Pag. 215 AUDIZIONE DEL DOTTOR ELIO SPALLITTA, PROCURATORE DISTRETTUALE DELLA REPUBBLICA (F.F.) DI PALERMO E DI ALCUNI SOSTITUTI PROCURATORI DELLA DIREZIONE DISTRETTUALE ANTIMAFIA DI PALERMO PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE INDICE pag. Audizione del dottor Elio Spallitta, Procuratore distrettuale della Repubblica (f.f.) di Palermo e di alcuni sostituti procuratori della Direzione distrettuale antimafia di Palermo: Violante Luciano, Presidente ............ 217, 219, 220, 221 222, 229, 234, 235, 239, 240 241, 242, 243, 244, 245, 246 Ayala Giuseppe Maria ................................... 232 Brutti Massimo .......................... 230, 240, 242, 244 Cabras Paolo ....................... 219, 220, 234, 240, 243 Calvi Maurizio ......................................... 232 Cutrera Achille ........................................ 229 D'Amato Carlo ...................... 229, 240, 241, 245, 246 D'Amelio Saverio ....................................... 233 Ferrauto Romano ................................... 234, 240 Folena Pietro ................................ 227, 228, 241 Frasca Salvatore .................................. 233, 234 Galasso Alfredo .................... 224, 225, 239, 240, 246 Imposimato Ferdinando .................................. 223 Matteoli Altero ........................................ 222 Natoli Gioacchino, Sostituto procuratore della Repubblica presso la Direzione distrettuale antimafia di Palermo .............................. 219, 220 221, 228, 236, 238, 239, 240 241, 242, 243, 244, 245, 246 Rapisarda Santi ........................................ 233 Riggio Vito ....................................... 223, 243 Rossi Luigi .................................. 225, 227, 244 Scalia Massimo ............................... 221, 222, 245 Scotti Vincenzo ................................... 222, 244 Spallitta Elio, Procuratore distrettuale della Repubblica f.f. di Palermo 217, 219 235, 239 Taradash Marco .......................... 225, 238, 242, 243 Tripodi Girolamo ....................................... 229 Comunicazioni del presidente: Violante Luciano, Presidente ........................... 246 Sui lavori della Commissione: Violante Luciano, Presidente ...................... 247, 248 Brutti Massimo ......................................... 247 Calvi Maurizio ......................................... 247 Galasso Alfredo ........................................ 248 Scalia Massimo ......................................... 248 Pag. 216 Pag. 217 La seduta comincia alle 10,15. (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente). Audizione del dottor Elio Spallitta, procuratore distrettuale della Repubblica f.f. di Palermo e di alcuni sostituti procuratori della Direzione distrettuale antimafia di Palermo. PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del dottor Elio Spallitta, procuratore distrettuale della Repubblica (facente funzioni) di Palermo e del dottor Gioacchino Natoli, sostituto procuratore della Repubblica presso la Direzione distrettuale antimafia di Palermo. Do la parola al dottor Spallitta, al quale ho inviato il 2 novembre una memoria su quello che sarebbe stato il contenuto dell'audizione odierna. ELIO SPALLITTA, Procuratore distrettuale della Repubblica f.f. di Palermo. Signor presidente, avrei voluto preparare una relazione ma purtroppo questa seduta è coincisa con un'altra convocazione che ho ricevuto dal Consiglio superiore della magistratura, per cui non ho avuto il tempo materiale di preparare una relazione più completa sull'argomento all'ordine del giorno. Cercherò di essere conciso e sintetico parlando a braccio. Per quanto riguarda Cosa nostra, non mi voglio diffondere in questioni di carattere sociologico: già sapete molto bene, anche in base alle risultanze processuali, quale ne sia l'organizzazione. Mi voglio quindi riferire principalmente alla nostra ultima richiesta di custodia cautelare nei confronti di Riina Salvatore, Madonia Francesco, Di Trapani Francesco e molti altri (in tutto 24 persone), tutti componenti di Cosa nostra e facenti parte della cosiddetta cupola. Dopo indagini laboriose, nel corso delle quali ci è stato molto utile l'ausilio della DIA, siamo pervenuti all'identificazione dei mandanti dell'omicidio di Salvatore Lima. Nel corso di queste indagini, e in base al contributo molto prezioso fornitoci da diversi collaboratori della giustizia (che abbiamo ascoltato anche di recente), siamo potuti pervenire alle conclusioni trascritte nella richiesta che ho citato poc'anzi, che è stata integralmente accolta dal giudice per le indagini preliminari. Evidentemente queste conclusioni non sono definitive e vanno sottoposte al vaglio delle ulteriori indagini che si potranno fare in proposito. In base alle dichiarazioni raccolte e alle indagini svolte, è emerso che Cosa nostra già da tempo assicura il suo favore in materia elettorale alla democrazia cristiana, che Cosa nostra ha sempre cercato di impedire in Sicilia che si votasse per il partito comunista italiano; che Cosa nostra, in base a quello che abbiamo potuto accertare, aveva dei referenti che dovevano fare da tramite con uomini politici, sia in Sicilia sia a Roma. Uno dei principali referenti era per l'appunto Lima. Faccio un breve excursus della posizione di Cosa nostra negli affari politici in Sicilia e in Italia in genere. Per quanto attiene al cosiddetto maxiprocesso, in base a notizie ricevute da Lima e da altri uomini politici non nominati o non indicati con precisione, era convinzione dei componenti della cupola e degli imputati che si trovavano già in carcere che il Pag. 218 momento politico era tale per cui in primo grado vi sarebbe stata sicuramente una condanna ma che le cose si sarebbero potute "aggiustare" (uno dei pentiti adopera proprio questo termine) in corte d'appello e che ancor meglio sarebbero andate in Cassazione, dato il formalismo al quale si ispirava la sezione presieduta da Carnevale, che avrebbe consentito molto probabilmente di pervenire ad un annullamento della sentenza con la possibilità per gli imputati di essere scarcerati per decorrenza di termini. Senonché, successivamente, si ebbe la sensazione che la democrazia cristiana avesse "mollato" (questi sono i termini adoperati dai collaboratori della giustizia) il processo, tanto che, per ritorsione, nel 1987, anno di elezioni politiche, per punire questo partito per il suo atteggiamento sarebbe giunto dal carcere l'ordine di Cosa nostra di votare per il partito socialista - il cui capolista era in quel periodo l'onorevole Martelli - che infatti ebbe una buona affermazione. Successivamente, le cose in Cassazione andarono molto male, come voi ben sapete, in quanto si ebbe una sentenza che ha valorizzato il principio del libero convincimento del giudice attraverso una interpretazione che riguarda i riscontri sulle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia e dei pentiti, per cui si ebbero numerosi annullamenti per le assoluzioni verificatesi in primo grado e il processo è ritornato nuovamente a Palermo. Questa situazione ha determinato molto sconforto all'interno di Cosa nostra, la cui reazione è stata quella che sapete: si è deciso di uccidere Lima perché non era stato ai patti. Queste sono nella sostanza le risultanze dell'indagine, che per la prima volta ci ha consentito certi risultati, attraverso i collegamenti e i confronti che abbiamo fatto tra queste dichiarazioni e altre rese in precedenza dallo stesso Buscetta. Quest'ultimo ha fatto ulteriori dichiarazioni sui contatti di Cosa nostra con Lima, raccontando che nel 1980, quando era latitante, incontrò Lima a Roma, ma non voglio ripetere ciò che già risulta dall'ordinanza. Così si possono riassumere le conclusioni alle quali si è potuti pervenire in base alle dichiarazioni di Giuseppe Marchese, Leonardo Messina, Rosario Spatola, Vincenzo Marsala, Francesco Marino Mannoia. Fra l'altro, il Mutolo si è espresso come segue: "Come ho già spiegato, l'onorevole Lima era stato ucciso perché considerato il maggiore simbolo di quella componente politica che, dopo aver attuato per moltissimi anni un rapporto di pacifica convivenza e di scambi di favori con Cosa nostra, che riversava su di essa i propri voti, non aveva più tutelato gli interessi di Cosa nostra proprio in occasione del processo più importante e mostrava anzi di voler proseguire in una politica contraria". I termini di un tale patto di scambio, suffragato dalle minacce di morte nei confronti degli uomini politici che non stavano ai patti - o che non stiano ai patti, come riferisce lo stesso Mutolo -, si evincono dal complesso delle dichiarazioni rese dai pentiti che ho poc'anzi nominato e che da noi sono stati riassunti in una ripetuta richiesta di misure cautelari. Mutolo si è espresso, inoltre, nei seguenti termini: "La linea politica seguita da Cosa Nostra era quella della mediazione e della convivenza con il mondo politico. Era pacifico in Cosa nostra che si dovesse sostenere elettoralmente la democrazia cristiana, poiché era considerato il partito che poteva offrire migliori garanzie per gli interessi dell'organizzazione mafiosa. La convinzione unanime era che si potesse utilmente influire, attraverso i politici, sull'operato dei tribunali e che, inoltre, la funzione dei politici siciliani fosse determinante per la politica romana nei riguardi delle cose della Sicilia concernenti Cosa nostra. Salvo Lima era sostenuto elettoralmente da varie famiglie di Cosa nostra ed era, quindi, uno dei più importanti referenti Pag. 219 politici dell'organizzazione. A lui, in particolare dopo che era diventato parlamentare nazionale ed europeo, gli uomini d'onore si rivolgevano per tutte le questioni che comportavano decisioni da adottare a Roma. Fra l'altro, non ogni uomo d'onore aveva facoltà di prendere contatto direttamente con l'uomo politico per gli eventuali favori di cui aveva bisogno. Il contatto doveva avvenire attraverso tramiti precisi ad alto livello, stabiliti dalla commissione. In principio, funsero da tramite alcuni mafiosi ma successivamente, dopo l'uccisione di Bontade, tale ruolo fu svolto dai Salvo, cioè dai due esattori di Palermo che avevano numerosi contatti con diversi uomini politici, e che, a differenza di Salvo Lima, erano uomini d'onore. In sostanza, credo sia questo il succo di ciò che abbiamo potuto accertare. PAOLO CABRAS. Mutolo afferma che soltanto Ignazio Salvo era uomo d'onore. ELIO SPALLITTA, Procuratore distrettuale della Repubblica f.f. di Palermo. Mutolo sostiene che erano entrambi uomini d'onore. PRESIDENTE. Dottor Natoli, lei desidera aggiungere altro a quanto già detto dal dottor Spallitta? GIOACCHINO NATOLI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la Direzione distettuale antimafia di Palermo. Dopo la dettagliata ed esauriente ricostruzione del dottor Spallitta in merito all'ultima fase delle indagini da noi condotte, riterrei opportuno - qualora la Commissione acconsenta - rispondere ad eventuali domande. PRESIDENTE. Al fine di chiarire il quadro generale, vorrei rivolgerle una domanda, perché se è chiara l'utilità che ne derivava ai politici ... ELIO SPALLITTA, Procuratore distrettuale della Repubblica f.f. di Palermo. Ricevevano un compenso elettorale. PRESIDENTE. Questo è chiaro. Ciò che va chiarito è relativo all'utilità che ne conseguivano i mafiosi. In pratica, qual era il sinallagma? GIOACCHINO NATOLI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la Direzione distrettuale antimafia di Palermo. Il sinallagma appare abbastanza chiaro, stando a quanto riferitoci dai vari collaboratori, così come appare chiara la scelta da questi ultimi operata, cioè quella di far convogliare i voti verso questo e quel partito. Aggiungo, comunque, che bisognerebbe attuare una distinzione tra i vari collaboratori, anche con riferimento alle aree geografiche, nel senso che i collaboratori della provincia di Palermo hanno quasi tutti detto, in buona sostanza, che facevano convergere naturalmente i loro voti verso la democrazia cristiana, in quanto essa aveva sempre rappresentato, fin dalla costituzione della Repubblica, il centro e l'asse d'equilibrio dell'intero sistema. Un'ulteriore sottolineatura credo debba essere fatta a proposito degli uomini politici appoggiati, nel senso che generalizzare il fatto che Cosa nostra sostenesse un partito, sotto un profilo logico può apparire perfettamente fondato, almeno stando alle dichiarazioni di alcuni collaboratori, i quali sostengono che, di volta in volta, venivano appoggiati esponenti di un certo partito; per quanto riguarda l'area palermitana, per esempio, essi appartenevano sempre alla democrazia cristiana. Però, bisogna tener conto di un aspetto che recentemente ci è stato riconfermato anche da Calderone, il quale proviene dall'area orientale della Sicilia: egli ha dichiarato che in un certo momento la famiglia di Catania alla quale lui apparteneva, ed il cui esponente di primo piano era suo fratello Giuseppe, aveva appoggiato un uomo politico - peraltro ormai defunto - esponente del partito socialdemocratico. Il perché di ciò - che costituisce l'oggetto del sinallagma - va ricercato nel fatto che nell'immediato o nel futuro - in ogni caso laddove si fosse presentata Pag. 220 l'occasione utile od opportuna - l'appoggio dato doveva garantire un ritorno. Per esempio, abbiamo già anticipato che in ordine all'indagine che stiamo conducendo sull'omicidio dell'onorevole Lima, il ritorno avrebbe dovuto essere di tipo giudiziario, cioè un appoggio in tutte le sedi, locali e centrali, per far sì che il maxiprocesso, che da subito Cosa nostra ha avvertito come mirato al cuore ed al cervello della stessa organizzazione, crollasse non solo in chiave giudiziaria ma anche abbattendo la figura morale e professionale di Giovanni Falcone, cioè dell'uomo simbolo che, più di tutti, lo aveva voluto e portato avanti. Nel momento in cui, per una serie di fatti interni ed esterni imprevisti ed imprevedibili, tale disegno non si perfeziona, si inaugura quella strategia che da alcuni mesi è sotto gli occhi di tutti e a proposito della quale, se mi è consentito, vorrei spendere qualche parola, nel senso di ... PRESIDENTE. Senz'altro, dottor Natoli, ma prima gradirei una precisazione: se per circa 45 anni la mafia ha appoggiato esponenti di uno o più partiti di Governo, ciò che alla Commissione interessa è conoscere l'utile che ne è derivato alla mafia. Non credo che sia possibile concentrare tutto sulla sentenza. PAOLO CABRAS. Nelle dichiarazioni dei pentiti ed in altri atti processuali i riferimenti non sono soltanto ad esponenti della democrazia cristiana e non riguardano solo alcune circoscrizioni elettorali (mi riferisco, per esempio, alla posizione dell'onorevole Gunnella e a quella di altri uomini politici citati). Immaginare che lo scambio possa ridursi soltanto alla vicenda del maxiprocesso, credo significhi limitarsi a considerare un aspetto non certo esaustivo degli interessi della mafia. Ritengo che quest'ultima, infiltrandosi nella vita economica degli enti locali e trovando collusioni con i politici, avesse un raggio di interesse assai più vasto. Intendo dire che non è la vicenda del maxiprocesso a far nascere la collusione mafia-politica, altrimenti non si spiegherebbe il coinvolgimento di uomini politici rappresentativi di modeste realtà - a volte si è trattato di sindaci o di assessori - e