Pag. 669 SEGUITO DELL'AUDIZIONE DEL MINISTRO DI GRAZIA E GIUSTIZIA, ONOREVOLE CLAUDIO MARTELLI PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE INDICE pag. Seguito dell'audizione del ministro di grazia e giustizia, onorevole Claudio Martelli: Violante Luciano, Presidente ...................... 671, 676 677, 680, 686, 688, 690, 692, 693 Acciaro Giancarlo ...................................... 673 Borghezio Mario ........................................ 692 Brutti Massimo ........... 681, 683, 685, 686, 687, 688, 689 Cappuzzo Umberto ....................................... 671 Cutrera Achille ........................................ 673 De Matteo Aldo ......................................... 673 Frasca Salvatore ........................ 671, 683, 692, 693 Imposimato Ferdinando .................................. 674 Martelli Claudio, Ministro di grazia e giustizia ......................................... 675, 676 677, 679, 680, 681 683, 684, 685, 686, 688, 689, 691, 692, 693 Matteoli Altero .............................. 674, 679, 680 Olivo Rosario .......................................... 692 Rapisarda Santi ................................... 674, 693 Rossi Luigi ....................................... 671, 691 Tripodi Girolamo ............................. 683, 684, 691 Pag. 670 Pag. 671 La seduta comincia alle 18,10. (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente). Seguito dell'audizione del ministro di grazia e giustizia, onorevole Claudio Martelli. PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito dell'audizione del ministro di grazia e giustizia, onorevole Claudio Martelli. Ringrazio il ministro per essere nuovamente intervenuto alla nostra seduta e rivolgo un apprezzamento ai senatori oggi presenti nonostante il Senato abbia terminato i propri lavori venerdì scorso. SALVATORE FRASCA. A nome dei colleghi, rivolgo un omaggio particolare al ministro Martelli. PRESIDENTE. Vorrei scusarmi con il collega Acciaro, che non ha potuto partecipare alla prima parte dell'audizione poiché gli avevo detto che non si sarebbe svolta, mentre così non è stato. Informo inoltre la Commissione che l'onorevole Rossi ha chiesto di poter svolgere preliminarmente un breve intervento. Ricordo poi che il senatore Cappuzzo aveva chiesto di poter intervenire oggi perché impossibilitato, venerdì scorso, a rimanere fino al termine della seduta. Se il ministro e i commissari sono d'accordo, potremmo procedere in questo modo: i colleghi già intervenuti potranno sinteticamente porre eventuali ulteriori quesiti, mentre maggiore spazio sarà consentito a coloro che non hanno ancora posto domande al ministro Martelli. Seguiranno, quindi, le risposte del ministro, il quale potrà riservarsi di rispondere successivamente per iscritto. LUIGI ROSSI. Signor ministro, vorrei consegnarle la Gazzetta Ufficiale nella quale è pubblicato un decreto (che reca la sua firma) che sottolinea le carenze esistenti soprattutto nelle zone a rischio. Desidero inoltre consegnarle personalmente copia della proposta di legge costituzionale, presentata dal gruppo della lega nord, volta a modificare il comma 2 dell'articolo 27 della Costituzione, il quale stabilisce - come lei mi insegna - la presunzione di innocenza nei confronti di chi non è stato condannato definitivamente. Per quanto riguarda poi la questione da lei accennata relativa al testo unico, desidero informarla che il mio gruppo sta predisponendo una serie di studi su tutte le leggi riguardanti la Commissione antimafia, che cercheremo di tradurre in un articolato da consegnare alle Camere. Se mi consente, onorevole ministro, le consegno per il momento i due documenti a cui mi sono riferito. UMBERTO CAPPUZZO. Desidero innanzitutto esprimere il più vivo apprezzamento al ministro Martelli per la sua esposizione, che ho trovato completa ed esauriente sotto tutti i punti di vista. Il mio apprezzamento è rivolto non soltanto al contenuto ma anche al fatto innegabile che finalmente emerge una strategia unitaria: credo che mai nella storia della lotta alla criminalità organizzata siano stati assunti tanti provvedimenti, tra loro concatenati, alla cui elaborazione ha molto contribuito anche questa Commissione. Pag. 672 Ritengo che questo sia un merito degli ultimi governi (in particolare, del ministro Martelli, che è stato presente in entrambi gli ultimi governi insieme ai ministri Scotti e Mancino). La strategia dunque è globale. La domanda che rivolgo riguarda l'onorevole Martelli non nella sua veste di ministro di grazia e giustizia ma quale componente del Governo: vorrei sapere se non sia giunto il momento di inserire nella strategia globale non soltanto l'aspetto repressivo o preventivo riferito al crimine ma anche quello culturale e sociale; se ciò non fosse, le regioni del meridione continueranno ad essere a rischio dal momento che i grandi problemi sociali non vengono risolti. Se riuscissimo una buona volta ad inserire nei provvedimenti da adottare anche la trattazione dei problemi di carattere sociale, sicuramente svolgeremmo un'opera di grande portata, non soltanto legata all'emergenza. Ho trovato di notevole interesse quanto lei, onorevole ministro, ha dichiarato in ordine al sistema penitenziario. A tale proposito avevo intenzione di porle una domanda, forse ora un po' superata dal momento che proprio ieri, recandomi in Sicilia, ho avuto la risposta. Mi risultava che i famosi mafiosi che erano stati allontanati e tradotti all'Asinara, a poco a poco erano stati riportati in Sicilia, precisamente nel carcere di Termini Imerese, dove per lungo tempo vi era stata una loro cospicua presenza. Proprio ieri, però, ho appreso che molti sono nuovamente tornati indietro ed ora soltanto una decina è ancora in Sicilia. Al riguardo, avevo avuto l'impressione che il provvedimento adottato avesse solo valore d'immagine, che cioè avesse avuto eco sulla stampa ma poi i magistrati richiamassero indietro i mafiosi. Vorrei sapere, in sostanza, se si tratti di una mia impressione o se questo fatto sia stato effettivamente notato da altri. Credo, inoltre, che l'istituto del soggiorno obbligato sia abbondantemente superato e si possano adottare altre misure (ho già sollevato questo problema con due interrogazioni a seguito delle reazioni riscontrate in alcuni comuni del mio collegio). Vorrei avere qualche notizia su eventuali provvedimenti e su come verrebbe sostituito questo istituto. Per quanto riguarda i problemi legati alla professionalità della magistratura, ritengo, signor ministro, che i tempi siano maturi per prevedere una nuova forma di accesso alla magistratura che non sia legata soltanto al concorso, sia pur superato con ottima prova. Si era parlato addirittura di un ciclo formativo - una specie di accademia della magistratura - dove i vincitori per un certo periodo potessero confrontarsi con discipline non soltanto giuridiche, che riguardassero anche gli aspetti sociali, psicologici e comportamentali delle popolazioni italiane, nonché l'atteggiamento dello Stato, vale a dire il complesso di materie a mio avviso indispensabili per svolgere questa professione. Sarebbe anche necessario il superamento di una prova psicoattitudinale; non si comprende infatti il motivo per il quale i carabinieri debbano superare tale prova, mentre essa non viene richiesta per coloro che sono chiamati a svolgere una funzione delicatissima e che, pur avendo un'ottima preparazione, potrebbero non avere l'attitudine a risolvere problemi di enorme complessità, come quello di giudicare il prossimo. Lei, ministro Martelli, ha molto insistito sull'apporto della tecnologia, che senza dubbio rappresenta un fatto importantissimo, ma vorrei sapere se in questo campo non vi siano pericoli di manipolazioni. La tecnologia moderna, se non è attentamente ed adeguatamente controllata (occorrono quindi strumenti a ciò finalizzati), può prestarsi all'inserimento di elementi e dati che non sempre è facile "spulciare", una volta utilizzati per fini impropri. Vorrei quindi sapere quali provvedimenti si intendano adottare per evitare le manipolazioni in sede di inserimento di dati attraverso le tecnologie avanzate. L'altro problema molto importante cui lei ha accennato riguarda la probabile Pag. 673 fine della centralità della mafia siciliana a seguito dello spostamento dell'interesse per il narcotraffico verso altre realtà criminali; si avrebbe quindi una specie di introversione, un ritorno alle origini (non più la guardiania ma le estorsioni). In considerazione di questa evoluzione, quali strutture il Ministero di grazia e giustizia ritiene di approntare al fine di garantire un osservatorio costante, dove i sensori possano riferire le linee di tendenza dell'evoluzione della criminalità? Credo che non vi sia mai stata una particolare sensibilità nell'individuare le linee di tendenza e si sia sempre arrivati in ritardo: abbiamo avuto la vecchia mafia, superata la quale abbiamo creduto di poter fronteggiare con lo stesso sistema quella nuova. Il narcotraffico poi ha fatto un salto di qualità; adesso vi è un ritorno all'estorsione, ferma rimanendo l'importanza del narcotraffico. E allora, quali strutture, quale osservatorio o quali elementi si pensa di predisporre per adattare il ministero a questa funzione di indicazione dell'evoluzione delle linee di tendenza? ACHILLE CUTRERA. Signor ministro, nei giorni scorsi il Presidente della Repubblica si è rivolto al Presidente del Consiglio per chiedere notizie su quanto sia stato fatto e su cosa resti ancora da fare nei territori colpiti dal terremoto dell'Irpinia. Mi permetto di rivolgermi alla sua cortesia per chiederle - ma non credo che lei possa fornirmi una risposta questa sera - di acquisire informazioni ed elementi di conoscenza circa l'esito che hanno avuto le conclusioni della Commissione parlamentare di inchiesta che furono inviate alle magistrature di Salerno e Roma nel febbraio 1991. Sono passati quasi due anni ed almeno io (che peraltro sono stato membro di quella Commissione) non ho conoscenza dell'esito di quella indagine. Vorrei dunque sapere se il materiale presentato dalla Commissione d'inchiesta sia mai pervenuto alle procure di Salerno e di Roma e se sia stato preso in considerazione. Vorrei inoltre sapere quale sia lo stato delle procedure eventualmente aperte in relazione alla conoscenza di quel materiale, ancorché si fosse deciso che per tutti gli elementi rilevati dalla Commissione d'inchiesta sia stato disposto provvedimento di archiviazione. Questo mi sembra importante - lo dico con franchezza - anche per verificare se le varie procure della Repubblica, di fronte ai gravi illeciti riscontrati e valutati