Pag. 177 PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE INDICE pag. Sull'ordine dei lavori: Violante Luciano, Presidente ...................... 179, 181 D'Amelio Saverio ....................................... 179 Galasso Alfredo ........................................ 181 Matteoli Altero ........................................ 181 Comunicazioni del Presidente: Violante Luciano, Presidente ................. 181, 184, 186 191, 194, 195 Ayala Giuseppe Maria .............................. 184, 185 Borghezio Mario ........................................ 189 Brutti Massimo .................................... 186, 194 Buttitta Antonino ...................................... 188 Cabras Paolo ...................................... 193, 194 Capuzzo Umberto ........................................ 195 D'Amato Carlo .......................................... 192 De Matteo Aldo ......................................... 192 Ferrara Salute Giovanni ........................... 190, 194 Florino Michele ........................................ 189 Galasso Alfredo .............................. 182, 192, 195 Imposimato Ferdinando .................................. 190 Riggio Vito ....................................... 191, 192 Scotti Vincenzo ........................................ 187 Taradash Marco ......................................... 188 Tripodi Girolamo ....................................... 185 Pag. 178 Pag. 179 La seduta comincia alle 9,45. (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente). Sui lavori della Commissione. PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, poiché nella giornata odierna, intorno alle 11,30, sono previste votazioni di un certo rilievo sia al Senato sia alla Camera, propongo di rinviare a martedì pomeriggio l'audizione dei funzionari del Servizio centrale operativo e di dedicare la seduta odierna esclusivamente al secondo punto all'ordine del giorno, vale a dire comunicazioni del presidente. I funzionari del Servizio centrale operativo sono d'accordo a ritornare martedì pomeriggio. Comunico inoltre che martedì prossimo alle 15,30 l'ufficio di presidenza e altri colleghi interessati riceveranno, insieme con il ministro della pubblica istruzione, Rosa Jervolino Russo, una delegazione di giovani composta da rappresentanti dell'Azione cattolica e di associazioni "A sinistra", che hanno chiesto di incontrarci per verificare in particolare come viene preso in considerazione il problema della mafia in relazione alle esigenze della scuola. Nella stessa giornata alle 17,30, la Commissione potrà sentire i funzionari del Servizio centrale operativo, in modo che, prima di chiudere questa fase dei nostri lavori e compiere le nostre valutazioni, dovremo procedere soltanto all'audizione dei funzionari della DIA. Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito. (Così rimane stabilito). SAVERIO D'AMELIO. Signor presidente, onorevoli colleghi, intervengo con la stessa sensibilità con la quale intervenni nel momento in cui si pose alla nostra attenzione il problema riguardante l'atteggiamento che la Commissione antimafia avrebbe dovuto osservare in ordine ad eventuali atti che delegittimassero singoli componenti di essa, quando apprezzai l'iniziativa del presidente e la sua sensibilità e sostenni che occorreva darsi una regola rigida, possibilmente definitiva. Ritenevo infatti che, se ciò non fosse avvenuto, la delegittimazione ora di questo ora di quell'altro componente della Commissione avrebbe potuto essere posta in atto da un giorno all'altro, magari a mezzo di anonimi, considerato che con i tempi che corrono si registra spesso un notevole desiderio di sollevare polveroni anche intorno agli uomini che fanno parte di questo Parlamento e che sono portatori non solo della volontà del popolo ma anche della loro personale dignità. In quel momento ero ottimista, perché mi riferivo ad un quidam de populo che avrebbe potuto intraprendere azioni nei confronti delle nostre persone. Devo invece con amarezza constatare che il quidam de populo qualche volta può indossare le vesti di un nostro collega, di un parlamentare. Mi riferisco alla comunicazione apparsa sul Il Messaggero del 24 ottobre in cui un collega, il deputato verde Alfonso Pecoraro Scanio, afferma che alcuni parlamentari, tra i quali il sottoscritto, senatore Saverio D'Amelio, siederebbero impropriamente in questa Commissione dal momento che nei miei confronti - parlo per me, ma credo che il discorso debba essere per coerenza generalizzato - è stata inoltrata una richiesta Pag. 180 di autorizzazione a procedere per una ipotesi di reato che avrei commesso nella veste di sindaco per non aver dato a me stesso l'autorizzazione a sversare le acque del mattatoio comunale. Si tratta, tra l'altro, di un'ipotesi di reato che è già stata presa in esame dalla competente Giunta del Senato, che ha respinto la richiesta di autorizzazione a procedere, aggiungendo tra l'altro, in considerazione della circostanza che la gestione del mattatoio non è diretta ma affidata a terzi, una recriminazione e un giudizio negativo nei confronti del magistrato. A seguito di tale parere, l'Assemblea del Senato si è pronunciata nel senso che non si dovesse procedere, archiviando così il caso. Invece mi trovo "sparato", come si usa dire in gergo, su questo giornale con titoli cubitali: "Sono sotto inchiesta, ma indagano sulle cosche - Deputato verde denuncia cinque inquisiti nella Commissione antimafia". Al di là dei giudizi estemporanei del giornalista, a cui però non attribuisco la responsabilità di quanto accaduto, egli conclude: "Una elementare attenzione al rispetto delle istituzioni, oltre che motivi di opportunità politica, dovrebbero indurre questi parlamentari a sospendersi dalle funzioni all'interno della Commissione antimafia". Per quanto mi riguarda, non accetto lezioni. Conosco i miei doveri: ove dovessi essere inquisito per reati infamanti o interferenti con l'attività di questa Commissione, saprei certamente scegliere la via delle dimissioni. Questo non è il caso. Apprezzo la sensibilità del presidente e di tutti i colleghi intervenuti sull'argomento in una delle prime sedute che abbiamo tenuto. In quella occasione ci demmo una regola. Ritengo che dobbiamo ribadire tale regola di comportamento, che naturalmente riguarda le nostre posizioni, il nostro agire, la sensibilità di ognuno di noi. Credo, però, che debba altresì richiedersi a chiunque, tanto più quando si tratti di colleghi, come nel caso in specie, di avere quanto meno la sensibilità di leggere gli atti processuali e verificare se gli ipotetici reati interferiscano con l'azione che questa Commissione e i suoi singoli componenti debbono svolgere, prima di "sparare" la notizia sulla stampa e prima ancora di investire, come nel caso specifico ha fatto l'onorevole Alfonso Pecoraro Scanio, i Presidenti delle due Camere. Chiedo scusa al presidente, mi trovo anche in imbarazzo nello svolgere questo intervento, però vi è un momento nel quale ognuno di noi deve assumere una posizione, se non vogliamo che, nel polverone indiscriminato, anche le persone per bene alla fine appaiano di colore bigio, come avviene per tutti i gatti durante la notte. Vorrei pertanto invitare il presidente a compiere, nel momento in cui ritenesse che questi comportamenti debbano essere censurati, gli atti necessari perché l'onorabilità della Commissione, prima che dei singoli componenti, sia riaffermata e ripristinata. Io ho compiuto già i miei passi scrivendo ai due Presidenti delle Camere (non ho avuto la possibilità di incontrarli per mancanza di tempo, visto che questa settimana il Senato ha dovuto affrontare un calendario intenso di votazioni e di lavori). Rivolgo alla presidenza della Commissione, ove ritenesse le mie considerazioni degne di un minimo di attenzione, l'invito a pronunciarsi su di esse, a compiere i passi dovuti presso i Presidenti delle Camere e comunque ad intraprendere tutti gli atti necessari per correre ai ripari per tutelare l'onorabilità non solo dei singoli ma dell'intera Commissione. Dobbiamo lavorare con la necessaria serenità, che viene meno quando vengono date