Pag. 467 AUDIZIONE DEL DIRETTORE, GENERALE GIUSEPPE TAVORMINA, E DEL VICEDIRETTORE VICARIO DELLA DIA, DOTTOR GIOVANNI DE GENNARO PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE INDICE pag. Sui lavori della Commissione: Violante Luciano, Presidente ...................... 469, 471 472, 473, 498, 501, 502, 503 Bargone Antonio ........................................ 473 Borghezio Mario ................................... 501, 503 Cafarelli Francesco .................................... 503 Cappuzzo Umberto ....................................... 470 D'Amelio Saverio .................................. 469, 473 Florino Michele ................................... 502, 503 Frasca Salvatore ............................. 470, 471, 472 Matteoli Altero .................... 469, 471, 472, 473, 479 Scotti Vincenzo ........................................ 503 Tripodi Girolamo ....................................... 501 Audizione del direttore, generale Giuseppe Tavormina, e del vicedirettore vicario della DIA, dottor Giovanni De Gennaro: Violante Luciano, Presidente ...................... 473, 475 477, 478, 480, 485 488, 489, 491, 494, 495, 497, 498 Angelini Piero Mario .............................. 479, 485 Pag. 468 Borghezio Mario ................................... 482, 491 Brutti Massimo .......................... 480, 488, 489, 498 Cabras Paolo ...................................... 484, 493 Cappuzzo Umberto ....................................... 475 D'Amato Carlo ..................................... 483, 492 De Gennaro Giovanni, Vicedirettore vicario della DIA .......................... 476, 477, 495, 497, 498 Folena Pietro .......................................... 482 Imposimato Ferdinando .................................. 479 Matteoli Altero ......................... 477, 493, 497, 501 Ricciuti Romeo ......................................... 490 Riggio Vito ............................................ 480 Scotti Vincenzo ........................................ 481 Tavormina Giuseppe, Direttore della DIA ................ 474 475, 486, 488, 489 490, 491, 492, 493, 494, 495 Tripodi Girolamo .................................. 478, 479 ERRATA CORRIGE ......................................... 504 Pag. 469 La seduta comincia alle 15. (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente). Sui lavori della Commissione. PRESIDENTE. L'onorevole Matteoli ha chiesto di parlare sui lavori della Commissione. ALTERO MATTEOLI. In sede di ufficio di presidenza allargato ai rappresentanti dei gruppi è stato esaminato il programma di lavoro della Commissione. In quell'occasione ho espresso la mia contrarietà sull'intenzione dell'ufficio di presidenza ristretto di recarsi a Catanzaro o altrove a nome della Commissione. Nonostante questo, ho appreso dalla televisione e dai giornali che i membri dell'ufficio di presidenza si sono recati a Catanzaro. Vorrei sollevare la questione davanti al plenum della Commissione, perché continuo a ritenere che non possiamo dare deleghe di questo tipo all'ufficio di presidenza. Oltre a questo, desidero sollevare un altro problema. Gli uffici della segreteria sono a disposizione - diciamolo francamente - del presidente e dell'ufficio di presidenza e non di tutta la Commissione, come dovrebbe essere. Non faccio una richiesta ma una constatazione se dico che gli uffici devono essere a disposizione di tutti i componenti la Commissione. Inoltre, desidero sottolineare che abbiamo ricevuto una nota alla quale - secondo quanto vi è scritto - dovrebbero essere allegati alcuni documenti, mentre in realtà non vi è allegato nulla. Non si tratta di questioni di secondaria importanza, ma della visita a Catanzaro, disposta d'autorità dall'ufficio di presidenza, senza tenere conto della Commissione (perlomeno avremmo dovuto prendere visione immediatamente della nota allegata). In un altro passaggio degli appunti, che si riferisce ai rapporti mafia-massoneria, si parla della decisione dell'assemblea regionale siciliana che - secondo quanto vi è scritto - dovrebbe essere allegata in copia: in copia non è allegato niente. Signor presidente, siamo all'inizio dei nostri lavori, che saranno lunghissimi e faticosi per tutti: tra i membri della Commissione non vi possono essere commissari di serie A e commissari di serie B. I commissari sono cinquanta ed hanno tutti gli stessi diritti e gli stessi doveri nei confronti del Parlamento e dei cittadini. Ovviamente, dobbiamo tenere conto del ruolo istituzionale del presidente e dell'ufficio di presidenza e non saremo certo io o il mio gruppo a disattenderlo, ma soltanto in questa chiave senza alcunché di diverso. SAVERIO D'AMELIO. Associandomi alle osservazioni del collega Matteoli, rilevo che, a mio avviso, correttezza vuole che i componenti la Commissione antimafia siano quantomeno informati preventivamente di tutte le visite che l'ufficio di presidenza dispone. Ciò non tanto per un'informazione fine a sé stessa, quanto perché è nel diritto-dovere dei singoli componenti conoscere l'andamento dei lavori della Commissione e gli atti che essa compie o intende compiere al fine di una partecipazione, non solo doverosa, al perseguimento dell'obiettivo rappresentato Pag. 470 dalla sconfitta della mafia. Soltanto questo è l'obiettivo della Commissione, per cui tutto ciò che servirà a mobilitarne i componenti credo non possa non essere accolto favorevolmente; diversamente, ove si dovessero perpetrare e perpetuare delle privative, non avrei più motivo di rimanere in questa Commissione. UMBERTO CAPPUZZO. Signor presidente, vorrei esprimere un apprezzamento per l'attività impegnativa della Commissione, al quale devo però aggiungere il mio disappunto perché, associandomi ai colleghi, trovo penalizzante per noi conoscere dalla stampa determinate iniziative, in sé valide ma che conferiscono, di fatto, all'ufficio di presidenza dei poteri che questo non ha. Ammesso anche che si possa operare come si è fatto, sarebbe auspicabile che, prima di effettuare una visita, si presentasse ai membri della Commissione l'elenco degli argomenti da trattare e sviluppare (sempre che si dia mandato all'ufficio di presidenza in tal senso). Essere tagliati fuori, come è avvenuto, e conoscere dalla stampa o dalla televisione un'iniziativa dalla quale si è stati esclusi non è certo motivo di soddisfazione per la Commissione, tenuto anche conto che nella passata legislatura, nel corso della quale lei, signor presidente, era membro della Commissione, si è operato in maniera diversa, anche nel concordare le date. Ora, siamo posti di fronte a fatti compiuti; abbiamo ricevuto oggi il promemoria relativo al pentito che ascolteremo venerdì e al quale dobbiamo dare risposta entro domani. Sembra inoltre che siamo membri di questa Commissione a tempo pieno, mentre in realtà lo siamo anche del Parlamento e di altre Commissioni, spesso con l'obbligo di presenza in aula - come accade oggi - legato alla situazione parlamentare. Auspico quindi che si realizzi un certo coordinamento nella programmazione dei lavori e che i documenti ci vengano forniti con un congruo anticipo. Inoltre, dovremmo avere informazione delle attività dell'ufficio di presidenza, alle quali, comunque, sarebbe preferibile potesse partecipare chi è di volta in volta interessato. In ogni caso, bisognerebbe che ai membri della Commissione fosse chiesto se desiderino porre questioni particolari a coloro che vengono ascoltati, in modo che ogni volta vi sia il coinvolgimento di tutta la Commissione. D'altronde, la Commissione è tale nella sua collegialità e non può delegare se non ai gruppi di lavoro che lei, signor presidente, ha costituito e che devono, di volta in volta, riferire agli altri colleghi. Queste sono le questioni che volevo sottoporre alla sua attenzione, ribadendo peraltro l'importanza di un coordinamento del lavoro di questa Commissione con le altre attività che dobbiamo svolgere. E' questo un aspetto assai delicato e di non facile soluzione ma credo che possa essere affrontato attraverso l'opera degli uffici, che potrebbero contattare i singoli membri della Commissione per avere notizia della loro disponibilità. E' capitato molte volte che alcuni di noi abbiano dovuto lasciare quest'aula mentre è in corso la seduta, come dovremo fare tra mezz'ora, per obblighi di presenza in Senato. I membri appartenenti a quella delle due Camere più impegnata in questo momento, per forza di cose, dovranno fare registrare un'assenza che non dipende da loro. SALVATORE FRASCA. Signor presidente, vorrei richiamare la sua attenzione sulla necessità di evitare che i lavori di questa Commissione si sovrappongano a quelli delle Commissioni ordinarie e dell'Assemblea. Se così avviene, come mi pare stia avvenendo, siamo costretti ad una scelta drammatica: optare per l'uno o per l'altro impegno. Dal punto di vista della deontologia professionale, ciò non è corretto, per cui vorrei pregarla di fare in modo che le sedute della Commissione antimafia non coincidano con quelle delle Commissioni permanenti o delle Assemblee. Poiché non ci ha prescritto il medico di fare parte di questa Commissione, ma lo abbiamo scelto a seguito di una opzione politica e culturale, credo Pag. 471 che possiamo impegnarci a lavorare in questa sede il martedì o il venerdì, dando il meglio di noi stessi. Ricollegandomi a quanto ha detto il collega Matteoli, vorrei dire che ho appreso leggendo i giornali che i membri dell'ufficio di presidenza si sono recati presso la corte d'appello di Catanzaro. Come lei sa, signor presidente, sono calabrese e mi è dispiaciuto sapere che l'ufficio di presidenza della Commissione della quale faccio parte si è recato in Calabria senza che io ne abbia saputo nulla, non fosse altro per darmi la possibilità di salutare il presidente ed i colleghi nella mia regione che ha tanti difetti ma è molto ospitale. Esprimo per questo il mio disappunto. Dal collega Olivo - anche a nome del quale parlo ed esprimo disappunto - ho appreso che la Commissione avrebbe deciso (decisione che io ignoro) che non possano far parte delle delegazioni che si recano nelle singole regioni i parlamentari locali. PRESIDENTE. Non è vero. SALVATORE FRASCA. Ne prendo atto. Altrimenti avrei dovuto dire che dell'ufficio di presidenza fanno parte colleghi che sono stati candidati o eletti in Calabria. Questa mi sarebbe parsa una discriminazione. Ritengo che fatti di questo genere non si debbano più verificare e che comunque ciascun impegno della Commissione debba essere approvato preventivamente, dal momento che tutti siamo su un piano di parità; anche il nostro presidente, nei confronti del quale riconfermiamo la nostra stima, non è altro che un primus inter pares perché, se si dovesse creare una gerarchia di valori, contravverremmo allo spirito istitutivo della Commissione stessa. Per quanto riguarda il merito avrei delle riserve da avanzare, perché penso che così come la magistratura non debba travalicare i compiti che la Costituzione le assegna, noi dobbiamo fare altrettanto. Esprimo la mia solidarietà nei confronti della famiglia del sovrintendente di polizia Aversa, di Lamezia Terme; sono dalla parte di coloro i quali chiedono che i responsabili dei delitti vengano puniti, però penso di poter affermare che se la Commissione interferisce nell'operato della magistratura rischia di commettere errori, non soltanto di natura formale ma anche sostanziale. Voglio altresì rilevare che in una relazione inviata a questa Commissione dal procuratore di Palmi Cordova si fa riferimento ad una audizione che si sarebbe svolta il 22 settembre scorso: dalle notizie in mio possesso non risulta invece che il procuratore Cordova sia stato ascoltato dalla Commissione antimafia. PRESIDENTE. La Commissione è stata infatti costituita il 30 settembre 1992. SALVATORE FRASCA. Allora vuol dire che vi è un'inesattezza, una delle tante cui ci ha abituato il procuratore Cordova nel corso di questi ultimi tempi. ALTERO MATTEOLI. Può essere stato un errore di battitura! SALVATORE FRASCA. No, non è un errore di battitura. ALTERO MATTEOLI. Non possiamo accettare valutazioni di merito su un errore che è palesemente dattilografico. SALVATORE FRASCA. Mi dispiace che qualcuno diventi insofferente; tuttavia ciò non mi tange ed io continuo indisturbato nel mio intervento. ALTERO MATTEOLI. Indisturbato lo dici tu, perché io ti disturbo. SALVATORE FRASCA. Tu non hai il diritto di disturbarmi! ALTERO MATTEOLI. Ti disturbo eccome! SALVATORE FRASCA. Posso essere richiamato soltanto dal presidente. Pag. 472 PRESIDENTE. Ma io non la richiamo. SALVATORE FRASCA. Stavo dicendo che poiché il procuratore della Repubblica Cordova, nella missiva inviata in data 3 ottobre 1992, fa riferimento ad una sua audizione del 22 settembre scorso, desideravo sapere se questa audizione vi sia effettivamente stata; prendo atto che non vi è stata e che non poteva esserlo perché la Commissione non era stata ancora costituita. Ciò significa che vi è un'inesattezza, che non può essere il prodotto di una battitura a macchina, ma che è frutto quantomeno di un pessimo ricordo o di una memoria non sempre funzionante del procuratore Cordova. Dico questo in quanto le relazioni di quest'ultimo mi interessano perché fanno riferimento ad alcune interrogazioni ed interpellanze da me presentate, ed io ho il diritto di sapere come siano andate realmente le cose. PRESIDENTE. Prima di dare la parola agli altri colleghi vorrei fare alcune precisazioni per nostra maggiore chiarezza. L'ufficio di presidenza, alla cui riunione hanno partecipato tutti i presidenti di gruppo, ha deciso con il voto contrario del collega Matteoli - devo dargli atto di questo - di recarsi a Catanzaro: prendo ora atto di quanto mi si dice ed invito i colleghi a riferirlo ai rispettivi capigruppo in modo che questi ultimi, nelle riunioni dell'ufficio di presidenza allargato, d'ora in poi si possano opporre a decisioni di questo genere. Per quanto riguarda le questioni poste dal collega Matteoli, vorrei precisare che il promemoria non è stato redatto dagli uffici della Commissione ma da me personalmente; pertanto gli uffici non sono al servizio di nessuno. Per quanto mi riguarda ho il mio computer e posso lavorare autonomamente; ho soltanto voluto agevolare il lavoro della Commissione predisponendo il quadro delle questioni da discutere. ALTERO MATTEOLI. Non mi riferivo a questo. PRESIDENTE. Voglio comunque far presente che è possibile che si verifichino discrasie nel lavoro della Commissione; se ciascuno di noi le segnala, ciò può essere di aiuto per il nostro lavoro e non si può che esserne grati ai colleghi. Per quanto riguarda i documenti cui si è fatto riferimento, non ho allegato la relazione sull'incontro di Catanzaro in quanto i colleghi dell'ufficio di presidenza che vi hanno preso parte non hanno ancora avuto la possibilità di leggerla perché l'ho terminata solo questa mattina; mi è sembrato pertanto scorretto presentare una relazione che non sia stata approvata da chi ha partecipato a quella missione. Tuttavia, non appena sarà possibile, sarà distribuita. Per quanto riguarda il documento dell'assemblea regionale siciliana assicuro che in serata ne verrà messa a disposizione copia. In ordine all'audizione del 22 settembre, si tratta di un incontro che il dottor Cordova ha avuto con il Consiglio superiore della magistratura e non con questa Commissione, come credo si capisca dal contesto della lettera. SALVATORE FRASCA. Mi scusi, signor presidente, ma la missiva del procuratore Cordova è diretta al presidente della Commissione antimafia presso il palazzo di San Macuto. PRESIDENTE. Se vuole può andare da Cordova o chiamarlo per telefono. Ripeto ancora che quell'audizione si è svolta davanti al Consiglio superiore della magistratura e non riguarda questa Commissione, la quale è stata costituita il 30 settembre. SALVATORE FRASCA. Ne prendo atto. PRESIDENTE. E' molto giusta la preoccupazione espressa dal senatore Frasca in ordine ai rapporti con l'autorità giudiziaria. Come vedrete dalla relazione sulla missione a Catanzaro (che potrà anche non essere approvata dalla Commissione), si era posto il problema di Pag. 473 capire per quale motivo il pubblico ministero non avesse allegato alcuni documenti, perché da quell'omissione era scaturita la nullità del procedimento: o è stata una disattenzione oppure si è trattato di altro. E' emerso che si è trattato di altro, come i colleghi sapranno. Tra l'altro un aspetto utile di quell'incontro è stato che la procura della Repubblica ha ritenuto di non impugnare il provvedimento della corte d'assise che riteneva