all'unanimità dalla Commissione, si muovono con la medesima attenzione e diligenza che si riscontra in regioni diverse dalla Campania. ALDO DE MATTEO. Desidero anch'io ringraziare il ministro per la sua relazione, che ci fa compiere un salto di qualità: si passa dalla generica volontà di combattere la mafia ad una strategia che si pone problemi di organizzazione, di coordinamento e di uso di tecnologie. Nell'ambito di tale strategia, che mi appare la strada maestra, vorrei conoscere il giudizio del ministro su Europol. Recentemente il Senato ha ratificato il trattato di Schengen: la nostra attenzione non era rivolta tanto ai problemi sulla libera circolazione, quanto alle questioni interne a tale trattato, che ha assunto una dimensione più ampia rispetto al nucleo originario, comprendendo i problemi della droga, del terrorismo e della criminalità. So che lei, signor ministro, ha seguito direttamente tali problemi ed è quindi in grado di fornire maggiori chiarimenti. GIANCARLO ACCIARO. Non ho potuto leggere la relazione del ministro, tuttavia la questione che mi sta particolarmente a cuore è quella del supercarcere dell'Asinara. Il senatore Cappuzzo ha accennato poc'anzi a certi movimenti di detenuti richiamati dai magistrati che stanno portando avanti le indagini; purtroppo conosco la zona e mi risulta che tali trasferimenti avvengono realmente. So che il carcere dell'Asinara (ne abbiamo avuto conferma anche dai Pag. 674 collaboratori della giustizia) si presta perfettamente ad essere un valido strumento nella lotta alla criminalità organizzata; lei peraltro ci ha già assicurato che verrà utilizzato per non più di tre anni. Mi pongo inoltre il problema di Stintino, dove circa cento carabinieri alloggiano in albergo; non essendo una caserma, esso costituisce - visto quello che si sta ipotizzando nel nostro paese - un facile bersaglio, in quanto privo di tutte le misure di sicurezza necessarie per la salvaguardia del personale di servizio. Vorrei sapere dal ministro se in tempi brevi sia prevista l'adozione di misure di sicurezza o se si preveda di far alloggiare i carabinieri in caserme dell'isola. Stintino è un paese piccolissimo, di facile accesso e, soprattutto nel periodo invernale, privo di adeguati controlli sul territorio: tutto ciò comporta, signor ministro, gravi preoccupazioni per la sicurezza di militari che adempiono il loro dovere. FERDINANDO IMPOSIMATO. Ringrazio anch'io il ministro per la relazione, che non ho ancora avuto il tempo di approfondire, avendone ricevuto copia soltanto adesso. Con riferimento all'atteggiamento di Buscetta, il quale ha deciso di non collaborare con l'autorità giudiziaria di Roma che lo aveva convocato al maxiprocesso come testimone, vorrei sapere se questo sia un fatto episodico oppure il segno di un diverso comportamento, che significa anche sfiducia nella magistratura, e si traduce nella decisione di non rivelare quanto in precedenza annunciato in ordine ai rapporti tra mafia e politica; vorrei sapere inoltre se l'atteggiamento di Buscetta possa riguardare anche altri collaboratori della giustizia. L'altra domanda riguarda i rapporti tra mafia e massoneria; da una serie di istruttorie, ed anche dalle dichiarazioni di molti pentiti, è emerso che esistono, e sono esistiti in passato, rapporti tra esponenti della criminalità organizzata di tipo mafioso ed esponenti della massoneria ufficiale (non solo, quindi, la P2). Mi riferisco, per esempio, alle indagini svolte a suo tempo dal giudice Falcone, che portarono alla scoperta di una loggia a Palermo; dal giudice Ciaccio Montalto, che portarono alla scoperta di una loggia a Trapani, ed alle indagini del giudice Cordova: tutte queste indagini hanno portato alla scoperta di allarmanti rapporti tra massoneria e criminalità organizzata di tipo mafioso. Molto spesso abbiamo sentito dire che della massoneria avrebbero fatto parte anche alcuni esponenti della magistratura, ai diversi livelli. In proposito, vorrei sapere dal ministro se egli abbia ricevuto indicazioni sui nomi di magistrati iscritti alla massoneria e se sui rapporti mafia-massoneria abbia ordinato indagini per cercare di scoprire la dimensione del fenomeno e le eventuali implicazioni di alcuni magistrati. SANTI RAPISARDA. Nel fare l'elogio ai magistrati della procura di Catania per il lavoro che hanno svolto e stanno svolgendo, soprattutto in questi ultimi tempi, desidero sapere se è vero che esistono contrasti tra loro ed il collega Lima e se il ministro abbia inviato un ispettore per verificare la situazione; in caso affermativo, vorrei conoscere l'esito della verifica. ALTERO MATTEOLI. Signor ministro, purtroppo non ero presente nell'ultima seduta e non ho ancora avuto modo di esaminare la sua relazione. Anch'io mi riferisco alla domanda che le è stata rivolta dal collega Imposimato sulla vicenda di Buscetta, di cui i giornali hanno riportato alcune dichiarazioni, non so quanto veritiere. Mi domando se Buscetta se ne sia andato anche per il modo in cui è stato ascoltato dai giudici, i quali lo hanno interrogato in una audizione, che sembrava quasi una tavola rotonda, alla presenza di quattro o cinque magistrati: questo non mi sembra il modo migliore di procedere. Pertanto vorrei sapere se ciò sia vero e se lei ritenga che questo sia il motivo per cui Buscetta se ne è andato. Pag. 675 La seconda domanda riguarda l'isola di Pianosa, dove nel periodo estivo, subito dopo l'omicidio non ricordo se di Falcone o di Borsellino, sono arrivati i mafiosi. Vorrei sapere se lei abbia contezza di come vivono i carabinieri e gli agenti di polizia penitenziaria dislocati nell'isola, dove mi sono recato più volte, anche recentemente: le assicuro che gli animali vivono molto meglio dei nostri militari. Recentemente è stato approvato alla Camera un provvedimento che prevede la ristrutturazione degli alloggi di servizio, ma lei sa che ciò richiede un lungo periodo di tempo, perché lo stato di degrado delle strutture, soprattutto quelle esterne al carcere, è tale che anche con tutta la buona volontà, impiego di mezzi, imprese serie ed attrezzate, occorreranno comunque anni. Vorrei sapere, pertanto, se si intenda intervenire nell'immediato per mettere fine al grave stato di disagio in cui versano i servitori dello Stato. CLAUDIO MARTELLI, Ministro di grazia e giustizia. Ringrazio il presidente della Commissione e gli onorevoli senatori e deputati per l'ampiezza della discussione e le richieste di approfondimento, che mi consentono - spero di fare cosa gradita - di aggiungere alla già lunga relazione introduttiva ulteriori informazioni ed anche qualche commento. Risponderò innanzitutto alle domande che mi sono state rivolte in modo puntuale e poi concentrerò in un'unica risposta i quesiti che hanno il medesimo oggetto. Il senatore Brutti ha chiesto una migliore formulazione della nuova ipotesi delittuosa recentemente introdotta dall'articolo 416-ter, sullo scambio elettorale politico-mafioso. Essendo senatore, è probabile che lei non sappia che nel dibattito alla Camera discutemmo a fondo questo tema, giungendo poi alla votazione dell'articolo per parti separate, che ha visto sulla prima parte registrare un larghissimo consenso e, viceversa, una certa divisione sulla parte che estendeva ed ampliava - a mio parere senza le sufficienti garanzie - tale previsione di reato. In quell'occasione, sottolineai che essa aveva bisogno di un periodo di sperimentazione sul campo, trascorso il quale bisognava valutare l'efficacia concreta della norma per definirne meglio l'ambito dei operatività. Sono passati pochissimi mesi e possiamo concederci ancora del tempo prima di effettuare un bilancio sulla sua applicazione. La risposta a proposito dell'annunciata disciplina organica per le misure di prevenzione patrimoniali è già contenuta nella mia relazione, dove si propone un intervento radicale che parte dal presupposto, già acquisito in paesi stranieri, secondo cui le valutazioni di prova in materia di responsabilità patrimoniale per fatti di mafia debbono essere differenziate dal regime vigente per crimini ordinari. Ho proposto di accogliere l'indicazione di altri sistemi, segnatamente quello americano, il quale prevede che con la pronuncia di condanna l'imputato subisca la confisca obbligatoria del controvalore dei profitti presumibilmente ottenuti dal reato; esso prevede altresì che anche in pendenza del procedimento sia possibile sequestrare i beni che sono effettivamente nella disponibilità dell'imputato. Inoltre, ho proposto di prevedere che nei casi di condanna per reati di tipo mafioso, caratterizzati da fini di lucro, la confisca riguardi l'intero patrimonio, salvo che l'imputato non ne provi la provenienza da attività legittime. Per quanto riguarda il funzionamento della prima sezione di Cassazione e le iniziative adottate, il monitoraggio disposto a suo tempo e relativo al periodo 1989-1991 è stato portato a compimento, anche per la parte relativa alla composizione dei collegi (ci parve subito uno dei problemi da mettere a fuoco). In ordine al funzionamento dei servizi di cancelleria, è stata disposta una ispezione, che è tutt'ora in corso, per aderire ad una specifica richiesta della procura della Repubblica di Roma. Inoltrerò la relazione relativa ai risultati d'ispezione Pag. 676 sulla cancelleria e sul monitoraggio nei prossimi giorni alla stessa procura. Se lo facessi in questa sede, interferirei, come si può comprendere, con un'indagine in corso, poiché esiste una specifica richiesta da parte di una autorità giudiziaria su fatti che costituiscono ipotesi di reato: ciò suggerisce di evitare di divulgare tali risultati. Ho altresì avviato taluni studi di carattere più generale sul ruolo della Cassazione, per verificare se non sia il caso di introdurre modifiche normative che evitino il ripetersi di episodi che hanno sconcertato l'opinione pubblica a causa del succedersi di provvedimenti in contrasto fra loro sui medesimi fatti. A questo scopo, ho costituito, come ho già detto, una commissione presieduta dal professor Giovanni Conso; i lavori sono a buon punto e potranno, quindi, essere resi noti al più presto. Quanto all'attività del dottor Carnevale come presidente del comitato di sorveglianza del gruppo Lauro in amministrazione straordinaria, ho acquisito i provvedimenti adottati dall'autorità giudiziaria, in particolare la sentenza con la quale il giudice per le indagini preliminare di Napoli aveva dichiarato di non doversi procedere per i fatti addebitati. PRESIDENTE. Vi è un'impugnazione su questo provvedimento? CLAUDIO MARTELLI, Ministro di grazia e giustizia. Allo stato, non mi risulta. PRESIDENTE. Dunque, non è