Pag. 249 AUDIZIONE DEL DOTTOR GABRIELE ALICATA, PROCURATORE DISTRETTURALE DELLA REPUBBLICA DI CATANIA PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE indi DEL VICEPRESIDENTE PAOLO CABRAS INDICE pag. Sui lavori della Commissione: Violante Luciano, Presidente ................. 251, 275, 276 Cabras Paolo ........................................... 275 Florino Michele ........................................ 275 Galasso Alfredo ........................................ 276 Grasso Gaetano .................................... 251, 275 Audizione del dottor Gabriele Alicata, procuratore distrettuale della Repubblica di Catania: Violante Luciano, Presidente ...................... 251, 253 254, 256, 257, 258, 259 260, 261, 266, 267, 268, 269, 274, 275 Cabras Paolo, Presidente ..................... 253, 254, 256 262, 263, 265 Amato Mario, Magistrato della direzione distrettuale antimafia di Catania 262, 263 Pag. 250 Alicata Gabriele, Procuratore distrettuale della Repubblica di Catania ....................... 251, 253 254, 256, 257, 259, 275 Ayala Giuseppe Maria ................................... 262 Bertone Amedeo, Magistrato della direzione distrettuale antimafia di Catania ............ 260, 261, 262 Borghezio Mario ........................................ 269 Brutti Massimo ......................................... 270 D'Agata Vincenzo, Sostituto procuratore distrettuale della Repubblica di Catania ............... 257 258, 259 D'Amato Carlo ..................................... 273, 274 Florino Michele ........................................ 270 Folena Pietro .......................................... 271 Galasso Alfredo ......................... 253, 263, 265, 266 Grasso Gaetano ......................................... 268 Matteoli Altero ................................... 269, 274 Patanè Michelangelo, Magistrato della direzione distrettuale antimafia di Catania ................................................... 258, 260 Rapisarda Santi ........................................ 274 Riggio Vito ............................................ 268 Scalia Massimo ......................................... 267 Tripodi Girolamo ....................................... 273 Zuccaro Carmelo, Magistrato della direzione distrettuale antimafia di Catania ...................... 262 Pag. 251 La seduta comincia alle 18. (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente). Sui lavori della Commissione. PRESIDENTE. L'onorevole Grasso ha chiesto di parlare sui lavori della Commissione. GAETANO GRASSO. Signor presidente, ritengo che la Commissione antimafia dovrebbe occuparsi dell'omicidio dell'imprenditore avvenuto recentemente a Foggia. PRESIDENTE. Onorevole Grasso, discuteremo di questa questione al termine della seduta odierna. Audizione del dottor Gabriele Alicata, procuratore distrettuale della Repubblica di Catania. PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del dottor Gabriele Alicata, procuratore distrettuale della Repubblica di Catania, che è accompagnato da alcuni magistrati del suo ufficio. Ricordo che la seduta è pubblica ma che, su richiesta dei nostri ospiti, si potrà procedere in seduta segreta quando lo riterranno necessario. Poiché il procuratore ha già avuto il quadro degli argomenti che interessano la Commissione, gli do senz'altro la parola, ringraziandolo per la sua partecipazione. GABRIELE ALICATA, Procuratore distrettuale della Repubblica di Catania. Signor presidente, illustrerò quelli che a noi sembrano alcuni passaggi significativi, con una premessa sui rapporti tra mafia e politica, così come sono stati percepiti da noi, presso la procura di Catania. Ritengo che un contatto tra personaggi mafiosi e personaggi politici che tende a tralignare nell'illecito, con il perseguimento di fini personali ed egoistici, anche se a volte coincidenti con quelli generali, è dato rinvenire spesso nella logica della captazione del consenso, secondo la quale anche quelli dei mafiosi sono voti che contribuiscono alla elezioni dei rappresentanti del popolo, e conseguentemente influenzano la formazione delle maggioranza chiamate a governare, nella realizzazione di quella che definisco canalizzazione delle risorse conseguite dallo Stato con il contributo dei cittadini che pagano le tasse verso finalità ed obiettivi ben lontani dalle destinazioni previste in favore della collettività, alla stregua del principio di solidarietà che permea la nostra Costituzione, e anche nel mantenimento della situazione venutasi a determinare, dalla quale si cerca con difficoltà di uscire. Intendo riferirmi all'attuale stato della nostra legislazione soprattutto penale, oltre che ovviamente di altri settori come il previdenziale ed il tributario. La logica della captazione del consenso. Distinguo tra il voto spontaneo, che può essere la scelta dell'elettore, anche mafioso, che si ripromette soltanto di ingraziarsi una forza politica anche antagonistica rispetto a quella sostenuta prima, ovviamente con l'invio di messaggi taciti (quando si tratta di elettori Pag. 252 condizionati dalla mafia oppure della mafia stessa che raccoglie il voto), cioè un'ipotesi connotata da scarsa caratura contrattuale, e il voto contrattato, il voto ricercato dal candidato od offerto da chi lo assicura, uguale al voto di scambio, cioè, il cui prezzo è in denaro (con l'articolo 11-ter della legge n. 356 del 1992 è stato introdotto l'articolo 416-ter del codice penale in relazione alle disposizioni dell'articolo 416-bis), in favori ed altro, a seconda di varie condizioni, anche successive (perché chiaramente, se il candidato sostenuto non risulta eletto, non vi sono più certe possibilità). Dell'attenzione della mafia rivolta alle elezioni si occupa già, alla voce "mafia", il grande dizionario della lingua italiana del Battaglia. Si dice che l'attività della mafia è quella che "consiste nel procurarsi illeciti guadagni mediante ricatti e soprusi di ogni genere, ed in particolare nell'imporre il pagamento di contributi forzosi alle aziende agricole, commerciali ed imprenditoriali, nel proteggere e sfruttare la prostituzione" (a Catania abbiamo avuto una stagione di contrasto alla diffusione della prostituzione) "e che, mediante la coercizione e l'intimidazione, tende a condizionare sia l'attività delle autorità pubbliche dell'apparato statale sia la libertà degli elettori". L'inserimento della mafia nelle operazioni elettorali è quindi antico. Tra l'altro (ne parleranno probabilmente i colleghi Bertone e Patané, che hanno istruito il procedimento), ci è capitato di indagare su un'associazione di stampo mafioso e di sentire dai telefoni intercettati che "era capitata una buona occasione" perché le elezioni erano in corso. Poiché l'organizzazione cominciò ad interessarsi alle elezioni, iniziammo a capire quali contatti prendeva. A suo tempo, poi, abbiamo istruito il procedimento che portò la Commissione parlamentare antimafia della scorsa legislatura a Catania. Dei rapporti tra mafia e politica in tema di elezioni parla ancora di più, anche recentemente, il pentito Calderone, il quale riferisce che l'organo collegiale regionale di Cosa nostra, alle cui riunioni intervenivano tutti i rappresentanti provinciali, decideva anche su quali candidati e partiti dovesse convergere il voto nelle elezioni politiche. Sempre in materia di contatti tra mafia e politica, non si può non ricordare l'episodio riferito da Luciano Liggio nel primo maxiprocesso e ripreso da Calderone nelle sue confessioni, relativo al tentativo fallito di coinvolgere la famiglia mafiosa alla quale apparteneva Liggio in un colpo di Stato. Per quanto riguarda il voto contrattato, la procura di Catania ha avuto modo di esplorare qualche schema (degli schemi possiamo parlare senza fare indicazioni). Man mano che si farà riferimento ai singoli procedimenti, interverranno i colleghi addetti alla direzione distrettuale antimafia (i dottori Patanè, Bertone e Zuccaro); tra poco dovrebbe giungere anche il collega Amato. Gli schemi riguardano voti dati in cambio di favori o denaro. Un altro discorso riguarda il modo in cui la mafia assicura effettivamente il voto. Mi limiterò invece a considerare il rapporto che l'associazione ha con l'uomo politico o la forza politica con cui dialoga. Certamente poi la mafia si procura i voti con l'intimidazione, facendo votare per l'uno o l'altro dei partiti a seconda dell'ingiunzione che dà all'elettore. Farò ora riferimento al procedimento contro Pulvirenti Giuseppe ed altri; possiamo citare nome e cognome perché si tratta di un procedimento che sta per essere avviato dinanzi ai giudici catanesi, dopo aver superato le varie fasi delle misure di custodia cautelare in carcere e del rinvio a giudizio, ed è già arrivato alla fase dibattimentale. Di questo procedimento potranno parlare i colleghi Bertone, Amato e Patanè. Abbiamo rinvenuto un altro schema in un procedimento, ancora nella fase delle indagini preliminari (del quale quindi si può indicare soltanto lo schema) su cui si soffermeranno anche i colleghi Zuccaro e Patanè, che se ne occupano. Pag. 253 Vi è poi un altro procedimento, che si trova nella fase delle indagini preliminari, su cui riferirà il collega Bertone. Occorre inoltre considerare il processo del finanziamento e degli appalti in Sicilia, di cui in questi giorni si sta occupando la stampa. Si tratta di un procedimento dal quale traspare una sorta di formazione stratigrafica che grava su tutta la Sicilia con riferimento all'organizzazione di questo tipo di finanziamento, che passa attraverso determinate categorie (gli imprenditori) oltre che attraverso l'organizzazione mafiosa. PRESIDENTE. Che cosa intende per "stratigrafica"? GABRIELE ALICATA, Procuratore distrettuale della Repubblica di Catania. Si tratta di qualcosa che si colloca al di sopra dell'intera isola perché riguarda tutto il suo territorio anche se la competenza, l'inizio dell'azione e tutto il resto fanno riferimento ad una specifica parte della Sicilia. Quindi, tutti gli episodi, soprattutto con riguardo ad una particolare e peculiare modulazione, vanno sempre riferiti all'organo giudiziario che se ne occupa. Viene individuato a volte un triangolo politico-imprenditore-amministratore ma ritengo che tale configurazione vada modificata mettendo insieme l'amministratore e il politico, i quali possono assicurare il finanziamento che rappresenta la benzina per il motore costituito dagli imprenditori. Tutti questi soggetti hanno bisogno di un organo che assicuri l'esecuzione degli accordi e impedisca che dal di fuori intervenga qualcuno a turbare le combine e le cose decise. PRESIDENTE. In questo quadro, il ruolo di Cosa nostra sarebbe quello di garantire che gli accordi vadano in porto? GABRIELE ALICATA, Procuratore distrettuale della Repubblica di Catania. Il ruolo può essere quello di garantire che gli accordi siano rispettati ed eseguiti; nel contempo (non si deve dimenticare che l'imprenditorialità di Cosa nostra è ormai qualcosa di molto concreto) coloro che fanno parte dell'organizzazione vanno gradualmente crescendo ed acquisendo essi stessi la qualifica di imprenditori. Cosicché si ha la strana sensazione di trovarsi di fronte a personaggi che potrebbero essere rappresentanti di determinati gruppi imprenditoriali i quali cominciano gradualmente a crescere con qualcosa di proprio, che da principio è molto piccolo e successivamente si va ingrandendo, fino a quando giungeranno probabilmente ad inserirsi a pieno titolo nel vertice del triangolo che a mio avviso può rappresentare il motore di tutto, in cui ci si serve della benzina rappresentata dal finanziamento e si procede verso le mete prefissate attraverso l'assicurazione dei vari passaggi. PAOLO CABRAS. Con riferimento al processo Siino e al primo rapporto ROS, come e perché vi è stata un'indagine anche da parte della procura di Catania in relazione alle dichiarazioni dell'imputato Li Pera? GABRIELE ALICATA, Procuratore