di non condividere, ma di adempiere sostanzialmente ciò che essa chiedeva, in modo da accelerare i tempi del processo; questo, qualunque sia l'esito del processo, credo che giovi comunque alla chiarificazione della situazione. Per quanto riguarda l'importante questione della coincidenza del lavoro di questa Commissione con quello delle Assemblee, abbiamo chiesto agli uffici del Senato e della Camera a che ora si sarebbero svolte le votazioni odierne; ci è stato risposto che si sarebbe votato dopo le 17, ma poi al Senato l'orario è stato anticipato senza che ci venisse comunicato. Tuttavia un problema di coordinamento esiste. Cercheremo pertanto di tenere seduta il martedì pomeriggio e il venerdì mattina, per evitare che insorgano i problemi che sono stati giustamente posti. Faccio infine presente che la documentazione relativa all'incontro con Leonardo Messina, richiesta dal senatore Cappuzzo, ci è stata consegnata ieri verso le 14. ALTERO MATTEOLI. Il collega Cappuzzo ne ha preso visione, ma noi non ne siamo ancora in possesso. ANTONIO BARGONE. E' in casella! PRESIDENTE. Sì, è stata inviata in casella. Si tratta comunque di rilievi giusti, ai quali spesso si trova una spiegazione. SAVERIO D'AMELIO. Ascoltando la relazione del procuratore Tinebra di qualche settimana fa, ne ricavai sostanzialmente un'impressione positiva; tuttavia, la sera stessa di quell'audizione, sia la televisione di Stato sia quelle private diedero notizia di ciò che il procuratore Tinebra aveva detto quello stesso pomeriggio prima di essere ascoltato dalla Commissione antimafia. Può darsi che vi sia stato un disguido, comunque l'indomani tutta la stampa, locale e nazionale, diede ampio risalto alla conferenza stampa che il procuratore Tinebra avrebbe tenuto prima dell'audizione presso questa Commissione. Per la dignità, il prestigio, il ruolo e la capacità di impegno che questa Commissione deve avere, mi chiedo se ciò sia corretto. Aggiungo che, facendo una breve comparazione tra ciò che ricordavo o avevo appuntato mentre ascoltavo il procuratore Tinebra e quanto egli ha affermato davanti ai giornalisti, devo ritenere che egli è stato più loquace e ricco di particolari con la stampa che non davanti alla Commissione. Pongo questo problema alla presidenza ed a tutta la Commissione, ritenendo che se continuiamo di questo passo, cioè ad essere bypassati o anticipati da coloro i quali vengono auditi, ci limiteremo soltanto a svolgere audizioni formali, che a mio avviso rappresentano una perdita di tempo. Audizione del direttore, generale Giuseppe Tavormina, e del vicedirettore vicario della DIA, dottor Giovanni De Gennaro. PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del generale Giuseppe Tavormina, direttore e del dottor Giovanni De Gennaro, vicedirettore vicario della DIA. (Il generale Tavormina ed il dottor De Gennaro sono accompagnati in aula). Ci scusiamo con i nostri ospiti per il ritardo, determinato dalla discussione di alcuni problemi preliminari. Do subito la parola al generale Tavormina, poi il dottor De Gennaro potrà eventualmente aggiungere le proprie considerazioni e si darà luogo al dibattito. Pag. 474 GIUSEPPE TAVORMINA, Direttore della DIA. Ringrazio il presidente Violante e la Commissione antimafia per l'opportunità che ci hanno fornito di intervenire a questa seduta. Penso che intendiate ascoltarci rispetto a fatti specifici attinenti alla nostra struttura. E' anche presente l'onorevole Scotti che, come ministro dell'interno, è stato artefice di tale struttura, di cui mi ha posto a capo, e che desidero ringraziare, ora per allora, nonostante non mi manchino preoccupazioni, come egli potrà bene immaginare. La Direzione investigativa antimafia è sorta nel momento in cui ci si è accorti che era necessario trovare uno strumento più significativo nella lotta contro la criminalità organizzata di stampo mafioso. Sono sempre convinto che il Parlamento raccolga le istanze sociali, trasformandole in norme e creando appositi organismi. Ho motivo di ritenere che la genesi di tale organismo sia stata determinata quanto meno da un certo tipo di insoddisfazione per come stavano andando le cose con riferimento alla lotta contro la criminalità organizzata. La DIA fu inizialmente impostata su due persone, il dottor De Gennaro e me, nominate all'atto della sua costituzione. Vennero poi stabiliti gli organici (era contemporaneamente in corso il processo di conversione del decreto in legge) e si diede quindi inizio alla lunghissima trafila di preparazione dei quadri per rendere questo organismo efficiente nel più breve tempo possibile. Una volta stabilito il numero di coloro che avrebbero dovuto far parte della struttura fu indetto un concorso per la scelta del personale, esaurito il quale iniziammo a convocare le persone interessate. Nelle more di tutto questo cercavamo di darci da fare sul piano operativo poiché ci rendevamo conto che vi erano esigenze che richiedevano il nostro impegno chiamandoci in causa direttamente. Fin da allora iniziammo a lavorare avvalendoci soprattutto della collaborazione degli organi di polizia ordinaria; esaurito il concorso, soprattutto dopo le vicende estive, abbiamo ricevuto una sollecitazione a portare avanti il completamento dell'organico, per cui il 30 settembre la DIA ha raggiunto la pienezza degli organici di cui era stata dotata durante il periodo in cui è stato ministro l'onorevole Scotti. Allo stesso tempo si è verificata, come sapete, la diversificazione della durata in carica dell'ufficio dell'alto commissario, fatto che ci porrà, al 30 dicembre di quest'anno, nella condizione di poter assorbire personale, mezzi e strutture che fanno parte di quell'ufficio e, in parte, anche compiti ad esso attribuiti dalla legge. Poiché la legge prevede che a partire dal 1^ dicembre i distaccamenti che nell'ambito dei servizi centrali delle forze di polizia si occupano di criminalità organizzata debbano passare nell'ambito della DIA, è stato recentemente raggiunto un accordo concernente l'entità numerica del personale che dovrà transitare. L'accordo prevede che ogni forza di polizia nei servizi centrali e provinciali fornisca 80 unità, tra ufficiali, sottufficiali ed elementi di base (quindi, tra direttivi, quadri intermedi e base) all'organismo, a partire dal 1 ho gennaio. Quando ci si occupa in tanti di attività analoghe insorge qualche problema e non abbiamo la pretesa di costituire una eccezione alla regola a tale riguardo; tra l'altro, devo dire che la legge, sotto il profilo del supporto logistico, ha demandato al dipartimento della pubblica sicurezza l'onere di preoccuparsi di tutto ciò di cui abbiamo bisogno sul piano delle dotazioni di mezzi. In un'ottica di tal genere, il dipartimento di pubblica sicurezza ha fatto ciò che ha potuto, atteso che l'organismo è sorto in un periodo in cui la legge finanziaria era già stata approvata; l'onere che ne è derivato al dipartimento, quindi, era aggiuntivo a quelli normalmente sostenuti. Ciò è avvenuto perché indubbiamente si sono verificati ritardi rispetto a talune scadenze che, a mio giudizio, trovavano legittima giustificazione nell'impossibilità di esaurire con immediatezza, o almeno con la tempestività che ritenevamo assolutamente necessaria, Pag. 475 determinate richieste. Devo dire a tale riguardo che, per quanto attiene ai mezzi di cui era dotato l'ufficio dell'alto commissario, senza aspettare la data del 31 dicembre siamo stati in grado di disporre di talune di queste dotazioni che sono state utilizzate per svolgere, certamente in maniera migliore, il lavoro che stavamo già portando avanti. Oltre ad una direzione con sede a Roma che è articolata, come la legge prevede, su tre reparti, disponiamo di centri operativi esterni che a suo tempo, in sede di approvazione da parte del consiglio generale, sono stati collocati a Roma, Milano, Napoli, Reggio Calabria, Bari e Palermo. Taluni di questi centri operativi hanno avuto successive articolazioni; sono sorte altre sezioni dipendenti da questi centri come, per esempio, quella di Catania, dipendente dal centro di Palermo. Probabilmente tale sezione si svilupperà in proiezione e sarà portata a livello di centro, naturalmente se gli organici ce lo consentiranno, perché ritengo che la Sicilia necessiti oggi di una presenza più incidente. PRESIDENTE. I colleghi del Senato si scusano, ma sono costretti ad allontanarsi a causa di un concomitante impegno. UMBERTO CAPPUZZO. Infatti, ci dispiace anche perché è la terza volta che si ripete questo fatto. GIUSEPPE TAVORMINA, Direttore della DIA. Per quanto riguarda la Sicilia, come dicevo, abbiamo in programma la costituzione in centro della sezione che stiamo organizzando a Catania, proprio perché riteniamo che il settore orientale presenti necessità di un certo rilievo, pari, se non in qualche caso superiori, a quelle di talune zone della Sicilia occidentale. Vorremmo far sentire la nostra presenza anche in altri luoghi della regione. Mi riferisco ad articolazioni minori nelle sedi di Trapani e Caltanissetta, dove già esiste un nucleo che opera alle dirette dipendenze della procura distrettuale del posto per le stragi di Capaci e di via D'Amelio. Probabilmente, anzi quasi sicuramente, saremo presenti anche ad Agrigento, che riteniamo ad alto coefficiente di rischio e, per quanto concerne la Sicilia orientale, a Siracusa. Nel contempo stiamo sviluppando presenze in zone del centro-nord Italia nelle quali esistono riscontri della presenza di appartenenti al crimine organizzato. Prevediamo quindi di costituire un'articolazione del centro di Roma a Firenze ed articolazioni del centro di Milano a Palermo, Genova e Torino. Riteniamo con questo di avere esaurito il nostro obiettivo, il programma di diffusione laddove esiste il bisogno, tenuto conto che il totale di 1.500 unità (è questo, grosso modo, il tetto che raggiungeremo dopo l'assorbimento del personale dell'alto commissario e dei servizi centrali e provinciali delle forze di polizia) non consentirebbe, pur se la volessimo, l'eventuale presenza in altre località. L'impostazione che abbiamo dato alla nostra presenza in campo nazionale è stata determinata da criteri non territoriali, ma funzionali. Riteniamo cioè di dover essere presenti nelle zone in cui c'è bisogno della nostra presenza. Nel momento in cui (fatto che naturalmente ci auguriamo) tale presenza non dovesse più essere necessaria perché il fenomeno, per l'azione condotta dalle forze di polizia (noi come polizia specializzata ed altre forze di polizia ordinaria) dovesse essere tornato a dimensioni di assoluta normalità, è chiaro ed evidente che dovremo riproporci il problema di come utilizzare il personale e la struttura che avevamo impiantato in quella zona. Nell'ambito dell'articolazione in tre reparti della direzione, il primo, quello delle investigazioni preventive, si propone di impostare in maniera diversa l'attività di polizia. Saprete certamente che la DIA è stata definita l'FBI italiana: per quanto riguarda la conduzione di un certo tipo di indagini si segue effettivamente il modello adottato negli Stati Uniti da quella organizzazione. Il secondo reparto è quello che mantiene rapporti diretti, dal Pag. 476 punto di vista funzionale, con la Procura nazionale antimafia ed abbiamo atteso con una certa impazienza la soluzione della questione della nomina del procuratore nazionale antimafia e dei sostituti che a lui andranno ad aggiungersi. Il terzo reparto cura, a fini preventivi, i rapporti internazionali. Naturalmente, anche in questo campo il rapporto internazionale è impostato tenendo sempre presente il dato funzionale: laddove la nostra attività è necessaria per la presenza di italiani all'estero che abbiano rapporti con la malavita organizzata, in modo particolare dei paesi di origine, stabiliamo contatti con gli organi di polizia specializzati nel settore della criminalità del paese in questione. Abbiamo già rapporti con l'FBI negli Stati Uniti con la BKA in Germania, con il Canada per la presenza di criminali di origine italiana soprattutto nelle città di Toronto e Montreal e con gli inglesi, che a partire dal 1^ aprile hanno avvertito la necessità di creare un organismo specializzato in tale settore con caratteristiche nazionali, l'NCIS. Già intratteniamo relazioni in sede locale con gli australiani con i quali si sta sviluppando un rapporto iniziato qui in Italia. Devo dire, a questo proposito, che la recente visita del presidente della BKA della Germania, signor Zachert, ci ha offerto lo spunto per puntualizzare i termini di queste relazioni tra i due organismi e stiamo elaborando assieme un protocollo d'intesa nell'ambito dei settori in cui riteniamo di dover operare congiuntamente. Probabilmente, tale protocollo - se così può essere definito - sarà poi tenuto a base per quanto riguarda gli altri rapporti con gli organismi di polizia esteri, come noi interessati al fenomeno in questione. In merito a tali rapporti, sottolineo che essi non investono soltanto il settore dell'informazione e delle notizie, cioè delle comunicazioni relative a pregiudicati, a famiglie mafiose, a cosche eccetera. Infatti, sono previsti scambi anche per quanto riguarda la disponibilità di mezzi e di prodotti della scienza che possano favorire il lavoro di investigazione, perché ci siamo accorti che presso altri Stati vi sono organi di polizia che si interessano in maniera specifica di aspetti che, a questo riguardo, possono essere presi in considerazione da noi. Per esempio, abbiamo saputo che la sede della FBI di Washington disponeva di un processo d'informatizzazione che consentiva di trasformare l'immagine di una persona invecchiandola fino ad avvicinarsi verosimilmente alla realtà. Ebbene, tramite tale processo, in questa sede della FBI americana, dopo avere utilizzato l'immagine di un latitante italiano, del quale le foto in nostro possesso risalivano a circa 20 anni fa e dopo aver acquisito notizie relative alla sua famiglia di origine, è stata creata una figura invecchiata del soggetto. Abbiamo avuto la possibilità di mostrare quest'immagine a gente che lo aveva visto da non molto tempo e mentre in una prima circostanza ci fu detto che la rassomiglianza non era perfetta e che dovevano essere apportate ulteriori modifiche, dopo che a ciò si è provveduto ci è stata restituita una foto che, visionata da una persona che conosce abbastanza bene quel soggetto, è risultata molto vicina alla realtà. Sto parlando della foto di Totò Riina, che di recente è stata pubblicata sui giornali, di cui le sole immagini che possediamo lo ritraggono in età giovanile. Poiché credo di avere abusato a sufficienza della vostra attenzione, cedo la parola al dottor De Gennaro, vicedirettore vicario della DIA. Resto a vostra disposizione per eventuali quesiti ai quali spero di poter dare adeguata risposta. GIOVANNI DE GENNARO, Vicedirettore vicario della DIA. Credo che il direttore della DIA abbia illustrato ampiamente le articolazioni e l'impostazione dell'ufficio, per cui, se mi è consentito, vorrei soffermarmi sui compiti che ci sono stati attribuiti dal legislatore al fine di concretizzare la nostra attività e le modalità operative. L'articolo 3 della legge istitutiva della DIA prevede che questo organismo di Pag. 477 polizia giudiziaria svolga in particolare due funzioni: investigazione preventiva, intesa come conoscenza del fenomeno su cui si è poi chiamati ad operare, e compiti di polizia giudiziaria. Questi ultimi sono delimitati in maniera fin troppo ampia rispetto al dettato normativo riferito alla competenza per materia della Procura nazionale antimafia e delle procure distrettuali, che indica il campo d'azione operativo inteso come azione di polizia giudiziaria della DIA nel settore della criminalità organizzata di tipo mafioso. Ad avviso di chi, come me, da molti anni svolge attività di investigazione, la scelta del legislatore è particolarmente importante ed innovativa, perché, forse per la prima volta, ha fissato in una norma di legge la necessità di individuare bene il campo d'azione tramite un'indagine preventiva a proposito della quale il legislatore si è preoccupato di specificare cosa intendesse, cioè la conoscenza della struttura criminale, del modus operandi, dei collegamenti nazionali ed internazionali. L'attribuire poi ad un organismo investigativo specializzato il compito di svolgere indagini di polizia giudiziaria in quel settore è - ripeto - particolarmente importante ed innovativo perché può consentire a chi in modo unitario ha acquisito conoscenze specifiche del fenomeno, di individuare gli obiettivi più pericolosi, quelli