Pag. 777 AUDIZIONE DEL MINISTRO DELL'INTERNO, SENATORE NICOLA MANCINO PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE INDICE pag. Audizione del ministro dell'interno, senatore Nicola Mancino: Violante Luciano, Presidente ................. 782, 788, 791 792, 793, 794, 795, 802, 804, 806, 807 Ayala Giuseppe Maria ................................... 799 Bargone Antonio ................................... 797, 799 Biondi Alfredo .......................... 798, 799, 805, 806 Biscardi Luigi .................................... 794, 806 Borghezio Mario ........................................ 794 Brutti Massimo .................................... 792, 793 Buttitta Antonio ....................................... 799 Cappuzzo Umberto ....................................... 800 D'Amato Carlo .......................................... 801 D'Amelio Saverio ........................ 793, 798, 799, 802 Florino Michele ........................................ 797 Pag. 778 Frasca Salvatore ........................ 791, 792, 801, 803 Galasso Alfredo .............................. 787, 788, 805 Imposimato Ferdinando .................................. 800 Mancino Nicola, Ministro dell'interno .................. 782 787, 788, 791, 794, 795, 802, 803, 804, 805, 806, 807 Matteoli Altero ................................... 795, 806 Olivo Rosario .......................................... 796 Rapisarda Santi ........................................ 796 Riggio Vito ............................................ 797 Rossi Luigi ............................................ 793 Taradash Marco ......................................... 796 Tripodi Girolamo .................................. 795, 804 Sui lavori della Commissione: Violante Luciano, Presidente ............ 779, 780, 781, 782 807, 808, 809, 810, 814, 815, 816, 817, 819 Ayala Giuseppe Maria ................................... 808 Bargone Antonio .............................. 812, 814, 817 Brutti Massimo .................................... 815, 818 Cabras Nicola ........................... 780, 807, 810, 811 Cutrera Achille ........................................ 779 D'Amato Carlo ................................ 812, 818, 819 D'Amelio Saverio ....................................... 780 Frasca Salvatore ......... 779, 780, 809, 810, 812, 814, 815 Galasso Alfredo ......................... 812, 816, 817, 818 Garofalo Carmine ....................................... 816 Matteoli Altero .................... 781, 782, 807, 808, 810 Rapisarda Santi ........................................ 808 Riggio Vito .................................. 813, 814, 818 Robol Alberto .......................................... 808 Rossi Luigi ....................................... 780, 811 Taradash Marco .................................... 808, 817 Tripodi Girolamo ....................................... 811 Pag. 779 La seduta comincia alle 15. (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente). Sui lavori della Commissione. PRESIDENTE. Poiché il ministro dell'interno arriverà tra qualche minuto, vorrei proporre ai colleghi il calendario dei lavori per le prossime settimane. Come ho già accennato in altra occasione, mercoledì 20 gennaio, con ritorno nella stessa giornata, si svolgerà l'incontro con l'ufficio di presidenza della Commissione antimafia del Parlamento francese, la cui delegazione, come ci è stato comunicato, sarà composta dal presidente, dal relatore e da due componenti. Al termine della precedente seduta ho proposto che in rappresentanza della nostra Commissione partecipasse all'incontro l'ufficio di presidenza. Naturalmente, questo non vuol dire che ad ogni incontro cui dovesse partecipare una delegazione ristretta della Commissione questa debba essere costituita dall'ufficio di presidenza; si può procedere ad una rotazione. Venerdì 22 gennaio avrà luogo l'audizione dei magistrati della direzione distrettuale antimafia di Firenze. Proporrei che martedì 26 gennaio, alle 9,30, venga ascoltato il dottor Parisi, capo della polizia, in modo che si chiuda il ciclo delle audizioni di coloro che rivestono funzioni di direzione. Nel frattempo avremo modo di studiare i fascicoli, che abbiamo richiesto, riguardanti coloro che hanno rivestito funzioni in periodi precedenti; dopo averlo fatto valuteremo come procedere. Sempre martedì 26, nel pomeriggio, partiranno le delegazioni per la visita in Puglia. Questo è il motivo per il quale l'audizione del dottor Parisi è stata fissata per la mattina alle 9,30. SALVATORE FRASCA. Sarebbe possibile spostarla alle 10,30? PRESIDENTE. Senz'altro, se non vi sono obiezioni da parte dei colleghi. ACHILLE CUTRERA. Quando ascolteremo De Francesco? PRESIDENTE. Il dottor De Francesco rientra nell'ambito dei precedenti funzionari e lo ascolteremo dopo aver studiato i fascicoli che abbiamo acquisito. Sabato 23 gennaio, nel pomeriggio, una delegazione - vedremo da chi costituita - si recherà a Barcellona Pozzo di Gotto, come fu deciso nella precedente seduta. La missione si svolgerà nell'arco di mezza giornata e i colleghi interessati sono pregati di comunicarlo. Dal 28 al 30 gennaio si svolgerà la prima parte della missione in Calabria. L'8 e il 9 febbraio una delegazione si recherà a Caserta e a Benevento. E' pervenuta una richiesta da parte dei sindacati di polizia, il SIULP e il SAP, di essere ascoltati sui problemi