alla stampa notizie che poi, come nel caso specifico, non risultano vere. Mi auguro che lo stesso possa affermarsi anche nei confronti degli altri colleghi citati, vale a dire Carlo D'Amato del PSI, Romano Ferrauto del PSDI, Carlo Ballesi della DC e Salvatore Frasca del PSI. Ringrazio e chiedo scusa agli onorevoli colleghi, oltre che al presidente, se ho sollevato un problema che per la verità non meriterebbe tanta attenzione; ma, Pag. 181 visto che diventano pubblici gli atti che non lo meritano, confido nella presidenza e nella cortesia dei colleghi perché si cerchi di porre al riparo la Commissione e i suoi singoli componenti da questo sparare nel mucchio, che purtroppo tende a delegittimare ora questo ora quello, al solo scopo di determinare un sistema di caos, nel quale credo sguazzino mafia, camorra, 'ndrangheta, non certamente coloro i quali hanno a cuore la verità. ALTERO MATTEOLI. Chiedo di parlare. ALFREDO GALASSO. Se apriamo una discussione su questo argomento, rischiamo di non finirla più! PRESIDENTE. Colleghi, vorrei evitare una discussione su questo argomento. Condivido la sostanza delle considerazioni svolte dal collega D'Amelio, che ringrazio per certe affermazioni. Si tratta di una questione che va affrontata con grande fermezza da parte della Commissione, perché non solo può costituire un elemento che ci impedisce di lavorare seriamente, ma può anche innescare, per ragioni certamente indipendenti dalla volontà dei componenti, un meccanismo di implosione della Commissione stessa che ci bloccherebbe nelle discussioni sostanziali. Se ben ricordo, nella seduta cui faceva riferimento il collega D'Amelio, la Commissione delegò il presidente a prendere in esame questo tipo di questioni. Ho chiesto ai presidenti delle competenti Giunte della Camera e del Senato se vi siano richieste di autorizzazioni a procedere nei confronti di parlamentari della Commissione ed in tal caso di informarmi. Qualora emergessero aspetti di incompatibilità, il che non può essere determinato dallo scarico delle acque del mattatoio che sarebbe addebitato al collega D'Amelio o da fatti del genere, li esamineremo e li valuteremo; francamente però richiamerei i colleghi ad un maggiore distacco da questo tipo di argomenti. Capisco che sono gravi e offendono, ma se non riusciamo ad acquisire una certa autorevolezza nei confronti di questo tipo di materie, rischiamo di aprire ogni volta una discussione, dando così spazio ad operazioni che, anche se fatte in buona fede, danneggiano i nostri lavori. Credo che il giacobinismo sia l'anticamera della restaurazione, pertanto la cosa migliore da fare è frenare questo tipo di azioni. Comunicazioni del presidente. PRESIDENTE. Nella seduta di oggi esporrò, su mandato dell'ufficio di presidenza allargato ai presidenti dei gruppi, le deliberazioni assunte nella riunione del 27 ottobre scorso con il voto favorevole di tutti ad eccezione del collega Galasso, che si è espresso in senso contrario. La Commissione ha deciso, nella seduta del 12 ottobre, nel corso della quale venne approvato il programma di lavoro, di dedicare un settore di attività al rapporto tra mafia e politica. Nel corso della seduta del 22 ottobre, i componenti della Commissione Galasso, Borghezio, Brutti, Ferrara Salute, Florino, Imposimato, Matteoli, Riggio, Scalia, Taradash e Tripodi chiesero, con diverse accentuazioni, che la Commissione avviasse con immediatezza il proprio lavoro sui rapporti tra mafiosi e politici, in relazione a quanto sostenuto dalla procura della Repubblica e dal GIP di Palermo nella motivazione del provvedimento restrittivo della libertà personale per gli imputati dell'omicidio dell'onorevole Salvo Lima. Nel rispondere agli intervenuti, precisai preliminarmente quanto segue, allo scopo di definire l'ambito e gli effetti di quella discussione: "Sono attualmente assenti i senatori membri della Commissione, a parte i colleghi Ferrara, Brutti e Smuraglia, per cui sarebbe scorretto assumere decisioni prescindendo dalla loro presenza". Ho convocato per il 27 ottobre l'ufficio di presidenza, che ha approvato la proposta che sottopongo ora al voto della Commissione. Pag. 182 Per definire un programma di lavoro sulla materia dei rapporti tra mafiosi e politici - ma la questione non può prescindere dai rapporti tra mafiosi e burocrazia e mafiosi e magistratura, rapporti naturalmente eventuali - è preliminarmente necessario chiarire l'asse politico del nostro lavoro. La legge istitutiva assegna alla Commissione il compito di accertare e valutare la natura e le caratteristiche dei mutamenti e delle trasformazioni del fenomeno mafioso e di tutte le sue connessioni; e assegna anche il compito di accertare la congruità dell'azione dello Stato e degli altri pubblici poteri. Pertanto, a mio avviso, l'obiettivo essenziale dell'indagine dovrebbe essere costituito dall'individuazione delle condizioni oggettive e soggettive che hanno favorito questi rapporti, della modalità che questi rapporti hanno assunto, degli effetti che essi hanno avuto sullo sviluppo della mafia e sulla concreta efficacia dell'azione di contrasto e delle concrete proposte dirette a rimuovere le condizioni e la convenienza di quei rapporti. Questi obiettivi possono essere perseguiti in modo ottimale acquisendo tutte le informazioni necessarie per le nostre decisioni, sia mediante la richiesta di documenti sia mediante interrogatori di persone utili al nostro lavoro, interrogatori da effettuare nelle forme che si renderanno opportune caso per caso e previa preparazione di dossiers che consentano a tutti i commissari di disporre degli elementi di fatto necessari per svolgere efficacemente la loro attività; discutendo quindi dei risultati acquisiti in una o più sedute della Commissione e deliberando, in quella sede, l'eventuale ulteriore fase dei lavori o la presentazione di una relazione al Parlamento; dando comunque la priorità, per ragioni che ad una Commissione parlamentare e quindi politica non possono sfuggire, al complesso delle questioni poste dalle motivazioni dei mandati di cattura nei confronti degli imputati per l'omicidio dell'onorevole Salvo Lima, questioni che riguardano i rapporti tra mafia e politica ma anche i rapporti tra mafia e burocrazia e mafia e magistratura. Sulla base di queste valutazioni, propongo che venga acquisita tutta la documentazione relativa alla cattura degli imputati per l'omicidio dell'onorevole Salvo Lima, comprese le deposizioni dei collaboratori della giustizia; di sentire i procuratori distrettuali delle aree più esposte ed eventualmente altre autorità dello Stato, a partire da quelle interessate dalle motivazioni dell'ordinanza che decide la cattura; di acquisire l'elenco degli imputati o condannati per delitti di mafia che esercitano funzioni politiche di qualsiasi livello; di sentire quei collaboratori che possono essere particolarmente utili (mi riferisco ai pentiti) e Vito Ciancimino, che lo ha chiesto revocando la condizione, posta nel passato, di essere ripreso da canali televisivi pubblici o privati in diretta nel momento in cui rendeva la deposizione; di sentire, alla fine, tutti gli uomini politici citati nell'ordinanza come referenti diretti degli imputati, quelli il cui nome è comunque chiamato in causa nella stessa ordinanza ed eventualmente quelli il cui nome è chiamato in causa dai collaboratori e quelli il cui nome potrà emergere nel corso delle audizioni; sentire successivamente, per una valutazione complessiva delle questioni, il presidente del governo siciliano. Nel condurre l'inchiesta, occorre tener conto, infine, dell'esigenza di celerità dei nostri lavori e di netta distinzione dei nostri compiti da quelli dell'autorità giudiziaria (questa è tenuta ad accertare responsabilità penali, noi responsabilità politiche). In ogni caso, è evidente che i nostri accertamenti devono maturare autonomamente rispetto a quelli dell'autorità giudiziaria e non devono intralciarne l'attività. ALFREDO GALASSO. Ho il dovere di spiegare alla Commissione - ciò mi porterà poi ad intervenire nel merito - la ragione per la quale ho manifestato il mio dissenso, in sede di ufficio di presidenza, dalla