinciale. Dai dati a disposizione si poteva intuire qualche diversità nella comparazione tra provincia e provincia. Sono emerse delle stranezze anzitutto sul piano giuridico: come tutti sappiamo, ad esempio, in Sicilia gli sportelli bancari sono di competenza della regione. ANTONINO BUTTITTA. Potremmo avere anche noi questo documento? UGO MARCHETTI, Capo del II reparto operazioni del Comando generale della Guardia di finanza. Certamente. Giungere dall'intuizione del fatto, della irregolarità o della situazione abnorme, alla consapevolezza della illiceità del fatto o delle componenti interne del fatto illecito pone certamente una necessità di investigazione che molte volte è condizionata, ridotta o comunque, alcune volte, anche impedita. ALTERO MATTEOLI. Se in Sicilia si tratta di competenze della regione non cambia nulla. UGO MARCHETTI, Capo del II reparto operazioni del Comando generale della Guardia di finanza. No, senz'altro. Era per dire che in Sicilia è successo questo e che bisognerebbe individuarne le cause. Noi ci interessiamo soprattutto del fatto che in Sicilia c'è un'intensità di sportelli bancari superiore a quella del Veneto. E' un fatto. PRESIDENTE. Ancora adesso, nonostante l'intervento di banche del nord? UGO MARCHETTI, Capo del II reparto operazioni del Comando generale della Guardia di finanza. Adesso non credo. Questa situazione fu verificata dalla precedente Commissione antimafia. PRESIDENTE. Vi è stata la sostituzione con banche di dimensioni maggiori. UGO MARCHETTI, Capo del II reparto operazioni del Comando generale della Guardia di finanza. Un'ultima considerazione riguarda la banca dati unica, centralizzata, questione rappresentata dall'onorevole Ayala, al quale la Guardia di finanza è riconoscente per le parole di apprezzamento. Siamo sempre stati un corpo che avanza proposte. Se l'assetto attuale dell'ordinamento giuridico in ordine a questi problemi ha subìto qualche Pag. 123 mutamento è anche perché la Guardia di finanza, nel tempo, ha fatto proposte. Una prima riguardò la criminalizzazione del riciclaggio, recepita nella legge n. 55 del 1990; una seconda proposta riguardò il divieto nell'uso dei contanti, recepito nella legge n. 197 del 1991, secondo un assetto normativo che è assolutamente eccezionale rispetto a tutti gli ordinamenti giuridici; si affianca a quello francese ma non ha altri riscontri. Quindi, la nostra legislazione è di avanguardia e la possibilità per la Guardia di finanza di verificare cosa accada fuori evidenzia come il nostro ordinamento giuridico determini una situazione privilegiata rispetto a quella austriaca o a quella europea in genere, nonché a quella statunitense o sudamericana. Siamo molto avanti sul piano propositivo e attuativo, il che non significa che lo siamo su quello repressivo, probabilmente perché le norme devono andare a regime. Queste esistono già: occorrono adesso le persone. L'articolo 12-quinquies è di straordinaria importanza. Non appena la sua attuazione avrà raggiunto la piena potenzialità coercitiva e di captazione dei proventi e delle ricchezze illecite avrà raggiunto molti degli obiettivi che ci proponiamo. Si tratta quindi di creare le professionalità piuttosto che nuove norme. Certamente sono sempre possibili perfezionamenti, ma da cinque anni a questa parte i passi in avanti che il nostro paese ha compiuto nella lotta alla criminalità mafiosa, sotto il profilo economico e giuridico, sono veramente soddisfacenti. LUIGI ROSSI. Il colonnello mi scuserà per questa ingenua domanda, ma vorrei sapere che fine faccia la droga sequestrata. UGO MARCHETTI, Capo del II reparto operazioni del Comando generale della Guardia di finanza. Viene bruciata. LUIGI ROSSI. Subito? UGO MARCHETTI, Capo del II reparto operazioni del Comando generale della Guardia di finanza. La droga costituisce reperto nel procedimento penale, dopodiché viene bruciata. PRESIDENTE. Vorrei informare il collega Rossi che in genere vengono estratti campioni che servono per le analisi chimiche; il resto viene bruciato. UGO MARCHETTI, Capo del II reparto operazioni del Comando generale della Guardia di finanza. Una piccolissima parte di questi stupefacenti viene utilizzata per l'addestramento dei cani. PRESIDENTE. Ringrazio gli ufficiali della Guardia di finanza che hanno partecipato all'audizione odierna. La Commissione ha affrontato il tema specifico delle indagini sui beni posseduti, direttamente e indirettamente, dalla famiglia Riina; l'indirizzo potrebbe essere quello di indagare sulle grandi famiglie mafiose quali i Riina, i Provenzano, i Santapaola e così via. Se tali indagini non sono state compiute di recente sarebbe opportuno farlo anche per tenere sotto pressione, dal punto di vista patrimoniale, questi gruppi di potere. La Commissione gradirebbe conoscere il momento in cui inizierà tale attività investigativa. MARCO TARADASH. Purtroppo il tempo a disposizione è limitato e non ho potuto avere risposta alle cinque o sei domande da me poste ai rappresentanti della Guardia di finanza. PRESIDENTE. Avrà le risposte per iscritto. MARCO TARADASH. Propongo perciò di svolgere un nuovo incontro con il colonnello Marchetti, nel corso del quale egli potrà riferire oralmente; questa ipotesi mi sembra più utile rispetto alla lettura di dati burocratici. PRESIDENTE. L'incontro di oggi è stato necessariamente sintetico. Dopo un attento esame che ci verrà fornito potremo Pag. 124 affrontare i temi principali, contando sulla disponibilità dei nostri ospiti, ai quali rinnovo il ringraziamento per il contributo portato alla Commissione. (I rappresentanti della Guardia di finanza sono accompagnati fuori dall'aula). Sui lavori della Commissione. PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, prima di procedere alla seconda audizione dobbiamo decidere quando svolgere le audizioni dei rappresentanti dello SCO e della DIA, impegni che non devono essere rimandati eccessivamente, per non perdere il filo della continuità. Possiamo svolgere entrambe le audizioni giovedì prossimo, ovvero rinviare a venerdì mattina quella dei rappresentanti della DIA, anche se questa seconda ipotesi comporta un po' di sacrificio per i membri della Commissione. PAOLO CABRAS. Se concentriamo le due audizioni in un solo giorno, la discussione rischia di essere compressa. Certamente non verremmo meno ai nostri compiti istituzionali anche se non fissassimo per questa settimana l'audizione dei rappresentanti della DIA. Si può rinviare a martedì. PRESIDENTE. Mi sembra che si possa raggiungere un accordo nel senso di stabilire che giovedì mattina si svolgerà l'audizione dei rappresentanti dello SCO e venerdì mattina quella dei rappresentanti della DIA. ALTERO MATTEOLI. No, presidente, siamo in molti a preferire che l'audizione dei rappresentanti della DIA si svolga martedì della prossima settimana. PRESIDENTE. Riprenderemo il tema dei lavori della Commissione al termine della seduta. Audizione dei comandanti ed ufficiali del Raggruppamento operativo speciale (ROS). PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del generale Antonio Subranni, comandante del Raggruppamento operativo speciale, che è accompagnato dal tenente colonnello Mario Mori, vice comandante, e dal maggiore Mario Obinu, comandante del reparto criminalità organizzata. ANTONIO SUBRANNI, Comandante del Raggruppamento operativo speciale dell'Arma dei carabinieri. Signor presidente, consegno alla Commissione una relazione sulle operazioni compiute dal ROS in un anno e mezzo di vita. Questo documento non contiene una parola in più di quanto necessario per illustrare l'attività svolta e soprattutto per dimostrare l'impegno degli uomini di questo organismo, che sono pochi, determinati e professionalmente molto capaci. Sono a vostra disposizione per eventuali domande. PRESIDENTE. Comandante Subranni, la Commissione sarebbe interessata a conoscere le strategie operative del ROS ed i suoi rapporti con la DIA. Vorrebbe inoltre sapere quali siano le attività principali svolte (rapporti investigativi, ricerca latitanti, accertamenti di carattere patrimoniale) e quale sia il giudizio del ROS, un corpo altamente specializzato, sull'attuale fase in cui versa la criminalità organizzata e sulle possibili opere di contrasto. ANTONIO SUBRANNI, Comandante del Raggruppamento operativo speciale dell'Arma dei carabinieri. Il rapporto con la DIA è di massima collaborazione: questo organismo ha compiuto i primi passi insieme a noi. L'importante è che i servizi centrali di polizia giudiziaria - il ROS è uno di questi - possano permanere e che ognuno lavori nell'ambito delle proprie competenze e, io aggiungerei, delle proprie responsabilità. E' il lavoro d'assieme, infatti, che può consentire ulteriori successi. I servizi centrali sono il ROS dei Carabinieri, lo SCO della Polizia di Stato e il GICO della Guardia di finanza. Pag. 125 ERMINIO ENZO BOSO. Dove sono dislocati? PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PAOLO CABRAS ANTONIO SUBRANNI, Comandante del Raggruppamento operativo speciale dell'Arma dei carabinieri. Questi organismi sono stati istituiti perché la criminalità organizzata evade l'ambito provinciale e regionale; ci sono collegamenti anche con la criminalità organizzata d'oltreoceano. La struttura del ROS è molto snella, composta da tre reparti operativi centrali ed altri 26 sparsi in tutto il territorio in corrispondenza delle direzioni distrettuali. In ogni sede DDA opera cioè un reparto del ROS. Dalla relazione sui risultati conseguiti, che ho consegnato al presidente, emerge la specialità del ROS, che compie investigazioni in più regioni. Ad esempio, per l'associazione per delinquere che fa capo al gruppo dei Fidanzati le indagini hanno riguardato 300 chili di cocaina ed alcune raffinerie, ed hanno portato alla confisca di negozi, stabili e ville. Questa è l'entità delle operazioni che competono al ROS. Con reciproca soddisfazione abbiamo risolto anche i rapporti con la DIA. Già esisteva un'ottima intesa con gli altri servizi di polizia giudiziaria di livello nazionale; adesso abbiamo disciplinato il rapporto con la DIA, alla quale abbiamo dato buona parte del personale specializzato: in particolare, il ROS ha fornito il 50 per cento dei propri comandanti di reparto e distaccheremo presso questo organismo altri 80 funzionari (ufficiali e sottufficiali di polizia giudiziaria). Abbiamo sempre collaborato lealmente con i dirigenti della DIA, con i quali siamo in ottimi rapporti. La DIA non ha compiti in via esclusiva in materia di criminalità organizzata. Il secondo reparto di questo organismo si interessa istituzionalmente dell'attività di investigazione nel