Pag. 147 AUDIZIONE DEI DIRIGENTI E DEI FUNZIONARI DEL SERVIZIO CENTRALE OPERATIVO (SCO) DELLA POLIZIA DI STATO PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE INDICE pag. Audizione dei dirigenti e funzionari del Servizio centrale operativo (SCO) della Polizia di Stato: Violante Luciano, Presidente ................. 149, 150, 151 152, 153, 154, 155, 156, 157 158, 159, 160, 161, 163, 167 Borghezio Mario ........................................ 162 Brutti Massimo .................................... 157, 163 Calvi Maurizio ......................................... 154 Cirillo Francesco, Direttore della III divisione del Servizio centrale operativo della Polizia di Stato ........................ 158, 159, 160, 161 Florino Michele ........................................ 167 Galasso Alfredo ................................... 157, 158 Grasso Gaetano ......................................... 166 Imposimato Ferdinando ............................. 153, 164 Manganelli Antonio, Direttore della I divisione del Servizio centrale operativo della Polizia di Stato ................... 150, 151, 152, 153, 154 Matteoli Altero ................................... 152, 164 Pansa Alessandro, Direttore della II divisione del Servizio centrale operativo della Polizia di Stato ................... 155, 156, 157, 158, 167 Ricciuti Romeo ......................................... 156 Riggio Vito .................................. 158, 166, 167 Rossi Luigi ....................................... 154, 161 Scalia Massimo ......................................... 163 Serra Achille, Direttore del Servizio centrale operativo della Polizia di Stato ......... 150, 152 154, 155 Taradash Marco .......................... 153, 154, 165, 167 Tripodi Girolamo ....................................... 161 Sostituzione di un membro della Commissione: Violante Luciano, Presidente ........................... 149 Sui lavori della Commissione: Violante Luciano, Presidente ................. 149, 168, 169 171, 173, 174, 175 Borghezio Mario ................................... 170, 175 Brutti Massimo ......................................... 171 Ferrara Salute Giovanni ........................... 170, 174 Florino Michele ....................................... 149 Galasso Alfredo ................................... 168, 173 Imposimato Ferdinando .................................. 172 Matteoli Altero .............................. 168, 169, 174 Riggio Vito ....................................... 170, 171 Scalia Massimo ......................................... 172 Taradash Marco ............................... 149, 171, 172 Tripodi Girolamo ....................................... 169 Pag. 148 Pag. 149 La seduta comincia alle 9,30. (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente). Sostituzione di un membro della Commissione. PRESIDENTE. Comunico che il Presidente del Senato, in data 19 ottobre 1992, ha chiamato a far parte della Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno della mafia il senatore Alberto Robol in sostituzione del senatore Salvatore Ladu, dimissionario. Sui lavori della Commissione. PRESIDENTE. Il senatore Florino ha chiesto di intervenire sui lavori della Commissione. MICHELE FLORINO. Già nella prima seduta svoltasi in quest'aula tenni a denunciare la situazione allarmante che si sta sviluppando in alcune regioni del nord. Quella mia denuncia è stata confermata dai fatti, ossia dalla drammatica vicenda definita "genesi di una strage", una strage che, secondo il mio punto di vista, ha origini lontane, nel senso che l'insediamento mafioso in queste regioni, che ritenevamo non esposte, si è fatto particolarmente gravoso. In una precedente seduta ho voluto definire in termini medici quella che è oggi la metastasi che ormai ha, di fatto e drammaticamente... MARCO TARADASH. Qual è il richiamo? MICHELE FLORINO. E' questo: oltre alla realtà del meridione, nel nord vi è la situazione impellente e drammatica di cui dicevo. Chiedo quindi di effettuare con urgenza un sopralluogo perché compito della Commissione, oltre a tenere normali audizioni, è anche quello di recarsi sui luoghi e verificare con urgenza le infiltrazioni mafiose che si stanno sviluppando nelle regioni del nord. PRESIDENTE. La ringrazio, senatore Florino, per aver posto questo problema che, eventualmente, affronteremo dopo lo svolgimento dell'audizione, visto che rientra nel piano di lavoro della Commissione. Audizione dei dirigenti e funzionari del Servizio centrale operativo (SCO) della Polizia di Stato. PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione dei dirigenti e funzionari del Servizio centrale operativo (SCO) della Polizia di Stato. Sono oggi con noi il direttore del Servizio centrale operativo della Polizia di Stato, questore Achille Serra, ed i vicequestori Antonio Manganelli, Alessandro Pansa e Francesco Cirillo, che i colleghi della Commissione già conoscono per la loro capacità professionale e per i risultati ottenuti nella lotta contro il crimine organizzato. Ringrazio i nostri ospiti per essere intervenuti all'audizione odierna e do senz'altro la parola al dottor Serra. Pag. 150 ACHILLE SERRA, Direttore dello SCO. Il Servizio centrale operativo che ho l'onore di dirigere non rappresenta una sede di monitoraggio che possa fornire una visione completa del fenomeno mafioso in Italia, ma svolge la sua attività o in supporto a strutture che, seppur valide, necessitano di un'attività congiunta, od in ausilio a strutture forti che hanno comunque bisogno di una esperienza specifica per svolgere attività delegata dall'autorità giudiziaria, o di iniziativa (ricerca di latitanti, indagini, notizie pervenute direttamente al Servizio centrale operativo). L'ufficio è composto da tre divisioni, che sono dirette dai funzionari qui presenti. In particolare, la prima divisione, diretta dal dottor Manganelli, svolge attività sul fenomeno mafioso e sulla ricerca dei latitanti, soprattutto di prima importanza; la seconda si occupa di criminalità economica ed è diretta dal dottor Pansa, che qualcuno di voi conoscerà per la sua esperienza e per la sua capacità nel settore; la terza divisione, diretta dal dottor Cirillo, ha il compito di coordinare l'attività nel resto del paese e di curare, specificatamente, il settore della droga. Uno degli obiettivi fondamentali che ci si è posti in questo periodo è quello di coordinare la nostra attività con l'Arma dei carabinieri e con la Guardia di finanza ed ovviamente, di recente, con il nuovo organismo denominato DIA, la direzione nazionale antimafia. Quello esposto è, a grandi linee, il quadro della situazione. Rimango a disposizione con i colleghi per rispondere ad eventuali domande. PRESIDENTE. La Commissione desidererebbe conoscere, in particolare, gli indirizzi strategici dello SCO e le priorità da voi perseguite, nonché acquisire la valutazione ed il giudizio - ovviamente nella fase attuale e dal vostro particolare osservatorio - su tutti i settori di pertinenza del Servizio centrale operativo. In tal senso ci è stata di grande utilità la sua premessa, dottor Serra, ma credo che potremo acquisire ulteriori elementi di conoscenza dando la parola ai funzionari preposti alle divisioni dello SCO. ANTONIO MANGANELLI, Direttore della I divisione dello SCO. La divisione da me diretta deriva dal vecchio nucleo centrale anticrimine, l'embrione da cui ha avuto linfa la struttura che da due anni ha assunto la denominazione di Servizio centrale operativo della Polizia di Stato. Il nucleo centrale anticrimine si articola in due sezioni di diretta penetrazione operativa a disposizione del procuratore nazionale antimafia e delle direzioni distrettuali antimafia, con le quali il suddetto nucleo attualmente collabora. Ci interessiamo della cattura dei latitanti e dell'associazionismo mafioso, con particolare riguardo al traffico internazionale di stupefacenti. Dal mio osservatorio, pertanto, posso portare la testimonianza di un impegno che ci vede presenti soprattutto in Sicilia e che attualmente trova momenti di particolare produttività anche in relazione all'apertura di un nuovo fronte, cioè quello dei collaboratori. Infatti, grazie alla prospettiva di benefici premiali per chi collabora con la giustizia, abbiamo ottenuto nuove forme di apertura; ritengo, per esempio, che sul piano progettuale la custodia e gli spunti investigativi conseguenti alle dichiarazioni di due importanti pentiti (tale termine deve ovviamente intendersi virgolettato) porteranno a risultati di rilievo, soprattutto nell'area geografica del Nisseno e dell'Ennese. Mi preme sottolineare tale aspetto, perché finora avevamo avuto l'opportunità di registrare comportamenti collaborativi in talune zone della Sicilia - soprattutto nel palermitano e nel catanese - ma in altre non si erano verificate aperture di questo tipo. Al momento, pertanto, non solo abbiamo acquisito la conoscenza dell'organigramma dell'organizzazione Cosa nostra, ma abbiamo anche registrato un fatto sostanzialmente inusuale, almeno per ciò che attiene alla sua portata, cioè la conoscenza dei nuovi fenomeni mafiosi che si vanno affermando Pag. 151 in quelle aree geografiche. Per fenomeni mafiosi nuovi intendo le organizzazioni criminose che finora non erano state completamente individuate o quelle finora indicate come bande criminali non legate all'organizzazione Cosa nostra. Tali bande - oggi chiamate "stidde", cioè stelle - vanno invece profilandosi come un'organizzazione mafiosa parallela di non minore pericolosità rispetto a quella che ha regole e tradizione più importanti e che tutti abbiamo imparato a conoscere, anche perché le vicende dell'organizzazione Cosa nostra hanno superato una serie di verifiche giudiziarie che ci hanno consentito di far piena luce sulla sue dimensioni e sulla sua portata. Per ciò che attiene alla ricerca dei latitanti, nella nostra attività poniamo al primo posto la ricerca di coloro che fanno parte del vertice dell'organizzazione Cosa nostra e nell'ultimo mese abbiamo conseguito importanti successi con la cattura di Pietro e Antonino Vernengo e di Giuseppe Madonia. Ci auguriamo di conseguire, entro breve tempo, successi analoghi anche per ciò che riguarda la cattura di altri latitanti. PRESIDENTE. Dottor Manganelli, vorrei che lei ci aiutasse a far luce su due questioni, la prima relativa al cosiddetto mistero delle latitanze domiciliari, nel senso che un gran numero di persone sono state arrestate a casa loro; la seconda attinente alla costituzione di nuclei per la cattura dei latitanti, a proposito dei quali è stato proposto da anni di elencare i più importanti, al fine di costituire un nucleo per ciascuno di essi. Premesso che nel giugno scorso si decise di assumere un orientamento di questo genere ma con nuclei monoforze anziché interforze, vorrei conoscere i criteri con cui sono stati divisi i latitanti, le difficoltà specifiche che tali nuclei incontrano nel loro lavoro e quale tipo di aiuto riterreste opportuno da parte della Commissione. ANTONIO MANGANELLI, Direttore della I divisione dello SCO. Per quanto riguarda il fenomeno delle latitanze domiciliari, va detto che esso si connette alla particolare area geografica in cui è proliferata la mafia e in cui i latitanti operano. Considerato che la mafia si avvale di protezione, coperture, omertà e di altri fattori che sono senz'altro a conoscenza della Commissione, abbiamo verificato la maggiore vulnerabilità dei latitanti nel momento in cui, per seguire i propri affari, le proprie attività illecite, sono costretti a spostarsi in zone dove, venendo meno sia le protezioni soggettive sia quelle oggettive, risultano maggiormente esposti alle nostre attenzioni. Abbiamo constatato che taluni latitanti già nella fase di progettazione della loro abitazione avevano previsto appositi luoghi in cui rifugiarsi. Ritengo che adesso tale sistema sia venuto meno, perché ultimamente i numerosi latitanti che abbiamo arrestato nella propria abitazione non sono stati trovati nel salotto buono di casa, ma nascosti in intercapedini che era difficile individuare anche tramite attente perquisizioni. Abbiamo trovato veri e propri nascondigli segreti dentro gli immobili, preparati già all'atto della loro costruzione e che rendevano facile il rifugio nel momento in cui arrivava la polizia. Tuttavia, attraverso intercettazioni, anche di carattere ambientale - abbiamo utilizzato la normativa che soltanto da poco tempo le consente -, siamo arrivati all'individuazione di alcuni di costoro. Per quanto riguarda la predisposizione di nuclei interforze per la cattura dei latitanti, ho personalmente qualche perplessità sulla