proposta del presidente. Sono del tutto favorevole all'obiettivo che il presidente Pag. 183 ha illustrato in merito al cruciale nodo dei rapporti tra mafia e politica, all'individuazione delle condizioni soggettive e oggettive di tali rapporti e alle responsabilità conseguenti e alla predisposizione di una proposta, che è politica ma che può essere anche istituzionale, volta a chiarire questa serie di rapporti. Concordo anche sul fatto che la prima inchiesta riguardi il caso Lima per il carattere di straordinaria attualità e drammaticità che ha assunto e perché, proprio allo scopo di evitare qualunque generica valutazione, è bene che si faccia riferimento ad un caso preciso piuttosto che all'evocazione generica "mafia e politica" ormai abbastanza risaputa e ripetuta. Il mio dissenso riguarda il percorso dell'inchiesta e non è soltanto di natura formale. Credo che occorra, innanzitutto, riportare il più rapidamente possibile nella sede istituzionale, cioè in una sede alta e propria, una polemica che occupa le pagine dei giornali e che, come tutte le polemiche, impedisce che si affrontino, si esaminino e si risolvano alcuni nodi fondamentali. L'onorevole Andreotti ha concesso in due o tre giorni una quindicina di interviste giornalistiche e televisive; hanno rilasciato dichiarazioni anche l'onorevole D'Acquisto, vicepresidente della Camera, e l'ex senatore e dirigente politico di rilievo, Emanuele Macaluso, preannunciando una specie di sentenza assolutoria. Potrei continuare con le citazioni, ma dico soltanto che vi sono state risposte aspre e polemiche. Tutto questo ha ingenerato un'enorme confusione e l'impossibilità di affrontare i nodi cruciali del problema. Come ha sottolineato il collega Ferrara in sede di ufficio di presidenza, la vicenda presenta una straordinaria novità: viene posta una sanzione ufficiale e giudiziaria a qualcosa che nuova non è, cioè ad una vicenda che ripercorre questi anni con una puntualità estremamente preoccupante ed allarmante. Dico questo per citare un nodo che sicuramente nella polemica sta sfuggendo. La mia prima considerazione è che l'urgenza politica ed istituzionale è quella di riportare nella sede propria una polemica che rischia di determinare un grande disorientamento nell'opinione pubblica perché una cosa è parlare ad un giornalista, altra è replicare ad una intervista, altra è fare una battuta in televisione ed altra ancora è sottoporsi, in una sede autorevole come la Commissione parlamentare antimafia, ad una discussione, ad un confronto e ad una serie di domande. In proposito non ho alcuna preoccupazione: credo che siamo tutti persone dotate di buon senso prima che di correttezza formale e pertanto ritengo che ciò avverrà nella maniera più congrua ed adatta a questa sede istituzionale. Se così non fosse, non capisco per quale motivo facciamo parte di questa Commissione. Vi è una seconda ragione per cui non invertirei il percorso proposto dal presidente. Non possiamo rifare il processo e neanche correre il rischio di rifare il processo, ascoltando i procuratori distrettuali (che pure dovranno essere ascoltati) e i collaboratori (che probabilmente in qualche misura dovranno essere ascoltati), perché temo che, contrariamente ad ogni buona intenzione, l'audizione dei personaggi politici finirà per incentrarsi sulla congruità o incongruità, sulla veridicità o falsità delle deposizioni o del punto detto da questo o da quell'altro pentito; non ritengo sia questo il piano della nostra valutazione, che deve concentrarsi su ciò che ha detto il presidente: le condizioni oggettive e soggettive che, sul terreno politico ed istituzionale, hanno determinato un legame che ormai credo nessuno più metta in discussione, salvo valutarne gli aspetti e le responsabilità. Dunque, credo sia importante mettere in primo piano, finalmente, la valutazione della responsabilità politica, così come si attende la pubblica opinione, evitando che la Commissione ripercorra la via giudiziaria che deve avere la sua autonomia, i suoi tempi, le sue regole estremamente rigorose, come è giusto e come Pag. 184 noi dobbiamo auspicare che sia. Quindi, occorre una valutazione politica ed istituzionale di una vicenda che ha come caratteristica di non essere affatto nuova ma di avere in questo momento un avallo non secondario in sede giudiziaria. Qualunque giornale si apra o qualunque schermo televisivo si accenda, ci si trova di fronte a qualche personaggio politico, a dimostrazione dell'ansia di rinnovamento diffusa che attraversa il paese ed alla quale dobbiamo dare risposte attraverso una discussione, una valutazione, un confronto, una richiesta di chiarimento che tocchino innanzitutto alcuni momenti e alcune vicende del circuito politico prima di quello giudiziario. Dopo di ciò verrà naturalmente il seguito, ferma restando la necessità di acquisire gli elementi documentali, così come è apparso scontato nella riunione dell'ufficio di presidenza e nella proposta avanzata dal presidente. Non si tratta, dunque, di una valutazione di carattere puramente pratico (cioè prima questo e poi quello) bensì di dare al nostro lavoro un metodo appropriato alla natura della vicenda che stiamo affrontando e alle funzioni che la nostra Commissione deve svolgere. Per il resto, ripeto, mi ritrovo del tutto d'accordo sul programma e sugli obiettivi di fondo che il presidente ha proposto e quindi sulla necessità di questa inchiesta che ha preso drammaticamente il campo e sull'opportunità che si concluda nel tempo più breve possibile. Ho la preoccupazione assai viva - ripeto - che un percorso diverso, che si concluda con l'audizione dei politici, ci porti a ripercorrere la vicenda giudiziaria e soprattutto a spostare l'attenzione verso l'attendibilità delle risultanze giudiziarie, che in questo momento ritengo sia sopravanzata dall'esigenza di affrontare una discussione sulle responsabilità e sulle valutazioni di carattere politico. GIUSEPPE MARIA AYALA. Sono sostanzialmente d'accordo con il programma illustrato dal presidente. Mi sembra ragionato, meditato e consono al tipo di indagini che la Commissione ha il dovere di condurre. Sono tuttavia in assoluto ma rispettosissimo dissenso su due punti: sull'acquisizione delle deposizioni dei collaboratori della giustizia e addirittura sull'ascoltare gli stessi collaboratori della giustizia. E' inutile premettere che non sono depositario di alcuna verità, però ritengo che su questo punto sia necessario riflettere. Il provvedimento recentemente emesso dall'autorità giudiziaria di Palermo, che la maggior parte di noi conosce, richiama alcune delle risultanze più interessanti contenute nei verbali resi da questi pentiti, con riferimento all'omicidio Lima. A parte il fatto che dal documento sopra richiamato risulta che vi sono collaboratori che hanno da pochissimo iniziato a collaborare, da altre considerazioni ricavabili dal testo stesso del provvedimento si desume che questi verbali contengono tutta una serie di altre indicazioni, non necessariamente attinenti ai rapporti tra mafia e politica, che in questo momento hanno bisogno della più assoluta riservatezza. Su tali risultanze, infatti, i colleghi di Palermo stanno lavorando e ricercando, ad esempio, i famosi riscontri, meritatamente famosi perché necessari per poter dar corpo alle ipotesi accusatorie. PRESIDENTE. Non mi sarei mai permesso di avanzare questa proposta senza aver sentito la magistratura di Palermo, la quale ha detto che questi pentiti possono essere ascoltati. GIUSEPPE MARIA AYALA. Non lo sapevo. Si vede che è cambiato il metodo utilizzato al palazzo di giustizia di Palermo rispetto a qualche anno fa. PRESIDENTE. Naturalmente, c'è un problema di modalità, come risulta dalle sue preoccupazioni. Se i colleghi approveranno la mia proposta, sarà necessario decidere modalità particolari, nel senso che ogni commissario (così come l'ufficio di presidenza ha deliberato di proporre Pag. 185 alla Commissione) dovrà formulare in anticipo i quesiti, che saranno posti dal presidente. Se ci saranno richieste di chiarimento anche queste dovranno passare attraverso il presidente. Tutto ciò per la specificità della