complessivi delle forze di polizia. Propongo che questa audizione abbia luogo martedì 2 febbraio. Inoltre, il CNEL ha costituito una sezione di lavoro sui rapporti tra economia e criminalità organizzata che ha chiesto un incontro con l'ufficio di presidenza della Commissione antimafia. Della data di questo incontro verranno Pag. 780 informati tutti i colleghi affinché, se interessati, possano parteciparvi. In particolare, credo che a questo incontro possa essere interessato l'onorevole Scotti in relazione al lavoro che svolge nel suo gruppo. Venerdì 5 febbraio si svolgerà il forum con tutte le direzioni distrettuali antimafia e con il procuratore nazionale antimafia. LUIGI ROSSI. Dove? PRESIDENTE. In questo palazzo ma in un'altra aula. SAVERIO D'AMELIO. Chi vi parteciperà? PRESIDENTE. I capi delle direzioni e i magistrati che ciascuno di loro riterrà di portare con sé. LUIGI ROSSI. A che ora? PRESIDENTE. Abbiamo previsto che l'incontro si svolga dalle 9,30 alle 17. Si svolgerà qui, dove è possibile riservare una sala per il pranzo in modo da garantire la sicurezza. SAVERIO D'AMELIO. A cosa è finalizzato questo forum? PRESIDENTE. Abbiamo chiesto a tutte le direzioni distrettuali antimafia di fornirci un quadro della struttura funzionante: quanti sono, come lavorano, eccetera. Inoltre, si affronteranno i problemi dei rapporti con la direzione nazionale antimafia, che ancora non ha cominciato la sua attività, e con le procure territoriali. L'altra questione che verrà affrontata concerne modalità di attuazione delle garanzie di tutela dei pentiti, per valutare se è possibile giungere a indirizzi omogenei. SALVATORE FRASCA. Credo sia opportuno incontrare anche una delegazione del Consiglio superiore della magistratura. PRESIDENTE. Un incontro già è stato svolto, ma possiamo farne un altro. Ha in mente un tema particolare? SALVATORE FRASCA. Abbiamo riscontrato disfunzioni nella magistratura; il ministro ci ha riferito alcune cose. Dovremmo sapere cosa ne pensa il CSM e quali iniziative ha assunto o intenda assumere. PRESIDENTE. Potremmo inviare al vicepresidente Galloni tutto il quadro delle questioni da noi acquisite che interessano la giustizia. Dopo che il CSM le avrà valutate chiederemo un incontro. PAOLO CABRAS. Sono d'accordo sull'invio al Consiglio superiore della magistratura di questo materiale ma ritengo opportuno che l'incontro abbia luogo dopo la conclusione delle visite in Calabria e in Puglia. Poiché riscontreremo, come dice giustamente il senatore Frasca, delle disfunzioni o comunque problemi complessi, mi sembrerebbe più utile che l'incontro si svolga dopo aver acquisito tutto il quadro delle varie questioni. E' sempre proficuo avere uno scambio di opinioni ma al fine di approdare a conclusioni utili per il nostro lavoro sarebbe più opportuno porre sul tappeto problemi reali e concreti, in modo che il confronto sia produttivo. SAVERIO D'AMELIO. Rilevo con soddisfazione che la traccia di lavoro che ci eravamo dati si va completando, nonostante le variazioni in corso d'opera dovute al fatto che nel frattempo sono successi fatti nuovi, e di questo mi congratulo. Ovviamente, poiché stiamo per concludere questo primo programma ribadisco ciò che dissi nella precedente occasione - su cui credo anche altri colleghi furono d'accordo - cioè che dobbiamo fare il punto della situazione, non tanto per una prima relazione al Parlamento quanto per darci un orientamento per evitare che si abbia la sensazione che procediamo senza aver chiaro dove vogliamo arrivare Pag. 781 (anche se una traccia ce la siamo data ed è merito della presidenza se è stata rispettata). La materia è così vasta che se non fissiamo un punto di arrivo, nonostante le buone intenzioni rischiamo un certo disorientamento. Detto questo, pongo un problema per lo stato d'animo nel quale mi trovo in questo momento. Ho seguito il TG 3 - non è un problema di etichetta politica, perché forse la stessa intervista avrei potuto vederla al TG 1 - che mezz'ora fa ha riferito la notizia dell'arresto di Riina. Dopo diverse interviste - fra cui quella del ministro Mancino, sempre molto opportuno e misurato, e quella altrettanto opportuna e valida del presidente Violante - ad un certo punto le telecamere hanno inquadrato il palazzo di giustizia di Palermo e l'intervistatore ha tentato di contattare alcuni sostituti procuratori. Alcuni si sono rifiutati di rispondere, scusandosi e dicendo di non poter parlare, ma uno in particolare se n'è uscito con una espressione che mi ha scioccato e che riferisco. Egli ha detto in maniera secca e puntuale, rispondendo all'intervistatore che gli chiedeva perché Riina fosse stato arrestato in questo momento: "Perché in questo momento hanno deciso di arrestarlo". Credo che a nessuno di noi sfugga il devastante effetto di un'affermazione del genere sull'opinione pubblica. Non ritengo che un'operazione così felice debba prestarsi a considerazioni, ad illazioni e tanto meno ad affermazioni di questo tipo. Quindi vedo con preoccupazione l'effetto sull'opinione pubblica, che potrebbe essere indotta a pensare che c'è una regia per cui i grandi latitanti vengono arrestati quando e come si vuole a seconda che qualcuno in alto decida in questo senso. La mia preoccupazione, come cittadino e come rappresentante di questo Stato democratico, è: dove si vuole andare a parare? In uno Stato democratico nel