campo della criminalità organizzata. Esclusivamente e non in via esclusiva, perché la legge istitutiva fa carico alla DIA di avere contatti con il ROS e lo SCO. Ciò vuol dire che anche noi dovremmo avere le stesse strutture per raccordarci tra noi. Dunque, ci sono le premesse perché la DIA abbia un buon decollo e ne siamo felicissimi, perché il lavoro non manca e quindi non abbiamo alcuna preoccupazione. Quanto alle linee operative, il ROS si avvale di personale specializzato che per lunghi anni, densi di avvenimenti, ha svolto solo questo tipo di lavoro, esonerato da attività amministrative, disciplinari o altro. Grazie alla rete di sezioni dislocate su tutto il territorio nazionale il ROS ha potuto attuare il principio fondamentale della mobilità assoluta. Sono state compiute notevoli operazioni in Versilia, a Bolzano, a Trento, in Sicilia, in Calabria, che hanno portato a numerosissimi arresti. Ciò è stato possibile perché la struttura svolge attività unicamente nel campo della criminalità organizzata e perché è una struttura agile, composta da militari che vi permarranno a lungo, in modo che possano crescere anche dal punto di vista professionale. PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE LUIGI ROSSI. Desidero domandare al generale se sia vero che è stato siglato un patto fra camorra, mafia, sacra corona unita e n'drangheta, come risulterebbe da recenti notizie, e quali siano state le conseguenze di tale nuova formazione. Inoltre, vorrei sapere se siano state accertate nel nord infiltrazioni di criminalità organizzata, collegate alle quattro grandi organizzazioni criminali, specialmente per quanto riguarda i giostrai ed il clan del Brenta: si sono effettivamente verificate tali infiltrazioni, che sembrano aumentare quotidianamente? ALTERO MATTEOLI. Generale Subranni, lei considera la struttura del ROS, in base ai mezzi e agli uomini a Pag. 126 disposizione, sufficiente per affrontare il fenomeno della criminalità organizzata? Nel suo breve intervento, lei si è riferito testualmente a "grossi lavori" in Versilia: personalmente, so bene che la criminalità organizzata, più specificamente la mafia, è ormai uscita dalle regioni tradizionali ed ha cominciato ad operare anche nelle regioni del centro e del nord. Soprattutto in Toscana, vi sono stati "grossi lavori" - mi è piaciuto il termine che ha usato -, in particolare in Versilia e a Montecatini. Lo stesso Madonia è stato arrestato nel Veneto dopo un soggiorno di due mesi e mezzo in alberghi della Versilia. Le chiedo quale giudizio dia sugli uomini a disposizione in queste regioni a rischio. Sono, a suo avviso, sufficientemente attrezzati e soprattutto preparati ad affrontare il fenomeno? Desidero inoltre domandarle generale, se nelle indagini compiute dalla vostra struttura nelle regioni del centro nord sia emersa la stessa collusione mafia-politica che è stata ormai acclarata ripetutamente nelle regioni del sud. SALVATORE FRASCA. Desidero porre due domande. In primo luogo, il ROS si è interessato o si sta interessando in Calabria dell'assassinio dell'onorevole Ligato? In secondo luogo, nel momento in cui si compiono indagini sulla criminalità organizzata e sui suoi collegamenti con il mondo politico ed istituzionale, le risulta che si possano evidenziare anche rapporti della criminalità organizzata con settori della magistratura? Ho letto, per esempio, un brillante rapporto dei carabinieri della legione di Catanzaro sul clan Muto e su certi collegamenti con alcuni magistrati della costa tirrenica cosentina: come finiscono queste indagini? Il lavoro dei Carabinieri è tutta polvere che si disperde perché vi sono muri invalicabili nel nostro sistema politico e istituzionale? Non mi riferisco al mondo della politica o all'apparato amministrativo ma all'ordine giudiziario. ALTERO MATTEOLI. Il rapporto a cui si riferisce l'onorevole Frasca è a disposizione della nostra Commissione? SALVATORE FRASCA. No, lo ho personalmente; fa parte di un processo che è stato celebrato. ALTERO MATTEOLI. Sarebbe opportuno acquisirlo agli atti della Commissione. SALVATORE FRASCA. Comunque, può darsi che sia già agli atti della Commissione: riguarda il processo Muto, che il presidente conosce bene. PRESIDENTE. Sì, possiamo verificare se il rapporto si trovi agli atti della Commissione; altrimenti, possiamo acquisirlo. SALVATORE FRASCA. In ogni modo, con l'autorizzazione del presidente, posso far fotocopiare una lettera che mi è giunta, relativa all'interrogativo che ho sollevato. PRESIDENTE. Non ritengo, senatore Frasca, che lei abbia bisogno della mia autorizzazione per far fotocopiare una lettera. SALVATORE FRASCA. Desidero far comprendere ai colleghi la ragione della mia domanda, nella speranza che i Carabinieri parlino, come solitamente avviene, poiché va dato atto della loro lealtà nei confronti dello Stato. PRESIDENTE. Il senatore Cappuzzo esulta per questa sua affermazione! MARCO TARADASH. Vorrei effettuare una prima valutazione sulla organizzazione del nostro lavoro senza alcuna intenzione polemica, ma per il futuro, visto che siamo agli inizi. Il generale Subranni ha svolto una relazione di pochi minuti, con la quale ci ha praticamente salutato e niente più, rinviando al documento scritto che ha portato. Noi, però, Pag. 127 non abbiamo letto tale documento, per cui siamo assolutamente disarmati rispetto ad ogni possibilità reale di confronto nell'ambito della presente audizione. E' come se stessimo svolgendo un quiz televisivo, nel quale poniamo alcune domande, alle quali ci vengono fornite alcune risposte. A mio avviso, se le audizioni andranno avanti in tal modo, avremo una buona rappresentazione dell'efficienza burocratica dei vari apparati dello Stato, ma non compiremo un passo in avanti nella comprensione dei problemi... PRESIDENTE. Mi scuso con l'onorevole Taradash per l'interruzione, ma desidero precisare che coloro che abbiamo convocato per la presente audizione hanno tutti ricevuto la medesima domanda da parte nostra, nel caso del generale Subranni attraverso il comandante generale dell'Arma dei carabinieri Viesti. Il tipo di risposta, particolarmente sintetica, del generale Subranni sarà valutato dai membri della Commissione. MARCO TARADASH. D'accordo, ma personalmente ritengo che dobbiamo premunirci rispetto ad una eventualità che in futuro non si dovrebbe verificare. Dovremmo organizzare meglio ... PRESIDENTE. Ritengo che il generale Subranni possa prendere atto dell'obiezione e compiere un'esposizione più analitica nella prossima occasione. MARCO TARADASH. Ripeto: non si tratta affatto di una polemica, ma dato che dovremo lavorare per cinque anni, dovremmo evitare di farlo in questo modo. Passo ad una serie di domande, alle quali è probabile che non riceveremo risposta, come è avvenuto nell'audizione dei rappresentanti del GICO appena conclusasi, ma che bisogna comunque porre. Vorrei innanzitutto capire quali siano oggi le aree nazionali più colpite dalla mafia o da organizzazioni simili, che agiscono in connivenza o sulla base di un metodo mafioso, anche se non sono strettamente di origine mafiosa. Vorrei inoltre sapere se si abbia una visione evolutiva del fenomeno, che consenta di comprendere in quale modo sia stato possibile che le famiglie mafiose uscissero da certe zone della Sicilia, investendo tutto il meridione e successivamente tutta l'Italia... UMBERTO CAPPUZZO. Non solo dalla Sicilia! Le famiglie operano in tutte le parti d'Italia. MARCO TARADASH. All'inizio sono partite dalla Sicilia; dato che negli ultimi quindici anni si è verificata una grande espansione, bisognerebbe cercare di comprendere come sia avvenuta, attraverso quali metodi e come sia possibile frenarla. In particolare, occorre chiedersi se si possa frenare con le armi della repressione, oppure se queste non siano utili. Rispetto a determinati fenomeni, per esempio, bisogna cambiare politica in termini più generali. Con riferimento al fenomeno della droga, vorrei avere una valutazione sulla sua importanza rispetto alla crescita della criminalità organizzata in Italia. Il generale Subranni ha ricordato in particolare un sequestro di 300 chilogrammi di eroina e la recente scoperta vicino a Bergamo, quindi non in Sicilia, di raffinerie di cocaina della famiglia Fidanzati. I sequestri complessivi di eroina nel nostro paese quest'anno dovrebbero ammontare a circa 2 mila chili: desidero pertanto domandare al generale Subranni quale dimensione del traffico di droga (eroina e cocaina) il ROS valuti per l'Italia; quanti chili di droga circolino ogni anno nel nostro paese; di conseguenza, quale percentuale rappresentino i 2 mila chili di droga sequestrati, se il 50, il 5, o lo 0,5 per cento della droga in circolazione. Non metto in dubbio l'efficienza della Gurdia di finanza rispetto al problema del riciclaggio, o dei Carabinieri rispetto ai sequestri di droga; piuttosto, metto in dubbio l'efficacia di una politica, domandandomi Pag. 128 cosa essa produca, pur espressa ai massimi livelli di efficienza - poi, ci direte se quei livelli sono effettivamente tali -. Vorrei inoltre capire quali siano le reti di traffico e delle organizzazioni criminali in Italia: intendo riferirmi non soltanto a quelle mafiose, ma anche alle altre reti, nazionali o internazionali, che operano nel nostro paese. In relazione a ciò, vorrei sapere se rientri tra i vostri compiti istitutivi quello di lavorare anche sulle reti italiane che operano all'estero e se, di conseguenza, abbiate una visione dell'espansione della criminalità organizzata in Europa, in particolare in quella dell'est. I vostri collegamenti internazionali all'interno ed all'esterno della Comunità europea, in particolare con i paesi dell'est, sono operativi e funzionali, oppure no? Passo ad un'altra domanda. Dato che, com'è noto, all'interno del mondo politico vi sono fenomeni di corruzione, denunciati ed ampiamente pubblicizzati, vorrei sapere se tali fenomeni si riscontrino anche all'interno dell'Arma dei carabinieri - oltre che di altre forze dell'ordine, di cui, però ci occuperemo in altre occasioni -. Esiste all'interno dell'Arma un osservatorio relativo ai casi di corruzione? Ancora: si sono verificati, soprattutto nel nord, episodi che hanno fatto sospettare infiltrazioni all'interno dell'Arma; si possono temere infiltrazioni anche nel resto d'Italia ed esiste un monitoraggio rispetto ad esse? Passo all'ultima questione. Il vicecomandante dell'Arma dei carabinieri, Grilli, ha recentemente proposto la legalizzazione del commercio della droga come soluzione politica ad un problema che ritiene non possa essere affrontato in termini di repressione: vorrei