distrettuale della Repubblica di Catania. Su questo punto dovrei mantenere il segreto. PAOLO CABRAS. Non intendevo riferirmi al merito, ma alle motivazioni. GABRIELE ALICATA, Procuratore distrettuale della Repubblica di Catania. Vi sono particolari passaggi che purtroppo per me sono coperti dal segreto cosicché non mi consentono neanche di difendermi, mentre peraltro ngo sommerso da qualcosa che non posso superare. ALFREDO GALASSO. Dovremmo saperne un po' di più. GABRIELE ALICATA, Procuratore distrettuale della Repubblica di Catania. Non intendo parlare di questo. Pag. 254 PRESIDENTE. Il collega Cabras intende porre una questione. Ritengo opportuno, a questo punto, attendere che il dottor Alicata termini la sua esposizione per poi rivolgergli domande specifiche. PAOLO CABRAS. Signor presidente, pongo la questione in relazione al fatto che queste notizie sono di pubblico dominio in quanto si possono leggere già da qualche giorno su tutti i magazine italiani. PRESIDENTE. Lei ha fatto bene a porre la questione, ma ora consentiamo al procuratore di terminare la sua esposizione. GABRIELE ALICATA, Procuratore distrettuale della Repubblica di Catania. Desidero ora riferirmi ad un procedimento - per il quale sono ancora in corso le indagini preliminari - che ha visto, proprio questa mattina, l'esecuzione di diciannove misure di custodia cautelare in carcere (i giornali ne hanno dato notizia). PRESIDENTE. Può chiarire i caratteri di questo procedimento? GABRIELE ALICATA, Procuratore distrettuale della Repubblica di Catania. Non posso aggiungere altro, considerata la riservatezza... PRESIDENTE. Vi è stata una conferenza stampa a Catania. GABRIELE ALICATA, Procuratore distrettuale della Repubblica di Catania. Non conosco tutti i termini della conferenza stampa del collega Busacca. Ho indicato questo procedimento perché rinvia ad un lontano discorso di buoni di benzina, una delle merci di scambio preferite. I contatti proseguono anche dopo le elezioni attraverso il sistema delle tangenti, che in Sicilia ha connotazioni sue proprie, perché spesso si basa su schemi operativi tipici dell'associazione di stampo mafioso (intimidazioni e violenze). Le aree di contatto esplorate nel catanese, anche per provvedimenti di natura amministrativa, sono quelle che hanno portato allo scioglimento di quattro consigli comunali: in primo luogo, quello di Adrano, uno dei vertici del triangolo - con Paternò e Biancavilla - della cosidetta mafia dell'hinterland catanese, il cui processo si è concluso di recente con l'accoglimento della tesi accusatoria sostenuta dai colleghi Zuccaro e Petralia, un processo durato oltre due anni. Altro consiglio comunale sciolto è stato quello del comune di Misterbianco, nel quale si è verificata una diffusa illegalità nel campo degli apppalti; questo comune ricade nell'area del clan del Malpassoto, cioè di Pulvirenti Giuseppe, ed in esso si sono verificati fatti di sangue significativi come l'omicidio del boss locale Mario Nicotra, detto Tuppu, a cui è succeduto Pino Orazio, sottoposto a procedimento penale e condannato per associazione di stampo mafioso. A Misterbianco si è anche verificato l'omicidio di Arena Paolo, uomo politico e amministratore locale. Il terzo comune è Mascali, dove si è svolta la "vicenda Susinni", che ha un profilo processuale e amministrativo (che culmina nel rigetto delle dimissioni del sindaco del tempo, Susinni, perseguito penalmente) e forse anche politico - non voglio entrare nel campo della politica - perché dopo che il Susinni era uscito da un partito, il consenso popolare gli ha consentito di tornare nel consiglio regionale (probabilmente ha un seguito abbastanza forte nella zona). Nel comune di Mascali si è verificato, tra l'altro, l'omicidio di un certo Di Mauro, tecnico del comune (Susinni è stato perseguito per reati contro la pubblica amministrazione). Si sono verificati, e sono stati accertati in quel processo, contatti con piccoli malavitosi locali, ai quali erano stati affidati servizi come quello della rimozione delle auto, che pare fosse, per il comune di Mascali, inutile. Tra l'altro, sono stati riscontrati contatti con amministratori Pag. 255 di altri enti pubblici, anche loro indagati nel processo contro Pulvirenti ed altri. Infine, è intervenuto lo scioglimento del comune di Niscemi: ne parlo solo perché stranamente, pur appartenendo alla provincia di Caltanissetta, rientra nell'area di competenza della direzione distrettuale antimafia di Catania. Delle vicende di criminalità organizzata di Niscemi si è occupata la procura di Caltagirone. Altro punto di contatto è quello della canalizzazione delle risorse - che può essere programmata o occasionale, a volte a favore di organizzazioni mafiose - attraverso quelle che quando ero giudice presso la sezione commerciale chiamavo "saie", un termine che viene dall'arabo e che in Sicilia è molto diffuso: la saia è il canale attraverso cui passa l'acqua per raggiungere i campi da irrigare, ma in questo caso ci si riferisce al fenomeno delle provvidenze a favore delle società cooperative che, a quel tempo, si costituivano in gran numero (addirittura migliaia in un anno) e non ci davano neppure lo spazio per respirare, perché per l'omologazione dovevamo consultare tantissime pratiche di costituzione di società che vivevano lo spazio di un mattino. Infatti, esse, conseguita la provvidenza (o non conseguita perché arrivavano tardi) sparivano. Di uno schema così peculiare di riciclaggio e di progressione nel riciclaggio (che per noi rappresenta solo un'ipotesi) vi parlerà il collega Bertone. Un altro punto concerne il mantenimento della situazione attuale della legislazione. In proposito intendo riprendere un discorso che ho già avuto occasione di fare davanti al rappresentante di questa Commissione il 12 novembre 1990. Ero da pochi mesi procuratore di Catania quando fui invitato a partecipare ad una riunione promossa dall'allora Capo dello Stato e convocata dal Consiglio superiore della magistratura; ad essa parteciparono, oltre al Capo dello Stato, i rappresentanti del Parlamento e della Commissione antimafia: mi riferisco ai discorsi relativi alla farraginosità e oscurità dei testi e alla legislazione per decreto. Su questo punto recentemente ho letto uno scritto di Giolitti che lamentava, nel 1922, il fatto che la decretazione privasse il Parlamento della sua funzione, fino a creare una forma di legislazione dell'esecutivo. A proposito di legislazione per decreto debbo dire che rincorriamo continuamente le norme. Già nella mia esperienza di consigliere della sezione lavoro della Corte di cassazione avevo potuto osservare l'iter di decreti non convertiti entro i termini, riproposti per quattro o cinque volte con modifiche e poi convertiti con la clausola per la quale tutti i rapporti sorti sulla base di quelle disposizioni restano validi. Ciò ci costringe ad una sorta di scansione temporale nell'esame delle singole fattispecie. Certamente ciò non aiuta nell'attività che si deve svolgere, perché può accadere, non tenendo conto di qualcuna di queste scansioni o di qualcuna di queste norme modificate all'ultimo momento, di incappare in qualche errore o svista. Quindi, la legislazione per decretazione, che si aggiunge alla farraginosità dei testi - e che tra l'altro costituisce non una mia considerazione o un mio spunto ma qualcosa che la Corte costituzionale ha già rilevato nel 1988 con la sentenza n. 364 e che ha recentemente richiamato con la sentenza n. 185 del 1992 a proposito dell'oscurità di un testo legislativo -, porta certamente ad una situazione di questo genere: il cittadino non ha la possibilità di controllare da sé la portata del precetto ma ha bisogno di una mediazione, non ha la certezza della propria posizione, cioè la certezza di non dover essere censurato per il modo di comportarsi. Allora, questo cittadino, che improvvisamente si accorge di aver inavvertitamente violato una norma e che si rende conto che tutti gli altri attorno a lui ugualmente la violano, ha due possibilità: uscire da quel gruppo, da quel contesto, da quella collettività e restare solo (ma restare solo è una cosa un po' Pag. 256 pesante) oppure continuare con quel comportamento, che è illecito, che indurisce la coscienza, che piano piano lo conduce a violazioni sempre più gravi e che lo avvicina sempre più ad un'area nella quale può entrare, e nella quale normalmente entra, senza tentennare, come invece potrebbe fare se avesse una lunga consuetudine con l'osservanza delle norme. Mi sono detto e mi dico che questo dovrebbe essere, ed è, un punto - ma è uno - che possiamo sforzarci di sostenere per cercare di combattere la criminalità organizzata; infatti, essa si combatte anche in questo modo, con la certezza dei comportamenti. A voi, che siete tutti parlamentari, vorrei oggi qui rivolgere proprio un appello, un'esortazione, una preghiera, un invito a limitare i precetti penalmente sanzionati - ricercando quel diritto penale comunque ridotto di cui parla la dottrina -, riducendoli a quelli essenziali del patto sociale, nonché a scrivere le leggi in modo che la loro comprensione sia possibile per un maggior numero di cittadini al fine di procedere verso quella che negli ultimi tempi sembra sempre più una chimera, cioè verso la certezza del diritto. Credo che con ciò, con la risposta immediata dello Stato al trasgressore, si potrà ottenere la crescita dell'immagine delle istituzioni e quella conseguente del livello di adesione spontanea ai precetti, con la contrazione delle disponibilità agli arruolamenti nel campo della criminalità. Ogni tanto faccio un piccolo esempio: non basta soltanto questo, perché per poter raggiungere nel nostro paese una situazione che si possa definire fisiologica (pensare di eliminare il male e di cancellare le trasgressioni è a mio giudizio utopistico), credo occorra... PRESIDENTE. Mi scusi, signor procuratore, la inviterei se possibile ad attenersi al tema materiale ed ai dati concreti; poi magari possiamo affrontare anche questi temi, diciamo così, più futuribili. GABRIELE ALICATA, Procuratore distrettuale della Repubblica di Catania. Ho finito, per quanto riguarda questo argomento. Vorrei soltanto aggiungere che tra gli argomenti che interessano la Commissione risulta segnato con evidenza quello relativo alle misure di prevenzione: purtroppo in questo momento posso farne soltanto cenno, mentre il collega Patanè potrà dare qualche ulteriore indicazione. Certamente mi sono premurato in ordine al tema delle misure di prevenzione, perché noi ce ne preoccupiamo già da parecchio tempo facendo valere tali misure nei confronti di tutti. Dato che, stando ad un'intervista rilasciata dal presidente Violante alla stampa nel palermitano, dalle audizioni non risulta essere emerso che siano state adottate misure patrimoniali e che siano stati operati sequestri nei confronti di Riina e di Santapaola... PRESIDENTE. Di Riina. GABRIELE ALICATA, Procuratore distrettuale della Repubblica di Catania. Anche di Santapaola. PRESIDENTE. Qui è emerso solo di Riina e non di Santapaola. GABRIELE ALICATA, Procuratore distrettuale della Repubblica di Catania. Ho letto questa intervista su la Repubblica, che riportava anche il nome di Santapaola. Ma se non è così, non dico più nulla. Ricordavo perfettamente... PAOLO CABRAS. Anche Santapaola avrà un patrimonio, penso! GABRIELE ALICATA, Procuratore distrettuale della Repubblica di Catania. A Catania questo patrimonio è già sottoposto... vi è un custode che lo amministra. PAOLO CABRAS. Quindi, sono state già adottate delle misure. Pag. 257 GABRIELE ALICATA, Procuratore distrettuale della Repubblica di Catania. Certamente, ma non da ora, da molto tempo, cioè da quando cominciò ad emergere la personalità criminale di Santapaola. Misure di prevenzione vengono adottate ogni volta che compiamo queste operazioni contro i vari clan della nostra zona, come è avvenuto con i Laudani e con la moglie del Di