che si ritiene di colpire con una conseguente azione di polizia giudiziaria. E' per tale motivo che nella Direzione investigativa antimafia vivono due momenti, prima quello della conoscenza, dopo quello dell'azione investigativa. E' evidente che il legislatore non si è soffermato ad indicare quale fosse - così come ha fatto per le indagini preventive - il compito della polizia giudiziaria, perché, ovviamente, in questo settore gli agenti e gli ufficiali di polizia giudiziaria della DIA operano, secondo il dettato costituzionale, alle dirette dipendenze del magistrato, del pubblico ministero. La scelta accurata degli obiettivi da perseguire dipende, chiaramente, dall'entità numerica, ovviamente relativa, dell'organismo di cui stiamo parlando; è altresì evidente che tale scelta è legata alle priorità in termini di sicurezza nazionale e di rischio a cui è esposto il nostro vivere civile. Devo dire che l'attività della DIA ha avuto inizio da pochi mesi, come evidenzia anche il grafico che ho con me e che si riferisce all'organico. Soltanto dal mese di luglio disponiamo di un centinaio di persone per l'attività operativa. L'entità del nostro lavoro può essere giudicata, pertanto, solo riferendosi a questo breve periodo e non ai mesi precedenti. PRESIDENTE. Dottor De Gennaro, visto che dispone di un grafico, può illustrare alla Commissione le tappe di costruzione dell'organico della DIA? GIOVANNI DE GENNARO, Vicedirettore vicario della DIA. Da questo grafico, che si riferisce essenzialmente all'impiego operativo, risulta quanto segue: ad aprile vi erano 12 investigatori; a maggio 15; a giugno 43; a luglio 122, di cui 58 impiegati nell'attività di polizia giudiziaria; ad agosto 206, di cui 119 impiegati nell'attività di polizia giudiziaria (bisogna tener conto di tutte le necessità di gestione dell'ufficio); a settembre 478, di cui 356 impiegati in attività operative; a ottobre è stato completato l'organico. ALTERO MATTEOLI. Attualmente, a quanto assomma l'organico? GIOVANNI DE GENNARO, Vicedirettore vicario della DIA. Attualmente vi sono 800 unità delle forze di polizia, più circa 150 elementi di supporto dell'amministrazione civile dell'interno, con compiti di segreteria ed i servizi. Come il dottor Tavormina ha spiegato prima, entro pochi mesi l'organico raggiungerà le 1.500 unità, con un incremento del 70 per cento delle forze di polizia e del 30 per cento del personale di supporto. Dovendo destinare nel modo migliore tali risorse ad una scelta prioritaria, abbiamo seguito le direttive del Parlamento e del Consiglio generale cercando, Pag. 478 prevalentemente, di affrontare, anche alla luce dei tragici eventi di quest'estate, il pericolo maggiore, cioè quello che si è manifestato nelle sue espressioni più violente in Sicilia ed in Calabria. Un problema che mi permetto di sottolineare alla vostra attenzione è relativo alla necessità di una visione unitaria delle attività investigative contro la criminalità organizzata di tipo mafioso, cioè la necessità di disporre di un organismo specializzato che possa serenamente affrontare tutti gli aspetti della criminalità più violenta fissando obiettivi e cercando di raggiungerli con una scelta dei tempi che consenta di ottenere il massimo risultato nel contesto di una visione unitaria. Dunque, non una forza di polizia, ma un organismo investigativo in cui sia realizzata una unificazione delle forze di polizia che abbia soltanto questo compito, cioè di monitoraggio delle organizzazioni criminali e di perseguimento, con azione di polizia giudiziaria, dei gruppi più violenti che operano nell'ambito delle medesime. Se si realizza una reductio ad unum e se non si dà luogo a sovrapposizioni e contrapposizioni, credo che si costruisca lo strumento migliore per raggiungere l'obiettivo finale. L'importante è dar vita ad una quarta unità che non frantumi ulteriormente l'azione investigativa o che, laddove tale entità incide su determinati obiettivi prioritari, possa agire avendo la cognizione di tutto ciò che accade nel campo della criminalità organizzata e di tipo mafioso. Una sorta di reductio ad unum del punto di riferimento dell'azione investigativa contro la criminalità mafiosa può essere sicuramente un'arma vincente, anche perché attualmente la criminalità di tipo mafioso ha avuto la massima virulenza con le azioni perpetrate nell'estate. Da questo punto di vista, vale il riferimento specifico alla Sicilia, sulla quale maggiormente, come ha già detto il generale Tavormina, in questo momento si concentra l'attenzione. Peraltro, la relazione semestrale presentata al Parlamento dall'onorevole Scotti quando era ministro dell'interno indicava chiaramente come già prima di giugno fosse l'organizzazione mafiosa di Cosa nostra a suscitare le preoccupazioni maggiori. A me sembra che il livello di guardia non si sia ancora abbassato, nonostante vi sia stata un'azione continua da parte delle forze dell'ordine. Credo che il pericolo, riferendomi alla mafia siciliana, sia ancora ad un livello molto alto ma che la risposta sia tale - è soltanto una previsione di tipo tecnico - da far ritenere che vi siano già delle difficoltà nell'organizzazione di Cosa nostra. Se continuerà quest'azione che non vorrei definire coordinata ma quanto meno congiunta, avendo una visione unitaria dell'azione investigativa da portare avanti, non dico che il pericolo che nasce da questa organizzazione criminale scomparirà ma certo sarà ridotto ad un livello accettabile, tale da non destare preoccupazione per azioni di sfregio particolarmente violente. Direi che potrebbe tornare ad un livello di criminalità ordinaria, tale da essere tenuta facilmente sotto controllo. PRESIDENTE. La ringrazio, dottor De Gennaro. Do la parola all'onorevole Tripodi. GIROLAMO TRIPODI. La prima domanda che desidero rivolgere al generale Tavormina ed al dottor De Gennaro si ricollega a quanto avvenuto oggi a Reggio Calabria in riferimento all'omicidio Ligato. Io, che sono appunto di Reggio Calabria, seguo da molto tempo e con molta inquietudine questa vicenda e sempre, insieme ai colleghi del mio gruppo, ho denunciato che l'omicidio dell'onorevole Ligato è stato di stampo politico-mafioso. Ero anche preoccupato che, sebbene fossero trascorsi ormai più di tre anni - poiché l'omicidio risale all'agosto 1989 - non vi fossero ancora notizie; anzi, nelle ultime settimane, circolava addirittura la voce che si stesse per arrivare ad un'archiviazione. Quanto avvenuto oggi è un fatto di enorme gravità. Noi sapevamo degli intrecci tra mafia e politica (conosciamo da molto tempo l'esistenza di questi rapporti) Pag. 479 ma non sapevamo - o forse non volevamo credere - che vi fosse una tale spietatezza all'interno di forze politiche e che esponenti ad alto livello locale e regionale (forse anche nazionale) potessero arrivare a concordare l'eliminazione di un membro del loro stesso partito per impedire che questi potesse mettere in discussione gli assetti esistenti sul piano affaristico e politico. PIERO MARIO ANGELINI. Onorevole Tripodi, lei sta emettendo una sentenza. GIROLAMO TRIPODI. Mi sono limitato a porre una domanda sulla base di una certa vicenda. Poiché sappiamo che alla clamorosa conclusione dell'indagine, almeno per questa prima parte, voi avete contribuito in modo determinante, vorrei sapere se oggi possiate darci qualche ulteriore informazione sulla questione, anche tenendo conto del fatto che, almeno da quanto risulta sulla base degli arresti che sono stati effettuati, i politici coinvolti non appartengono tutti allo stesso partito bensì a due differenti, anche se in misura diversa. Rivolgo questa domanda poiché, nella situazione alla quale siamo di fronte, è sicuramente importante avere la maggiore conoscenza possibile. La seconda domanda riguarda il piano operativo. Poiché ci avete informato del fatto che anche in Calabria sono stati istituiti reparti operativi della DIA, vorrei sapere se l'organico sia ormai al completo con riferimento alle esigenze non solo della città di Reggio ma anche della sua provincia, nonché delle altre province della Calabria. Vorrei cioè sapere se siate ormai in condizione di lavorare tranquillamente, avendo a disposizione tutti i mezzi e gli uomini necessari. ALTERO MATTEOLI. Mi limiterò a rivolgere alcune domande sulla DIA e sul modo in cui essa è organizzata, senza aggiungere alcun commento. La prima di queste domande riguarda la scelta degli uomini. Abbiamo appreso che oggi sono circa 800 più 150 di supporto e che tra qualche mese saranno circa 1.500: questi uomini vengono reclutati attraverso il volontariato oppure vengono scelti dalla Direzione? Anche se il generale non l'ha detto espressamente, mi è parso di capire che il numero di 1.500, al quale arriverete a gennaio, vi pare insufficiente; vi chiedo dunque quale sia il numero che ritenete sufficiente. La seconda domanda si ricollega all'affermazione, fatta dal dottor De Gennaro, della necessità di una visione unitaria. Negli ultimi tempi, non so se a torto o a ragione - io ritengo a ragione, ma la mia opinione non è rilevante - si è sviluppata tra i vari organi di polizia una polemica sulla possibilità di raggiungere o meno questa visione unitaria, sul fatto che si siano compiuti oppure no passi avanti. Vi domando, dunque, se riteniate che l'organizzazione della DIA possa servire anche al fine di raggiungere questa visione unitaria, il che costituirebbe già un notevole risultato. Terza domanda: possiamo dire che la criminalità organizzata è ancora forte, così come ha sostenuto il dottor De Gennaro, ma che oggi vi è da parte dello Stato una reazione più incisiva di quella che vi è stata fino ai delitti Falcone e Borsellino? Infine, vorrei domandare al generale Tavormina cosa si intenda per articolazione della DIA a Firenze, Genova e Torino. Probabilmente ho capito male, ma sembra che in alcuni posti, come in Calabria, vi sia qualcosa di diverso che a Firenze, Genova e Torino: riguardo a tale articolazione possiamo parlare, per usare un'espressione assai esemplificativa, di una specie di serie B? Vorrei comprendere meglio questo aspetto. FERDINANDO IMPOSIMATO. Desidero ringraziare il generale Tavormina ed il dottor De Gennaro per la preziosa collaborazione e passare subito alle domande, che attengono principalmente alla questione dei pentiti. Vorrei sapere se, a loro avviso, esista un pericolo reale di falsi pentiti di cui Cosa nostra si possa servire per tentare di Pag. 480 delegittimare quelli che stanno collaborando lealmente, tra virgolette, e quindi per mettere in discussione tutto il lavoro svolto dalla stessa DIA e dai magistrati. In particolare, chiedo se sia possibile sapere se si siano verificati casi di questo tipo, come peraltro avvenne anche nel corso delle indagini sulle Brigate rosse, quando un falso pentito accusò fraudolentemente alcuni sindacalisti proprio per diffamare la categoria dei pentiti. La seconda domanda riguarda, invece, ciò che sta accadendo in Campania, con l'arresto di uomini politici, di esponenti del Banco di Napoli e di amministratori a seguito della confessione e della chiamata in correità da parte di Galasso. Vorrei sapere se l'operazione in corso in Campania stia portando risultati che possano essere considerati l'inizio di una nuova fase per questa regione, poiché si ha l'impressione che essa stia rimanendo fuori dalle grandi operazioni di polizia che interessano soprattutto la Sicilia e la Calabria. In terzo luogo, vorrei sapere se quanto ha detto il giudice Tinebra circa il disgregarsi delle ideologie mafiose, che è stato uno dei punti di forza di Cosa nostra e della stessa camorra, sia confermato da altre dissociazioni all'interno delle associazioni mafiose. VITO RIGGIO. Anch'io penso che questo osservatorio particolare vada utilizzato per porre qualche domanda relativa al lavoro specifico che dovremo poi mettere a punto. La prima domanda che desidero rivolgere agli esponenti della DIA è se, sulla base dell'approccio conoscitivo e delle indagini preventive che la DIA ha già iniziato a svolgere, nonché del patrimonio investigativo precedente, si possa già dire qualcosa di più in ordine ai rapporti - di cui si è molto discusso - di predominio della mafia nei confronti della politica o viceversa e sul livello di penetrazione. Quello che chiedo, naturalmente, è un quadro più generale rispetto ai fatti di dettaglio che ormai sono, se così si può dire, in mano alla magistratura. Per quanto riguarda la seconda domanda mi richiamo alle dichiarazioni del dottor De Gennaro, il quale ha detto che se si mantiene il livello di pressione che si sta esercitando si potrebbe riuscire a ridurre a limiti accettabili o meglio, poiché non sono mai accettabili, meno drammatici degli attuali... fisiologici, come suggerisce un collega... PRESIDENTE. A dimensione criminale. VITO RIGGIO. Il problema è veramente questo: depurare dalle punte di tipo stragistico e dal terrore diffuso. Domando, dunque, se sia possibile avere già un'idea di come questa strategia di contrasto stia modificando, o abbia modificato, la risposta che Cosa nostra ha dato nella fase precedente. Mi sembra infatti di capire che vi sono due opinioni: una a favore della prosecuzione della linea di contrasto duro nei confronti dello Stato, che potrebbe dar luogo - come è stato denunciato anche in questa sede - ad ulteriori e più gravi manifestazioni di tipo stragistico; l'altra, più sottile, che propone una sorta di ritorno all'antico metodo di Cosa nostra, che è quello di alzare polveroni e diffondere sospetto, utilizzando in questo senso anche i falsi pentiti di cui ha parlato l'onorevole Imposimato poco fa. Abbiamo già qualche elemento che ci possa aiutare a capire? MASSIMO BRUTTI. Desidero chiedere al generale Tavormina ed al dottor De Gennaro di formulare una valutazione sullo stato attuale, sulle difficoltà e sui problemi, se ve ne sono, relativi all'applicazione della normativa in materia di collaboratori con la giustizia. Quali sono i problemi aperti? Quanto hanno giovato e quale è stata la prova dei fatti per le norme del decreto-legge varato la scorsa estate? In particolare, per quanto riguarda la gestione dei pentiti, si sono posti problemi nel trapasso dall'Alto commissariato alla DIA? Era previsto un passaggio di personale e di strutture: si è verificato e si è verificato del tutto? Pag. 481 Vorrei poi conoscere non solo l'attuale numero degli addetti alla DIA ma anche la loro provenienza, cioè il numero di coloro che provengono dalle varie forze alle quali si è attinto. Se ho ben capito, la distribuzione degli uffici e la stessa articolazione della DIA sul territorio corrispondono a criteri funzionali e quindi non sono cristallizzate ed è possibile la mobilità. Quali criteri sono stati finora adottati? Desidero, poi, porre una domanda specifica, che può darsi non corrisponda affatto alla realtà ma che formulo per avere un chiarimento: vi sono uffici DIA presso gli aeroporti e, in caso di risposta affermativa, a cosa servono, a quale criterio corrispondono? Infine, vorrei chiedere alcune valutazioni relative a due ipotesi investigative. La prima riguarda la presenza mafiosa negli apparati pubblici ed in particolare negli apparati della regione a statuto speciale Sicilia. E' noto ed è scritto nei libri di storia che vi è stata una fase di ritirata delle famiglie mafiose dentro gli apparati della regione a statuto speciale: l'episodio dell'assunzione del boss Di Cristina alla Sochimisi sulla base della lettera di raccomandazione di Aristide Gunnella è soltanto l'emblema di un fenomeno assai più vasto. Oggi cosa possiamo dire di questo? Inoltre, nell'ambito del vostro lavoro investigativo, considerate il delitto Bonsignore e le vicende ad esso legate come indicativi di una situazione che coinvolge gli apparati pubblici della regione a statuto speciale? La seconda questione che intendo sollevare si riferisce anch'essa alle ipotesi investigative; in particolare, mi ha colpito il fatto che nelle audizioni di due collaboratori di giustizia come Antonino Calderone e Tommaso Buscetta sia riemerso un motivo che si poteva già individuare in altri documenti e testimonianze e che riassumerei attraverso l'espressione sintetica di "meccanismo unico". Le diverse grandi organizzazioni criminali presenti nel paese, ed in particolare nel Mezzogiorno, sono unite da una trama di rapporti all'interno della quale chi conta di più sono i gruppi dirigenti di Cosa nostra, tanto che le famiglie più forti della camorra vengono identificate sia da Calderone sia da Buscetta come una propaggine dell'organizzazione mafiosa (Zaza e Nuvoletta