quale da parte di chi dovrebbe avere la responsabilità e il senso dello Stato si fanno affermazioni siffatte, si va allo sfascio! Considerato che questo sostituto procuratore (nel caso in cui sia tale, perché purtroppo le immagini si sono accavallate) ha fatto una simile dichiarazione, vorrei sapere a chi si riferisca e chi siano coloro che deciderebbero quando e come vogliono. Con l'amarezza e l'angoscia di un cittadino che ha una certa sensibilità nei confronti di certi fatti, affido questa considerazione al presidente della Commissione, ritenendo opportuno che si svolgano accertamenti in proposito. Se un magistrato è tanto sicuro che qualcuno possa decidere, vorremmo che egli specificasse di chi si tratti; se invece non ha prove, dovrà rispondere delle sue affermazioni. PRESIDENTE. Sulla questione sollevata vi sono alcuni iscritti a parlare, però credo sia opportuno sentire prima il ministro che verso le 17,20 dovrà assentarsi a causa di un impegno connesso a quanto è avvenuto oggi. Per questo motivo prego i colleghi di intervenire sul problema posto dal collega D'Amelio al termine dell'audizione. ALTERO MATTEOLI. Mi permetto di dissentire. Si doveva vietare anche al collega D'Amelio di intervenire. PRESIDENTE. Non posso togliere la parola ad un collega prima di sapere su che cosa intenda parlare. ALTERO MATTEOLI. Si è capito subito. Dopo che egli ha parlato, gli altri devono esprimersi! PRESIDENTE. Non è il caso di interrompere un collega che parla ma è il caso di dare un ordine ai nostri lavori, che è quello che ho indicato. Se lei dissente onorevole Matteoli, pongo in votazione la mia proposta sull'ordine dei lavori. ALTERO MATTEOLI. Non può porre le questioni in questi termini, presidente. Si tratta di correttezza: non può farne sempre un problema di maggioranza! PRESIDENTE. Si tratta di un problema non di maggioranza ma di ordine Pag. 782 dei lavori. La seduta odierna è dedicata innanzitutto all'audizione del ministro Mancino. ALTERO MATTEOLI. Allora doveva pregare il collega D'Amelio di non concludere il proprio intervento, visto che si sapeva di cosa stesse parlando. PRESIDENTE. Quando un collega interviene sull'ordine dei lavori non lo si interrompe, come lei sa, onorevole Matteoli. Semmai ci si riserva di esaminare la questione sollevata immediatamente o in un secondo tempo. Il tema indicato dal collega D'Amelio ha un fondamento per cui sarà esaminato dopo l'audizione del ministro. Audizione del ministro dell'interno, senatore Nicola Mancino. PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del ministro dell'interno, senatore Nicola Mancino. Ringrazio il ministro per la disponibilità manifestata nonostante i suoi impegni odierni. Credo di esprimere i sentimenti di tutta la Commissione rappresentando la nostra soddisfazione per l'arresto di Riina, che ha dimostrato che il sistema ha l'energia e la forza politica per combattere e vincere questa battaglia che è e sarà durissima. Esistono le sinergie sufficienti per creare un clima adeguato al risultato positivo. Ritengo, altresì, di esprimere l'opinione della Commissione nel dire che a chi ha lavorato in modo così serio va manifestato il riconoscimento della Commissione e quello del Governo, nelle forme che questo riterrà. Sappiamo che non bisogna sedersi perché non abbiamo vinto la battaglia contro Cosa nostra, come il ministro ha detto opportunamente: siamo di fronte ad un risultato importante ma non definitivo. Altre volte, dopo risultati importanti ci si è seduti con gravi danni. Questa volta contiamo che non sia così: bisogna andare avanti ed abbiamo dimostrato di avere le risorse e l'energia per farlo; soprattutto - e ciò coinvolge la responsabilità della Commissione - dobbiamo evitare che avvenga (come tante altre volte) che dopo importanti successi si instauri un meccanismo di rottura di fiducia o una rottura istituzionale tali da creare confusioni e contrasti che frenino la lotta alla mafia. E' auspicabile che questa volta ciò non si verifichi. Esprimo di nuovo le felicitazioni della Commissione alle forze dell'ordine, all'Arma dei carabinieri che ha compiuto questa importate operazione - resa possibile da un clima complessivo - e alla direzione che alla politica dell'ordine pubblico ha dato il ministro Mancino al quale do la parola. NICOLA MANCINO, Ministro dell'interno. Ringrazio il ministro per aver richiesto la mia presenza per una valutazione complessiva intorno a problemi diversi che derivano dalla soppressione dell'Alto commissariato, dall'organizzazione della DIA e da una serie di problemi che coinvolgono direttamente o indirettamente i poteri investigativi o informativi del SISDE, del SISMI, dell'Arma dei carabinieri, della Guardia di finanza e della Polizia di Stato. Chiedo scusa agli onorevoli parlamentari perché non sono in grado di assicurare una presenza continuativa (sono giunto in ritardo anche perché sono stato "fatto prigioniero" dai giornalisti all'ingresso del palazzo); d'altronde per quello che è avvenuto nella mattinata odierna vi è bisogno di testimoniare solidarietà alle forze dell'ordine ed in particolare all'Arma dei carabinieri. La cattura di Riina è certamente un fatto importante non perché con la sua cattura abbiamo esaurito i compiti dello Stato ma perché possiamo ragionare sulle modalità organizzative della cupola, di Cosa nostra e di tutta la malavita organizzata. Ho detto