pervenuta alcuna comunicazione al riguardo. CLAUDIO MARTELLI, Ministro di grazia e giustizia. No. L'onorevole Tripodi mi ha chiesto di fornire valutazioni sulle indagini in corso circa gli intrecci mafia-massoneria-poteri occulti. Su questa materia posso esprimere un'opinione politica: il Consiglio superiore della magistratura, come l'onorevole Tripodi sa, ha chiesto gli elenchi dei giudici affiliati alla massoneria, ma il dottor Cordova ha sostenuto fino a questo momento di non poterli fornire. Su questo tema sono ritornati l'onorevole Imposimato ed altri ma, in quanto rappresentante dell'esecutivo, non sono a conoscenza delle indagini giudiziarie e del loro sviluppo. Mi sono naturalmente noti i casi, le circostanze, i collegamenti e le connessioni ripetutamente accertati, mi pare, non solo a seguito di indagini preliminari, ma anche di procedimenti. Per parte mia, ho già manifestato pubblicamente la convinzione che, senza neppure parlare di ipotesi di iscrizioni a logge segrete (che sono vietate per qualunque cittadino e a maggior ragione dovrebbero esserlo per coloro i quali applicano la legge, cioè i magistrati), sia inopportuna l'iscrizione di magistrati alla massoneria in quanto tale e che in ogni caso ciò sollevi, come minimo, un'ombra, un dubbio sull'imparzialità del loro comportamento. D'intesa fra Governo e Parlamento, possiamo anche valutare se ciò meriti una specifica iniziativa di carattere legislativo. L'onorevole Tripodi ha rivolto una domanda anche sul ruolo dei pentiti. La relazione, del resto, dedica parecchie pagine a sottolineare l'importanza di questa collaborazione. Mi pare di aver affermato che la considero, tra tutte le armi legislative di cui ci siamo dotati, quella che forse ha rivelato la maggior efficacia. Tutto questo naturalmente non esime il magistrato dal dovere di un puntuale riscontro di ogni singola ipotesi accusatoria. Per parte mia, scoraggio la discussione sul pentitismo. E' un cattivo vezzo della cultura italiana, anche di quella politica, di trasformare ogni problema in un "ismo": non dobbiamo né accettare né respingere il pentitismo, ma esaminare le dichiarazioni di ciascun pentito con il massimo di scrupolo e ponderazione. Per le chiamate di correità e per le dichiarazioni dei pentiti, del resto, il codice di procedura penale prevede un regime di valutazione molto rigoroso, laddove stabilisce che esse costituiscono solo elementi di prova e possono diventare prova solo se corroborate da altri riscontri. E' una materia in ordine alla Pag. 677 quale esistono oramai studi e giurisprudenza di notevole rilievo e interesse. Come avevo già affermato, la gestione processuale del pentito esige dal magistrato e dalla polizia giudiziaria una grande capacità professionale ed un coordinamento investigativo (in questo modo rispondo anche alle domande sul caso Buscetta), per evitare il verificarsi di rapporti privilegiati o "intimistici", come si dice, tra un singolo magistrato e un pentito, ancorché questa osservazione non possa essere presa in termini assoluti, perché proprio l'esperienza di Falcone con Buscetta dimostra che in certe circostanze il rapporto di fiducia produce risultati investigativi di grande importanza. In ogni caso, il coordinamento è indispensabile nell'ambito delle procure distrettuali antimafia e con la particolare sorveglianza del procuratore nazionale, per evitare iniziative estemporanee di questo o quel magistrato, di questo o quell'organismo di polizia e quasi un disputarsi il pentito, talvolta addirittura in pubblico. So che il procuratore Siclari ha diramato una circolare a tale proposito, a partire dal caso Foggia, che non so se sia noto alla Commissione. In questo momento non introdurrei ulteriori interventi normativi, perché si stanno svolgendo numerose attività per migliorare, su questo punto, la preparazione e la professionalità degli organi di indagine; semmai, qualche ritocco dovrebbe essere apportato alla legge relativa alla protezione dei pentiti, che è stata emanata prima della istituzione della DIA e della DNA, che sono gli organi investigativi che hanno prodotto in realtà un rilevante ampliamento del numero e della qualità dei collaboratori. PRESIDENTE. A tal proposito, mi pare che il provvedimento delegato sul cambio di generalità non sia stato ancora emanato. CLAUDIO MARTELLI, Ministro di grazia e giustizia. E' di competenza del Ministero dell'interno; il Ministero di grazia e giustizia ha soltanto una partecipazione nella commissione. Il senatore D'Amelio ha sollevato la questione relativa alle iniziative in materia di informazione di garanzia e di tutela della riservatezza del cittadino indagato. Come è evidente, il tema è di enorme attualità e non riguarda soltanto procedimenti di criminalità organizzata. La Commissione giustizia della Camera lo sta esaminando, altrettanto sta facendo un gruppo di lavoro che ho istituito presso il ministero. Gli organismi rappresentativi degli organi di stampa, cioè la Federazione nazionale della stampa e il Consiglio dell'ordine, sono stati ascoltati proprio su questo punto e invitati a formulare le loro proposte. Lo stato dei lavori non consente di fare anticipazioni. Posso soltanto affermare che si tratta di una materia di estrema delicatezza, nella quale occorre riuscire a contemperare diritti e interessi diversi: il diritto ad un processo giusto, la cui fase delle indagini non sia pregiudicata da fughe di notizie; il diritto di cronaca, che non deve essere ingiustamente represso; il diritto, infine, del cittadino alla propria riservatezza, al proprio onore, alla propria reputazione e a vedersi garantita la presunzione costituzionale di non colpevolezza fino alla sentenza definitiva. Penso, comunque, che si debba colpire la fuga delle notizie e la scorrettezza delle informazioni, senza comprimere diritti fondamentali. Al più presto renderò pubbliche le soluzioni proposte dal gruppo di lavoro ministeriale. Il punto è, come da più parti è stato osservato, che basterebbero le norme vigenti, se venissero applicate, ma ciò non avviene, nel senso che i pubblici ministeri non denunciano le violazione ai consigli dell'ordine, secondo quanto stabilito dall'articolo 115 del codice di procedura penale. Per tale ragione, norme che di per sé sarebbero sufficienti se venissero applicate, richiedono probabilmente di essere ritoccate per far sì che vi sia un'effettiva applicazione. Pag. 678 Per quanto riguarda le indagini sulla mafia, sul segreto bancario e sul riciclaggio, credo che le pagine della relazione, siano sufficienti. Dedico una risposta all'onorevole Taradash, che mi pare sia assente, sul punto per cui ha contestato la mia relazione, laddove accennavo alla volontà di perseguire una giustizia sostanziale. Non intendevo con questo certamente minare lo Stato di diritto: quel riferimento serviva soltanto a chiarire la necessità di rendere efficaci gli strumenti giudiziari e impedire che l'uso tattico e spregiudicato di tecniche dilatorie, di espedienti o cavilli prevalga sul diritto del cittadino e del popolo italiano ad una giustizia rapida e certa. Non ho nessuno intento persecutorio, tanto meno la volontà di eliminare o comprimere le garanzie dell'imputato di qualsiasi reato. Queste garanzie vanno mantenute e non credo siano intaccate dall'accoglimento del doppio binario processuale. Del resto, come si è visto anche in fase di conversione in legge del decreto dell'8 giugno 1992, abbiamo mantenuto identico il regime di valutazione della prova anche quando si tratti di giudicare un imputato per fatti di mafia. Cambiano alcuni aspetti del procedimento, ma non vi è alcuna modifica in materia di prova. Confermo la necessità di mantenere il giudice terzo e di non utilizzare le acquisizioni avvenute durante le indagini da parte della polizia giudiziaria e del pubblico ministero. Si è anche chiesto se consentendo durante il processo l'utilizzo dei risultati conseguiti dalla polizia giudiziaria e dal pubblico ministero non si sia debordato; non ho bisogno di ricordare, trattandosi di una legge dello Stato, che uno dei presupposti fondamentali di un codice, che è costato tanto lavoro e tanta fatica, è costituito proprio dalla terzietà e dall'imparzialità del giudice. Rispetto all'utilizzo delle acquisizione delle indagini, però, debbo ricordare anche all'onorevole Taradash le sentenze della Corte costituzionale numero 24254 e numero 24255 del 1992, che prevedono la prevalenza del principio della non dispersione della prova rispetto all'altro dell'oralità e della formazione della prova nella immediatezza del dibattimento. Resta fermo che queste acquisizioni non avvengono direttamente (come avveniva nel passato, quando vigeva il rito inquisitorio) ma attraverso il veicolo della contestazione, cioè soltanto dopo che sia stata accertata e contestata al dichiarante la difformità fra le precedenti dichiarazioni e quelle rese in dibattimento. Al termine di questo incontro, vedrò l'onorevole Vizzini e cercherò di avere da lui le prime informazioni relative alle minacce di morte di cui ha parlato e che anche in questa Commissione sono state sottolineate. Ho già risposto alla domanda dell'onorevole Buttitta sulle indagini patrimoniali rispondendo ad analoga domanda del senatore Brutti. Per quanto riguarda la collaborazione con il CNR, il comma 2 dell'articolo 2 del decreto-legge del 18 novembre 1991, n. 365, ha previsto la possibilità di chiedere appunto a tale organismo l'assunzione temporanea di ricercatori esperti nella rilevazione dei dati e della funzionalità del sistema giudiziario penale, per conseguire in tempi rapidi un monitoraggio soddisfacente sul nostro processo. Questa esigenza scaturisce dall'assenza di figure professionali specificamente qualificate nei ruoli dell'amministrazione e dall'opportunità di svolgere la rilevazione direttamente presso gli uffici, per ragioni di celerità e di verifica del metodo di acquisizione dati. Concordo perfettamente con il senatore Frasca sulla necessità di riformare il ministero. Mi sembra che anche questa sia una parte abbastanza sviluppata nella relazione. Per quanto riguarda l'utilizzo dei beni dei mafiosi, per evitare che ritornino ai mafiosi stessi, bisogna sensibilizzare l'autorità giudiziaria, anche sottolineando l'opportunità di iniziative del tipo di quelle che il senatore Frasca ha giustamente ricordato ed elogiato, parlando dell'utilizzo di strutture per dar vita a comunità terapeutiche per tossicodipendenti. Pag. 679 Le risposte alle domande dell'onorevole Olivo erano in realtà in buona misura contenute nella relazione. Circa i quesiti posti dall'onorevole Borghezio, sia preannunciati sia svolti in