fanno parte della commissione). Anche in riferimento alla cosiddetta 'ndrangheta, manca una vera e propria autonomia in quanto il cervello è Cosa nostra. Vorrei sapere quanto tali valutazioni corrispondano alla realtà e quale sia il grado di compenetrazione. Presumo infatti che vi sia comunque un sistema di autonomie ramificato orizzontalmente sia per quanto riguarda la 'ndrangheta sia con riferimento alle organizzazioni criminali della Campania. L'idea della connessione presenta tuttavia alcuni elementi di verosimiglianza e continuo a ritenere che all'interno di tale connessione debba essere interpretato e indagato il delitto Scopelliti, commesso nei pressi di Reggio Calabria, nella zona di Villa San Giovanni, in cui sono presenti interessi e personaggi di primo piano (di quelli che scottano) legati a Cosa nostra. VINCENZO SCOTTI. Signor presidente, desidero rivolgere ai nostri ospiti tre brevi domande. La prima riguarda il sistema di monitoraggio: vorrei sapere, in particolare, a che punto siano giunti i lavori di raccolta del materiale esistente e quali ulteriori lavori siano stati condotti per ottenere una conoscenza che sia aggiornabile in tempo reale e quindi costituisca il punto di riferimento di ogni politica investigativa nei confronti della criminalità. Vorrei sapere inoltre se a questo lavoro di monitoraggio interno se ne colleghi uno esterno al nostro paese, ossia condotto attraverso relazioni e raccordi con altre polizie per disporre del quadro delle diramazioni internazionali del fenomeno nonché dei collegamenti che si sono stabiliti e del modo in cui vengono portati avanti. Ritengo che si tratti di un elemento importante per la Commissione (mi rivolgo Pag. 482 al presidente) perché significherebbe disporre di un punto di riferimento, anche per il nostro lavoro, non episodico, in virtù del quale condurre i necessari approfondimenti. Un'ulteriore questione riguarda le relazioni internazionali e la sede di Milano che, anche per le caratteristiche professionali della persona che vi è stata preposta, presenta molte attinenze con il fenomeno della droga e soprattutto del riciclaggio di denaro. Per quanto riguarda l'aspetto particolare del riciclaggio di denaro, vorrei chiedere ai nostri ospiti come si siano trovati nei rapporti con le altre polizie e quali problemi siano emersi nello sviluppo di tali relazioni. La terza questione riguarda il sistema degli appalti e della spesa pubblica in generale. In particolare, vorrei sapere se, nell'ambito delle indagini mirate, sia in atto da parte della DIA anche su questo versante un'attività significativa ed utile ai fini del nostro lavoro. MARIO BORGHEZIO. Vorrei sapere innanzitutto se la DIA abbia predisposto un programma di indagini specifico sulla penetrazione mafiosa nell'ambiente bancario e finanziario, anche con riferimento ad un'eventuale partecipazione di Cosa nostra alla compagine azionaria di società quotate. In ordine a tale aspetto, ritenete che si dovrebbero introdurre norme legislative particolari? In sostanza, pensate di potervi muovere efficacemente nell'ambito del quadro normativo esistente o invece ritenete che sia il caso di effettuare alcune correzioni sul piano normativo, con particolare riguardo alla legislazione concernente le attività bancarie? Ritenete inoltre di disporre di personale specializzato adeguato ad un'attività di questo genere o pensate invece che si debba prevedere una particolare specializzazione (eventualmente anche mediante stage all'estero) per il personale da adibire a questo tipo di controlli? Vorrei sapere inoltre se riteniate opportuno avviare o abbiate già avviato indagini specifiche sull'attività di usura. E' molto indicativo al riguardo un grido di allarme lanciato a Genova dalle associazioni dei commercianti. Credo comunque che tutte le grandi piazze in cui si svolge l'attività del terziario, come Milano e Torino (se si vuole parlare solo del nord ma certamente il problema riguarda, per esempio, anche Roma) siano interessate dal problema. Tornando invece alle attività imprenditoriali di Cosa nostra, vorrei sapere se, a vostro avviso, esse possano essere efficacemente indagate e disturbate attraverso controlli relativi agli adempimenti amministrativi, fiscali e contributivi; vi chiedo, in altre parole, se non debba essere posto in essere un controllo su chi dovrebbe controllare in ordine a questo tipo di adempimenti. PIETRO FOLENA. La prima questione che intendo sollevare si traduce in realtà in un chiarimento su quanto ha già affermato il dottor De Gennaro in merito al rapporto fra la DIA e le strutture operative della Polizia di Stato, dei Carabinieri e della Guardia di finanza. Se ho ben compreso, la DIA è in grado di conoscere tutte le attività poste in essere dallo SCO, dal ROS e dal GICO; si tratta di un fatto che spesso tra questi organismi non si verifica o accade solo in una fase successiva, in quanto esiste un certo grado di concorrenza. Vorrei in sostanza che venisse chiarito (forse è stato già detto, ma un'ulteriore esplicitazione può essere utile) se questa capacità di conoscenza in tempo reale comporti anche la possibilità per la DIA di contribuire ad un indirizzo operativo delle altre strutture, che si fondi su un'effettiva unità di intenti ed un effettivo coordinamento. Mi riferisco, per esempio, alla gestione dei pentiti e di alcune inchieste sugli appalti. La seconda questione che intendo sollevare riguarda un giudizio sulla fase che stiamo attraversando (qualche collega ha già accennato a questo tema). Molti hanno interpretato gli arresti effettuati negli ultimi mesi, lo sviluppo di alcune inchieste giudiziarie nonché le dichiarazioni Pag. 483 rese da alcuni collaboratori della giustizia alla nostra Commissione (in sostanza la fase attuale), giungendo a sostenere addirittura che la mafia è alle corde, sta rantolando e che siamo quindi in una fase piuttosto avanzata. Personalmente esprimo un giudizio molto più prudente e misurato, poiché ritengo che determinati titoli dei giornali ed una certa schizofrenia, emersa nell'ambito di pochi mesi, non contribuiscano ad una comprensione vera del fenomeno. Vorrei comunque chiedere ai nostri ospiti se, attraverso le conoscenze complessive dei pentiti (mi riferisco essenzialmente alla mafia siciliana considerato che si parla di 200 collaboratori della giustizia) e le inchieste in corso, siano in grado di affermare che è in atto un processo di disgregazione e di diserzione piuttosto ampia dalle file della mafia, oppure se si possano già individuare alcuni elementi che potrebbero configurare una nuova strategia, ossia un abbandono da parte della mafia di alcuni dei settori più compromessi ed esposti per mettere in campo nuove forze e cercare di creare nuovi equilibri. Si tratta di un elemento di valutazione al quale occorre prestare attenzione, soprattutto in riferimento ai fenomeni, di cui molti ci hanno parlato in queste settimane, che si sono sviluppati in alcune province siciliane con l'affermarsi delle "stidde", anche se non esclusivamente in riferimento a questi fenomeni. L'ultima questione su cui desidero soffermarmi è relativa al rapporto tra mafia e massoneria: vorrei sapere se esistano programmi di intervento e azioni investigative su questo versante, tenendo conto anche della grande inchiesta sulla massoneria avviata nelle ultime settimane dalla procura di Palmi. Tutto ciò anche in considerazione del fatto che da vari elementi, forniti anche da alcuni dei collaboratori di giustizia dell'ultimissimo periodo come Leonardo Messina, emergono ulteriori elementi di collegamento, per esempio in riferimento alla stessa visita nella provincia di Caltanissetta effettuata da Sindona nel 1979. Non intendo ora richiamare un argomento di cui abbiamo già parlato in Commissione, ossia la questione della loggia di via Diaz a Palermo, del ruolo di Mandalari e così via. CARLO D'AMATO. Desidero svolgere una considerazione di carattere generale in riferimento all'esposizione del generale Tavormina e del dottor De Gennaro in ordine ai compiti della DIA ed alla preoccupazione che ho intuito relativamente al fatto che la stessa DIA assuma, com'è nelle intenzioni del legislatore, una direzionalità generale e complessiva del monitoraggio e quindi anche delle indagini oggi affidate a diversi corpi specializzati. In tale contesto, il ROS, lo SCO e il GICO rappresentano indubbiamente punti di riferimento abbastanza specifici in ordine alle attività mafiose. Nel momento in cui si fa riferimento al problema dell'organico e al fatto che 1500 unità potrebbero non essere sufficienti, mi tornano in mente le preoccupazioni espresse dal Presidente del Consiglio, il quale ha affermato in questa sede che uno dei grandi problemi da affrontare, di cui la Commissione antimafia avrebbe dovuto farsi carico, è quello di verificare il reale coordinamento tra le forze di polizia, e in particolare tra le forze di polizia giudiziaria. Condivido quindi la preoccupazione circa il fatto che si giunga a individuare al di là della DIA un ulteriore livello considerando la stessa DIA non esaustiva rispetto ad un compito più generale di monitoraggio nonché di indirizzo nell'attività sistematica di lotta. Se tale compito venisse effettivamente rispettato, 1500 unità potrebbero essere utili; se il GICO, il ROS e lo SCO agissero nell'ambito di una funzione di coordinamento e riferissero, come prevede la legge, immediatamente e in maniera puntuale su ogni loro attività, questo potrebbe essere un dato tale da indurre a considerare adeguato l'organico cui si è fatto riferimento, in quanto si seguirebbe una sorta di modularità nell'espletamento dell'attività della DIA: si potrebbero utilizzare di volta in Pag. 484 volta, in base alla presenza di informazioni, rapporti e investigazioni in atto, unità già presenti sul territorio presso altre strutture definendo quindi un unicum. Ritengo che l'attività della Commissione antimafia dovrebbe spingere proprio in questa direzione, affinché l'assetto prefigurato dal Parlamento possa rappresentare un punto di arrivo, anche se temporaneo. La mia preoccupazione è indirizzata anche a sostegno di quella che poteva sembrare una perplessità da parte dei dirigenti della DIA. Ritengo quindi - lo ripeto - che la nostra Commissione dovrà adoperarsi in questa direzione. La seconda domanda concerne il fenomeno del pentitismo, problema sollevato da tutti gli intervenuti. Devo dire, per la mia esperienza, anche se recente, di membro della Commissione antimafia, che sono d'accordo con coloro i quali sostengono che il contributo dei pentiti è positivo e rilevante. Indubbiamente, con le dovute cautele, con i riscontri previsti dalle leggi e in base ai criteri stabiliti dalla Corte di cassazione, il pentitismo può essere un punto di riferimento importante per la lotta alla mafia. Però, mi preoccupano alcune dichiarazioni, che ho letto sulla stampa, di personalità chiamate in causa (recentemente sono stati citati anche magistrati). Non sono in grado di valutare l'intenzione di criminalizzare qualcuno, perché l'onestà intellettuale impone che non si emettano giudizi prima di conoscere i fatti. Però, devo notare un dato: quando si tratta di politici indicati dai pentiti, da parte della stampa non c'è la stessa cautela nel verificare se il soggetto chiamato in causa sia coinvolto in maniera reale. Quando invece i pentiti chiamano in causa magistrati, da parte di qualcuno addirittura si mette in discussione il ruolo stesso dei pentiti (un magistrato anche autorevole ha rilasciato dichiarazioni in questo senso). Poiché il fenomeno ha assunto tali dimensioni, la mancanza di un punto di riferimento unico per la magistratura, che gestisca in modo organico e anche con un criterio omogeneo i pentiti, può determinare una utilizzazione impropria degli stessi pentiti? Questa mancanza può provocare, da un lato, l'attivazione dei pentiti da parte della mafia ad usum delphini, cioè per creare sconcerto e delegittimare l'azione della magistratura e, dall'altro, una mancanza di professionalità, perché qualcuno ha sostenuto che quando i pentiti erano gestiti da Falcone e Borsellino questi fatti non si verificavano o comunque c'era maggiore cautela. Può darsi che dica sciocchezze, ma chiedo se un'unità centrale della superprocura possa costituire un punto di riferimento perché i pentiti siano gestiti in maniera omogenea e si evitino improvvisazione, mancanza di professionalità, voglia di far carriera, scandalismo, che producono una serie di effetti negativi. PAOLO CABRAS. Il dottor De Gennaro, nel sottolineare la necessità di una visione unitaria nell'azione informativa e di intelligence sulle attività della criminalità organizzata, ha anche accennato alla necessità di evitare sovrapposizioni, duplicazioni di indagini, insomma quella che egli ha definito giustamente la frammentazione dell'azione investigativa. Sono d'accordo su questa preoccupazione espressa in maniera sobria ma incisiva. Quando abbiamo discusso in Parlamento la legge istitutiva della DIA, si pose il problema dello scioglimento dei corpi speciali della Polizia, dell'Arma dei carabinieri e della Guardia di finanza (SCO, ROS e GICO), perché si pensava che la creazione della cosiddetta FBI italiana avesse bisogno di una eccezionale concentrazione di energie, mezzi e forze e soprattutto necessitasse di una centrale operativa unitaria. Ci si rispose, con qualche legittimità, che ROS, GICO e SCO non erano nella loro azione investigativa destinati unicamente all'azione di contrasto nei confronti della criminalità organizzata, ma avevano un orizzonte più ampio, per cui pensare ad uno scioglimento puro e semplice e ad una confluenza nella DIA sarebbe stato un eccesso di zelo unificatore. Così ci siamo Pag. 485 limitati a indicare il contingente che in qualche modo già svolgeva un'azione collegata agli scopi istituzionali della DIA. L'esperienza, anche recente, ci dimostra che questi corpi speciali conducono azioni e indagini pregevoli ma che queste ultime si configurano come tipiche indagini parallele rispetto ad alcune competenze svolte dalla DIA. Chiedo quindi se il momento dello scambio delle informazioni, del coordinamento per evitare quelle duplicazioni e frammentazioni di cui si preoccupava il dottor De Gennaro, sia una realtà effettiva. Esistono momenti, al di là di quelli previsti dalla legge istitutiva (il consiglio nazionale), in cui sul terreno operativo SCO, ROS e GICO informano, contattano, collaborano? Per scendere sul concreto, si svolgono riunioni congiunte con la DIA? Se così non fosse, i timori per la creazione di una quarta polizia, già emersi nel dibattito parlamentare e tutt'ora presenti, continuerebbero ad esistere e nessun organo burocratico del Ministero dell'interno, nessun segretariato generale riuscirà a supplire ad un eccesso di frammentazione. L'articolo 2 della legge istitutiva della DIA prevede in maniera esplicita e per la prima volta in una legge riguardante il contrasto alla criminalità organizzata un intervento attivo dei servizi, sia del SISDE sia del SISMI. Vorrei sapere se nella sia pur breve esperienza della DIA vi sia stata un'attivazione di questa forma di collaborazione, che rimuove - diciamo così - un'antica sonnolenza dei servizi stessi nei confronti della criminalità organizzata. Per quanto riguarda il tema, già oggetto di altre domande, delle attività economico-finanziarie della mafia, sempre più si pone non solo alla Commissione antimafia ma credo a tutti gli investigatori la necessità di trovare un terzo livello. Non mi riferisco a quello di chi dirige la mafia, ai grandi vecchi - sono convinto, come credo tutti o quasi, che non esistano - ma all'universo inesplorato di consulenze di alta qualità professionale in campo finanziario. La mafia che voi giustamente inseguite, a Toronto, a New York o in Australia, per fare sofisticate operazioni finanziarie non si può servire del diploma del ragionier Pippo Calò; avrà bisogno di consulenti, di società, di intermediazioni. Questo aspetto dell'attività investigativa mi sembra carente. Fortunatamente, conosciamo tante mappe, per così dire, delle cosche, dei legami con la politica, con ambienti istituzionali, amministrativi o professionali, ma sempre molto poco sappiamo di chi veramente rende possibili sul piano operativo certe transazioni di carattere finanziario o commerciale. Pongo in maniera esplicita un'ultima domanda riguardante la deposizione del pentito Messina, che ha parlato di una Cosa nostra nazionale e di una internazionale. Vorrei sapere se a vostro avviso si tratti di procedure di consultazione per creare momenti