produttività di un ufficio preposto esclusivamente alla cattura dei latitanti. In base alla mia esperienza personale, costituita da anni di polizia giudiziaria nei quali mi sono occupato quasi esclusivamente di questa materia, ritengo che il latitante si catturi soprattutto quando si riesce a penetrare nell'ambiente familiare, amicale e criminale in cui egli si colloca; e ciò è possibile attraverso le indagini che aggrediscono il gruppo di cui il latitante fa parte, mentre è rara la possibilità di arrivare alla localizzazione ed alla cattura del latitante Pag. 152 quando ci si sveglia una mattina e si decide di dedicare la propria attività ad una specifica figura senza spunti investigativi concreti, per esempio relativi ad un'indagine su un'associazione mafiosa. Non credo, infatti, che sia mai stato preso qualcuno privilegiando l'aspetto della persona rispetto allo spunto investigativo che deriva da un'indagine a più vasto raggio. PRESIDENTE. Tuttavia, i dati di fatto dimostrano che dal momento in cui sono stati costituiti i nuclei specializzati è aumentata, rispetto al passato, la vostra capacità di penetrazione nel fenomeno della latitanza. ANTONIO MANGANELLI, Direttore della I divisione dello SCO. E' aumentata la produttività da quando sono stati costituiti nuclei che si dedicano al fenomeno mafioso a tempo pieno ed allo sviluppo degli spunti investigativi provenienti dalle indagini sulle associazioni mafiose. PRESIDENTE. Contrariamente a quello che si pensava, e che è stato anche detto, quindi, non vi sono nuclei per la cattura dei singoli latitanti? ANTONIO MANGANELLI, Direttore della I divisione dello SCO. Come accennavo prima, abbiamo creato, nell'ambito del nostro servizio, una sezione preposta alla cattura dei latitanti. Non vorrei essere frainteso: ritengo che essa di per sé non sia sufficiente, poiché il nucleo preposto alla cattura dei latitanti deve utilizzare gli spunti investigativi che derivano dalle indagini sull'associazione mafiosa, seguirli e, attraverso tali binari investigativi, concentrarsi sulla cattura del latitante. Questo sistema sta dando risultati. Abbiamo realizzato negli ultimi mesi una splendida collaborazione con gli altri organismi specializzati centrali ed interprovinciali: lo voglio segnalare come un momento di evoluzione che stiamo attraversando sul piano dell'attività contro la criminalità organizzata. Con i colleghi degli altri reparti specializzati, centrali ed interprovinciali, abbiamo pianificato insieme il lavoro e la ripartizione dei programmi. Vi sono alcuni personaggi che sono oggetto di attenzione specifica da parte dei singoli uffici: in tal modo si evitano quei doppioni che hanno indubbiamente creato qualche problema nel passato. Oggi, ritengo che tale pericolo sia fortemente ridotto. PRESIDENTE. L'onorevole Matteoli chiede di intervenire, ma devo precisare che la sua interruzione è consentita soltanto per porre una domanda. ALTERO MATTEOLI. Sì, si tratta soltanto di una domanda. Dopo anni di scarsi risultati, dopo l'uccisione di Falcone e di Borsellino, abbiamo finalmente ottenuto alcuni successi di una certa rilevanza. Secondo voi, ciò è dovuto alle nuove norme vigenti o ad una diversa struttura interna alle forze di polizia? ACHILLE SERRA, Direttore dello SCO. Mi permetto di sottolineare che risultati positivi sono stati ottenuti anche in tempi non recentissimi e che catture di primario interesse hanno preceduto la morte di Falcone e di Borsellino: ricordo, per esempio, gli arresti di Madonia (non l'ultimo, ma quello avvenuto a Palermo), di Vernengo, di Giuseppe Lucchese e di altri. Indubbiamente, la recente normativa, in particolare quella concernente i collaboratori di giustizia, è di grande aiuto per il nostro lavoro. Oggi sta evolvendo una certa impostazione e si stanno individuando gli obiettivi primari, tra i quali la cattura dei latitanti, che ha richiamato l'attenzione dell'opinione pubblica: tuttavia, vi è stato anche un pizzico di fortuna in più, che è indispensabile nelle indagini. La collaborazione con le altre forze di polizia, inoltre, sta migliorando di giorno in giorno. Si tratta, per grandi linee, di una serie di elementi che hanno consentito importanti risultati, non solo nell'ultimo periodo ma anche da un anno o due a questa parte. Pag. 153 ANTONIO MANGANELLI, Direttore della I divisione dello SCO. In aggiunta alle osservazioni del dottor Serra, vorrei sottolineare la particolare significatività delle innovazioni normative in materia di collaboratori di giustizia. Le associazioni mafiose - in particolare Cosa nostra, che rappresenta il pericolo maggiore - sono segrete, hanno regole segrete, strategie segrete, momenti decisionali che avvengono in segreto, sono strutture assolutamente impermeabili: di conseguenza, potremo conoscere certe proiezioni esterne di Cosa nostra, scoprire un determinato traffico di droga, catturare un personaggio che sta svolgendo un'estorsione, ma potremo individuare le strategie, la pianificazione dell'attività, l'aggressione alle istituzioni da parte di Cosa nostra soltanto utilizzando il contributo di chi è dentro l'organizzazione ed effettua importanti rivelazioni. Certamente, il contributo del collaboratore dissociatosi dall'organizzazione di Cosa nostra dovrà attraversare il vaglio dapprima degli investigatori e successivamente delle verifiche processuali: è il tema dei riscontri oggettivi delle dichiarazioni del collaboratore di giustizia, che rappresentano un momento fondamentale della nostra attività. Tuttavia, quel contributo va incentivato. Ritengo, quindi, che le innovazioni normative in materia abbiano avuto una particolare importanza. Non a caso, dopo le nuove norme sul fenomeno del pentitismo, la creazione di un programma speciale per i collaboratori di giustizia, la predisposizione nell'ambito della Criminalpol di servizi per la protezione dei pentiti, non si sono più verificate morti di persone legate da rapporti parentali con collaboratori di giustizia. Si sono inoltre incentivati i contributi particolarmente importanti di questi giorni, anche di persone che avevano un ruolo di spicco nell'ambito dell'organizzazione, che stanno parlando con i magistrati delle direzioni distrettuali antimafia. Si tratta di un momento importante: non a caso ho precisato che i collaboratori stanno parlando con i magistrati delle direzioni distrettuali antimafia. Finalmente abbiamo dei referenti professionalmente in grado di recepire, comprendendole nel vero senso della parola, quelle collaborazioni avendo quelle chiavi di lettura e di comprensione che soltanto magistrati che raccolgono esperienze di certe aree geografiche a densità mafiosa e che si specializzano nel settore della lotta alla criminalità mafiosa possono avere. PRESIDENTE. Il senatore Imposimato desidera porre una questione specifica. MARCO TARADASH. Presidente, non potremmo ascoltare prima tutti i dirigenti e poi rivolgere le domande? PRESIDENTE. Potrebbe essere utile porre subito domande specifiche. FERDINANDO IMPOSIMATO. Prendendo spunto dall'ultima operazione, desidero porre una domanda. Mi è sembrato che siano state denunciate, per la partecipazione all'omicidio Lima, alcune persone che al momento del fatto erano detenute. La domanda che pongo è la seguente: è ancora alta la percentuale di mafiosi che dall'interno del carcere partecipano a fatti delittuosi, come l'omicidio di Lima? Ripeto: tra i ventiquattro destinatari di mandati di cattura risultano persone che erano in carcere al momento del fatto. ANTONIO MANGANELLI, Direttore della I sezione dello SCO. Credo che un grande passo avanti sia stato fatto anche in questo campo. Ridurre i contatti dei mafiosi detenuti con il mondo carcerario rappresenta indubbiamente per noi un momento ulteriore di azione di contrasto. Certamente, credo che fin quando esisteranno i naturali permessi di colloquio (sia pure in ambito parentale) e fin quando non si recideranno (il che non potrà avvenire mai) i contatti fisici di queste persone con altre che raggiungono il mondo esterno, sarà assolutamente impossibile impedire a questi personaggi mafiosi di avere rapporti con la realtà Pag. 154 esterna. Perciò credo che sia compatibile sul piano processuale la prospettazione di una diretta responsabilità di un detenuto con un fatto criminoso avvenuto nel momento in cui la persona era in stato di detenzione. LUIGI ROSSI. Chiedo la parola. MARCO TARADASH. Presidente, sarebbe opportuno ascoltare prima gli altri funzionari, per avere un quadro più completo. PRESIDENTE. Se i colleghi desiderassero porre problemi di carattere generale, la sua richiesta, onorevole Taradash, sarebbe condivisibile. Onorevole Rossi, lei desidera porre una domanda specifica in relazione alle ultime affermazioni del dottor Manganelli? LUIGI ROSSI. Avrei da porre un certo numero di domande. PRESIDENTE. In questo caso, le rivolgerà al termine della esposizione dei dirigenti della Polizia di Stato. Mi sembra che il senatore Calvi volesse invece porre un quesito specifico. MAURIZIO CALVI. Vorrei chiedere innanzitutto se l'effetto della cattura dei latitanti derivi esclusivamente dal cuneo del pentitismo oppure se sia effetto di un sistema informativo al di fuori dell'uso dei pentiti. La seconda domanda è questa: quale tipo di rapporto, sempre a proposito della cattura dei latitanti, esiste tra il vostro servizio e il SISDE, che offre delle informative? Vorrei capire quale sia in questa fase storica il rapporto tra il SISDE ed il Servizio centrale operativo, che mi sembra essenziale ai fini della cattura dei latitanti. ACHILLE SERRA, Direttore dello SCO. Alla prima domanda risponderò io, alla seconda il dottor Manganelli. La cattura del latitante non può essere schematizzata. Può avvenire per la collaborazione del pentito, per una indagine diretta su quel latitante o nel corso di una più vasta indagine che riguarda l'associazione criminosa, come prima segnalava il dottor Manganelli. Forse, per inquadrare il mondo in cui si muove il latitante, può essere utile la collaborazione del cosiddetto pentito. Nella mia esperienza non ho mai potuto verificare alcun diretto riscontro tra le dichiarazioni del pentito e la cattura del latitante. Per essere chiari, nessun pentito ci ha mai dato l'indirizzo del latitante, né avrebbe potuto darlo. Dove si trovi Giuseppe Madonia lo sanno lui e altre due persone al massimo; come si muova Vernengo e dove si trovi, lo sanno lui, la moglie e altre due persone. Certamente, non lo sa il pentito, che quasi sempre è da un anno o due (o addirittura sette) in carcere. Però il pentito ci aiuta a ricostruire l'ambiente. Poi, come dicevo, la cattura del latitante può nascere da un'indagine diretta, da intercettazioni telefoniche, dal pedinamento di familiari, nonché dall'investigazione a più largo raggio sull'associazione per delinquere e quindi dalla penetrazione nell'ambito dell'associazione. ANTONIO MANGANELLI, Direttore della I sezione dello SCO. Sui rapporti tra il SISDE e il nostro servizio, devo dire che nel momento in cui i nostri apparati hanno attivato nuove forme di penetrazione nel campo della criminalità organizzata abbiamo intensificato una collaborazione che per altro è sempre esistita, nel senso che abbiamo sempre sviluppato notizie che venivano da fonti informative dei nostri servizi. In quest'ultimo periodo, questa forma di collaborazione si è andata intensificando perché il SISDE ha destinato nuovi uffici, nuovi mezzi e più personale a questo tipo di problemi. Devo dire che qualche risultato è stato già raggiunto e qualche cosa che stiamo facendo insieme può portare, anche in tempi non particolarmente lunghi, a risultati positivi. In genere il SISDE acquisisce Pag. 155 informazioni su personaggi o su ambienti, ce le segnala e noi le sviluppiamo investigativamente, comunicando queste informazioni all'autorità giudiziaria quando appare necessaria la predisposizione di strumenti giuridici per l'evoluzione di tali spunti investigativi. Tutto ciò, però, senza mai perdere contatto con la fonte informativa sia perché lo sviluppo di questi spunti investigativi in genere si avvale della continuazione della collaborazione da parte della fonte, sia per far camminare su un binario parallelo l'attività informativa in senso stretto e l'attività investigativa. Questo modo di procedere sta già dando risultati. PRESIDENTE. Per consentire ai colleghi senatori di partecipare alle votazioni che stanno per avere luogo al Senato, sospendo la seduta fino alle 10,30. La seduta, sospesa alle 10,10, è ripresa alle 10,50. PRESIDENTE. Poiché sono già le 10,50 ed i colleghi del Senato non sono ancora tornati, propongo di riprendere i