situazione e per venire incontro ad alcune delle sue preoccupazioni, onorevole Ayala, perché non è escluso che qualcuna delle domande possa essere allo stato non ammissibile per i motivi che molto fondatamente sono stati esposti. GIUSEPPE MARIA AYALA. Per una volta mi sia consentito di dissentire dai colleghi giudici di Palermo e di ribadire la mia opinione. Potrei anche non avere nulla da dire sull'audizione di Buscetta, perché, per quella che è la sua vita recente, potrebbe raccontare fatti non necessariamente legati a situazioni in atto: egli vive negli Stati Uniti da diversi anni e quindi probabilmente non è a conoscenza di vicende che si sono potute svolgere di recente o che si svolgono attualmente. Ma per gli altri pentiti in corso di collaborazione, non capisco perché correre il rischio, ascoltandoli, sia pure con tutte le cautele di questo mondo, di una sovrapposizione rispetto al lavoro dell'autorità giudiziaria. Dobbiamo stabilire che la nostra funzione istituzionale è ben diversa da quella dell'autorità giudiziaria, perché politica, tenendo presente che in questa materia i magistrati vanno privilegiati e lasciati tranquilli. Quindi rimango fermo, nonostante il dissenso dei colleghi di Palermo, sulla necessità di riflettere attentamente, anche se adotteremo tutte le modalità che il presidente ha avuto la bontà di illustrarmi (e di cui non ero a conoscenza), che rendono abbastanza responsabili gli incontri con questi personaggi. Desidero che rimanga fermo il mio dissenso più totale perché, in un esame dei costi e dei ricavi che potrebbero derivare dalle audizioni, ho idee abbastanza chiare su quelli che potrebbero essere i costi in termini di produttività giudiziaria, mentre non ho idee assolutamente chiare sugli ipotetici ricavi. Per il resto sono assolutamente d'accordo sul programma predisposto dall'ufficio di presidenza. GIROLAMO TRIPODI. Sono d'accordo che la Commissione affronti il problema relativo all'intreccio tra mafia e politica, che vede coinvolti anche importanti organi dello Stato. Dalla lettura del provvedimento recentemente emesso dall'autorità giudiziaria di Palermo risultano coinvolti personaggi che hanno svolto un grande ruolo sul piano politico, quali l' onorevole Lima e l'onorevole Andreotti, che per ben sette volte ha ricoperto l'incarico di Presidente del Consiglio. Si tratta di questioni estremamente delicate, che vanno affrontate con assoluta priorità, per evitare che su di esse possano innescarsi elementi di farraginosità che potrebbero impedire di giungere ad una soluzione per la quale c'è tanta attesa nella pubblica opinione. Guai a noi se in questo momento non fossimo in grado di dare una rapida risposta, in quanto correremmo il rischio di fare apparire la nostra Commissione come incapace di affrontare problemi così rilevanti e che tanto interessano la gente onesta, cioè la stragrande maggioranza dei cittadini italiani. L'aspetto più grave che desidero sottolineare è rappresentato dall'inquinamento delle nostre istituzioni e dal sovvertimento dei princìpi su cui si regge la democrazia a causa dei fenomeni di cui ci stiamo occupando. La Commissione deve avere la forza e la capacità di dare risposte positive perché ci troviamo di fronte ad eventi di carattere eccezionale. Dall'ordinanza emessa dall'autorità giudiziaria di Palermo, di cui tutti noi abbiamo avuto la possibilità di prendere visione, emergono tutti gli elementi di riscontro possibili, perciò non possiamo pensare che si tratti di pura fantasia. Essendo accuse argomentate, le dichiarazioni dei pentiti non possono far nascere riserve o contestazioni. Dal provvedimento risulta che Lima era il garante della mafia, protetto da Roma dall'onorevole Andreotti, il quale in questi giorni Pag. 186 - come ricordava il collega Galasso - in alcune interviste ha dichiarato che Lima combatteva la mafia. A questo punto, delle due l'una: o sono bugiardi i giudici di Palermo, oppure l'onorevole Andreotti sta rendendo un pessimo servizio al paese. Nell'ordinanza è chiamato in causa anche il vicepresidente della Camera, onorevole D'Acquisto. Questi sono i fatti e credo che la Commissione possieda tutti gli elementi per fornire risposte, con la rapidità che la questione impone, alle richieste provenienti dal paese. Essendo la documentazione sufficiente, non vi sono ostacoli alla possibilità di sentire altre persone; vorrei però conoscere la finalità delle audizioni, in quanto sentire i pentiti potrebbe ingenerare il dubbio che nutriamo riserve sulle affermazioni dei giudici di Palermo. Su questo occorre prestare attenzione, perciò chiedo un attimo di riflessione. Sono d'accordo, quindi, nell'iniziare subito la discussione sul documento e ad incontrare i giudici che lo hanno redatto ma avendo presente un rapporto di collaborazione in quanto, in questo momento, non dobbiamo gettare ombre sul documento stesso. Valutiamo attentamente il nostro intervento: diversamente si rischia di riproporre la vicenda di Ustica, che si sta trascinando da oltre dieci anni. Propongo che nel documento conclusivo della Commissione si condivida la posizione dei magistrati di Palermo che, in effetti, costituisce la conferma delle argomentazioni sostenute da due persone che presentarono all'epoca una relazione di minoranza ed i cui nomi sono La Torre e Terranova. PRESIDENTE. Invito i colleghi iscritti a parlare a contenere gli interventi nell'arco di cinque minuti. In sostanza, pregherei di manifestare l'assenso o il dissenso e, in questo caso, la proposta alternativa. MASSIMO BRUTTI. Poiché condivido la proposta formulata dal presidente, mi limiterò a svolgere alcune brevi considerazioni. La Commissione antimafia, dopo i fatti delle ultime settimane, ha di fronte a sé una prova di grande rilievo, direi una vera e propria sfida istituzionale. Abbiamo voluto che la Commissione antimafia riassumesse in sé l'intera latitudine dei poteri che le erano propri tradizionalmente, poteri ricalcati su quelli dell'autorità giudiziaria che le consentono un'attività di seria e penetrante indagine. Dobbiamo fare il possibile affinché il lavoro che stiamo avviando ora non si esaurisca in una sfuggente discussione politica, nella quale le tesi e le argomentazioni di ciascuno si equivalgano per mancanza di riscontro nei fatti. Per questo non sono d'accordo con la proposta avanzata dall'onorevole Galasso; non credo che il nostro lavoro debba avviarsi con l'audizione dei politici di vertice, degli esponenti di primo piano del sistema di Governo, perché si risolverebbe in una contrapposizione di argomenti che non pesano in quanto non si fondano sui fatti. Dunque, occorre una seria attività di inchiesta. I fatti segnalati, emersi dai documenti giudiziari da noi letti (di cui la stampa ha dato notizia) sono rilevanti e non sfuggono le novità. Non credo però sia una novità eclatante il parlare - ed è la prima volta che lo si fa esplicitamente in un documento giudiziario - dei rapporti tra l'onorevole Salvo Lima e gli ambienti mafiosi siciliani. L'aspetto più rilevante è la qualificazione del ruolo che l'onorevole Salvo Lima avrebbe svolto, in particolare i suoi rapporti con il sistema di Governo e con personaggi di primo piano, nonché i suoi rapporti con la magistratura. Per la prima volta in un documento giudiziario si legge che le cosche mafiose consideravano il ruolo e la funzione del dottor Corrado Carnevale, presidente della I sezione penale della Corte di cassazione e a lungo arbitro della composizione dei collegi chiamati a giudicare, di massima garanzia per le cosche mafiose. E' un fatto Pag. 187 di estrema rilevanza, che esige un accertamento da condurre d'intesa con le autorità giudiziarie interessate, utilizzando tutti i mezzi, gli strumenti e le possibili fonti di conoscenza. Si dovranno curare attentamente le modalità delle audizioni dei collaboratori con la giustizia, senza precluderci tale via di accertamento proprio perché la funzione di questa Commissione è quella di essere non soltanto una sede di discussione politica, ma anche uno strumento di accertamento e di indagine. Ritengo necessario l'esercizio di una funzione di filtro e di controllo da