quindi sapere se l'Arma abbia una propria posizione e se l'abbia comunicata al Governo, o se il generale Subranni abbia qualche opinione personale in merito. ANTONINO BUTTITTA. Ritengo di interpretare anche le valutazioni di altri colleghi nel manifestare al generale Subranni un apprezzamento positivo in ordine al lavoro che egli svolge, insieme con collaboratori validissimi. Si tratta di un lavoro di cui molti di noi conoscono i risultati positivi. La domanda che desidero rivolgere al generale riguarda la dimensione che l'attività della criminalità mafiosa sta progressivamente assumendo nel nostro paese: desidero sapere in particolare, se le famiglie mafiose, oltre ad essere presenti nel settore degli appalti, della produzione e del commercio degli stupefacenti, comincino per caso ad essere presenti anche in quello alberghiero. PRESIDENTE. Invito tutti i colleghi alla stringatezza dell'onorevole Buttitta. VITO RIGGIO. Mi rifaccio anch'io alla breve introduzione del generale Subranni, che d'altronde ha consegnato un testo... PRESIDENTE. Si tratta di uno schema relativo alle operazioni, che non contiene un'analisi. VITO RIGGIO. Se non vi sono valutazioni nel documento, ritengo che rientri nelle tradizioni e nel significato della nostra Commissione parlamentare l'utilizzazione dell'altissima professionalità ora a disposizione in questa sede, anche se non so bene in quali termini il generale possa rispondere alla mia domanda. Abbiamo sentito ancora una volta, da fonti extraparlamentari, cioè giornalistiche, che stanno avvenendo all'interno delle organizzazioni mafiose fenomeni di grande rilievo e mutazioni profonde, che inducono addirittura qualcuno ad intravedere un principio di dissolvimento dell'organizzazione tradizionale. Si tratta di un'esagerazione giornalistica, eccessivamente positiva, così come erano eccessivamente negative alcune valutazioni di qualche mese fa? Corrisponde, in qualche modo, ad un possibile processo che si è aperto? Cosa sta accadendo e da cosa può essere sostituito quel processo, visto che si fa riferimento ad organizzazioni che non fanno più formalmente capo a Cosa nostra? A quale realtà siamo di Pag. 129 fronte, se vi sono già elementi sufficienti per una valutazione? Quali sono i possibili risvolti in termini di riattrezzatura dello Stato nell'ambito della lotta alla mafia, o meglio alla criminalità organizzata complessiva, vista la distinzione che è stata introdotta? MARIO BORGHEZIO. Nel corso dell'audizione svoltasi l'8 ottobre il ministro dell'interno ha affermato, relativamente alle richieste di scioglimento dei consigli comunali in odore di mafia, che se si dovesse dar credito ai fatti emersi e indicati in molte interrogazioni parlamentari, dovrebbero essere sciolti moltissimi consigli comunali, per motivi legati o ad attività propriamente mafiose o, in generale, al connubio fra politica e affari, fra politica e criminalità politica. Il fenomeno è evidentemente molto vasto e radicato. Vorrei sapere se il Raggruppamento operativo speciale abbia in programma indagini specifiche sui rapporti fra politica e affari, in relazione agli eventi evidenziati nelle indagini in atto sulle varie "tangentopoli", che stanno emergendo in tutto il paese; in particolare, sul quadro poco confortante che si delinea nella realtà degli enti locali, soprattutto di quelli comunali. A tale proposito segnalo un paio di episodi specifici della regione da cui provengo, cioè il Piemonte. In un comune nei dintorni di Moncalieri in piena aula consiliare sono stati ascoltati discorsi, che mi pare siano stati frettolosamente censurati in sede di verbalizzazione, non so se immediata o successiva. "Siamo uomini d'onore!": questo è stato detto e ripetuto in un acceso dibattito da parte di esponenti consiliari. PAOLO CABRAS. Ricordiamo Shakespeare: anche Bruto era un uomo d'onore! MARIO BORGHEZIO. In un altro comune del Piemonte profondo, quello di Giaveno, nella provincia di Torino, una persona, che ha vissuto una lunga vicenda di contenzioso con l'amministrazione comunale, si è rivolta all'autorità giudiziaria affermando : "Non mi sento più di vivere in un clima che non è più quello tradizionale del mio paese. Mi sembra di vivere in una realtà profondamente mafiosa!". Vorrei, relativamente a questi aspetti, quindi ad una realtà di penetrazione della "piovra" anche al nord, sapere quali siano le indagini in corso e se vi sia una specifica attività programmata, partendo comunque dagli elementi già emersi, sui rapporti fra mafia e immigrazione extra-comunitaria clandestina. GIROLAMO TRIPODI. La prima domanda, che pongo in termini molto stringati, riguarda l'entità e la dislocazione delle forze organizzate attorno ai ROS, in tutta l'area nazionale ma soprattutto nelle zone ad alto rischio, vale a dire nelle regioni che sono più colpite dalla presenza mafiosa, quelle del Mezzogiorno per intenderci, anche se addentellati esistono in altre aree del paese. Ritengo che la lotta alla mafia possa avere successo soltanto se si riuscirà a colpire nel segno. Sappiamo che il nostro impegno particolare deve essere concentrato sugli interessi della mafia; mi domando allora perché negli ultimi anni si sia registrata una caduta delle indagini patrimoniali, cioè dell'attività di sequestro e poi di confisca degli arricchimenti illeciti e quali siano i risultati ottenuti, stando all'esperienza dei nostri interlocutori, per quanto riguarda l'attività di smascheramento degli intrecci fra mafia e politica. Nel caso in cui siano stati conseguiti risultati, vorrei conoscerli in maniera dettagliata, con riferimento al numero, sia alle località. GIOVANNI FERRARA SALUTE. Mi è giunta una voce autorevole, anche se molto generica e riservata, secondo la quale nella regione Toscana - tale fenomeno evidentemente è più generale - il terreno di formazione delle condizioni adatte allo sviluppo e all'intervento della Pag. 130 vera e propria organizzazione mafiosa si starebbe ampiamente fecondando e sviluppando, soprattutto in relazione alla crisi economica attualmente esistente. Faccio un esempio, che rappresenta il punto dolente della situazione. La necessità di una grandissima quantità di imprese piccole o medie di rientrare, a cascata, dei rispettivi crediti, fa sì che si sviluppi una particolare attività di piccole organizzazioni, tendenti appunto a conseguire il rientro di crediti a pagamento. Si tratta di un vero e proprio racket per ottenere, a pagamento, con la violenza e la minaccia, il rientro dei crediti. In altri termini, sta diventando normale un sistema sostitutivo della usuale procedura di ricorso al tribunale civile. Ciò crea una manovalanza numerosa e soprattutto un clima diffuso, nel quale la vera e propria criminalità organizzata trova un terreno di entrata e di sviluppo. Se fenomeni del genere si verificassero su ampia scala, ci troveremmo di fronte ad un nuovo gradino di diffusione della mafiosità organizzata, in quanto essa troverebbe davanti a sé un fenomeno organizzativo della società: dovendo in qualche misura ricorrere, per espletare normali funzioni economiche, alla piccola criminalità, creerebbe in realtà un terreno di coltura per la grande criminalità. Vorrei sapere se fenomeni di questo genere, che producono un ampliamento del terreno della grande mafiosità, siano effettivamente in corso e conoscere la valutazione che se ne dà. ERMINIO ENZO BOSO. Chiedo che il generale Subranni esponga alcune considerazioni circa la disposizione dell'Arma dei carabinieri sul territorio, sul fatto ad esempio che le squadre informative dei gruppi delle diverse compagnie si trovino in grande difficoltà ad operare, per i carichi di lavoro e per la mancanza di sottufficiali e di agenti che possano svolgere i servizi di polizia giudiziaria. Secondo il generale Subranni, sarebbe opportuno sciogliere i battaglioni e dispiegare un notevole numero di militari sul territorio, in agganciamento con questi servizi, che, secondo quanto mi risulta da incontri che ho avuto con ex commilitoni (ho prestato servizio nell'Arma) si trovano in grandi difficoltà anche per la presenza di cinque-sei milioni di extracomunitari senza documenti? (Commenti). Informatevi, se veramente i militari dell'Arma, i sottufficiali della pubblica sicurezza vi vogliono fornire i dati riguardanti tutto il territorio nazionale! Essi si trovano in grandi difficoltà, in quanto vi sono persone che, dietro indicazione di alcuni movimenti politici, distruggono i documenti e non hanno più la possibilità di rientrare, in quanto le loro ambasciate li rifiutano. Signori miei, andate presso l'Arma dei carabinieri e informatevi, perché questa è la verità! (Commenti). Si tratta di cinque o sei milioni di extracomunitari: ho desunto questi dati da rapporti che ho ricevuto da colleghi di Palermo, Torino, Milano ed altre zone. E credo più ai sottufficiali dell'Arma, che a tante indicazioni di ministri e guardasigilli! ALTERO MATTEOLI. Bisognerebbe sentire gli appuntati, perché anche essi sono ben informati! ERMINIO ENZO BOSO. Prenditi pure il pensiero di dove vado a raccogliere le informazioni! Stavo dunque dicendo che nell'addestramento dei battaglioni rimangono dei piccoli nuclei per la manutenzione dei mezzi: mi chiedo se possano essere addestrati per integrare il sistema dei servizi particolari delle squadre informative. Altra domanda è se sia possibile che Gelli sia sottoposto a scorta, per cui sottrae ancora personale di servizio in un periodo come l'attuale, nel quale la nazione tutta sta affrontando notevoli pericoli. Infine vorrei sapere se secondo il generale Subranni sarebbe più utile, per una guida sicura dell'Arma, che il comandante generale provenisse dai quadri della medesima e non fosse soggetto ad indicazioni politiche nell'ambito del comando? Pag. 131 PRESIDENTE. Vorrei pregare i colleghi di non partecipare in modo così rumoroso alla seduta (Commenti). Bisogna stare attenti, perché l'onorevole Matteoli è un toscano! ANTONINO BUTTITTA. Da buon toscano, l'onorevole Matteoli vorrebbe imporre la lingua italiana! PRESIDENTE. A volte si perseguono obiettivi irraggiungibili! MICHELE FLORINO. Debbo formulare un'eccezione procedurale, anche per una serie di domande che vanno al di fuori del tema è oggi all'ordine del giorno. Domande di un certo tipo, infatti, vanno rivolte in separata sede. Pur rispettando il ruolo dei commissari e la libertà di rivolgere domande ad un generale dei carabinieri e ad altri emeriti componenti dell'Arma, quella riguardante l'inquinamento dell'Arma stessa mi sembra fuori luogo e, oltretutto, pesante, soprattutto perché l'audizione che si sta svolgendo è pubblica. Quanto dico è