nostri lavori, dando la parola al dottor Pansa, direttore della II divisione del Servizio centrale operativo. ALESSANDRO PANSA, Direttore della II divisione dello SCO. Signor presidente, prima di entrare nel vivo degli argomenti che tratterò, vorrei chiedere, allorquando mi soffermerò sulla metodologia dell'indagine sul riciclaggio di denaro sporco, la seduta segreta. PRESIDENTE. In questo momento mi giunge notizia che i colleghi del Senato sono ancora impegnati in votazioni. Propongo pertanto di proseguire l'audizione odierna giovedì prossimo, alle 9,30, prima che la Commissione ascolti i rappresentanti della DIA, per consentire ai colleghi del Senato di rivolgere tutte le domande che riterranno opportune. ACHILLE SERRA, Direttore dello SCO. Signor presidente, posso confermarle fin da ora la nostra disponibilità. ALESSANDRO PANSA, Direttore della II divisione dello SCO. L'ufficio da me diretto svolge indagini sulle attività finanziarie della criminalità organizzata, con particolare riguardo al fenomeno del riciclaggio, e sui cosiddetti computers crimes. Esso è articolato in due sezioni: la prima si occupa del problema del riciclaggio, la seconda indaga sui crimini informatici. Questi ultimi certamente non interessano la Commissione, mentre ritengo che per voi sia di maggiore interesse l'attività svolta dalla prima sezione. Noi svolgiamo direttamente, o su richiesta dell'autorità giudiziaria, indagini sul fenomeno del riciclaggio. Da poco all'interno della divisione è stato costituito un gruppo, che ha ricevuto un addestramento specialistico, che si occupa di accertamenti patrimoniali. Il personale che fa parte della mia divisione è altamente specializzato ed ha frequentato, oltre ai corsi svolti nella struttura della Polizia di Stato, corsi di aggiornamento e di specializzazione tenuti presso strutture private, nelle materie economiche e nel campo dell'informatica. Per quanto riguarda gli accertamenti patrimoniali e le misure di prevenzione, stiamo predisponendo un analogo corso di specializzazione, che dovrebbe iniziare all'inizio del prossimo anno, finalizzato allo svolgimento non soltanto dell'attività investigativa diretta ma anche, in relazione ad essa, a quella degli accertamenti patrimoniali. Abbiamo infatti accertato la seguente situazione: quando svolgiamo indagini nel settore della criminalità organizzata, soprattutto per quanto concerne il riciclaggio, individuiamo grandi patrimoni, realtà economiche estremamente ampie. Cessata però l'attività investigativa, quella cioè tecnicamente giudiziaria, il bagaglio di informazioni raccolte passa ad altri uffici che non sono stati coinvolti nell'attività investigativa e che devono gestire la fase degli accertamenti patrimoniali. Spesso però si rischia, soprattutto in presenza di indagini di enormi dimensioni, di perdere alcune informazioni, ossia una serie di dati, nel momento in cui si adottano le misure di Pag. 156 prevenzione, per cui alcune volte si disperde il patrimonio acquisito in sede investigativa. Per tale motivo stiamo predisponendo un gruppo che possa, in una fase successiva alle indagini, affiancare l'autorità locale di pubblica sicurezza (le misure patrimoniali possono essere disposte dal questore e non da noi) per lo sviluppo degli accertamenti patrimoniali connessi a personaggi oggetto di indagini. Negli ultimi tempi abbiamo conseguito, nella lotta al riciclaggio di denaro sporco, una serie di successi che ci hanno consentito di verificare quale sia lo sviluppo di tale fenomeno nell'ambito delle attività svolte dalla criminalità organizzata. Le operazioni più importanti, attraverso le quali abbiamo potuto conoscere determinate realtà (a parte le operazioni riguardanti i Contrera ed i Caruana che sono state avviate molti anni addietro e che solo negli ultimi tempi sono venute alla luce con l'espulsione e l'arresto di questi personaggi), sono quelle concernenti i casinò francesi, dove infiltrazioni della criminalità organizzata italiana stavano proiettandosi (un importante riciclatore milanese riciclava, per conto del clan Madonia di Resuttano, ingenti somme di denaro provenienti dal traffico degli stupefacenti) e la più recente, denominata Green ice, che ci ha permesso di individuare canali finanziari e metodologie di riciclaggio poste in essere dalle organizzazioni criminali estere, come quelle colombiane operanti in Italia, e da correlati gruppi criminali italiani in tutte e tre le aree geografiche di maggior diffusione criminale, ossia Calabria, Campania e Sicilia. Uno dei dati principali che emerge dalle nostre indagini è che i reati di riciclaggio e di reinvestimento di capitali, previsti dagli articoli 648-bis e 648-ter del codice penale, sono di difficilissima dimostrazione. Statisticamente il numero delle persone indagate per questo tipo di reati è bassissimo in Italia, condanne non ne esistono e la possibilità di giungere alla dimostrazione attraverso un iter investigativo di tutti gli elementi che consentano l'incriminazione dei soggetti coinvolti è molto complesso, prevedendo la normativa una sorta di probatio diabolica. Il riciclatore, infatti, per essere perseguito non necessariamente deve concorrere nel reato dal quale deriva la ricchezza, ma deve essere a conoscenza con precisione della provenienza del denaro e da quale tipo di reato provenga. Le fattispecie criminose produttrici di ricchezza sono limitate al traffico degli stupefacenti, ai sequestri di persona a scopo di estorsione, alle rapine, alle estorsioni aggravate. In qualche modo il fenomeno è estremamente più ampio però i limiti della nostra attività investigativa sono scanditi da queste regole del diritto sostanziale. PRESIDENTE. Lei cosa proporrebbe, sulla base della sua esperienza, come verifica della normativa a proposito degli articoli 648-bis e 648-ter? ALESSANDRO PANSA, Direttore della II divisione dello SCO. Prima di tutto allargare la base dei reati. ROMEO RICCIUTI. Il gioco d'azzardo e il lotto clandestino non c'entrano in tutto ciò? ALESSANDRO PANSA, Direttore della II divisione dello SCO. Assolutamente no, ma neanche il traffico delle armi, neanche la corruzione, così come altri tipi di reato, come il contrabbando di sigarette, che comunque in Italia, pur se da un certo punto di vista è un reato che non preoccupa in sé e per sé, quando è gestito dalle organizzazioni criminali rappresenta sicuramente una grossa fonte di guadagno. Nella nostra realtà investigativa verifichiamo come i gruppi criminali intervengano nelle gare d'appalto. Quello che guadagnano in una gara d'appalto illegale non è denaro che può essere riciclato tecnicamente. Qualsiasi cosa essi ne facciano, colui che gestisce questo capitale illecitamente guadagnato non commette il reato di riciclaggio. Infatti, commette reato di riciclaggio colui che è a conoscenza Pag. 157 che il denaro da riciclare proviene, ad esempio, da una estorsione aggravata. Egli potrebbe, ad esempio, confessare ma dire che non sapeva che si trattasse di una estorsione aggravata. PRESIDENTE. L'articolo 648 non copre abbastanza? ALESSANDRO PANSA, Direttore della II divisione dello SCO. Tutto il resto è coperto dall'articolo 648, quando c'è la ricettazione. Però non è sempre semplice dimostrare la ricettazione di denaro, perché spesso il riciclatore non diventa possessore del denaro ma crea semplicemente un mascheramento alla provenienza. Il delitto di riciclaggio è essenzialmente individuato nella forma del mascheramento e dell'occultamento non soltanto del capitale ma anche della provenienza: colui che materialmente non diventa possessore del denaro ma emette, ad esempio, una fattura per dimostrare un credito a favore di un mafioso (quindi esigere quel credito significa arricchirsi), crea una fonte legittima ad un denaro di illecita provenienza. Questa persona non è mai entrata in possesso di quel denaro e non è, quindi, punibile se non in riferimento alla falsificazione di fatture. Questo è il primo dato che ci pone grosse difficoltà, tanto è vero che la nostra attività investigativa si è evoluta negli ultimi tempi anche con metodologie investigative tali da consentirci di superare questo tipo di ostacoli. Faccio un esempio: nelle prime due indagini, dove era evidentissima l'attività di riciclaggio e di reinvestimento di capitali, quelle che riguardano i casinò e Giuseppe Lottusi, arrestato a Milano nel 1990... MASSIMO BRUTTI. E' quello che aveva le scuderie? ALESSANDRO PANSA, Direttore della II divisione dello SCO. E' esatto. A nessuno di costoro è stato contestato il reato previsto dagli articoli 648-bis e 648-ter del codice penale. A Lottusi è stato contestato il reato di concorso in traffico di stupefacenti, e speriamo che regga fino alla fine del dibattimento. Per quanto riguarda invece la vicenda del casinò di Sanremo, sono stati contestati reati di minore gravità, essendo caduta dal punto di vista giudiziario l'imputazione del reato previsto dall'articolo 416-bis, in quanto non era possibile dimostrare la provenienza diretta del denaro che veniva investito dalla camorra nel sud della Francia per acquistare alcuni casinò. Questo è uno dei principali motivi per i quali abbiamo grosse difficoltà nello svolgere questo tipo di attività investigativa. L'altra constatazione che deriva dalla nostra esperienza è dovuta al fatto che l'esame dei circuiti finanziari attraverso i quali circola il denaro sporco è quasi sempre inutile, nel senso che non ci consente di raccogliere la prova del reato. Proprio in riferimento al caso Lottusi abbiamo verificato che attraverso l'analisi dei flussi finanziari di tutta la sua attività, legale ed illegale (costui faceva esportazioni di valuta illegale, falsificazione delle fatture), non riuscivamo a dimostrare la responsabilità del reato, se non una serie di violazioni di carattere valutario e fiscale. Il circuito del denaro sporco di cui avevamo traccia fino ad un certo punto (nella fase iniziale e terminale) non si poteva ripercorrere per intero, in quanto, da esperto qual era, egli lo interrompeva ad un certo punto trasportando il denaro al di fuori del circuito finanziario. Il sistema era estremamente semplice. Noi avevamo prove documentali e testimoniali della consegna a questo personaggio da parte del clan Madonia di Palermo di 12 miliardi e mezzo. ALFREDO GALASSO. Un certo Carollo o Corallo? ALESSANDRO PANSA, Direttore della II divisione dello SCO. No, no. Il clan Madonia. Il tramite erano i fratelli Galatolo dell'Acqua Santa di Palermo. Come dicevo, avevano consegnato il denaro a Lottusi. La stessa somma la Pag. 158 ritrovavamo a Los Angeles, negli Stati Uniti, da dove poi era trasferita ai trafficanti di cocaina colombiani; ma non riuscivamo a ripercorrere l'iter dalle mani di Lottusi fino ai colombiani. Lottusi portava il denaro in Svizzera e da qui non lo immetteva immediatamente nel circuito finanziario ma lo spediva per posta, in pacchi contenenti ciascuno 250 milioni, da una società di Chiasso ad una banca di Ginevra. Pertanto il circuito postale, che creava un anello della catena finanziaria, interrompeva la conoscenza. PRESIDENTE. Da Chiasso a Ginevra? ALESSANDRO PANSA, Direttore della II divisione dello SCO. Sì, li spediva. VITO RIGGIO. Poi la banca di Ginevra li girava. ALESSANDRO PANSA, Direttore della II divisione dello SCO. Poi la banca di Ginevra operava. ALFREDO GALASSO. In pratica le banconote. ALESSANDRO PANSA, Direttore della II divisione dello SCO. Sì, spediva il pacco. Avevano molta fiducia nelle poste svizzere, probabilmente con le poste italiane non l'avrebbero mai fatto. Grazie ai rapporti di collaborazione che abbiamo con le autorità svizzere ed in particolare con la polizia e la magistratura di Lugano, siamo riusciti a trovare la prova. Infatti, la magistratura di Lugano non soltanto ci ha consentito di svolgere accertamenti presso la finanziaria e presso la banca, dalla quale non è uscito assolutamente niente, ma si è assunta l'impegno di interrogare, in maniera anche abbastanza brutale dal presidente all'ultimo degli uscieri della società finanziaria e della banca, fino a quando una segretaria non ha svelato il mistero dicendo che questo signore, titolare di un conto corrente sul quale erano depositati pochissimi soldi, più di una volta aveva chiesto di poter effettuare delle spedizioni di pacchi, di cui abbiamo trovato le ricevute. Come dicevo in precedenza, l'esame dei flussi finanziari spessissimo non consente di individuare il denaro sporco anche in presenza di informazioni precise. Se si pensa di svolgere un'indagine dall'alto, senza partire dal dato investigativo, cioè dal reato dal quale ha origine il denaro sporco, le indagini