di scambio di informazioni, stanze di compensazione degli interessi mafiosi o se invece si tratti - come sembrerebbe dalle dichiarazioni di questo collaboratore della giustizia - di un vero e proprio organismo, perché è la prima volta che ne sentiamo parlare. Saremmo più portati a pensare a procedure e prassi di consultazione; vorrei quindi conoscere la vostra opinione. PIERO MARIO ANGELINI. Vorrei un chiarimento maggiore sui rapporti con gli altri paesi. Ho capito che ci sono una serie di rapporti basati su alcune vicende che hanno consentito di stabilire certi contatti, ma vorrei sapere se al di là di questi episodi vi sia la volontà di stabilire rapporti permanenti con una serie di paesi che almeno in linea generale rivestono grande importanza per capire i collegamenti internazionali della mafia e della criminalità organizzata. PRESIDENTE. Innanzitutto, vorrei capire bene quale sia la catena gerarchica attraverso la quale la DIA si lega al dipartimento di pubblica sicurezza. Desidero inoltre sapere quali siano i problemi prioritari che per il momento incontrate dal punto di vista strutturale e organizzativo. Pag. 486 Vorrei sapere se il vostro personale - che proviene da Polizia di Stato, Carabinieri e Guardia di finanza - provenga, in particolare, dai settori specializzati delle forze dell'ordine, cioè SCO, ROS e GICO; in tal caso, vorrei sapere da quanto tempo operi in quei settori. Mi interesserebbe conoscere, altresì, come avvenga il raccordo con gli altri ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria. L'articolo 13, comma 4, della legge n. 410 del 1991 stabilisce che tutti gli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria devono fornire a voi ogni possibile cooperazione. Inoltre, gli ufficiali ed agenti dei servizi centrali e interprovinciali (cioè, SCO, ROS e GICO) "devono costantemente informare il personale investigativo della DIA incaricato di effettuare indagini collegate di tutti gli elementi informativi e investigativi di cui siano venuti comunque in possesso". A noi e credo al 90 per cento degli italiani risulta che ciò non avviene. Poiché compito della Commissione è anche far applicare le leggi dello Stato, dobbiamo capire quale sia la natura delle riserve che ancora pesano: se si tratta di stratificazioni del passato o di qualcosa d'altro più difficilmente superabile. L'onorevole Scotti ha accennato ad una analisi in corso su certe situazioni locali. Se fosse terminata, per la Commissione sarebbe utile poterla acquisire. Infine, vorrei affrontare una questione già sollevata dal collega Cabras, cioè lo scarto che si rileva tra la qualità degli uomini che conosciamo e la cultura necessaria a gestire questo complesso di beni e di relazioni internazionali. Si dice che i beni sequestrati a Madonia ammontino a svariate centinaia di miliardi: già amministrare questo tipo di ricchezza richiede persone con notevoli capacità. Sappiamo che il riciclaggio si svolge attraverso una serie di canali nazionali e internazionali e che ci sono presenze, in borsa e nel mondo finanziario, di cui la stessa Commissione antimafia si è resa conto in passato. Ricordo che quando nella scorsa legislatura ci recammo in missione a Milano fu indicato il pericolo di queste presenze. Emerge dalle vostre indagini la qualità di tali connessioni? Esistono indirizzi specifici di lavoro in questa direzione? Condivido perfettamente quanto sosteneva il dottor De Gennaro quando affermava che il problema di fondo è tagliare i legami che fanno di Cosa nostra e comunque della mafia non una mera organizzazione criminale, ma qualcosa di più, con valenze di tipo politico, finanziario e via dicendo. Il primo passo quindi è certamente quello di recidere questi canali al fine di un ridimensionamento criminale, per poi passare ad una seconda fase. A tal fine sarebbe utile sapere come si sviluppino, come avvengano e quali siano queste connessioni. GIUSEPPE TAVORMINA, Direttore della DIA. Dal momento che il dottor De Gennaro nella sua funzione di vicedirettore vicario si interessa in particolare dell'attività operativa, egli stesso risponderà per le notizie riguardanti tale aspetto; ci auguriamo che la sua risposta risulti esaustiva, anche perché le domande sono tante e in qualche caso veramente difficili. Risponderò dunque per la parte che mi riguarda. Per quanto concerne l'omicidio Ligato, vorrei far presente che le indagini sono condotte in sede istruttoria dall'autorità giudiziaria; fermo restando che la nostra attività è stata esclusivamente di sostegno rispetto a quella dell'autorità giudiziaria medesima, questa mattina un magistrato ha tenuto una conferenza stampa a Reggio Calabria, per cui nulla avrei da dire in ordine alla questione in aggiunta a quanto detto da quel magistrato. Senza mancare di riguardo a nessuno, non sarei in grado di dire altro. Il centro operativo di Reggio Calabria è a tutti gli effetti già funzionante a pieno organico. Le unità che ne fanno parte sono 86: un dirigente, 12 direttivi (ufficiali o funzionari), 50 ispettori o sottufficiali, 20 unità di personale esecutivo e 3 tecnici. Direi dunque che il centro è Pag. 487 nella pienezza delle sue funzioni. Non escludo - tali valutazioni saranno sviluppate nell'arco del tempo - che la Calabria possa richiedere e che riterremo necessaria la nostra presenza in altre zone, per esempio in quella di Catanzaro. Rispetto al quesito posto dall'onorevole Matteoli sulla scelta degli uomini, devo dire che il personale direttivo - come avevo anticipato - è stato selezionato attraverso un concorso nazionale. Dopo aver scelto il personale, è stata formata una graduatoria di carattere riservato; i vincitori sono stati quindi interpellati per sapere se gradissero lavorare alla DIA, così come avevano dimostrato di volere con la presentazione della domanda, e soprattutto raggiungere una determinata sede. Nel caso di rifiuto, si è andati avanti nella graduatoria. Tutto il personale è dunque volontario ed è stato scelto attraverso una selezione concorsuale operata secondo le normali regole riguardanti i concorsi per titoli. Per il personale intermedio e di base vi è stata inizialmente una richiesta di carattere nominativo sulla base di una conoscenza pregressa nei confronti di personale che naturalmente manifestava la volontà di lavorare presso la DIA. Successivamente sono state avanzate dai rispettivi comandi proposte di assegnazione di aliquote nominative di personale, su cui in qualche caso abbiamo espresso alcune riserve laddove ci sembrava che non presentasse, almeno sulla base degli atti matricolari, le caratteristiche idonee per militare con noi; in tal caso abbiamo chiesto la sostituzione. Devo tuttavia dire, in proposito, che normalmente tutto il personale è di buona qualità e vi sono anche eccezioni in senso positivo, in quanto sono presenti personalità di spicco rispetto all'attività di investigazione. Quando abbiamo registrato carenze o ci siamo sbagliati sul conto del personale da incorporare, anche dopo l'incorporamento ne abbiamo chiesto l'avvicendamento e l'abbiamo ottenuto senza eccessivi problemi da parte dei rispettivi comandi. Mi permetto di sottolineare al riguardo che, per quanto concerne le forze di polizia, le unità a nostra disposizione sono 800, mentre quelle complessivamente impegnate sono circa 250 mila. Il dottor De Gennaro mi ricorda che in linea di massima questo personale, non vincitore di concorso, viene tenuto in prova per un periodo di tre mesi al fine di verificare la presenza di attitudini specifiche necessarie in questo genere di lavoro, ma devo dire francamente che le cose vanno piuttosto bene. Del resto anche per i vincitori di concorso non è previsto un rapporto indissolubile: laddove dovessero emergere perplessità in ordine alla capacità del soggetto di svolgere questo lavoro - atteso che il concorso svolto era per titoli e questi sono di servizio, di anzianità, e possono riguardare anche attività specifiche già svolte - si arriverebbe all'avvicendamento dell'interessato restituendolo al suo reparto di appartenenza. Non ho detto che 1.500 unità sono insufficienti. Avevamo fissato un tetto massimo ottimale di 2.500 nella pienezza delle nostre funzioni, ma ritengo che anche 1.500, sulla base delle nostre attuali presenze nel territorio, possono assolvere bene al loro lavoro. Certamente, se ne avessimo mille in più sarebbe non un onere, ma una dotazione aggiuntiva molto bene accetta. Si tratta non di disporre in numero maggiore o minore di personale in un breve periodo di tempo, ma di sedimentarne la presenza. Organismi di questo genere con alti coefficienti di specializzazione ai fini dell'impiego devono poter contare, più che sul numero, sulla qualità dei soggetti che ne vengono a far parte. Questa è l'impostazione che finora abbiamo seguito. Il dottor De Gennaro potrà intervenire in ordine all'osservazione circa la reductio ad unum, nonché rispetto al quesito se la reazione della criminalità sia più forte di quella dello Stato. Mi premeva invece sottolineare che a Firenze, Genova, Torino, Padova e Catania non vi sono articolazioni, per così Pag. 488 dire, di serie A e di serie B. Sono demoltiplicazioni di centri: non avendo la possibilità di costituirne di molto grossi, anche per l'entità del personale, nelle zone in cui l'incidenza del fenomeno mafioso non è di così elevato rischio, riteniamo di istituire reparti più modesti, più piccoli, dipendenti naturalmente da quelli più grandi, in maniera tale da avere un riferimento stabile e non essere di volta in volta costretti a muoversi per verificare. Ciò è stato fatto anche per Caltanissetta. Inizialmente, quando la procura distrettuale di quella città ha cominciato ad interessarsi alle stragi di Capaci e di via D'Amelio ed ha sollecitato la nostra presenza, abbiamo istituito un piccolo nucleo di 6 unità; successivamente ci siamo resi conto che non erano sufficienti e quindi lo abbiamo rinforzato con altre 12. Il nucleo sta lavorando in questo settore; non escludo che, aggiungendo altre 10-15 unità, gli elementi aggiuntivi siano in grado di sviluppare le attività operative relative ad altri aspetti di interesse per quella zona sempre attinenti alla criminalità organizzata. Laddove ne avvertiamo la necessità ai fini istituzionali creiamo articolazioni demoltiplicate che siano in rapporto costante, sistematico e di dipendenza con i centri da cui dipendono. L'onorevole Imposimato giustamente affermava che esiste un pericolo per quanto riguarda i falsi pentiti che possono essere gestiti da Cosa nostra. Certo che questo rischio esiste, onorevole! Lei ha svolto funzioni di magistrato a tempo pieno e sa quanto sia presente questo rischio, anche perché le motivazioni che sono alla base di un pentimento difficilmente sono di carattere ideale, molte volte possono riguardare risentimenti personali covati per anni e quindi esplicitati in questa maniera. Abbiamo il dovere di accogliere le istanze avanzate; una volta accolte, siamo tenuti ad affidarle alla valutazione competente, serena e professionalmente valida di un magistrato. Ci auguriamo che in quella sede siano compiute le verifiche necessarie per evitare che sia data voce ai risentimenti e ai livori accumulati nei confronti di determinate persone e soprattutto che siano portate avanti gestioni da parte delle organizzazioni da cui si proviene. PRESIDENTE. Finora si sono verificati casi di pentiti strumentali? GIUSEPPE TAVORMINA, Direttore della DIA. I pentiti gestiti da noi finora non hanno dato adito a queste perplessità. Per quanto riguarda invece altri tipi di gestione devo dire che anch'io ho nutrito grosse perplessità pari a quelle espresse dall'onorevole Imposimato, anche perché, rispetto a taluni personaggi presentati o autoproclamatisi come appartenenti a Cosa nostra, abbiamo appreso dai "nostri" che tale loro appartenenza era piuttosto millantata. MASSIMO BRUTTI. Non è questa l'ipotesi del falso pentito. PRESIDENTE. Questa non è tanto l'ipotesi del falso pentito quanto del pentito, per così dire, che si presenta con una qualità diversa. MASSIMO BRUTTI. L'ipotesi avanzata dall'onorevole Imposimato è quella di un falso pentito infiltrato tra i collaboratori della giustizia da Cosa nostra. GIUSEPPE TAVORMINA, Direttore della DIA. Con riferimento ai pentiti da noi gestiti, non mi risulta che i magistrati che li hanno ascoltati abbiano avanzato sospetti o ipotesi di questo genere. In merito alle operazioni in Campania e al quesito posto circa l'ipotesi di disgregazione della mafia avanzata dal dottor Tinebra, rinvio al successivo intervento del dottor De Gennaro. Mi riferisco a quanto richiesto dall'onorevole Riggio sui rapporti tra mafia e politica per dichiarare che francamente sull'argomento non so dare risposta. Premesso che non sono ufficiale di polizia giudiziaria, e quindi non partecipo neanche a livello di presenza all'escussione dei testi (che, ripeto, Pag. 489 per quanto riguarda i pentiti viene effettuata dai magistrati), presumo che non si ricerchi la genesi di tali rapporti e soprattutto non ci si orienti verso di essi. Sulla base delle dichiarazioni rese, tali rapporti vengono valutati dal magistrato il quale, nel determinare il suo convincimento sulla scorta di una valutazione di tutto quello che è venuto alla ribalta, arriva a conclusioni che lasciano anche intravedere questo genere di rapporti. Sul piano personale direi comunque cose banali, per cui ritengo che non sia il caso di aggiungere nulla in proposito. Sulla strategia di contrasto, ed in particolare se essa abbia modificato la risposta di Cosa nostra facendola passare dallo stragismo ad altre soluzioni, non abbiamo né notizie né ipotesi, anche se in più di una circostanza ci è stato detto che attualmente il vertice di Cosa nostra sembra propendere per una risposta incidente nei riguardi dell'attività svolta dallo Stato contro la criminalità organizzata. Si può ipotizzare che ciò debba consistere anche in fenomeni di stragismo, o presunti tali, per la semplice ragione che se non si riesce a colpire il soggetto individualmente e se si vuole arrivare a tutti i costi a raggiungere l'obiettivo, si trascura il contorno. Del resto, dichiaro con tutta franchezza che negli episodi di Capaci e di via D'Amelio gli attentatori non si sono curati della presenza di altri soggetti che non avevano niente a che fare con i giudici Falcone e Borsellino o con le scorte che li accompagnavano. In tali episodi delittuosi potevano tranquillamente rimanere coinvolti innocenti presenti occasionalmente in quei luoghi. Quando si perseguono ipotesi di questo genere e si vogliono raggiungere certi scopi, non si va tanto per il sottile; e se non ci sono andati in passato, presumo che, se l'obiettivo vale, non si cureranno del contorno neanche in avvenire. Esprimo solo un punto di vista, ma mi sembra che esso sia basato quanto meno su presupposti logici. PRESIDENTE. Scusi, generale, se la interrompo. Le è sfuggito un termine improprio, "innocenti": intende dire persone estranee. GIUSEPPE TAVORMINA, Direttore della DIA. Certamente. Mi riferisco a persone estranee al contesto specifico. Al senatore Brutti, che chiede chiarimenti sullo stato attuale dei problemi relativi ai collaboratori della giustizia, preciso che la gestione dei pentiti è passata dalla competenza dell'alto commissario a quella del dipartimento di pubblica sicurezza, che sta creando uno specifico nucleo interforze per la gestione amministrativa dei pentiti, fermo restando che la gestione di carattere giudiziario rimane attribuita al magistrato. PRESIDENTE. Per quanto riguarda i pentiti la normativa è completa? GIUSEPPE TAVORMINA, Direttore della DIA. Francamente non glielo so dire. So che parecchio è stato fatto e che anche di recente è stato affrontato il problema, soprattutto perché si avverte la necessità di cautelare in particolare le loro famiglie. MASSIMO BRUTTI. Abbiamo toccato questo aspetto specifico con il ministro di grazia e giustizia ieri in Commissione al Senato. Egli ci ha dichiarato che un problema ancora aperto è quello della identità e delle attività di familiari dei collaboratori della giustizia. E' così? GIUSEPPE TAVORMINA, Direttore della DIA. Penso di sì. Per quanto riguarda poi i criteri di inserimento degli uffici DIA nelle varie zone del paese, essi sono stati discussi in sede di consiglio generale (era il ministro Scotti che reggeva allora il dicastero) e sono state scelte le varie zone in cui essere presenti. Naturalmente in quella sede erano stati posti obiettivi di carattere strategico che riteniamo tuttora validi; le articolazioni successive sono state