che quello ottenuto è un ottimo risultato ma ho immediatamente aggiunto che con esso non si sono esaurite le nostre responsabilità ai vari livelli. Pag. 783 Sottolineando la soddisfazione, manifesto anche la grande commozione che ho provato nell'apprendere il fatto, una commozione che mi derivava soprattutto dal ricordo di tutte le vittime delle stragi: appartenenti alle forze dell'ordine, magistrati, uomini politici e tutti coloro che hanno combattuto sinceramente in trincea una battaglia difficile e ne sono rimasti vittima. In questa occasione mi è doveroso testimoniare la validità della strumentazione istituzionale che abbiamo posto in essere. Perciò, a nome del Governo, desidero esprimere alla Commissione antimafia e al suo presidente un sentimento di gratitudine per il lavoro svolto fin da quando la Commissione è stata istituita, pur fra polemiche, dissensi, preoccupazioni e perplessità, e per il contributo che ha dato e che continua a dare. Ringrazio tutti coloro i quali si cimentano in un'opera difficile di apprendimento di una struttura che sembrava localizzata in una parte del paese ma che ha finito con il ramificarsi in tutto il territorio nazionale e al di fuori di esso. Il presidente mi consentirà di esprimere sentimenti di gratitudine al Parlamento che ha recepito questo dato e ai miei predecessori che hanno ostinatamente voluto un adeguamento di carattere legislativo. Ho il dovere di dirlo - come ho già fatto nel corso di una pubblica dichiarazione - davanti ad una Commissione che si occupa di uno dei settori nevralgici dei punti di crisi del nostro sistema politico complessivo. Potremmo dividere la mia audizione in due parti, prevedendo una prossima seduta nel corso della quale approfondire determinate questioni che risultano un po' distorte sia perché la giornata odierna è caratterizzata da una certa enfasi, sia perché si è condizionati da un avvenimento che potrebbe portare in una direzione diversa una riflessione concernente i problemi del coordinamento dell'attività di contrasto dello Stato nei confronti della criminalità organizzata. La prima questione che ci può più direttamente interessare è quella relativa alle modalità di allocazione di ruoli, poteri, competenze e funzioni a seguito dell'anticipato scioglimento dell'Alto commissariato. Tale organismo avrebbe potuto rimanere in carica altri due anni attraverso la conversione del decreto anticrimine del giugno 1992, però, con un emendamento, prevedemmo la possibilità di decretarne l'anticipato scioglimento il 1^ gennaio 1993, come è avvenuto. Il Parlamento conferì al ministro dell'interno una serie di attribuzioni sulla distribuzione della complessa attività dell'Alto commissariato. Con decreto del 23 dicembre 1992, attraverso una serie di deleghe, ho dato ai prefetti titolari in sede provinciale, su loro specifica richiesta di volta in volta, il potere di accesso e accertamento presso le pubbliche amministrazioni e gli enti pubblici anche economici e la facoltà di richiedere ai competenti organi statali e regionali gli interventi di controllo e sostitutivi previsti dalla legge. In via permanente ho altresì delegato ai prefetti la facoltà di richiedere a imprese aggiudicatrici o partecipanti a gare pubbliche di appalto o a trattativa privata notizie di carattere organizzativo, finanziario e tecnico sulla propria attività; la facoltà di richiedere alle stazioni appaltanti di opere pubbliche le documentazioni relative alle procedure di aggiudicazioni e ai contratti di opere eseguite o da eseguire; la facoltà di richiedere ai funzionari responsabili, nonché ai presidenti degli uffici delle pubbliche amministrazioni, degli enti pubblici anche economici, delle banche che esercitano la raccolta del risparmio e l'intermediazione finanziaria, dati e informazioni su atti e documenti in loro possesso ed ogni altra notizia ritenuta utile; la facoltà di richiedere ai funzionari di cui al precedente alinea l'effettuazione di ispezioni e verifiche sulle procedure amministrative e sull'esecuzione di appalti di opere e forniture, sulle concessioni di opere e servizi, nonché sulla erogazione e l'impiego di finanziamenti pubblici, mutui agevolati, contributi comunitari; la facoltà di procedere alle verifiche predette direttamente o a Pag. 784 mezzo di funzionari all'uopo incaricati; la facoltà di comunicare alle autorità competenti al rilascio di licenze, autorizzazioni, concessioni in materia di armi ed esplosivi e per lo svolgimento dell'attività economica, elementi di fatto ed altre indicazioni utili alle valutazioni dei requisiti soggettivi richiesti per il rilascio, il rinnovo, la sospensione e la revoca di tali atti amministrativi. Sempre con decreto del 23 dicembre ultimo scorso ho delegato al capo della polizia, direttore generale della pubblica sicurezza, in via permanente la competenza a ricevere le segnalazioni di operazioni sospette ai fini della lotta al riciclaggio, richiedere e ricevere dall'autorità giudiziaria informazioni concernenti la criminalità di tipo mafioso, nonché a richiedere o a ricevere dalla stessa e dagli organi di polizia giudiziaria da essa preventivamente autorizzati copia dei rapporti e delle perizie tossicologiche in materia di stupefacenti e ogni altro atto ritenuto utile, concernente fatti comunque connessi a delitti di tipo mafioso, nonché copia delle perizie balistiche espletate in