ancora più valido per quei commissari che fanno vertere le loro domande su temi politici non attinenti alle competenze della Commissione. Se vogliamo confrontarci politicamente sulla legalizzazione o meno della droga, facciamolo pure, ma riservando a questo tema una seduta apposita. Non voglio più sentire affermazioni che mi offendono come cittadino, prima ancora che come parlamentare! Il generale Subranni si è soffermato sul fatto che il 50 per cento delle forze di cui dispone dovrà essere destinato alla DIA. Poc'anzi il colonnello Marchetti ha fatto riferimento ai valorosi ufficiali della Guardia di finanza, che dovranno essere anch'essi destinati alla DIA. Poiché quest'ultima, secondo il mio punto di vista, è una direzione investigativa antimafia con caratteri maggiormente amministrativi che operativi, visto che il ROS ha sul territorio 26 sezioni operative e veloci, quali conseguenze comporterà per l'operatività dell'Arma questa dislocazione di forze operative presso la DIA? ANTONIO BARGONE. E' difficile rivolgere domande sulla base di una relazione inesistente, però ci proverò, facendo soprattutto riferimento alla necessità di individuare l'adeguatezza dei corpi rispetto alla lotta alla criminalità organizzata. Rivolgendomi in particolare al colonnello Mori, chiedo di conoscere puntualmente come sia organizzato e dislocato il Raggruppamento operativo speciale e da quanti uomini sia composto. Rivolgo questa domanda perché abbiamo appreso che esiste un'assoluta sproporzione fra il numero di uomini delle forze dell'ordine che agiscono sul territorio nazionale, e il deficit di investigazione, l'elemento più preoccupante che si evidenzia nella lotta alla criminalità organizzata. Si tratta di sapere, allora, come agiscano questi uomini e sulla base di quali input o criteri (dopo aver avvertito l'assenza dell'attività investigativa dei nuclei in moltissime circostanze). In altri termini: qual è il rapporto tra l'attività del nucleo e quella ordinaria dell'Arma dei carabinieri e delle altre forze dell'ordine? E' importante sapere se l'attività investigativa di questi nuclei venga avviata, si svolga su indicazione e su stimolo della magistratura o se, invece, essa sia autonoma e spontanea. In tal caso, poi, occorre capire quando e perché venga compiuta. Sarebbe anche interessante conoscere il rapporto con le altre forze dell'ordine, sia perché il punto dolente è sempre quello del coordinamento tra le forze, sia perché occorre comprendere se i criteri che orientano l'attività investigativa dei nuclei sul territorio nazionale diano luogo ad un'attività in qualche modo coordinata con le altre forze dell'ordine, dal punto di vista non organizzativo, bensì delle strategie, cioè rispetto ai settori di intervento, al tipo di indagini da svolgere. Chiedo ai nostri ospiti se un coordinamento vi sia; in caso negativo, Pag. 132 chiedo di sapere se si svolgano attività parallele, che in qualche caso si sovrappongano e creino confusione. Secondo il dirigente del GICO che abbiamo ascoltato poco fa l'avvento della DIA comporterà un depauperamento, dal punto di vista qualitativo, dell'attività investigativa del GICO. Vorrei chiedere ai nostri ospiti se tale avvento comporterà un effetto analogo anche per quanto riguarda i ROS, nonché se si verificherà un'ulteriore conseguenza, a mio avviso più grave, consistente in una centralizzazione dell'attività investigativa e quindi in un minore intervento in periferia, ossia nelle realtà più a rischio in rapporto alle quali, già con l'attuale articolazione del nucleo, si registra un gravissimo deficit di investigazione. Mi riferisco non soltanto all'attività criminale in generale, ma a quella della criminalità organizzata in particolare. UMBERTO CAPPUZZO. E' un vero peccato che non ci si possa intrattenere più a lungo con Subranni e Mori, nel momento in cui si ha la fortuna di averli qui; essi potrebbero intrattenerci su un tema che si potrebbe definire "la mafia vista nel corso di una carriera". Sarebbe interessante, infatti, confrontare le esperienze vissute dal Subranni capitano, maggiore, tenente colonnello, colonnello periferico ed il Subranni generale che opera in un organo centrale. Sarebbe altresì estremamente interessante sentire da Mori... ALTERO MATTEOLI. Con quel cognome! UMBERTO CAPPUZZO. Si tratta di un cognome che richiama un passato. Comunque, il colonnello Mori ha avuto la fortuna di operare direttamente con il grande Falcone; egli quindi potrebbe dirci molte cose sull'argomento. All'ufficiale dell'Arma che ha raggiunto quel livello e che ricopre quell'incarico vorrei chiedere, in un confronto fra l'esperienza passata di una lotta alla mafia condotta con le organizzazioni, i metodi e le leggi di allora e l'esperienza attuale dell'organizzazione, le leggi e la situazione di oggi, se egli trovi grandi differenze e, in caso affermativo, se queste siano in positivo o in negativo. In particolare, vorrei sapere che cosa prenderebbe del passato e che cosa si augurerebbe di poter ulteriormente innovare. Ritengo, infatti, che il magnifico osservatorio in cui si trova gli consenta di vedere le cose in maniera diversa. In sostanza, vorrei sapere che cosa egli vorrebbe introdurre, per una lotta più incisiva (mi riferisco a tanti colloqui avuti, in via privata, molti anni fa), nell'organizzazione e nei metodi di lotta. In secondo luogo, desidero sapere che fine abbiano fatto tutti i bei rapporti presentati a Palermo. PRESIDENTE. Si riferisce a quelli sugli appalti? UMBERTO CAPPUZZO. A quelli sugli appalti e ad altri ancora. PAOLO CABRAS. Il collega Cappuzzo mi ha in qualche modo preceduto: vorrei infatti chiedere al colonnello Mori quali sviluppi abbia avuto negli ultimi tempi (se ne ha avuti) l'indagine giudiziaria scaturita dal rapporto del ROS sugli appalti pubblici a Palermo, di cui avemmo occasione di occuparci nella Commissione antimafia della scorsa legislatura. CARLO D'AMATO. Credo che sia doveroso sottolineare ulteriormente la capacità e i meriti degli ufficiali presenti a questa audizione, il generale Subranni, il colonnello Mori e il maggiore Obinu. Desidero, tuttavia, sottolineare un punto, su cui qualcuno si è già soffermato, che mi è sembrato per certi aspetti (anche se l'illustrazione del generale Subranni non poteva che essere così rapida) non affrontato in maniera definitiva. In particolare, fonti autorevoli hanno sottolineato in questa sede come la lotta alla malavita organizzata debba recuperare un dato di fondo, rappresentato dal coordinamento Pag. 133 vero tra i corpi dello Stato. Si tratta - lo ripeto - di fonti autorevoli che appartengono alla storia anche recentissima di questa Commissione: infatti, il Presidente del Consiglio e il ministro dell'interno sono le massime autorità in materia. Mi rendo conto che l'ossequio alle leggi caratterizza la loro attività; desidero, tuttavia, formulare una domanda, sulla base di una sorta di finzione, non riferita alla loro ufficialità. In particolare, desidero chiedere ai nostri ospiti se ritengano che l'apparato dei corpi speciali delle tre armi, come è attualmente definito, raggiunga un livello di coordinamento vero. Vorrei sapere inoltre se essi ritengano che la DIA possa rappresentare il punto di riferimento più alto di un'azione di coordinamento; in particolare, la domanda formulata dal senatore Florino introduce una valutazione circa il fatto che la DIA debba ridursi ad un apparato di ordine amministrativo oppure configurarsi come un organo in cui si concentrino le migliori intelligenze oltre all'operatività complessiva e unitaria delle tre forze di polizia. Questa mia domanda si riallaccia anche ad un'altra considerazione svolta, in ordine alla quale si ha conoscenza di un'iniziativa ufficiale da parte del ministro dell'interno: mi riferisco alla questione del segretario generale, che probabilmente dovrebbe rappresentare un punto di riferimento, per alcuni aspetti superiore alla DIA, che organizzi da un punto di vista operativo la vostra attività. Al riguardo, vorrei acquisire il vostro parere. PRESIDENTE. Vorrei chiedere al generale Subranni e al colonnello Mori se il ROS svolga anche indagini di carattere patrimoniale o se queste siano delegate esclusivamente alla Guardia di finanza. ANTONIO SUBRANNI, Comandante del Raggruppamento operativo speciale dell'Arma dei carabinieri. In costanza di una investigazione che si conclude con l'identificazione di associazione per delinquere di tipo mafioso, noi prendiamo in esame anche l'aspetto patrimoniale. PRESIDENTE. Sono state svolte indagini sui beni di cui dispongono le famiglie Riina, Provenzano e Santapaola? ANTONIO SUBRANNI, Comandante del Raggruppamento operativo speciale dell'Arma dei carabinieri. No. Comunque, mi sembra che non vi siano altre domande, anche se non ho preso nota con esattezza. PRESIDENTE. Le faremo pervenire un elenco. ANTONIO SUBRANNI, Comandante del Raggruppamento operativo speciale dell'Arma dei carabinieri. Il collega Mori si soffermerà sui compiti istituzionali del ROS e su qualche operazione che riguarda anche l'Italia settentrionale (l'asse Bolzano-Trento, la Versilia, Genova e la Lombardia), e non sempre la Calabria o la Sicilia. Si tratta di lavori che eccedono i limiti di tali regioni e metteranno in evidenza i legami strutturali tra mafia ed altri ambienti. Circa il fatto che la mia relazione sarebbe inesistente, desidero precisare che non mi è stata richiesta una relazione. Anzi, se il presidente lo consentirà, potrò inserire gli elementi che mi sono stati richiesti nell'ambito di una relazione, che mi riservo di inviare nel giro di pochissimi giorni. Oggi ho presentato non un documento sul ROS, ma un elenco cronologico delle operazioni compiute che non possono essere portate avanti soltanto da un comando di compagnia, di gruppo o di squadra mobile. Si tratta di 193 operazioni frutto del sacrificio dei miei uomini, che si espongono. Qualcuno mi ha rivolto una domanda in ordine alla legge sulla droga. Quest'ultima si è rivelata come una legge provvida, che ci ha consentito di colpire nei gangli vitali la mafia, la 'ndrangheta e la camorra, che sono collegate tra loro. Raggiungere queste organizzazioni significa Pag. 134 porre il mio personale in serio, costante e immanente pericolo. Lo dico responsabilmente, anche perché ogni operazione del genere mi costa un sottufficiale o un ufficiale che parte perché lo devo allontanare per motivi di sicurezza. Mi auguro che le mia affermazioni vengano verbalizzate. Ogni operazione contro associazioni per delinquere come quella del cartello di Medellin mi costa un sottufficiale o un ufficiale da trasferire, per consentirgli