Salvo, che figurava proprietaria di tutta l'azienda del marito; siamo riusciti a mettere sotto sequestro anche questi beni. A questo punto vorrei dare la parola ai colleghi D'Agata e Patanè. PRESIDENTE. Il procuratore non ha affrontato tutta una serie di temi rinviandone ai suoi colleghi la trattazione, in modo che emerga un quadro concreto della situazione. A chi dà la parola, signor procuratore? GABRIELE ALICATA, Procuratore distrettuale della Repubblica di Catania. Per le misure di prevenzione, al collega D'Agata, il quale potrà fornire delle indicazioni. A tale collega faccio presente che il presidente ha precisato di aver parlato soltanto di Riina e non anche di Santapaola... PRESIDENTE. Di Riina e Provenzano, non di Santapaola. GABRIELE ALICATA, Procuratore distrettuale della Repubblica di Catania....perché quella dichiarazione riportata su la Repubblica non corrisponde al vero. PRESIDENTE. Comunque, la Commissione possiede gli atti delle vostre misure di prevenzione nei confronti di Santapaola. VINCENZO D'AGATA, Sostituto procuratore distrettuale della Repubblica di Catania. Se può essere utile, posso riferire anche sulle misure adottate per Santapaola. Ho davanti a me un quadro riassuntivo che riguarda un po' tutte le famiglie tradizionali di Catania: le famiglie Santapaola ed Ercolano (che sono praticamente la stessa famiglia), Laudani, Mangion (che pure fa parte del gruppo Santapaola). Per quanto si riferisce a Benedetto Santapaola va detto che il tribunale il 21 luglio 1984, su nostra proposta, ha disposto con decreto il soggiorno obbligato per cinque anni, la confisca dei beni e la revoca del sequestro di alcune aziende. E' questa la misura che è stata adottata a suo tempo, poi è stata appellata, è stata confermata la confisca per determinati beni e la Cassazione ha rigettato il ricorso; quindi, per quanto riguarda Santapaola, resta questa misura, che è stata eseguita per la parte relativa ai beni, mentre per quella personale ovviamente rimane un po' nel limbo delle aspettative che dovrebbero realizzarsi. Vi sono poi ancora altri nominativi, sempre del gruppo Santapaola: nei confronti di Giuseppe Santapaola, se non sbaglio fratello di Benedetto, dopo una proposta nel 1983, che il tribunale ha rigettato, è intervenuta una successiva proposta nel 1987, accolta nel 1988; sono stati imposti tre anni di sorveglianza speciale con cauzione (si tratta di sorveglianza a norma della legge del 1965). Questa misura è stata confermata dalla corte d'appello, ma purtroppo è stata annullata dalla Cassazione. PRESIDENTE. Da quale sezione? VINCENZO D'AGATA, Sostituto procuratore distrettuale della Repubblica di Catania. Purtroppo non l'ho rilevato; suppongo si tratti della prima sezione, perché queste misure venivano sempre trattate dalla prima (Cenni di assenso del giudice Patanè). Il collega Patanè me lo conferma. Anche quella del padre di Ferlito, sulla strage sulla circonvallazione di Palermo, fu annullata da quella sezione. PRESIDENTE. Avete copie di queste decisioni? Pag. 258 MICHELANGELO PATANE', Magistrato della direzione distrettuale antimafia di Catania. Si possono acquisire. VINCENZO D'AGATA, Sostituto procuratore distrettuale della Repubblica di Catania. Per quanto riguarda un altro congiunto di Santapaola, cioè Santapaola Francesco, c'è una proposta del 1987, sempre accolta dal tribunale. Purtroppo, abbiamo avuto la sfortuna di vedere vanificate queste misure nei gradi successivi. Anche qui erano previsti tre anni di obbligo di soggiorno con cauzione. La corte d'appello ha rigettato, la Cassazione ha annullato con rinvio alla corte d'appello il 20 novembre 1989, che dispone sorveglianza speciale senza cauzione. Per Santapaola Francesco, perciò, si passa dalle disposizioni della legge del 1965 a quelle della legge del 1956, cioè non è più considerato mafioso dalla Cassazione. Poi vi sono altri esponenti minori della famiglia - intesa come vincoli di sangue - Santapaola. Mi riferisco a Salvatore Santapaola del 1928 e a Vincenzo, Angelo ed Antonino Santapaola, tutte persone per le quali sono state avanzate proposte che hanno avuto sorte varia. Sempre nell'ambito della famiglia Santapaola, vi è poi il gruppo di Ercolano. Per Gianbattista Ercolano vi è stata la proposta n. 2787. Per Ercolano Giuseppe, esponente di primo grado del gruppo, vi sono state ben cinque proposte, l'ultima delle quali del 1989. Il tribunale gli diede la sorveglianza speciale con divieto di soggiorno in Sicilia e dispose anche il sequestro e la confisca dei beni. Il 28 giugno 1990 il tribunale di Catania ha sospeso il procedimento in applicazione delle modifiche introdotte con la legge n. 55 del 1990. Un'altra proposta è arrivata al tribunale il 10 luglio 1991, con richiesta di sorveglianza speciale, ma anche questa, ex articolo 9 della legge n. 55, è stata sospesa. Vi sono poi altre proposte su Ercolano Sebastiano ed Ercolano Salvatore, per il quale è stata chiesta anche misura patrimoniale, conclusasi con la confisca di un appartamento, di un'autovettura e di somme depositate in un libretto del Banco di Sicilia e la nomina di un curatore nella persona del dottor Pogliese Antonino. Vi è poi Aldo Ercolano, figlio di uno degli Ercolano esponenti della "vecchia guardia". Si tratterebbe di uno degli elementi emergenti della famiglia, anche perché è sposato con la figlia di Mangion, altro affiliato della banda Santapaola. Questa proposta va al tribunale l'11 maggio 1989, con richiesta di sorveglianza speciale, divieto di soggiorno in Sicilia e sequestro dei beni. Il 23 marzo 1990 vi è stata un'ulteriore richiesta di aggravamento della misura, che è stata però rigettata il 31 maggio 1990 dal tribunale. Avverso questa misura è stato proposto appello da parte nostra. Potrei continuare elencando le misure dei Laudani, per i quali sono state avanzate proposte sia personali sia patrimoniali. Se la Commissione preferisce, potrò inviare un estratto per iscritto. PRESIDENTE. Sì, può farci avere una nota scritta. VINCENZO D'AGATA, Sostituto procuratore distrettuale della Repubblica di Catania. Senz'altro. Abbiamo seguito con particolare impegno la vicenda di Dens Gertrud, che assieme a Di Salvo ... PRESIDENTE. L'intestataria di un'azienda di trasporti? VINCENZO D'AGATA, Sostituto procuratore distrettuale della Repubblica di Catania. Sì. Ci fu una prima proposta di sequestro che non ha avuto fortuna e poi un'altra che ha avuto miglior fortuna. Passo ora ad una panoramica generale. Le proposte, sia patrimoniali sia personali, hanno un ritmo costante mensile. Per fornire un dato preciso, faccio riferimento al mese di ottobre. Sono state inoltrate al tribunale sette richieste di misure personali e cinque di misure patrimoniali, ex legge n. 575 del 1965, cioè per appartenenti ad organizzazioni di stampo mafioso. Sempre nel mese di Pag. 259 ottobre sono state avanzate altre 29 proposte ex legge del 1956, quindi fuori dall'ambito che interessa questa Commissione. Per quanto riguarda gli orientamenti in genere, posso anticipare che con il collega Patanè stiamo seguendo da più di un anno una grossa indagine, che abbiamo demandato alla Guardia di finanza, sulle società finanziarie, cioè un aspetto piuttosto delicato, e che è ancora in corso. Sotto il profilo dei tempi, spesso dobbiamo fare i conti con le disponibilità della Guardia di finanza, oberata da moltissimi impegni. Tra l'altro, indagini di questo genere sono particolarmente complesse ed estese. Stiamo avviando alcune pratiche per l'applicazione dell'articolo 24 della legge 7 agosto 1992, n. 356. Riteniamo che questo strumento dovrebbe consentirci in tempi rapidi di mettere sotto sequestro alcuni beni ed alcuni patrimoni. In particolare, a Catania si è sviluppato con caratteristiche accentuate il fenomeno dell'infiltrazione negli esercizi di vendita di confezioni e soprattutto nei bar. In questo campo, qualche indagine è avviata verso buoni risultati. Sempre in applicazione delle disposizioni dell'articolo 12 e dell'articolo 24 ... PRESIDENTE. Quando cita il numero dell'articolo può dire a quali disposizioni fa riferimento? VINCENZO D'AGATA, Sostituto procuratore distrettuale della Repubblica di Catania. L'articolo 24 innova sostanzialmente in materia di misure patrimoniali, perché segue un iter diverso. Mentre prima cercavamo di arrivare al patrimonio attraverso la persona, con le disposizioni dell'articolo 24 si aggredisce il bene a prescindere da quest'ultima, perché ad un certo momento dalle indagini emerge che si tratta di un bene ... PRESIDENTE. L'aspetto innovativo è che vi è l'inversione dell'onere della prova. VINCENZO D'AGATA, Sostituto procuratore della Repubblica distrettuale di Catania. In sintesi, e più tecnicamente, vi è l'inversione dell'onere della prova. Sono già state avanzate direttamente dal questore otto di queste richieste (ne siamo stati informati) che riguardano anche nominativi di notevole spicco: si tratta di Mangion Giuseppe, figlio del Mangion affiliato del gruppo Santapaola, Nania Antonino, genero di Santapaola e titolare - sembra - di molti beni tra cui un bar di Catania, Dens Gertrud, Cannizzaro Francesco (elemento di spicco del gruppo Santapaola condannato per traffico di stupefacenti) ed altri. PRESIDENTE. Dal momento che in questa fase stiamo rivolgendo una particolare attenzione al rapporto mafia-politica e mafia-istituzioni, nell'ambito delle indagini riguardanti le misure di prevenzione come si configurano questi rapporti? VINCENZO D'AGATA, Sostituto procuratore distrettuale della Repubblica di Catania. In questo settore non è emerso nulla di particolarmente concreto. GABRIELE ALICATA, Procuratore distrettuale della Repubblica di Catania. Una misura proposta nei confronti di Pulvirenti è stata istruita dal collega Patanè. VINCENZO D'AGATA, Sostituto procuratore distrettuale della Repubblica di Catania. Siamo sempre fuori dall'ambito delle indagini patrimoniali. Sotto il profilo della contiguità di tipo politico, mi soffermo su quanto è emerso a suo tempo nel caso Di Salvo il quale, forte delle sue potenzialità economiche e del suo potere di intimidazione (che in alcuni casi si manifestò proprio con atti di aggressione verso altri esponenti politici), ad un certo momento si fece eleggere consigliere comunale. Tutto ciò però emerge da processi e non dalle misure di prevenzione che - lo ripeto - Pag. 260 costituiscono un ambito in un certo senso molto caratterizzato, in cui non è emerso nulla di specifico. MICHELANGELO PATANE', Magistrato della direzione distrettuale antimafia di Catania. La materia è già stata ampiamente trattata dal dottor D'Agata e quindi non ho molto da aggiungere. In tema di misure di prevenzione, mi sono occupato dei casi di due personaggi politici nei confronti dei quali sono state proposte misure di questo tipo: si tratta di Di Giacomo, che ha rivestito la carica di assessore comunale in un grosso centro della provincia etnea .... PRESIDENTE. Qual è questo centro? MICHELANGELO PATANE', Magistrato della direzione distrettuale antimafia di Catania. Si tratta di Zafferana. A carico del Di Giacomo avevo chiesto il divieto di soggiorno nel periodo in cui tale misura si poteva proporre anche a carico degli indiziati di mafia. Il tribunale è andato in contrario avviso applicando soltanto la sorveglianza speciale senza il divieto di soggiorno ed il soggetto in questione è stato in un primo tempo vittima di un attentato e successivamente ucciso. Tutto ciò in pendenza del mio appello. L'episodio più rilevante è quello che riguarda un deputato regionale coinvolto nel procedimento contro Pulvirenti. PRESIDENTE. Qual è il suo nome? MICHELANGELO PATANE', Magistrato della direzione distrettuale antimafia di Catania. Si tratta dell'onorevole Alfio Pulvirenti, che peraltro era membro della Commissione regionale antimafia. PRESIDENTE. Per ragioni di competenza! MICHELANGELO PATANE', Magistrato della direzione distrettuale antimafia di Catania. Aveva una competenza