invece demoltiplicazioni basate su obiettivi Pag. 490 di carattere tattico, insorti di volta in volta o già conosciuti in precedenza. Preciso che attualmente non abbiamo presenze negli aeroporti. Riteniamo che sarebbe utile avere non uffici ma terminali almeno negli aeroporti di Roma e di Milano, che sono quelli di maggior rilievo anche ai fini del movimento di persone che potrebbero interessarci, per poter favorire lo sviluppo di attività operative che dovessero coinvolgere persone in arrivo o in partenza da tali aerostazioni. Niente di consistente, comunque, semplicemente avvisatori della DIA, cioè persone in grado di effettuare determinati controlli ed accertamenti. ROMEO RICCIUTI. Forse sarebbe interessante tenere sotto controllo gli aeroporti dove arrivano voli charter e non quelli di linea, perché lì il controllo è pressoché inesistente. GIUSEPPE TAVORMINA, Direttore della DIA. Mi consenta di precisare che non esercitiamo un controllo all'atto in cui i passeggeri arrivano o partono, perché ciò tra l'altro esulerebbe dai nostri compiti e richiederebbe una diversa presenza. Ritengo che un controllo del movimento dei passeggeri sia necessario in tutti gli aeroporti italiani, dove fanno scalo i voli di linea e dove lo fanno i voli charter. Presumo che a Ciampino ci sia una presenza... ROMEO RICCIUTI. Mi riferisco in particolare a Lamezia Terme. GIUSEPPE TAVORMINA, Direttore della DIA. Questo francamente non glielo so dire. In ogni caso, laddove dovessimo avere un'esigenza di carattere operativo che richiedesse la nostra presenza in un determinato punto anche al di fuori degli aeroporti italiani, è evidente che in tale circostanza saremmo sicuramente presenti. La sua, onorevole Ricciuti, è comunque un'indicazione di cui terremo conto. Sul quesito concernente gli inserimenti mafiosi in apparati pubblici delle regioni a statuto speciale, mi sia consentito osservare che non abbiamo elementi specifici. Se nell'arco di indagini in corso dovessero emergere riscontri al riguardo, faremmo il nostro dovere in direzione di appartenenti alla criminalità organizzata: se emergeranno connessioni di tal genere, ci potrà dispiacere ma certo non ci fermeremo davanti a sbarramenti di questo tipo. Sulla questione attinente alle dichiarazioni di Calderone e di Buscetta per quanto riguarda i rapporti tra Cosa nostra e le organizzazioni, diciamo, minori della Calabria, della Campania e della Puglia, posso affermare che siamo convinti che tali rapporti ci siano, tant'è vero che una delle ipotesi di lavoro - e di questo parlerà più specificamente il dottor De Gennaro - in ordine all'omicidio Scopelliti prevede proprio un raccordo della 'ndrangheta con Cosa nostra siciliana. All'onorevole Scotti, che ha domandato a che punto siamo con i lavori di assemblaggio del preesistente presso la nostra struttura, rispondo che stiamo andando avanti progressivamente. Quanto al monitoraggio delle organizzazioni criminali, come è noto, abbiamo dovuto superare qualche incomprensione iniziale che aveva dato luogo a perplessità soprattutto in relazione alle competenze; adesso la situazione si è chiarita, almeno sotto certi aspetti, dal momento che la competenza specifica su tale aspetto è stata attribuita alla Criminalpol, nella persona della vicecapo della polizia e capo della Criminalpol. A questa operazione di monitoraggio partecipano, come sempre del resto, tutte le forze di polizia ordinaria e partecipiamo anche noi, in maniera da offrire un contributo valido ai fini sia del completamento del lavoro sia dell'eventuale utilizzo del materiale raccolto. Sul monitoraggio effettuato con organismi esteri non sono in grado di fornire notizie precise perché tale azione - lo ripeto - viene sviluppata dalla Criminalpol. Pag. 491 I collegamenti che invece manteniamo, per la parte di nostra competenza, con organismi esteri sono abbastanza soddisfacenti. E' noto che al riguardo abbiamo avuto una fase estremamente travagliata e laboriosa, anche perché in questo campo bisogna superare non tanto le incomprensioni che possono sorgere in ambito nazionale quanto le eventuali resistenze opposte in ambito internazionale. Dialogare in Italia tra organismi è difficile ma dialogare con organismi esteri è ancora più complesso; quindi bisogna proporsi in maniera, diciamo, gradevole nei confronti di coloro che devono collaborare con noi o con gli altri organi di polizia italiani. Per quanto riguarda la questione appalti-spesa pubblica, per quanto ne so la DIA non sta sviluppando attività in tale direzione, anche perché non rientra nei suoi compiti, se non nella misura in cui vi siano riscontri di attività svolte dalla criminalità organizzata di stampo mafioso. L'onorevole Borghezio parlava di indagini nell'ambiente bancario o finanziario. Anche in questo campo devo dire che non stiamo compiendo indagini al riguardo perché la legge non prevede che siano condotte se non in presenza di attività svolte da appartenenti alla criminalità organizzata. Lo stesso vale per l'attività di usura. Per quanto attiene ai controlli da effettuare sull'attività imprenditoriale di Cosa nostra, preciso che ci sono molti organi che esercitano questi controlli di carattere amministrativo. Posso soltanto aggiungere che è nostro intendimento effettuare collegamenti con organismi che operano questo genere di controlli, in modo che inserendoci nelle loro banche dati abbiamo la possibilità di acquisire notizie che potrebbero essere utilizzate nella nostra attività investigativa. PRESIDENTE. C'è possibilità di accesso diretto? GIUSEPPE TAVORMINA, Direttore della DIA. Credo di sì. C'è almeno grande disponibilità da parte dei titolari di questi organismi. Si tratta naturalmente di portare avanti un rilevante lavoro organizzativo, che per motivi di carattere contingente finora non è stato pari a quello che sarebbe necessario. MARIO BORGHEZIO. C'è collaborazione da parte dell'Associazione bancaria italiana? GIUSEPPE TAVORMINA, Direttore della DIA. La collaborazione c'è ed abbiamo tenuto talune riunioni proprio con rappresentanti dell'Associazione bancaria italiana. Rilevo che la collaborazione vi è soprattutto con la Banca d'Italia e con l'Ufficio italiano cambi. L'ambiente bancario, come l'onorevole Borghezio sa bene, deve essere trattato sempre con molta attenzione. Mi pare, tuttavia, che negli ultimi tempi (l'onorevole Scotti sa qualcosa di specifico al riguardo) la disponibilità è stata nettamente maggiore rispetto al passato, anche ad un passato recente. L'onorevole Folena ha chiesto se siamo in grado di conoscere in tempo reale le attività svolte dagli altri organismi di polizia che si interessano alla criminalità organizzata: a tale proposito, vale quanto ho detto in precedenza riguardo al fatto che sino ad oggi non abbiamo raggiunto quei livelli di interconnessione informatica che potrebbero consentirci contatti di questo genere. Inoltre, l'onorevole Folena chiedeva se, sotto il profilo dell'attività di coordinamento, vi fosse qualcosa di fattivo. La parola coordinamento è stata usata in moltissime occasioni e talvolta è rimasta solo una parola. Noi riteniamo di costituire un momento importante dell'attività di coordinamento; il consiglio generale, istituito nel momento in cui fu approvata la legge sulla DIA, a sua volta è stato certamente un momento importante. Adesso mi pare vi siano altre iniziative dirette a concretizzare in maniera più incisiva le attività interconnesse: tra queste colloco innanzitutto la figura del segretario generale, la cui definizione è Pag. 492 attualmente all'esame del Parlamento. Per coordinarsi non è necessaria, a mio giudizio, solo la volontà: in qualche caso è necessaria anche una sovraordinazione che imponga ai soggetti che debbono coordinarsi l'obbligo di farlo. Sempre l'onorevole Folena chiedeva se anche la DIA condivida la convinzione, manifestata da alcuni organi di stampa, che la mafia sia ormai alle corde. Sono d'accordo con lei, onorevole Folena: probabilmente si tratta di un'enfatizzazione che in molti casi soddisfa esigenze di carattere diverso. Certo, la situazione della mafia non è così rosea e florida come qualche tempo fa (questo è sotto gli occhi di tutti) ma da qui ad affermare - cosa che desidereremmo - che la mafia è alle corde, francamente mi pare che ancora ne corra. In effetti, è in atto qualche processo di disgregazione, e il fenomeno dei pentiti lo dimostra: vent'anni fa pensare ad un pentito di mafia sarebbe stato come pensare nel 1940 di andare sulla luna! Oggi, invece, vi sono moltissime persone che si dissociano, anche manifestando propositi di carattere morale, psicologico, come dimostra il caso recente di Marchese, al quale ha accennato qualche giorno fa il dottor De Gennaro nel corso di un convegno. Quanto al rapporto tra mafia e massoneria, non saprei davvero cosa dire al di fuori di ciò che ho letto sugli organi d'informazione. Non ci siamo interessati della questione e quindi non ne sono al corrente; di conseguenza, non saprei indicare se vi siano azioni d'intervento a questo riguardo. Con le sue domande l'onorevole D'Amato ci ha riportati ai compiti della DIA, compiti che a mio giudizio sono molto chiari per ciò che riguarda la lotta alla criminalità organizzata di stampo mafioso. Un altro componente di questa Commissione ha poi ripreso quanto l'onorevole D'Amato ha detto riferendosi al comma 4 dell'articolo 3 della legge n. 410. Comprendo la difficoltà di rinunciare ad attività operative di questo genere, anche se vi è moltissimo da fare nel campo dell'operatività in altri settori; è difficile perché sono campi estremamente interessanti e premiali. Tuttavia, se le leggi vi sono - mi è parso di aver sentito dire - bisogna farle rispettare, compito che non è di nostra pertinenza: noi possiamo soltanto chiedere di poter dire la nostra. Probabilmente in questo campo vi è qualcosa in più da fare. CARLO D'AMATO. In effetti, il presidente ha ripreso la mia domanda chiedendole come il dettato legislativo venga osservato dai destinatari, se vi siano comunicazione, rapporti, un puntuale riferirsi alla DIA, così da determinare comunque, indipendentemente dalle gerarchie e dalle prerogative, un lavoro proficuo. E' senz'altro vero che dobbiamo essere noi a far rispettare le leggi ed a verificare i motivi per cui non vengano rispettate ma quello che a me interessava era un vostro giudizio circa l'operatività dei soggetti in merito. GIUSEPPE TAVORMINA, Direttore della DIA. Onorevole D'Amato, mi consenta di risponderle in modo piuttosto vago per ragioni che probabilmente sono più che evidenti. Non credo che da parte degli interessati manchi la volontà di venire incontro alle nostre richieste; d'altronde, chi può controllare in casa d'altri se tutto ciò che si fa in questo campo viene o meno riferito alla DIA? E' molto difficile attuare controlli di questo genere. Posso dirle che finora sono state assegnate alla DIA 240 unità equamente ripartite fra le tre forze di polizia, così com'è equamente ripartito l'intero personale investigativo di cui disponiamo. Quanto ai compiti, è materia ancora da definire e che presumo sarà discussa nel consiglio generale, sede nella quale certamente il ministro Mancino saprà valutare se ed in che misura tali compiti debbano essere attribuiti a noi, ad altri, soltanto a noi o anche ad altri. E' materia ancora sub iudice. Sempre riguardo al fenomeno del pentitismo, l'onorevole D'Amato osservava che, mentre quando i pentiti chiamano in causa i politici la stampa lo giudica un Pag. 493 fatto normale, nel momento in cui ad essere chiamati in causa sono i magistrati la condizione di normalità cessa. La gestione dei pentiti è affidata ai magistrati: quando il pentito chiama in causa un magistrato l'interessato ha sempre trovato da ridire ma gli accertamenti sono proseguiti, il che significa che vi sono altri magistrati che danno credito a quello che i pentiti dicono riguardo sia a politici sia a loro colleghi. ALTERO MATTEOLI. Una risposta diplomatica. GIUSEPPE TAVORMINA, Direttore della DIA. Grazie, ma onestamente non saprei cos'altro dire. Il senatore Cabras ha chiesto se SCO, ROS e GICO conducano indagini analoghe a quelle della DIA: finora sì, si vede, lo sappiamo. In questa sede so che sono state portate messi di risultati conseguiti nel settore specifico allo scopo di avvalorare l'efficienza di questi organismi, efficienza che nessuno di noi mette in dubbio. Osservo semplicemente che vi sono campi in cui si può proficuamente operare, anche se non si tratta specificamente di quello della criminalità organizzata, nel caso in cui il legislatore a suo tempo avesse stabilito che questo genere di attività deve essere condotto dalla DIA. PAOLO CABRAS. Mi interessava sapere come avvenga la collaborazione e se questa effettivamente vi sia. GIUSEPPE TAVORMINA, Direttore della DIA. Questo aspetto dovrebbe essere curato dal vicedirettore generale. Ripeto che fino ad oggi si tengono riunioni nel corso delle quali hanno modo di incontrarsi esponenti di tutti gli organismi; in quella sede vengono esaminati e valutati singoli problemi ed aspetti e si assumono decisioni. Francamente, a mio giudizio, si può fare molto di più (e si farà di certo molto di più) quando, superata la fase iniziale, si riuscirà a tenere un ritmo diverso, anche perché talune perplessità tuttora esistenti probabilmente saranno superate. Per quanto riguarda l'intervento dei servizi di cui all'articolo 2 citato dal senatore Cabras, debbo dire che indubbiamente la collaborazione vi è; in passato essa avveniva attraverso l'alto commissario ma, quando tale figura sarà soppressa, avverrà in modo diverso. La collaborazione riguarda soprattutto notizie attinenti alla criminalità organizzata. L'unica preoccupazione che può sorgere a tale proposito è se i servizi di sicurezza, che sono organi d'informazione, tendano a trasformarsi in organi di polizia: in questo caso vi sarebbe una commistione di compiti che certo non favorirebbe la chiarezza operativa né degli organi di polizia né dei servizi d'informazione. Soprattutto a questo proposito bisogna prestare la massima attenzione quando si hanno rapporti con organismi di polizia esteri, dove esiste una netta differenziazione tra organi di polizia e servizi d'informazione. Comunque, in molti paesi si sta diffondendo l'impiego dei servizi d'informazione in compiti di lotta alla criminalità organizzata ed al traffico di droga, beninteso sempre con caratteristiche informative, non operative. Lascio al dottor De Gennaro il compito di rispondere riguardo all'uso che la mafia fa di consulenti naturalmente di livello spiccato. Il senatore Cabras sostiene che questo aspetto investigativo appare carente: probabilmente è vero ma questo nuovo modo di condurre le investigazioni è nato, almeno per quanto ci riguarda, con la DIA. Quanto alla deposizione di Messina circa l'esistenza di una Cosa nostra nazionale e di una internazionale, confesso di essere rimasto sorpreso nell'apprendere dell'esistenza di un simile consesso a carattere internazionale. Sono a conoscenza di rapporti tra mafie di diversi paesi: italiana e statunitense, italiana ed australiana, italiana e canadese ma dell'esistenza di un organismo internazionale non avevo cognizione. Per essere del tutto franco, non ho cognizione neppure di un organismo a carattere nazionale: del fatto che Cosa nostra e per essa una commissione provinciale (ammesso che ve ne sia Pag. 494 una regionale) di grandissimo rilievo come quella di Palermo abbia rapporti con organismi mafiosi di altre zone del paese come la 'ndrangheta, la camorra o la stessa sacra corona unita sulla base di interessi e di traffici illeciti comuni sono assolutamente convinto; sul fatto invece che vi sia una simile forma di organizzazione, quasi a livello di una società per azioni, francamente nutro qualche dubbio ed avanzo perplessità. Per quanto attiene al quesito dell'onorevole Angelini circa i rapporti della DIA con organi di polizia di altri paesi, mi rifaccio a quanto ho già detto: a seguito della nascita della DIA si è verificata un'accelerazione di questi rapporti di grandissimo rilievo; contrariamente al passato, a pari titolo concorrono tutte le organizzazioni di polizia, intendendo con tale espressione non solo i Carabinieri, la Polizia di Stato (che tradizionalmente si è sempre occupata di queste cose) e la Guardia di finanza ma anche la stessa DIA. Sottolineo con piacere la svolta che di recente è stata impressa a tali rapporti. Ieri il ministro dell'interno si trovava a Londra e del suo seguito facevano parte i rappresentanti delle forze di polizia, DIA compresa. Signor