di sfuggire ad un pericolo di vita conseguente al fatto che potrebbe incontrare qualcuno in combutta col quale ha fatto venire due o trecento chili di cocaina - mi riferisco alla circostanza in cui uno dei miei uomini agisca da infiltrato (questa è la definizione tecnica) -; è sufficiente che egli incontri per strada un delinquente precedentemente arrestato il quale gli dica: "Buongiorno, maresciallo" per farmi perdere un uomo. Ribadisco che il documento che ho consegnato contiene un elenco delle operazioni compiute attraverso il sacrificio di piccoli uomini, che non si attendono nulla, né ricompense, né premi, né denaro, né carriera. Un appuntato, infatti, non diventa ufficiale, ma rischia veramente molto. Certamente nell'Arma possono verificarsi episodi negativi di comportamento e noi abbiamo la coscienza a posto per poterli denunciare. Tra l'altro, investighiamo anche in materia di spionaggio, nell'ambito del quale abbiamo in corso operazioni ad alto livello (non credo di violare il segreto istruttorio dicendo ciò). Circa due mesi fa si è verificato il caso di un carabiniere, che noi del ROS abbiamo arrestato perché era una spia; si è detto anzi che era una spia per amore, tanto che il magistrato non avrebbe quasi voluto arrestarlo. Recentemente abbiamo arrestato una funzionaria del SISMI, ed abbiamo in corso altre operazioni di questo genere. Intendo dire che, con la ventata di democratizzazione venuta dall'est, l'Europa è diventata certamente di colpo più grande, ma è diventata di colpo più grande anche la criminalità. Ora, infatti, si tolgono i coperchi e viene fuori la verità. In tale contesto, operiamo con serietà, determinazione ed impegno. E' stato chiesto, inoltre, se il parere del vicecomandante dell'Arma in ordine alla liberalizzazione della droga sia patrimonio comune dell'Arma. Quello al quale si è fatto riferimento è un parere personale; io ne ho un altro, del tutto opposto. Ma non mi si può rivolgere una domanda del genere, perché non riguarda l'Arma dei carabinieri. Analogamente, non mi si può chiedere un parere circa il fatto che i battaglioni debbano essere disciolti o sulla provenienza del comandante generale (Commenti del senatore Boso). A questa domanda risponderà il colonnello Mori quando parlerà della struttura del ROS. Egli è un mio validissimo collaboratore e ci tengo che prenda la parola. MARCO TARADASH. Lei deve darci risposte precise; non può venire qui a farci un "cazziatone", come fossimo bambini davanti ad un superiore! Ho fatto delle domande che appartengono alla logica della repressione delle organizzazioni criminali, perché la nostra è una Commissione politica che ha il compito di studiare il modo in cui affrontare il fenomeno criminale dal punto di vista politico. Il sacrificio è certamente dei carabinieri come è anche di alcuni politici. Non si può quindi contrapporre sacrificio a sacrificio, ma occorre parlare in termini di organizzazione, di risultati e di suggerimenti. ANTONIO SUBRANNI, Comandante del Raggruppamento operativo speciale dell'Arma dei carabinieri. I risultati sono 193 operazioni. Non pensavo di dover dare conto del lavoro svolto. Comunque, per fortuna ho portato un documento che contiene cenni storici, non è affatto retorico ed evidenzia quante persone sono state arrestate, come si sono concluse le indagini e quali imputazioni sono state mosse. Pag. 135 PRESIDENTE. L'onorevole Taradash ha posto alcune domande specifiche. Probabilmente non a tutte è possibile rispondere immediatamente. Ad alcune risponderà il tenente colonnello Mori; per altro come abbiamo detto anche ai rappresentanti della Guardia di finanza, attendiamo una risposta per iscritto dopo che avremo fatto pervenire ai nostri ospiti l'elenco dei quesiti posti loro nel corso dell'audizione. ANTONIO SUBRANNI, Comandante del Raggruppamento operativo speciale dell'Arma dei carabinieri. Io ho preso nota delle sue domande. Si è parlato di "episodi negativi" di comportamento dell'Arma: ebbene, penso di aver risposto. Per quanto riguarda il parere espresso dal vice comandante, l'ho definito "suo personale". In riferimento al dissolvimento della mafia, penso che si tratti di un atteggiamento ottimistico, positivo. Da più parti si parla come se la mafia avesse accusato dei colpi - mi pare che l'onorevole Riggio mi abbia fatto una specifica domanda al riguardo - speriamo che sia così. Intanto, non potendo rivolgere a voi delle domande, le ho poste a me stesso. Mi sono chiesto: la criminalità organizzata è di estrazione sottoculturale? E' di estrazione comune? Questa bipartizione esaurisce il problema? Io non lo so. Per fortuna vedo che sono presenti dei tecnici, compreso il professor Galasso, i quali mi possono un po' seguire su di una valutazione che non vuol giungere ad una conclusione. Ho motivo di ritenere che gli omicidi di Falcone e Borsellino non siano in concreto propositi di vendetta, rinviati nel tempo e quindi attuati con ritardo: una vendetta a posteriori, postuma. Non penso sia così, perché a mio giudizio la mafia non ha bisogno di far passare del tempo, dopo che si sia verificato un episodio che faccia maturare in essa un proposito di vendetta, un desiderio di odio, per assicurarsi l'impunità. La mafia non ha di queste preoccupazioni! Falcone e Borsellino hanno offerto, con i loro comportamenti quotidiani, una miriade di occasioni facilissime per essere eliminati. La mafia non deve dare dimostrazione di potenza, inoltre agisce sulla base di un principio di stretta economia, come quella dell'uomo comune (a maggior ragione il malvivente!). Credo anzi che si possa escludere la vendetta. Rimane, invece, costante nel tempo il sentimento di odio. Ma non era necessario aspettare Falcone in Sicilia, per ucciderlo. Credo che sia stato tutto studiato, perché l'uccisione di Falcone e l'uccisione di Borsellino sono dei "missili a testata multipla". Lo stesso Giovanni Falcone conveniva con me parlando di "missili a testata multipla": a mio giudizio la mafia ha colpito più obiettivi, non ne ha mancato nemmeno uno. Spesso si parla di una maggiore sensibilità, di una maggiore attenzione dell'opinione pubblica. Io sono d'accordo, certo che questa maggiore sensibilità esiste, però non la sopravvaluterei. Soprattutto nella strage di Borsellino, ma anche in quella di Falcone, la mafia ha messo in preventivo il fatto che anche il cittadino comune sarebbe rimasto coinvolto. E perché? Perché il cittadino comune adesso si sente anche lui toccato dalla strategia criminale ed anche folle della mafia. Non so se ho risposto o meno riguardo alla previsione, eccessivamente ottimistica, di un dissolvimento; in ogni caso mi colloco tra coloro i quali devono continuare a lavorare con impegno. ALTERO MATTEOLI. Diversamente da quanto ha fatto nella relazione, nelle risposte lei ha toccato due argomenti di estrema rilevanza. Ora ci dice che gli attentati ai giudici Falcone e Borsellino non sono stati episodi di vendetta, ma altro. Le dispiacerebbe esplicitare bene il suo pensiero? Probabilmente io non ho ben compreso il suo ragionamento, da addetto ai lavori. Ha detto che non si sarebbe trattato di vendetta perché la mafia non ha bisogno di questo, ma allora di che cosa si sarebbe trattato? In che senso si può parlare di coinvolgimento del cittadino? E' importantissimo questo aspetto. Pag. 136 ANTONIO SUBRANNI, Comandante del Raggruppamento operativo speciale dell'Arma dei Carabinieri. Il coinvolgimento di comuni cittadini non era certo l'obiettivo unico perseguito nell'uccisione di Borsellino, ma è stato messo in conto dalla mafia quando ha fatto quel tipo di attentato. Poiché essa non fa nulla di gratuito, né si espone senza avere una precisa resa economica dall'azione che compie, io credo che abbia preventivato anche questo. Intanto si sono determinati malintesi in tutti i settori; ciò ha disorientato anche qualche parte delle istituzioni... ALTERO MATTEOLI. Ha fatto scoppiare le contraddizioni. ANTONIO SUBRANNI, Comandante del Raggruppamento operativo speciale dell'Arma dei carabinieri. Certamente. Ma perché ho detto questo? Perché sempre più si parla di una mafia che ha i giorni contati. Io non so ... PRESIDENTE. Mi scusi, generale, per quanto riguarda i due attentati si può parlare di modalità di esecuzione del tutto diverse da quelle relative all'esecuzione degli omicidi di Salvo e di Lima? VITO RIGGIO. Non ho espresso una mia opinione, però non si può negare che nel corso degli ultimi mesi si stia diffondendo, per vie giornalistiche, una interpretazione. Adesso, il generale Subranni ci ha detto non solo che occorre cautela - il che è ovvio - ma anche che non è così. Questo è importante. PRESIDENTE. Ci sono stati quattro omicidi: due di tipo selettivo (l'omicidio Salvo e l'omicidio Lima) e due di tipo di massa, dal punto di vista dell'impatto. Evidentemente quando si compie un omicidio selettivo si vuole lanciare il messaggio che la vittima è soltanto quella e non altre; non ci sono possibilità di errori né di confusioni. Nel momento in cui si compie l'altro tipo di omicidio si mette in conto, diciamo, un effetto terrorizzante di disordine, di confusione e così via. In base alle vostre valutazioni, cosa significano nell'arco di poco tempo questi omicidi (quelli dei mediatori sono omicidi selettivi, quelli dei nemici sono omicidi di tipo terroristico) nell'ambito della dinamica dell'azione mafiosa? ANTONIO SUBRANNI, Comandante del Raggruppamento operativo speciale dell'Arma dei carabinieri. Non credo che si debba parlare in questa sede delle risultanze investigative. Innanzitutto devo accennare agli appalti di cui tanto si parla. Abbiamo fatto dei lavori: il ROS ne ha fatti diversi e, a mio avviso, con una certa specialità... PRESIDENTE. Quello che si è fatto è stato fatto benissimo! ANTONIO SUBRANNI, Comandante del Raggruppamento operativo speciale dell'Arma dei carabinieri. Talvolta può darsi che noi ci attendiamo di più da un lavoro, dal punto di vista di resa numerica e qualitativa, perché lo sopravvalutiamo, perché ce ne innamoriamo, perché è frutto del nostro sacrificio! Ma ognuno fa il proprio lavoro. Noi presentiamo il rapporto (che si chiama informativa) con la raccolta di tutti gli elementi relativi alla responsabilità penale, a chi compete. Non dico che a questo punto il nostro lavoro è finito, perché continuiamo a seguirlo, ma non ci stupiamo molto dell'esito che può avere. Ognuno può fare valutazioni sbagliate, può sopravvalutare un proprio lavoro; d'altra parte, esiste la separazione dei compiti, delle attribuzioni, delle responsabilità. Nostro compito è di presentare un lavoro. Non credo di rivelare un segreto istruttorio