procedimenti penali; richiedere e ricevere dall'autorità giudiziaria informazioni su iniziative di polizia giudiziaria concernenti la criminalità di tipo mafioso. Con decreto del 28 dicembre ho altresì delegato al direttore generale di pubblica sicurezza in via temporanea la potestà e la connessa responsabilità dell'attività della DIA, che prima era sotto l'Alto commissariato. Infine, con decreto del 23 dicembre ultimo scorso ho delegato al direttore della DIA in via permanente il potere di accesso e di accertamento presso banche, istituti di credito pubblici e privati, società fiduciarie, eccetera, con la possibilità di avvalersi degli organi di polizia tributaria; il potere di richiedere al tribunale territorialmente competente l'applicazione di una misura di prevenzione personale nei confronti di indiziati di mafiosità; la facoltà di convocare qualsiasi persona; il potere di disporre l'esecuzione delle operazioni dirette ad acquisire elementi di prova in relazione ai reati di ricettazione di armi, riciclaggio e reimpiego simulati; la legittimazione a ricevere le comunicazioni da parte del SISMI e del SISDE, quando riguardino fatti connessi ad attività di tipo mafioso. Questo riassuntivamente è il contenuto dei tre decreti, attributivi non soltanto di poteri, ma anche di funzioni di carattere amministrativo. Mi vorrei soffermare soprattutto su un aspetto, che prima riguardava invece l'attività dell'Alto commissariato. Quest'ultimo ha avuto un ruolo rilevante ai fini della lotta contro la criminalità organizzata, in particolare, per quanto ci riguarda, nella lotta contro condizionamenti o inquinamenti di tipo mafioso rispetto alle amministrazioni elettive. Infatti, con i tre scioglimenti che sono stati disposti oggi dal Consiglio dei ministri e che riguardano i consigli comunali di Gioia Tauro, Acerra e Carinola, siamo arrivati a ben 47 provvedimenti di scioglimento per condizionamento, per collusione o per inquinamento di tipo mafioso. Questi poteri di indagine, soprattutto ispettivi, che non sono stati rimossi dal legislatore e che quindi permangono, dovevano necessariamente essere intestati ad un organo. Ho ritenuto di dover attribuire questi poteri in testa ai prefetti territorialmente competenti, per due ragioni: innanzitutto, perché vi è una più diretta conoscenza dei fatti che accadono all'interno del territorio provinciale; in secondo luogo, perché l'organizzazione degli uffici della prefettura ormai si sta predisponendo per acquisire questa funzione, che era stata abbandonata durante gli anni eroici dell'esaltazione del ruolo istituzionale delle regioni, con la complessiva emarginazione sia della figura, sia del ruolo, sia infine della funzione dei prefetti. Di fronte alle emergenze il Governo opportunamente, altrettanto opportunamente assecondato dal Parlamento, ha guardato alla funzione diversa che avrebbe potuto assumere il prefetto non soltanto come proprio rappresentante sul piano del territorio, ma anche come Pag. 785 coordinatore di una serie di iniziative ad adiuvandum, non sempre ad deruendum. Vorrei sottolineare questo perché è un aspetto di natura istituzionale di grande importanza, che qualche volta ciascuno di noi ha discusso anche in termini diversi, ma di cui non si può non prendere atto, stante l'evoluzione legislativa ed ordinamentale in questa direzione. Questo non basta. Sono convinto che in sostituzione del ruolo esercitato dall'Alto commissariato occorra attrezzare l'amministrazione dell'interno, rafforzando i poteri istitutivi che sono propri dell'ispettorato, che è figura ortodossa nell'ambito dell'amministrazione dell'interno. Fra i provvedimenti che questa mattina il Consiglio dei ministri ha adottato ve ne è uno che, anche se non ve ne era bisogno perché tale competenza è del ministro dell'interno, recepisce l'attribuzione al prefetto Carleo della funzione di ispettore capo nel servizio ispettivo dell'amministrazione dell'interno. Negli ultimi tempi, anche per sopperire all'assenza dell'Alto commissariato, sono stati presi opportuni contatti con i prefetti delle regioni a maggior rischio, ma nei prossimi giorni tali contatti saranno estesi anche ai prefetti di altre regioni. Immaginare che la malavita organizzata sia statisticamente localizzabile entro determinati territori del paese sarebbe a mio avviso un imperdonabile errore da parte di ciascuno di noi, attesa la potente organizzazione di carattere finanziario che la stessa malavita organizzata esercita non solo all'interno del nostro territorio. Mi riferisco a tutte le operazioni finanziarie, anche di borsa e di acquisizione di titoli di Stato come BOT e CCT, di presenza con quote azionarie o obbligazionarie. Sono stati disposti accessi in molti comuni delle quattro regioni a rischio (Sicilia, Calabria, Campania e Puglia) e un accesso nella regione Basilicata, per quanto riguarda Matera, perché vi sono segnali di presenza camorristica soprattutto nel territorio della vecchia città. Se fosse richiesto, potrei anche dare lettura di tutti i consigli comunali che sono stati sciolti ai sensi del decreto-legge n. 164 del 1991. Sono contento che fra i presenti ci sia anche il mio illustre predecessore, onorevole Scotti, perché queste iniziative risalgono a scelte responsabili avvenute durante la sua gestione dell'amministrazione dell'interno. Risulta piuttosto evidente, anche alla luce di