specifica e proprio questo argomento è stato usato contro di lui: mi è apparso infatti ben poco verosimile che un avvocato, per altro componente della Commissione regionale antimafia, non sapesse quali erano i suoi interlocutori, che tipo di attività svolgevano e che cosa c'era dietro. Costui è stato coinvolto nel procedimento contro l'omonimo Pulvirenti e nei sui confronti pende un procedimento per l'applicazione di misure di prevenzione, la cui trattazione è stata rinviata per motivi di salute dell'interessato ma di qui a poco sarà ripresa. Vi è poi l'episodio del consigliere comunale Di Salvo al quale abbiamo già accennato. Non ricordo al momento altri esempi, ma credo che non ve ne siano. PRESIDENTE. Il procuratore ha accennato all'inizio ad uno scambio tra captazione del consenso e canalizzazione delle risorse. Come emerge questo meccanismo? MICHELANGELO PATANE', Magistrato della direzione distrettuale antimafia di Catania. Questo è stato l'oggetto del procedimento penale contro Pulvirenti ed altri, su cui si può soffermare più diffusamente il collega Bertone, che lo ha trattato specificamente per la parte relativa alle indagini in sede penale. AMEDEO BERTONE, Magistrato della direzione distrettuale antimafia di Catania. Su questo tema abbiamo già riferito in occasione di un precedente incontro con la Commissione antimafia che si è svolto nell'immediatezza del fatto. Ci troviamo di fronte ad un gruppo mafioso (che fa capo al latitante Giuseppe Pulvirenti) e ad un candidato alle elezioni politiche regionali, l'onorevole Alfio Pulvirenti per altro, come ricordava il collega, componente della Commissione regionale antimafia, il quale fa ricorso al suddetto gruppo proprio nell'imminenza delle elezioni regionali. Attraverso un servizio di intercettazioni telefoniche appositamente disposto nel corso delle Pag. 261 indagini sul gruppo mafioso, è stato possibile accertare le tappe dell'approccio con quest'ultimo. Sono stati così ricostruiti in qualche modo i termini dello scambio tra l'apporto del gruppo mafioso e la contropartita offerta dall'onorevole Pulvirenti, il quale era uscente nella precedente legislatura. Come avveniva questo scambio, almeno secondo quanto è possibile sapere sulla base delle intercettazioni telefoniche e comunque delle dichiarazioni di uno degli imputati? PRESIDENTE. Come è entrato nel Consiglio regionale se non fu eletto? AMEDEO BERTONE, Magistrato della direzione distrettuale antimafia di Catania. Non era stato rieletto ma, essendo il primo dei non eletti, è subentrato all'onorevole Bianco il quale si è dimesso per candidarsi alle elezioni politiche. Lo scambio avveniva attraverso un doppio binario. Vi era da un lato la contrattazione tra il politico e il mafioso, che si svolgeva attraverso la promessa e la consegna di denaro oppure mediante la promessa di un'utilità come, per esempio, l'acquisto di tessere teatrali o un'intermediazione volta ad assicurare l'assegnazione di spettacoli alla compagnia teatrale di cui era titolare la convivente del boss; dall'altro lato vi è il rapporto tra il mafioso e l'elettore, che avveniva attraverso l'intimidazione e il presidio dei seggi elettorali, soprattutto nella zona di Misterbianco che è sotto l'influenza del Malpassotu; in alternativa, il rapporto si esplicava attraverso la consegna di buoni benzina che venivano consegnati o promessi agli elettori. Per questo stesso procedimento è stata avanzata richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti dell'onorevole Gunnella. L'autorizzazione - ahimé - non è stata concessa, anche perché si era alla scadenza della legislatura; comunque, poiché l'onorevole non è stato rieletto, si è proceduto nei suoi confronti ed egli è stato rinviato a giudizio per il procedimento che avrà luogo a dicembre. L'esperienza giudiziaria ha consentito di cogliere altri profili dello scambio di voti durante il periodo elettorale, anche se talora le cognizioni sono successive di anni rispetto allo svolgimento delle elezioni. Nell'ambito di un'indagine ancora in corso si è potuto accertare che, nel territorio della procura distrettuale, un candidato sarebbe stato eletto attraverso l'apporto di voti mafiosi. Le dichiarazioni di qualche imputato hanno consentito di individuare quel candidato sponsorizzato da Cosa nostra e che comunque è in pugno al gruppo mafioso. Altri episodi sono quelli di cui credo possa riferire il collega Amato. D'altronde siamo nel corso delle indagini preliminari e mi sembra prematuro parlarne. Passerei ora ad un altro argomento per il quale sono stato tirato in ballo. Un aspetto del quale ci siamo occupati di recente è quello del riciclaggio delle ricchezze e dei beni illecitamente acquisiti. Abbiamo potuto verificare l'impiego in attività economiche di beni provenienti da rapine: sulla base di indagini compiute dai carabinieri si è accertato che un supermercato utilizzava sostanze alimentari provenienti da rapine a TIR o ad autotreni consumate nel periodo immediatamente precedente. Sul piano investigativo si sta esplorando la possibilità di ulteriori forme di riciclaggio della ricchezza illecitamente acquisita attraverso la creazione di società fiduciarie che non consentono l'individuazione delle persone realmente interessate alla gestione delle stesse. Occorre considerare che per rimuovere gli ostacoli che si frappongono alla creazione di tali società è necessaria una mediazione politica. PRESIDENTE. Il procuratore della Repubblica ha fatto riferimento alla captazione del consenso e alla canalizzazione delle risorse. Francamente non potete non riconoscere che, se ciò si limita all'assegnazione di spettacoli teatrali e di buoni di benzina, l'utilità che ne ricava la mafia è scarsa. Pertanto vorrei un'approfondimento su questo aspetto. Tra l'altro, vi è già una decina di dispacci di agenzia Pag. 262 sugli arresti fatti oggi, con l'indicazione dei nomi; la tenuta del segreto istruttorio, a questo punto, mi pare sia venuta meno. AMEDEO BERTONE, Magistrato della direzione distrettuale antimafia di Catania. Ho parlato della mia esperienza e di quanto è emerso dalle indagini di cui mi sono occupato. La mia non è una visione riduttiva del fenomeno, in quanto ho riferito ciò che è stato accertato. CARMELO ZUCCARO, Magistrato della direzione distrettuale antimafia di Catania. Se si vogliono chiarimenti sulle misure adottate in data odierna, il presidente dovrebbe dare la parole al procuratore aggiunto Busacca. PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PAOLO CABRAS CARMELO ZUCCARO, Magistrato della direzione distrettuale antimafia di Catania. Poiché devo parlare di due procedimenti per i quali sono in corso le indagini, chiedo che la seduta sia segreta. PRESIDENTE. Sta bene. Da questo momento i nostri lavori continuano in seduta segreta. Dispongo la disattivazione del circuito audiovisivo interno. (La Commissione procede in seduta segreta). PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori in seduta pubblica. Dispongo la riattivazione del circuito audiovisivo. Do la parola al dottor Amato. MARIO AMATO, Magistrato della direzione distrettuale antimafia di Catania. Vorrei fare una premessa, tenuto conto che per capire la realtà giudiziaria del distretto di Catania occorre comprendere quali siano i problemi della città e di coloro che ogni giorno hanno il compito di affrontarli. Poco fa, con un po' di rammarico, il presidente Violante ha messo in evidenza come la proposizione del procuratore "consenso e canalizzazione della ricchezza" non sia emersa in modo così evidente come tutti si aspettavano questa sera. Purtroppo, credo che non sia vero in base a quanto si è potuto desumere dai risultati acquisiti ed analizzati. Per poter capire quali siano gli approdi processualmente significativi, bisogna considerare che Catania è caratterizzata da un fortissimo degrado sociale ed amministrativo, tutt'altro che marginale: a questa mia affermazione, fatta qualche giorno fa nel corso di una riunione pubblica, è stato risposto che i quartieri-ghetto esistono in tutte le città. Non è così, perché a Catania il numero dei quartieri-ghetto rispetto a quello dei quartieri che non lo sono è talmente alto che il magistrato si trova continuamente di fronte alla necessità di tamponare le emergenze. Purtroppo, le emergenze quotidiane, a Catania, riguardano gli omicidi: dall'inizio dell'anno al 10 novembre 1992, a Catania si contano 97 morti ammazzati. Se poi lorsignori considerano il distretto nel quale, dopo la creazione delle direzioni distrettuali, ci muoviamo, avranno ben chiaro come il ruolo del magistrato sia difficile. Come dicevo, in primo luogo si pone il problema dei risultati concreti di fronte ad una realtà emergente. Sotto un altro punto di vista, occorre chiarire cosa sia il fenomeno criminale e mafioso a Catania perché forse tutti, forti dell'esperienza più nota di Palermo, lo individuano nel modello di Cosa nostra. Non è così, perché a Catania la criminalità è stratificata nel senso che vi è una fortissima criminalità diffusa nel territorio e poi vi è un altro livello di criminalità probabilmente collegata a Cosa nostra di Palermo e che incide maggiormente nel settore dell'impresa. Immagino, infatti, che un noto personaggio come Santapaola ormai sia un imprenditore e non svolga attività criminale. GIUSEPPE MARIA AYALA. C'è un ricambio. Pag. 263 ALFREDO GALASSO. Può succedere anche il contrario. MARIO AMATO, Magistrato della direzione distrettuale antimafia di Catania. Sotto questo profilo, l'impatto quotidiano dei magistrati è stato quello di far fronte a questa realtà; perciò la maggior parte dei processi di criminalità organizzata dell'ultimo biennio ha preso di mira i gruppi che controllano il territorio dal punto di vista dei reati contro il patrimonio, del traffico di stupefacenti e così via. Certamente, non sono stati pretermessi, anzi sono più che mai in via di acquisizione e di definizione delle indagini preliminari, i processi che riguardano l'altro livello di criminalità, cioè quello che più direttamente è collegato con Cosa nostra di Palermo. Anche a livello delle organizzazioni più modeste, credo vi siano collegamenti - conclamati dal punto di vista probatorio - con ambienti politici. I colleghi ne hanno parlato nel corso dei loro interventi ed io cercherò di ricordare alcuni processi nei quali è stato confermato il rapporto tra criminalità ed ambienti politici. Desidero unirmi agli altri nel dire che per capire dove vadano i flussi di ricchezza bisogna disporre di strutture adeguate; mi riferisco in particolare alle forze di polizia ed alla Guardia di finanza. Non so se sia una realtà di Catania o di tutto il territorio nazionale, ma la forza di polizia giudiziaria specialistica, purtroppo, essendo impegnata nei molteplici compiti d'istituto, spesso non riesce a dare risposte adeguate alle istanze che provengono dalla magistratura inquirente. PRESIDENTE. A Catania vi è un gruppo del GICO? MARIO AMATO, Magistrato della direzione distrettuale antimafia di Catania. Sì. PRESIDENTE. Il GICO è stato costituito apposta per svolgere un'attività specialistica (società finanziarie ed intermediazione finanziaria). MARIO AMATO, Magistrato della direzione distrettuale antimafia di Catania. Sì, ma in termini di strutture... PRESIDENTE. Lei denuncia un'inadeguatezza? MARIO AMATO, Magistrato della direzione distrettuale antimafia di Catania. Sì. Nel processo di cui parlava poc'anzi il collega Bertone - processo noto per il collegamento tra il gruppo malavitoso facente capo a Pulvirenti Giuseppe, latitante da più di 14 anni, e gli accertati brogli elettorali - sono emerse altre figure, diverse dall'onorevole Pulvirenti, che hanno fatto ricorso all'organizzazione criminale per avere sostegni economici. Cito ad esempio Rapisarda Giovanni (nato ad Acireale il 4 luglio 1954) candidato nella lista della democrazia cristiana, il quale, come il Pulvirenti ma in posizione diversa perché in