parte della presidenza; tuttavia penso sia utile poter sentire, in stretta intesa con l'autorità giudiziaria competente, anche coloro i quali collaborano con la giustizia. Per il resto, concordo con l'ordine dei lavori proposto dal presidente. Sono cioè d'accordo sul fatto che uomini politici come il senatore Andreotti (che collocherei attualmente nella seconda categoria dei politici indicati dal presidente, ossia i politici il cui nome sia comunque chiamato in causa nei documenti giudiziari dei quali ci stiamo occupando) vengano ascoltati con la garanzia che le domande ed i discorsi siano seri e penetranti e che non si consenta soltanto un'inutile passerella. Ribadisco: sono d'accordo che vengano sentiti i politici nel momento in cui la Commissione antimafia avrà acquisito fatti e conoscenze, avrà lavorato e riflettuto e sarà in grado di porre domande precise e penetranti, ottenendo risposte secche ed univoche. Qualora non lo fossero, evidentemente questa sarebbe materia di valutazione per noi e per il paese. VINCENZO SCOTTI. Signor presidente, nell'esprimere consenso all'ipotesi di lavoro da lei prospettata, intendo illustrarne le motivazioni. Posto che l'attuale momento è estremamente delicato, l'autorità giudiziaria ha avviato, a mio avviso positivamente, un lavoro di indagine in ordine ai rapporti tra mafia, istituzioni e politica, perché - come ricordava poc'anzi il collega Brutti - non c'é soltanto un passaggio della mediazione politica, ma vi è anche una questione che attiene direttamente al cuore delle istituzioni e al loro funzionamento. Potrei condividere l'ipotesi avanzata dal collega Galasso se avessimo dinanzi un lavoro della magistratura compiuto e definito, ossia un processo celebrato dalle cui conclusioni prendere le mosse per sviluppare il nostro compito e la nostra responsabilità. Noi invece siamo all'inizio di un lavoro che, comunque, si annuncia promettente ed utile, considerata l'esistenza - per chi ha letto l'ordinanza - di spunti interessanti che vanno in più direzioni, sulle quali avremo modo di riflettere insieme all'interno della Commissione. Da questo punto di vista, le risposte fornite dal presidente al collega Ayala mi tranquillizzano: il nostro lavoro non compromette minimamente l'azione che utilmente e proficuamente i magistrati stanno conducendo e che, a loro stesso dire, è all'inizio, in quanto vi sono ulteriori elementi emersi - e che stanno emergendo - negli interrogatori, negli incontri con i pentiti ed anche nei riscontri in atto. Sarei estremamente rigoroso nella formulazione delle domande, in stretto rapporto tra l'autorità giudiziaria, il presidente e il nostro lavoro. Credo sia importante tener conto che stiamo operando nel pieno di un mutamento - sottolineato anche dall'ordinanza dei giudici - dei poteri dello Stato nei confronti della mafia e di una reazione di quest'ultima a tale cambiamento. La Commissione ha il compito non solo di eseguire un accertamento storico, ma anche di intervenire sull'evoluzione dei rapporti per avere una strategia efficace di contrasto e di eliminazione. Presterei molta attenzione nel far riferimento all'evoluzione attuale ed a quello che si prospetta in divenire, perché nutriamo interesse non solo al giudizio e alle valutazioni politiche (quindi alla conclusione cui si può giungere in ordine al passato), ma anche all'intervento sul momento attuale e sui suoi sviluppi, scaturenti Pag. 188 dal lavoro che l'autorità giudiziaria di Palermo sta conducendo proficuamente. Un lavoro di cui la Commissione antimafia deve tener conto affinché l'attività svolta dai giudici e quella nostra raggiungano - ciascuna nell'ambito delle proprie responsabilità - un obiettivo comune, quello di riuscire a dipanare nel concreto (non solo in astratto) le vicende che il nostro paese, e in particolare Palermo e la Sicilia, stanno vivendo. ANTONINO BUTTITTA. Il collega Galasso lamenta, giustamente e con la sensibilità che tutti gli riconosciamo, l'eccessivo rumore giornalistico e politico che si è sollevato sul caso Lima. Anche qualcuno di noi è rimasto sorpreso dall'attivismo dell'onorevole Andreotti, ma ciò potrebbe significare che gode buona salute, almeno fisica; se poi alla buona salute fisica corrisponde una buona salute politica, sarà accertato in altra sede, non certamente in questa. Il timore reale, che qui è stato sollevato non solo dal collega Galasso ma anche dal collega Ayala, è che il nostro lavoro possa sovrapporsi all'attività giudiziaria, soprattutto per ciò che attiene all'utilizzazione dei cosiddetti collaboratori della giustizia. Mi sembra, tuttavia, che il presidente abbia introdotto elementi chiarificatori tali da fugare questo timore. Più in generale, ciò che accade, sia pur riprovevole, è tuttavia fisiologico in una società come la nostra, in cui i fatti di comunicazione sono ormai diventati fatti di spettacolo. Pertanto, riperimetrando la vicenda all'interno della nostra funzione, ritengo che l'agenda proposta dal presidente sia razionale e possa portare a risultati utili e chiarificatori. MARCO TARADASH. Il programma che abbiamo predisposto, che considera il rapporto mafia-politica come uno degli assi centrali del lavoro della nostra Commissione, rischia di subire continue deviazioni sulla base dei casi giudiziari che si vengono ad aprire. E' ovvio che un'inchiesta come quella che si è aperta a Palermo è importantissima perché riguarda direttamente il rapporto tra la mafia, come organizzazione criminale operante in Sicilia, e alcuni uomini politici: è quindi necessario acquisirne la documentazione relativa. Quello che invece in me suscita forte preoccupazione è che intorno a questa ordinanza si costruisca il programma di lavoro della nostra Commissione, nel senso che è importante disporne e leggerla con grande attenzione ma è un errore creare una sorta di processo parallelo all'interno della Commissione, dal momento che non abbiamo gli strumenti per chiedere ai pentiti e ai politici più di quanto possano chiedere i magistrati; per di più, dovremmo farlo in tempi più ridotti. Il documento conclusivo che elaboreremo sarà dunque soltanto una proiezione di nostre valutazioni un po' aprioristiche della situazione. Non dovremmo allora procedere in questo modo, ma dovremmo seguire il programma di lavoro che avevamo elaborato nei suoi vari capitoli: mafia-politica, mafia-pubblica amministrazione, mafia-traffico di droga e riciclaggio. Infatti, che cosa potremo sapere di più da queste audizioni rispetto a quello che leggiamo nell'ordinanza? Io non l'ho letta e quindi non so se gli inquisiti abbiano ripetuto quello che hanno letto sui giornali dopo l'assassinio di Salvo Lima o abbiano detto qualcosa di più. Intanto, sarebbe più interessante se le accuse fossero dirette contro uomini vivi e non contro un morto, perché avremmo qualche possibilità di svolgere un lavoro politico. In questo caso mi pare di no. Le accuse a Carnevale che sono state citate sono certo importanti, però c'erano anche affermazioni secondo cui la mafia era favorevole al codice Vassalli. Forse allora anche Vassalli è mafioso? Se seguiamo questa logica e se cerchiamo di "scavare" in ciò che già sappiamo e che è scritto in quell'ordinanza, arriveremo a conclusioni di scarsa utilità, perché questa Commissione, a differenza di un tribunale, non ha il compito di accertare responsabilità personali Pag. 189 ma di comprendere fenomeni (quale è stato il legame tra la mafia e settori politici importanti; come il narcotraffico ha fatto sviluppare la mafia fuori dalla Sicilia eccetera) e di cercare di influire anche sulle scelte politiche e legislative del nostro paese, in modo che non si assista passivamente al crescere o al riformarsi dei fenomeni mafiosi: è chiaro infatti che, se certi uomini vengono buttati via, la mafia si concentrerà su altri. Personalmente vedo che al nord le associazioni di stampo mafioso, tra politici e mondo del crimine organizzato, hanno una certa caratteristica: si potrebbe allora parlare della mafia degli Agnelli perché ovunque ci sono appalti o c'è traffico di armi al nord registriamo l'implicazione di aziende della FIAT; al sud invece la situazione