quello che diremo, soprattutto per quanto riguarda l'organizzazione della DIA, che ci troviamo di fronte ad una pluralità di poteri investigativi intestati a varie strutture dello Stato. Nell'audizione presso il Comitato di controllo sui servizi, naturalmente coperta dalla segretezza che è propria di quell'organo, ho avuto modo di sottolineare, rispondendo ad una domanda precisa di un autorevole componente, che in sede di istituzione della DIA sono stati attribuiti poteri informativi - è il testo della norma - sia al SISDE sia al SISMI, prendendo atto di una inclinazione legittima dei due servizi a interessarsi anche di malavita organizzata, quindi di mafia, di camorra e di 'ndrangheta all'interno del nostro territorio e nelle relazioni internazionali. Del resto il legislatore ha preso atto e ha registrato che vi è un minor rischio sul versante del terrorismo e un maggiore rischio su quello della sicurezza dello Stato. Sottolineo questo concetto perché vi è una buona corrente di pensiero, alla quale non mi iscrivo interamente, ma alla quale mi sento di partecipare in qualche misura, secondo la quale l'offensiva portata avanti dalla criminalità organizzata ha talvolta risvolti che riguardano l'assetto complessivo del sistema politico: più debole è quest'ultimo, maggiore possibilità di controllo del territorio può essere esercitato dalla malavita organizzata; quanto più debole è lo Stato, tanto più forte è la criminalità. Vi sono certamente problemi di sicurezza dello Stato e se uno pensa ai modi in cui si sono verificati delitti "eccellenti", ultimi quelli che hanno provocato la morte del giudice Falcone, del giudice Borsellino e degli uomini delle rispettive scorte, si può affermare con verosimiglianza che una qualche azione, se non terroristica, Pag. 786 almeno di tipo terroristico viene portata avanti nell'offensiva della criminalità organizzata contro lo Stato. Ho parlato di azione di tipo terroristico, ma debbo aggiungere che non sono dell'avviso di considerare quelle criminali come organizzazioni di natura politica. Ma queste organizzazioni possono colludere con la politica, stabilire raccordi, rapporti. Del resto lo scioglimento dei consigli comunali va nella direzione di colpire il timore creato dall'organizzazione mafiosa o l'intimidazione che essa esercita o una sorta di collusione con alcune parti delle amministrazioni (non dico con tutte). Ci sono questioni che hanno rilevanza istituzionale e bisogna tenere nel massimo conto che nell'evoluzione - io mi auguro nell'involuzione -, nel potenziamento delle organizzazioni mafiose è presente anche questo aspetto. Nell'istituire la DIA abbiamo anche recepito questa inclinazione dei servizi e siamo quindi oggi in presenza di un'attività investigativa portata avanti dal SISMI, dal SISDE, dalla DIA, dalla Polizia di Stato, dai Carabinieri e dalla Guardia di finanza. Ebbene, questo è un problema, che non può essere risolto con giudizi trancianti o semplicistici. Essendomi trovato a rispondere circa l'opinione del Governo in merito, mi è capitato di vedermi attribuire l'intenzione di una unificazione delle forze dell'ordine. Spesso infatti non si va tanto a vedere cosa contenga una riflessione, ma si arriva ad una semplificazione, derivante anche dal fatto che il giornalismo è fatto di semplificazioni, altrimenti gli sarebbe difficile raggiungere l'attenzione della pubblica opinione. Si è ipotizzata quindi un'unificazione dei servizi, nonché quella delle forze dell'ordine. Ebbene, poiché siamo addetti ai lavori, vi prego di considerare queste questioni per i rilievi e per le implicazioni che possono comportare, ma anche in relazione ad una esigenza di snellimento e conoscenza propria di una prevalente autorità che deve esercitare queste funzioni. La DIA non era del resto immaginata come struttura di investigazione di carattere generale, in quanto la stessa definizione antimafia delimitava il campo di intervento di questa direzione investigativa, non escludendo (come non poteva escludere) che l'Arma dei carabinieri, la Polizia di Stato e la Guardia di finanza continuassero ad avere potestà investigative. Il problema però esiste ed è uno degli aspetti della questione che è al centro della vostra riflessione. Mi trovo in presenza di un presidente della Commissione attivista (l'onorevole Violante mi consentirà di usare questa parola: del resto mi attribuisco anch'io questa qualifica e non ritengo che il termine sia dispregiativo) e ciò mi mette continuamente di fronte alla necessità di scambiare rapporti epistolari, documenti e a svolgere varie indagini anche al di fuori degli ambiti propri del mio ministero per avere piena conoscenza di un fenomeno che è lungi dallo scomparire dalla scena politica del nostro paese, quello della malavita organizzata. Come ho detto nella relazione che ebbi l'onore di svolgere in questa Commissione la prima volta che essa mi convocò, all'indomani della sua costituzione, continuo a sostenere che, se sgombriamo il campo dalle facili battute, di tipo parasindacale, dobbiamo interessarci delle modalità di realizzazione del coordinamento. Non intendo assolutamente rinunciare alle prerogative del ministro dell'interno, intendo avvalermene fino in fondo, non rinunciando neppure ad una di esse, ma immaginare che nel 1993, in presenza di una criminalità dalle attuali dimensioni e capace degli odierni strumenti