condotte in virtù degli articoli 648-bis e 648-ter sono destinate all'insuccesso. L'unico modo che, come abbiamo verificato grazie alle nostre indagini, può consentire un successo in questo senso è l'immissione del denaro contante nel circuito finanziario. Attraverso l'indagine Green ice abbiamo constatato che le organizzazioni criminali incontrano una certa difficoltà ad immettere il denaro contante, quando questo è in grossi quantitativi, nei circuiti finanziari. Nel momento in cui il denaro entra nel circuito finanziario, nella mia organizzazione del lavoro io rinuncerei all'indagine, perché in ogni caso non sarebbe possibile dimostrare il reato stesso. Ciò ha richiesto un ampliamento delle nostre attività e metodologie investigative. Su queste ultime - se la Commissione è interessata a conoscerle - posso soffermarmi, con l'avvertenza che si tratta di una materia riservata. PRESIDENTE. Sta bene. Da questo momento i nostri lavori continuano in seduta segreta. Dispongo la disattivazione del circuito audiovisivo interno. (La Commissione procede in seduta segreta). PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori in seduta pubblica. Dispongo la riattivazione del circuito audiovisivo. Do la parola al dottor Cirillo. FRANCESCO CIRILLO, Direttore della III divisione dello SCO. Dirigo la III divisione del Servizio centrale operativo, denominata nucleo centrale per il coordinamento Pag. 159 operativo e l'organizzazione, che è suddivisa in più sezioni. L'attività precipua svolta consiste nella gestione, in diretta collaborazione con la Direzione centrale per i servizi antidroga, delle indagini antidroga della Polizia di Stato e dei centri interprovinciali della Criminalpol - esistenti sul territorio - nonché nel coordinamento delle attività investigative delle strutture territoriali della Polizia di Stato. Poiché, però, l'Italia non è tutta mafia, interveniamo come Servizio centrale operativo anche nelle situazioni di estrazione o natura non propriamente mafiosa. Mi riferisco ai sequestri di persona, che non sono, almeno la stragrande maggioranza delle volte, di estrazione mafiosa, oppure ai casi dei cosiddetti mostri, purtroppo recenti. Per disposizioni impartite dal nostro vertice tecnico, siamo disponibili a dare supporto - sia di esperienze (anche materiali) sia di uomini - alle strutture periferiche che ne hanno bisogno. Poichè non tutte sono assimilabili alla squadra mobile di Milano o di Roma, non hanno la possibilità di utilizzare strumenti tecnologicamente avanzati e personale altamente qualificato dal punto di vista professionale. Per quanto riguarda le indagini sul versante antidroga, il capo della polizia ha ritenuto di costituire nell'ambito del Servizio centrale operativo ciò che esiste presso la Guardia di finanza e l'Arma dei carabinieri, cioè un vertice investigativo - meglio coordinativo - antidroga in grado di distribuire e indirizzare le indagini delle proprie strutture avendo un rapporto diretto con la Direzione centrale dei servizi antidroga. Noi, attraverso questo continuo contatto, gestiamo le operazioni relative alla droga e interveniamo nelle operazioni anche in prima persona: risale a quattro giorni fa il sequestro a Roma, per altro ancora non pubblicizzato, di 40 chilogrammi di cocaina proveniente dal Sud America, che ha interessato il porto di Genova e si è sviluppato lungo la penisola. Abbiamo svolto un servizio di osservazione e pedinamento da Genova a Roma conclusosi con il sequestro, appunto, di 40 chilogrammi di cocaina, all'85 per cento di purezza, ed il successivo arresto di 7 componenti l'organizzazione crimonosa. Interveniamo direttamente sia nella gestione, nel compimento e nella realizzazione di tali operazioni antidroga, sia nel fornire supporto alle strutture periferiche. Gli agenti sotto copertura non si improvvisano da un giorno all'altro e nella nostra struttura lavora personale che compiva queste operazioni da tempo, già prima che la normativa lo consentisse. Dicevo che attraverso i contatti costanti (probabilmente, nell'ambito dei colleghi del Servizio centrale operativo io sono quello che più gira per l'Italia e mantiene i rapporti; il direttore Serra muove la testa ... forse solo lui mi batte, perchè lui è il "venditore di saponette" per l'Italia) forniamo alle strutture investigative il materiale umano - mi rendo conto che è un brutto termine - rappresentato dagli ispettori di polizia che svolgono le operazioni sotto copertura. Con l'avvento della nuova normativa antidroga e della recente organizzazione riteniamo di aver ottenuto risultati discreti su questo fronte, tanto più se si considera che il nostro servizio è presente in quasi tutte le oprazioni di contrasto. Questo non avviene sempre palesemente: certo, qualcosa facciamo palesemente, e quindi la nostra opera è oggetto di pubblicità, ma nello svolgimento di molte operazioni interveniamo in funzione di soccorso occulto, per dare una mano alle strutture territoriali. Penso che non esista un'operazione di contrasto al traffico degli stupefacenti in cui non sia stato presente il Servizio centrale operativo con il suo personale. Questa è l'attività svolta dalla mia divisione. PRESIDENTE. Come sono i rapporti con il Servizio antidroga della Direzione centrale? FRANCESCO CIRILLO, Direttore della III divisione dello SCO. Sono di grande collaborazione... Pag. 160 PRESIDENTE. Non mi dica "ottimi" perché lo dicono tutti... FRANCESCO CIRILLO, Direttore della III divisione dello SCO. Dico veramente ottimi e le spiego il motivo. Nell'ultima operazione, da me citata poc'anzi, si è registrata una piccola difficoltà di coordinamento, un termine quest'ultimo a cui bisogna dare sempre un contenuto. Poiché la Guardia di finanza non era sicura di poter far passare il carico attraverso il porto di Genova - nel senso che gli ufficiali avevano cominciato a "guardare" troppo i sette macigni di granito che venivano portati fuori dal porto - con l'intervento sul campo della Direzione centrale antidroga siamo riusciti a bloccare la manovra, evitando di mandare a monte l'intera operazione. E' una grande collaborazione, anche perché si tratta di persone che da anni svolgono questo lavoro e ne conoscono tutte le difficoltà. PRESIDENTE. Per quanto riguarda la possibilità di far circolare la sostanza stupefacente per l'Italia al fine di individuare la rete dei trafficanti, avete necessità di esercitare pressioni particolari nei confronti delle varie magistrature o dei corpi di polizia, per far intendere il senso dell'operazione? Oppure riscontrate una disponibilità spontanea ed immediata? FRANCESCO CIRILLO, Direttore della III divisione dello SCO. In genere, quando le notizie circolano, vi è una disponibilità spontanea. I problemi sorgono quando ci si trova di fronte ad attività furbesche, nel senso che dicendo qualcosa a qualcuno, costui possa pretendere di inserirsi. Per la verità, su tutto il territorio nazionale da parte della magistratura abbiamo riscontrato una grandissima disponibilità, anche nella ricerca di una soluzione avveniristica ed impensabile; addirittura ci siamo trovati dinanzi a casi in cui ci è stato detto "perdete 4 chilogrammi di stupefacenti, perché l'importante è mandare in galera l'organizzazione!". Per noi, l'applicazione della nuova normativa è sicuramente positiva sia per i risultati ottenuti, sia soprattutto per le notizie che circolano attraverso le strutture e gli organismi centrali. PRESIDENTE. Rispetto alla quantità di sostanza stupefacente circolante in Italia, al suo grado di purezza ed al costo, qual è l'effetto prodotto dalle operazioni di sequestro da voi eseguite? Avete compiuto una valutazione? Insomma, tutto ciò incide o no sul mercato? FRANCESCO CIRILLO, Direttore della III divisione dello SCO. Sicuramente incide. Non so se il tutto sia rapportabile alle nuove condizioni di frontiera attualmente esistenti in Italia. Essendosi aperta la frontiera con l'Est, siamo stati (speriamo vi sia un freno delle frontiere iugoslave e turche... PRESIDENTE. Speriamo per ragioni diverse da quelle attuali. FRANCESCO CIRILLO, Direttore della III divisione dello SCO. Certo, speriamo. Dicevo, siamo stati invasi da eroina turca, per altro di pessima qualità, il che incide sulla mortalità per ragioni di tossicodipendenza. C'é sicuramente un flusso maggiore di cocaina proveniente dai paesi del Sud America. L'operazione di cui parlava il collega Pansa ci ha consentito di capire che i colombiani trafficano in cocaina e raffinano l'eroina. Si apre quindi un nuovo mondo. PRESIDENTE. Il papavero viene coltivato lì? FRANCESCO CIRILLO, Direttore della III divisione dello SCO. Sì. Cambiano, quindi, gli schemi che conoscevamo. PRESIDENTE. Mi scusi, dottor Cirillo, ma non ho ben compreso. Le grandi operazioni hanno effetto sul mercato? Riuscite a registrare un effetto sul mercato oppure no? Ripeto la domanda Pag. 161 perché gli unici effetti riguardano il rallentamento delle quantità in circolazione, l'aumento del taglio o l'incremento del prezzo. FRANCESCO CIRILLO, Direttore della III divisione dello SCO. Mi interesso delle indagini per aree geografiche e sicuramente una flessione temporanea c'é. PRESIDENTE. Avete compiuto rilevazioni? FRANCESCO CIRILLO, Direttore della III sezione dello SCO. Non spetta a noi fare le rilevazioni ma alla direzione centrale del servizio, che opera il monitoraggio sul tutto. PRESIDENTE. Invito i colleghi che intendano rivolgere domande ad essere concisi, anche perché giovedì 29 avrà luogo il seguito dell'audizione dei dirigenti dello SCO. LUIGI ROSSI. Ciò che mi interessa in modo particolare è il rapporto tra politica e mafia; essendo scoppiato il caso Lima, di cui oggi parlano tutti i giornali, desidero sapere quali ulteriori sviluppi si prevedano perché certamente tale caso non rimarrà isolato. Si è anche parlato di magistrati ed è per questo che chiedo se nel caso Lima ne siano coinvolti; in particolare se sia vero che Lima mantenesse i contatti soprattutto con i magistrati dei livelli superiori. Chiedo inoltre se i collaboratori della giustizia, i cosiddetti pentiti, oggi godano di maggior credito rispetto a ieri, quando alcuni magistrati di Cassazione, come abbiamo letto sui giornali, dichiaravano che i pentiti non avevano alcuna possibilità di essere creduti perché su di essi non si poteva fare affidamento. Infine, per quanto riguarda il riciclaggio, vorrei sapere se i mezzi attualmente a disposizione (articoli 648-bis, 648-ter eccetera) siano sufficienti o se non sia opportuno aumentare l'intensità degli interventi ovvero se non si renda necessario approvare nuove leggi contenenti disposizioni completamente nuove. GIROLAMO TRIPODI. Ho ascoltato con molta attenzione i dirigenti del Servizio centrale operativo, così come con eguale attenzione ho ascoltato nella seduta precedente i rappresentanti dei GICO della Guardia di finanza e dei ROS dei carabinieri; e ne deduco che ci troviamo di fronte a servizi che presentano varie analogie dal punto di vista dell'impegno e dell'intervento investigativo contro la criminalità. Pertanto la prima domanda che intendo rivolgere riguarda la questione del coordinamento: è mai accaduto che la vostra azione o quella dei GICO o dei ROS si siano sovrapposte su uno stesso caso, dando così luogo ad uno spreco di forze e di energie? Se ciò è avvenuto o se può accadere, mi chiedo come sia possibile superare tale ostacolo. Siete in grado di fornire alla Commissione suggerimenti che consentano di superarlo? Un'altra questione fa riferimento alle indagini patrimoniali. Sono venuto a conoscenza del fatto che in questo periodo si sta svolgendo un corso di specializzazione per le indagini patrimoniali. Se ho ben interpretato le parole del dottor Pansa, fino ad oggi non c'era un settore della Polizia di Stato che si occupasse specificatamente di questo problema, e il fatto mi meraviglia perché, se si vuole vincere la battaglia contro la mafia, la lotta va condotta contro gli arricchimenti illeciti. Se da una parte sono stati compiuti molti passi in avanti contro il traffico degli stupefacenti, qualche ritardo si nota sul versante delle indagini patrimoniali. Perché questo ritardo? L'ultima questione riguarda le varie organizzazioni criminali presenti nel nostro paese. Da quanto ci hanno detto questa mattina i dirigenti dello SCO, sembra che l'attenzione maggiore degli investigatori sia rivolta a Cosa nostra, ma non vorrei che ciò significasse dimenticare il fenomeno della 'ndrangheta. Certamente tale organizzazione è meno pericolosa Pag. 162 di quanto non sia Cosa nostra in Sicilia, ma mi chiedo se la lotta alla criminalità organizzata non debba essere condotta