presidente, a questo punto mi pare di dover rispondere ai quesiti che lei ha posto. Una catena gerarchica con il dipartimento non esiste; il dipartimento dà un supporto logistico all'organizzazione; vi è un elemento di collegamento costituito dal vicecapo della polizia; questo elemento, nella misura in cui si propone di interferire nell'attività dell'organismo, può costituire una limitazione. Però, ciò non si è verificato, per cui le preoccupazioni insorte all'inizio, finora non hanno avuto modo di essere tali. Che in futuro possano sorgere preoccupazioni non lo escludo: dipende dagli uomini, più che da quello che la norma prevede. I problemi dal punto di vista organizzativo sono quelli ai quali facevo riferimento all'inizio; un organismo di nuova istituzione ha bisogno di notevoli risorse per raggiungere un livello accettabile di operatività. PRESIDENTE. Da quanto tempo disponete di una sede vostra autonoma? GIUSEPPE TAVORMINA, Direttore della DIA. La sede nella quale ci siamo trasferiti non è nostra, si tratta di una sede provvisoria, derivata da una soluzione di ripiego: alcuni ambienti della scuola interforze, titolare della sede, non venivano utilizzati; laddove vi era posto ci siamo insediati noi. PRESIDENTE. Lei ha parlato di una sede provvisoria; è prevista una sede definitiva? GIUSEPPE TAVORMINA, Direttore della DIA. Se la scuola interforze dovrà rimanere in quella sede ed avrà bisogno di utilizzare l'intera struttura, è chiaro che noi dovremo trasferirci. PRESIDENTE. E' stato previsto il luogo definitivo? GIUSEPPE TAVORMINA, Direttore della DIA. Non ancora. L'unica cosa prevista è che, nel momento in cui si scioglie l'Alto commissariato, tutte le sedi di cui dispone - compresa la palazzina Vargas che peraltro apparteneva non all'Alto commissariato ma al SISDE - verranno destinate ai nostri uffici. Saranno sedi aggiuntive e frazionate, che però ci daranno la possibilità di non avere problemi dal punto di vista dell'acquartieramento. Non nascondo che, anche nell'attuale sede, stiamo piuttosto ristretti in ambienti non destinati ad uffici, ma trasformati provvisoriamente in uffici. Una volta che la struttura avrà raggiunto il massimo del proprio sviluppo, la gestione avrà soltanto carattere ordinario, ecco perché in più di una circostanza ho insistito per avere un'autonomia gestionale che ci consenta di non dover subire le lentezze derivanti da certi problemi Pag. 495 connessi con le norme relative alla gestione dei fondi dello Stato. PRESIDENTE. Per i fondi, dipendete dal dipartimento della pubblica sicurezza? GIUSEPPE TAVORMINA, Direttore della DIA. Sempre. Per quanto riguarda i rapporti con altri organi di polizia giudiziaria, come ho già detto prima in riferimento all'articolo 3, comma 4, della legge n. 410 del 1991, per la ripartizione dei compiti è prevista una riunione, a breve termine, del consiglio generale; finora sono state soltanto attribuite aliquote di personale, non per contingente come la legge prevedeva in quanto è stato stabilito, di comune intesa, un contingente di 80 unità per ogni forza di polizia, per un totale di 240 unità (di cui 4 funzionari ufficiali e 36 sottufficiali ispettori). Per ciò che concerne l'interpretazione e l'applicazione del citato comma 4 dell'articolo 3, credo che il consiglio generale dovrà riunirsi più volte per giungere ad una decisione. PRESIDENTE. Vi è già il decreto del ministro dell'interno? GIUSEPPE TAVORMINA, Direttore della DIA. In ordine a questa questione specifica, no. PRESIDENTE. Nel comma 4 si legge "assegnato alla DIA nei contingenti e con i criteri e le modalità determinati con decreto del ministro dell'interno". GIUSEPPE TAVORMINA, Direttore della DIA. Il decreto sarà conseguente agli accordi che si raggiungeranno in sede di consiglio generale. PRESIDENTE. Voi fate parte del consiglio generale? GIUSEPPE TAVORMINA, Direttore della DIA. Io sì. Prima partecipavo come assistente dell'alto commissario per fatti specifici attinenti alla DIA. PRESIDENTE. E adesso? GIUSEPPE TAVORMINA, Direttore della DIA. Adesso intervengo per fatti attinenti alla DIA. Questo aspetto della partecipazione, comunque, è stato già chiarito. Ci sono state rivolte domande a proposito dell'amministrazione dei grossi beni della mafia e delle connessioni. Non abbiamo ancora potuto sviluppare l'argomento; però, poiché un terzo delle forze della DIA è costituito da persone provenienti dal Corpo della guardia di finanza, non escludo che nel prosieguo l'aspetto specifico dell'amministrazione dei beni accumulati dalla mafia possa costituire uno degli argomenti sui quali, probabilmente, i miei successori verranno qui a riferire cose egregie (almeno me lo auguro). PRESIDENTE. Speriamo che venga lei. Do la parola al dottor De Gennaro per le integrazioni. GIOVANNI DE GENNARO, Vicedirettore vicario della DIA. Vorrei integrare le risposte del direttore e poi aggiungere qualche elemento su alcune tematiche. L'onorevole Matteoli ha posto una domanda sulla visione unitaria, che può essere collegata con quella dell'onorevole Folena relativa alla frammentazione e con altre domande che concernono la strategia operativa che bisognerebbe adottare. Indubbiamente si avverte la necessità di avere un punto di riferimento unico e cioè una visione completa. In proposito vorrei soffermarmi soprattutto sull'azione di monitoraggio e di conoscenza del fenomeno, ma anche sulla conoscenza degli interventi investigativi. L'onorevole Matteoli ha chiesto se la DIA possa essere utile a questo fine. Può esserlo, nella misura in cui - come ha detto il generale Tavormina - la norma Pag. 496 espressamente prevista dall'articolo 3, comma 4, venga attuata. Il legislatore ha parlato di indagini collegate; da più parti è stato fatto riferimento all'aspetto tecnico di procedura penale dell'indagine collegata. Allora, se il pensiero del legislatore è quello dell'indagine collegata, gli uffici specializzati che - com'è stato detto in questa sede - sostanzialmente svolgono gli stessi compiti e la stessa attività, fanno riferimento all'interpretazione di indagine collegata in termini di procedura penale, è il magistrato che stabilisce il collegamento dell'indagine e non certamente l'autorità di polizia o l'ufficio di polizia. Se, invece, si vuole fare riferimento ad un'azione congiunta, allora certamente un momento di raccordo, quantomeno conoscitivo, sotto l'aspetto dell'azione investigativa può essere svolto dalla DIA, se a questa viene attribuita la funzione di organismo specializzato unificante di più esperienze. In questi termini mi pare si dovrebbe chiarire questo aspetto. Per quanto riguarda la strategia della mafia - anche qui la domanda dell'onorevole Matteoli si raccorda con quella dell'onorevole Riggio - ed in particolare le modificazioni delle strategie e della natura della mafia e le difficoltà eventuali che ne potrebbero derivare a Cosa nostra, devo dire che il cambiamento non è avvenuto adesso; da tredici anni dedico la mia attività professionale alle indagini sullo specifico argomento della criminalità mafiosa e posso dire che il cambiamento di strategia della mafia deve essere datato in un periodo antecedente. Mi pare che sia emerso, in quest'esperienza investigativa a fianco di magistrati che hanno dedicato il loro tempo e la loro vita a quest'azione inquirente, che il cambiamento risale alla metà degli anni settanta. La strategia delle organizzazioni mafiose muta nel momento in cui si è verificato un afflusso di denaro molto elevato, dovuto anche al cambiamento di alcune strategie criminali ed in particolare al traffico degli stupefacenti, anzi al coinvolgimento a livello industriale dell'organizzazione mafiosa nel traffico di stupefacenti, che ha comportato un cambiamento della mentalità. A quella data viene fatto risalire, dalle indagini, il coinvolgimento di altri gruppi criminali (con questo provo a rispondere anche alla domanda relativa al coinvolgimento di gruppi criminali diversi di origine italiana e non internazionale). In quel momento cambia la regola di Cosa nostra siciliana, che, ad esempio, da allora ammette affiliati non nati in Sicilia. E' proprio la strategia criminale di un certo periodo che stravolge alcune regole dell'organizzazione. In questa chiave si possono leggere alcune scelte criminali particolarmente violente nei confronti di uomini delle istituzioni, scelte con valenza addirittura stragistica, laddove non si è tenuto conto di persone estranee che potevano essere coinvolte. Qualche collaboratore della giustizia ha parlato di mafia democratica prima e mafia totalitaria adesso (tutto sommato, dei parametri dobbiamo averli, perché per anni si sono svolte indagini sancite con sentenze della Corte di cassazione). Mentre prima, ad esempio, la carica di responsabile all'interno di gruppi di Cosa nostra, come quella di rappresentante della famiglia, era elettiva ed aveva una scadenza precisa, successivamente si è dato vita a distorsioni delle regole. Ciò può avere indotto a modificare l'atteggiamento nei confronti delle istituzioni e può avere giustificato reazioni particolarmente violente. La collaborazione di Giuseppe Marchese non può essere assorbita dal vertice dell'organizzazione in modo indolore: si tratta di un tradimento all'interno non della famiglia-gruppo criminale ma della famiglia di sangue, di quello che, credo a ragione, riteniamo sia il punto di riferimento massimo dell'organizzazione. Questo si può tradurre in termini di potere da parte dei vertici dell'organizzazione ed in necessità di indebolire l'azione di contrasto. E' stato chiesto se possa essere prevedibile un'azione stragistica o di polverone cioè di disinformazione da parte della mafia. Abbiamo visto che le due cose, in alcuni momenti storici, hanno coinciso: Pag. 497 basti pensare all'estate del 1989, quando l'azione stragistica, e cioè l'attentato alla villa di Falcone, ha coinciso con un'azione di disinformazione operata certamente da gruppi vicini o addirittura dalla stessa organizzazione mafiosa. PRESIDENTE. Lei si riferisce alle lettere del Corvo? GIOVANNI DE GENNARO, Vicedirettore vicario della DIA. A tutto quel periodo nel quale si colloca l'episodio del Corvo. Vi sono state poi anche delle interpretazioni dell'attentato a Falcone. PRESIDENTE. Anche pentiti hanno "giocato" in quel periodo? GIOVANNI DE GENNARO, Vicedirettore vicario della DIA. La mia conoscenza della tematica dei collaboratori della giustizia risale al 1984 ed è collegata ai personaggi più noti. A me non risultano personalmente episodi di collaborazione voluti e finalizzati allo scopo specifico di delegittimare altri. A questo proposito vorrei integrare la risposta sui pentiti. Ritengo che la collaborazione di questi ultimi prescinda dalle motivazioni per le quali è offerta e trovi riscontro in un tecnico, cioè il magistrato del pubblico ministero, il quale si avvale della polizia giudiziaria. Anche in passato di questi specifici episodi si sono sempre occupati organi investigativi qualificati: squadre mobili, uffici della Criminalpol, reparti operativi dei carabinieri, sezioni anticrimine, cioè sempre e comunque gruppi di investigatori e non di improvvisatori, i quali hanno risposto alle domande dei magistrati in base alle normali tecniche investigative. Ricordo che quando si svolse l'indagine conseguente al pentimento di Calderone, il giudice Falcone delegò al mio ufficio 284 accertamenti, alcuni dei quali sembravano impossibili. Anche attualmente, per quanto riguarda la deposizione di uno dei collaboratori che sta lavorando con il nostro ufficio, il pubblico ministero è già arrivato alla sesta od alla settima delega di indagine. Tutto sommato vi è un'azione di riscontro della dichiarazione resa e non mi pare che se ne debba ricercare la motivazione; sarebbe come se il commissario di polizia ricercasse le motivazioni che hanno spinto un soggetto a presentare denuncia al commissariato: accerterà dopo se si tratti o meno di una calunnia. ALTERO MATTEOLI. Si tratta della stessa cosa. GIOVANNI DE GENNARO, Vicedirettore vicario della DIA. Mi riferivo all'esperienza passata, che ha condotto anche a determinate decisioni da parte della Corte di cassazione in ordine al riscontro dell'attività investigativa ed inquirente compiuta. Per quanto riguarda i pentiti, aggiungo che in effetti vi è una carenza normativa relativa all'identità; tuttavia la normativa esistente è pur sempre di grande aiuto ed esaustiva di quasi tutte le necessità, tranne su alcuni dettagli relativi alla protezione (ma in quel caso è necessaria una norma complessa, perché non si tratta di un semplice cambio di nome, che già è previsto in via d'urgenza dalla legge attuale con un documento di copertura, ma di un completo cambio di identità, con tutte le problematiche di natura civilistica che possono aggiungersi). In ordine allo specifico aspetto delle collusioni in ambito finanziario e della necessità della mafia di avvalersi di consulenti di particolare livello, devo dire che sulla base dell'esperienza investigativa pregressa si è più volte registrata, anche in tempi recenti, la presenza di personaggi non appartenenti all'organizzazione mafiosa che agivano per conto di mafiosi. Probabilmente essi erano a conoscenza della natura criminale della persona con la quale trattavano, anche se quasi sicuramente ne ignoravano l'appartenenza all'organizzazione, che è un dato segreto, noto soltanto tra gli stessi aderenti. Cito al proposito un'indagine abbastanza recente che ha condotto all'arresto del responsabile di una società finanziaria Pag. 498 di Milano, Lottusi, il quale si occupava di movimentazione di capitale per conto del gruppo Madonia: probabilmente il Lottusi non conosceva l'appartenenza del Madonia alla mafia, ma certamente aveva cognizione, come è stato riscontrato, dell'illiceità di questi capitali. Devo peraltro aggiungere a questo proposito che anche l'organizzazione mafiosa ha compiuto un notevole salto di qualità: per esempio, già nell'ambito della famiglia Caruana, nel 1984-1985 in Svizzera operava uno dei figli, laureato, il quale aveva perfetta conoscenza delle dinamiche bancarie e finanziarie, un po' come è successo nel traffico degli stupefacenti dove la mafia è riuscita, producendo in casa i propri tecnici, a sostituire chimici marsigliesi "importati". MASSIMO BRUTTI. Qual è la situazione processuale del Lottusi? GIOVANNI DE GENNARO, Vicedirettore vicario della DIA. Non sono in grado di rispondere, trattandosi di un'indagine che ho seguito finché sono rimasto alla direzione del servizio centrale operativo e non ne conosco perciò gli ulteriori esiti. Credo di aver risposto a tutte le domande e comunque, se fossi stato carente, rimango a disposizione della Commissione. PRESIDENTE. Ringraziamo il generale Tavormina e il dottor De Gennaro per il contributo che ci hanno fornito. Il materiale raccolto verrà sottoposto al gruppo di lavoro che si occupa del coordinamento delle forze di polizia al fine di proporre alla Commissione relazioni o documenti impegnativi per il Governo. (Il generale Tavormina e il dottor De Gennaro vengono accompagnati fuori dall'aula). Sui lavori della Commissione. PRESIDENTE. Passiamo all'esame del documento già approvato dall'ufficio di presidenza allargato ai capigruppo nella riunione del 26 novembre. Ne do lettura: "1) Rendiconto dei lavori: la Commissione ha iniziato i suoi lavori con la seduta del 30 settembre; sinora ha tenuto 13 sedute e 12 uffici di presidenza; sono state tenute tre |P'missioni|P' fuori sede (a Messina, il 13 ottobre, a Gela, da parte di un gruppo di lavoro, il 13 novembre, a Catanzaro il 28 novembre, da parte dell'ufficio di presidenza); la Commissione ha sinora ascoltato 54 persone; è stato tenuto un seminario pubblico, il 20 novembre, sulla cooperazione internazionale nella lotta contro la mafia, introdotto dall'on. Enzo Scotti, cui hanno partecipato il presidente della Bundeskriminalamt, Zachert, il capo della nuova struttura antimafia del ministero dell'Interno francese, Poinas, il capo della polizia giudiziaria spagnola, Reverte de Montagut; costituiti due gruppi di lavoro (su sistema elettorale e su coordinamento forze polizia); tra pochi giorni inizierà, in attuazione di un deliberato della Commissione, la memorizzazione informatica di tutti gli atti di questa Commissione e di quella precedente. 