di esponenti locali (mi riferisco a Trapani, Caltanisetta e Agrigento) appartenenti a partiti presenti nel governo locale oltre che in quello nazionale. GIOACCHINO NATOLI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la Direzione distrettuale antimafia di Palermo. Il riferimento al maxiprocesso è stato da me sottolineato perché, per la prima volta - e per quello che riguarda la mia personale esperienza di questi ultimi nove anni è anche l'unica - vi sono stati uno o più collaboratori i quali hanno identificato esattamente l'oggetto del patto di scambio. Ripeto: costoro hanno identificato, a partire dal 1985 e quindi in tutta la seconda metà degli anni ottanta, in questo obiettivo quello che Totò Riina, in particolare a nome del gruppo dei cosiddetti corleonesi, perseguiva come obiettivo prioritario. In ordine alle altre domande che sono state poste dal senatore Cabras, non posso fornire una risposta precisa così come ho fatto per l'omicidio Lima, perché possiamo logicamente e - se mi consentite una considerazione a titolo personale - fondatamente ritenere che gli effetti di ricaduta riguardino anche altri aspetti della vita pubblica ed amministrativa; però nessuno dei collaboratori con i quali ho avuto modo di lavorare in questi anni ha mai fornito un'esatta identificazione dell'oggetto dello scambio. Dobbiamo quindi fondatamente ritenere che la ricaduta non possa che essere in termini di appalti, di favori. Non sono però in grado di fornire elementi specifici in riferimento a casi concreti. Si dice sempre, ed evidentemente ritengo che la cosa sia abbastanza grave, anche se manca il riferimento ad un fatto concreto: "Io, esponente di Cosa nostra, esponente di una famiglia o di un mandamento di Cosa nostra, appoggiavo quel tale uomo politico perché" - per dirla con Calderone Pag. 221 - "subito dopo potevo prenderlo per la collottola e fargli fare quello che era necessario agli interessi della famiglia". Tant'è che - e questo è un caso specifico - quando l'uomo politico, dopo aver lucrato l'appoggio, avesse negato di aver ricevuto quell'appoggio, lo si poteva anche pubblicamente prendere a schiaffi ancorché si trattasse di un uomo politico di non secondario livello e di rilievo nazionale. PRESIDENTE. Poiché poc'anzi il dottor Natoli ha preannunciato alcune dichiarazioni riservate, da questo momento i nostri lavori continuano in seduta segreta. Dispongo la disattivazione del circuito audiovisivo interno. (La Commissione procede in seduta segreta). PRESIDENTE. Riprendiamo la seduta pubblica. Dispongo l'attivazione del circuito televisivo interno. Invito i colleghi a porre quesiti specifici a cui i magistrati possano fornire risposta. GIOACCHINO NATOLI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la Direzione distrettuale antimafia di Palermo. Mi sia consentita una precisazione, signor presidente. Poiché l'onorevole Cabras ha accennato all'onorevole Gunnella, voglio precisare che nessuno dei collaboratori ai quali faccio riferimento ha fatto il suo nome. Credo sia chiaro che si tratta di altro collaboratore, per cui vorrei limitarmi a rispondere in base alle mie conoscenze personali e non a quelle del relato, che, in buona sostanza, corrisponderebbero alle fonti di cui disponete voi. MASSIMO SCALIA. Prima di passare alle domande, mi sia consentita una premessa, anche perché non so se potremo continuare i nostri lavori in seduta pubblica. Sarei contrario alla sua ipotesi, signor presidente, se ella intendesse formalizzarla, in quanto non ritengo opportuno escludere dall'audizione odierna temi che la stampa ha posto in grande rilievo. La motivazione della mia contrarietà è molto semplice, nel senso che tali temi sono la spiegazione di ciò che lei ha definito il sinallagma ed il dottor Natoli il patto di scambio. Proprio perché molti si sono chiesti come funzioni il patto di scambio e in che modo esso si articoli, credo che si debbano rivolgere domande in merito ai rappresentanti della procura di Palermo. La prego, pertanto, di non formalizzare la sua ipotesi e di consentirmi... PRESIDENTE. Onorevole Scalia, mi sono permesso di chiedere ai colleghi di non rivolgere domande a proposito di un'altra questione, cioè quella relativa alle accuse nei confronti di taluni magistrati, perché, a prescindere dal fatto che non sappiamo se siano giuste o infondate, il fatto che una Commissione parlamentare si occupi di tale materia senza alcun elemento in suo possesso significherebbe compiere operazioni di depistaggio e favorire accuse di cui non conosciamo la fondatezza. Se in questa sede esaltassimo dati di cui non siamo a conoscenza, e comunque in assenza degli elementi utili a valutarne l'attendibilità, credo che non renderemmo un buon servizio al nostro lavoro. Se i colleghi desiderano intervenire su questa materia, potranno farlo dopo che la Commissione avrà acquisito e valutato tutti gli elementi utili ai fini della conoscenza. Ricordo che la seduta odierna è destinata ad approfondire i rapporti tra mafia e politica. MASSIMO SCALIA. La mia intenzione non era assolutamente di esprimere valutazioni o giudizi ma di acquisire un'informazione diretta rispetto ad argomenti di cui si è discusso. Premesso che devo basarmi su notizie stampa della cui validità non posso essere certo, accolgo l'invito del presidente e formulo anch'io le mie domande. Stando a quanto mi è stato confermato anche a Palermo, sembra che nel Pag. 222 febbraio-marzo 1991 alla procura di tale città sia stato consegnato, da parte del ROS dei carabinieri, un rapporto di circa 900 pagine che conteneva, con nomi e cognomi, una ricostruzione assai precisa del patto di scambio. Vorrei dunque sapere perché non sia stato dato seguito ad un rapporto così documentato. Si dice addirittura - ma questo può appartenere al mito - che, sulla base della conoscenza di tale rapporto, a suo tempo lo stesso giudice Falcone ebbe a riflettere e ad assumere decisioni. Più di recente, cioè nel maggio di quest'anno, al sostituto procuratore di Catania, Felice Lima, si è rivolto l'ex responsabile commerciale della Rizzani De Eccher in Sicilia, e un rapporto dei ROS conferma sostanzialmente le dichiarazioni rese da persona facente parte di un patto di coté industriale. Circa il modo in cui veniva realizzata la distribuzione, vengono citati dalla stampa fatti e luoghi precisi (comuni di Trecastagni e di Giarre), vengono definite assai bene le percentuali e le modalità. Che ciò sia accaduto non mi stupisce, perché corrisponde esattamente - se mi è consentita l'osservazione - ad un modo di fare che, anche senza l'intervento della mafia, è già stato praticato da un ex ministro, il quale proprio per questo ha ricevuto una comunicazione giudiziaria. Non voglio formulare giudizi su tali episodi, ma devo rilevare che, nonostante il sostituto procuratore di Catania fosse dell'avviso di inviare avvisi di garanzia e comunicazioni giudiziarie, il capo del suo ufficio ha inviato gli atti a Palermo, ritenendo che essi fossero di competenza della procura di tale città. Abbiamo avuto notizia della dura presa di posizione dei magistrati ma devo dire che mi ha stupito il fatto che essa sia avvenuta poche ore dopo la trasmissione di quel rapporto e non in sintonia con la valutazione di un altro magistrato, cioè quello di Catania, il quale riteneva, invece, che sussistessero motivi di urgenza per procedere all'invio di comunicazioni giudiziarie. Gradirei una risposta anche su tale vicenda. PRESIDENTE. In merito alla domanda dell'onorevole Scalia, credo che i magistrati nostri ospiti possano limitarsi a rispondere al punto relativo all'esito del rapporto dei ROS sulla questione degli appalti. MASSIMO SCALIA. Sì, ma vi sono due momenti diversi oggetto di due rapporti. ALTERO MATTEOLI. Nell'ordinanza di custodia cautelare che lei, signor procuratore, ha sintetizzato vi è una pagina in cui è ben descritta la corsa a costituirsi avvenuta prima dell'omicidio Lima. In particolare, si legge che non si era mai verificato un fatto del genere, per cui gradirei un chiarimento ulteriore su questo aspetto. Sempre nell'ordinanza, come lei ha ricordato, si dice che i mafiosi si rivolgevano, appoggiandoli, ai partiti della democrazia cristiana e socialista, convinti che potessero essere utili in qualche modo, mentre escludevano da qualunque appoggio il partito comunista ed il movimento sociale italiano. Ma c'è un altro piccolo partito coinvolto che non è della maggioranza, quello radicale, di cui nell'ordinanza si dice che è uno dei partiti "appoggiati". Come dicevo, il partito radicale non fa parte della maggioranza e, quindi, il potere di cui dispone è proporzionale alla forza; risulta pertanto indebolita la tesi - forse questa domanda potrebbe rivolgerla il collega Taradash - in base alla quale si appoggia un partito in quanto garantista. Vorrei sapere se vi siano ulteriori elementi per chiarire se tale partito poteva avere un ritorno in sede centrale. VINCENZO SCOTTI. La prima delle quattro domande che desidero rivolgere fa riferimento all'omicidio Lima e alle indagini in corso: qual è l'accertamento compiuto ed ancora in corso relativo alle prestazioni dell'onorevole Lima nei confronti delle famiglie mafiose? L'ordinanza Pag. 223 fa riferimento essenzialmente al maxiprocesso e a quello che è avvenuto ma vorrei sapere se siano emerse altre questioni durante le indagini riguardanti appalti ed altri tipi di prestazioni. Sono emersi altri elementi dello "scambio" in riferimento all'onorevole Lima? La seconda domanda si aggancia a quell'abbattimento di credibilità e onorabilità attuato nei confronti del giudice Falcone. Vorrei sapere se al riguardo siano stati individuati nuovi elementi. Per la terza domanda faccio riferimento a pagina 37 dell'ordinanza, laddove, a proposito della richiesta di applicazione di misure cautelari da parte dei quattro PM, si dice: "Il Marchese ha poi aggiunto una notizia di estremo interesse per la comprensione dell'attuale strategia dei corleonesi, solo apparentemente incuranti delle conseguenze delle loro azioni". A pagina 38, inoltre, si legge: "E che tale ragionamento del Madonia non fosse per nulla illogico fra il giugno ed il luglio 1992 può desumersi dal fatto che, proprio in quel periodo, pur dopo la strage di Capaci, negli ambienti parlamentari, forensi e perfino giudiziari, nonché nei mezzi di informazione, si andava ricreando un clima favorevole ad una revisione del cosiddetto decreto Martelli dell'8 giugno 1992, volta a snaturarne l'efficacia e l'originario rigore". Poiché si tratta di due affermazioni precise - "estremo interesse" e "attuale strategia" - vorrei sapere se vi siano ulteriori elementi di approfondimento. D'altra parte, dottor Natoli, lei stesso ha sottolineato che è la prima volta che un corleonese parla e pone tali questioni. La quarta domanda riguarda ancora l'omicidio Lima, anche se nell'ordinanza gli omicidi successivi, fino a quelli di Salvo, Falcone e Borsellino vengono inseriti in un'unica strategia, sia pure articolata e diversificata, come lei stesso ha dichiarato prima. Vorrei sapere se dalle indagini attualmente in corso risultino ulteriori elementi relativi al punto centrale del rapporto tra mafia e politica, al fine di comprendere i termini effettivi dello scambio e, quindi, della possibilità di toccare la strategia in corso ed il perverso rapporto instaurato ed instaurabile. FERDINANDO IMPOSIMATO. Desidero innanzitutto rivolgere un saluto ed un ringraziamento ai magistrati Spallitta e Natoli per l'importante contributo da loro offerto alla Commissione antimafia al fine di comprendere il rapporto tra mafia e politica. Credo di aver letto che Lima sarebbe stato ucciso per il fatto di non aver onorato l'impegno che aveva assunto nei confronti di Cosa nostra, nel senso di incidere sull'esito del processo. Tale affermazione mi spinge a rivolgerle due domande, la prima delle quali è la seguente: dobbiamo ritenere che Lima prima del maxiprocesso avesse avuto un ruolo importante sull'esito di altri processi che si erano svolti precedentemente? Da ciò si deduce che praticamente Lima fino a quel momento aveva onorato gli impegni con Cosa nostra nel senso di influire, a certi livelli, sulla magistratura per determinare il dissolvimento e la disgregazione dei processi. Il secondo quesito nasce dal fatto che Totò Riina avrebbe incaricato alcuni emissari di pagare ingenti somme di denaro a Roma per ottenere un buon risultato. Non si è capito se tale azione integrasse quella svolta da Lima o si muovesse nella stessa direzione. Se è possibile avere una risposta senza violare il segreto istruttorio e senza influire sul buon esito delle indagini, sarebbe opportuno chiarire questo aspetto e, soprattutto, se una parte della magistratura abbia avuto un ruolo sull'esito dei processi che hanno preceduto il maxiprocesso ed anche su quest'ultimo. VITO RIGGIO. Nel confermare le domande dell'onorevole Scotti, insisto su una in particolare. Avete parlato di Lima come di un referente politico-giudiziario. Nel passaggio dalla vecchia alla nuova cupola, il referente rimane lo stesso? Come si evince dagli incontri con Bontade, con Buscetta ed altri, il referente ha Pag. 224 avuto un rapporto con la mafia che abbiamo sempre considerato perdente. Però Riina dice ai suoi, che lo ripetono - la testimonianza di Marchese è in questo senso -, che ci si rivolge sempre alla stessa persona. Vi sono elementi che facciano pensare che in realtà, oltre all'onorevole Lima, che secondo queste dichiarazioni era stato punto di riferimento della mafia perdente, vi possa essere un cambiamento, con la ricerca di referenti diversi? Sono convinto che, come voi sostenete, stia continuando una strategia di resistenza in risposta agli interventi legislativi e governativi compiuti negli ultimi anni. Come si inserisce in questa strategia - questo ragionamento lo ha citato il dottor Natoli e lo ha ripreso l'onorevole Scotti - il discredito di Falcone? Cosa vuol dire e come si pensa che si potesse esercitare, in che modo e in quale direzione, tale discredito? ALFREDO GALASSO. Vorrei fare alcune domande che, nella mia intenzione, rappresentano punti all'ordine del giorno di una discussione, diciamo anche di un confronto e di una collaborazione, che credo parta qui ma non possa esaurirsi qui. Manifesto, ma senza ombra di polemica - è un dato di fatto - tutta la mia insoddisfazione per il fatto di trattare una materia così delicata e complessa con i magistrati che ne sono protagonisti, e anche con tanti parlamentari che ne sono protagonisti, nell'ambito di una serie di domande da mettere insieme e di risposte senza interlocuzione. Poiché la mia non è una polemica ma soltanto una constatazione, considero queste domande come punti all'ordine del giorno di un rapporto che ritengo debba avviarsi in maniera corretta, ciascuno nell'ambito delle proprie competenze, tra Commissione e magistratura, e particolarmente la procura distrettuale di Palermo. La mia prima domanda è una richiesta che avevo già formulato precedentemente in Commissione, e che ripeto: abbiamo ricevuto dalla procura di Palermo i verbali di alcuni interrogatori dei pentiti Mutolo, Marchese, Messina e Spatola, carichi di omissis che rendono estremamente difficoltosa la lettura e la comprensione. Chiedo se sia possibile avere la copia integrale ed eventualmente perché gli omissis siano stati mantenuti. Anche perché - ed è la seconda domanda