a tappeto su tutto il territorio nazionale, naturalmente avvalendosi delle forze a disposizione. In sostanza, chiedo che l'attenzione degli investigatori non si limiti ai fatti clamorosi che si verificano in Sicilia. MARIO BORGHEZIO. Signor presidente, che il nodo fra alta finanza, banche e criminalità organizzata, e specificatamente organizzazioni mafiose, fosse centrale lo si poteva capire già quando nell'imperversare del fenomeno dei rapimenti di persona, gestito direttamente dalla mafia, si è notato - poco in Italia ma molto di più all'estero - che in realtà non venivano mai colpiti né gli uomini delle banche né quelli dell'alta finanza, salvo casi eccezionali, tutti finiti eccezionalmente (non certo per i rapiti ma per i rapitori). Alla luce di tali osservazioni, la cui importanza è stata ben sottolineata dal dottor Pansa nel suo intervento, rivolgerei a quest'ultimo alcune domande. In primo luogo, vorrei sapere se non ritenga che i corsi di formazione, necessari per i funzionari della Polizia di Stato ma anche per gli altri corpi e per i magistrati, debbano attualmente comprendere anche dei training presso le banche d'affari di Londra e di New York, per essere all'altezza delle tecniche più sofisticate. In ordine alla problematica del riciclaggio tramite i casinò italiani e francesi, vorrei sapere se si svolgano indagini sulle banche privilegiate nelle operazioni di usura legate al gioco d'azzardo e se sia vero che alcune di esse siano popolari. Vorrei sapere inoltre se siano attuati controlli sui tecnici italiani più qualificati e noti che si occupano della collocazione di capitali e di pacchetti azionari nei "paradisi fiscali". Pare che in Italia vi siano alcuni tra i migliori esperti mondiali in questo campo; vorrei sapere, ripeto, se si stiano svolgendo indagini su tali personaggi. Domando anche se alle riunioni periodiche dell'ABI sulla criminalità vengano chiamati a partecipare - come io desidererei che avvenisse - gli alti esponenti delle forze di polizia. Ritenete utile estendere il controllo delle banche sui bonifici superiori ai venti milioni di lire (mi pare che attualmente sia escluso)? Non ritenete necessario un coordinamento specifico (a meno che non mi diciate che qualcosa del genere già avviene), più organico ed istituzionalmente previsto, fra i vari organi amministrativi, di polizia e di vigilanza sul tema del riciclaggio? Giudicate sufficienti - o in che misura andrebbero modificate - le norme in base alle quali gli impiegati di banca devono segnalare le operazioni sospette? Personalmente ritengo che gli impiegati di banca non abbiano oggi né riferimenti chiari dalle proprie amministrazioni sulla metodologia da seguire né la preparazione tecnica necessaria. Mi sembra una normativa simile alle gride manzoniane. Vorrei poi un giudizio sia in merito all'entità ed alla qualità delle segnalazioni pervenute finora agli organi di polizia dalle banche in ordine ai fenomeni di riciclaggio sia sulla diversa tipologia di queste segnalazioni fra le diverse banche esistenti nelle varie regioni d'Italia; in sostanza, vorrei sapere se vi siano banche sospette in ordine a tale aspetto. Gradirei inoltre un parere sulle banche popolari. Ritenete necessario svolgere particolari controlli in ordine al riciclaggio negli appalti autostradali e, in particolare, in quelli che stanno per iniziare in relazione alla costruenda autostrada del Frèjus, cioè in una zona di forte penetrazione mafiosa? Ricevete rapporti periodici dalla CONSOB? In caso di risposta negativa, non ritenete opportuno che siano istituzionalmente stabiliti e sollecitati, eventualmente con l'intervento di questa Commissione? Infine, come già fatto per le altre forze di polizia, domando se vi siano elementi concreti in ordine a contatti e rapporti fra le organizzazioni mafiose ed i fenomeni di migrazione irregolare di extracomunitari, Pag. 163 in particolare per quanto riguarda lo spaccio di droga, il traffico di documenti falsi ed il contrabbando. PRESIDENTE. A questo punto, dobbiamo dare al dottor Pansa il tempo di consultare l'Enciclopedia britannica... MASSIMO SCALIA. Sostanzialmente devo rivolgere solo due domande, una delle quali già formulata dal senatore Calvi a proposito dei rapporti con il SISDE; vorrei capire meglio quale sia l'efficacia penetrativa dell'informazione SISDE, perché la risposta che ho sentito mi è parsa un po' diplomatica. Gradirei che si tornasse un attimo su questo aspetto molto interessante, in quanto ho sentito troppe volte usare l'aggettivo "parallelo", che non mi convince molto. PRESIDENTE. Sia il SISDE sia il SISMI hanno nuclei specifici, in base ad una recente legge. MASSIMO SCALIA. Vorrei appunto capire un po' meglio quest'aspetto. In base all'organigramma di cui disponiamo e a quanto ho ascoltato dai dirigenti dello SCO, mi pare manchi - forse mi potrà rispondere il dottor Pansa - una apposita sezione che si occupi degli abusi sul territorio e dei danni ambientali. Abbiamo visto in questi anni che la speculazione edilizia e gli appalti per le grandi opere pubbliche (un caso per tutti è rappresentato dalla centrale ENEL di Gioia Tauro, ma ha riguardato anche dighe, strade ed autostrade) hanno rappresentato l'occasione per un circuito abbastanza noto che ha visto protagonista la criminalità organizzata e che ha come effetto da un lato il momento terminale del riciclaggio e dall'altro danni ambientali, alla collettività ed al territorio. Chiedo se vi sia l'intenzione di organizzare una particolare sezione che, "leggendo" il territorio, segua le compenetrazioni del circuito criminale. La seconda domanda è rivolta al dottor Cirillo. Per quanto concerne la repressione del traffico degli stupefacenti, vedendo i film americani si deduce che un'unica organizzazione incaricata di questa funzione sembrerebbe più efficace di un coordinamento. Dall'esposizione del dottor Cirillo mi è parso di capire che esistono diverse strutture che poi, al più, si possono coordinare tra di loro e che fanno riferimento a diverse forze; forse ho capito male e quindi gradirei alcuni chiarimenti per comprendere se esista già un'unica struttura incaricata della repressione del traffico degli stupefacenti, se si stia andando in questa direzione e quali siano le differenze rispetto ad altri ordinamenti. Il dottor Cirillo ha accennato ad un forte traffico di stupefacenti provenienti da Est, dalla Turchia; vorrei sapere - se è arrivata a me, deve trattarsi di una voce pubblica - se sia vero che all'interno di questo flusso qualcuno usi il contrabbando di sigarette come un diversivo, spostando l'approdo degli stupefacenti dalle coste pugliesi a quelle romagnole. Forlì sarebbe uno dei centri più impegnati nella diffusione. Ripeto che si tratta di notizie di cui non conosco la validità, per cui vorrei avere qualche informazione in merito, sempre che ciò non contravvenga ad un vincolo di segretezza. MASSIMO BRUTTI. Vorrei rivolgere alcune domande che si riferiscono a persone attualmente sottoposte a procedimenti giudiziari; non so quindi se sia il caso di formularle in seduta segreta. PRESIDENTE. Eventualmente ciò può valere per le risposte. Se però preferisce rivolgere le domande in via riservata, può farlo. MASSIMO BRUTTI. No, grazie, signor presidente. La prima domanda si riferisce alla posizione di una persona generalmente considerata potente in Sicilia e a Palermo, cioè il commercialista Giuseppe Mandalari. Vorrei sapere quale sia attualmente la sua situazione processuale e quali elementi esistano in relazione a sue Pag. 164 attività in ordine a quelle economiche e finanziarie che fanno capo a Cosa nostra. La seconda persona riguardo alla quale chiederei informazioni che si riferiscono specificamente alla disponibilità di beni e di attività finanziarie è Vito Ciancimino. Vi è stata, a proposito di questo soggetto, una lunga, lunghissima, estenuante vicenda di rinvii del procedimento per le misure di prevenzione. Cosa risulta a tale proposito? Infine, la terza persona è ben nota alle cronache italiane; all'inizio di quest'anno, se non ricordo male, è stata inviata dall'autorità giudiziaria di Palmi una comunicazione di garanzia al noto Licio Gelli per associazione a delinquere di tipo mafioso e per traffico di armi. In una recente intervista, egli ha detto tra l'altro ancora una volta - si tratta di un'espressione da lui usata più volte - di essere stato e di essere un banchiere senza licenza. Esistono elementi relativi ad una specifica attività del Gelli in ordine ad operazioni finanziarie, di intermediazione e così via? Cosa risulta circa gli investimenti di Cosa nostra in Sicilia, a Palermo e provincia, nell'attività alberghiera? Se sono state svolte indagini, a cosa sono approdate? Cosa risulta circa i rapporti tra Banco di Sicilia, Sicilcassa, banche private della zona ed attività economiche della mafia? Nel decreto-legge antimafia, convertito in legge nell'agosto di quest'anno, sono state introdotte nuove norme relative alla fattispecie dell'usura, la cui novità è di andare un po' oltre la nozione, prima configurata in termini assoluti, di stato di bisogno e di individuare una fattispecie nella quale la condizione di difficoltà economica in cui si trova il soggetto sia relativa alle sue attività imprenditoriali. Vorrei conoscere la vostra valutazione in merito, anche con riferimento alla prima attuazione di queste norme. ALTERO MATTEOLI. Sembra che il traffico della droga avvenga anche attraverso il commercio delle scarpe. E' stato acclarato questo aspetto? In caso affermativo, in quale parte d'Italia si è verificato questo fenomeno? Quale difficoltà incontrate per svolgere indagini in una banca? Se un cittadino vuole compiere un'operazione per un importo di 100-200 milioni, nell'arco della giornata divide la cifra in parti non superiori a 19 milioni e mezzo e fa il giro di più banche. In questo modo può compiere l'operazione complessiva. E' previsto un controllo in merito o la legge limita la vostra operatività? Sono in corso - mi parrebbe strano se non fosse così, visto che i mass media ne parlano ripetutamente - indagini relative alle spese elettorali sostenute da alcuni candidati non solo nelle regioni ormai tradizionalmente note per fenomeni mafiosi, ma anche in altre parti di Italia? Quanto ai rapporti con i servizi segreti, sono mai esistite informative su uomini politici legati al traffico della droga, o comunque alla criminalità organizzata, sulla base delle quali voi abbiate espletato indagini? L'ultima domanda che vorrei porre riguarda Licio Gelli. Conosco bene la vicenda P2 perché ho fatto parte della Commissione d'inchiesta e sono stato relatore di minoranza. Licio Gelli appare sempre più spesso sugli organi di stampa, anche con dichiarazioni improvvide; ho l'impressione che ogni suo intervento costituisca un segnale, come quando di recente ha dichiarato che commercia per miliardi e che muove cifre superiori ad una banca. Si ha l'impressione che lo Stato italiano, attraverso la vostra organizzazione e quelle delle altre forze dell'ordine, nulla abbia fatto e che sia stato posto una specie di veto ad indagare oltre un certo limite su questo personaggio. Tutto ciò è dovuto a pressioni politiche che ricevete o soltanto allo scarso peso che viene dato alle interviste ed a ciò che ha rappresentato Licio Gelli? FERDINANDO IMPOSIMATO. Vorrei sapere se risulti confermata la notizia che le organizzazioni mafiose si interessino Pag. 165 anche dell'iter di alcune leggi, cioè della loro approvazione o meno. E' confermata la tesi, profilata alcuni anni fa, secondo cui la partecipazione al vertice della commissione significhi anche partecipazione ai singoli delitti di eccezionale gravità? Questa tesi è stata confermata da quelli che hanno fatto parte, di recente, della commissione? Vorrei avere, se possibile, una panoramica dei collegamenti tra Cosa nostra e l'eversione nera, di cui abbiamo sentito parlare da alcuni pentiti "storici". Ritenete di poter approfondire questi collegamenti, anche con Gelli, nel corso delle vostre indagini? Un'ultima domanda riguarda Green ice, un'operazione che ha coinvolto, oltre ad alcuni paesi europei, anche gli Stati Uniti ed il Canada. Vorrei sapere se, a vostro avviso, non si profili la necessità di creare una struttura di polizia europea per svolgere le indagini nei paesi in cui avviene il riciclaggio. Nell'operazione Green ice sono interessati 15-16 paesi, calcolando quelli in cui sono avvenuti gli arresti, quelli in cui sono stati sequestrati quantitativi di droga e quelli in cui è avvenuto il riciclaggio del denaro sporco. Vorrei sapere, sempre a questo proposito, se esistano difficoltà