questa sede, una prima questione posta riguardava i criteri e i metodi che il Ministero persegue in ordine al coordinamento degli organismi impegnati alla lotta alla mafia, con particolare riferimento alla repressione del flusso del denaro cosiddetto sporco e alle indagini sulla penetrazione mafiosa nei settori bancario, finanziario e borsistico. Buona parte della risposta era già contenuta nella mia relazione; posso aggiungere che è allo studio, d'intesa con il Ministero dell'interno, un'estensione delle indagini relative alle società, ai fallimenti ed anche alle iniziative professionistiche che non erano state finora coperte da iniziative normative in materia di riciclaggio. Per quanto concerne i vuoti negli uffici giudiziari, si tratta di uno dei primi problemi sui quali mi impegnai circa diciotto mesi fa, anche attraverso alcune iniziative legislative che hanno trovato qualche applicazione, ancorché non soddisfacente. Prendo ora nota delle osservazioni dell'onorevole Rossi e sul punto potrò rispondere più dettagliatamente per iscritto. Per quanto riguarda la domanda relativa a quali iniziative siano state poste in essere per continuare a seguire la pista tedesca su cui stava attivamente operando il dottor Borsellino, questi, com'è noto, è stato sostituito nelle indagini da altri magistrati della direzione distrettuale di Palermo: francamente, però, non saprei rispondere su quale sia lo stato dell'inchiesta. Mi riprometto di visitare il più presto possibile gli uffici giudiziari del Piemonte e della Lombardia, a cominciare da quelli di Torino e di Milano, per rispondere alla sollecitazione dell'onorevole Borghezio ed acquisire informazioni più aggiornate direttamente da chi è incaricato del controllo e della eventuale repressione. L'onorevole Matteoli mi aveva chiesto per iscritto quali fossero i motivi che mi avevano indotto a dichiarare che la polizia giudiziaria è incapace di svolgere il compito assegnatole: non ricordo francamente di avere mai fatto una dichiarazione del genere. ALTERO MATTEOLI. E' una dichiarazione che ho letto su un giornale. CLAUDIO MARTELLI, Ministro di grazia e giustizia. Se l'onorevole Matteoli mi darà un'indicazione più precisa, avrò l'occasione per smentire direttamente al giornale quella dichiarazione. Per quanto riguarda la vicenda del sovrintendente Aversa, la corte d'assise di Catanzaro ha annullato il procedimento a carico degli imputati per il suo assassinio e per quello della moglie perché il pubblico ministero non aveva allegato agli atti del processo fondamentali registrazioni telefoniche. Non ho ritenuto di adottare alcuna iniziativa perché dalle notizie in mia conoscenza si tratta di attività giurisdizionale e di interpretazione di norme, sottratta al sindacato del ministro; se non erro, vi è stato un sopralluogo del presidente della Commissione antimafia, che potrà riferire meglio di me su questo punto. L'onorevole Matteoli sottolinea che le direzioni distrettuali lamentano, oltre alla cronica mancanza di personale, anche carenze di strutture basilari e cita il caso limite del dottor Vigna, che chiede un fax per gli uffici di Firenze: al riguardo ritengo che ne chieda uno in più, perché sicuramente ne ha già a disposizione. ALTERO MATTEOLI. No, dice che non ne ha nessuno; comunque, siccome è scritto in una breve relazione, sarebbe utile farla avere al ministro. CLAUDIO MARTELLI, Ministro di grazia e giustizia. Sarei stupefatto, anche perché ho un eccellente rapporto di collaborazione con il dottor Vigna, che non mi ha mai prospettato un problema di questo genere. Pag. 680 ALTERO MATTEOLI. Non vorrei essere offensivo nei confronti del dottor Vigna, ma mi sono personalmente meravigliato per quel passaggio, che segna quasi una caduta di tono, nel quale, mentre si tratta di questioni importanti, si richiede un aiuto per avere un fax. Invito comunque il ministro a leggere quella relazione. CLAUDIO MARTELLI, Ministro di grazia e giustizia. Lo avrà senz'altro: comunque, agli uffici cui ho chiesto spiegazioni risulta che la procura di Firenze è all'avanguardia nell'impegno investigativo ed è anche fra le più dotate di mezzi e di strutture. Faremo comunque un ulteriore controllo. Con un'altra domanda si ricorda che i pentiti Calderone, Buscetta e Messina sono concordi nel denunciare collusioni fra la mafia ed alcuni magistrati e mi si chiede se ho preso provvedimenti. Questa Commissione parlamentare, correttamente, si è occupata non di responsabilità personali e di delitti specifici, ma di scenari d'insieme, di meccanismi interni, di alleanze, di strategie da opporre, per giungere poi all'accertamento ed alla valutazione di eventuali responsabilità anche politiche. Sono certo che, se nel corso delle audizioni dovessero emergere fatti specifici che adombrino responsabilità di ordine disciplinare a carico dei magistrati, ne sarò tempestivamente informato. ALTERO MATTEOLI. Sono stati fatti nomi e cognomi, con l'indicazione dell'incarico ricoperto; evidentemente, gli uffici non leggono attentamente le documentazioni raccolte. PRESIDENTE. Onorevole Matteoli, abbiamo deciso che le dichiarazioni dei pentiti saranno valutate dalla Commissione nel loro complesso. Se mandassimo puramente e semplicemente stralci delle dichiarazioni che ci vengono rilasciate al ministro Martelli o ad altri ministri, riconosceremmo attendibilità ad alcuni piuttosto che ad altri: questo potrà essere fatto dalla Commissione quando, in sede di valutazione conclusiva, deciderà cosa considerare attendibile o meno. CLAUDIO MARTELLI, Ministro di grazia e giustizia. Per quanto concerne il caso Buscetta, si tratta di un cittadino attualmente libero da pendenze con la giustizia italiana che si è allontanato per motivi di sicurezza, dichiarandosi disposto a continuare la collaborazione con i magistrati non appena si creeranno condizioni favorevoli. Per quanto dipende da noi, soprattutto in materia di sicurezza e di coordinamento di eventuali ulteriori deposizioni, faremo tutto ciò che è necessario perché tali condizioni si riproducano. In ogni caso, si potrebbero effettuare interrogatori anche con collegamenti audiovisivi, superando quindi almeno una parte dei problemi attraverso la tecnologia. L'onorevole Olivo mi ha chiesto di soffermarmi sulle tentazioni separatiste della mafia: non possiedo elementi certi, ma sarei personalmente portato ad escludere la tesi che la mafia abbia oggi un vigoroso interesse per il separatismo. E' vero che la mafia non si chiude in una dimensione regionale e potrebbe ritenere che la separazione le consentirebbe un radicamento ulteriore nell'isola. Tuttavia quando, nell'immediato dopoguerra, vi fu la stagione d'oro del separatismo, esisteva l'obiettivo di legare la Sicilia agli Stati Uniti: ora, naturalmente non si può escludere che in qualcuno possano riaffiorare velleità di tale genere, specie in coincidenza con una crisi visibile del sistema politico, con la paura della recessione, con la drastica riduzione della spesa pubblica ed in particolare dei contributi per lo sviluppo del Mezzogiorno. Questo potrebbe determinare rivolte e reazioni incontrollate e su quell'onda potrebbero manifestarsi forme di separatismo ed anche tentazioni di svolta autoritaria. Allo stato, non è chiaro chi potrebbe fare da sponda politica al separatismo mafioso, salvo forse alcune dichiarazioni del professor Miglio, se interpretate in una chiave particolarmente ostile. Pag. 681 Vi sono visibilmente movimenti che mirano allo sfascio e che non hanno un progetto politico per costruire: questo crea un pericolo per la democrazia al quale dobbiamo saper contrapporre la capacità di ricomporre le fratture che si sono prodotte. Ciò può avvenire essenzialmente, a mio avviso, attraverso un radicale e profondo rinnovamento del sistema politico, istituzionale ed elettorale. Sempre l'onorevole Olivo mi interroga poi sulla 'ndrangheta calabrese, osservando un suo preoccupante rafforzamento a fronte di un apparato giudiziario debole, con grandi lacune ed insufficienze di organico, chiedendomi in particolare se vi sia un piano straordinario per consentire alla magistratura calabrese di affrontare adeguatamente questa emergenza. Consegnerò ulteriori tabelle alla Commissione ma posso intanto riferire le seguenti informazioni (che forse sono già in vostro possesso): fra il 1991 e il 1992, l'organico dei magistrati requirenti calabresi è aumentato di venti unità e quello del personale amministrativo degli uffici di 181 unità. E' stato forse uno dei campi in cui abbiamo ottenuto maggiori risultati, dato che nel settembre 1990 la "scopertura" era del 25 per cento dei posti in organico, mentre oggi è stata ridotta al 6 per cento. Siamo quindi quasi al limite fisiologico dovuto ai normali avvicendamenti. Agli uffici giudiziari della Calabria sono stati consegnati 205 computer e 24 terminali; nel settore informatico, l'amministrazione ha seguito con particolare attenzione lo sviluppo del piano operativo Telcal (piano telematico della Calabria). In questo contesto è previsto un intervento specifico per informatizzare gli uffici giudiziari: la fase di ricognizione è stata completata in piena collaborazione tra gli uffici giudiziari e la società Intersiel, cui è stato affidato l'incarico di rendere operativo il piano telematico. Nel prossimo anno, le procure distrettuali, in attuazione di quell'autonomia finanziaria di cui abbiamo parlato, potranno programmare ed acquisire i mezzi ed i servizi necessari per il loro funzionamento: il programma sarà sorvegliato dal procuratore nazionale antimafia. L'onorevole Olivo mi ha chiesto inoltre un approfondimento sul rapporto esistente fra Cosa nostra e 'ndrangheta cui si sono riferiti i pentiti. Effettivamente, la tesi che le grandi organizzazioni criminali agiscano in collegamento fra di loro è stata molto rafforzata dalle dichiarazioni di alcuni pentiti, secondo i quali i vertici della 'ndrangheta sarebbero affiliati organicamente a Cosa nostra. Ritengo che il riscontro su queste dichiarazioni spetti alle indagini in corso. Il senatore Calvi mi ha rivolto una richiesta specifica sui rapporti di assistenza giudiziaria fra Italia, Stati Uniti e Canada; dato che non è presente, consegno una risposta per iscritto alla Commissione. Anche per quanto riguarda le domande del senatore Brutti sul sistema penitenziario, abbiamo composto un'ampia risposta che posso, anziché leggere, consegnare alla Commissione, se il senatore Brutti consente. MASSIMO BRUTTI. Sono d'accordo. CLAUDIO MARTELLI, Ministro di grazia e giustizia. Passando ad uno dei blocchi di domande (dei senatori Brutti e Frasca e dell'onorevole Tripodi) cui mi ero riferito