è diversa, dal momento che la mafia è Cosa nostra e non la famiglia Agnelli. Dalla valutazione di quella ordinanza non possiamo ricavare più di quanto non abbiano ricavato i giudici, salvo rischiare, da una parte, di illuderci di aver saputo leggere meglio gli atti del processo e, dall'altra, di pregiudicare il dibattimento, che è il luogo in cui effettivamente le responsabilità devono essere accertate. In conclusione, dichiarandomi contrario a qualsiasi audizione, propongo di creare eventualmente un comitato ristretto che, dopo la lettura attenta del documento e delle deposizioni dei collaboratori della giustizia, indichi al presidente e all'ufficio di presidenza come andare avanti per riprendere di buona lena quello che deve essere il nostro lavoro, e cioè la programmazione dei lavori della Commissione, altrimenti ci troveremo di tre mesi in tre mesi ad inseguire i casi giudiziari, il che sarebbe un errore. MARIO BORGHEZIO. Non posso che confermare quanto già detto in sede di ufficio di presidenza, e cioè che il gruppo della lega nord giudica positiva l'impostazione del lavoro della Commissione prospettata dal presidente, insistendo perché non si corra il rischio, per voler ascoltare tutti, di non arrivare in tempi rapidi ad una conclusione. Bisogna, al contrario, introdurre criteri selettivi sul lavoro da svolgere, limitandosi all'aspetto più inquietante, cioè il rapporto mafia-politica, che emerge da questa ordinanza. Sotto questo profilo, e confermando che alcune delle valutazioni proposte dal collega Galasso mi paiono degne di considerazione, vorrei richiamare l'attenzione della Commissione sulla seconda frase contenuta nel capitolo VI "Conclusioni" dell'ordinanza, laddove troviamo la valutazione che ci fa capire che siamo di fronte a qualcosa di veramente nuovo ed importante in questo atto giudiziario: "E' chiaro come l'omicidio dell'onorevole Salvo Lima costituisca diretta espressione di una strategia criminale in corso, volta all'intimidazione generale delle istituzioni politiche e giudiziarie (...)". Basterebbe questa frase per capire che dobbiamo operare al fine di conoscere bene questa strategia e quali sono gli strumenti e le modalità di cui si è avvalsa. E' tutto qui il rapporto mafia-politica: noi dobbiamo soltanto storicizzare e mettere alla fine questo aspetto nero su bianco. Quando poi nelle dichiarazioni, riprodotte dal periodico Avvenimenti, rese da Tommaso Buscetta a Falcone leggiamo la frase testuale "Cosa nostra uccide gli uomini politicamente scomodi su ordine di altri uomini politici", abbiamo il quadro completo della situazione, che mi sembra drammatica e sulla quale può essere interessante sentire i collaboratori della giustizia. Mi pare, tra l'altro, che il rapporto contenente le dichiarazioni di Buscetta sia giunto con strane cancellature ai nostri uffici giudiziari: è dunque necessario sentire i collaboratori della giustizia non in termini generali o con attinenza specifica ad aspetti trascurabili dell'inchiesta giudiziaria, ma specificatamente in ordine a questi punti essenziali del nostro lavoro. MICHELE FLORINO. Ribadisco l'assenso dato dal collega di gruppo Matteoli in sede di ufficio di presidenza alla proposta avanzata dal presidente, anche Pag. 190 se nutro qualche perplessità mista a preoccupazione sulla situazione che si sta sviluppando nel paese. E' vero che abbiamo un problema che assorbe gli altri, presidente, ma non vorrei che, presi da questo problema, non si tenesse conto - come osservava l'onorevole Scotti poc'anzi - dell'evoluzione attuale e degli sviluppi della situazione. Peraltro, l'evoluzione secondo il mio punto di vista c'è stata in passato, onorevole Scotti, e quindi parlerei piuttosto di assetto tattico della delinquenza organizzata nel paese, che si è propagata nelle città del nord in maniera incalcolabile e con aspetti devastanti (è di ieri la notizia dell'arresto di un'altra componente camorristica a Cattolica). Giudico indispensabile che la Commissione ribadisca nel suo calendario la necessità di occuparsi, oltre che del problema che assorbe gli altri, anche delle aree esposte, e quindi dia in tempi brevi una risposta alla nuova evoluzione del problema mafia. La mia preoccupazione è infatti che, come i monarchici dicono "morto il re viva il re", la mafia, morto Lima, abbia già un altro "garante" pronto a sostituirlo. I pentiti possono distogliere l'attenzione che lo Stato in questo momento pone per l'aggressione criminale al paese e noi stessi possiamo diventare strumento della mafia; invece, poiché ormai i "signori della delinquenza" si sono impadroniti del resto del territorio, tocca a noi non tralasciare questo aspetto preoccupante evitando di imbarcarci in una discussione dal sapore politico che non avrebbe l'effetto di ostacolare o debellare la mafia. FERDINANDO IMPOSIMATO. Nel dichiarare che condivido il programma prospettato dal presidente, vorrei ricordare, pur comprendendo le preoccupazioni manifestate da molti colleghi che mi hanno preceduto, che abbiamo un precedente importante in questo campo, proprio con riferimento alla necessità di ascoltare mafiosi, magistrati, politici e collaboratori della giustizia. In occasione dell'inchiesta sulla "ballata delle bobine", cioè sulla sparizione di registrazioni mafiose dagli uffici giudiziari di Roma, la prima Commissione antimafia procedette all'audizione non solo dei mafiosi implicati in quella storia, come Frank Coppola e qualche altro, ma anche dei magistrati istruttori, nella persona di chi parla, nonché dei collaboratori della giustizia, e cioè Ferrara ed altri, e dei politici; e la cosa non mi pare abbia disturbato il lavoro dell'autorità giudiziaria. Certamente dobbiamo fare attenzione all'opera di svalutazione e di delegittimazione che sta avvenendo già in questi giorni anche attraverso organi d'informazione, nei confronti dei collaboratori della giustizia. Poiché questa preoccupazione è notevole, sarebbe opportuno rinviarne il più possibile l'audizione, per consentire il completamento della loro escussione da parte dei magistrati. Non va dimenticato, inoltre, che vi è il rischio di creare occasioni per svolgere una verifica immediata su circostanze precise riferite dai mafiosi; in tal caso, ci troveremmo di fronte ad una situazione particolare perché dovremmo trasmettere immediatamente gli atti all'autorità giudiziaria per una verifica che non saremmo in grado di compiere. Fatte queste brevi considerazioni, pur concordando sul programma di massima proposto dal presidente, vorrei richiamare ai colleghi l'opportunità di rinviare il più possibile l'audizione dei pentiti. GIOVANNI FERRARA SALUTE. Condivido il calendario dei lavori che si sta formulando, comprese le riserve che taluni colleghi hanno avanzato; tuttavia desidero svolgere alcune osservazioni in merito a considerazioni qui espresse. Non vorrei che cadessimo in una consuetudine storica del nostro paese e delle nostre abitudini secondo la quale, quando circolano voci su qualcuno, si afferma che non ci sono riscontri giudiziari e quando poi questi ultimi emergono si sostiene che, essendo appunto riscontri giudiziari, non hanno valore politico. La mia convinzione è che dobbiamo evitare di essere meno sensibili del resto Pag. 191 degli italiani di fronte a quello che sta accadendo. Se in Inghilterra, per ipotesi, nel corso di un processo emergesse, in base alla testimonianza di alcuni, il coinvolgimento della signora Thatcher in un traffico di armi e di droga, anche se ciò fosse falso, dovete ammettere che la Camera dei comuni se ne occuperebbe, così come se ne occuperebbe l'opinione pubblica! Dobbiamo svolgere il nostro lavoro con prudenza, saggezza, filosofia politica, onestà, senso dei limiti della nostra Commissione, ma non possiamo avere paura di affrontare certe cose, certe persone, certi ambienti. Per quanto mi riguarda, vi garantisco che non avrò alcuna paura. Che vi siano prudenza, saggezza e quant'altro mi va benissimo; quello che non accetto è che ci rendiamo ridicoli di fronte all'Italia facendo finta che se ci occupiamo di certe cose ci distraiamo da più importanti problemi. A questo punto, vorrei sapere