d'ordine operativo per la polizia giudiziaria e, soprattutto, per la magistratura inquirente. MARCO TARADASH. Vorrei innanzitutto un'informazione dal dottor Manganelli riguardo al fenomeno delle "stidde", cioè cosa rappresentino, a quali traffici siano interessate e quale sia la loro capacità, in prospettiva, di superare Cosa nostra anche in termini di contatti con il mondo finanziario e politico-economico in generale. Ho partecipato alla discussione, in sede di Parlamento europeo, della direttiva sul riciclaggio ed ho presentato un emendamento tendente ad ampliare la casistica. Mi sembra ragionevole, infatti, non impedire alle forze di polizia di intervenire in casi di riciclaggio relativo a proventi di matrice criminale. La ragione per cui la maggioranza ha limitato, anche in sede europea, la possibilità di intervento è che altrimenti si sarebbe aperto un territorio sconfinato e quindi sarebbero stati impossibili interventi mirati: se tutto fosse riciclaggio, le forze di polizia disperderebbero la loro attività in mille rivoli. Questa obiezione è valida in termini razionali o no? La legislazione americana, se non sbaglio, pone un limite in relazione al valore: in altri termini, si interviene soltanto quando la quantità di denaro su cui intervenire sia superiore ad un certo livello. Questo può rappresentare una contromisura oppure no? Un'operazione come Green ice, di cui sono stati descritti i particolari, è ripetibile oppure, date le sue caratteristiche, una volta realizzata non è più possibile ripeterla? Di conseguenza, intervenire sul denaro ancora "caldo" incide realmente sul fenomeno del riciclaggio oppure è importante perché dimostra efficienza, ma non incide molto in termini di efficacia? E' stata sollevata la questione dei colombiani. Vorrei sapere se le notizie riportate dal Financial Times la scorsa settimana a proposito della Nigeria come punto importante di commercio e di traffico di eroina in Europa siano state verificate anche per quanto riguarda l'Italia. E' possibile che una grande parte del denaro "caldo", cioè sporco e non ancora riciclato, si trasferisca direttamente in buoni del tesoro e di conseguenza sia difficile il controllo, anche perché acquistano tali buoni centinaia di operatori? Avete pensato a maggiori controlli da attuare attraverso gli strumenti di intervento offerti dalle nuove leggi? Credo che i nuovi poteri comportino rischi maggiori sia per l'incolumità sia per la moralità degli operatori della polizia, nel senso che in molti paesi europei, in cui questi interventi sono possibili, si sono verificati notevoli casi di corruzione (penso alla Francia e ad altri paesi): vi siete attrezzati, adottando contromisure rispetto a questi rischi? Pag. 166 VITO RIGGIO. La mia prima domanda è relativa alla conoscenza del mercato di consumo. Visto che sussiste l'esigenza di seguire il denaro, probabilmente una più puntuale conoscenza, città per città e zona per zona, di come è distribuito il mercato dei consumatori, quindi della dimensione del fenomeno - non so se il collega Taradash sarà d'accordo su questo - potrebbe essere utile. Vorrei sapere se esistano dati di questo tipo e se vi sia una collaborazione delle autorità locali, in particolare dei servizi sociali delle grandi città, perché questo potrebbe essere importante. La seconda questione concerne i settori nei quali più facilmente sono state riscontrate forme di reinvestimento dei capitali illeciti. Ho sentito parlare di grandi operazioni riguardanti i casinò, ma non capisco se esse riguardino anche il settore alberghiero. La distribuzione geografica di tali investimenti si è spostata prevalentemente in zone diverse da quelle ad alto rischio o invece vi sono ricadute anche in queste ultime? Sarebbe facile a tale proposito incrociare i dati relativi alla nascita delle imprese fino all'acquisto di imprese nuove. Chiedo notizie anche per quanto riguarda le modalità del reimpiego: ad esempio, qualche tempo fa ci è stato segnalato come certi ribassi eccessivi in gare di appalto (quindi il sistema delle aste pubbliche al massimo ribasso) avessero determinato più facili forme di penetrazione, proprio per la necessità di reinvestire il denaro e di giustificarlo. Infine, vorrei sapere se vi sia un'attenzione, e in caso affermativo di quale tipo - è una domanda che è stata già posta con nomi e cognomi, ma a me interessa la tipologia - su soggetti indispensabili come supporto perché certe attività si compiano, vale a dire commercialisti, avvocati, fiscalisti, società finanziarie; se siano emersi riscontri nelle indagini in corso soprattutto nelle città più significative da questo punto di vista, vale a dire Palermo per la vicinanza con il fenomeno, Milano per la necessità di reinvestimento. I nostri interlocutori hanno parlato di norme legislative sufficienti per quanto attiene alla possibilità di infiltrare collaboratori, ma anche della necessità di correzioni. Io vorrei maggiori delucidazioni dal punto di vista amministrativo circa la congruità dei supporti offerti dal ministero, quindi dal Governo, nonché circa la qualità della collaborazione con la Guardia di finanza e i Carabinieri. GAETANO GRASSO. Vorrei intervenire con riferimento al riciclaggio, che segue il canale degli investimenti produttivi: siamo in grado di sapere se esistano aree previlegiate dove venga investito il denaro proveniente dal riciclaggio in attività produttive o quali aree possano realisticamente essere considerate più a rischio oggi da questo punto di vista? Quando rivolgo queste domande, penso sempre e soltanto al centro-nord: si è avuta la possibilità di verificare e di accertare la presenza di attività di finanziarie che intervengono utilizzando questo tipo di denaro? A me vengono a volte segnalati trasferimenti fisici di persone che da alcune aree del sud investono in attività commerciali e produttive nelle regioni del centro-nord: abbiamo dati in merito? Debbo ora rivolgere una domanda di carattere più generale: nelle aree del centro-nord l'unico processo sulla base dell'articolo 416-bis del codice penale, se non vado errato, si è svolto a Milano. Dalle notizie che abbiamo si può realisticamente ritenere che la cosiddetta malavita che si andava sviluppando in alcune realtà del centro nord ormai stia evolvendosi in forme mafiose: abbiamo notizie? Potete dirci qualcosa di più concreto sotto questo aspetto o dobbiamo ancora considerare comuni certi fenomeni criminali che avvengono soprattutto in alcune metropoli del nord? L'altro giorno i quotidiani, a proposito dell'ultima operazione di polizia effettuata a Siracusa, hanno riportato non solo i collegamenti politici, ma anche notizie circa l'esistenza di una commissione Pag. 167 interprovinciale per la Sicilia orientale: ciò risponde a verità? MICHELE FLORINO. La mia prima domanda è rivolta al dottor Serra. Da un rapporto inoltrato dal Ministero dell'interno alla precedente Commissione antimafia si è appreso che nel mese di agosto 1991 furono scarcerati 41.704 detenuti, di cui 21 mila per decorrenza dei termini, 10 mila per semilibertà e altri 10 mila per arresti domiciliari. Questi beneficiati si sono macchiati di 24 mila reati (tra cui spaccio, rapina, estorsione) e di 2.120 delitti, di cui 730 commessi da coloro i quali erano ristretti agli arresti domiciliari. La nuova normativa è riuscita ad ingabbiare questo trend piuttosto negativo, che tanto colpì i commissari della precedente legislatura, oppure proponete correttivi nuovi, tali da ingabbiare per sempre queste procedure, che hanno arrecato un così rilevante danno alla comunità civile? La seconda domanda è rivolta al dottor Pansa. Sono rimasto suggestionato dal racconto delle valigie piene di soldi, di questo circuito che si è interrotto grazie all'opera della sua divisione: non le sembra che questo tipo di procedura possa poi rivolgersi verso le finanziarie, i negozi e i centri commerciali della camorra e della mafia che possono riciclare facilmente il denaro e quindi consentire alle associazioni mafiose di essere presenti sul territorio con la copertura classica inventata dal sistema malavitoso? Quale ruolo hanno le finanziarie nella procedura di riciclaggio del danaro? L'ultima domanda desidero rivolgerla al dottor Cirillo e riguarda il fenomeno dell'impiego degli extracomunitari nel traffico di droga: si tratta di un'utilizzazione prezzolata, e quindi di fatto gestita dalla camorra, oppure essi dispongono di una ossatura verticistica creata per gestire in proprio l'organizzazione dello spaccio di droga nell'area casertana? PRESIDENTE. Ritengo sia opportuno dare ai nostri ospiti la possibilità di riflettere sulle domande poste - alle quali probabilmente se ne aggiungeranno altre dei senatori - per poi rispondere nella seduta fissata per giovedì prossimo alle 9,30. Desidero comunque porre anch'io delle domande, la prima delle quali è per sapere quali siano le aree geografiche, cioè i paesi, che facilitano il riciclaggio. MARCO TARADASH. I "paradisi fiscali". VITO RIGGIO. Come le isole Cayman. PRESIDENTE. Non necessariamente si tratta di "paradisi fiscali", ma di paesi che per qualche particolare norma interna facilitano il riciclaggio. L'Austria, per esempio, non è un "paradiso fiscale" ma ha una normativa tale che aiuta. Lo stesso discorso vale per Malta. Desidero sapere anche se esista un vostro studio per l'analisi delle tecniche di riciclaggio che possa essere consultato dalla Commissione al fine di capire meglio cosa si possa fare. La questione di Gelli è già stata toccata ed io non la riprenderò, anche se qualcuno lo indica come riciclatore per conto dei corleonesi. Lo ha fatto un pentito, credo Messina. ALESSANDRO PANSA, Direttore della II divisione dello SCO. Sicuramente non è Messina. PRESIDENTE. Comunque potrò rintracciare facilmente il nominativo nell'archivio informatico. Un'altra questione riguarda la città di Reggio Calabria che, sino a tutto il 1991, è stata un'area nella quale si è ucciso molto. Nel 1992 il tasso degli omcidi è improvvisamente calato, con ovvio beneficio per la città. Vi chiedo qual è l'analisi che voi fate di tale fenomeno: se esso dipenda da una improvvisa resipiscenza di tutti gli assassini oppure dal fatto che è entrata in gioco una pax mafiosa - così come qualche giornalista ha scritto anche sulla base di documenti - imposta dall'esterno. In particolare, vorrei sapere se Pag. 168 vi sono tracce dell'ingresso dei corleonesi nell'economia della città. Da ultimo, vorrei sapere quali sono le aree geografiche non tradizionalmente mafiose dove si registra un radicamento maggiore della criminalità organizzata. La Toscana, per alcuni aspetti, sembra essere una di queste, ma forse ve ne sono anche altre. E' infatti interesse della Commissione studiare tali aree di non tradizionale insediamento mafioso, tant'è che in passato molti colleghi hanno posto il problema. Nel ringraziare i nostri ospiti, chiedo loro scusa per aver posto anch'io domande forse da Enciclopedia britannica, ma la gamma di problematiche offerta era davvero molto vasta e stimolante. Il seguito dell'audizione è rinviato alla seduta di giovedì 29 ottobre alle 9,30. Sui lavori della Commissione. PRESIDENTE. L'onorevole Galasso ha chiesto di parlare sui lavori della Commissione. ALFREDO GALASSO. Signor presidente, desidero formulare una precisa richiesta. Ciò che abbiamo appreso dai giornali di stamani e ieri sera dalle notizie battute dalle agenzie di stampa e dalla televisione è di straordinaria importanza ed investe direttamente la competenza della nostra Commissione. Chiedo, pertanto, che venga fissata una seduta per discutere quali valutazioni e quali conseguenze, sul piano politico e parlamentare, si intendano trarre dalle ultime notizie sulla vicenda ed anche da quanto ha a che fare con il suo punto centrale, vale a dire con la radice del rapporto tra mafia e politica: per intenderci, con il sistema. Sarò ancora più preciso: io credo che un conto sia il procedimento giudiziario, l'accertamento delle responsabilità penali - che è naturalmente compito dei magistrati e che a noi importa conoscere ed in qualche misura favorire, nel rispetto dell'indipendenza della magistratura - altro conto sia il circuito delle responsabilità politiche, che ci compete direttamente. Ritengo che non faremmo compiutamente il nostro dovere di componenti della Commissione antimafia se non valutassimo, ed eventualmente proponessimo, qualcosa che riattivi il circuito fisiologico della responsabilità politica. Chiedo, pertanto, che la Commissione si riunisca per tutto il tempo necessario al fine di affrontare la questione, alla luce delle ultime notizie e di quelle che