tempi diversi, si è rivolto al gruppo del Malpassotu per avere voti pagando in cambio diverse decine di milioni. Al di là del mercimonio voti-prezzo, si innestava (come è emerso nel corso delle indagini preliminari) una serie di reati amministrativi da parte di diversi consiglieri ed assessori del comune di Acireale, i quali, al fine di favorire Rapisarda, che pur non avendo un ruolo elettivo nel comune di Acireale era in una posizione carismatica rispetto agli altri, commettevano diversi reati contro la pubblica amministrazione, nel senso che adottavano determinate deliberazioni favorevoli alla convivente di Pulvirenti Angelo, fratello di Giuseppe, capo dell'organizzazione del Malpassotu. Si è parlato poc'anzi di Litrico, che entra in questo processo in qualità di imputato, essendo un elemento di collegamento tra il Malpassotu, l'onorevole Gunnella, nei cui confronti si è proceduto ed è stata chiesta l'autorizzazione a procedere, e l'onorevole Pulvirenti. La figura Pag. 264 di Litrico è variegata tanto che, tratto in arresto per questo procedimento, è stato raggiunto da diverse ordinanze di custodia cautelare relative al periodo in cui lo stesso ricopriva la carica di assessore al bilancio nel comune di Catania. In particolare, un procedimento di cui mi sono interessato in prima persona riguardava il reato di concussione commesso da Litrico, il quale, essendo presidente di una commissione di esami per la nomina dei bidelli nella scuola di Catania, pretendeva da ciascun candidato 8 milioni di lire, promettendo in cambio la vittoria del concorso, promessa che poi puntualmente non manteneva. Peraltro, sempre nell'ambito del procedimento, è emerso un collegamento tra il Litrico stesso ed un altro deputato nazionale; in questo procedimento si è proceduto per il reato di millantato credito a carico del Litrico, il quale, usando il nominativo del deputato nazionale, sottosegretario per le finanze, prometteva ai terzi ignari l'assunzione presso uffici periferici dipendenti dall'amministrazione delle finanze. Nell'ambito del distretto di Catania si è avuto anche l'arresto di un altro componente l'assemblea regionale, cioè dell'onorevole Butera; si tratta di una vicenda i cui atti sono stati trasmessi, nell'ambito di un procedimento di criminalità organizzata più ampio, alla procura distrettuale di Catania, ma il provvedimento di rigore a carico dell'onorevole Butera per brogli elettorali è stato adottato su richiesta della procura della Repubblica di Caltagirone. Altro processo di interesse, cui ha fatto riferimento il collega Patanè, è quello a carico dell'ex assessore del comune di Zafferana Di Giacomo (poi ucciso), in quanto ha accertato che un gruppo organizzato facente capo all'organizzazione cosiddetta dei Cursoti, attraverso il controllo di determinate finanziarie, riusciva a riciclare i proventi di attività delittuose inerenti alla gestione di tali attività poste in essere dall'organizzazione stessa. Queste attività delittuose si protraevano fino a Roma e si concretizzavano proprio nel controllo di tre società finanziarie. Infine, altro procedimento di un certo interesse è quello scaturito dal sequestro di titoli di credito nell'abitazione catanese dell'allora latitante Francesco Ferrera, arrestato lo scorso anno a Bruxelles; Ferrera è collegato a Santapaola, quindi fa parte del gotha della criminalità organizzata catanese. Nel corso della perquisizione sono stati sequestrati titoli e denaro contante per circa 500 milioni, se ricordo bene (comunque si trattava di una somma molto elevata). Attraverso uno o più assegni trovati in casa di Ferrera sono stati ricostruiti altri giri di titoli di credito che hanno ricondotto ad un ex deputato nazionale, l'onorevole Fagone del partito socialdemocratico italiano, e che hanno consentito la ricostruzione di una vicenda - che ha portato all'arresto di diverse persone nell'aprile di quest'anno - proprio conseguente alla vendita di pozzi in territorio periferico rispetto al centro di Catania. Ciò che mi sembra importante porre all'attenzione di questa Commissione è che, allorché si ricostruì la circolazione di diversi assegni, vennero eseguiti dei sequestri di titoli presso l'agenzia 1 del Banco di Napoli con sede a Montecitorio. Erano tutti assegni di notevole importo: si trattava di una somma pari a 500 milioni, con titoli di 100 milioni ciascuno. In quella circostanza mi sono accorto (l'ufficio ha trasmesso gli atti alla procura della Repubblica presso la pretura di Roma competente in base al luogo di accertamento del reato) che questi assegni non erano annotati nel registro obbligatorio dei movimenti superiori ai 20 milioni di lire, il che prima costituiva un fatto punito dalla legge con una contravvenzione, mentre ora credo sia stato depenalizzato. Mi sembrò molto strano che proprio a Montecitorio, dove risiede l'agenzia 1 del Banco di Napoli, non si applicasse la legislazione antimafia. Pag. 265 PRESIDENTE. Terminata l'esposizione dei signori magistrati possiamo passare alle domande. Ne vorrei formulare una. Voi sapete che non soltanto nelle deposizioni di alcuni collaboratori di giustizia (come Calderone) e non soltanto in acquisizioni recenti - basta leggere il libro di Arlacchi uscito sei mesi fa - si trovano vari riferimenti all'attività dei fratelli Costanzo. Nelle dichiarazioni del Calderone vi sono riferimenti precisi alla costituzione di consorzi di imprese guidati da Rendo, Graci e Costanzo, che si sono divisi gli appalti di dighe, aeroporti e grandi infrastrutture nell'intero territorio siciliano. Le citazioni concernenti i fratelli Costanzo riguardano non soltanto il nodo affari-politica ma anche quello mafia-affari-politica, tant'è vero che di alcuni dei Costanzo (di Carmelo e di Gino) si parla come di persone la cui contiguità consisteva anche in ospitalità concessa a meeting di mafiosi negli uffici della loro ditta ed in altri fatti di questo genere. In relazione alla pubblicazione del libro di Arlacchi e a queste risultanze di documenti processuali, quali iniziative investigative sono state attivate dalla procura di Catania su fatti concernenti un arco abbastanza ampio di anni e che riguardano il nesso mafia-politica, anche per l'influenza che questi grandi imprenditori hanno avuto sulla vita pubblica della Sicilia - in particolare di Catania - e non solo della Sicilia? Per quanto riguarda la seconda domanda, il procuratore capo mi ha già detto che si tratta di un quesito non ammesso. Io, che in questo momento svolgo le funzioni di presidente, ne prendo atto; però ripeto per chiarezza che non volevo entrare nel merito della vicenda, che conosciamo attraverso la stampa, relativa al riferimento che un imputato del processo contro Siino ed altri, incardinato a Palermo, ha fatto chiedendo di essere ascoltato da un magistrato della procura di Catania (si è trattato poi del dottor Felice Lima) in merito a rivelazioni concernenti sia il nesso affari-mafia-politica, con riferimento anche a responsabilità, imprenditori e attività di Catania, sia una vicenda ben più allarmante dal punto di vista istituzionale, quella di una presunta - e denunciata dal Li Pera - connivenza fra magistrati della procura di Palermo che dovevano giudicare gli imputati del processo Siino ed avvocati di tali imputati. So che questo stralcio del processo è stato inviato a Caltanissetta. Il mio interesse non è nel merito, ripeto, perché mi rendo conto del vostro obbligo alla riservatezza e dell'opportunità della stessa; infatti, non possiamo lamentare la riservatezza nei giorni dispari e poi praticarla in quelli pari, non possiamo farlo noi né tanto meno possiamo richiederlo ai magistrati della Repubblica. Di ciò sono ben consapevole. A me interessa sapere, nell'ambito di un'azione di coordinamento, se sia stato possibile e se sia stato utile all'accertamento della verità, che deve riguardare tutti (politici, giudici, avvocati e imputati dei processi mafiosi), che magistrati che avevano portato ad uno stadio così avanzato le indagini su questa vicenda siano stati - sembrerebbe, stando alla lettura dei giornali - informati così tardivamente dell'interesse della procura di Catania su questa vicenda, non solo per gli aspetti di merito (intreccio mafia-affari-politica) ma anche per quanto riguarda addirittura le responsabilità dei magistrati. Dato che abbiamo - e giustamente - esaltato il coordinamento tra le forze dell'ordine e la magistratura, vorrei sapere se qualcosa non abbia funzionato, a vostro giudizio, nel coordinamento anche in questa vicenda, senza - ripeto - voler entrare nel merito. PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE ALFREDO GALASSO. Mi ricollego alle osservazioni del collega Cabras. Faccio una premessa. Voglio ribadire che la nostra Commissione ha i medesimi poteri Pag. 266 dell'autorità giudiziaria e che quindi le riserve sono le medesime che i magistrati possono opporre all'autorità giudiziaria. In secondo luogo, stiamo svolgendo un'inchiesta sui rapporti tra mafia e politica ed in particolare sul cosiddetto caso Salvo Lima. Su questo abbiamo la necessità di avere il massimo chiarimento ed i maggiori elementi possibili a disposizione. Da questo punto di vista, voglio porre la questione con molta nettezza. I giornali, ancora oggi (Panorama), riportano un lungo servizio intitolato: "Sbatti l'inchiesta nel cassetto", sovratitolo: "Tangenti e Cosa nostra - La guerra di un giudice e di un superpentito", e poi la domanda: "C'è chi vuole azzerare l'inchiesta sugli appalti siciliani? E' cominciato un braccio di ferro". E' del tutto evidente che questa questione rischia di riaprire una stagione impressionante di veleni negli uffici giudiziari siciliani. Credo che abbiamo il potere-dovere di sapere. PRESIDENTE. Onorevole Galasso, come lei sa già in altra seduta era stato sollevato questo tema. Vorrei pregare i colleghi di prestare attenzione ad un aspetto: già altre volte, nei confronti di questioni e contrasti tra magistrati, un inserimento improvvido ha determinato un aumento di confusione piuttosto che una pacificazione. Sono perfettamente d'accordo con lei che questa è una questione assai grave sulla quale prima o poi occorrerà capire ed intervenire. Mi chiedo se non sia il caso - e lo rimetto alla sua sensibilità, poi valuteremo - di evitare di stimolare una delle magistrature degli uffici giudiziari che potrebbe essere parte di un eventuale conflitto con altri uffici giudiziari su questo tipo di questioni. Credo che quando questa o altra seduta sarà conclusa potremo fare una valutazione complessiva su come si pone questa questione e affrontare specificatamente il tema dei conflitti o delle ipotesi relative ad alcuni magistrati. Lei comprende che, altrimenti, prescindendo da questa valutazione, qualunque tipo di notizia o di informazione che riguardi un conflitto tra uffici giudiziari o magistrati, giusto o sbagliato che sia, rischia di aprire un fronte da cui non si esce in poco tempo, paralizzando una serie di uffici e di attività giudiziari. Rimetto l'argomento alla vostra sensibilità. ALFREDO GALASSO. Mi dispiace di non poter essere d'accordo con questa posizione, perché oltre tutto nel servizio giornalistico di cui ho parlato si fa riferimento proprio a Lima come uno dei personaggi politici chiamati in causa. L'esperienza di molti anni mi suggerisce di ritenere che, prima si interviene a far chiarezza su queste questioni, minori sono i veleni che si vanno accumulando. Lo dico con grande convinzione e senso di responsabilità, ripeto per l'esperienza fatta in molte sedi istituzionali di questi anni. E' assolutamente indispensabile che, per questo senso di responsabilità, nel momento in cui è qui il procuratore distrettuale della Repubblica di Catania, anch'egli come altri chiamato in causa, non ci asteniamo dall'informarci o dal chiedere che cosa sia succedendo, cosa è accaduto, con tutti i limiti che la nostra Commissione ha, cioè i medesimi dell'autorità