che pongo - in alcuni passaggi, in particolare in uno di Mutolo, vi è un'esplicita riserva di riferimenti a fatti e personaggi che attengono al rapporto tra Cosa nostra e la politica; è possibile presumere siano negli omissis successivi ma è anche possibile che Mutolo si sia riservato di parlarne successivamente. Questo non è tema di poco conto perché il dottor Spallitta e il dottor Natoli sanno bene qual è l'argomento dell'inchiesta che stiamo trattando in questo momento. L'insieme degli atti giudiziari mi dà la sensazione che si sia concentrata su Lima ucciso, quasi una sorta di capro espiatorio, una storia che è lunga, complessa e che ha molti altri personaggi. Siccome qui non ci interessa la rilevanza penale bensì la conoscenza dei fatti, delle trame e delle relazioni, è del tutto evidente che, al di là degli stessi nomi formulati e ricorrenti nella richiesta e nell'ordinanza, vi sono altri referenti. Quali sono, oltre a Lima? Il che significa quali altre trame e quali altri fatti a prescindere dal maxiprocesso, su cui rivolgerò una domanda specifica. Riprendendo le cose che diceva il collega Riggio, questo significa anche porsi un problema. In un passaggio significativo degli interrogatori di Marchese si dice: reazione dello Stato di fronte all'omicidio di Salvo Lima? Non ricordo esattamente la risposta ma il senso era senz'altro questo: siamo abituati a costituirci comunque una solida base politica. Peraltro, credo che molti di noi ricorderanno che allorché Liggio decise di lasciare la campagna e di aggredire la città con la speculazione urbanistica, uccise, anche per ragioni di vendetta, Navarra ma in quel momento aveva già Ciancimino come referente politico. Dunque, considerato che non si tratta di episodi isolati, credo si debba conoscere Pag. 225 se si sia definitivamente concluso il capitolo dei rapporti tra mafia e politica, e da questo punto di vista può essere importante il problema dei nomi e dei cognomi ma lo è di più comprendere in che direzione si sta andando. Vorrei adesso richiamare l'attenzione su un altro punto di natura giudiziaria, il quale ha sì un peso politico ma soprattutto istituzionale: poiché le rivelazioni in corso, quindi non ancora compiute, incidono sui processi in atto che sono giunti persino in dibattimento, credo sia giusto che in merito ai medesimi la procura distrettuale ci faccia conoscere la sua strategia. Mattarella-bis, Mattarella-ter? Riaprire l'istruttoria? E in caso affermativo in che termini? Sono elementi di non poco conto quelli che stanno emergendo, alcuni a conferma, altri a rettifica, altri ancora in contrapposizione. Lo stesso maxiprocesso sarà riaperto, è già in atto il processo Mattarella-Reina-La Torre, nonché il processo contro uno degli autori materiali dell'assassinio del colonnello Russo. Vi sono, dunque, problemi di non poco conto, i quali attengono proprio al funzionamento corrotto della macchina della giustizia e della macchina processuale in particolare. Un argomento che considero centrale ai fini del nostro lavoro è quello relativo alla strategia. Il dottor Natoli ha lanciato un avvertimento con parole cariche d'allarme, che voglio rimarcare fortemente, e che in quest'aula sono suonate in modo molto pesante, allorché ha sottolineato l'evoluzione della strategia militare di Cosa nostra, la quale è passata dall'omicidio puntuale alla strage, dalla strage all'omicidio puntuale. Ciò è verissimo perché la diversità delle modalità di esecuzione dei delitti è un messaggio che Cosa nostra ha indirizzato negli anni. A me sembra di comprendere che oggi questa strategia militare si estrinsechi in un'operazione, che definirei di annientamento o di sterminio, conseguente agli esiti del maxiprocesso. Vorrei essere certo di questo, vorrei essere certo del fatto che ci si sta attrezzando compiutamente in questa direzione, per evitare, come altre volte è accaduto, di trovarci del tutto sprovveduti e a dover poi piangere lacrime e sangue. Ma oltre ad interrogarmi sulla strategia militare di Totò Riina, di chi comunque dirige Cosa nostra o di schegge impazzite - e non per questo meno pericolose -, mi chiedo anche se oggi vi siano elementi per individuare una strategia politica di Cosa nostra. Infatti, un conto è chiudere - anche in maniera sanguinaria, si dice - la partita apertasi con il maxiprocesso, un altro è conoscere la strategia politica di Cosa nostra... LUIGI ROSSI. La domanda, per fa-vore! ALFREDO GALASSO. E' questa la domanda, onorevole Rossi. Stiamo parlando di cose piuttosto complicate, non possiamo cavarcela con una battuta! Mi stavo chiedendo se vi siano elementi per individuare l'attuale strategia politica di Cosa nostra, per comprendere in che contesto si inserisca, anche perché credo siano ovvi i collegamenti di tale questione con un certo tipo di forze politiche o di esponenti politici di oggi. Comprendo le preoccupazioni del presidente ma in questo momento non posso non farmi carico delle preoccupazioni dell'opinione pubblica, che in qualche modo rappresentiamo. Chiedo che già in questa sede sia fatta chiarezza, chiedo che nei limiti in cui il segreto istruttorio ce lo consente, qualche zona di opacità scompaia: mi riferisco alla vicenda degli appalti, già richiamata dal collega Scalia, e alla necessità di conoscere lo stato degli atti, in quanto è doveroso eliminare tutti i possibili polveroni. MARCO TARADASH. Rispetto all'impostazione complessiva dell'ordinanza, che fa perno sulla figura di Salvo Lima, prima di formulare una domanda vorrei esprimere una valutazione. Nel mondo politico, l'uccisione di Lima per i mancati servizi resi credo che oggi terrorizzi i nuovi referenti della mafia. Ciò che vorremmo capire è se vi Pag. 226 sia o meno un'idea a proposito dei nuovi referenti politici, perché la storia di Salvo Lima è interessante ma si rischia di relegarla all'archeologia della mafia, se non ci si chiede per quale motivo non sia stato mai inquisito, considerato che da trent'anni a questa parte tutti sostenevano che fosse il referente della mafia. Oggi, in un momento in cui vi è grande disordine sia sotto il cielo politico sia sotto quello mafioso, Lima diviene il punto di riferimento di tutti gli intrighi perpetrati. Francamente, per me questo modo di ragionare non è soddisfacente. Vi chiedo quindi se riteniate o meno che al posto di Lima vi sia qualcun altro. Vorrei sapere se vi siano indagini in questo senso e se le parole dei pentiti in merito a tali vicende non debbano essere valutate con un certo sospetto, contrariamente a quanto è scritto nell'ordinanza, dove sono espressi grandi elogi nei confronti dei collaboratori della giustizia finalmente schieratisi dalla parte dello Stato democratico. Eppure, l'unico servizio concreto che essi hanno reso è stato quello di formulare accuse, neanche circostanziate, in merito all'operato di Salvo Lima. Sono preoccupato di ciò che è stato detto, e cioè che mancano fatti concreti rispetto allo scambio tra mafia e politica. Mi rende perplesso il fatto che non vi sia nessun riferimento, né sugli appalti né su una legge proibizionista, che può favorire il mercato mafioso della droga. Un altro aspetto che credo debba essere evidenziato è relativo al problema dello scambio tra magistratura e mafia. Anche senza considerare il versante di Catania - che pure dovremo valutare - nella stessa ordinanza si sottolineano le aspettative dei mafiosi sia dalla corte d'appello sia dalla Cassazione. La domanda che rivolgo è la seguente: è stata aperta una procedura d'inchiesta dinanzi al Consiglio superiore della magistratura o in altra sede rispetto al funzionamento della corte d'Appello di Palermo, all'eventuale inquinamento mafioso all'interno della magistratura palermitana a seguito delle precise o imprecise accuse dei pentiti? Emerge sempre un solo nome, quello del giudice Carnevale! Dalla stessa ordinanza, ciò che non si riesce a comprendere bene è se da Carnevale i mafiosi si attendessero l'assoluzione in quanto la sua dottrina giuridica portava a ritenere necessario per la condanna anche un riscontro materiale; la I sezione ha invece sostenuto che tale riscontro non era necessario, che a determinare la condanna era sufficiente l'accusa del pentito, se attendibile, e che per individuare responsabilità collettive erano sufficienti la visione del quadro complessivo della cupola e del controllo territoriale. Si tratta di una dottrina giuridica che personalmente considero gravissima, non soltanto rispetto alle libertà individuali ma anche rispetto alla comprensione del fenomeno mafioso. Comunque, dal momento che Carnevale viene individuato come il referente, mi chiedo se tra lui e la "terra ferma" vi sia qualcos'altro, così come mi chiedo se nel mondo della politica tra Lima e la "terra ferma" non vi sia assolutamente nulla nelle inchieste e nelle denunce dei collaboratori. Il dottor Natoli ha sottolineato le profonde modificazioni portate da Riina all'interno della struttura mafiosa, per cui da una democrazia - è questo il termine che ha usato, e che personalmente non considero appropriato - si è passati alla oligarchia ed alla dittatura. Il fatto che quest'ultima esista, comunque, non pone in discussione le valutazioni sulla corresponsabilità di tutti i membri della cupola e dei capi mandamento rispetto a certe decisioni, scelte ed omicidi, tant'è che addirittura si sostiene che anche se non vi era un accordo preventivo la mancanza di successivi dissensi e di guerre mafiose può considerarsi un elemento di prova del consenso stesso. Ma poichè sappiamo che la dittatura esclude il consenso, vorrei comprendere meglio le affermazioni del dottor Natoli. Ho letto un'affermazione del giudice Caponnetto, il quale sostiene che un pa-store come Riina non può essere il capo di Cosa nostra. Anche in merito a tale Pag. 227 affermazione desidererei una valutazione da parte dei dottori Spallitta e Natoli. Per quanto riguarda le elezioni del 1987, ritengo che il collega Matteoli non abbia letto bene l'ordinanza, in quanto in essa non è detto che i mafiosi cercavano nuovi referenti politici in partiti diversi dalla democrazia cristiana ma soltanto che quest'ultima fungeva da referente. E' per dare un segnale alla democrazia cristiana che il voto si sposta in un primo momento sul partito socialista e sul partito radicale, ma a proposito di quest'ultimo sembra - stando alle affermazioni di un pentito - che Liggio dica di no, perché Marco Pannella è considerato personaggio troppo volubile, per cui non vale la pena dargli voti. LUIGI ROSSI. Dico subito che sarò particolarmente breve, anche se, oltre alle mie, dovrò formulare le domande del senatore Boso, il mio collega di partito che ha dovuto assentarsi dall'aula. Poiché in questa sede si è parlato di cupola, tenuto conto delle elezioni in corso a Reggio Calabria ed in altre zone del sud, desidero sapere se esista un'intesa tra la cupola siciliana e, per esempio, la Sacra corona unita, la 'ndrangheta, eccetera. Passando alla seconda domanda, leggo a proposito del maxiprocesso: "Il Madonia Giuseppe, infatti, proprio parlando dell'omicidio Lima e, in generale, dei delitti molto eclatanti, gli aveva spiegato che "loro" (i Madonia ed il Riina) non nutrivano eccessive preoccupazioni sulle conseguenti reazioni dello Stato, poiché in questi casi curavano prima di assicurarsi una "base forte" a livello di politici, intendendo così fare riferimento ad appoggi poltici che potessero "metterli al riparo" dalle possibili conseguenze". Chiedo pertanto (è una domanda di carattere generale): esistono eventuali connessioni - chiamiamoli patti di scambio - anche con alcuni magistrati? In secondo luogo: in quali ambienti si sarebbero svolte, per fare luce sullo stato attuale dei rapporti mafia-politica-affari esistenti specialmente in Sicilia? Continua questo approfondimento oppure ci si ferma fino a questo punto, pur dando ai pentiti la possibilità di continuare a parlare? Infine: poiché si è parlato di referenti politici, è possibile che ve ne siano stati alcuni in Sicilia che, attraverso la mafia, abbiano determinato anche il delitto Dalla Chiesa? PIETRO FOLENA. Vorrei porre anzitutto la seguente domanda: sulla base del quadro fornito dai nuovi collaboratori, siete in grado di esprimere un giudizio più compiuto sul ruolo delle cosiddette "stidde" e degli "stiddari"? Siamo già di fronte ad una organizzazione, come qualcuno ha ventilato, che forse può arrivare a contrapporsi all'organizzazione di Cosa nostra? A proposito del ruolo dei cugini Salvo - mi pare sia stato affermato che erano membri dell'organizzazione di Cosa nostra -, essi intervengono (la notizia è riportata anche nell'ordinanza) per sollecitare la nomina di Flenda a direttore del Banco di Sicilia. Non si può configurare - vorrei conoscere il vostro giudizio su questo punto - accanto all'interesse di Cosa nostra intorno al rapporto con gli ambienti politici, in modo particolare con quelli vicini all'onorevole Salvo Lima, un interesse diretto rispetto al mondo bancario, finanziario e degli appalti? In merito ai delitti politici, è in corso il processo per quelli di Reina, Mattarella e La Torre e già la parte civile del PDS ha chiesto l'acquisizione degli elementi nuovi che risultano dalle rivelazioni di questi collaboratori. Sarei tuttavia interessato a conoscere il vostro giudizio rispetto alla requisitoria sulla cui base si è andati a questo dibattimento; vorrei sapere se rispetto agli elementi tracciati allora - circa un anno fa - siete in grado di disegnare un quadro di riferimento più largo e più stringente, anche relativamente al ruolo di alcuni mediatori politici. E' stato ucciso l'onorevole Salvo Lima. Si fa riferimento agli ambienti politici, alla corrente - diciamo così - che si Pag. 228 collega all'onorevole Lima. Siete in grado di escludere che già nel corso degli ultimi anni e poi con l'uccisione di Lima Cosa nostra sia andata alla ricerca o abbia già trovato nuovi referenti politici nello stesso o in altri partiti? Avete rivisto le dichiarazioni dei collaboratori Spatola e Filippello? Spatola, tra l'altro, è uno di quelli che vengono considerati attendibili; credo che il dottor Borsellino lo considerasse particolarmente attendibile. Nell'estate dell'anno scorso furono rese dichiarazioni, a partire dalle quali sorsero anche polemiche interne alla magistratura trapanese, che chiamavano in causa alcuni uomini politici siciliani (Gunnella, Mannino, Reina e Pizzo), di cui si occupò la procura distrettuale. Rispetto al rapporto tra Cosa nostra e l'onorevole Lima in funzione (come dice il pentito Messina ad un certo punto in modo esplicito) di garante, non si può immaginare che questa funzione di garanzia per quello che riguarda aspetti di politica nazionale potesse essere svolta senza ulteriori passaggi e rapporti tra l'onorevole Lima e i suoi referenti nazionali. Siete in grado di segnalare da questo punto di vista elementi che permettano di dire che questo rapporto non si verificava solo in Sicilia, ma aveva anche una ricaduta nella politica nazionale? Mi riferisco in particolar modo al ruolo che la corrente cui si collegava l'onorevole Lima, che fa capo al senatore Giulio Andreotti, può avere svolto. Durante il dibattimento in corso sui delitti politici si è tornati a discutere di alcuni aspetti relativi a settori dei servizi segreti. E' stato sentito l'ammiraglio Martini, che ha ammesso l'esistenza dal 1986 di una