offensivi, tutto debba essere lasciato al caso è, a mio avviso, un errore fondamentale. Certo, non immagino che si possa risolvere questo problema a distanza di più di un secolo con una folgorazione, ma vorrei invitare i parlamentari a fare una riflessione, ad avanzare una proposta, ad approfondire un argomento che esiste nella sua dimensione ed anche nelle sue varie contraddizioni. Non è attività di tipo organizzativo, meramente organizzativo, quella di ricondurre Pag. 787 ad unità mezzi e strumenti per consentire a ciascuno di noi di dare della fotografia delle situazioni che si viene a scattare la medesima interpretazione ed opinione. Del resto, neanche un paesaggio visto contemporaneamente da ciascuno di noi susciterebbe in tutti le medesime impressioni ed opinioni. E quando non si tratta di un paesaggio, ma di un mondo complesso, che appartiene tutto intero alla criminalità e di cui si occupano, in via prevalente, le forze dell'ordine e la magistratura e qualche uomo di cultura (soprattutto sociologi), a parte un interesse di carattere generale, occorre fare i conti con una complessa realtà. E' possibile, allora, unificare mezzi ed apparati, lasciando integri gli ordinamenti, senza nessuna pretesa di ricondurli ad uno? Sono uno di quelli che hanno sempre sostenuto che nei momenti di bisogno anche il pluralismo degli ordinamenti relativi alle forze dell'ordine è fatto preminente e irrinunciabile, perché la norma non serve quando tutto è tranquillo, ma quando bisogna utilizzarla a difesa del diritto di un cittadino o a difesa degli interessi generali contro le offese che dovessero essere ad essi arrecate. Si può pacificamente sapere dell'esistenza di una norma contro il peculato, ma, se non vi è un'appropiazione di una cosa appartenente allo Stato da parte di un pubblico ufficiale, non la si invoca. Quindi, noi invochiamo il pluralismo quando ne abbiamo bisogno: probabilmente, nei periodi di calma, nessuno pensa al pluralismo ordinamentale anche per quanto riguarda le forze dell'ordine. Ebbene, sono per conservare questo pluralismo che, naturalmente fa sorgere difficoltà, contrasti, disarmonie, gelosie, rivendicazioni di mostrine e quant'altro si voglia aggiungere. Tuttavia, nell'interesse di un bene superiore, quello del paese, complessivamente inteso, è bene che i singoli ordinamenti permangano. Questo però non vuol dire che essi debbano andarsene per contro proprio e che nelle fasi operative, soprattutto per quanto riguarda l'ordine pubblico, si debba rimanere alla finestra, facendo affidamento sull'attività di coordinamento del ministro, che è sempre di carattere politico, o sui buoni rapporti e sul fair play esistente tra le espressioni di vertice nazionali o provinciali. Come realizzare il coordinamento? Ho già detto: vediamo insieme! Con la legge n. 121 del 1981 abbiamo immaginato, pur con una distorsione di carattere culturale, che vi fosse una prevalente forza dell'ordine a farsi carico di esso ed altre che ad essa si aggiungessero. Dal punto di vista ordinamentale invece non è così: tutti devono concorrere con pari dignità e funzioni. All'ordine pubblico attendono i Carabinieri, la Guardia di finanza e la Polizia di Stato. Se dobbiamo realizzare un equilibrio delle posizioni anche sul piano istituzionale, il trattino contenuto nel testo della legge n. 121 nella denominazione "capo della polizia-direttore del dipartimento" non corrisponde al rispetto della pari posizione delle tre forze dell'ordine. Vogliamo appagarci del fatto che l'ordine pubblico venga assicurato da una delle tre forze in via prevalente? Si tratta di migliaia di miliardi che lo Stato spende, non soltanto per il personale, ma anche per i mezzi, le dotazioni, gli apparati, le strutture. Ed almeno per quanto riguarda le due forze che contano su egual numero di appartenenti, Polizia di Stato e Carabinieri (duecentomila uomini ciascuna), ritenere che ognuna di esse se ne possa andare per conto proprio e qualche volta possano andare anche d'accordo è, a mio avviso, un errore. Possiamo allora lavorare per creare una struttura dentro la quale, in parità di posizioni, possano esservi Polizia di Stato, arma dei Carabinieri e Guardia di finanza, con una figura sovraordinata, che potrebbe essere denominata direttore di dipartimento o segretario generale o in qualsiasi altro modo si voglia? ALFREDO GALASSO. Questo non era l'alto commissario? NICOLA MANCINO, Ministro dell'interno. Non era l'alto commissario! Pag. 788 ALFREDO GALASSO. Nella legge così era scritto! NICOLA MANCINO, Ministro dell'interno. L'alto commissario non faceva queste operazioni ad un livello più generale. Non era questo e non lo è stato. Dovremmo valutare come realizzare un coordinamento. Può darsi che le cose debbano rimanere così come stanno, ma vi dico francamente che non otterremmo un risultato soddisfacente. Può darsi invece che le cose si possano modificare, scontando naturalmente reazioni, dichiarazioni, contrasti, mobilitazioni (ce ne sono state, perché non dirlo?). Un giorno, a Capo d'Orlando, parlando di strani movimenti di capitali riguardanti un noto personaggio, mi sono trovato di fronte non solo alla reazione inutile, inopportuna di un magistrato di Arezzo, ma anche ad una definizione di uno dei sindacati della polizia di Stato: "sconcertante dichiarazione del ministro dell'interno". Bisogna allora dare per scontato che in