nel dire che indigna sentire un mafioso o un rappresentante di mafia dire: "io amministro tanti miliardi e quindi ti impongo...". Se amministra tanti miliardi, amministra anche la nostra moneta, il nostro piccolo stipendio: questo certo ci irrita e quindi ci impegnamo ancora di più. Posso senz'altro Pag. 137 dire che i lavori non sono finiti: è un settore molto importante! Né sono finiti i risultati. ERMINIO ENZO BOSO. Vorrei sapere dal colonnello Mori se il numero degli extracomunitari corrisponda ai dati che mi sono stati forniti. PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PAOLO CABRAS MARIO MORI, Vicecomandante del Raggruppamento operativo speciale dell'Arma dei carabinieri. Ho preso nota delle domande e cercherò di rispondere tecnicamente e partitamente. In ogni caso prego gli interroganti di farmi presente se salto qualche risposta. Se non fossi in grado di rispondere, mi riservo di farlo per iscritto. Il primo quesito che mi è stato rivolto era riferito all'esistenza di un patto tra le mafie, tra le quattro organizzazioni. Nel tempo si sono riscontrati aspetti che dimostrano, per esempio, le collusioni, i collegamenti tra le famiglie mafiose palermitane e gruppi napoletani dediti al traffico dei tabacchi lavorati esteri, con l'affiliazione di alcuni personaggi diventati uomini d'onore da semplici "sigarettai", così come venivano definiti. Ci sono indubbiamente alcuni elementi che attestano l'esistenza di contatti precisi e strumentali tra la mafia siciliana (in particolare, Totò Riina) e cosche calabresi. Ci sono - e questa è ormai storia - contatti tra le famiglie camorristiche e la Sacra corona unita, che della camorra è la derivazione. Non abbiamo, però, elementi per affermare che vi sia una struttura unitaria che gestisca il tutto. In base alla mia esperienza riterrei di no, comunque è un dato soggettivo. Che dire delle infiltrazioni della mafia nel nord (si è parlato del gruppo del Brenta e dei giostrai)? I giostrai e il gruppo del Brenta sono due strutture che non hanno nulla a che fare, allo stato, con la mafia. I primi sono degli zingari italiani, precisamente dei Rom, che hanno qualche contatto con elementi calabresi, però non specificatamente e sicuramente individuati come elementi mafiosi. Il gruppo del Brenta, che fa capo ad un certo Maniero, è una struttura di criminalità organizzata di tipo non mafioso, che fa soprattutto rapine ai furgoni portavalori; fa rapine in linea generica; fa un medio traffico, come quantità e consistenza, di droga (in particolare eroina). Questo è quanto posso dire. L'onorevole Matteoli ha posto uno specifico quesito a proposito della situazione in Versilia. In questa zona abbiamo fatto dei lavori. Essi ci hanno permesso di individuare una struttura criminale, sicuramente di criminalità organizzata, che faceva capo ad un certo Musumeci (probabilmente lei ricorderà questo nome), che era catanese. Non si trattava di una struttura mafiosa, in quanto non aveva collegamenti con le strutture mafiose operanti e note, però si comportava con i sistemi, le metodologie e le intimidazioni di tipo mafioso - questo sì! -. Essa si rese responsabile di una serie di omicidi che, all'epoca, sono stati tutti scoperti. Rimase nella zona un solo omicidio ad opera di ignoti, quello di un ingegnere livornese, di cui adesso non ricordo il nome e che non aveva nulla a che fare con la faida tra due gruppi criminali che era la base di partenza delle nostre indagini. Tali omicidi attestano la particolare "sensibilità" della zona: la Toscana è una zona di retrovia, per usare un termine che il generale Cappuzzo ben comprenderà; ciò valeva anche per il terrorismo, infatti le brigate rosse la usavano per risistemare e rimettere in sesto le loro strutture. La mafia e le organizzazioni criminali in genere non vogliono che in quella zona vi sia una grande attività. E' possibilissimo, trattandosi di una regione in cui l'economia è florida, che abbiano posto l'attenzione su una serie di attività economiche. Sono in corso una serie di riscontri; però, allo stato, strutture mafiose in senso specifico, operanti in zona, con interessi particolari e specifici ben individuati, non ce ne sono. Ci sono sicuramente latitanti che si nascondono perché la zona si presta moltissimo a questo scopo. Pag. 138 E' stato chiesto se la mafia operi anche nel centro e nel nord. Certamente sì e in particolare è obbligata ad operare nel nord ed a Milano, che è la capitale della droga in Italia: la mafia non può cedere questo terreno. Non ci sono però a Milano molte famiglie mafiose; la principale è quella dei Fidanzati che è stata stroncata perché i principali responsabili, cioé i figli di Gaetano, arrestato in Argentina, e i "capetti" attorno a loro sono stati tutti arrestati ed ora sono detenuti. La famiglia in questo momento è stata resa inoffensiva. In Trentino Alto Adige, che è una zona particolarmente ricettiva in quanto impreparata, si sono verificate infiltrazioni, specialmente di origine calabrese. Lavorando con la procura distrettuale di Bolzano, abbiamo individuato un'associazione per delinquere di tipo mafioso ed abbiamo operato 41 arresti: 40 calabresi ed un altoatesino, che forse era capitato lì per caso. ERMINIO ENZO BOSO. E' vero che in Alto Adige si registra una consistente affluenza di droga dalla Val Venosta? MARIO MORI, Vicecomandante del Raggruppamento operativo speciale dell'Arma dei carabinieri. Non le so rispondere. L'onorevole Taradash ha posto una serie di quesiti tra cui quello riguardante le aree più colpite dal fenomeno mafioso. Le più colpite sono senz'altro quelle di origine dei gruppi mafiosi, cioé le solite quattro regioni più sensibili a questi problemi. Ritengo che la sua domanda mirasse a sapere quali fossero le regioni colpite oltre quelle notoriamente infestate. Innazitutto bisogna dividere per tipi di organizzazioni: per quanto riguarda la camorra, gli insediamenti maggiori e più pericolosi sono in Piemonte ed in Lombardia; per la mafia siciliana, la zona più colpita è la Lombardia. La 'ndrangheta ha una struttura molto sfilacciata per cui non dispone di organizzazioni strutturate vere e proprie e perciò in grado di operare con disegni di tipo esclusivamente tattico. Direi che, se in una regione sono presenti tutte e tre le grandi mafie - quella pugliese è un qualcosa di ancora non ben definito, almeno in base alle nostre conoscenze - il "generale" è sempre un mafioso siciliano, il "colonnello" è sempre un mafioso calabrese e gli "appuntati" ed i "carabinieri" sono sempre campani. Ma questa ovviamente è quasi una battuta. L'onorevole Taradash ha posto anche una domanda riguardante la droga ed ha ricordato che ne sono stati sequestrati quest'anno circa duemila chili. In particolare, ha chiesto quale sia la proporzione tra la quantità sequestrata e quella circolante. Io non glielo so dire e penso che nessuno in Italia onestamente glielo possa dire. Ci possono essere annate che vanno particolarmente bene, perché si è molto fortunati e si compiono tre operazioni che portano al sequestro di 1500 chili di cocaina e di altrettanti di eroina. L'anno dopo, invece, può andar male, ma può anche darsi che ci sia un calo del traffico. Bisognerebbe avere strumenti di valutazione che nessuno offre, che è comunque difficile cercare ed essere sicuri che siano validi. L'Arma dei carabinieri, perciò, non è in grado di dare questa risposta con precisione. ALTERO MATTEOLI. Ci vorrebbero delle bolle di consegna! MARIO MORI, Vicecomandante del Raggruppamento operativo speciale dell'Arma dei carabinieri. E' stato chiesto anche chi sia inserito nel traffico oltre alla mafia ed ai colombiani. Per quanto riguarda l'eroina, sicuramente i turchi perché la rotta balcanica è ancora quella principale: la droga esce dai Balcani o attraverso il mare (ed in genere raggiunge le Puglie) o attraverso le vie di terra (per ferrovia o via strada) ed allora raggiunge Milano. Da lì si suddivide nel territorio. Le due grandi provenienze delle droghe leggere sono attualmente quella libanese, classica ed ormai consolidata, e quella marocchina operata in genere attraverso le flotte pescherecce. Pag. 139 MARCO TARADASH. Da libanesi e marocchini? MARIO MORI, Vicecomandante del Raggruppamento operativo speciale dell'Arma dei carabinieri. Sì, il trasporto viene fatto proprio dalla marineria locale. VITO RIGGIO. Da Mazara. PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE MARIO MORI, Vicecomandante del Raggruppamento operativo speciale dell'Arma dei carabinieri. Molti degli equipaggi mazaresi sono composti da tunisini e marocchini. PRESIDENTE. Da molti anni. MARCO TARADASH. Per la cocaina? MARIO MORI, Vicecomandante del Raggruppamento operativo speciale dell'Arma dei carabinieri. La cocaina spesso oggi è portata direttamente dai colombiani, perché ora questi fanno gli affari in proprio, senza mediazione. PRESIDENTE. Non sono più serventi. MARIO MORI, Vicepresidente del Raggruppamento operativo speciale dell'Arma dei carabinieri. Noi abbiamo sequestrato a Genova un carico di 300 chili di cocaina la cui spedizione era avvenuta attraverso contatti diretti fra elementi locali italiani, infiltrati da un nostro sottufficiale, ed elementi colombiani. Il carico è arrivato in containers insieme al pesce. I colombiani erano venuti in Italia e non avevano chiesto di collocare la merce perché avevano già i loro clienti, venuti dall'Olanda, dalla Campania ed anche da Israele. E sono stati arrestati. PRESIDENTE. Si è mai fatta, o si è in grado di fare, una valutazione dell'impatto di questi sequestri sul mercato interno? Aumenta il costo della sostanza, diminuisce la quantità in circolazione, aumenta il taglio? MARIO MORI, Vicecomandante del Raggruppamento operativo speciale dell'Arma dei carabinieri. E' una domanda alla quale può rispondere sicuramente meglio di me il servizio centrale antidroga, che dispone indubbiamente di un quadro molto più ampio. Posso dirle che quando si sequestra solo la droga il danno è davvero relativo. E' meglio arrestare un organizzatore del traffico. Il testo unico ci consente adesso di salire alcuni gradini che prima ci erano preclusi, perché dovevamo fermarci al piccolo spacciatore. Oggi, come dicevo, possiamo salire più in su anche di molto. Consideri che in un'operazione compiuta a Milano, con irruzione in una raffineria di cocaina in funzione, il magistrato ha avuto la determinazione di lasciar passare un carico di 20 chili, che sono tanti perché ci muore tanta gente; forse si sarebbe potuto fare di più se si fosse fatto passare anche un altro carico. Francamente, però, mi sembra un po' troppo e quindi è stato giusto essere