sezione siciliana di Gladio; non solo, ha anche ammesso che dal 1976 l'onorevole Pio La Torre non fu più seguito così come era avvenuto nella fase precedente, ma passò ad un ufficio riservato, organo occulto che ne controllava fino al momento del suo assassinio, i movimenti, gli spostamenti, le azioni. Vorrei domandare se in rapporto a questi fatti e anche a quanto ha avuto modo di dire la famiglia Mattarella e la vedova Irma Chiazzese su una certa reticenza nella deposizione dell'allora ministro dell'interno onorevole Rognoni, e in base agli elementi che avete raccolto fino a questo punto vi sia possibile prospettare in qualche forma anche coinvolgimenti di settori deviati o di persone che possono essere state legate ai servizi. Si è letto in proposito a più riprese sulla stampa - è stato anche detto alla televisione - che l'ex sindaco di Palermo Insalaco, poi assassinato, sarebbe stato membro di questa Gladio siciliana o dei servizi; l'altro giorno, se non erro, il pentito Calderone ha affermato che l'ex sindaco Insalaco era stato eletto con voti mafiosi. Siete in grado di dire qualcosa di più sui livelli medio-bassi del rapporto mafia-politica? I collaboratori hanno disegnato un quadro (evidentemente, siamo qui attorno alla vicenda dell'omicidio dell'onorevole Lima); altre inchieste sono in corso, ma per quanto riguarda alcune province sarei interessato a conoscere il vostro giudizio sul grado di diffusione del rapporto mafia-politica. Mi riferisco in particolar modo alla provincia di Caltanissetta perché mi risulta che il pentito Messina abbia fornito... GIOACCHINO NATOLI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la Direzione distrettuale antimafia di Palermo. Su Caltanissetta non siamo informati. PIETRO FOLENA. Non chiedo elementi specifici, ma desidero conoscere il quadro. Vorrei conoscere il vostro giudizio sul merito dello scritto anonimo che circolò a Palermo nelle prime settimane successive alla strage di Capaci. Non mi riferisco al lato dell'inchiesta che so essere stata aperta: mi interessa un giudizio sul merito, sul quadro che disegnava tale anonimo. In ordine alla massoneria, siamo di fronte proprio in questi giorni a nuove inchieste piuttosto rilevanti che coinvolgono le logge massoniche. I giornali sono Pag. 229 tornati a parlare della loggia di via Roma - tra l'altro, questo era uno degli argomenti dell'anonimo - e del ruolo di Pino Mandalari. Vorrei sapere se esistano al riguardo accertamenti specifici e se esista da parte vostra un riferimento al rapporto mafia-massoneria e non solo mafia-politica-affari. PRESIDENTE. Poiché le domande poste e le questioni sollevate sono moltissime e di grande rilievo, faccio presente ai magistrati Spallitta e Natoli che è loro facoltà riservarsi di completare per iscritto le risposte. ACHILLE CUTRERA. Vorrei domandare se da quanto è stato accertato e valutato fino ad ora appaiano elementi che portano a rapporti di Cosa nostra con la 'ndrangheta calabrese a proposito del delitto Scopelliti. La mia domanda fa espresso riferimento a quel cenno da voi fatto alla magistratura. Il procuratore Spallitta ha distinto fra i partiti di Governo presenti a Catania e la democrazia cristiana presente a Palermo; desidero avere ulteriori chiarimenti al riguardo, più specificatamente sui singoli candidati che partecipano alle competizioni regionali e nazionali. GIROLAMO TRIPODI. La prima domanda che intendo rivolgere riguarda il problema posto dalle rivelazioni dei pentiti a proposito della garanzia dell'impunità per i mafiosi; in particolare da quelle sull'azione di neutralizzazione della corte d'appello di Palermo condotta nei confronti della prima sezione della Corte di cassazione presieduta dal giudice Carnevale il quale, come è noto, nel corso degli ultimi anni ha annullato decine di sentenze di condanna nei confronti di cosche mafiose, di appartenenti alla 'ndrangheta e alla camorra. Si dice che Lima sia stato il garante anche attraverso i suoi rapporti con il suo capocorrente Andreotti, uomo politico che ha sempre fatto parte dei Governi sia nella veste di Presidente del consiglio sia in quella di ministro. Vi sono elementi più precisi per delineare eventuali responsabilità? La seconda domanda riguarda la corte d'appello di Palermo. Vorrei sapere a chi vadano attribuite le dichiarazioni secondo cui le parole dei pentiti neutralizzavano l'impegno della magistratura. Vorrei conoscere ulteriori elementi sui rapporti con la 'ndrangheta. Alcuni pentiti hanno confermato le dichiarazioni di esponenti mafiosi della provincia di Reggio Calabria sul fatto che essi avevano tutti i mezzi per influire sulla Corte di cassazione per ottenere gli stessi risultati raggiunti dagli affiliati a Cosa nostra di Palermo. Fra i pentiti non è stato nominato un certo Marasco di Rosarno, che proprio in questi giorni è al centro di un processo che si sta svolgendo a Palmi contro alcune cosche della piana di Gioia Tauro. Si è detto che nel 1987 i voti sono stati dirottati - attraverso una decisione assai inquietante assunta nel carcere dell'Ucciardone - dal partito della democrazia cristiana, che in quel momento dimostrava titubanza nel suo tradizionale impegno di protezione della mafia, verso il partito radicale. Avete potuto riscontrare se tale "dirottamento" di voti si sia realmente verificato? Infine, l'ultimo quesito riguarda i rapporti tra Cosa nostra e massoneria. CARLO D'AMATO. Poiché molti dei colleghi che mi hanno preceduto hanno rivolto gli stessi quesiti che io avrei posto, desidero porre una domanda sulla questione dei pentiti, in particolare sulla loro attendibilità sia dal punto di vista personale sia in rapporto alle leggi fissate in materia. L'ordinanza trasmessa alla Commissione contiene, da una parte, valutazioni sui riscontri effettuati dai magistrati circa l'attendibilità dei pentiti e, dall'altra, i criteri posti alla base della sentenza della Corte di cassazione. Non sono un esperto di mafia ma da più parti ho raccolto voci circa l'inattendibilità di uno di questi pentiti, Rosario Spatola, il quale nell'ordinanza viene invece ritenuto credibile e che per alcuni Pag. 230 aspetti viene definito un infiltrato della polizia. A costui vengono anche attribuite talune considerazioni che non sono obiettivamente oggetto di riscontro. Mi risulta fra l'altro che persone nominate da Spatola siano nella condizione di dimostrare in maniera chiara l'inattendibilità delle sue dichiarazioni. Tutto ciò avrebbe richiesto da parte della magistratura una verifica maggiore perché se giustamente vi è un certo riserbo in merito ai rapporti tra i magistrati di Palermo e di Catania, lo stesso riserbo dovrebbe valere quando si definiscono fondate ed attendibili le dichiarazioni di pentiti che espongono una serie di uomini politici. Il dottor Natoli non si è esentato dal fare una serie di valutazioni di ordine personale, che poi sono l'oggetto dei lavori di questa Commissione, sugli aspetti non strettamente giudiziari dei rapporti tra mafia e politica. In particolare, egli ha detto che in base alla sua esperienza il fenomeno mafioso oggi si è evoluto perché, conclusasi, con l'uccisione di Lima, una certa fase di riferimento ufficiale, evidentemente sono saltati tutti gli equilibri. Ciò non è ipotizzabile, a meno che non si tratti di altre strategie. Ripeto che mi riferisco alla sua esperienza e vorrei un suo giudizio personale, se ritiene di esprimerlo. Occorre tenere conto anche di un altro dato contenuto nell'ordinanza di cui ci stiamo occupando e che rappresenta un aspetto assai preoccupante; mi riferisco ai rapporti con la magistratura, perché i rapporti erano trilaterali: partiti, Cosa nostra e un punto di riferimento finale, cioè la magistratura. Nelle dichiarazioni di Marchese si rileva che vi erano due livelli di interventi, uno di secondo grado, probabilmente la Corte d'appello di Palermo, e poi quello della Cassazione. A questo riguardo, il procuratore Spallitta ha usato un termine obiettivo, parlando dell'"eccessivo formalismo" che poteva essere la garanzia di uno stravolgimento di una sentenza. Se questo fosse stato, che tipo di mediazione doveva avere Lima con la magistratura? Se quella era la cultura giuridica che ispirava l'azione di un magistrato, che uniformava la sua azione in una disamina obiettiva dei vari passaggi procedurali per arrivare all'annullamento delle sentenze, che bisogno c'era di Lima? Carnevale, obiettivamente, è il punto di riferimento, almeno stando ai dati che emergono, alla storia delle decisioni assunte dalla Corte di cassazione ed anche ad un'indicazione precisa sullo stralcio di un processo annullato dalla Cassazione. E' un teorema abbastanza preciso, e in questo quadro evidentemente emergono indagini anche a carico di Carnevale. E' un fatto talmente evidente che non può essere sottolineato soltanto come un dato appartenente ad una cultura formalistica: si fa infatti riferimento ad una serie di atteggiamenti e di decisioni addirittura anticipatori del disegno criminoso di cui Carnevale sarebbe stato il protagonista. Nel momento in cui si afferma che lo stralcio di un processo dimostra che questo sarebbe avvenuto se Carnevale non fosse stato rimosso, credo che una nostra conoscenza approfondita della questione debba essere definita. MASSIMO BRUTTI. Vorrei che fosse chiarito, in base alle attuali conoscenze, quali sono state e quali sono le concrete modalità del sostegno di Cosa nostra prima alla democrazia cristiana, poi al PSI, a entrambi o ad altri partiti. Nella sentenza di primo grado del maxiprocesso è contenuto un calcolo approssimativo in base alle dichiarazioni dei pentiti, e cioè che Cosa nostra fosse in grado di controllare, nella provincia di Palermo, circa 180 mila voti. Calderone ha parlato della famiglia di Santa Maria del Gesù che ha 200 affiliati, ciascuno dei quali controlla 40 o 50 voti. Chiedo quali siano i dati attuali e attraverso quali modalità i voti siano controllati. Esistono comitati elettorali di cui fanno parte uomini politici e mafiosi? Vale soltanto l'intimidazione? Ci sono capi quartiere che gestiscono pacchetti di voti e si fanno pagare? Vorrei sapere come funzionano in concreto questi rapporti. Pag. 231 Vorrei anche sapere se la procura della Repubblica di Palermo abbia dato seguito a due rapporti della Guardia di finanza del 1983 che segnalavano l'onorevole Salvo Lima come persona coinvolta in un traffico internazionale clandestino di armi. Di questi rapporti si dava menzione già in una sentenza di primo grado della corte d'assise di Caltanissetta per l'omicidio del giudice Ciaccio Montalto. Vorrei inoltre sapere, sulla base delle dichiarazioni dei collaboratori della giustizia, quali elementi vi siano, o se ve ne siano di ulteriori, a carico di singoli uomini politici menzionati in quelle deposizioni. Mi riferisco all'onorevole Mario D'Acquisto, all'ex deputato Egidio Alagna, attualmente segretario particolare del ministro della difesa Salvo Andò, e ad un collega eletto senatore nelle liste del partito socialista e il cui nome sarebbe menzionato da Rosario Spatola, cui faceva riferimento poco fa il collega D'Amato. Fra gli uomini politici citati ve ne è uno che ha avuto disavventure giudiziarie già in passato e che è uscito dalla democrazia cristiana. Mi riferisco a Di Fresco: vorrei sapere quale sia la sua posizione attuale anche sotto il profilo giudiziario. Vorrei porre ai magistrati di Palermo una domanda sulla struttura e sul modus operandi dell'organizzazione Cosa nostra. Sono stato colpito da due elementi che emergono dalle deposizioni richiamate anche nella richiesta di rinvio a giudizio. A pagina 103 della motivazione di richiesta di rinvio a giudizio si dice che i cugini Salvo di Salemi, oltre ad essere uomini d'onore, si trovavano in una collocazione particolare all'interno dell'organizzazione Cosa nostra poiché il loro vincolo di affiliazione era particolarmente riservato. Il fatto che fossero uomini d'onore e quindi membri di Cosa nostra non era noto a tutti gli appartenenti e io credo anche ad una parte dei suoi dirigenti. Ancora, a pagina 31, si fa riferimento ad analoga condizione di riservatezza nella quale si trovava Giuseppe Marchese, affiliato direttamente da Totò Riina. Vorrei capire in cosa consista questa particolare condizione di riservatezza, che mi ricorda un punto significativo delle dichiarazioni accusatorie del pentito Calderone. Il punto significativo si riferisce a cose dette da suo fratello, cioè al fatto che membri rilevanti dell'organizzazione mafiosa nelle diverse provincie fossero affiliati alla massoneria all'insaputa di molti altri componenti dell'organizzazione Cosa nostra. Per la provincia di Palermo, Calderone fa riferimento a due personalità del mondo mafioso, che tra l'altro in quello stesso periodo erano già in lotta tra loro, cioè Michele Greco e Stefano Bontade. Alcuni personaggi rilevanti delle diverse provincie diventano quindi massoni all'insaputa di una parte dell'organizzazione mafiosa e sono collocati in logge particolarmente riservate, coperte. Poiché questi diversi elementi suggeriscono la necessità di saperne di più, vorrei chiedere ai magistrati presenti se possano dirci qualcosa in proposito. Siamo di fronte ad elementi di struttura dell'organizzazione: particolare segretezza di alcuni affiliati a Cosa nostra, intersezioni tra Cosa nostra e logge massoniche. Chiedo anche se sia vero che esisteva un fascicolo giudiziario a carico di Giuseppe Mandalari, credo in seguito alla scoperta del piè di lista della loggia di via Roma e che fine abbia fatto, se sia intervenuta un'archiviazione e per quali motivi. Può darsi che si tratti soltanto di una supposizione priva di fondamento o anche solo di una voce (si sa quanto contino e spesso siano fuorvianti le voci nelle vicende palermitane), ma vorrei anche sapere se sia stata svolta una qualche forma di indagine sulla posizione e sul ruolo che può aver avuto Pino Mandalari in relazione al delitto Scopelliti. Inoltre, vorrei sapere quali fossero i rapporti tra i corleonesi e Lima, perché dai testi che abbiamo letto in questi giorni risulta una sorta di asimmetria: Ciancimino è più direttamente l'interlocutore politico dei corleonesi e tuttavia questi puntano su Lima per arrivare a Carnevale. Vorrei capire meglio come si configurassero i rapporti tra i corleonesi, Lima, Roma Pag. 232 e gli interlocutori politici più congeniali ai corleonesi come appunto era ed è Ciancimino. Su Carnevale sono state avviate indagini, esiste un fascicolo? Mutolo afferma che Giangiacomo Gambino gli aveva detto che il presidente Carnevale era per loro la massima garanzia e aveva citato una decisione che in effetti rimane scandalosa nella storia giudiziaria del nostro paese, cioè quella relativa alla sentenza sull'omicidio del capitano Basile: è stata scandalosa perché è l'unico caso di annullamento per quelle ragioni. Subito dopo, le sezioni unite si pronunciano in modo diverso. Rimane l'unico caso, però è bastato a far saltare un processo di quella rilevanza e ha posto le premesse per l'omicidio Saetta. GIUSEPPE MARIA AYALA. Vorrei una riflessione dei giudici di Palermo su quello che è il dato processuale più significativo. E' inutile negare che i pentiti hanno sempre dato un grande aiuto. Naturalmente, sorge sempre il problema della gestione processuale del pentito, che non è il Vangelo: guai ad andargli dietro e lasciarsi portare dove