inizialmente, quello concernente il potere di inchiesta, le modalità della sua utilizzazione e l'esercizio dell'azione disciplinare, desidero osservare quanto segue. E' innanzitutto necessaria una premessa: l'esercizio del potere ispettivo sugli uffici giudiziari e particolarmente su quelli più esposti ha sempre avuto di mira l'esigenza primaria di assicurare il maggior livello possibile di efficienza, in particolare di queste sedi. Esordii personalmente proprio con un lungo pellegrinaggio negli uffici giudiziari del Mezzogiorno per rendermi conto dal vivo delle condizioni, non soltanto del personale e delle strutture, ma anche del clima che si respirava in questi uffici. Penso di essermi sempre uniformato a criteri di obiettività, dato che tutti gli Pag. 682 interventi posti in essere sono stati orientati soltanto ad accertare le cause dei disagi, dei contrasti, dei conflitti per rimuovere quelle situazioni che minacciavano un andamento ordinato e corretto degli uffici. Coerentemente, l'azione disciplinare o paradisciplinare, che in alcuni casi è stata attivata, ha sempre avuto come fine quello di rimuovere le condizioni di carattere soggettivo od oggettivo, ambientale o funzionale, che incidevano negativamente sull'attività giudiziaria ed offuscavano l'immagine della giustizia ed il prestigio della magistratura. Naturalmente, il ricorso ai diversi strumenti, di natura ispettiva o disciplinare, di cui il ministro dispone nell'esercizio della responsabilità che gli deriva dalla Costituzione e che investono l'andamento generale degli uffici giudiziari, deve essere calibrato in relazione alle diverse situazioni, senza tuttavia perdere di vista l'obiettivo primario dell'efficienza degli uffici cui facevo riferimento. A queste regole non si è fatta eccezione nei casi riguardanti gli uffici di Paola e di Palmi, dove, anzi, esse hanno trovato piena e concreta attuazione, come mi sforzerò di dimostrare brevemente. Per quel che riguarda gli uffici giudiziari di Paola, il 24 luglio 1991 veniva disposta un'inchiesta diretta ad accertare eventuali anomalie nella gestione di taluni procedimenti penali e ad appurare la rispondenza al vero di numerosi addebiti che erano stati elevati a carico dei magistrati di quella sede giudiziaria, anche attraverso il sindacato ispettivo del Parlamento. Nel mese di settembre del 1991, veniva depositata una relazione ispettiva di carattere interlocutorio, divenuta definitiva nel febbraio 1992. Il magistrato ispettore poneva in luce numerosi comportamenti di rilievo disciplinare, o apprezzabili sotto il profilo dell'incompatibilità ambientale, a carico di alcuni magistrati addetti al tribunale e alla procura della Repubblica di Paola. Situazioni rilevanti sul piano disciplinare anche per fatti di particolare gravità (sono quelli di cui accenno nella risposta ai quesiti posti dal senatore Brutti) emergevano a carico del dottor Belvedere e del dottor Fiordalisi, sostituti procuratori della Repubblica, oltre che del dottor William Scalfari, presidente del tribunale. Il rilievo da riconoscersi a queste anomalie andava considerato anche in collegamento con la sensazione di profonda sfiducia che, come diffusamente riferiva l'ispettore, era maturata in ambienti interni ed esterni all'amministrazione della giustizia nei confronti della magistratura di Paola, e specificamente degli uffici cui erano addetti i magistrati in questione. La varietà e la gravità dei comportamenti contestati e gli effetti devastanti prodotti nell'opinione pubblica locale, i negativi riflessi di immagine rifluiti in sede parlamentare mi orientavano decisamente in favore di iniziative di carattere sanzionatorio. Queste, contrariamente a quanto si prospetta nei quesiti formulati, sono state adottate; più precisamente, il 27 maggio 1992 veniva promossa azione disciplinare nei confronti dei sostituti citati, cioè Belvedere e Fiordalisi, oltre che a carico del presidente del tribunale Scalfari. Nella stessa data, 27 maggio 1992, con riferimento ai medesimi fatti veniva indirizzata inoltre al Consiglio superiore della magistratura formale richiesta di voler deliberare il trasferimento d'ufficio ad altra sede nei confronti di tutti i predetti magistrati nonché di deliberare la destinazione di Belvedere e di Fiordalisi all'espletamento di funzioni giudicanti e di Scalfari all'espletamento di funzioni non direttive. Non si esaurisce qui l'elenco delle iniziative adottate nei confronti della sede di Paola: il 29 luglio 1992 veniva promossa un'azione disciplinare anche nei confronti del dottor Tommaso Arnoni, procuratore della Repubblica presso il tribunale, e del dottor Francesco Greco, sostituto procuratore. Contestualmente veniva chiesto al Consiglio superiore della magistratura, su rilievo della sostanziale inadeguatezza dell'azione direttiva di Arnoni, di voler deliberare il trasferimento d'ufficio ad altra sede con destinazione a Pag. 683 funzioni non direttive di questo magistrato, che rassegnava le sue dimissioni il 7 agosto. Credo che questa esposizione possa tranquillizzare circa il fatto che non siamo rimasti inerti rispetto alla situazione della sede di Paola. SALVATORE FRASCA. Nel frattempo però il procuratore Tommaso Arnone ha ripreso servizio quindici giorni fa come procuratore capo, e anche tutti gli altri magistrati menzionati sono al loro posto. MASSIMO BRUTTI. Sulla base di quanto dice il ministro, che certamente corrisponde al vero, evidentemente si deve registrare un ritardo nell'adottare l'iniziativa cui egli ha fatto cenno da parte delle istituzioni a cui essa è affidata (il Consiglio superiore della magistratura non è ancora intervenuto). Chiedo che venga esaminata l'ipotesi di un provvedimento cautelare, dal momento che nei confronti di questi magistrati pende già un provvedimento disciplinare. Poiché si tratta di fatti rilevanti e gravi, il ministro potrebbe prendere in considerazione l'ipotesi di chiedere un provvedimento di sospensione dalle funzioni dei magistrati più esposti, cioè di quelli ai quali vengono contestati fatti più gravi. Mi permetto di sottolineare l'utilità di un provvedimento del genere che, comunque, rientra nella discrezionalità del ministro. SALVATORE FRASCA. Da quanto mi risulta, presso il tribunale di Messina domani uno di questi sostituti sarà sottoposto a procedimento penale per il reato di concussione. Ciò che sorprende è che da sei mesi a questa parte le cose sono rimaste immutate. CLAUDIO MARTELLI, Ministro di grazia e giustizia. Ho fatto un altro sollecito ma, come lei sa bene, la parola definitiva in materia spetta al Consiglio superiore della magistratura. SALVATORE FRASCA. Proprio per questo nella seduta scorsa dicevo che al superattivismo del ministro corrisponde l'inattivismo del Consiglio superiore della magistratura. CLAUDIO MARTELLI, Ministro di grazia e giustizia. Veniamo ora al caso di Palmi, che richiederà un po' di tempo. Innanzitutto, vorrei fare riferimento allo sfondo, perché sembrerebbe altrimenti che ci sia stata una particolare attenzione o addirittura un intento persecutorio, come ha sostenuto qualche collega. In Calabria, le ispezioni ordinarie, quelle che non dipendono dal ministro ma che si fanno a rotazione ogni tre anni, sono avvenute a Lametia Terme, Catanzaro (due volte), Locri, Castrovillari e Palmi tra il 1991 e il 1992; viceversa, le inchieste, quelle che dipendono dalla volontà del ministro, sono intervenute, sempre tra il 1991 e il 1992, una volta a Palmi, due a Catanzaro, una a Cosenza, una a Locri e due a Paola (la seconda è tuttora in corso di svolgimento). Mi risulta incomprensibile (e debbo smentire nel modo più categorico affermazioni ripetute sia in sede parlamentare sia da fonti giornalistiche) come mi si possa attribuire di aver ordinato sette ispezioni a Palmi quando ne ho ordinata una sola, avendo trovato la prima già in corso perché avviata dal mio predecessore nel 1991 e che io conclusi - come è noto - recandomi a Palmi ed elogiando pubblicamente il dottor Cordova. GIROLAMO TRIPODI. Questo è molto importante! CLAUDIO MARTELLI, Ministro di grazia e giustizia. Se vogliamo calcolare la prima ispezione, già inoltrata dal mio predecessore, le inchieste da me ordinate sono due; nel frattempo è anche intervenuta un'ispezione di tipo ordinario, cioè di quelle che ogni tre anni si fanno in ogni ufficio giudiziario. Chiarito che non c'è stata nessuna particolare attenzione né, tanto meno, persecuzione e che non si è trattato, nel caso dell'inchiesta da me ordinata, della sola procura di Palmi ma di tutti gli uffici giudiziari ... Pag. 684 GIROLAMO TRIPODI. Anche Reggio Calabria? CLAUDIO MARTELLI, Ministro di grazia e giustizia. Certo, questa inchiesta è estesa anche Reggio Calabria. Se facciamo un piccolo passo indietro, possiamo riferirci al contenuto della relazione esplicativa dell'inchiesta svolta presso gli uffici di Palmi nel periodo aprile-luglio 1991 (quindi la prima delle due), inchiesta che si concluse in termini sanzionatori per alcuni magistrati ma assolutori, anzi elogiativi, per il dottor Cordova. In quell'occasione l'ispettorato, tuttavia, non mancò di sottolineare l'esistenza nel palazzo di giustizia - cito - "di un invivibile clima di tensione che veniva percepito all'esterno in termini di contrasto, di ripicca e di polemica tra magistrati". Questo clima di tensione era all'origine di perplessità, di diffidenze, di sospetti anche tra gli avvocati e negli ambienti delle forze dell'ordine che, in particolare, lamentavano, relativamente a qualche ufficio, posizioni ed atteggiamenti non cooperativi, cioè non assistiti da quella costante ricerca e preoccupazione d'intesa che dovrebbe accomunare tutte le articolazioni dello Stato. In tempi successivi si sono poi verificati episodi che hanno aggravato lo stato delle cose, e in questo contesto si collocano le accuse non velate agli uffici giudiziari di Palmi di favorire ripetute e palesi violazioni del segreto istruttorio, specie su atti d'indagine il cui contenuto si presta a facili speculazioni politiche che in particolari momenti, come per esempio quelli di consultazione elettorale, possono ledere irreparabilmente i diritti fondamentali del cittadino e condizionare anche il quadro politico. Oltre a ciò, ha assunto rilievo anche l'esigenza di accertare in modo approfondito temute tendenze degli uffici giudiziari di Palmi a favorire con comportamenti lassisti soggetti già imputati o condannati per gravi reati, come Francesco Macrì, al quale sarebbe stato, secondo alcuni, illegittimamente concesso un beneficio penitenziario ovvero nei confronti del quale sarebbe stata ingiustamente ritardata la trattazione dibattimentale di alcuni