2) Annullamento del processo per l'omicidio del sovrintendente Aversa e della moglie: l'ufficio di presidenza allargato ai capigruppo ha deliberato, nella seduta del 26, di acquisire rapidamente gli elementi di conoscenza necessari per comprendere, al di là delle notizie di stampa, le ragioni e gli effetti dell'annullamento; è stato delegato, a tal fine, l'ufficio di presidenza ristretto, che si è recato sabato 28 a Catanzaro, ha acquisito gli elementi di conoscenza necessari, ha altresì acquisito Pag. 499 l'assicurazione da parte del Procuratore della Repubblica presso il tribunale che il processo riprenderà in tempi rapidi. 3) Piano di lavoro: terminare, orientativamente entro metà dicembre, l'acquisizione degli elementi necessari per esprimere le valutazioni della Commissione, limitatamente alle decisioni assunte nella riunione del 29 ottobre 1992; sentire Ciancimino entro lo stesso termine; predisporre prima della sospensione dei lavori per ciascun componente della Commissione un dossier contenente tutta la documentazione; quindi discutere, alla ripresa, sulla base di una relazione, dei risultati acquisiti e della fase finale nella quale, giusta le decisioni del 29 ottobre, dovranno essere sentiti coloro che hanno rivestito o rivestono responsabilità istituzionali che lo hanno richiesto, o la cui audizione si rilevi essere necessaria per i lavori della Commissione, e coloro che rivestono o hanno rivestito responsabilità politiche, che si trovino in analoga situazione; nella seduta del 29 ottobre si decise di sentire, conclusivamente, il presidente della Regione Siciliana, onorevole Campione; sentire anche, conclusivamente il Presidente del Consiglio, onorevole Amato, per le valutazioni e gli impegni del Governo; quindi presentare la relazione al Parlamento chiedendo ai Presidenti dei due rami ed ai capigruppo di discuterla in tempi brevi; la Commissione deve curare, contemporaneamente, attraverso appositi gruppi di lavoro, gli altri settori di attività: si propone perciò: a) che la Commissione si rechi in aree |P'esemplari|P'; si sono individuate le aree di Foggia, Caserta, Brindisi e del Salento; nel corso della visita a Catanzaro sono state segnalate come aree particolarmente esposte quelle del lametino (a Lametia il consiglio comunale è stato sciolto per mafia), del vibonese, del crotonese: assumere decisioni conseguenti; b) il Ministro dell'industria ha provveduto in data 13 novembre a nominare il Comitato previsto dalla legge antiracket per l'esame delle richieste di risarcimento; manca il provvedimento del Consiglio di Stato; c) presentare relazione su Gela (relatore: Cafarelli) d) di invitare il Ministro della giustizia; il Ministro verrebbe il 18 dicembre; si è deliberato che entro il 10 dicembre i singoli commissari indichino i temi e le questioni sulle quali si chiede la risposta del Ministro per la seduta del 18; i quesiti saranno immediatamente inviati all'interessato; e) di prendere contatti con la Commissione antimafia del parlamento francese al fine di fissare un incontro su temi di comune interesse (proposta coordinamento: onorevole Fumagalli Carulli); f) di nominare un gruppo di lavoro per accertare le cause dei ritardi nella irrogazione della misura di prevenzione patrimoniale a Vito Ciancimino (ufficio di presidenza); g) incontrare Sindacati di polizia e Associazione magistrati sul progetto sicurezza. 4) Indirizzi di lavoro: distinzione tra responsabilità penale (che va accertata dalla magistratura) e responsabilità politica (che è di esclusiva competenza delle autorità politiche); si verificano gravi distorsioni istituzionali se l'autorità giudiziaria, che è politicamente irresponsabile, si carica o è caricata dell'onere di accertare anche le responsabilità politiche; del tutto inammissibile sarebbe la situazione inversa; Pag. 500 perché questa distinzione operi effettivamente, la Commissione, come ha già deciso, e come sta facendo, deve svolgere i suoi accertamenti con completezza e con tutte le cautele necessarie ad evitare distorsioni, altrimenti si attribuirebbero di fatto poteri del tutto anomali ad una funzione politicamente irresponsabile, come quella giurisdizionale, cui compete esclusivamente l'accertamento delle responsabilità giuridiche (nella specie: penali); emerge dal lavoro sinora compiuto una straordinaria complessità e vastità delle connessioni, che vanno ben oltre i settori del mondo politico ed investono (con caratteri di autonomia rispetto all'intreccio con il mondo politico) settori delle istituzioni, delle autonomie locali, delle professioni; emergono inoltre rapporti continuativi con molti esponenti della massoneria (è importante la recente decisione del Parlamento regionale siciliano); la Commissione deve presentare nella sua relazione misure idonee ad avviare una fase ricostruttiva del tessuto istituzionale, politico ed imprenditoriale; le proposte dovrebbero riguardare (previa determinazione di priorità): la piena attuazione delle leggi esistenti, che sono invece caratterizzate da gravi ritardi applicativi; il sistema dei controlli amministrativi (c'è disponibilità tanto del presidente della Corte dei conti, quanto del professor Sabino Cassese); il sistema elettorale (è già costituito un gruppo di lavoro coordinato dall'onorevole Cabras), questioni attinenti all'ordinamento giudiziario (verifiche periodiche capacità professionale, responsabilità disciplinare, strutture di supporto adeguate, migliore utilizzazione delle risorse esistenti), alle forze dell'ordine (applicazione puntuale e completa della legge sulla DIA, razionalità nell'uso delle risorse esistenti, sinergie), agli apparati amministrativi (capacità professionale, correttezza amministrativa, adeguatezza agli scopi), alle autonomie locali (rivelatesi spesso troppo fragili rispetto alla forza degli interessi in giuoco); appalti, riciclaggio, stupefacenti, spazio giudiziario internazionale; la destinazione dei beni confiscati (salvaguardia dei posti di lavoro); la scuola. Su alcune questioni specifiche si deve necessariamente rinviare a relazioni successive, previa indicazione di alcune linee di indirizzo. 5) Lavori da avviare: a) nomina gruppi di lavoro su questioni prioritarie: a1) riciclaggio, traffico di stupefacenti e relazioni internazionali connesse: proposta: Scotti; a2) questioni sociali: proposta: D'Amato; a3) insediamenti in aree non tradizionali: proposta: Smuraglia; a4) concessioni, appalti e subappalti: proposta: Cutrera; a5) osservatorio sulla attuazione delle leggi antimafia: proposta: Calvi; a6) destinazione beni confiscati, conservazione e gestione beni sequestrati: proposta: Bargone; a7) il sistema dei controlli amministrativi: proposta: Riggio; b) incontro con governi regionali che l'hanno chiesto: Regione Sicilia (preparazione: Violante), Regione Calabria (preparazione: Cabras); c) andare in Toscana (richiesta onorevole Matteoli); Pag. 501 d) richiesta del senatore Florino sulle recenti vicende di Napoli (chiedere prima relazione al prefetto)". Desidero sottoporvi, colleghi, anche un argomento di cui non abbiamo parlato nella riunione dell'ufficio di presidenza. Come sapete, è stata scoperta una serie di depositi di armi, per lo più provenienti dai paesi dell'est, che di solito vanno a finire nelle mani della mafia. Dobbiamo decidere se sia il caso di costituire un gruppo di lavoro ad hoc che segua tale questione, al fine di approfondire chi e come sta istruendo i processi, da dove vengono le armi e come si approvvigiona la criminalità organizzata, o se sia preferibile attribuire questa competenza al gruppo di lavoro che si occupa di riciclaggio e stupefacenti. Comunico inoltre che è in distribuzione il documento dell'assemblea regionale siciliana sulle questioni della massoneria. Per quanto riguarda la relazione sulla missione di Catanzaro, se i colleghi dell'ufficio di presidenza sono d'accordo, verrà distribuita al fine di essere posta in discussione nella prossima seduta. MARIO BORGHEZIO. Suggerisco la costituzione di uno specifico gruppo di lavoro che si occupi della penetrazione di Cosa nostra in campo borsistico e finanziario; mi pare che tale materia debba essere distinta dal riciclaggio perché sostanzialmente diversa. Anche i risultati delle audizioni sembra abbiano confermato che i competenti organi amministrativi e giudiziari sono ancora un po' disorientati sull'argomento; ritengo pertanto che un gruppo di lavoro ad hoc potrebbe colmare un vuoto notevole. ALTERO MATTEOLI. Per quanto riguarda la missione di Gela, l'ufficio di presidenza compì un blitz addirittura peggiore di quello di Catanzaro, poiché decise in modo anomalo... PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Matteoli, per quanto riguarda Catanzaro la decisione fu assunta dall'ufficio di presidenza allargato ai capigruppo, con il suo solo voto contrario. ALTERO MATTEOLI. In ordine a Gela, però, la decisione fu assunta dall'ufficio di presidenza senza nemmeno la partecipazione dei capigruppo. PRESIDENTE. Era appena stato commesso un omicidio. ALTERO MATTEOLI. Sta bene, comunque non abbiamo ancora ricevuto la relazione sull'incontro di Gela. PRESIDENTE. Non c'è una relazione. ALTERO MATTEOLI. Il fatto che la Commissione non sia al corrente del lavoro svolto da un gruppo di suoi componenti... PRESIDENTE. Sono diciotto ore di resoconto stenografico. ALTERO MATTEOLI. Vorremmo almeno sapere chi è stato ascoltato. Non sappiamo nulla; lo sanno i giornalisti ma noi no. PRESIDENTE. Ripeto, si tratta di diciotto ore di resoconto stenografico, il cui testo è stato consegnato alla Commissione soltanto pochi giorni fa. Si può proporre che un collega svolga una relazione informando delle questioni trattate; se lei invece desidera avere una sintesi dell'informazione, credo che esista un resoconto sommario. GIROLAMO TRIPODI. Ritengo che, proprio nell'ambito dell'indagine che stiamo compiendo sull'intreccio tra mafia e politica, dobbiamo occuparci dell'episodio verificatosi a Reggio Calabria; non si tratta infatti di un problema soltanto siciliano, come del resto non lo era nemmeno prima. In relazione a tale episodio, che per molti aspetti mi pare ancora più sconvolgente, penso sia utile un impegno da parte della Commissione. Pag. 502 MICHELE FLORINO. Ritengo che si debba dare priorità all'incontro con la giunta della regione Calabria contenuto nel documento che ci è stato sottoposto, proprio in relazione agli episodi che si sono verificati e che sono stati riportati dalla stampa. Insisto altresì sulla richiesta, già inviata al presidente per iscritto, relativa alle recenti vicende di Napoli, al fine di garantire una corsia preferenziale a questo argomento. Rispetto ad una mafia radicata in alcune regioni d'Italia e soprattutto in Sicilia, abbiamo... PRESIDENTE. La invito a formulare una proposta. MICHELE FLORINO. La proposta è la seguente. Poiché la connotazione mafiosa ormai è presente anche e soprattutto nella regione Campania, non vorrei liquidare tutto con la battuta che "mentre il medico studia l'ammalato muore"; in particolare a Napoli la situazione mafiosa e non camorristica è diventata preoccupante, gli intrecci sono presenti... PRESIDENTE. Ho previsto nel documento di richiedere una relazione al prefetto, perché di questa vicenda si sta occupando in questi giorni il Comitato parlamentare per i servizi di informazione e sicurezza. Il problema è di evitare, per ragioni di equilibrio istituzionale, che due Commissioni parlamentari, in modo autonomo e non coordinato, si occupino entrambe della questione. A questo scopo ho proposto di richiedere una relazione al prefetto, in base alla quale potremo poi decidere le singole iniziative da assumere. MICHELE FLORINO. Dissento da questa proposta. Ritenevo infatti che la nostra Commissione d'inchiesta avesse l'obbligo di intervenire per prima rispetto ad un Comitato che fa capo ad un ministro, che purtroppo appartiene ad una parte politica coinvolta in questa vicenda. Per motivi di opportunità richiedo una corsia preferenziale. PRESIDENTE. Mi riferivo al Comitato parlamentare di vigilanza sui servizi di sicurezza. Di quale ministro parla? MICHELE FLORINO. Io parlo del comitato ispettivo... PRESIDENTE. Si tratta di una cosa differente. Io mi riferisco al Comitato parlamentare per i servizi di informazione e sicurezza e per il segreto di Stato che ha oggi all'ordine del giorno l'audizione del SISDE. MICHELE FLORINO. Perché un altro Comitato è andato ad indagare... PRESIDENTE. Quella è un'altra cosa, non c'interessa. MICHELE FLORINO. Comunque, non riesco a comprendere questa interposizione di forze. L'elemento da cui hanno preso avvio le indagini (non mi riferisco alle intercettazioni telefoniche) è riferito all'aspetto precedente, quello della camorra. Il Comitato per i servizi di informazione e sicurezza dovrebbe intervenire dopo la Commissione antimafia. PRESIDENTE. Sulla vicenda delle intercettazioni telefoniche... MICHELE FLORINO. Non mi riferisco alle intercettazioni. PRESIDENTE. Per quanto riguarda la vicenda più complessiva di Napoli, che certamente è gravissima, avendo stabilito di attivare l'attenzione su alcune aree particolarmente esposte (e mi pare che Napoli rientri tra queste) è giusto avanzare tale proposta e vedremo in che modo e con quali tempi rispondervi rapidamente. Se lei pone la questione di carattere generale ha ragione, perché il Comitato di controllo sui servizi interviene sulla specifica vicenda delle intercettazioni. Pag. 503 MICHELE FLORINO. Infatti, pongo il problema della lettera a lei inviata. PRESIDENTE. Ho capito. Per quanto concerne la questione della Calabria propongo che, nell'ambito del lavoro che dobbiamo svolgere, si consideri questo aspetto con la necessaria rapidità. Altrimenti corriamo il rischio che venga arrestato qualcun'altro da qualche altra parte, con una conseguente stratificazione continua che ci impedisce di concludere rispetto a singole questioni. Rispetto al problema della borsa avanzato dal collega Borghezio, esso è comunque relativo al riciclaggio... MARIO BORGHEZIO. Non si tratta solo di questo, ma della penetrazione delle aziende nella struttura economica. Si tratta di due questioni differenti. PRESIDENTE. Non si tratta comunque di riciclaggio? Comunque, poiché entia non sunt multiplicanda, potremmo valutare se nell'ambito del gruppo di lavoro, di cui mi auguro lei abbia tempo di far parte, emerga l'esigenza di distinguere e separare le questioni. FRANCESCO CAFARELLI. Per quanto riguarda la questione delle armi propongo di costituire un gruppo a sé stante. PRESIDENTE. Sono d'accordo. Ciascun capogruppo dovrà segnalare alla presidenza i nominativi dei colleghi interessati a partecipare all'attività di ciascun gruppo di lavoro. Poiché vi è l'esigenza di salvaguardare il rapporto tra maggioranza e opposizione, qualora le proposte risultassero squilibrate si interverrà per fare in modo che tale rapporto sia rispettato. VINCENZO SCOTTI. Vorrei tornare sulla questione dei gruppi di lavoro. Si è parlato di separare il tema delle armi da quello della droga e del riciclaggio; dalle indagini in corso emerge abbastanza chiaramente la stretta connessione operativa. PRESIDENTE. Propongo di iniziare a lavorare su entrambe le questioni. Se sarà necessario separarle, ciò potrà essere fatto successivamente. Alla luce delle considerazioni avanzate, propongo di modificare il punto 5) del documento di cui ho dato lettura come segue: 5) Lavori da avviare: a) nomina gruppi di lavoro su questioni prioritarie: a1) riciclaggio e penetrazione nel sistema economico-finanziario, traffico di stupefacenti, traffico d'armi e relazioni internazionali connesse: proposta: Scotti; a2) questioni sociali: proposta: D'Amato; a3) insediamenti in aree non tradizionali: proposta: Smuraglia; a4) concessioni, appalti e subappalti: proposta: Cutrera; a5) osservatorio sulla attuazione delle leggi antimafia: proposta: Calvi; a6) destinazione beni confiscati, conservazione e gestione beni sequestrati: proposta: Bargone; a7) il sistema dei controlli amministrativi: proposta: Riggio; b) incontro con governi regionali che l'hanno chiesto: Regione Sicilia (preparazione: Violante), Regione Calabria, anche con riferimento alle recenti vicende di Reggio Calabria (preparazione: Cabras); c) andare in Toscana (richiesta onorevole Matteoli); d) richiesta del senatore Florino sulle recenti vicende di Napoli (e più in generale sulla penetrazione mafiosa nella città); con particolare carattere di urgenza. Pag. 504 Pongo in votazione tale proposta. (E' approvata). Pongo in votazione il documento con la modifica testé apportata. (E' approvato). La seduta termina alle 18,20. ERRATA CORRIGE Nel fascicolo n. 11, relativo alla seduta dell'11 novembre 1992, nel frontespizio e alle pagine 336, seconda colonna, e 337, prima colonna, leggasi "Francesco Cafarelli" e non "Michele Cafarelli" come erroneamente stampato.