giudiziaria. Sento perciò il potere-dovere di sapere cosa stia accadendo, sviluppando ulteriormente e ponendo con fermezza la domanda già posta dal collega Cabras. Sempre su questa linea, chiedo anche di avere qualche ulteriore informazione, visto che il procuratore Alicata ha parlato di oscurità dei testi legislativi e di certezza dei comportamenti. La chiarezza è necessaria non solo nei testi legislativi, ma anche nei comportamenti, nell'attività giudiziaria e via dicendo. La limpidità, la trasparenza, la certezza dei comportamenti sono qualcosa che ha un senso come valore universale se viene applicato comunque e dovunque. Rispetto alla completezza dell'informazione, mi associo al collega Cabras e ne integro la domanda. Esiste una grande Pag. 267 imprenditoria che da Catania si è sviluppata con forti, fortissimi elementi, non sospetti, di contiguità con ambienti criminali e oggi anche con i grandi affari che dominano la vita economica e politica nazionale. Sono i cavalieri del lavoro di Catania, cioè un nome ormai ricorrente dappertutto. Chiedo di sapere cosa si stia facendo in questa direzione, se vi sia qualche indagine in corso, se sussista qualche mutamento rispetto al rigetto della richiesta di applicazione di misure di prevenzione avanzata non molto tempo fa dal questore di Catania. Visto che le notizie continuano a circolare e gli elementi si accumulano in questa direzione, le notizie di stampa cominciano a riguardare anche l'ultima vicenda che definisco racket degli appalti. L'imprenditoria catanese viene toccata complessivamente: stiamo parlando della grande imprenditoria presente in consorzi e in operazioni economiche e al tempo stesso politiche di livello nazionale e, probabilmente, internazionale. Credo che questo aspetto sia estremamente importante perché è il punto di congiunzione - voglio segnalarlo ai magistrati qui presenti - tra il sistema della corruzione e quello della mafia. PRESIDENTE. Colleghi, poiché devo darvi alcune comunicazioni urgenti e delicate in merito alla seduta di domani, sospendo brevemente l'audizione dei magistrati della procura distrettuale di Catania. (I magistrati vengono accompagnati fuori dall'aula). PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, chiedo di poter continuare in seduta segreta. Dispongo la disattivazione del circuito audiovisivo interno. (La Commissione procede in seduta segreta). (I magistrati vengono nuovamente accompagnati in aula). PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori in seduta pubblica. Dispongo la riattivazione del circuito audiovisivo interno. Do ora la parola agli altri colleghi che desiderano intervenire. MASSIMO SCALIA. Nel riallacciarmi alle considerazioni del vicepresidente e del collega Galasso, desidero rilevare che, pur nel reciproco rispetto dell'autonomia del potere legislativo e di quello giudiziario, la presenza del procuratore della Repubblica distrettuale di Catania non può non suscitare (non vedo tra l'altro motivi di conflitto) interesse su una questione che la stampa (in particolare il settimanale Panorama, ma non solo) ha ripreso per ben due volte: infatti, a parte il numero uscito oggi, già la scorsa settimana su Panorama figurava una serie di rivelazioni che sembrano molto importanti. In particolare, un collaboratore di giustizia, Li Pera, dice una serie di cose che tra l'altro appaiono estremamente ragionevoli: egli infatti illustra la metodologia seguita ed in particolare il voto di scambio; si tratta di un rapporto che intercorre tra la mafia, i politici e gli imprenditori. Attorno a questo tavolo si distribuiscono gli appalti. Si tratta di una descrizione particolarmente credibile nel nostro paese, perché corrisponde ad una metodologia che un ex ministro della Repubblica ha usato, o è sospettato di aver usato, senza la presenza della mafia, che non era necessaria per il tipo di suddivisioni da attuare. Ci troviamo ora dinanzi al sostituto procuratore Felice Lima il quale (raccogliamo voci provenienti dalla stampa oltre che dagli uffici giudiziari di Catania) stava per emettere provvedimenti di custodia cautelare (si tratta di un fatto che potrà essere confermato o meno). Invece, il capo dell'ufficio decide di inviare le diverse parti dell'inchiesta alle diverse procure (Palermo, Catania e Caltanisetta) per motivi di competenza. In tale contesto, l'uomo della strada obietterebbe che uno smembramento di tali procedure non può certo rafforzarle. Conseguentemente, sempre nell'ambito - lo ripeto - della reciproca autonomia, vorrei acquisire una valutazione da parte Pag. 268 del capo dell'ufficio oltre che alcune argomentazioni (non intendo parlare di giustificazioni) che ci facciano comprendere perché si sia proceduto in questo modo. Mi sembra ragionevole porre una simile domanda che peraltro non configura alcuna ipotesi di conflitto tra diversi uffici giudiziari, dal momento che si tratta di fatti che stanno accadendo. Tra l'altro, il presidente ha comunicato che acquisirà per la Commissione il secondo rapporto del ROS che sembrerebbe convalidare buona parte delle affermazioni del Li Pera. Ritengo, in conclusione, che l'odierna audizione rappresenti un'occasione da non perdere per avere un chiarimento su tale vicenda. GAETANO GRASSO. Vorrei rivolgere alcune domande sulla questione relativa a Misterbianco. Vorrei conoscere lo stato delle indagini sull'omicidio di Paolo Arena, avvenuto nel settembre del 1991. Chiedo poi se sia possibile considerare tale omicidio come il primo atto dell'attacco mafioso alla corrente dell'onorevole Lima in Sicilia. Desidererei anche sapere come si debba valutare il disimpegno politico dell'onorevole Drago, avvenuto temporalmente tra l'omicidio Arena e l'omicidio Lima. Un'altra domanda riguarda alcune dichiarazioni di un collaboratore della giustizia pubblicate sui giornali lo scorso anno. Mi riferisco a Pietro Saitta il quale, fra l'altro, definiva Arena "uomo molto vicino a Malpassotu", oltre a richiamare una serie di fatti specifici come il problema del pozzo, al quale ha fatto riferimento il dottor Amato. Dopo queste dichiarazioni dell'ottobre 1989 la procura di Catania ha assunto iniziative nei confronti di Arena (si parlava allora di scorte da parte di uomini del Malpassotu)? Presidente, credo sia possibile rispondere all'onorevole Scalia senza entrare nel merito ... PRESIDENTE. Il mio appello ha avuto una straordinaria fortuna. GAETANO GRASSO. Intendo dire che è possibile formulare domande e risposte senza entrare nello specifico del conflitto. Penso in particolare all'ordinanza di custodia cautelare bloccata, alla parte che riguarda lo "spezzettamento" e ai motivi che sono alla base dell'invio a Palermo (che non riguarda i giudici). VITO RIGGIO. In questa utile audizione sicuramente dobbiamo dare atto ai signori magistrati del lavoro che hanno svolto. All'inizio di questa seduta il procuratore capo ci ha detto che esiste un rapporto tra il politico-amministratore - quindi non colui che dà indirizzi politici ma colui che ha la possibilità di orientare le risorse -, un sistema imprenditoriale, il cui livello è da definire in rapporto alla dimensione delle opere e all'influenza che il politico-amministratore esercita nel captare il finanziamento e la garanzia, in termini tradizionali, che gli accordi vengano rispettati. Senza voler intaccare il giusto riserbo delle autorità investiganti, un riserbo purtroppo non rispettato da tutti, tanto che poi noi siamo indotti a chiedere ... PRESIDENTE. Si dice che la moneta cattiva scaccia quella buona. VITO RIGGIO. Non si può ignorare che, al di là delle conferenze stampa, le interpretazioni talvolta così dettagliate che appaiono sui magazine creano un grosso allarme, perché danno la sensazione che si vogliano occultare talune realtà o viceversa che, attraverso la stampa, alcune falsità tendano a diventare verità. Ipotesi queste che, in uno stato di diritto, non dovrebbero avere spazio. Vorrei sapere dal procuratore capo se l'ipotesi prospettata, che evidentemente rappresenta una pista investigativa seguita in modo permanente dalla procura della Repubblica di Catania e dalle procure delle zone a rischio, stia avendo riscontri e a che livello. L'ipotesi di Pag. 269 lavoro che parte dalla richiesta di finanziamento e va fino alla garanzia mafiosa ha, in questo momento, elementi di sufficiente certezza? Mi parrebbe utile chiarire questo aspetto per rintracciare in termini analitici quello che noi più volte abbiamo detto in termini di pura descrizione sociologica, ma che non emerge in quanto emergono soltanto spezzoni di rapporti isolati, mafia-politica, mentre lei ci ha descritto un sistema. Vorrei sapere, quindi, se questa linea sia portata avanti presso la procura della Repubblica di Catania. ALTERO MATTEOLI. Vorrei formulare tre o quattro domande secche, senza fare commenti. A proposito di appalti, Costanzo, Graci, Rendo: abbiamo letto che i tre litigano tra loro ferocemente; mediatori sarebbero un tributarista, un professore ed un importante uomo politico che mettono d'accordo i tre fino a giungere ad una spartizione degli appalti, come ha detto il collega Cabras. I pentiti, un po' come alcuni magistrati (questa sera abbiamo ascoltato filosofia da parte di alcuni ed omissioni da parte di altri), si fermano quasi sempre sulla soglia del nome dell'uomo politico definito importante. Questa vicenda è ancora tutta in itinere? Vi sono provvedimenti in corso? A che punto è l'indagine sulla vicenda? Se non vado errato, il dottor D'Agata ci ha parlato delle confische dei beni. Personalmente avevo l'impressione che la magistratura non avesse percorso in modo adeguato questa strada, mentre lei, dottor D'Agata, ci ha esposto un quadro per certi aspetti tranquillizzante. Vorrei conoscere in percentuale il rapporto tra il numero delle richieste di confisca dei beni e quello delle confische realmente autorizzate. Capisco che forse non potrete rispondermi in questo momento. PRESIDENTE. Il rapporto a livello nazionale è del 10 per cento. ALTERO MATTEOLI. Intendevo riferirmi soltanto a Catania. Il dottor Busacca ci ha detto che Palermo ha una struttura di un certo tipo, mentre Catania ne ha una molto più debole: di ciò non possiamo non tener conto. Sempre lei, dottor D'Agata, quasi per inciso ci ha detto che purtroppo - vi era un po' di amarezza nelle sue parole, se ho interpretato bene - nei gradi successivi avete avuto la sfortuna di veder rigettato ciò che avevate ottenuto in primo grado. In ordine a ciò, abbiamo raggiunto il terminale oppure sono ancora in corso provvedimenti che hanno visto in primo grado successi ed insuccessi? Gradiremmo avere una percentuale per capire se sia sospetta o meno e se sia necessario, da parte della Commissione, un ulteriore approfondimento. Per quanto riguarda l'omicidio Arena, non si è voluto fare il nome, e va bene; è collegabile in qualche modo all'omicidio Lima? Ho appreso - mi pare durante la visita della Commissione a Messina, ma non ricordo come - che l'omicidio Arena sarebbe avvenuto in un momento in cui si stava indagando su una grossa società finanziaria; sinceramente non ricordo dove ho raccolto questa notizia, ma se essa risponde al vero gradirei qualche informazione in proposito, perché fino ad oggi - dico questo non tanto ai magistrati qui presenti quanto a me stesso e alla Commissione - per quanto concerne le società finanziarie disponiamo di scarsissime notizie. MARIO BORGHEZIO. Vorrei porre innanzitutto un quesito in ordine all'iter, che mi pare molto problematico e faticoso, dei procedimenti riguardanti l'adozione delle misure di prevenzione; mi sembra si tratti di procedure che hanno vita breve e difficile nella zona di Catania. Vorrei chiedere un giudizio al riguardo, in particolare relativamente all'eventuale esistenza - o sospetto dell'esistenza - di pressioni e di interventi estranei in questa delicata fase di applicazione di uno strumento così importante nella lotta