lui vuole, ma questo è un problema diverso, riguardando la professionalità del giudice. Non c'è dubbio che un notevole salto di qualità lo abbiamo raggiunto, sette od otto anni fa, grazie ai pentiti, che però si fermavano quasi tutti - come se una sorta di parola d'ordine avesse attraversato il circuito di collaborazione - sulla soglia dei rapporti tra mafia e politica, che nessuno negava (basti ricordare quanto ha detto Buscetta) ma che non si riteneva potesse essere superata. Vi sono due fatti che mi sembrano molto importanti, su questo che è, ripeto, un terreno decisivo dal punto di vista processuale. In primo luogo, dopo un periodo di contrazione del numero di collaboratori, siamo passati ad una fase - per fortuna, per le sorti della giustizia - di proliferazione. In secondo luogo, a questo fenomeno si accompagna un salto di qualità, cioè finalmente il mistero sui rapporti tra mafia e politica comincia ad essere svelato. Il collega Natoli, giustamente, faceva prima riferimento ad un effetto che potrebbe derivare dalla legislazione sui pentiti, che peraltro - vale la pena ricordarlo - fu richiesta da un documento che portava anche la mia firma nel 1984. Sono perciò pienamente convinto che questa legislazione ha un suo peso, ma vorrei sapere se secondo i colleghi giudici non vi siano anche altri fattori concomitanti, il che può apparire di una certa importanza sul piano delle previsioni che si possono fare per il futuro. E' possibile che questa corsa al pentimento sia determinata anche da una sorta di ribellione all'eccessivo tasso dittatoriale che indubbiamente è presente all'interno dell'organizzazione? Sono affezionato a questa ipotesi perché l'ho scritta nel 1988 nei motivi d'appello del maxiprocesso, come ipotesi futuribile. Mi piacerebbe accertare se si stia verificando, non tanto per soddisfazione personale, che è del tutto marginale e secondaria, quanto perché questo è un modo attraverso il quale capire lo stato interno dell'organizzazione. Ho l'impressione, ripeto, che questa corsa al pentimento sia dovuta anche al rifiuto di soggiacere ad un potere che si fonda sulla violenza e sul terrore anche all'interno, e quindi porta al discorso dell'implosione cui si è fatto riferimento. Un'altra ipotesi da non sottovalutare - mi piacerebbe avere il conforto dei giudici di Palermo - è se per caso una delle ragioni per cui si preferiva non parlare dei rapporti tra mafia e politica era il timore di una reazione del sistema politico, mentre oggi si ritiene di poterlo fare perché si è preso atto che il sistema tradizionale dei loro referenti è indebolito e, tutto sommato, forse non bisogna temere alcuna reazione, o comunque nessuna delle reazioni che si temevano prima. MAURIZIO CALVI. Salvo un intervento, alla Commissione sembra sfuggire il senso e la portata della dichiarazione Pag. 233 clamorosa del dottor Natoli circa il senso della svolta della strategia mafiosa, verificatasi all'interno di Cosa nostra con l'uccisione di Falcone, di Borsellino e di Salvo Lima, la quale può portare ad un nuovo periodo di sangue e di terrore. Dottor Natoli, quando lei sottolinea il fatto che potrebbe saltare un intero quartiere, credo che intenda far riferimento ad una strategia a più alto tasso di scontro, dalle conseguenze nefaste. Vorrei chiederle se il senso e la portata delle sue parole derivino dalla sua sensibilità, dalla conoscenza di Cosa nostra circa le sue scadenze, il suo muoversi ed il suo atteggiarsi o se, invece, questo suo clamosoro giudizio sia conseguente a nuovi ed ulteriori elementi di cui sta venendo in possesso soprattutto tramite l'uso del fenomeno del pentitismo. In quest'ultimo caso, infatti, la Commissione antimafia ritengo che abbia il dovere, stante la gravità della sua dichiarazione, di informare immediatamente il Presidente della Repubblica, il Presidente del Consiglio dei ministri ed il ministro dell'interno per capire se l'ipotesi da lei formulata possa, in qualche modo, essere studiata più attentamente al fine di evitare il disastro che lei paventa nella già tragica realtà siciliana. SANTI RAPISARDA. Si parla dei vertici di Cosa nostra come di persone intelligenti, furbe ma ignoranti. Alla luce di ciò desidero sapere se si sappia qualcosa a proposito dei consiglieri di Cosa nostra, cioè avvocati, commercialisti e altri professionisti che li assistono. SAVERIO D'AMELIO. Anzitutto, desidero ringraziare i magistrati presenti per il contributo notevole che hanno offerto al lavoro della Commissione. Voglio anche ringraziare tutti coloro che si sono impegnati per acquisire i dati che fanno parte dell'ordinanza sul caso Lima. Anche riflettendo su ciò che è stato detto da chi mi ha preceduto - mi riferisco, in particolare, ad un'affermazione del collega Ayala - considero anch'io positivo il fatto che i collaboratori della giustizia non si fermino più ad limina, dinanzi ad una soglia, quasi fosse un muro invalicabile, però è sospetta questa improvvisa proliferazione di collaboratori e di pentiti, nonché la loro volontà di superare il muro dell'omertà, poiché tutto ciò potrebbe far sorgere il dubbio che ci si trovi di fronte ad una nuova strategia del pentitismo. Ciò premesso, la mia domanda è la seguente: non può essere che i pentiti di mafia si siano organizzati in modo che le loro dichiarazioni e rivelazioni corrispondano ad una strategia finalizzata non soltanto a destabilizzare la struttura mafiosa per costruire al suo interno nuovi assetti ma anche a far saltare i canoni tradizionali - il che è positivo, perché ci consente di fare passi in avanti nell'acquisizione delle notizie - e la strategia dello Stato democratico? Se così fosse, lo Stato correrebbe il rischio dell'ingenuità - mi si passi il termine - cioè di basare tutto il suo piano su dichiarazioni che comunque non sono puntuali e che in ogni caso lasciano dubbi in merito alla costruzione di un disegno organico e funzionale alle ragioni dello Stato stesso. D'altra parte, lo stesso Galasso, quando dice che le rivelazioni incidono su una serie di processi in atto evidenzia quello che può essere un altro argomento. Mi sorge allora un dubbio che esprimo: che i cosiddetti pentiti si siano passati la parola d'ordine per determinare un nuovo quadro che forse non è funzionale alla logica e alle finalità dello Stato democratico. Dobbiamo pertanto porre tutti attenzione a questo fatto e soprattutto i magistrati che hanno a portata di mano i pentiti; credo dunque che sia scontato sollecitare la necessità di procedere a nuovi riscontri rispetto a queste rivelazioni. SALVATORE FRASCA. Desidero anzitutto ringraziare anch'io i magistrati che hanno accolto il nostro invito e ci stanno ascoltando con tanta attenzione. Dalla loro relazione emerge che la mafia avrebbe deciso ad un certo momento di appoggiare, oltre che la DC, Pag. 234 anche il PSI ed i partiti di Governo. Mi domando: in una società pluralista come la nostra, dove chi è al Governo a Roma può trovarsi all'opposizione in Sicilia, essendo la mafia l'ombra del potere, è possibile che abbia avuto connivenze anche con i partiti che si definiscono di opposizione? Mi sembra infatti che la distinzione tra partiti di Governo e di opposizione sia una esemplificazione di comodo. Desidererei che venisse data autorevole risposta a questo interrogativo. In secondo luogo, non scopriamo adesso, sulla base dell'ordinanza di cui questa mattina si è abbondantemente parlato, che Ciancimino, Lima e ancor prima Gioia fossero uomini politici chiacchierati, avendo connivenze e collegamenti con la mafia. E' scritto nella prima relazione della Commissione Cattaneo. Che vi siano giudici chiacchierati è detto abbondantemente non soltanto nella letteratura che per comodità potremmo definire mafiosa ma anche nelle relazioni cui ho fatto riferimento, per non parlare poi di Michele Pantaleone, che non viene mai ricordato pur essendo stato uno dei più coraggiosi esponenti della lotta alla mafia, riportando nelle sue pubblicazioni nome e cognome. La domanda che pongo è la seguente: come mai lo Stato non è stato in grado di fare chiarezza su questi collegamenti con il mondo della politica e della magistratura? Una domanda nella domanda: perché del giudice Falcone si parla bene solo adesso, confermando il sistema secondo cui nel nostro paese un uomo deve morire per essere apprezzato? Come mai se ne parla bene soltanto adesso quando sappiamo che negli ambienti giudiziari palermitani e siciliani è stato torturato sul piano psicologico al punto tale da essere indotto a trasferirsi da Palermo a Roma? PAOLO CABRAS. Bisogna sempre dire chi, come e quando, altrimenti le indicazioni risultano generiche, si fa di tutta l'erba un fascio! SALVATORE FRASCA. Ho parlato di ambiente, non ho parlato della magistratura. Come fine conoscitore della lingua italiana sa che ho voluto riferirmi ad alcuni comparti della magistratura. Non ho inventato io queste cose, sono state dette nelle varie commemorazioni fatte a Palermo, a Catania e altrove da valorosi magistrati, come la stampa ha evidenziato e come tutti sappiamo; se volete posso esibire anche i ritagli dei giornali dove sono stati scritti questi fatti. Nel Vangelo è affermato un principio: è bene che un uomo muoia per la salvezza del popolo. Non conosco il giudice Carnevale, non l'ho mai visto, ritengo anche sia responsabile di qualche misfatto, ma credo che sulla sua persona si voglia far cadere la responsabilità di tutte le disfunzioni della giustizia del nostro paese. Dalla lettura dei giornali e delle riviste emerge, con riferimento alla famosa sentenza, il seguente itinerario: una cattiva sentenza in primo grado, una sentenza migliore in secondo grado, l'assoluzione o l'annullamento della stessa in terzo grado. Le responsabilità sono dunque maggiori ed è assurdo fermarsi su un solo nome. Dovremmo semmai chiedere agli illustri magistrati qui presenti - mi collego alla domanda di ordine più generale già formulata - se ritengono che la magistratura in Sicilia sia, sebbene parzialmente, inquinata e che cosa pensano di fare attraverso l'organo di autogoverno per il disinquinamento della magistratura siciliana. PRESIDENTE. Desidero dire ai colleghi che martedì ascolteremo i rappresentanti del comitato antimafia del Consiglio superiore della magistratura, per cui alcune delle questioni potranno essere poste in quella sede. ROMANO FERRAUTO. Sono state espresse considerazioni più che domande; ritengo che le valutazioni dovranne essere riformulate in una sede opportuna e successiva. A me è parso di cogliere questa mattina alcuni elementi inquietanti di svolta che mi inducono a rivolgere due domande alle quali non so quale risposta possa essere data. Si è parlato di Lima Pag. 235 che certamente non era un uomo isolato; poiché conosciamo i suoi contigui ed i suoi amici, mi chiedo se questi possano essere considerati i nuovi referenti ovvero se i nuovi referenti siano già altri. Mi chiedo cioè se la fase riguardante Lima sia da considerare preistoria perché ci troviamo in un'altra fase, quella della ricerca di nuovi referenti. Ai magistrati oggi qui presenti vorrei chiedere, se possibile, un'anticipazione sul movente dell'omicidio Salvo perché mi sembra che possa esservi un nesso estremamente significativo con l'omicidio Lima. PRESIDENTE. Intendo anch'io rivolgere tre domande ai magistrati Spallitta e Natoli, la prima delle quali è la seguente: esistono elementi sui rapporti tra Lima e Siino? Al riguardo ho avuto notizia di una recente informativa dell'Arma dei carabinieri direttamente rivolta alla procura della Repubblica di Palermo. La seconda domanda riguarda i cugini Salvo ed è di notevole importanza poiché Lima sarebbe stato ucciso in un quadro di vendetta per un mancato sostegno (probabilmente vi erano altri motivi ma questo sembra essere quello determinante), mentre riguardo a Salvo non si possono che formulare ipotesi. Quindi vorrei conoscere quelle avanzate dall'autorità giudiziaria a proposito di tale delitto. Nel replicare a talune insinuazioni tanto ingiuste quanto volgari nei confronti di alcuni magistrati della procura della Repubblica di Palermo, un comunicato stampa ha dichiarato che in questo momento tale procura è interessata da indagini riguardanti anche settori istituzionali deviati (viene usata una formulazione di questo genere). Anche a tale proposito chiedo un chiarimento. Nel ricordare ai magistrati Spallitta e Natoli che potranno inviare per iscritto le risposte alle domande alle quali oggi non possono rispondere, li informo che sarà cura della Commissione inviare loro il resoconto stenografico della seduta odierna affinché abbiano un quadro chiaro delle questioni sollevate. ELIO SPALLITTA, Procuratore distrettuale della Repubblica f.f. di Palermo. La qualità, la quantità, il contenuto ed i termini delle numerose domande che ci sono state rivolte non mi consentono di dare una risposta esauriente in questa sede, anche per ragioni di tempo dal momento che impegni imprescindibili a Palermo mi impongono di andare via non oltre le ore 13. Quando decidiamo su determinati argomenti teniamo conto delle situazioni processuali quali effettivamente risultano ed evitiamo di formulare ipotesi che poi non possano trovare addentellati precisi nei documenti o nelle testimonianze raccolte. Come giustamente qualcuno ha osservato, molte delle domande che ci sono state poste sono soprattutto considerazioni alle quali potremmo rispondere solo esponendo nostre idee o nostri sospetti personali, mentre non potremmo dare risposta se ci dovessimo riferire alle risultanze processuali. Per altro tipo di domande vorremmo effettivamente dare una risposta anche adesso ma ci sono motivi di strategia processuale, su cui potrà meglio parlare il collega Natoli, che ci impediscono almeno per il momento di soddisfare le legittime attese di questo nobile consesso. Considerati gli sbocchi che l'attuale pentitismo ci permette, possiamo arrivare a risultati che sicuramente non si sarebbero potuti ottenere fino a poco tempo fa, quando senza l'attuale legislazione premiale ci trovavamo di fronte ad un muro. Non dimentichiamo che un pentito ha detto spesso a Falcone - benché questi insistesse sulle connessioni tra mafia e politica - che non avrebbe parlato e che comunque non avrebbe potuto farlo fino a quando non avesse verificato quale clima politico si sarebbe instaurato in Italia. Rispondendo in maniera generica ad una delle ultime domande che ci sono state poste, sono convinto che sull'atteggiamento Pag. 236 dei pentiti influisca non solo la nuova legislazione che li riguarda ma soprattutto quel nuovo clima politico che si è venuto ad instaurare in Italia dopo le recenti elezioni. Non lo escludo, anzi penso che questo possa effettivamente influire su di loro; voglio però subito aggiungere che, almeno per quel che mi riguarda, nell'incarico che in questo momento ricopro, non sono abituato a giurare in verba magistri. Anche alla luce della recente sentenza della Corte di cassazione che ha giudicato sul primo maxiprocesso, noi siamo tenuti a valutare l'attendibilità dei pentiti sia sotto il profilo obiettivo, sia sotto quello soggettivo, sia sotto quello dei relativi riscontri tra le dichiarazioni rese da ciascuno di essi. Evidentemente, nel valutare l'attendibilità delle dichiarazioni dei pentiti riportate nell'ordinanza abbiamo tenuto conto anche dei riscontri effettuati nei processi precedenti. Questo è un