procedimenti. In questa situazione hanno poi assunto un ruolo importante le interrogazioni parlamentari che hanno sottolineato la permanenza di un clima di esasperata conflittualità. Con una nota del 10 marzo 1992, nella quale si poneva l'accento su specifiche condotte attribuite al procuratore della Repubblica di Palmi, si profilava con evidenza l'opportunità di una verifica. Tale nota era relativa alla ristrutturazione di un immobile, acquistato dal dottor Cordova, che sarebbe stata svolta avvalendosi di un appaltatore - cito tra virgolette - "ben noto agli organi di polizia e alle cui dipendenze agiva un pregiudicato ucciso qualche tempo dopo". Ulteriori accertamenti venivano sollecitati dagli esiti dell'ispezione ordinaria (che - è opportuno chiarire - non ha nulla a che vedere con il potere d'inchiesta) conclusa sia presso il tribunale sia presso la procura di Palmi il 24 giugno 1992. L'ispezione ordinaria aveva evidenziato una serie di irregolarità e di manchevolezze nei servizi di cancelleria con riflessi negativi sulla funzionalità di uffici giudiziari così importanti per essere collocati in un'area ad elevata densità criminale. Di qui la necessità di intervenire tempestivamente e possibilmente prima della ripresa post-feriale per accertare approfonditamente e quindi rimuovere le cause di tutte le disfunzioni segnalate (quelle ricordate prima più queste ultime di tipo amministrativo). E' parso allora che la convergenza di tutti questi elementi reclamasse più che suggerire l'immediata adozione di iniziative di carattere conoscitivo, tali da costituire punto di riferimento e di orientamento per restituire alla sede giudiziaria di Palmi quel clima di serenità e di collaborazione necessario anche nei riguardi della pubblica opinione. Si è trattato di un intento prevalentemente ricognitivo e non punitivo né persecutorio, tant'è che non hanno fatto seguito all'inchiesta ordinata - almeno sino ad Pag. 685 ora - iniziative di carattere sanzionatorio; invece ho ritenuto di dover trasmettere copia della relazione preliminare dell'ispezione di agosto sia al Consiglio superiore della magistratura sia a questa stessa Commissione. In conclusione, il ministro ha ordinato due sole inchieste, e non sette; la prima si è conclusa con elogio, successivamente si sono verificati i fatti che ho appena ricordato, ulteriormente rafforzati dagli esiti dell'ispezione ordinaria del giugno 1992. Ho dovuto di conseguenza inviare nuovamente gli ispettori per un'inchiesta a scopo ricognitivo; la relazione preliminare è stata trasmessa al Consiglio superiore della magistratura e alla Commissione parlamentare antimafia senza che fino ad ora siano scaturite iniziative di carattere sanzionatorio. Poiché è stato sollevato anche l'argomento del colloquio intervenuto il giorno 9 gennaio presso il Ministero di grazia e giustizia tra me ed il dottor Cordova, presente il capo di gabinetto dottoressa Livia Pomodoro, ho sollecitato quest'ultima a riferire con ampiezza di particolari e di dettagli il contenuto di quel colloquio in una lettera che mi ha indirizzato e che leggo alla Commissione, alla quale ne lascerò copia: "Onorevole ministro, in relazione alle perduranti insinuazioni relative all'incontro svoltosi presso il suo ufficio il giorno 9 gennaio, desidero precisare quanto segue: il dottor Cordova fu da lei invitato per il fatto che aveva contestato pubblicamente l'istituzione della Direzione nazionale antimafia, e su questo argomento si svolse prevalentemente la conversazione. In quei giorni erano pervenute, altresì, in restituzione dalle Camere ... ". Attenzione perché il dettaglio non è insignificante! Le Camere ci avevano restituito richieste di autorizzazione a procedere perché il dottor Cordova, a differenza di tutti gli altri magistrati italiani, anziché inoltrarle al ministro le aveva inoltrate direttamente alle Camere. Tra gli altri, queste riguardavano alcuni parlamentari socialisti. Prosegue la dottoressa Pomodoro: "Lei - riferendosi a me - a tale proposito si limitò a chiedere generiche delucidazioni sui capi di imputazione". In buona sostanza, ricordo di aver chiesto al dottor Cordova: "Lei li accusa di aver scambiato, cercato voti di mafia, di specifici reati? Perché vedo che lei invece li accusa ai sensi dell'articolo 416-bis, e quindi di essere mafiosi". Cosa un po' diversa e un po' più grave! "A quel punto, e in pieno intento collaborativo" - dice sempre la dottoressa Pomodoro - "feci osservare che dalla lettura dei capi di imputazione emergeva, oltre alla contestazione di cui all'articolo 416-bis del codice penale, anche l'aggravante di cui all'articolo 112 del codice penale, cosicché i parlamentari inquisiti apparivano capi e parti dell'organizzazione criminale e contemporaneamente promotori esterni della stessa. Il dottor Cordova si meravigliò lui stesso delle imputazioni così come erano formulate e chiese, usando il telefono dell'ufficio del ministero, spiegazioni al suo sostituto dottor Neri. Null'altro aggiunse dopo la telefonata e null'altro gli fu chiesto. Questo è tutto quanto è accaduto nel tanto pubblicizzato incontro. La saluta cordialmente. Livia Pomodoro". MASSIMO BRUTTI. Vorrei rilevare che il ministro ha fatto riferimento, sia pure in modo molto fuggevole, ad una contestazione nei confronti del dottor Cordova enunciata in modo tale, in questa che è una sede pubblica, da lasciar permanere una qualche ombra; relativamente all'appaltatore, ha poi anche detto che nessuna iniziativa di tipo sanzionatorio è scaturita da quella vicenda. CLAUDIO MARTELLI, Ministro di grazia e giustizia. Ma è contenuta nella relazione che avete! MASSIMO BRUTTI. La pregherei di essere, in questa che è una sede pubblica, più netto, al fine di fugare quell'ombra che comunque emergeva dal rapporto di polizia, in base al quale era una persona ben nota alla polizia l'appaltatore che avrebbe partecipato a certi lavori. Detta Pag. 686 in questo modo, che è un po' un dire e non dire, quella formulazione lascia in questa sede un'ombra che sarei lieto se il ministro potesse fugare. PRESIDENTE. Se mi permette, senatore Brutti, potremmo rivolgere al ministro questa domanda: signor ministro, lei non ha esercitato alcuna iniziativa in relazione a tale fatto? CLAUDIO MARTELLI, Ministro di grazia e giustizia. No. PRESIDENTE. E questo perché ha ritenuto che non sussistesse alcun elemento per esercitare tale iniziativa? CLAUDIO MARTELLI, Ministro di grazia e giustizia. L'iniziativa è stata quella di una richiesta di chiarimento al dottor Cordova. Mi sono limitato a questo. MASSIMO BRUTTI. L'unico dato oggettivo, se non ricordo male, era il fatto che un dipendente di quel signore era stato ucciso. Credo poi che questi abbia fornito dei chiarimenti, che sono stati ritenuti sufficienti da lei stesso. L'altra questione che volevo porre riguarda i fatti testé rievocati dal ministro e che sono perfettamente rispondenti a quelli indicati nella mia domanda. La divergenza - se tale è - riguarda probabilmente la valutazione di questa vicenda, nel senso cioè che io continuo a pensare che queste obiezioni e critiche che sono state rivolte al procuratore della Repubblica di Palmi in quell'incontro - e che il ministro correttamente non nega essere state rivolte - erano improprie ed anomale. Si tratta comunque di una divergenza di valutazione. Tengo fermo questo mio giudizio e sono lieto che il ministro abbia confermato punto per punto quei fatti, che non sono straordinari ma che mettono in essere, diciamo così, un atteggiamento ed un tipo di intervento che non mi risulta siano addebitabili al ministro, almeno per quanto mi consta e in base a ciò che ci ha raccontato lo stesso ministro, pur trattandosi di un tipo di intervento improprio ed anomalo. CLAUDIO MARTELLI, Ministro di grazia e giustizia. La situazione è tuttora aperta e quindi farò il punto in cui ci troviamo oggi. Ho inviato la relazione preliminare al Consiglio superiore della Magistratura e alla Commissione antimafia. Il Consiglio superiore pare che abbia già deciso, prima però di compiere alcuni atti indispensabili. In proposito, leggerò una lettera del presidente della corte di appello di Reggio Calabria inviata al Consiglio superiore e al gruppo antimafia, pervenutaci per conoscenza. In essa si dice: "Ho atteso due mesi di essere convocato dal gruppo di lavoro antimafia del Consiglio superiore della Magistratura per essere ascoltato su quanto ha costituito oggetto della nota inviatale" - al vicepresidente Galloni - "il 21 ottobre 1992, riferentesi all'esposto del procuratore della Repubblica di Palmi del 22 settembre 1992 e alla relazione del gruppo antimafia del 20 ottobre 1992. Apprendo ora con sorpresa che il gruppo antimafia, totalmente ignorando le mie pur gravi doglianze, nonostante la richiesta di convocazione trasmessa con telefax, ha concluso i suoi lavori investendo il plenum con una relazione che lascia ferma e inevasa la mia protesta e inappagate le istanze di accertamento e di tutela con la stessa rassegnate. La sorpresa si ricollega, fra l'altro, alla mia incapacità di immaginare che cos'altro avrei dovuto segnalare e lamentare" - attenzione! - "dopo aver parlato di gravi manipolazioni, di gratuite invenzioni, di palesi provocazioni, di valutazioni offensive e delegittimanti, di vicende ed episodi sconcertanti ed inquietanti, e dopo aver espresso perplessità, disorientamento, sfiducia, incredulo stupore e indifesa ma indignata amarezza, per riuscire a sollecitare l'interesse del gruppo antimafia e del CSM e per stimolare in mio favore la sensibilità che merita - per gli altri - il tema della tutela, della dignità del magistrato e del prestigio e della funzione esercitata. Dopo Pag. 687 di che non mi resta che ribadire per la forma la disponibilità a fornire ogni chiarimento e precisazione, già con la detta nota dichiarata, registrando quella che a me sembra una oggettiva caduta di legalità". In sostanza, il presidente della corte di appello di Reggio Calabria lamenta una disparità di trattamento in suo danno. Naturalmente, non si può non osservare che il ministro è stato in qualche modo censurato perché avrebbe, non capisco con quali atti o con quali dichiarazioni, manifestato intenti persecutori nei confronti del dottor Cordova, quando tutto, viceversa, può essere documentato con una copiosa mole di rassegne stampa per indicare l'esatto contrario e cioè che sono io - e il mio ministero - il perseguitato del dottor Cordova, attraverso una campagna denigratoria che non ha alcuna giustificazione e ragion d'essere, ma che tuttavia viene ostinatamente e sistematicamente perseguita, a partire dal momento in cui il dottor