se il problema più importante di un paese non sia quello riguardante i suoi grandi uomini politici, noti in tutto il mondo anche meritatamente, che vengono sospettati, sia pure alla lontana, di essere coinvolti nelle cose più orrende che possano accadere in un paese! A mio giudizio, questa è una situazione di tipo sudamericano che va pulita, nel senso che dobbiamo sgombrare il campo dai sospetti e distruggerli definitivamente. VITO RIGGIO. Potrei anche rinunciare al mio intervento, dal momento che condivido le considerazioni espresse dal senatore Ferrara. Mi permetto tuttavia di ricordare che nella scorsa legislatura la Commissione antimafia aveva già iniziato un approfondimento sui rapporti tra mafia e politica e anche su quelli tra mafia, politica e magistratura. Se ben ricordo, quando vi furono alcune dichiarazioni relative alla procura di Palermo aspettammo che gli atti relativi fossero incardinati presso il Consiglio superiore della magistratura, con la riserva da parte di quest'ultimo di verificare se le notizie riguardanti la procura di Palermo fossero vere o false. In quell'occasione dichiarai, a nome anche di altri colleghi, che era impensabile che si potessero avere sospetti su quella procura deputata proprio ad indagare sui delitti di mafia. Oggi disponiamo di ulteriori elementi perché la questione investe certamente il settore politico ma soprattutto l'influenza che la politica poteva avere su talune decisioni di alto livello della magistratura. Si tratta certamente di un aspetto più grave ma che riprende un filone che la Commissione antimafia della precedente legislatura non aveva trascurato. L'unica preoccupazione che manifesto riguarda i tempi e le modalità del calendario: se da una parte ascoltare pentiti che contemporaneamente vengono sentiti dalla magistratura può essere rischioso - come sosteneva il collega Ayala - perché obiettivamente il pentito non può dire a questa Commissione nulla di più o di diverso di quanto non stia dicendo ai magistrati, dall'altra si deve temere l'eventualità di un processo imbastito fuori di qui. Ciò che voglio dire è che non è nostra la responsabilità se le carte riguardanti questa Commissione arrivano prima ai settimanali e poi ai parlamentari. PRESIDENTE. Vorrei precisare che lo stesso inconveniente avviene, forse più spesso, per le carte giudiziarie. VITO RIGGIO. Infatti, intendevo dire che in questo caso la Commissione si comporta come l'autorità giudiziaria nel senso che, dal momento che procede con gli stessi suoi poteri, ha gli stessi vizi. E' presumibile che una "sfilata" di pentiti in questa sede senza adeguate garanzie possa innescare una sorta di processo sul singolo fatto distraendo la Commissione dalle sue finalità specifiche, perché l'inchiesta avviene ai sensi della lettera c) dell'articolo 25-quinquies della legge n. 356 del 1992, allo scopo di approfondire le connessioni nelle indagini che questa Commissione deve svolgere. Se è giusto avanzare questa obiezione, è opportuno trovare un modo per superarla; Pag. 192 lo stesso discorso vale per l'altra questione che è stata qui sollevata. La Commissione può decidere di ascoltare i pentiti che allo stato hanno fatto nomi di politici, ma non va dimenticato che ci possono essere tanti altri pentiti che ancora non sono arrivati alla sede giudiziaria e che hanno fatto tanti altri nomi. ALFREDO GALASSO. Ci possono essere anche non pentiti. VITO RIGGIO. Certamente. C'è tutto un universo che in questo momento, per fortuna, si sta arricchendo rispetto al passato e che comunque andrà verificato, per cui più che ascoltare i singoli occorrerebbe ampliare la nostra documentazione sulla base di rapporti istituzionali, in modo tale che quando decidiamo di ascoltare qualcuno non ci limitiamo a domandargli: "Scusi, lei ha mai intrattenuto rapporti con la politica?". Tutto ciò ovviamente accade in presenza di una distinzione all'interno della Commissione che non sarà volta all'approfondimento della verità ma sarà pregiudicata dalle diverse collocazioni politiche. Dobbiamo comportarci come una Commissione del Parlamento che svolge un'indagine conoscitiva con gli stessi poteri dell'autorità giudiziaria, senza riserva di tutelare o di pregiudicare alcuno, perché questo è il compito fondamentale di un Parlamento democratico. ALDO DE MATTEO. Nel condividere le osservazioni espresse dall'onorevole Scotti, vorrei precisare che, a mio giudizio, la presenza in questa Commissione prescinde dall'appartenenza ai singoli gruppi. Concordo sul programma dei lavori perché mi sembra coerente con la premessa fatta dal presidente circa l'asse politico su cui verte il nostro lavoro; nel corso del dibattito mi è sorta però qualche perplessità sulla proposta di procedere all'audizione dei pentiti. Secondo me, questa eventualità dovrebbe essere preceduta da un'opera di selezione sulla base della documentazione disponibile, perché il punto di partenza non deve essere quello di audizioni generalizzate. Mi ritrovo interamente negli ultimi interventi relativi alle attese del paese; possiamo risanare l'economia ma possiamo egualmente andare a fondo. Il lavoro della Commissione è fondamentale soprattutto se si compie, come credo che avvenga, al servizio della verità. Ciò sarebbe di grande aiuto anche per quei politici ingiustamente coinvolti in certe vicende. CARLO D'AMATO. Signor presidente, alla luce del necessario approfondimento svoltosi dopo la riunione dell'ufficio di presidenza e delle considerazioni espresse dai colleghi sull'ordinanza del magistrato di Palermo, ribadisco quanto ho avuto già occasione di affermare in sede di ufficio di presidenza circa la necessità di disporre di tutti gli elementi necessari per esprimere un giudizio sul caso sottoposto al nostro esame. Da un lato l'opinione pubblica vuol capire cosa stia avvenendo, dall'altro dobbiamo tener conto del particolare dato dal quale partiamo, cioè un'ordinanza che definisce affidabili i pentiti, sulla base dei comportamenti, sotto il profilo delle indicazioni previste dalla legge, oltre che alla luce della sentenza della Corte di cassazione. Pertanto, dal punto di vista formale e sostanziale, l'ordinanza del giudice chiude una fase delle indagini, tant'è vero che si procede ad un rinvio a giudizio. A questo punto, il nostro operato non deve interferire con l'attività del magistrato, ma non deve tralasciare l'esigenza fondamentale di approfondire un dato che traspare con molta evidenza, quello di un rapporto trilaterale tra mafia, politica e magistratura. Sotto questo profilo, penso che il programma proposto dal presidente non sia esaustivo proprio perché non prende in considerazione il rapporto con la magistratura. Abbiamo fornito indicazioni puntando l'obiettivo sulle questioni di carattere politico ma rimane un aspetto di cui ci si può preoccupare o meno; mi riferisco alla permeabilità dell'istituzione Pag. 193 giustizia rispetto ai rapporti fra mafia, politica e organo giudiziario che deve decidere. Tale problema va posto sullo stesso piano degli altri, perché altrimenti si corre il rischio di rispondere solo all'aspetto più eclatante della vicenda, poiché oggi l'opinione pubblica vuole "i morti" nella politica e vuole continuare a criminalizzare, in un'azione dissennata, una classe dirigente senza pensare a quello che accadrà dopo. Poiché non siamo animati da questo spirito, dobbiamo individuare le modalità di funzionamento dello Stato. Quanto all'acquisizione dei verbali di interrogatorio, pur non essendo un tecnico ho condiviso talune perplessità sollevate da tecnici che sono anche politici autorevoli, ma ritengo che sia opportuno acquisirli perché diventano un elemento fondamentale del nostro lavoro. Non va dimenticato che noi li conosciamo solo parzialmente. La loro acquisizione consentirà di avere da un lato un riscontro di quanto è stato detto, dall'altro una conoscenza diretta di un fenomeno, quello del pentitismo, che non può non riguardarci, sia come membri della Commissione antimafia sia come legislatori. Condivido la perplessità secondo cui la Commissione corre il rischio di focalizzare la propria attenzione su questo aspetto, ma ho più volte