criterio di valutazione di tipo giuridico al quale non ci possiamo sottrarre. Per quanto riguarda i fatti singoli relativi ad eventuali rapporti tra mafia e politici, vi sono indagini in corso e quindi non ritengo opportuno aggiungere altro perché tutto questo potrebbe portarci ad un pregiudizio. Ho detto fin dall'inizio che ci troviamo di fronte ad una "breccia" che molto probabilmente si potrà allargare; non sappiamo ancora quanto ci verrà riferito e quali ulteriori indagini occorrerà svolgere. E' certo però che, se avessimo avuto ulteriori e precisi elementi, non più coperti dal segreto istruttorio, da portare a base della nostra ordinanza, certamente li avremmo inseriti e molte delle domande che ci sono state oggi rivolte avrebbero potuto trovare risposta nell'ordinanza stessa. Per quanto mi riguarda, sono abituato a lavorare stando con i piedi per terra, anche nel rispetto e a tutela di tutte le garanzie dovute ai cittadini italiani, siano essi uomini politici o no. Per questo desideriamo andare avanti con la massima decisione e fermezza ma con la massima prudenza, approfondendo argomenti che per la prima volta - ce lo vorrete riconoscere - nella nostra ordinanza abbiamo affrontato in maniera molto più chiara e precipua, anche se determinati aspetti del connubio tra politica e mafia non sono stati ancora esaminati come meritano e come speriamo di poter fare. Ciò posto, ritengo che a determinate altre domande potrà rispondere il collega Natoli. GIOACCHINO NATOLI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la Direzione distrettuale antimafia di Palermo. Dopo la premessa esauriente del procuratore Spallitta, gran parte delle opportune ed interessantissime domande che sono state poste non può purtroppo avere risposta in questa sede, ad eccezione probabilmente di taluni aspetti in ordine ai quali, se il procuratore mi consente, tenterò di dare qualche risposta. Desidero sottolineare che mi dispiace moltissimo - come credo, anzi sono certo, dispiaccia al procuratore Spallitta e dispiacerebbe a qualunque altro dei colleghi del mio ufficio che si trovasse al mio posto - di non poter dare talune risposte, ma ricordava il procuratore Spallitta che abbiamo l'abitudine - consentiteci questa presunzione - di rispondere attraverso atti giudiziari. Mi meraviglia - mi consentirete la meraviglia - che taluno dei parlamentari abbia chiesto se c'era bisogno della nostra ordinanza per dire che l'onorevole Lima, il signor Vito Ciancimino e il defunto onorevole Giovanni Gioia erano personaggi discussi e discutibili e che bastava leggere la relazione Cattani. L'abbiamo letta, abbiamo letto anche quelle successive; personalmente - e credo di non essere stato il solo - sono un attento lettore anche delle relazioni di minoranza. Credo che la grande differenza tra quegli atti importantissimi e questo, recentemente fatto proprio dal giudice per le indagini preliminari di Palermo, risieda nel fatto che oggi vi sono fonti procedimentali, allo stato plurime e convergenti, che ci portano a dire che quelle che erano state le giustissime intuizioni e analisi fatte dai membri della Commissione antimafia di vent'anni fa Pag. 237 avevano visto bene. La differenza è che, purtroppo (questo lo dico da cittadino), non sono state tratte le possibili conseguenze dalle conclusioni delle precedenti Commissioni antimafia e si è dovuto aspettare che l'onorevole Lima venisse ucciso - purtroppo per lui - per poter dire le cose che la Commissione e comunque molti altri cittadini italiani autonomamente già pensavano, sulla base di quello che si poteva leggere e conoscere. Questo, verosimilmente, potrà valere anche per situazioni attuali. Molte domande erano incentrate sul punto - mi rendo conto interessantissimo - riguardante la presenza di nuovi referenti. La logica ci porta a dire che nuovi referenti vi saranno, anche se il riserbo che non può che contraddistinguere il nostro ruolo e le nostre risposte ci impedisce ovviamente di dare oggi adeguata risposta. Però, anche a nome dell'ufficio, vorrei tranquillizzare tutti in ordine alla portata delle indagini che attualmente la direzione distrettuale antimafia presso la procura di Palermo sta conducendo, indagini che si muovono su un ventaglio ampio di fatti o di ipotesi investigative. Tale ventaglio è stato ribadito anche nel documento recente e unitario che il presidente Violante ha avuto la bontà di ricordare poc'anzi e ci inducono (faccio pertanto da portavoce anche del pensiero dei miei colleghi) a dirvi: attenzione, siamo ad uno dei passaggi nodali della storia del nostro paese, abbiamo delle possibilità che questo passaggio sia favorevole per le istituzioni e speriamo di far diventare questa possibilità, con il contributo di tutti, una forte probabilità di sviluppo della democrazia nel nostro paese. Un eventuale risultato negativo, infatti, non solo sarebbe l'ulteriore risultato negativo ma farebbe anche venir meno la speranza che si è accessa in molti e che è una delle cose più importanti - è una valutazione personale - che ha indotto, induce e indurrà, mi auguro, i collaboratori della giustizia ad accettare di mettersi nelle mani di questo Stato. Qualcuno ha giustamente lanciato un allarme. Esiste una strategia dei pentiti per inquinare la strategia che lo Stato eventualmente sta ponendo in essere o mostra di voler porre in essere? Non posso dare una risposta, perché sarebbe ovvia: la strategia dei pentiti potrebbe essere tale o potrebbe essere definita così se la professionalità - scusatemi - di coloro che raccolgono determinate dichiarazioni consentisse a questi collaboratori di porre in essere impunemente ed efficacemente una strategia. Ma poiché tra coloro che raccolgono queste dichiarazioni ci sono anch'io, non vorrei assolutamente esprimere valutazioni sul mio modo di lavorare e sul mio operato. Comunque, un metro di riferimento c'è ed è stabilito dalla legge: le dichiarazioni di tutti i collaboratori della mulare alcune domande= =poiché lo stato della discussione è tale da non consentire lo= =svolgimento di considera normativamente stabiliti, che oggi hanno avuto anche il conforto dell'interpretazione della suprema Corte di cassazione sull'articolo 192 del nuovo codice di procedura penale. Quindi, diciamo che siamo nelle condizioni di poter essere immediatamente ed efficacemente "stoppati" laddove dovessimo, per mancanza di professionalità, per disavventura nostra o di altri, eventualmente, non accorgerci che i pentiti stanno ponendo in essere addirittura una strategia. Credo che in ciò stia la possibilità di fornire una risposta alla domanda avanzata dall'onorevole Scotti a proposito dei passi della nostra richiesta di ordinanza di custodia cautelare in cui si faceva riferimento al clima venutosi a creare, anche in Parlamento, tra l'emanazione del decreto-legge dell'8 giugno e la conversione in legge del medesimo. Purtroppo, è sufficiente leggere - come abbiamo fatto noi - le rassegne stampa di quei giorni per avere la prova che per motivi oggettivi - sottolineo questo termine - le giustissime preoccupazioni che esponenti di partiti politici, operatori della giustizia ed opinionisti potevano muovere o possono aver mosso in merito al "pericolo" che determinate norme avrebbero potuto comportare per il livello Pag. 238 complessivo della libertà personale nel nostro paese, si andavano a sposare perfettamente con quelli che erano e sono gli interessi precisi di Cosa nostra. Questi ultimi sono stati rappresentati anche nella nostra ordinanza, quando si è detto che nel 1987, indipendentemente dai rapporti di tipo personale - sui quali non posso esprimermi, in quanto oggetto di indagine - gli interessi di Cosa nostra venivano sponsorizzati o comunque trovavano un modo per essere portati a conoscenza ... MARCO TARADASH. E' lei che sta usando il linguaggio stalinista. A me basta che lei lo sappia. Dire "oggettivamente", significa usare un linguaggio stalinista... GIOACCHINO NATOLI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la Direzione distrettuale antimafia di Palermo. Mi perdoni, onorevole Taradash, probabilmente mi sono espresso male. Ho fatto quel riferimento proprio per evitare ingiuste generalizzazioni, perché è detto chiaramente nelle dichiarazioni che determinati approcci prescindevano - per lo meno sulla base dei rapporti personali instauratisi tra i collaboranti e la fonte delle loro conoscenze - dalla possibilità di dire che vi fossero accordi e scambi sottostanti. Si parlava, semplicemente, di fatti oggettivi: ci stava bene ciò che veniva sostenuto da un certo partito o da un certo movimento, indipendentemente da ciò che può essere stato un rapporto di tipo personale, che non ci consta (mi riferisco alle dichiarazioni delle due persone che hanno reso testimonianza su questi fatti). Quindi, mi permetta di dirle, onorevole Taradash, che probabilmente la parola ha tradito il pensiero, perché non avevo assolutamente intenzione di usare il termine "oggettivo" nel senso che lei ha interpretato. Taluno dei commissari, in particolare l'onorevole Galasso, si è chiesto se sussista il pericolo di interferenze sui processi in corso. Non credo che tale timore sia fondato, perché in merito a qualunque processo in corso giunto in fase dibattimentale, di primo o di secondo grado, doverosamente saranno utilizzate queste fonti di accusa, nei casi in cui ciò sarà ritenuto opportuno dai vari rappresentanti del pubblico ministero. Va chiarito che il travaso delle comunicazioni da chi sta raccogliendo le dichiarazioni, che peraltro sono a conoscenza di tutta la direzione processuale, ad altri pubblici ministeri, della stessa procura di Palermo o di altre procure d'Italia, è già stato attuato. Per un breve periodo vi è stata l'impossibilità di travasare tempestivamente quelle comunicazioni, perché della collaborazione di Giuseppe Marchese non era a conoscenza nessuno, se non chi stava trattando con lui. Per tale motivo non era possibile attuare l'invio degli stralci degli atti, che è invece avvenuto immediatamente dopo la comunicazione ufficiale dell'esistenza anche di questo pentito. Molti commissari hanno posto domande per sapere se siano in corso indagini su altri giudici o su altri omicidi, per alcuni dei quali si è già alla fase dibattimentale. Rispondo affermativamente ma aggiungo che, in ogni caso, si sta valutando l'influenza delle nuove dichiarazioni su coloro che sono stati imputati in precedenti processi, nel senso di controllare, soprattutto, se tali processi fossero stati istruiti con il vecchio o con il nuovo rito, cercando di mettere insieme e di recuperare tutto ciò che è ritenuto utile al fine di riattivare nuove indagini. Da questo punto di vista, quindi, anche a nome del mio ufficio, ritengo di poter rassicurare la Commissione, nel senso di escludere che sussistano parti di dichiarazioni che non siano state utilizzate. Un punto che credo necessario sottolineare, perché altrimenti molte domande non sarebbero state poste, è che in questa ordinanza ci si interessava - e non poteva essere diversamente - dell'omicidio dell'onorevole Lima. Va chiarito altresì che si tratta di un documento processuale, e alla luce di ciò ritengo di dover fornire a tutti i commissari un altro chiarimento, Pag. 239 in particolare all'onorevole Galasso, il quale si meravigliava degli omissis... ALFREDO GALASSO. Non mi sono meravigliato, ho chiesto ... GIOACCHINO NATOLI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la Direzione distrettuale antimafia di Palermo. Gli atti che la procura di Palermo ha prodotto alla Commissione antimafia sono, né più né meno, quelli depositati al GIP, già a disposizione del tribunale della libertà e, conseguentemente, in buona sostanza, anche dei difensori degli indagati. Pertanto era necessario apporre degli omissis, che sono esattamente quelli riguardanti le parti delle dichiarazioni che era possibile "desecretare" in relazione all'ottenimento di una ordinanza di custodia cautelare. Sarebbe stato poco professionale - se mi è consentita questa espressione - depositare tutte le dichiarazioni attinenti ad aspetti diversi di processi in corso o ancora da espletare. E' quindi normale che vi siano degli omissis, i quali, come avrete constatato, coprono parte delle dichiarazioni rese. Non appena queste ultime saranno rese pubbliche, cioè poste a disposizione anche dei difensori in una qualunque fase del processo, senz'altro saranno depositate, come è già avvenuto in passato per analoghe dichiarazioni rese da altri pentiti... PRESIDENTE. In realtà, se mi permette, la questione si pone in termini un po' diversi. Poiché in base alla Costituzione questa Commissione ha i poteri dell'autorità giudiziaria, credo che dovranno rendere segreti nei nostri confronti quegli atti che renderebbero segreti nei confronti di altre autorità giudiziarie, non nei confronti degli avvocati. GIOACCHINO NATOLI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la Direzione distrettuale antimafia di Palermo. In questa sede state procedendo con i poteri dell'autorità giudiziaria? PRESIDENTE. Certo; altrimenti non potremmo chiedere, sarebbe un atto di cortesia pura e semplice... GIOACCHINO NATOLI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la Direzione distrettuale antimafia di Palermo. Sarebbe un atto di doverosa collaborazione che non viene ad influenzare altre indagini. Quello che è importante - credetemi - in un rapporto di assoluta collaborazione e di reciproca fiducia è questo: depositare determinate dichiarazione significa in buona sostanza accrescere la probabilità che, al di là di ogni possibile coinvolgimento di ciascuno di noi, determinati nomi e situazioni filtrino prima che indagini o, peggio ancora, richieste nei confronti degli indagati vengano avanzate. Si tratta solo di valutare qual è in un rapporto costi-benefici il beneficio che tutti otterremmo nel leggere in tempo reale quanto viene dichiarato. PRESIDENTE. Sta di fatto soltanto che nella valutazione di questa opportunità occorre tener presente i fondamenti costituzionali della Commissione di inchiesta. GIOACCHINO NATOLI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la direzione distruttuale antimafia di Palermo. Senz'altro; saranno tenuti nella doverosa considerazione. ELIO SPALLITTA, Procuratore distrettuale della Repubblica f.f. di Palermo. Mi scuso con i colleghi e con la Commissione dovendomi necessariamente accomiatare. (Il procuratore Spallitta viene accompagnato fuori dall'aula). ALFREDO GALASSO. Dottor Natoli, la mia richiesta non era poi tanto ... GIACCHINO NATOLI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la Direzione distrettuale antimafia di Palermo. No, assolutamente. Era un chiarimento. In questa fase che, come avete avuto modo di vedere, riguarda l'iniziale collaborazione addirittura per uno dei due Pag. 240 cosiddetti pentiti, non è possibile, con il massimo dello spirito di collaborazione, non è opportuno eliminare gli omissis. Si tratta ancora di parte di atti che potrebbero venire smentiti da accertamenti in corso. ALFREDO GALASSO. Tanto ero d'accordo che avevo detto che non era il caso di acquisirli! GIOACCHINO NATOLI, Sostittuto procuratore della Repubblica presso la Direzione distrettuale antimafia di Palermo. Abbiamo invece ritenuto immediatamente di poterli mettere a disposizione; se già circolano, come circolano, da alcuni giorni, nel palazzo di giustizia di Palermo - le