antimafia. Gradirei anche un vostro parere relativamente al numero, che mi sembra molto esiguo, dei comuni Pag. 270 commissariati: ritenete che l'autorità competente - credo le prefetture - siano sufficientemente attive nel controllo della penetrazione mafiosa o comunque della malavita organizzata nei confronti degli enti locali, dei piccoli comuni (ma anche dei grandi, naturalmente)? Vorrei formulare un'osservazione circa le questioni che sono state illustrate nei vostri interventi; credo possiate convenire sul fatto che risultano esclusi da queste vicende i grandi affari. In sostanza, mi pare che nessuna di tutte queste inchieste riguardi qualcuno dei grandi appalti. Ritenete esista un clima di omertà e di protezione che avvolge i protagonisti dei grandi appalti e delle grandi imprese, più frequentemente e più notoriamente sospettati di collegamenti e chiaramente denunciati (sono stati fatti i nomi dei cavalieri del lavoro di Catania, notissimi)? Pensate che, in particolare, possano godere di appoggi e di agganci in taluni settori della pubblica amministrazione? Viene offerta da tutti i settori della pubblica amministrazione, anche dagli uffici periferici dello Stato, dalla Polizia e dalla Guardia di finanza una pari ed adeguata collaborazione? Inoltre vorrei sapere, per quanto riguarda il settore bancario, se riteniate sufficientemente approfondita ed aperta la collaborazione degli istituti bancari; infatti, questi grandi e sospetti appalti devono pur passare attraverso la delicata fase del finanziamento tramite le strutture bancarie. Sono in corso indagini in merito? In particolare, riscontrate anomalie nei comportamenti di banche nelle quali sia particolarmente presente l'attività di politici sospettati o collusi con la mafia, tenuto conto che in molte di questi istituti di credito la nomina degli amministratori è di natura politica? MASSIMO BRUTTI. Parto da un episodio che è già stato in vario modo menzionato per porre poi una domanda precisa ai nostri interlocutori. L'episodio emerge il 28 ottobre scorso in un'aula del tribunale di Palermo: il geometra Li Pera revoca il mandato al suo avvocato e lo attribuisce ad un nuovo difensore. Nel momento stesso in cui compie quest'atto comincia a diffondersi la notizia che egli ha collaborato con alcuni magistrati e che ha reso dichiarazioni rilevanti ai ROS. Vorrei conoscere questa vicenda, se possibile, un po' più direttamente e gradirei un chiarimento circa i tempi della vicenda stessa: è vero che dall'inizio dell'estate, da giugno, si dispiega questa collaborazione del geometra Li Pera con la giustizia? E' vero che tale collaborazione ha ad oggetto vicende che interessano la procura della Repubblica di Catania? E' vero che Li Pera rende dichiarazioni rilevanti ad un sostituto procuratore della procura della Repubblica di Catania? E' vero che si giunge ad una richiesta di emissione di mandati di cattura? Quando viene formulata e perché ad essa non si dà seguito? In sostanza viene bloccata con una decisione: quando viene assunta tale decisione? A seguito di essa, una parte consistente di questo procedimento viene inviata a Palermo: quando? Inoltre, se ho capito bene e se le notizie che abbiamo appreso in questi giorni rispondono a verità, è stata stralciata una parte che è stata invece inviata a Caltanissetta, per motivi che si possono evidentemente supporre e comprendere. A prescindere dal merito di tali questioni - sul quale non credo sia il caso di soffermarsi in questo momento, poiché esistono valutazioni divergenti ed esiste anche un discutibilissimo comunicato pubblico di magistrati della procura della Repubblica di Palermo - vorrei che ci venissero chiariti, se possibile, i tempi e le modalità di questa vicenda ormai ampiamente nota. MICHELE FLORINO. Per mia convinzione personale e per rispetto delle idee degli altri colleghi cerco, almeno per quanto riguarda le audizioni ma più in generale per quanto concerne i nostri lavori, di mantenermi lontano da tutti questi ipotetici collegamenti effettuati dalla stampa, dai giornali e dai libri, da questo gran parlare che, secondo il mio Pag. 271 punto di vista, cerca di depistare anche gli orientamenti della Commissione antimafia così bene evidenziati nella relazione approvata dalla Commissione stessa il 23 marzo 1990. Ritengo, infatti, che lo Stato, per contrastare l'attività mafiosa, dovrebbe avere i mezzi necessari che però, quasi sempre, non sono a disposizione di coloro che li chiedono. Nella relazione approvata circa due anni fa da questa Commissione, infatti, risulta evidente che le carenze di organico dei magistrati e della polizia giudiziaria sono sempre gravi. Il fenomeno più inquietante che mantiene in piedi tutta l'impalcatura del sistema mafioso, non solo di Cosa nostra ma anche della 'ndrangata e della camorra, è quello delle società finanziarie, delle banche, delle attività illecite di riciclaggio di denaro. Ebbene, la Commissione allora evidenziò che purtroppo a Catania la Guardia di finanza, a detta del comandante del gruppo, non aveva svolto alcuna indagine in tal senso sia per la carenza quantitativa e qualitativa degli organici rispetto alla vastità del fenomeno sia per l'assenza di richieste di indagini da parte della magistratura. Corrisponde al vero che oggi si sta tentando di capire i segreti interni alle società finanziarie? Vorrei sapere perché, pur disponendo di relazioni che illustrano chiaramente i pericoli dovuti alla mancanza di qualità di determinati organi o di quantità di personale, come è stato evidenziato in atti della Commissione antimafia, siamo ancora qui a recriminare sul mancato intervento di contrasto alla mafia, che avanza nel paese. Questa domanda supera certe disquisizioni che cercano di afferrare il politico per gettarlo in una indagine pur valida per scoprire l'intreccio mafia-politica; ma se non scopriamo i motivi per i quali non si contrasta la mafia, non risolveremo mai il problema. Vorrei dunque sapere se sia vero quanto la Guardia di finanzia riferiva, se questo stato di cose esista ancora e se siano almeno in parte colmate le carenze degli organici della magistratura e della polizia giudiziaria. PIETRO FOLENA. Presidente, riprendo un aspetto sollevato da altri colleghi, in particolare dall'onorevole Riggio. Abbiamo iniziato questa serie di audizioni partendo dalla vicenda palermitana e dalle recenti rivelazioni dei collaboratori della giustizia, che disegnano un quadro nel quale l'onorevole Salvo Lima è diventato il garante di Cosa nostra nella politica, un garante così rilevante da continuare ad essere considerato tale anche dopo l'eliminazione della parte perdente della mafia, a cui si era detto fosse prima legato. Come ci hanno detto nella scorsa seduta i giudici di Palermo, questo rapporto si manteneva perché l'onorevole Lima garantiva l'ingresso nella politica nazionale. Tuttavia non si può immaginare che, nella corrente cui egli faceva riferimento per la capacità di pesare nelle scelte del Parlamento o di altre istituzioni, questo ingresso non avesse una ricaduta nel sistema politico locale. Siamo quindi di fronte ad una organizzazione, Cosa nostra, che è unica e ad un referente non unico ma fondamentale, cioè Lima. Vorrei sapere quale era il referente di Lima nell'area catanese, se riteniamo che questa funzione fosse svolta dagli uomini della stessa corrente dell'onorevole Lima, e dell'onorevole Andreotti sul piano nazionale, in particolar modo dall'onorevole Drago, oppure se il quadro che i magistrati di Catania hanno di fronte (al di là delle inchieste, perché chiediamo una valutazione d'insieme) ci può far dire che siamo di fronte anche ad altri referenti che autonomamente, in sede locale, permettevano al filone catanese di Cosa nostra di entrare nella politica nazionale. Vorrei anche richiamare la questione posta dall'onorevole Grasso e da altri colleghi, cioè se vi sia stata una relazione tra l'omicidio Arena, il ritiro dell'onorevole Drago e poi l'omicidio Lima e se i giudici di Catania ritengano che vi sia una relazione anche con l'esplosione della villa di Pippo Baudo e comunque a che Pag. 272 punto sia l'inchiesta - per quanto ci è possibile sapere - su questa vicenda. Il dottor Amato in particolare ha fatto i nomi di alcuni personaggi politici di seconda fila, se mi si concede l'espressione, e di altri più importanti, alcuni persino deputati regionali, i quali, se ho ben capito, sono stati sotto inchiesta giudiziaria per piccole cose, perché si tratterebbe di un piccolo sistema di favori. Dobbiamo considerare che questo è un lato di un rapporto di mero scambio con la piccola criminalità? Non ho capito bene se il dottor Amato faceva anche una distinzione sociologica fra la piccola criminalità e la grande criminalità oppure se questa distinzione non è solo sociologica e questi due mondi hanno una comunicazione molto inferiore rispetto a quella della Sicilia occidentale, dove il dominio di Cosa nostra è molto più forte. Siamo di fronte solo a schegge laterali di piccola criminalità, a settori bassi di Cosa nostra e settori bassi del mondo politico, oppure questi sono, anche sul piano politico, i gradini inferiori di un sistema più grande? Voglio dire: siamo di fronte ad un monte di cui vediamo la base ma non la cima, perché ci sono le nuvole che la coprono? Si è fatto riferimento alla questione Butera. Anche se era candidato in un collegio elettorale della Sicilia occidentale, l'inchiesta è stata condotta dalla procura di Caltagirone e, in particolare, se non ricordo male, dalla dottoressa Canepa. Vorrei sapere se allo stato esistano inchieste su quanto è avvenuto successivamente, perché c'è da ritenere che quel patrimonio elettorale, quel tipo di scambio con organizzazioni mafiose entrato in funzione alle elezioni regionali del 1991, si sia ripetuto anche nelle politiche del 1992. Vorrei sapere se sia possibile far luce su questo aspetto, perché ci è stato riferito che dalle rivelazioni di alcuni pentiti (in particolare Leonardo Messina) emergerebbero riferimenti specifici in questo senso. Per quanto riguarda le imprese e i cavalieri del lavoro, ricordo la pubblicazione di un rapporto dei carabinieri (forse del ROS) risalente a circa un anno e mezzo fa, che conteneva alcune intercettazioni e disegnava un quadro di rapporti fra qualcuno dei cavalieri (in particolare Graci), taluni settori del mondo finanziario siciliano (soprattutto la Sicilcassa) e determinati uomini politici siciliani (se ricordo bene catanesi). Il rapporto veniva da Venezia e all'epoca fece sorgere una polemica. Attualmente gli atti si trovano a Catania e vorrei sapere se sia in corso un'inchiesta. Un discorso analogo vale per il rapporto del ROS sugli appalti. Pur senza soffermarmi su aspetti che non è giusto affrontare in questa sede, avendo appreso che una parte dell'inchiesta è stata trasferita a Palermo e un'altra a Caltanisetta, mi domando se non esista un filone catanese di questa inchiesta. In particolare, vorrei sapere se vi siano fatti, avvenimenti o rivelazioni (provenienti anche dal pentito Li Pera) che chiamino in causa imprese catanesi (in particolare quelle dei cavalieri del lavoro) e appalti assegnati nella provincia di Catania o comunque nella zona di competenza della procura della Repubblica distrettuale di Catania. Con riferimento al centro fieristico di viale Africa, negli ultimi tempi molti giornali hanno collegato le polemiche riferite a quest'ultimo anche al delitto Bonsignore. Ricordo, al riguardo, che è stata pubblicata dalla stampa (non so se esista un'inchiesta in corso al riguardo) la notizia secondo cui l'ex collaboratore dell'allora presidente della regione siciliana Rino Nicolosi, nonché collaboratore dell'impresa Costanzo, il professor Elio Rossitto, subì una gravissima intimidazione: in particolare, gli ruppero un braccio, tanto che egli girava per Catania con il braccio al collo ed era di pubblico dominio (lo riportarono addirittura alcuni giornali