sono già in suo possesso, e quindi di intervenire subito senza attendere l'esito di studi, di ricerche o di consultazioni - per altro utilissime - su questo punto essenziale. Sta infatti scoppiando un "uragano" che probabilmente non si fermerà alle prime battute e che coinvolge responsabilità di ordine politico, parlamentare e governativo che - lo ripeto - ci competono. ALTERO MATTEOLI. Ringrazio il collega Galasso che mi ha anticipato nel sollevare il problema. Quanto abbiamo appreso dalla stampa a proposito della vicenda dell'omicidio dell'onorevole Lima è cosa che ci riguarda troppo da vicino, e noi verremmo meno, ove non ci soffermassimo sulla questione, all'impegno che scaturisce dal lavoro svolto in 25-30 anni dai commissari che via via hanno composto la Commissione antimafia. Dagli atti della Commissione - che chiunque di noi può consultare - emerge, ad esempio, che in una sola legislatura il nome di Lima è registrato per circa 750 volte. Nonostante questo, Lima è stato ripresentato da un partito politico per ben 25-30 anni, prima al Parlamento italiano e poi al Parlamento europeo, ed è anche diventato sottosegretario. Dal momento che abbiamo inserito fra i capitoli oggetto della nostra valutazione quello del rapporto tra mafia e politica, non possiamo certamente fermarci di fronte a questa vicenda. Vi è un altro aspetto: qualcuno in questi giorni sostiene di rimpiangere il cosiddetto CAF. Per carità, ognuno può rimpiangere tutte le formule possibili... Pag. 169 PRESIDENTE. C'è anche chi rimpiange se stesso. ALTERO MATTEOLI. C'è anche chi rimpiange se stesso. Addirittura, a Palermo fu "inventato" un convegno su Cicerone, organizzato da Salvatore Lima (ne posseggo gli atti), presieduto dal Presidente del Consiglio, onorevole Andreotti. Di tutto ciò non possiamo non tener conto in questa vicenda, perché significherebbe che la Commissione, fin dalle prime battute, non intende andare a fondo del problema. Tutte le audizioni che abbiamo svolto in questi giorni portano - almeno me - a dare un'altra risposta: questi validi uomini dello Stato sono bravissimi nelle loro esposizioni ma, guarda caso, nonostante siano state poste domande dirette, mai una volta tirano fuori il nome di un politico o di un partito. Ciò non avviene mai, mai! Apprendiamo poi dai giornali che gli incriminati per l'omicidio di Lima (ovviamente si terrà il processo) danno la misura di quanto sia stretto il rapporto tra mafia e politica. I servitori dello Stato - per usare un'espressione un po' enfatica che a loro piace molto - non riescono mai a fornirci un nome o per lo meno a dire che è in corso un'indagine riguardante questo settore. Ora - grazie a Dio! - abbiamo un'occasione: un magistrato cerca di andare a fondo a tutto questo e credo sia opportuno che la Commissione prenda tutto il tempo necessario. Tiriamo fuori tutto quanto è stato fatto dalle precedenti Commissioni, cerchiamo di capire perché, nonostante tutto quello che è stato scritto, non si è andati alla radice del problema. Per risolvere la questione dell'onorevole Lima - Dio l'abbia in pace - c'è voluta la mafia che l'ha fatto a modo suo, altrimenti né lo Stato italiano né i partiti - questo è l'aspetto nodale - l'avrebbero risolta. GIROLAMO TRIPODI. Condivido la proposta avanzata dal collega Galasso, perché ritengo validissime le considerazioni che egli ha posto a base della sua richiesta e credo che non sfuggano neanche al presidente. Ho visto, del resto, le posizioni che il presidente stesso ha espresso sul caso che è venuto alla ribalta e che finalmente svela tutta una storia, confermando tante affermazioni fatte nelle varie Commissioni sull'appartenenza di Lima alle organizzazioni criminali. La questione investe non soltanto i rapporti tra mafia e politica, ma anche problemi più delicati, chiamando in causa non solo la presenza di un parlamentare che era - diciamo così - il massimo esponente nel Parlamento nazionale ed in quello europeo degli interessi mafiosi in Sicilia, ma anche i Governi. Ciò non soltanto perché quel parlamentare ha ricoperto la carica di sottosegretario, ma soprattutto perché la questione pone al centro dell'attenzione il suo rapporto con un Presidente del Consiglio, l'onorevole Andreotti, che è stato - e viene indicato - come il massimo protettore di questo personaggio e, di riflesso, della mafia. Ciò svela un altro fatto, molto inquietante, di cui molte volte ci siamo occupati - ricevendo solo silenzi, molte critiche ed anche accuse - e che chiama in causa i vertici della magistratura, ossia anche Carnevale. Il problema che è emerso acquista un'importanza tale da richiedere i via prioritaria un nostro impegno immediato. La mia proposta, pertanto, è di non attendere più giovedì, ma di convocare la Commissione martedì prossimo per iniziare la discussione. PRESIDENTE. Martedì si terrà il consiglio nazionale della democrazia cristiana, comunque vedremo. GIROLAMO TRIPODI. Penso comunque che potremo anticipare la convocazione della Commissione, trovandoci di fronte ad una priorità alla quale sono sensibile non solo io, ma credo tutti i colleghi e lei stesso. PRESIDENTE. E' chiaro. Pag. 170 MARIO BORGHEZIO. Mi associo ai precedenti interventi in quanto anche il gruppo della lega nord ritiene indispensabile che questa Commissione mostri immediatamente ai cittadini italiani un interesse specifico, urgente e determinato a svolgere tutte le indagini possibili sui rapporti tra mafia e politica sui quali la Commissione aveva già incentrato la propria attenzione. Sotto questo profilo, rinnovo con particolare urgenza la vecchia richiesta dell'informatizzazione di tutti i dati. Poco fa il presidente accennava alla volontà di consultare un appunto sul proprio archivio informatico. Oggi tutti si muovono con queste modalità; solo le nostre vecchie strutture dello Stato centralista sono ancora organizzate "a faldoni". Noi vorremmo che la Commissione antimafia desse l'esempio alle altre amministrazioni e quindi sarebbe molto importante operare con i tempi europei. Mi pare che anche gli organismi di polizia vadano in questa direzione. Ritengo importante che la Commissione si ponga l'obiettivo di ottenere, attraverso una rapida informatizzazione, l'elenco aggiornato di tutti i riferimenti ad uomini d'onore o ai collegamenti di questi ultimi - o di attività mafiose - con personaggi risultanti iscritti a partiti politici o che appartengano o siano responsabili o finanziatori di associazioni politiche, partiti o correnti politiche in tutto il territorio nazionale. Crediamo necessario che uno degli obiettivi prioritari, oltre a quello di un'indagine specifica sulla situazione palermitana e siciliana, sia quello di un'indagine a tappeto sulla realtà del voto mafioso, a cominciare dalle ultime elezioni politiche. Il fenomeno del voto mafioso si è verificato anche nelle ultime consultazioni politiche: l'abbiamo segnalato ed io stesso ho denunciato all'autorità giudiziaria comportamenti sospetti, nel corso delle elezioni, di cui abbiamo notizia su tutto il territorio nazionale. Vogliamo sia fatta luce sul rapporto tra mafia e politica ed anche, in concreto, sul fenomeno del voto mafioso, regione per regione, provincia per provincia. GIOVANNI FERRARA SALUTE. Dichiaro, anzitutto, di associarmi alla richiesta avanzata dai colleghi che mi hanno preceduto, cioè quella di convocare la Commissione prevedendo all'ordine del giorno la discussione di un problema che, se è sempre stato importante, adesso è divenuto addirittura scottante. Credo che ciò risponda non tanto ad una necessità quanto ad un nostro dovere, perché è la prima volta, in moltissimi anni, che la Commissione si trova tra le mani un dato acquisito dall'opinione pubblica e del quale, se è inutile discutere la realtà, non è inutile discutere l'effettività, la consistenza e la natura. Ci troviamo di fronte ad un fatto di cui tutti discutono, in quanto investe alle radici la classe politica dirigente del nostro paese. E poiché i termini in cui si presenta il problema sono strettamente connessi alla mafia, credo sia inevitabile che la Commissione debba occuparsene per prima con consapevolezza e serietà. Circa il modo in cui farlo dobbiamo pervenire ad una decisione. Personalmente, sono dell'avviso che a questo punto la Commissione debba riconsiderare vecchie questioni, assumendo propri orientamenti in merito a tutto ciò che ritiene opportuno, senza particolari forme di rispetto, che a mio avviso non hanno mai avuto ragion d'essere e che adesso finirebbero addirittura per ostacolare non l'accertamento della verità, perché tutti la conosciamo, ma l'approccio a realtà che sono a tutti evidenti. VITO RIGGIO. Signor presidente, credo che ai colleghi non sfugga una particolare circostanza che mi riguarda, cioè quella di essere, in questo momento, l'unico rappresentante del gruppo democratico cristiano in Commissione. Esprimerò pertanto la mia personale opinione, anche se ritengo che essa risponda largamente a quella che il gruppo di maggioranza relativa dovrebbe avere in una simile circostanza. Pag. 171 MARCO TARADASH. La maggioranza relativa nel meridione! VITO RIGGIO. Nell'attuale composizione parlamentare. In futuro si vedrà. Come ha sottolineato il senatore Ferrara, non siamo di fronte ad una opzione discrezionale ma ad un dovere, quello di provvedere immediatamente. Certamente, le modalità tramite le quali far fronte a tale dovere dovranno essere discusse in sede di ufficio di presidenza, per evitare discussoni che non affrontino realmente il problema e che alla fine si rivelino inutili. Pertanto, mentre dichiaro di aderire alla richiesta formulata dai colleghi che mi hanno preceduto, vorrei una precisazione in merito a ciò che in questo momento si ritiene effettivamente utile portare avanti. Senza sovrapporsi all'investigazione giudiziaria tuttora in corso, credo che sarebbe comunque necessario acquisirne i dati per cercare di ricostruire, tramite il caso in specie, un problema generale che più volte la Commissione antimafia aveva posto e che per la prima volta ha un riscontro effettivo. A proposito di quest'ultimo, ritengo anche che debbano essere denunciati i ritardi con cui si è provveduto in sede politica, nonostante molti di noi li avessero già rimarcati. Ritengo opportuna un'immediata convocazione dell'ufficio di presidenza, di modo che, senza distorcere il calendario dei nostri lavori, tra le riunioni della Commissione sia possibile inserirne una in cui svolgere una riflessione approfondita su questa vicenda. PRESIDENTE. La ringrazio molto, onorevole Riggio, non in modo formale. MASSIMO BRUTTI. Giudico anch'io serie le proposte fin qui avanzate da chi mi ha preceduto e ritengo che non sia opportuno esaurire una questione di tanta rilevanza, tenendo conto della nuova fase aperta dagli ordini di cattura di ieri, in una discussione politica all'interno della Commissione. Sono dell'avviso che sia necessario qualcosa di più, cioè una vera e propria sessione di questa Commissione sui rapporti tra mafia e politica, a partire da ciò che abbiamo appreso in queste ultime ore. Ci auguriamo che tale sessione registri esplicite e circostanziate dichiarazioni del Governo su una serie di quesiti che, in base alle notizie apprese, sorgono sin d'ora. Dopo le dichiarazioni del Governo, dovremmo impiegare più di una seduta per conludere la discussione con la presentazione di un documento il più possibile serio e meditato. Credo che, a proposito degli ordini di cattura e delle deposizioni degli ex esponenti della mafia che collaborano con la giustizia di cui si è avuto notizia in questi giorni, vi siano alcuni aspetti rilevanti su cui il Governo dovrebbe rispondere subito. Negli ordini di custodia cautelare si sottolinea - anche sulla base delle deposizioni rese - l'esistenza, per un lungo periodo, di rapporti fra l'onorevole Salvo Lima e le cosche mafiose di Cosa nostra, nonché il ruolo di mediatore che Lima svolgeva tra gli ambienti criminali siciliani ed il sistema centrale di Governo, in particolare tramite un collegamento stretto e duraturo con l'onorevole Andreotti. A questo proposito, ricordo che già nel 1983 due rapporti della Guardia di finanza segnalavano l'onorevole Salvo Lima come persona coinvolta in un traffico internazionale di armi. Tale circostanza non solo fu oggetto di menzione nella sentenza di primo grado della Corte di assise di Caltanisetta, per l'omicidio di Giacomo Ciaccio Montalto, ma fu anche richiamata nella relazione di minoranza presentata, nella scorsa legislatura, dai parlamentari dei gruppi comunista e della sinistra indipendente. Ricordo anche ciò che si afferma negli stessi ordini di cattura