copie sono state rilasciate dai difensori degli imputati - non vedo perché la Commissione parlamentare non debba essere a conoscenza di ciò che è noto a ben altri soggetti. ROMANO FERRAUTO. Una precisazione: la copia in possesso dei difensori, ovviamente, non contiene gli omissis? GIOACCHINO NATOLI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la Direzione distrettuale antimafia di Palermo. No, no! Ha gli omissis! E' esattamente identica all'altra. In ordine ad una domanda rivolta dal senatore Brutti su rapporti della Guardia di finanza del 1993 su Lima e traffico d'armi, non ho alcuna conoscenza personale di questo fatto; tra l'altro, l'onorevole Brutti faceva riferimento ad atti provenienti da Caltanissetta, quindi completamente estranei quanto meno alla mia persona. Ovviamente, non vi è alcuna possibilità di risposta sui vari nomi relativamente a chi è indagato e a chi non lo è. Possiamo solo assicurare che le indagini si stanno svolgendo... MASSIMO BRUTTI. Rispetto ad eventuali archiviazioni in passato... GIOACCHINO NATOLI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la Direzione distrettuale antimafia di Palermo. A proposito di archiviazione, l'unica notizia che ho (non riguardava me) concerne una archiviazione della quale si è già ampiamente parlato sulla stampa per la cosiddetta loggia di Via Roma, che credo fosse la "Armando Diaz". Non so dire se tra i nomi inseriti tra gli iscritti a quella loggia vi fosse quello di Pino Mandalari; personalmente non mi risulta. PAOLO CABRAS. E' la stessa di Miceli Crimi? GIOACCHINO NATOLI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la Direzione distrettuale antimafia di Palermo. Credo di no. Se ne era interessato a suo tempo come giudice istruttore il collega De Francisci. PAOLO CABRAS. Quella era la Camea. GIOACCHINO NATOLI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la Direzione distrettuale antimafia di Palermo. Sì. Per quanto riguarda Mandalari, è un commercialista che inizialmente venne imputato nel maxiprocesso ex articoli 416 e 416-bis e per traffico di stupefacenti; successivamente è stato rinviato a giudizio e, se i miei ricordi sono esatti, anche condannato soltanto per intermediazione ricettatoria. Non so se esistano fatti successivi e più recenti riguardanti il Mandalari; comunque, sicuramente non sono a mia conoscenza, anche perché non posso ovviamente avere una nozione diretta di tutto, né di altri colleghi della procura perché diversamente nelle riunioni della direzione distrettuale se ne sarebbe parlato. CARLO D'AMATO. Questa domanda ha attinenza con il rapporto mafia-politica? PRESIDENTE. La questione cui ha fatto riferimento il senatore Brutti riguarda ciò che è scritto in un atto pubblico, una sentenza di condanna. Pag. 241 PIETRO FOLENA. Non le risulta che sia stato trasmesso recentemente alla procura di Palermo un rapporto dei carabinieri di Corleone su Pino Manda-lari? GIOACCHINO NATOLI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la Direzione distrettuale antimafia di Palermo. Non mi risulta, ma, se mi consente, anche se mi risultasse, non potrei darle una risposta. Comunque, ho già detto che personalmente non mi risulta. Ho letto anch'io la rassegna stampa di ieri e so che su l'Unità è stata avanzata la domanda che oggi lei ha posto. Personalmente non mi risulta, ma - mi consenta - anche se mi risultasse non potrei ugualmente darle una risposta. CARLO D'AMATO. Presidente, chi è Mandalari? PRESIDENTE. Come lei sa, onorevole D'Amato, di Mandalari si è parlato anche nel corso dell'incontro con l'autorità di polizia tenutosi l'altra sera; in quella sede si è detto chi era Mandalari, che tipo di attività stanno svolgendo alcuni organi di polizia nei suoi confronti. In breve: è accusato da alcuni di essere il commercialista di Riina. GIOACCHINO NATOLI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la Direzione distrettuale antimafia di Palermo. Una domanda cui si può probabilmente rispondere riguarda il ruolo attuale delle cosiddette stidde, quelle associazioni di tipo mafioso costituite da ex uomini d'onore di Cosa nostra messi fuori famiglia per i più vari motivi. Questa è per lo meno la loro radice storica; oggi si entrerebbe in queste associazioni anche indipendentemente dal passaggio attraverso Cosa nostra. Inizialmente vi era sempre un ex uomo d'onore che costituiva tale associazione ma oggi sembrerebbe formarsi anche autonomamente. E' un fenomeno nato e sviluppatosi recentemente soprattutto in talune plaghe della provincia di Agrigento e nel nisseno, che oggi si estende, da quello che ho avuto modo di leggere, anche verso il ragusano. Non è mai stata registrata, viceversa, una presenza di questo tipo di associazioni nelle province di Palermo o di Trapani che costituiscono - specialmente la prima - lo "zoccolo duro" di Cosa nostra. Quindi, anche determinate regole vengono osservate con un rigore che non si ritrova in altre parti della Sicilia. E' una questione di tipo culturale che nasce dal modo di essere dei singoli componenti, i quali sono diversi da zona a zona. Circa le forme di affiliazione segreta non esiste, per quanto riguarda il mio grado di conoscenza del fenomeno, nessuna assimilazione tra la cosiddetta affiliazione riservata, di cui ha parlato anche Giuseppe Marchese e che era stata già definita tale anche per i cugini Salvo, e l'associazione ad una loggia massonica riservata e non segreta. L'essere riservati all'interno di Cosa nostra significa che un uomo d'onore non viene presentato normalmente a tutti gli altri uomini d'onore con i quali si incontra ma solo nel caso in cui sia necessario in relazione a quello che si deve fare. Ci è stato spiegato che il rituale della presentazione non è senza significato: poiché tra uomini d'onore ovviamente non si possono tenere determinati atteggiamenti, perché ciò implicherebbe refluenze anche a livello delle rispettive famiglie di appartenenza, il rituale della presentazione serve ad evitare che due uomini d'onore possano entrare in conflitto tra loro. Nelle carceri, per esempio, dove più facilmente per lo stato di cattività in cui tutti vivono, potrebbero scoppiare liti, malumori o dissidi tra detenuti, si usa presentare fra loro gli uomini d'onore per evitare che i dissidi possano degenerare in qualcosa di diverso e di più grave. Nei confronti di un "riservato" ovviamente si corre il rischio che vi possa essere questo comportamento indesiderato perché l'interesse prevalente è che la sua qualità di affiliato resti congelata all'interno di una cerchia predeterminata di persone. Tra questi vi erano sicuramente i cugini Salvo i quali, essendo i tramiti - Pag. 242 Nino fino a quando fu in vita ed Ignazio anche successivamente - con il mondo della politica e, per quello che riguarda questo processo, più particolarmente con l'onorevole Lima, era bene che non venissero conosciuti da tutti perché ciò avrebbe determinato nei loro confronti - uomini d'onore - il libero accesso da parte di tutti gli uomini d'onore. L'onorevole Riggio ha chiesto come mai Lima, legato alla mafia che abbiamo definito tradizionalista e perdente, sia poi passato ai corleonesi, quindi alla mafia vincente. Ci è stato spiegato che la funzione di Lima era talmente importante - e lo stesso poteva valere per i cugini Salvo anch'essi appartenenti alle famiglie ritenute vincenti negli anni settanta - da divenire neutra, cioè da essere utilizzata da coloro i quali all'interno di Cosa nostra potevano determinare gli orientamenti in un certo momento storico. MASSIMO BRUTTI. La posizione di Ciancimino era diversa? GIOACCHINO NATOLI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la Direzione distrettuale antimafia di Palermo. La posizione di Ciancimino era diversa perché legato solo ed esclusivamente a Totò Riina al punto tale che quando altri andavano a parlargli - è stato detto espressamente - non è che si rifiutasse di ricevere ma trovava sempre una buona scusa per rinviare e poi per dimenticare o dire di no. Quindi, se il passaggio non era attraverso Totò Riina, il risultato non poteva che essere zero. Era possibile accedere a Lima e agli altri uomini politici, i cui nomi sono stati fatti dai collaboratori, sempre attraverso questi tramiti; tale "divieto di accesso", se vogliamo usare questo termine, valeva anche per i capi mandamento, cioè gli esponenti di vertice di Cosa nostra per un certo periodo. MARCO TARADASH. Mi sembra di capire che esiste una differenza fra il "referente" ed il "tramite", nel senso che il "referente" appartiene alla famiglia politica, e quindi subisce al suo interno vincenti e perdenti - in questo caso la democrazia cristiana - mentre il "tramite" è una via di mezzo. C'è una differenza tra Ciancimino e Lima da questo punto di vista? GIOACCHINO NATOLI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la Direzione distrettuale antimafia di Palermo. Da come ci è stato dipinto, il ruolo sembra essere diverso. PRESIDENTE. L'onorevole Taradash faceva un riferimento forse eccessivamente formale perché quello che ci domandiamo è se le parole "referente" e "tramite" abbiano lo stesso significato e possano essere usate indistintamente. GIOACCHINO NATOLI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la Direzione distrettuale antimafia di Palermo. Hanno un significato diverso. Quando i collaboratori hanno detto che il "referente" di Cosa nostra per gli affari romani o comunque per gli affari che dovevano decidersi in sede parlamentare o di Governo era Lima intendevano fare riferimento ad un organo di vertice, anche se poi hanno soggiunto che era estremamente logico, non essendo mai stati fatti loro i nomi di eventuali altri, dedurre che determinate cose non potevano essere fatte solo ed esclusivamente dall'onorevole Lima (non fosse altro perché sapevano che era a Strasburgo e non a Roma). Quando si parla di "tramiti" si fa riferimento alla funzione dei Salvo che mettevano in collegamento con Lima stesso quei pochi esponenti di Cosa nostra che potevano rivolgersi a lui. PRESIDENTE. Quale ruolo aveva Ciancimino? GIOACCHINO NATOLI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la Direzione distrettuale antimafia di Palermo. Da quanto ci è stato detto, Ciancimino aveva un ruolo limitato alla copertura degli Pag. 243 interessi dei corleonesi, nel senso che, quando era ancora vivo Bontade, se una richiesta veniva avanzata da questi, egli non poteva riferirsi direttamente a Ciancimino per ottenerla. Un passaggio delle dichiarazioni di Buscetta chiarisce questo aspetto laddove ha detto che Vito Ciancimino era "nelle mani" dei corleonesi. VITO RIGGIO. In sostanza si lamentavano che i corleonesi non mettevano a disposizione... GIOACCHINO NATOLI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la Direzione distrettuale antimafia di Palermo. Mentre si avvalevano dei "referenti" degli altri. VITO RIGGIO. Una volta fatti fuori i vecchi referenti, si apre questo nuovo canale che è a disposizione di tutti, dopo la lotta che c'è stata. GIOACCHINO NATOLI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la Direzione distrettuale antimafia di Palermo. No, questa è una illazione. PRESIDENTE. Questo non c'entra. VITO RIGGIO. Mi pare un punto estremamente importante. Per le vicende che il dottor Natoli conosce, per averle seguite per altro verso su altre requisitorie, vi è stata una spaccatura politica a partire da una certa fase che ha riguardato il rapporto con Ciancimino e Lima; dopodiché, eliminata quasi tutta la vecchia guardia (i Bontade, i Buscetta e altri), nonostante questo scontro, perché Ciancimino era già in mano a Riina, il vincente, cioè lo stesso Riina, continua a rivolgersi a Lima. GIOACCHINO NATOLI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la Direzione distrettuale antimafia di Palermo. Sì, perché sostanzialmente operano su piani diversi, secondo quanto ci è stato detto. Ciancimino avrebbe operato alla fine degli anni settanta e nei primi anni ottanta; ma comunque il riferimento a Ciancimino era, alla fine degli anni settanta, per far capire come, mentre taluni referenti, e segnatamente Lima ed altri uomini politici, erano a disposizione di tutti, sia pure con quelle forme di accesso particolari, Totò Riina utilizzava per sé solo ed esclusivamente Ciancimino. Quindi, gli eventuali favori di Ciancimino non potevano che essere mediati da Totò Riina. PAOLO CABRAS. Il livello di Ciancimino era molto diverso. GIOACCHINO NATOLI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la Direzione distrettuale antimafia di Palermo. Certo, è chiaro. PRESIDENTE. Era diverso il livello. Ciancimino non serviva a tenere i collegamenti con Roma. GIOACCHINO NATOLI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la Direzione distrettuale antimafia di Palermo. No, perlomeno ... PAOLO CABRAS. Era uomo di potere a Palermo. MARCO TARADASH. Lima era uomo della DC e quindi era uomo che rispondeva alle vicende interne alla democrazia cristiana. Ci sono periodi di offuscamento di Lima perché nella DC prevalgono altri gruppi, ci sono invece periodi in cui torna in auge perché prevale il gruppo di riferimento di Lima, cioè quello andreottiano. Quindi, Lima è uomo della DC che tratta con il mondo mafioso e che ne è un referente. Altri politici non sono uomini della DC e referenti della mafia dentro questo partito, bensì uomini che non si sa bene se siano della mafia immessi dentro la democrazia cristiana o uomini-ponte tra la mafia e la DC. In questo senso, è molto diversa la figura di Lima, molto più importante e anche determinante per il nostro lavoro, riguardando il complesso Pag. 244 di un rapporto tra un partito dominante in Italia per quarant'anni e cosche mafiose, che in quarant'anni sono cresciute. A differenza di quello che può essere Ciancimino e che sicuramente erano i Salvo, Lima non era un organo della mafia ma il braccio politico della DC in Sicilia. GIOACCHINO NATOLI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la Direzione distrettuale antimafia di Palermo. Credo che non vi siano altre domande alle quali rispondere. LUIGI ROSSI. Avevo rivolto una domanda sull'omicidio Dalla Chiesa. GIOACCHINO NATOLI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la Direzione distrettuale antimafia di Palermo. Rientra nella risposta già data: per tutte le refluenze con altri processi che sono in atto o che saranno riaperti, ovviamente sono stati attivati i canali di collegamento. Quindi, se vi sono parti di queste dichiarazioni che potranno rifluire anche per il processo sull'omicidio del prefetto Dalla Chiesa, saranno prontamente attivate. LUIGI ROSSI. Quindi, in un secondo tempo avremo maggiori chiarimenti in proposito? GIOACCHINO NATOLI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la Direzione distrettuale antimafia di Palermo. Può darsi anche non da me. Ero stato invitato semplicemente per fornire un quadro di riferimento dell'attuale fase di Cosa nostra. PRESIDENTE. E' chiaro. VINCENZO SCOTTI. Poiché in una serie di domande si è fatto riferimento a fatti e situazioni processuali su Lima e altri, vorrei chiedere al dottor Natoli se, con i suoi colleghi, possa fare una rilettura attenta dei quesiti, magari riordinati dagli uffici della Commissione, per aiutarci nel nostro lavoro dandoci risposte puntuali. Per quanto riguarda la richiesta del collega Galasso circa gli omissis, per esempio, ricordo che le risposte sarebbero comunque coperte da segreto