Cordova, dopo essersi pubblicamente speso contro le istituzioni della superprocura (giudicata, in pubbliche dichiarazioni, "inutile, dispendiosa e addirittura nociva"), decise di candidarsi per quel ruolo, assumendo un protagonismo diciamo anche politico, in una competizione che l'oppose a Giovanni Falcone. Non è nemmeno vero che io abbia mai bloccato la sua nomina. Al contrario, è vero che il Consiglio superiore della Magistratura, nel momento stesso in cui una delle sue Commissioni (quella per gli incarichi) esprimeva tre voti per Cordova e due per Falcone, sollevava conflitto di poteri con il ministro di grazia e giustizia di fronte alla Corte costituzionale. In pendenza di quel conflitto di poteri, come avrei potuto decidere? Avrei compiuto comunque un atto illegittimo ed ingiusto, se in pendenza di una soluzione affidata alla suprema Corte costituzionale avessi a mio giudizio scelto una strada piuttosto che l'altra. Ho dunque doverosamente atteso che la Corte costituzionale - come del resto ha fatto e nel modo che sappiamo - sciogliesse il dilemma. Naturalmente, il dottor Cordova non soltanto ha dichiarato "inutile" la superprocura, ma ha anche definito tutta la legislazione "norme eccezionali inutili", legislazione sulla quale si è fondata la riscossa dello Stato contro il crimine organizzato e che credo abbia meritato i riconoscimenti che anche in questa sede sono stati tributati ad una azione che ha visto insieme impegnati Governo e Parlamento. Approfitto di tale situazione per fornire un chiarimento sulla vicenda relativa al concerto, sollevata dal senatore Brutti. Prima di affrontare i casi specifici - tali sono stati quelli sollevati dal senatore Brutti - vorrei fare una premessa. Su 140 richieste di concerto, ho formulato osservazioni soltanto in sei casi. In uno, relativamente all'ufficio di procuratore generale presso la corte di appello di Lecce, il magistrato designato revocò poi la domanda: lo feci su sollecitazione della Commissione parlamentare antimafia. Rimangono quindi cinque casi. Di quello relativo al procuratore nazionale antimafia ho appena spiegato il perché, essendo intervenuto il conflitto di attribuzione con la Corte costituzionale; si è comunque concluso con la nomina del nuovo titolare dopo il reggente. Ne restano quattro. Per altri due casi, a seguito dei chiarimenti richiesti, il concerto è stato poi dato in favore dei magistrati indicati dalla Commissione del CSM: si trattava del presidente del tribunale di sorveglianza di Catanzaro e del procuratore della Repubblica presso il tribunale di Matera. Rimangono gli ultimi due (in sostanza sono soltanto due casi irrisolti su 140), concernenti il presidente della corte di appello di Palermo e la procura della Repubblica di Matera. A tale riguardo, sono in attesa delle valutazioni della commissione del Consiglio superiore della Magistratura. MASSIMO BRUTTI. Non è Matera ma Reggio! Pag. 688 CLAUDIO MARTELLI, Ministro di grazia e giustizia. A me risulta Matera, a meno che gli uffici non abbiano sbagliato! Per questi due casi mi attengo alla procedura che ci è stata, diciamo così, raccomandata dalla sentenza della Corte, che ha scandito il modello della leale cooperazione nei seguenti termini: proposta della commissione del Consiglio superiore, osservazioni del ministro, controsservazioni del Consiglio superiore, replica del ministro e decisione del plenum. Siamo a metà del cammino: ho formulato le mie osservazioni, attendo ora le controdeduzioni del Consiglio superiore. Non c'è altro da temere. MASSIMO BRUTTI. Quindi anche per la procura generale di Reggio Calabria la questione è così, cioè una non risposta! CLAUDIO MARTELLI, Ministro di grazia e giustizia. Veniamo ora ai casi analitici (anch'essi di una certa lunghezza). PRESIDENTE. Quali sono questi casi? CLAUDIO MARTELLI, Ministro di grazia e giustizia. Quelli della procura generale di Reggio Calabria e del presidente della corte di appello di Palermo. In data 8 settembre, la commissione ha proposto per il concerto, con due relazioni (una di maggioranza e una di minoranza), rispettivamente il dottor Guido Neri e il dottor Sebastiano Suraci. Successivamente, la stessa Commissione mi ha comunicato di aver deliberato per il dottor Suraci un'ulteriore proposta riguardante l'ufficio di avvocato generale della Cassazione per il quale l'interessato aveva anche espresso la sua preferenza. Con riferimento a tale ufficio, altro magistrato ha presentato un esposto lamentando di essere stato ingiustamente pretermesso. A questo punto si è reso necessario attendere la richiesta di concerto e le relative motivazioni. Infatti, il collegamento venutosi a creare fra le due procedure impone, per un equilibrato esame delle questioni poste, la conoscenza di tutti gli atti. D'altra parte, il Consiglio non potrà che procedere prima al conferimento dell'ufficio di avvocato generale e solo successivamente a quello di procuratore generale presso la corte d'appello, per il quale il dottor Suraci rimarrebbe in lizza solo se non nominato nel primo procedimento. Per quello che riguarda Patti, il concerto in favore del dottor Giuseppe Gambino è stato dato tempestivamente: la questione è rimessa alle determinazioni del Consiglio. In ordine alla corte di appello di Palermo, avevo già sintetizzato la vicenda ... PRESIDENTE. Qualche commissario avanza richiesta di ascoltare le affermazioni del ministro oppure l'onorevole Martelli può allegare la documentazione? MASSIMO BRUTTI. Se potesse fornire una risposta, sarebbe meglio. CLAUDIO MARTELLI, Ministro di grazia e giustizia. Aspetto la risposta del Consiglio superiore della magistratura. Ho presentato le mie controsservazioni ed attendo la risposta da parte del Consiglio che, come è noto, dice sempre l'ultima parola. PRESIDENTE. Lei ha già fatto pervenire al Consiglio superiore della magistratura le sue osservazioni? CLAUDIO MARTELLI, Ministro di grazia e giustizia. Sì. MASSIMO BRUTTI. Vi è stato un diniego del concerto nei confronti del magistrato proposto dal Consiglio? Pag. 689 CLAUDIO MARTELLI, Ministro di grazia e giustizia. Certo, l'avevo già fatto l'anno scorso. MASSIMO BRUTTI. E a questo punto lei ha inviato ulteriori note od osservazioni al Consiglio? CLAUDIO MARTELLI, Ministro di grazia e giustizia. Sì. MASSIMO BRUTTI. A questo punto, non è forse opportuno che il ministro dica "scegliete voi, assumendovene la responsabilità"? Sono due anni che si attende la nomina del presidente della corte d'appello di Palermo! Posso anche essere d'accordo con il merito di alcune delle osservazioni del ministro Martelli, ma è intollerabile che per due anni un ufficio qual è quello di presidente di corte d'appello rimanga scoperto! Solleciterei un'iniziativa affinché si dica "volete nominare quella persona? Assumetevene la responsabilità perché io non sono d'accordo. Nominatelo!". CLAUDIO MARTELLI, Ministro di grazia e giustizia. Purtroppo questo punto non è stato chiarito dallo stesso ricorso alla Corte. In altri termini, non si è chiarito che cosa succede in casi come questo: ripeto, il punto non è stato definito. Comunque, accolgo il suo suggerimento. Per quanto riguarda Ciancimino, credo si possa prendere atto di quanto è intervenuto successivamente. In relazione ai magistrati, l'organico generale conta 8.509 unità; i fuori ruolo sono 212, di cui 101 presso il Ministero, 32 al Consiglio superiore della magistratura e 79 in altre amministrazioni. Durante il periodo della mia responsabilità del dicastero, ho ricollocato in ruolo dal Ministero 31 magistrati, uno è stato collocato a riposo, un altro è stato dichiarato dimesso. In verità, dal numero dei cosiddetti fuori ruolo si potrebbe forse ricavare qualche unità per gli uffici, ma non c'è da farsi grandi illusioni perché non è in questo settore che si registrano le dispersioni di organico dei magistrati. Colgo l'occasione offertami dall'audizione per una considerazione, in quanto tengo moltissimo alla cooperazione tra il Governo ed il Parlamento e in particolare la Commissione antimafia, che è stata prodiga e feconda di indicazioni - in gran parte accolte -, che sono parte integrante della strategia globale di cui si parla. Penso che la cooperazione istituzionale e la lealtà nella cooperazione tra Governo, Parlamento, magistrati, Consiglio superiore della magistratura, forze politiche e amministrazioni regionali e locali, rappresentino la "precondizione" per una lotta risoluta ed efficace alla criminalità. Ritengo però che si debba prestare attenzione a tutte le forme di depistaggio o ai polveroni, più o meno politico-propagandistici, che troppe volte hanno circondato le iniziative dello Stato e degli stessi magistrati: le stagioni dei veleni, dei "corvi", dei sospetti, dei dubbi e delle insinuazioni che ancora purtroppo non sembrano interamente tramontate. Rispetto a tale tematica, desidero esporre alla Commissione qualche riflessione o commento, come avevo sostenuto nell'esordio. Se si esegue un'analisi attenta del mondo dell'informazione, prevalentemente di quella scritta ma in qualche caso anche di quella televisiva, specie delle emittenti locali, ci si accorge che emerge una sorta di struttura o agenzia - composta da parlamentari, ex magistrati, magistrati in servizio, ex poliziotti e giornalisti di fonte non sempre accreditatissima - che sembra rivendicare e praticare una giurisdizione, una giustizia parallela, che agisce simultaneamente attraverso pubblicazioni di dossier, notizie riservate (o coperte da segreto istruttorio) riprese da organi di stampa compiacenti: vere e proprie fonti di informazione privilegiata e disinformanti, Pag. 690 poi moltiplicate da interrogazioni parlamentari. Vere e proprie storie, si potrebbe dire spy story, ispirate da una logica o da teoremi che prefigurano o impongono una verità all'opinione pubblica. Lo scopo sembra consistere spesso nel delegittimare o nell'infangare altri magistrati o altri uomini politici. Il primo illustre esempio e vittima fu proprio Giovanni Falcone. La sua credibilità ed indipendenza furono messe in dubbio - come molti ricorderanno - con il caso Pellegritti, quando Falcone si rifiutò di avallare a livello giudiziario tesi che erano state abilmente costruite ricorrendo a compiacenti dichiarazioni incrociate di presunti pentiti. Grazie a quelle che nella sentenza di Falcone si definiscono "le capacità investigative di Angelo Izzo" - un estremista di destra già condannato all'ergastolo per i fatti del Circeo - questo Pellegritti si indusse a deporre sull'omicidio Mattarella assumendo di conoscerne i mandanti. Lo fece al pubblico ministero di Bologna, dottor Libero Mancuso, recatosi a sentirlo su fatti