sottolineato che il suo esame deve essere ben definito nel tempo per evitare che ci occupiamo solo di un problema riguardante una parte del paese (anche se la Sicilia rappresenta la parte emergente), dimenticandoci di altre regioni che vivono situazioni altrettanto significative. Basti pensare alla Calabria, alla Campania e alle altre regioni a rischio, i cui problemi vanno affrontati con altrettanta rapidità. Per evitare che la nostra Commissione cada in questo errore, ritengo opportuno limitare nel tempo gli approfondimenti sull'ordinanza al nostro esame per poi passare al lavoro che ci siamo prefissi, in un progetto legato senza soluzione di continuità al lavoro svolto dalla Commissione antimafia della precedente legislatura. PAOLO CABRAS. Il programma illustratoci dal presidente non rappresenta "l'inseguimento" di un caso giudiziario, ma un impegno coerente con la direttrice che abbiamo impresso al nostro lavoro, che assegna importanza primaria al rapporto tra mafia e politica. Credo che tale rapporto debba essere indagato oggi sulla base dei nuovi elementi che abbiamo acquisito a Palermo, senza trascurare che esso non esiste solo a Palermo ed in Sicilia, ma riguarda la diffusione della mafia come fenomeno nazionale. Non c'è dubbio, pertanto, che il lavoro potrà essere graduato e che la programmazione sia necessaria; occorre prevedere obiettivi a breve, medio e lungo termine. Da questo punto di vista, ritengo che il percorso indicato sia razionale. Dobbiamo evitare taluni "scogli" come quello di interferire o di nuocere (come ha giustamente ricordato il collega Ayala) all'ulteriore procedimento giudiziario in corso. Per questo penso che dovremmo interrogare (dopo aver letto i verbali) il procuratore distrettuale prima dei collaboratori eventualmente messi a disposizione dall'autorità giudiziaria. In questo modo sarà possibile capire anche quali siano le nostre possibilità di dialogo e di indagine rispetto ai collaboratori. La Commissione antimafia ha un carattere istituzionale e deve contribuire, per quanto possibile, a fornire un contributo di intelligenza, chiarezza, leggibilità e conoscenza non soltanto al Parlamento, ma anche all'opinione pubblica. Ogni qualvolta la Commissione antimafia diviene la sede per una valutazione libera (come deve essere) su fatti che hanno risonanza politica, su spiegazioni ed analisi di tipo sociologico e politico-culturale, essa rischia di perdere il proprio spessore istituzionale. Per un genere diverso di confronto, per la normale dialettica, esistono le Assemblee del Parlamento, all'interno delle quali le appartenenze si manifestano, prevalgono, si confrontano e si scontrano. Pag. 194 Della caratteristica propria di questa Commissione dobbiamo tutti essere gelosi perché è quella che ci consente di spogliarci della parzialità propria della politica. E' questo il servizio istituzionale che possiamo rendere e ritengo tale aspetto estremamente importante. Ciò vale per la vicenda del rapporto tra mafia e politica come per altre. Desidero sottolineare che tutto quello che questa ordinanza contribuisce a chiarire meglio rispetto al passato, nell'ambito del rapporto tra mafia e politica, è rilevante. Come ho già affermato in sede di ufficio di presidenza, tuttavia, sono particolarmente inquieto per lo spiraglio che apre sul rapporto tra criminalità organizzata e istituzioni dello Stato, magistratura. Non intendo, onorevole Taradash, criminalizzare nessuno; il mio è un dissenso culturale rispetto all'iperformalismo più che all'ipergarantismo del dottor Carnevale, ma nessuno può dimenticare che Scopelliti, sostenitore della pubblica accusa nella I sezione penale guidata da Carnevale sulla revisione del maxi-processo, è stato assassinato mentre stava redigendo la sua requisitoria. Non possiamo trascurare tale dato; non possiamo trascurare che, oltre all'indicazione delle connivenze politiche si parla di strane manovre di pressione, addirittura di corruzione (nell'ordinanza si fa riferimento a pagamenti) perché era nota la disponibilità della magistratura ... MASSIMO BRUTTI. Non è la prima volta. PAOLO CABRAS. Lo so benissimo. Saranno tutte illazioni, possono essere anche tentativi dispersivi e distraenti, ma abbiamo il diritto, non solo noi (mi auguro che il Consiglio superiore della magistratura abbia già avviato un'indagine) di sapere. Un sospetto del genere non può permanere in quanto, con le istituzioni, ucciderebbe anche la democrazia. Dobbiamo approfondire tale questione con la sollecitudine che mi pare sia stata manifestata nella totalità degli interventi di questa mattina. GIOVANNI FERRARA SALUTE. Quanto intendevo evidenziare è in parte superato dall'intervento del senatore Cabras. Mi riferisco alla necessità di approfondire la questione riguardante la magistratura. Mi associo, pertanto, a tale iniziativa, che dovrebbe essere inserita nel nostro programma dei lavori. PRESIDENTE. Alcuni colleghi hanno sollevato il tema delle priorità da seguire nei nostri lavori, se ascoltare, cioè, prima i politici o seguire l'ordine che avevamo stabilito. La maggioranza dei colleghi ha sostenuto la proposta formulata dalla presidenza, che intendo dunque ribadire, non solo per le considerazioni svolte dal senatore Cabras, ma anche perché il confronto con chi ricopre responsabilità politiche ha un senso se la Commissione è già informata dei vari aspetti della questione. Si rischierebbe altrimenti di svolgere un dibattito da aula parlamentare e non da Commissione di inchiesta, come invece è necessario. Per quanto riguarda la preoccupazione sollevata con grande senso istituzionale dai colleghi Ayala e Tripodi in merito ai pentiti, dobbiamo decidere se ascoltarli: la scelta dei collaboratori da sentire, dei tempi e delle modalità con cui farlo costituisce un aspetto che dovrà essere concordato con le autorità che con essi hanno rapporto diretto. Ricorderete che a conclusione della mia esposizione iniziale ho posto l'esigenza della non interferenza o danneggiamento delle indagini e su questo aspetto essenziale siamo stati tutti d'accordo. Mi sono permesso di avanzare questa proposta perché ho consultato autorità di polizia e giudiziarie a tale proposito; una volta che la Commissione avesse il nullaosta, valuteremo come, quando e chi sentire e se ciò non interferisca e sia al tempo stesso utile. La questione del rapporto tra mafia, politica e magistratura posta dai senatori Brutti, Cabras e Ferrara e dall'onorevole D'Amato ed altri ha indubbiamente grande rilevanza perché questo rapporto con la politica deve aver avuto in qualche modo una ricaduta: non si tratta, cioè di Pag. 195 un dialogo astratto, bensì (da quello che risulta) un dialogo teso a raggiungere risultati utilitaristici (non certo una sorta di club). Dobbiamo quindi verificare se esso abbia prodotto risultati, di che tipo e se connessi o meno con tali relazioni. Altrimenti non si comprende quali sarebbero stati i fini dei rapporti con il mondo politico. Tutto questo con riferimento sia al versante giudiziario sia a quello amministrativo (finanziamenti e così via). E' necessario agire in tal modo anche per rendere serio il rapporto con i soggetti politici chiamati in causa. Svolte queste precisazioni, dobbiamo assumere una decisione sui tempi: è essenziale per il nostro lavoro, infatti, la rapidità, pur senza essere superficiali. Se concludessimo tra un anno non servirebbe a nulla. Potremmo assegnarci come termine finale su questa materia il mese di dicembre; sarebbe questo, a mio avviso, un termine accettabile. ALFREDO GALASSO. Questo significa che ascolteremo i politici per Natale? PRESIDENTE. Il termine del mese di dicembre riguarda il completamento delle attività, che dovranno quindi essere espletate prima del termine conclusivo. UMBERTO CAPPUZZO. Compatibilmente con gli altri impegni... PRESIDENTE. Pongo in votazione il programma dei lavori di cui ho dato precedentemente lettura. (E' approvato). Prima di concludere, desidero far presente che nel corso dei nostri lavori è pervenuta una telefonata che annunciava un attentato dinamitardo alla Commissione che, peraltro, non si è verificato. La seduta termina alle 11,30.