dato che la Commissione ha i poteri dell'autorità giudiziaria e rispetterebbe il segreto. GIOACCHINO NATOLI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la Direzione distrettuale antimafia di Palermo. Sicuramente. Già sulla base degli appunti che ho raccolto personalmente potrò anticipare agli altri colleghi le domande dei commissari. MASSIMO BRUTTI. Dottor Natoli, può dirci già oggi qualcosa sulle modalità dell'afflusso del voto mafioso sull'uno o sull'altro esponente di partito, cioè sul modo in cui si contrattano e si orientano i voti? GIOACCHINO NATOLI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la Direzione distrettuale antimafia di Palermo. Su questo non posso che rifarmi a quello che, anche in questi giorni, ha ribadito Calderone che, se i miei ricordi sono corretti, è stato l'unico a fare una quantificazione, peraltro basata solo su elementi di deduzione logica. Da quanto ci è stato spiegato risulterebbe, stranamente, che le modalità di orientamento del voto non si estrinsecano in attività di tipo intimidatorio diretto. Gaspare Mutolo mi ha detto: all'interno di un certo quartiere o di un paese i miei compaesani o concittadini sapevano perfettamente chi ero, per cui, pur non conoscendo le mie attività criminali in dettaglio, sapevano che mi collocavo nell'ambiente in maniera diversa da altri. Quindi, se chiedevo una cortesia mi veniva fatta. Un altro collaboratore, invece, Vincenzo Calcara, riferendo sue esperienze personali su elezioni comunali o provinciali nel suo territorio (il comune di Castelvetrano o la provincia di Trapani), ha affermato che lui ed altri, anche in questo caso conosciuti per il loro modo di Pag. 245 atteggiarsi all'interno del paese, chiedevano questi "favori" e poi si limitavano a passare, nel giorno della consultazione elettorale, davanti alla sezione elettorale o alle case delle persone a cui si erano rivolti per ricordare che erano presenti. Calcara è sceso maggiormente in dettaglio anche su modalità di presunto controllo del voto spiegandoci però che l'importante era avvalorare l'idea che erano in grado di controllare il voto. Si diceva: attenzione, devi votare i numeri 1 e 4 (quando il voto era plurimo) oppure il 4 e l'1 perché, controllando questa combinazione, sapremo se ti sei attenuto all'indicazione che hai ricevuto. Questo è il massimo che personalmente sono riuscito ad ottenere. PRESIDENTE. E' stato chiesto se vi siano elementi a proposito dei rapporti tra Lima e Siino. Al riguardo ritiene di poter rispondere adesso, dottor Natoli? GIOACCHINO NATOLI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la Direzione distrettuale antimafia di Palermo. Preferirei di no, anche perché non sono tra i titolari di quest'indagine. PRESIDENTE. A cosa si riferivano le dichiarazioni sui settori istituzionali deviati? GIOACCHINO NATOLI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la Direzione distrettuale antimafia di Palermo. Signor presidente, in merito a tale aspetto, non posso che rifarmi, puntualmente, al contenuto del comunicato stampa della procura - che è recentissimo -, in quanto riassume la volontà di tutti i componenti... PRESIDENTE. Dottor Natoli, mi permetta di insistere su questa domanda. Dispongo la disattivazione del circuito audiovisivo interno. (La Commissione procede in seduta segreta). PRESIDENTE. Riprendiamo la seduta pubblica. Dispongo la riattivazione del circuito audiovisivo interno. MASSIMO SCALIA. Vorrei insistere su una questione, cioè quella relativa ad un primo rapporto dei ROS, del 2 marzo 1991, al quale non ha fatto seguito alcuna azione, ed al secondo rapporto ... PRESIDENTE. Sì, onorevole Scalia ma vi è un processo in corso... MASSIMO SCALIA. Desideravo dal dottor Natoli una risposta sui due rapporti dei ROS, uno del 2 febbraio 1991, l'altro recentissimo, di venerdì, il quale non risulta coperto da nulla e che, almeno da quanto ho appreso dalle dichiarazioni della stampa, sembra sia stato dichiarato inutilizzabile da parte dei 18 sostituti della procura di Palermo. PRESIDENTE. Onorevole Scalia, mi perdoni ma credo di poter rispondere io alla sua domanda. In questi giorni è in corso un dibattimento su un primo rapporto. In merito al secondo rapporto, devo dire che la Commissione antimafia ha chiesto al procuratore distrettuale di Palermo di fornirle in merito tutte le possibili informazioni. CARLO D'AMATO. Anzitutto, desidero dar atto al dottor Natoli della grande disponibilità dimostrata. Voglio comunque ricordare che da più parti è stato sollevato - perché nell'ordinanza se ne fa cenno - il problema del ruolo di alcuni settori della magistratura rispetto alla presunta impunità che si realizzava nel rapporto mafia-politica. Su questo punto, non ci è stata data alcuna risposta. GIOACCHINO NATOLI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la Direzione distrettuale antimafia di Palermo. Non vi è stata data una risposta diretta! Pag. 246 PRESIDENTE. Vorrei che i colleghi comprendessero la difficoltà in cui viene a trovarsi il dottor Natoli, dovendo rispondere a questioni che riguardano l'ufficio nel suo complesso. CARLO D'AMATO. Lo comprendiamo benissimo, dottor Natoli. PRESIDENTE. Comunque, credo che inviare all' ufficio del dottor Natoli le domande poste dai commissari risolva il problema. ALFREDO GALASSO. Gradirei una precisazione anche per una forma di correttezza nei rapporti con i magistrati qui presenti. Nell'opinione pubblica resta aperta una questione spinosa, disorientante, a cui ha fatto riferimento anche il presidente. E' diritto-dovere della Commissione e dei parlamentari conoscere i dati esatti di una questione in merito alla quale ho compreso la risposta del dottor Natoli, proprio perché mi rendo conto di quanto sia estremamente delicata. Ma non posso non sottolineare come la mancanza di conoscenza da parte del Parlamento e dell'opinione pubblica finisca con l'alimentare ogni possibile illazione, con danni incalcolabili, in questo momento, nei confronti della credibilità dell'azione giudiziaria. La mia osservazione è mossa solo da un'esigenza di trasparenza, non dal desiderio di mettere il naso in chissà che cosa. Tuttavia, mi rendo conto che una cosa è ritenere opportuno di ricorrere al segreto perché vi sono indagini in corso, altra cosa è dire che non è importante che ne veniamo a conoscenza perché non si tratta di affari nostri. Ovviamente, non è certo quest'ultima l'interpretazione che ho dato alle parole del dottor Natoli. Voglio soltanto sottolineare che quando non sono chiari i termini della questione si rischia di ingenerare qualunque tipo di sospetto. E poiché credo che il dottor Natoli sappia benissimo che nell'opinione pubblica è sempre presente il rischio che lo scontro non si limiti al settore politico ma investa anche quello della magistratura, ritengo che egli si renda conto dell'opportunità di disinnescare tale rischio il più rapidamente possibile. PRESIDENTE. Nel ringraziare il dottor Natoli, dichiaro conclusa l'audizione odierna. GIOACCHINO NATOLI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la Direzione distrettuale antimafia di Palermo. Nel ringraziare anch'io il presidente e tutti i componenti la Commissione antimafia, mi auguro che il mio ufficio possa fornire risposte più esaurienti, rispetto a quelle che sia io sia il dottor Spallitta abbiamo potuto offrirvi oggi. (Il dottor Natoli viene accompagnato fuori dell'aula). Comunicazioni del presidente. PRESIDENTE. Desidero darvi lettura della lettera che intendo inviare ai Presidenti della Camera e del Senato a proposito dell'interrogazione relativa al collega Rapisarda: "Nel corso della seduta della Commissione del 15 ottobre, il senatore Santi Rapisarda chiese che fosse accertata la fondatezza delle affermazioni contenute in una interrogazione parlamentare e concernenti lo stesso senatore. In quella circostanza, adempiendo ad un mandato ricevuto dalla Commissione nella seduta del 6 ottobre 1992, assicurai di compiere gli opportuni accertamenti e di informare i Presidenti delle Camere qualora l'interrogazione fosse risultata priva di fondamento. Interessai immediatamente il procuratore della Repubblica presso il tribunale di Milano, dottor Borrelli, e la direzione per la vigilanza creditizia e finanziaria della Banca d'Italia, affinché appurassero rispettivamente se quanto indicato nell'interrogazione rispondesse a verità. Il procuratore della Repubblica di Milano, in merito a contatti del senatore Rapisarda con persone successivamente inquisite nel processo "Duomo connection", Pag. 247 confermò l'esistenza in atti di una fotografia del senatore Rapisarda in compagnia di altre persone, ma precisò che mai il senatore Rapisarda entrò nel novero delle persone indagate dalla procura della Repubblica di Milano non essendo emerse a suo carico né allora, né successivamente, notizie o ipotesi di reato. Quanto poi alla notizia circa un presunto credito di un miliardo, esente da interessi e privo di garanzie, concesso al medesimo senatore dalla Banca popolare di Belpasso, la direzione per la vigilanza creditizia e finanziaria della Banca d'Italia ha trasmesso a questa Commissione una relazione riguardante i rapporti tra la summenzionata Banca popolare e il senatore Rapisarda. Dalla relazione emerge che il senatore Rapisarda, nell'arco di tempo dal 1979 al 1992, ha ottenuto diversi affidamenti per un ammontare complessivo inferiore alla somma indicata nell'interrogazione, che comunque questi affidamenti erano tutti garantiti da beni immobili e crediti patrimoniali, infine che il senatore Rapisarda ha corrisposto interessi oscillanti negli anni in questione tra il 16 e il 22 per cento. Alla luce di quanto esposto, i fatti denunciati nell'interrogazione parlamentare risultano sprovvisti di qualsiasi fondamento". Trasmetterò questa lettera ai Presidenti della Camera e del Senato. Sui lavori della Commissione. PRESIDENTE. Desidero informare la Commissione che la settimana prossima sarà piuttosto piena di impegni. Martedì mattina alle 10 avrà luogo una riunione dell'ufficio di presidenza con la commissione antimafia del Consiglio superiore della magistratura, mentre nel pomeriggio alle 18 incontreremo la Direzione distrettuale antimafia di Catania. Chiedo in proposito di essere autorizzato ad inviare a quella procura le domande che sono state rivolte ai magistrati di Palermo, affinché si renda ben conto del tenore dei nostri quesiti, salva restando la possibilità di formularne di nuovi. E' pervenuta in casella la richiesta di formulare le domande relative all'interrogatorio di Calderone, che si svolgerà mercoledì mattina. E' inutile dire prima dove avrà luogo, in quanto un pullman accompagnerà i componenti della Commissione; possiamo fissare un appuntamento qui per le 9 di mercoledì prossimo. Venerdì mattina avremo infine un incontro con la procura distrettuale di Caltanissetta. Vi prego pertanto di far pervenire entro lunedì, anche via fax come è scritto nella lettera, le domande che intenderete porre, così da avere il tempo di riformularle e sistemarle al meglio. MAURIZIO CALVI. Dal momento che nella prossima settimana i senatori saranno impegnati in Aula per l'esame del decreto n. 384 del 1992, pregherei l'onorevole Violante di informare i Presidenti della Camera e del Senato degli impegni di questa Commissione. PRESIDENTE. Informeremo i Presidenti della Camera e del Senato della questione, evidenziando come si tratti di adempimenti non rinviabili. Si consideri che nell'uno e nell'altro ramo del Parlamento la competenza spetta ai capigruppo; comunque è importante che i Presidenti siano informati. MASSIMO BRUTTI. Non ho voluto chiedere al dottor Natoli di essere più preciso sulle ultime questioni, anche perché vedo addensarsi su Palermo una nuova stagione di difficoltà, conflitti interni e veleni; vorrei che tutti noi facessimo il possibile per evitare che ciò accada. Tuttavia la questione deve essere affrontata e chiederei di investire il presidente della Commissione di un mandato specifico al riguardo. In un comunicato pubblico sottoscritto dal magistrato che attualmente regge la procura della Repubblica di Palermo e da Pag. 248 numerosi altri (vi sono diciotto firme in calce a tale documento) ci si pronuncia sull'inattendibilità di un teste senza aver visto il contenuto delle sue deposizioni rese davanti ad altra autorità giudiziaria. Contemporaneamente vengono formulate alcune valutazioni - forse si dice qualcosa di più - circa deviazioni di settori istituzionali. Vorrei che dessimo mandato al presidente di prendere tutte le iniziative necessarie perché sia fatta subito chiarezza sulla questione posta e si eviti il crescere di contrapposizioni e conflitti. Considero improprio questo comunicato pubblico e avrei preferito che quei magistrati non lo firmassero. Ritengo si debbano assumere iniziative per superare il problema che si sta delineando, per cui vorrei che il presidente si attivasse in questo senso. PRESIDENTE. Forse la questione può essere affrontata in ufficio di presidenza. Vi è un problema assai delicato: più volte la procura di Palermo è stata oggetto di scontri tra istituzioni, tra parti politiche, usata come una sorta di palla da baseball. Vorrei evitare, se possibile, adempiendo fino in fondo i nostri compiti, di essere una della parti, anche perché si rischia di essere coinvolti in un gioco che non conosciamo. MASSIMO SCALIA. Condivido pienamente quanto detto dal collega Brutti perché il documento firmato dai diciotto magistrati cui ha fatto più volte riferimento è onestamente molto preoccupante, in quanto esprime chiaramente una valutazione sulla messa a disposizione di informazioni da parte di un collaboratore della giustizia, prescindendo dalla lettura di ciò che questi diceva. Vorrei capire se, a fronte delle preoccupazioni ora avanzate, che condivido, non possiamo averne una di segno diverso: in questo momento, ove le dichiarazioni del collaboratore della giustizia corrispondessero a realtà, potrebbe avanzarsi un'ipotesi del tutto diversa secondo cui qualcuno starebbe cercando di non far arrivare informazioni pesantissime che descrivono esattamente come avviene lo scambio. Tutti sappiamo abbastanza in ordine ai veleni del palazzo di Palermo, per cui sono molto sconcertato di fronte al fatto - credo di non sbagliarmi - che tutti i sostituti procuratori di Palermo hanno firmato il documento. Mi sembra un episodio di integralismo che vedo sempre con sospetto. Chiedo dunque al presidente, non avendo prima ben compreso: tra le iniziative assunte vi è anche quella di richiedere per la Commissione questo rapporto? PRESIDENTE. Abbiamo chiesto di acquisire dati prima a Catania, quindi, non essendone più quella procura in possesso, a Palermo; in ogni caso i magistrati della procura distrettuale di Catania saranno ascoltati martedì, per cui avremo modo di chiedere loro informazioni. Comunque, le dichiarazioni di questo pentito riguardano allo stato tre questioni distinte: due - gli appalti relativi all'ospedale e al comune di Trecastagni - concernono Catania, la terza si riferisce ai magistrati. A Catania è rimasta la parte riguardante l'ospedale, tutto il resto è andato a Palermo, mentre a Caltanissetta sono rimasti frammenti di dichiarazioni che riguarderebbero i magistrati. ALFREDO GALASSO. E' nostro compito ricomporre il quadro. PRESIDENTE. Infatti abbiamo chiesto l'acquisizione dei dati. La seduta termina alle 13,50.