riguardanti il traffico di stupefacenti tra Catania e Bologna, ma che durante l'interrogatorio ritenne opportuno porre domande su un omicidio sul quale non era competente ad indagare. Le dichiarazioni del Pellegritti furono riversate sul tavolo di Giovanni Falcone per indurlo ad approfondire una tesi che, nel corso del primo interrogatorio davanti al giudice Falcone, si arricchì significativamente e sintomaticamente con il riferimento all'onorevole Salvo Lima come mandante dell'assassinio Mattarella. Falcone si accorse ben presto che si trattava di dichiarazioni contraddittorie e costruite. Il successivo interrogatorio di Pellegritti disegna le modalità attraverso le quali si può raggiungere una sapiente manipolazione delle fonti di prova, in un inquietante susseguirsi di interessate condotte di pseudopentiti, rapporti tra pentiti e tra questi, autorità di polizia e magistrati. La vostra Commissione dispone degli atti - sentenza alle pagine 1473-1546 - e da questi può desumere che fu Izzo a costruire le dichiarazioni del Pellegritti e che queste furono utilizzate per evidenti fini strumentali. Dalla sentenza del giudice istruttore Giovanni Falcone emergono anche i contorni in cui la vicenda si è inserita; la partecipazione in questa vicenda del coordinamento antimafia di Palermo e le nuove realtà preconfezionate per l'autorità giudiziaria che, indipendentemente dalla loro veridicità obiettiva, rappresentavano all'epoca il tentativo di sviare il corretto andamento delle indagini sempre condotte con grande rigore da Giovanni Falcone. Da alcuni sintomi ho l'impressione che questa agenzia o struttura sia di nuovo all'opera, con tecniche e finalità simili a quelle del caso Pellegritti. PRESIDENTE. Voglio aggiungere che si è registrato un episodio un po' increscioso. Un nostro collega ha chiesto che l'audizione del ministro di grazia e giustizia non seguisse le solite rituali forme, ma fossero predisposti quesiti in modo da apparire ed essere più stringente. Nel ringraziare il ministro Martelli che per ben due volte è venuto in Commissione ed ha fornito un quadro chiaro ed approfondito delle questioni, rilevo che questo collega non si è presentato, rinviando ai contenuti dell'interrogazione a cui ha fatto un garbato cenno il ministro di grazia e giustizia. Ho l'impressione che tale comportamento sia singolare: se il nostro collega non aveva l'intenzione di essere presente fin dall'inizio, poteva farlo presente chiaramente. Comunque, l'intervento del ministro è risultato estremamente utile. Pag. 691 GIROLAMO TRIPODI. Chiedo al ministro di fornire maggiori precisazioni sulla questione del giudice Cordova e in particolare su quanto ha rilevato il collega Brutti. Domando questo perché emergerebbe una sorta di tacito collegamento tra Cordova e le organizzazioni mafiose, dal momento che lei sostiene che abbia avuto un rapporto con un'impresa che aveva alle proprie dipendenze un mafioso. Gradirei che il ministro ripetesse il giudizio esaltante espresso la prima volta. CLAUDIO MARTELLI, Ministro di grazia e giustizia. Ero un po' più ingenuo la prima volta! GIROLAMO TRIPODI. Credo non sia cambiato niente; la situazione si è modificata soltanto a seguito dell'inchiesta in base alla quale si è avviata l'indagine che ha coinvolto, per motivi diversi, alcuni esponenti del suo partito, ministro Martelli. Ritengo che i fatti siano quelli registrati, ossia che in quella procura siano state svolte importanti indagini sulla mafia: fatti evidenti ed emblematici di una lotta vera e dura contro il fenomeno mafioso. Lei, ministro Martelli, ha parlato di violazione del segreto istruttorio. Vorremmo conoscere i motivi del fenomeno di lassismo e le modalità di violazione del segreto istruttorio da lei sostenuto a fronte di una notevole attività di contrapposizione alla mafia svolta in provincia di Reggio Calabria, svolta da quella sede giudiziaria. Vorrei ricordare che sulle due questioni si è già svolta un'indagine, conclusa con l'archiviazione. Il giudice Cordova è stato quello che ha arrestato e ha fatto condannare Macrì. E' necessario un chiarimento, altrimenti verrebbero poste ombre molto gravi. Anche per quanto riguarda il colloquio avuto con lei il 9 gennaio vorrei ricordare che molti magistrati hanno contestato la scelta relativa alla superprocura; l'ha fatto anche l'associazione nazionale magistrati. LUIGI ROSSI. A nome del gruppo della lega nord, desidero ricordare che il professor Miglio è stato eletto come indipendente e che quindi tutte le dichiarazioni da lui rese lo impegnano personalmente. La linea politica del gruppo, come è noto, viene espressa dall'onorevole Bossi, che è il segretario federale del movimento. CLAUDIO MARTELLI, Ministro di grazia e giustizia. Prendo atto con molta soddisfazione di questa dichiarazione. LUIGI ROSSI. Signor ministro, nella mia qualità di giornalista, desidero richiamarmi alle sue dichiarazioni in merito alla libertà di stampa ed alla necessità di impedire gli scoop. CLAUDIO MARTELLI, Ministro di grazia e giustizia. Non ho detto questo. LUIGI ROSSI. Scoop che fossero... CLAUDIO MARTELLI, Ministro di grazia e giustizia. Violazioni di legge. LUIGI ROSSI. Sì, violazioni di legge. Desidero sottolineare, come giornalista, che esistono leggi per cui tali comportamenti dovrebbero essere definiti per rito direttissimo in due mesi, mentre invece sono necessari tempi lunghissimi. Pertanto, chi è diffamato e presenta una querela deve attendere anche dieci anni. Richiamo l'attenzione del ministro su tale situazione, in merito alla quale ho presentato un'interrogazione. CLAUDIO MARTELLI, Ministro di grazia e giustizia. La questione ci riguarda tutti, quali membri del Parlamento, sia come diffamati sia, qualche volta, come diffamatori; ho firmato, infatti, un certo numero di richieste di Pag. 692 autorizzazione a procedere sul presupposto di un'indagine per diffamazione. Mentre per tutti gli altri reati è ormai invalsa la tendenza a concedere le autorizzazioni, nel caso in cui i parlamentari siano autori di diffamazione si riscontra una certa resistenza. Quindi, il Parlamento stesso finisce con il costituire un ostacolo alla speditezza delle procedure. MARIO BORGHEZIO. Ritengo si debba assolutamente escludere che il professor Miglio, senatore della Repubblica eletto a Como e non a Palermo, possa essere ritenuto con serietà, anche da un ministro in carica, come eventuale e ipotizzabile sponda politica per un progetto separatista della Sicilia. CLAUDIO MARTELLI, Ministro di grazia e giustizia. Lo ha ipotizzato lui. Non è una mia idea. MARIO BORGHEZIO. Mi sento di poter fare questa dichiarazione conoscendo il pensiero del professor Miglio e non risultando queste ipotesi confermate da dichiarazioni ufficiali né del professor Miglio stesso né del gruppo al quale appartiene. Mi sembra che il ministro non abbia risposto in modo specifico alla domanda da me posta a suo tempo, se cioè, alla luce delle più recenti notizie relative all'inchiesta giudiziaria di Milano e in base alle notizie che gli provengono dai suoi uffici, egli possa escludere che le varie fonti di finanziamento illegale ai partiti o alle correnti dei partiti siano state nel recente passato o siano attualmente inquinate dalla mafia. CLAUDIO MARTELLI, Ministro di grazia e giustizia. Che io sappia, una simile contestazione non è stata mai sollevata dai magistrati. Non posso che riferirmi a questi dati di fatto. SALVATORE FRASCA. Ho posto una domanda al ministro relativamente al tribunale di Castrovillari. Questo, insieme alla procura, potrebbe costituire il soggetto per un libro intitolato Storia di una giustizia, ovvero di un'ingiustizia in provincia. PRESIDENTE. Aderendo alle indicazioni che sono emerse, vorrei chiedere al ministro di precisare, al fine di evitare elementi di dubbio, la questione relativa all'impresa di cui si sarebbe avvalso il dottor Cordova, cui hanno fatto riferimento il senatore Brutti e l'onorevole Tripodi. Sarebbe opportuno chiarire se esistano elementi per ritenere che quell'impresa fosse sospetta e se il ministro abbia deciso di attivarsi in merito. La questione rischia di diventare un elemento di non chiarezza, soprattutto con riferimento ai mezzi di informazione. CLAUDIO MARTELLI, Ministro di grazia e giustizia. Non svolgo attività di indagine, che sono affidate all'ispettorato. Questo ha consegnato una relazione preliminare, proprio per non lasciare in sospeso la questione e trasmettere subito le prime notizie ed i frutti delle prime ricognizioni. Se poi un magistrato dell'ispettorato torna a Palmi per acquisire ulteriori elementi, ciò non significa che è stata ordinata una nuova inchiesta. Ne è in corso una sola, la quale allo stato non ha dato luogo a nessuna richiesta di azioni disciplinari. Ciò significa che non ho riscontrato elementi, neppure relativamente alla vicenda di cui si è parlato, che giustificassero un'azione disciplinare. ROSARIO OLIVO. Riprendo la domanda già fatta dal senatore Cutrera sull'Irpinia e sulle conclusioni della Commissione parlamentare d'inchiesta inviate alle procure interessate. CLAUDIO MARTELLI, Ministro di grazia e giustizia. Le conclusioni della Commissione sono state trasmesse dal Pag. 693 Parlamento. In proposito devo documentarmi; al momento, non sono in grado di rispondere. SANTI RAPISARDA. Vorrei un chiarimento dal ministro per quanto riguarda Catania. CLAUDIO MARTELLI, Ministro di grazia e giustizia. Se non vado errato, è in corso un'inchiesta. Risponderò per iscritto. SALVATORE FRASCA. Signor ministro, ricordo la situazione di Castrovillari. CLAUDIO MARTELLI, Ministro di grazia e giustizia. E' già stata svolta un'ispezione ordinaria nel marzo scorso. Dagli elementi che lei ha fornito, molto inquietanti, ricavo l'impressione che le ispezioni ordinarie, come talvolta capita, sono troppo ordinarie. PRESIDENTE. Possiamo chiedere al ministro di inviarci una copia della relazione? CLAUDIO MARTELLI, Ministro di grazia e giustizia. Senz'altro. SALVATORE FRASCA. Una volta denunciai la scomparsa di cento fascicoli processuali presso il tribunale di Reggio Calabria. Fu dimostrato che la notizia era vera ma che l'ispettore del ministero non l'aveva accertata perché andava al cinematografo. Non vorrei che anche in questo caso fosse successa la stessa cosa. CLAUDIO MARTELLI, Ministro di grazia e giustizia. Respingo questa insinuazione. PRESIDENTE. Ringrazio il ministro per aver partecipato all'audizione odierna e rivolgo a lui e a tutti i presenti auguri di buon anno. Comunico che domani l'ufficio di presidenza avrà un incontro con i giornalisti per informarli dell'attività svolta nel corso di quest'anno. La seduta termina alle 20,5.