intervenuti per 30 chili. ALFREDO GALASSO. Mi scusi, ma non capisco il rapporto tra questo ed il livello dell'organizzazione. Per capirci, qual è il rapporto nella vicenda Fidanzati? MARIO MORI, Vicecomandante del Raggruppamento operativo speciale dell'Arma dei carabinieri. Deve essere chiaro che noi abbiamo fatto questa operazione non per colpire il traffico della droga: abbiamo sfruttato la legge sulla droga per arrivare ad una famiglia mafiosa. In altri termini, abbiamo pensato: se riusciamo a penetrare nella famiglia Fidanzati - che fa sicuramente traffico di droga - eliminiamo una famiglia mafiosa dal contesto italiano, in particolare dalla piazza di Milano. Abbiamo cioè sfruttato l'operazione antidroga per fare un'operazione antimafia. Pag. 140 ALFREDO GALASSO. Questo l'ho capito. Non ho capito, invece, perché aspettando l'eventuale secondo o terzo carico, si sarebbe potuto andare oltre. MARIO MORI, Vicecomandante del Raggruppamento operativo speciale dell'Arma dei carabinieri. Perché ciò avrebbe consentito di vedere tutte le ramificazioni. Con il primo carico avevamo identificato cinque persone; con il secondo siamo arrivati a 25-28; con il terzo probabilmente saremmo potuti arrivare, seguendo i corrieri, anche in Calabria o in Campania, con il rischio però di perderli. MARIO BORGHEZIO. Ci sono connubbi con la mafia cinese? MARIO MORI, Vicecomandante del Raggruppamento operativo speciale dell'Arma dei carabinieri. Non ne conosco. Penso di aver risposto a tutte le domande dell'onorevole Taradash. MARCO TARADASH. Le avevo chiesto dell'Est. MARIO MORI, Vicecomandante del Raggruppamento speciale operativo dell'Arma dei carabinieri. Non abbiamo particolari informazioni sulla situazione dell'Est. Sulla base di una mia valutazione personale, posso dire che per la mafia quello dell'Est è un grandissimo mercato di prospettiva. Infatti, chi può disporre di danaro a costo zero in quantità ingente e può inserirsi in un mercato che ha bisogno di soldi e che non è nelle condizioni di verificare se si tratti di soldi buoni o cattivi perché ha un problema economico. L'inserimento la mafia lo farà, o lo ha già fatto. Io penso che la mafia ci si sia già buttata. Noi, per adesso, abbiamo difficoltà di riscontri diretti. In altri termini, non siamo mai arrivati attraverso un'indagine di mafia a stabilire che il tal mafioso è in contatto con situazioni particolari dell'Est. Abbiamo avuto questa sensazione per un gruppo catanese che faceva viaggi in Romania. Siamo stati in questo paese ed abbiamo anche ricevuto una discreta collaborazione dagli organi di polizia rumena, ma ci siamo imbattuti in una difficoltà che attualmente è la principale: le polizie dell'Est sono assolutamente inadeguate a far fronte al problema sia come mezzi, sia come professionalità, sia come normative. Non possono perciò collaborare con noi. Non è che non vogliano: proprio non possono, per cui è davvero difficile avere un quadro della situazione. PRESIDENTE. Mi pare che da alcuni procedimenti penali, tramite intercettazioni telefoniche in Sicilia (disposte se non erro dalla procura della Repubblica di Catania), sia emersa la notizia di una grossa partita di cocaina pagata in rubli. MARIO MORI, Vicecomandante del Raggruppamento operativo speciale dell'Arma dei carabinieri. Su quantità enormi di rubli che si spostano per l'Europa ci sono una serie di attivazioni che interessano non solo la magistratura siciliana (su cui al riguardo so poco) ma anche la magistratura di Napoli e quella di Palmi. Noi abbiamo dato parziali informative a queste due magistrature ed attendiamo ulteriori deleghe. PRESIDENTE. Avete un quadro degli italiani fermati o arrestati nei paesi dell'Est? MARIO MORI, Vicecomandante del Raggruppamento operativo speciale dell'Arma dei carabinieri. Non ne ho contezza. Ci sono segnalazioni giornaliere che vengono dalla Direzione centrale antidroga e che riguardano i nostri connazionali arrestati qua e là. Un quadro complessivo è probabilmente in possesso del Ministero degli esteri. PAOLO CABRAS. L'onorevole D'Amato le aveva chiesto notizie sul coordinamento. MARIO MORI, Vicecomandante del Raggruppamento operativo speciale dell'Arma dei carabinieri. Posso rispondere Pag. 141 sia sul coordinamento sia sugli appalti. Entrambi mi interessano molto. ALTERO MATTEOLI. Mi ero permesso di farle una domanda sulle strutture che lo Stato mette a disposizione del ROS. MARIO MORI, Vicecomandante del Raggruppamento operativo speciale dell'Arma dei carabinieri. Quando si parla di ROS - e lo stesso discorso penso possa valere, anche se non mi compete farlo, per lo SCO e per gli altri - si parla di una struttura che non è campata in aria e paracadutata in zona di guerra, in quanto è inserita in un contesto di 105 mila uomini: tanti sono quelli dell'Arma dei carabinieri. Noi siamo pochi e siamo pure frazionati in 26 sezioni, tante quante sono le direzioni distrettuali antimafia; abbiamo una struttura centrale suddivisa in 3 reparti: reparto eversione, reparto sequestri di persona e ricerca latitanti e reparto criminalità organizzata, che hanno strutture proprie che possono gestire sia per indagini dirette sia per indagini in supporto a reparti sparsi sul territorio. La nostra non è comunque un'entità a se stante perché, se così fosse, potremmo chiudere subito i battenti, non essendo affatto in grado di far fronte a tutte le esigenze poste dalla criminalità organizzata e dall'eversione. Riceviamo e diamo input e sostegni all'Arma territoriale che - vivaddio! - ha 5 mila stazioni ed oltre 500 comandi di compagnia. L'operazione Fidanzati, ad esempio, è stata condotta soltanto da noi, ma molte volte l'input proviene dalla stazione di Busto Arsizio o dalla compagnia di Corleone. Teniamo a precisare che non siamo né mille né 2 mila né 3 mila, ma 105 mila nel senso che l'Arma è sempre a disposizione e, se qualcuno nicchia, abbiamo i poteri di far mettere a disposizione le sue strutture. CARLO D'AMATO. Per il coordinamento?. MARIO MORI, Vicecomandante del Raggruppamento operativo speciale dell'Arma dei carabinieri. Credo che anzitutto dobbiamo intenderci sul significato di coordinamento. Due soggetti si coordinano in quanto paritetici, altrimenti non è possibile parlare di coordinamento; è poi necessario che vi sia un soggetto che comandi ed altri che eseguano. Dunque, chiarito che nel coordinamento vi sono forze paritetiche, per quanto attiene alla criminalità organizzata vi sono il ROS, lo SCO ed i GICO. Il loro coordinamento può venire da una struttura sovraordinata. Quindi, ben venga la DIA, e che faccia il coordinamento... PRESIDENTE. Le chiedo scusa ma alla DIA non compete il coordinamento, in quanto si tratta di un organo di investigazione e di analisi. MARIO MORI, Vicecomandante del Raggruppamento operativo speciale dell'Arma dei carabinieri. Però la DIA può fornirci l'input... PRESIDENTE. Ma non ai fini del coordinamento... MARIO MORI, Vicecomandante del Raggruppamento operativo speciale dell'Arma dei carabinieri. Credo voglia rispondere il generale Subranni. ANTONIO SUBRANNI, Comandante del Raggruppamento operativo speciale dell'Arma dei carabinieri. Inizierei da un punto opposto. Il coordinamento può anche intendersi come un principio tattico militare. Quando si coordina deve esserci qualcuno al di sopra. Non esiste un coordinamento spontaneo. Dobbiamo sempre tenere di vista ciò che è accaduto nella magistratura quando si sosteneva che le indagini collegate dovevano essere armonizzate da più procure (per esempio, quella di Palermo con quella di Trapani). E' poi intervenuto l'articolo 371-bis del codice di procedura penale, che fa anche riferimento, un pallido riferimento, ad un procuratore nazionale, il quale avrebbe dovuto coordinare; Pag. 142 manca però la sanzione per chi intenda sottrarsi al coordinamento. Il coordinamento presuppone, anzitutto, il rispetto e l'ossequio della procedura penale. Se un organismo di polizia giudiziaria prende cognizione di un reato ha l'obbligo giuridico di riferirlo al magistrato. Se si verificano fatti di eccezionale gravità, ricorrenti proprio in certe particolari regioni, il coordinamento presuppone una coordinazione spontanea. Il coordinamento in materia di ordine e sicurezza pubblica è particolarmente opportuno, in quanto significa constatare anzitutto le forze operative di cui è possibile disporre al momento e conseguentemente impiegarle in maniera intelligente, in modo da evitare la rarefazione dei servizi sul territorio, le duplicazioni, i malintesi, i bisticci. Per quanto riguarda la polizia giudiziaria e le investigazioni, dobbiamo rifarci, ovviamente, alla legge madre, cioè alla procedura penale. Intendiamo senz'altro rispettare la legge dello Stato istitutiva della DIA ma ritenevamo, comunque, che tale organismo potesse porsi al di fuori delle parti, di modo che fosse veramente un'agenzia con il compito di dirimere i malintesi con i similari organi americani, per esempio. Ritenevamo che fosse possibile centralizzare le informazioni mettendole a disposizione di tutti gli organi di polizia giudiziaria nazionali. Ciò non è accaduto. Ci siamo messi a disposizione della DIA fornendo i nostri uomini migliori; in breve tempo dobbiamo fornire 80 funzionari, quindi ne indicheremo 120, di modo che la DIA possa attuare una sorta di scrematura per acquisire gli elementi che ritiene opportuni. Debbo garantire, senza fare giochi di prestigio, che i 120 funzionari appartengano alla DIA. Questo è il coordinamento. ALTERO MATTEOLI. Non c'è! ANTONIO SUBRANNI, Comandante del Raggruppamento operativo speciale dell'Arma dei carabinieri. Perché non c'è? Chi si prende la responsabilità di fare da solo? Chi non cerca la collaborazione degli altri? PRESIDENTE. Le chiedo scusa, generale Subranni, ma il fatto è che a tutti noi risultano episodi concreti. Diciamo che sarebbe importante evitare lo scoordinamento. Quando constatiamo che per arrestare Madonia non si informano i carabinieri, ci rendiamo conto che esistono problemi non superabili con formule giuridiche o legislative, in quanto essi attengono alle tradizioni, all'esperienza, a strutture istituzionali, eccetera. Vorremmo capire in che modo sia possibile evitare forme di scoordinamento talmente eclatanti da portare alla dispersione di uomini. Sappiamo anche che molto spesso i verbali dei pentiti non sono trasmessi dal corpo A al corpo B o che la sintesi dei medesimi è trasmessa ad un giornalista affinché si sappia che un pentito del gruppo A è più importante di quello del gruppo B, e così via. L'immagine che tutto ciò offre all'esterno è estremamente negativa, anche se va detto che non è imputabile