locali) che questa intimidazione fosse legata alle vicende del suddetto centro fieristico. Pag. 273 Vorrei quindi sapere, su tale questione, quale sia il giudizio dei nostri ospiti e lo stato della situazione. GIROLAMO TRIPODI. Ritengo in primo luogo che la discussione svoltasi questa sera renda necessario un chiarimento. Mi riferisco al fatto che abbiamo qualche perplessità circa le risposte date fino a questo momento su un fatto piuttosto importante: Catania è un centro certamente colpito o investito non meno di altri dalla presenza delle organizzazioni mafiose; del resto, lo stesso dato relativo ai 97 morti ammazzati durante l'anno in corso conferma una presenza molto forte e articolata della mafia nella provincia di Catania. Questa sera, tuttavia, non abbiamo ancora acquisito molti elementi sul tipo di organizzazione mafiosa che abbiamo di fronte, sulla sua presenza, nonché su quali e quante siano le cosche presenti nella stessa provincia di Catania. Abbiamo appreso soltanto alcuni fatti, che pure sono emblematici. Vorremmo tuttavia sapere innanzitutto come l'organizzazione Cosa nostra sia articolata nel territorio della provincia di Catania. In caso contrario, non sarebbe possibile appurare quali siano le attività illecite svolte dalle organizzazioni mafiose. Non possiamo infatti limitarci a prendere in considerazione piccoli fatti di delinquenza organizzata, poiché non è questo che vogliamo sapere, dal momento che la mafia rappresenta un potere che si muove nell'ambito dell'economia e della politica. Si tratta inoltre di un'organizzazione che controlla il territorio. Dalle rivelazioni di alcuni pentiti risulta che Catania svolge un ruolo di saldatura con Palermo in relazione ad una serie di fatti. Abbiamo letto, tra l'altro, quali rapporti intercorrano tra i Greco e i Santapaola. In tale contesto, vorrei sapere come si ponga la questione degli appalti e perché finora non si sia andati fino in fondo. Per quanto riguarda le attività illecite nel settore dello spaccio della droga e del contrabbando di armi, vorrei sapere quale sia la presenza delle organizzazioni mafiose. Un chiarimento analogo vorrei ricevere con riferimento all'agricoltura, settore molto forte a Catania, soprattutto per quanto riguarda gli agrumeti. Desidero sapere, al riguardo, in che modo la mafia sia presente ed imponga le sue scelte. Solo ricevendo risposte su tali questioni potremo dare un segnale di cambiamento per quanto riguarda l'impegno dello Stato in quella provincia. Vorrei sapere inoltre quante inchieste siano in corso a Catania contro organizzazioni mafiose e quanti procedimenti siano in atto nella procura distrettuale della stessa città. Infine, abbiamo appreso da un collaboratore che la causa dell'omicidio Mattarella sarebbe da ascrivere alla volontà di Santapaola di togliere un ostacolo all'attività di Carmelo Costanzo. Di fronte a rivelazioni così gravi, è in corso qualche iniziativa giudiziaria finalizzata a valutare fino in fondo il rapporto esistente tra mafia e grandi imprenditori? Questi sono, infatti, gli aspetti che più inquietano l'opinione pubblica nazionale. CARLO D'AMATO. Mi limiterò a formulare alcune domande poiché lo stato della discussione è tale da non consentire lo svolgimento di considerazioni. Tra l'altro, rispettando molto il ruolo dei magistrati, ritengo che la nostra funzione sia innanzitutto quella di definire un rapporto di collaborazione volto a superare le emergenze e a definire la possibilità di un'amministrazione della giustizia il più possibile adeguata all'esigenza di reprimere il fenomeno mafioso e camorristico. Senza partire da preconcetti o da valutazioni di sorta, desidero soltanto sottolineare un aspetto che mi interessa dal punto di vista culturale e politico ed al quale si è accennato nel corso di alcune domande poste dai colleghi. Invito quindi il dottor Alicata a dare una risposta precisa, perché obiettivamente siamo abituati a considerare la presenza Pag. 274 della mafia, soprattutto in Sicilia, molto più articolata di quanto emerga dal quadro oggi delineato. Il dottor Alicata ha parlato di voto contrattato dal candidato od offerto dal sindaco; ha parlato del pagamento di somme di denaro e quindi di un rapporto episodico, sporadico e mai rientrante in un disegno come quello che emerge, ad esempio, dall'ordinanza di custodia cautelare relativa all'omicidio Lima, che individuava un rapporto quasi organico fra Cosa nostra ed un partito politico. Pare, quindi, che a Catania questo dato non emerga; può darsi che in effetti non esista: ne chiedo conferma ai magistrati impegnati in prima persona. E' questa una atipicità della situazione catanese oppure è un aspetto che sfugge ad una considerazione di carattere generale? Non è la prima volta che ci occupiamo dei rapporti tra i vari livelli della magistratura; in questa occasione è stato sottolineato, con un certo rammarico, il fatto che decisioni assunte per il sequestro dei beni di proprietà mafiosa siano state stravolte ad un secondo livello. E' anche emerso che alcune decisioni assunte in primo grado sono state stravolte addirittura dalla prima sezione della cassazione. Questo pare un dato ricorrente. PRESIDENTE. Non riguarda, però, solo Catania. CARLO D'AMATO. Vorrei una valutazione sullo stato dei rapporti tra i vari livelli della magistratura e quindi sull'omogeneità dell'atteggiamento rispetto alla lotta alla mafia. Sono stato sindaco di Napoli e nel corso della mia esperienza mi sono trovato spesso di fronte al problema delle gare d'appalto (anche ultimamente la Commissione è stata investita di una simile questione relativa ad una città centrale). Del problema dei cavalieri del lavoro di Catania si parla da anni e da molte parti si sostiene che esso interessi aziende collegate con la mafia, per cui ad una fortissima preoccupazione spesso, ad affidamenti effettuati, è seguita una rapida smentita delle vicende che hanno riguardato la pericolosità delle aziende. Vi sono state sentenze, ricorsi al TAR e tutta una serie di fatti. Oggi, da ultimo (ho vissuto come amministratore simili situazioni, anche se fortunatamente non ne ho mai avuto un riscontro diretto), siamo stati interpellati dagli amministratori di un comune preoccupati in merito ad un consorzio (tralascio le notizie sulle modalità dell'affidamento) che non sanno come comportarsi: si domandano se, procedendo con gli appalti, corrano dei rischi. Mi chiedo, pertanto, se sia possibile verificare se taluni personaggi siano bravi imprenditori, siano onesti ovvero siano i terminali di un patto mafia-politica-imprenditoria. Dobbiamo dare certezze agli interlocutori ed agli amministratori che si rivolgono a noi; dobbiamo sapere se ci troviamo di fronte ad imprenditori affidabili o a mafiosi. Voi che siete gli operatori della giustizia dovete darci indicazioni. ALTERO MATTEOLI. Qual è in sostanza la sua domanda? CARLO D'AMATO. Costanzo, Graci e Rendo sono mafiosi o no? SANTI RAPISARDA. Desidero sapere dai magistrati di Catania in quali condizioni ambientali, culturali e di carenza dei mezzi operino. PRESIDENTE. Devo porre due questioni, la prima delle quali riguarda il perito Compagnini. Vorrei sapere se gli uffici giudiziari di Catania lo utilizzino ancora e, in caso di risposta affermativa, quali uffici e perché. Alcune dichiarazioni del collaboratore della giustizia Calderone fanno riferimento a nomi di magistrati catanesi che, direttamente o indirettamente, avrebbero avuto rapporti con Cosa nostra: in particolare il dottor Foti, il dottor Campisi, il dottor Di Natale, che mi pare sia in Pag. 275 pensione, e il dottor Grassi, che credo faccia parte della prima sezione penale della cassazione. Infine vi è un dato attorno al quale hanno ruotato tutti gli interventi dei colleghi: Catania è un'area nella quale parte dell'imprenditoria, come è dimostrato, ha avuto e forse continua ad avere rapporti con Cosa nostra; come ha detto il procuratore, emerge dalle ultime acquisizioni una sorta di stratificazione. Probabilmente non ho capito bene, ma non mi pare che si delinei, dalle carte processuali, un quadro corrispondente. Ciò da cosa dipende? Dal fatto che le indagini solo adesso stanno affrontando alcuni aspetti? Dal fatto che avete bisogno di più mezzi? Oppure del fatto che la materia emerge non giudizialmente ma solo in via politica o induttiva? Le domande che vi sono state rivolte sono numerosissime e, se volete, potete rispondere ad alcune di esse in un secondo tempo per iscritto. GABRIELE ALICATA, Procuratore distrettuale della Repubblica di Catania. Proverò a rispondere ad alcune delle domande che ci sono state rivolte, pregando i colleghi che lo desiderano di prendere la parola. Comunque, chiedo al presidente della Commissione, se è possibile, di rendere segreta la seduta. Ci riserviamo, in ogni caso, di rispondere per iscritto alle domande alle quali non sarà possibile rispondere ora. PRESIDENTE. Sta bene. Da questo momento i nostri lavori continuano in seduta segreta. Dispongo la disattivazione del circuito audiovisivo interno. (La Commissione procede in seduta segreta). PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori in seduta pubblica. Dispongo la riattivazione del circuito audiovisivo interno. Ringrazio il dottor Alicata e gli altri magistrati del suo ufficio per le risposte che ci hanno fornito. Per quanto riguarda i rapporti tra voi e la Commissione, mi rimetto completamente allo spirito e alla lettera delle affermazioni del collega Cabras. Credo che tra persone leali ed impegnate nello stesso spirito su questi temi sia inevitabile che vi siano momenti di franchezza reciproca. Quando leggerete il resoconto stenografico della seduta noterete che essa è divisa in due parti, la prima molto contenuta, seguita da un momento di chiarimento reciproco e la seconda nella quale le informazioni sono state più approfondite e vaste. Di ciò vi ringraziamo. Sui lavori della Commissione. PRESIDENTE. Il collega Grasso ha sollevato la questione relativa ai recenti avvenimenti di Foggia. Si tratta di un problema molto serio a proposito del quale informo i colleghi di aver chiesto al prefetto di Foggia un rapporto sulla situazione della città. La questione, comunque, sarà esaminata nel corso di un prossimo ufficio di presidenza. GAETANO GRASSO. Secondo me sarebbe utile recarsi a Foggia, nel luogo in cui è stato compiuto l'omicidio, per dar segno della nostra presenza laddove vi sono persone che ancora resistono (a San Vito dei Normanni). MICHELE FLORINO. Chiedo un'indagine della Commissione sul tribunale di Napoli. Un gruppo di lavoro preposto all'indagine sugli uffici giudiziari potrebbe recarsi a Napoli per questo scopo. PAOLO CABRAS. La proposta del collega Grasso, che condivido, dovrebbe essere inserita nell'ambito di un aggiornamento complessivo delle conoscenze della Commissione sulla situazione della provincia di Foggia. Ricordo che nella passata legislatura la nostra inchiesta fu condizionata da una grave spaccatura Pag. 276 della magistratura di Foggia - che temo permanga - per cui riuscimmo ad avere pochi elementi contraddittori sulla situazione reale. Poiché, a mio avviso, a Foggia come in altri centri della Puglia è cresciuta la presenza della mafia nella vita economica, credo che sarebbe opportuno non limitarsi all'aspetto, pur gravissimo, del racket che ha condotto all'uccisione dell'imprenditore Panunzio, ma inquadrare la questione in un ambito più vasto. PRESIDENTE. Cercheremo di deliberare in proposito al più presto. ALFREDO GALASSO. Dopo questa audizione così ricca ed interessante, desidero porre al presidente ed alla Commissione l'esigenza di ascoltare il procuratore di Catania, Felice Lima, e Li Pera, perché mi pare che il quadro dei rapporti mafia-affari-politica sia divenuto ormai centrale se si vuol capire che cosa sta succedendo. PRESIDENTE. Assicuro che anche questo argomento sarà affrontato in sede di ufficio di presidenza. La seduta termina alle 22,50.