emessi ieri: le famiglie mafiose del trapanese, in particolare quelle facenti capo a Rocco Curatolo e ai D'Amico, avrebbero sostenuto, nelle elezioni del 1987, Pietro Pizzo, candidato al Senato nelle liste del partito socialista; inoltre, le cosche del marsalese avrebbero sostenuto Pag. 172 Egidio Alagna, anch'egli candidato nelle liste socialista e, attualmente, segretario particolare del ministro della difesa Salvo Andò. Vi sono fatti sui quali il Governo deve rispondere: ritardi nelle indagini e situazioni personali che ci appaiono rilevanti. Devo esprimere la mia insoddisfazione a proposito di certe formulazioni e dichiarazioni generiche, quali soprattutto quelle rese dal Presidente del Consiglio dei ministri nel corso della sua audizione presso questa Commissione. Vorrei, quindi, che agli esponenti di Governo che ascolteremo nelle prossime riunioni fosse chiaro il nostro desiderio di acquisire elementi precisi e che, quindi, rivolgeremo loro richieste circostanziate. Valuteremo il risultato di quelle riunioni al termine dei lavori ma sin d'ora credo che sarebbe utile se esse fossero oggetto di un documento conclusivo della Commissione antimafia. MARCO TARADASH. Ritengo che sia anzitutto necessario acquisire i documenti provenienti da Palermo, perché se martedì, per esempio, ci riunissimo senza averne preso visione, ognuno di noi continuerebbe a ripetere ciò in cui crede, senza avere a disposizione nessun elemento in più. Vorrei però che questo tipo di interventi fosse inserito all'interno del programma di lavoro che abbiamo stabilito e che attiene all'analisi del voto elettorale in Sicilia - che personalmente ho suggerito di limitare al periodo dal 1987 a oggi, considerato che le elezioni in questione sono proprio quelle svoltesi in tale arco di tempo - ed al capitolo mafia-politica, a proposito del quale credo che un notevole aiuto potrà esserci offerto dai consulenti fissi. Una volta acquisito tutto il materiale, a mio avviso sarebbe opportuno prevedere una serie di audizioni sia di personalità politiche sia dei magistrati, dei testimoni e dei collaboratori intervenuti in questa fase. In pratica, dovremmo prevedere un programma di lavoro che ci consenta di giungere alla stesura di un documento che non solo deplori il rapporto fra mafia e politica - perché è evidente che ciò sin d'ora accoglierebbe l'unanimità della Commissione - ma ci consenta anche di fare passi in avanti verso la comprensione dei meccanismi che hanno operato e che tuttora continuano a farlo. MASSIMO SCALIA. Associandomi anch'io alle richieste dei colleghi, desidero porre al presidente e alla Commissione un problema attinente al metodo e all'organizzazione dei nostri lavori. Negli interventi fin qui svolti ho sentito profilarsi ipotesi diverse, nonostante tutti concordino sul fatto che la questione che ha motivato la nostra richiesta sia di un tale impatto da meritare un'organizzazione dei lavori che sia all'altezza della priorità che tutti riconosciamo alla questione medesima. Voglio pertanto proprorle, signor presidente, di convocare una riunione dell'ufficio di presidenza in cui discutere dei nostri lavori, perché è vero che possiamo concordare con talune delle ipotesi avanzate, ma è anche vero che sarebbe meglio trovarci di fronte ad uno schema di lavoro, tenendo conto del fatto - su cui tutti concordiamo - che la questione non può essere esaurita in una singola riunione di Commissione né con la stesura di un documento politico. Dovremmo ricordare che abbiamo i poteri di una Commissione parlamentare d'inchiesta: dobbiamo, quindi, organizzare i nostri lavori - anche se non è facile - in modo tale che la vicenda dei rapporti mafia-politica sia valutata anche al di là del fatto particolare di cui siamo venuti a conoscenza oggi (che fra l'altro corrisponde alla consapevolezza generale e ha trovato conferme nelle procedure giudiziarie). In sostanza, per dirla in maniera forse più brutale, ritengo che si tratti non soltanto di affrontare il problema Lima-Andreotti, ma di andare più a fondo: ricordo nuovamente che la nostra Commissione ha poteri d'inchiesta ed in relazione a ciò dovrà decidere le modalità di organizzazione del proprio lavoro. FERDINANDO IMPOSIMATO. Mi associo alle richieste formulate dall'onorevole Pag. 173 Galasso ed anche da altri colleghi, in particolare dal senatore Brutti. Vorrei, però, mettere in evidenza il pericolo, che sussiste in questo periodo, di interferenza nelle indagini dell'autorità giudiziaria. E' giusto pertanto che da parte nostra venga condotta un'inchiesta sulla vicenda, data la sua importanza, ma dovremmo limitarci ad acquisire quegli atti e quelle parti di istruttoria che sono ormai pubblici. E' d'altronde assurdo che alcuni atti molto rilevanti siano in possesso dei vari telegiornali e non della nostra Commissione. Propongo pertanto, innanzitutto, prima di riunirci inutilmente per discutere sulla base degli articoli dei giornali, di rendere disponibile per i membri della Commissione una copia della prima relazione (non coperta da segreto) della Commissione antimafia (che ho letto) sul ruolo svolto da Lima nelle vicende di Palermo, nonché la copia di tutti i verbali già in possesso di alcuni giornalisti che riguardano dichiarazioni su alcuni uomini politici e magistrati. Vorrei, in particolare, che fosse approfondita il più rapidamente possibile, la posizione del presidente della I sezione penale della Corte di cassazione, Carnevale, che secondo alcuni mafiosi sarebbe stato il massimo garante di Cosa nostra a livello della magistratura. ALFREDO GALASSO. Sono molto contento che i colleghi si siano associati alla mia richiesta, ma non vorrei essere stato frainteso: la mia proposta è - lo preciso, signor presidente - molto circoscritta. I rapporti fra mafia e politica sono un capitolo della storia del nostro paese e non credo che in questa fase dobbiamo affrontare la storia del nostro paese. I relativi rischi sono sempre nell'aria: abbiamo un capitolo del lavoro da svolgere che riguarda mafia e politica e chiedo che si discuta sulla vicenda specifica che è venuta all'attenzione dell'opinione pubblica attraverso l'emissione di alcuni mandati di cattura nei confronti della nuova cupola della mafia; e soprattutto sulle implicazioni di ordine politico che tale vicenda comporta, salvo poi valutare come si debba continuare con un programma di lavoro che preveda una sessione od altro. Non vorrei, in sostanza, che aprissimo un capitolo importante, fondamentale, ricco di elementi per arrivare poi "fuori campo". Siamo di fronte ad una questione specifica sulla quale l'opinione pubblica ci chiede una risposta: quali sono le conseguenze di ordine politico e parlamentare che riteniamo di trarre da un fatto preciso, in qualche modo nuovo? PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, sono attualmente assenti i senatori membri della Commissione, a parte i colleghi Ferrara Salute, Brutti e Smuraglia, per cui sarebbe scorretto assumere decisioni in questa sede prescindendo dalla loro presenza. Mi pare risulti rafforzata una richiesta che era stata già avanzata sul rapporto mafia-politica, che indubbiamente è talmente vasto e diversificato sul territorio nazionale che, se avessimo la presunzione di affrontarlo tutto in un unico momento, non finiremmo mai. Dobbiamo, quindi, scegliere alcune priorità, su questo versante come su altri. Rifacendomi agli interventi dei colleghi Galasso, Riggio ed altri, devo osservare che quello che sta avvenendo in questi giorni impone di per sé una priorità, anche se ciò non significa che il discorso si possa esaurire in essa. Bisogna però cominciare da tale priorità e chiudere poi capitolo per capitolo, poiché altrimenti non ne usciremo più, per altro con una scarsa qualificazione del nostro lavoro. Naturalmente ritengo giusto che la Commissione disponga degli elementi di cui sono già in possesso i nove decimi del mondo dell'informazione: ci attiveremo subito affinché i colleghi dispongano della relativa documentazione - per esempio, copia dei provvedimenti cui accennava l'onorevole Taradash - a prescindere dalla convocazione della nostra Commissione. Pag. 174 Il Sole 24 Ore di oggi, peraltro, già riporta ampi estratti delle dichiarazioni dei pentiti. Propongo pertanto di fissare per martedì prossimo alle 18,30 una seduta della Commissione, che verrà preceduta da una riunione dell'ufficio di presidenza, sulla specifica questione di cui stiamo discutendo: in sostanza, terremo così separata tale questione dal proseguimento dell'audizione programmato per giovedì prossimo. Proporrò personalmente all'ufficio di presidenza un piano di lavoro, che potrà essere naturalmente integrato e modificato, sulla base del quale si possa avviare rapidamente la nostra valutazione sulla questione specifica. Desidero ora segnalare ai colleghi, che hanno tutti una certa esperienza al riguardo, che corriamo due rischi. Il primo è quello di un, per così dire, ricorso al massacro interno, che si chiuda con un nulla di fatto e che può essere agevolato da chi - non nel nostro interno, per fortuna, ma all'esterno - ha interesse che non si colga nessun punto determinante nelle questioni da affrontare. Il secondo rischio è quello di un genericismo totale, privo di documentazione e di punti di riferimento, che privi di qualunque serietà e fondatezza le nostre conclusioni. Tramite gli uffici, quindi, avvieremo subito una ricerca su quanto disponibile in relazione alla questione specifica posta dall'onorevole Galasso; fra l'altro, anche negli atti di altre Commissioni d'inchiesta si può trovare qualche elemento utile al riguardo. Metteremo a disposizione dei membri della Commissione la documentazione raccolta, spero entro martedì prossimo: dopodiché, potremo valutare concretamente l'organizzazione del nostro lavoro su tale specifica questione. Passeremo poi ad affrontare un altro aspetto del rapporto mafia-politica, ma certamente dopo aver esaminato quello che è da ritenersi attualmente prioritario. GIOVANNI FERRARA SALUTE. Sono d'accordo con le considerazioni del presidente. Vi è tuttavia un problema relativo alla genericità, alla mancanza di documentazione, e così via: una gran parte del campo, in particolare per quanto riguarda la politica, non è mai stata dissodata da alcuna magistratura o Commissione d'inchiesta. In sostanza, all'inizio di un certo lavoro, ci troveremo di fronte a voci tradizionali, libri, articoli di giornale, e a niente altro di più: quindi, rispetto a certi capitoli, personaggi ed ambienti, abbiamo una funzione di prima istruttoria. Dobbiamo tenere presente questo aspetto: anche se certi elementi non sono disponibili, dobbiamo cominciare, noi per primi, un lavoro di approfondimento. PRESIDENTE. Senatore Ferrara, ho pensato, per esempio, di chiedere a tutte le procure della Repubblica quali procedimenti siano in corso a carico di persone che svolgono funzioni politiche. Avremmo così un primo quadro complessivo di riferimento, anche se magari il 90 per cento dei procedimenti risulteranno infondati: il rimanente 10 per cento, però, potrebbe fornirci utili elementi. ALTERO MATTEOLI. Desidero aggiungere una precisazione, alla luce dell'integrazione del collega Galasso: non voglio esaurire in una sola seduta la trattazione della vicenda mafia-politica; me ne guarderei bene. Dico però che, avendo inserito nel nostro programma un capitolo sui rapporti mafia-politica ed avendo comunicato questa intenzione all'esterno, dobbiamo immediatamente analizzarlo. Il fatto che si voglia tenere l'ultima vicenda, relativa all'omicidio Lima, al di fuori del contesto mafia-politica o che la si voglia considerare come il primo capitolo di questo tema, a me non interessa, perché sono sottigliezze. L'importante è che si affronti immediatamente tale vicenda. Che Commissione saremmo se non affrontassimo una vicenda come questa e se non ci mettessimo subito al lavoro per cercare di capire? Concordo pienamente con l'onorevole Scalia (d'altra parte ho tirato fuori io quel nome): mi guarderei bene dal proporre di limitarci alla vicenda Pag. 175 Andreotti, anche perché quel capitolo è già scritto. Bisogna andare oltre. Sotto quel profilo non c'è bisogno di fare ulteriori accertamenti. MARIO BORGHEZIO. Oltre alla richiesta prospettata dal presidente, proporrei di chiedere ai prefetti una relazione sul voto mafioso provincia per provincia. PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, propongo di convocare l'ufficio di presidenza allargato ai rappresentanti dei gruppi ed eventualmente anche la Commissione per il pomeriggio di martedì 27 ottobre. (Così rimane stabilito). La seduta termina alle 12,45.