a responsabilità di questo o quel corpo ma allo stato delle cose. E' su quest'ultimo, pertanto, che la Commissione, senza alcun intento punitivo, vorrebbe far chiarezza, per capire in che modo sia possibile non tanto costruire il coordinamento - che è cosa complicata - quanto evitare o limitare al massimo i danni. ANTONIO SUBRANNI, Comandante del Raggruppamento operativo speciale dell'Arma dei carabinieri. Signor presidente, se qualcuno fornisce notizie ad un giornalista e attua addirittura una discriminazione, non v'è dubbio che commette un reato. Può uscirne indenne ma il reato l'ha commesso. Sto cercando di spiegare che il coordinamento in materia di ordine e sicurezza pubblica, che è previsto dalla legge n. 121 del 1981, ci sta benissimo e che i due organismi che hanno veramente significato e motivo d'essere sono il comitato nazionale ed il comitato provinciale. PRESIDENTE. Adesso vi è anche il consiglio generale, che è di recente istituzione. Pag. 143 MARIO MORI, Vicecomandante del Raggruppamento operativo speciale dell'Arma dei carabinieri. Desidero aggiungere qualche osservazione a proposito degli appalti. La mafia è una struttura che si basa sul profitto, per cui tende sempre ad interessarsi delle situazioni che le consentano di realizzarlo al massimo. Tutti gli interessi della mafia possono mutare nel tempo: nel 1974, per esempio, dopo anni di interessamento al settore dell'edilizia passò al contrabbando dei tabacchi, in quanto lo riteneva economicamente valido e più remunerativo della ricostruzione edilizia di Palermo o di un'altra città, sino allora uno dei suoi massimi interessi. E' poi passata al traffico degli stupefacenti ma è probabile che da qui a non molto tempo, considerandolo non più remunerativo, si indirizzerà verso altri settori. Però, fino a quando la mafia resterà una struttura organica, vi è un settore al quale non rinuncerà mai, cioè quello degli appalti; essi, infatti, non implicano solo un guadagno ma il dominio del territorio, e il mafioso non può consentire che nella sua zona operi una ditta senza che egli abbia ottenuto in cambio la "mazzetta", perché se così fosse si prenderebbe la cosiddetta tagliata di faccia e dimostrerebbe di aver perso il controllo del territorio. Quindi, la mafia segue gli appalti con continuità. Me ne sono interessato quando mi sono trovato a Palermo ed ho prodotto un rapporto. Il mio comandante sottolineava giustamente che non sempre la verità investigativa corrisponde ad una verità giudiziaria, perché molte volte noi, come investigatori, non siamo in grado di dimostrare ciò che razionalmente abbiamo in mente, certi che sia vero. Un conto è la nostra verità, un conto è ciò che riusciamo a dimostrare al magistrato. Certo, i risultati mi hanno deluso, ma poiché sono caparbio continuerò a produrre altri rapporti, sicuro di conseguire maggior successo. MARCO TARADASH. Nel settore degli appalti la mafia è presente soltanto in Sicilia e nelle zone tradizionali o anche in altre regioni? MARIO MORI, Vicecomandante del Raggruppamento operativo speciale dell'Arma dei carabinieri. Non posso darle una risposta assoluta, in quanto non ho elementi che possano consentirmi un valido riscontro. Ritengo, comunque, che il problema dell'appalto sia connaturato al territorio, per cui credo che solo nelle quattro regioni in cui i gruppi mafiosi hanno una valenza pesante sia presente un condizionamento quasi totale sugli appalti. CARLO D'AMATO. E' vero che la localizzazione dei gruppi mafiosi è precipua nella quattro regioni meridionali, ma credo che il collega Taradash intendesse dire un'altra cosa: vi sono aziende di valenza nazionale con iscrizione illimitata che hanno alle spalle organizzazioni mafiose e che quindi operano anche al di fuori delle quattro regioni? Vi è una mappa delle imprese nel settore delle costruzioni? MARIO MORI, Vicecomandante del Raggruppamento operativo speciale dell'Arma dei carabinieri. Per quanto riguarda le collusioni tra grandi imprese e mafia, lo stiamo facendo e a breve termine i risultati che produrremo saranno vagliati dalla magistratura. CARLO D'AMATO. Ricordo che a Napoli vi è stato un tentativo di infiltrazione tramite la società Messere ... MARIO MORI, Vicecomandante del Raggruppamento operativo speciale dell'Arma dei carabinieri. Non è fondamentale l'infiltrazione. Una grande società ha bisogno di lavorare, perché se non aumenta le sue dimensioni, a poco a poco perde competitività; pertanto se vuole operare anche in certe regioni deve venire a patti con i gruppi mafiosi. Pag. 144 ERMINIO ENZO BOSO. Desideravo una risposta a proposito dei fattori di intervento sul numero di extracomunitari nel nostro territorio... LUIGI BISCARDI. A proposito degli appalti, vorrei sapere dal colonnello Mori se risulti all'Arma che vi sia inerzia o connivenza da parte dei tecnici della pubblica amministrazione. Qual è il ruolo che negli appalti giocano i tecnici e la pubblica amministrazione? PRESIDENTE. A questo proposito vorrei farle anch'io una domanda. Nel corso della precedente audizione ho chiesto se vi fossero indagini patrimoniali nei confronti delle grandi famiglie, quali quella dei Riina, dei Santapaola, dei Provenzano eccetera. Se non ricordo male, i comandanti della Guardia di finanza hanno risposto di no e a me sembra che la vostra risposta sia analoga. Credo quindi di interpretare il pensiero della Commissione nel ritenere indispensabili queste indagini. ANTONIO SUBRANNI, Comandante del Raggruppamento operativo speciale dell'Arma dei carabinieri. Ho già detto prima che la polizia giudiziaria compie indagini in materia di appalti di propria iniziativa, su richiesta di un magistrato o perché attivata da un'Arma territoriale. Posso dirle con legittima soddisfazione che trattasi di un lavoro che l'Arma porta avanti, come ha accennato il colonnello Mori. Ma un conto è il lavoro investigativo, un conto è quello svolto dal magistrato. Tenendo conto delle risultanze, delle intercettazioni, eccetera, è legittimo che io possa aspettarmi anche qualcosa di più, ed è anche probabile che per non insistere su posizioni fragili decida di compiere un certo lavoro in un secondo tempo. Ricordo che quando anni fa il dottor Grasso si interessò della costruzione di una diga, il cui importo assommava a centinaia di miliardi, fu individuato il sito dove doveva essere localizzato l'invaso; poi questo fu trasferito in un'altra parte, e non certo perché la realizzazione nel luogo originariamente previsto comportasse chissà quali opere. Per quanto poi riguarda le cave che dovevano fornire gli inerti, nonostante il saggio compiuto avesse dimostrato che non vi era alcuna differenza tra loro, fu scelta una ditta di livello nazionale, come disse qualcuno, se non di livello superiore, che si recò in Sicilia ed eseguì lavori di incantieramento pari a centinaia di milioni. Tutto ciò prima che si indicesse la gara. Più che un sospetto è un indizio di malaffare. Lo spostamento dell'invaso da una zona all'altra è stato attuato perché doveva rientrare nella competenza territoriale della mafia (a me pareva anche giusto... naturalmente, sto scherzando!), della mafia che conta, che allora era emergente, mentre oggi è vincente. Mi sembrava strano che qualcuno, dopo avere avuto assicurazioni circa la fornitura degli inerti, tanto da aggiornare il parco dei mezzi pesanti ed acquistare le cave, poi sia fallito. Anzi, è stato anche arrestato in tempi recenti, si chiama Cascio Rosario. Ho constatato come il prezzo dei terreni, a seguito della scelta della zona, sia aumentato moltissimo nel giro di pochi mesi. Magari avessi avuto la fortuna di possedere dieci ettari di quel terreno! Da 600 mila lire l'ettaro, si è giunti a 33 milioni... Quante volte bisogna moltiplicare? Un numero enorme! Non ho citato questo esempio per valorizzare il dottor Grasso, il quale si valorizza da solo; voglio dire però che anche allora ci aspettavamo qualcosa, ci siamo mossi, siamo venuti a Roma, abbiamo intercettato ed arrestato grossi imprenditori, ma le cose non sono andate come speravamo il dottor Grasso ed io. Bisogna saper stare al "gioco delle parti"; mi attendevo molto di più. Non posso imputare alcunché al dottor Grasso, che ha emesso ordine di cattura - perché allora questo esisteva - per personaggi così rilevanti che oggi metterebbero un po' di apprensione. Pag. 145 Ho voluto spiegare come, in effetti, le attese di un organo dello Stato non sempre coincidono con quelle che sono le nostre azioni. ALFREDO GALASSO. Lei è andato indietro di molti anni, poteva citare qualche esempio più recente. PRESIDENTE. Penso di interpretare i sentimenti di tutta a9 9mafia e politica, a partire da ciò che abbiamo appreso in queste ultime ore.6 6 Ci auguriamo che tale s colonnello Mori ed il maggiore Obinu per il contributo fornito. Nella sincerità che ci caratterizza, devo dire che molto più ricco e soddisfacente è stato il contributo dato con le risposte di quello fornito con l'esposizione. Il generale Subranni, comunque, si è riservato di fornire per iscritto ulteriori chiarimenti. (I rappresentanti del ROS dell'Arma dei carabinieri sono accompagnati fuori dall'aula). Comunicazioni del presidente. PRESIDENTE. Informo la Commissione sull'esito delle iniziative intraprese su sollecitazione del senatore Rapisarda ed intese a chiarire una vicenda che lo ha coinvolto ed è stata oggetto di interrogazioni parlamentari presentate da deputati dei gruppi della Rete, di rifondazione comunista e del PDS. Comunico, dunque, che il procuratore della Repubblica di Milano, dottor Borrelli, ha chiarito - tramite un fax che credo possa essere messo a disposizione dei colleghi - che l'incontro del senatore Rapisarda con alcuni personaggi legati alle vicende della cosiddetta "Duomo connection " è stato del tutto occasionale e che non è emerso alcun elemento idoneo a suggerire una prosecuzione delle indagini. Inoltre, sull'episodio del finanziamento da parte della Banca popolare di Belpasso, sempre allo stesso senatore Rapisarda, si sono registrate alcune smentite ufficiose della banca stessa ed è comunque in corso un accertamento da parte della Banca d'Italia, il cui servizio di vigilanza riferirà alla Commissione dopo aver svolto la necessaria indagine. Sui lavori della Commissione. PRESIDENTE. Poiché alcuni colleghi hanno dichiarato la propria indisponibilità ad essere presenti venerdì mattina, altri ad esserlo martedì, rimane stabilito che l'audizione del Servizio centrale operativo (SCO) avrà luogo giovedì 22 ottobre, alle 9,30. Giovedì 29 ottobre, sempre alle 9,30, avrà luogo invece l'audizione dei dirigenti della DIA. La seduta termina alle 20,40.