presenza di queste proposte vi sarà qualcuno che sosterrà che occorre unificare le forze dell'ordine. Poiché dobbiamo guardare alle istituzioni, che stanno al di sopra delle varie fasi temporali, talvolta dobbiamo andare contro correnti prevalenti, le quali possono interessarci, ma in modo relativo. Tuttavia, esiste il problema del coordinamento, a proposito del quale ho presentato al Senato della Repubblica un disegno di legge; si è aperto il confronto... PRESIDENTE. Tale testo ha un contenuto diverso rispetto a quanto ci sta dicendo ora, nel senso che lo integra? NICOLA MANCINO, Ministro dell'interno. Sì, quello che sto dicendo lo integra, perché vedrei favorevolmente ... PRESIDENTE. Una parità di condizioni. NICOLA MANCINO, Ministro dell'interno. Una parità di condizioni dentro una struttura di coordinamento; naturalmente i Carabinieri continueranno a svolgere il proprio compito, e così anche la Guardia di finanza e la Polizia di Stato. Ma una struttura che possa definire strumenti, apparati, distribuzione di mezzi sul territorio e la loro armonizzazione, la prevalenza maggiore o minore di una delle forze rispetto alle altre in un determinato territorio, sono risultati che si possono conseguire con un direttore di dipartimento o un segretario generale: questo è il punto, onorevoli parlamentari, un punto che un bel giorno dobbiamo definire, perché può darsi che io insegua un sogno irrealizzabile, ma tutti i giorni devo fare i conti con una realtà che ha bisogno di essere armonizzata. Sono dell'avviso che la competizione sia inevitabile, ma essa reca grandi vantaggi, quando non è rivolta a fini di parte, di condizionamento o di esaltazione di una persona rispetto ad un'altra; l'emulazione produce effetti positivi, ma può essere di varia natura. Una banca dati, per esempio, può essere un istituto comune e non vi è bisogno, proprio in conseguenza di questa autonomia ordinamentale, che vi siano più banche dati, o che le notizie non siano a disposizione di tutti. Ciascuno di voi pretende dal presidente della Commissione di essere messo in grado di prendere visione degli stessi documenti che ha esaminato il collega del banco vicino. Ciò deve essere possibile ovunque vi sia una struttura funzionante, che assolve a compiti di difesa del nostro ordinamento contro gli assalti della malavita organizzata. Mi sono sempre posto questo problema, anche quando ho partecipato all'elaborazione in Parlamento della legge n. 121 del 1981, che richiese una difficile mediazione; non si poteva agire in altro modo, perché andavamo in una direzione diversa da quella culturale e tradizionale del nostro paese. Mentre lasciavamo militarizzate la Guardia di finanza ed i Carabinieri, smilitarizzavamo la polizia di Stato, ma avevamo bisogno di dare un segnale in quella direzione. Il problema esiste e di esso ho investito il Parlamento per ricevere opportuni suggerimenti. Pag. 789 Vi dico francamente che l'apporto esterno non è stato, a mio giudizio, positivo: si può anche non fare nulla, dimostrando che non si deve fare, ma ritenere che io "doppio" una figura istituzionale già esistente, quella del direttore di dipartimento, significa commettere una grande falsità, soprattutto da parte dei sindacati interni di polizia. Io non "doppio", semmai con la mia proposta "sdoppio" le due figure, cioè intendo togliere dal testo dell'articolo il trattino. Vorrei che il capo della Polizia facesse il capo della Polizia, ed altrettanto vale per il comandante dei Carabinieri e per quello della Guardia di finanza. Ritengo però che quando devono attendere a compiti di ordine pubblico devono riferirsi a quel direttore, senza il trattino, o a quel segretario generale, che può esercitare un ruolo di determinazione di direttive o distribuzione di compiti che se accettati tanto meglio, se non accettati, vanno anche imposti. Quando bisogna svolgere quei compiti, ciascuna delle armi, utilizzando il proprio ordinamento, deve farlo nella sua autonomia: i Carabinieri svolgeranno le funzioni che il loro ordinamento prevede, e lo stesso dicasi per la Polizia di Stato e la Guardia di finanza. Vorrei sgomberare il campo da una serie di equivoci, perché vi sono i rappresentanti dei partiti dei poliziotti, dei carabinieri e della guardia di finanza; mi rendo conto che questo è un argomento difficile, perché ognuno difende la propria mostrina ed è preoccupato di essere sottomesso ad un altro in un rapporto gerarchico, che io non ho mai proposto. Quando ho parlato di coordinamento ho detto che la migliore dottrina moderna vuole che esso, senza una qualche forma di gerarchia impropria, non è un coordinamento. Se lo vogliamo realizzare, ci dobbiamo convincere che esso impone, anche a chi si trova in una posizione paritaria, che un altro stabilisca determinati comportamenti ed abbia la possibilità di farli eseguire in assoluta e completa fedeltà rispetto alle decisioni assunte. Prima di concludere devo riferire su tutta una serie di attività svolte, oppure posso consegnare al presidente la documentazione affinché ciascun parlamentare la possa esaminare per un'ulteriore riflessione. Abbiamo realizzato azioni di polizia di grande rilevanza, con risultati che in tutta onestà premiano la dedizione e la fedeltà delle forze dell'ordine; questi successi sono stati ottenuti perché esse sono determinate, ma anche per un mutamento di tipo culturale. Infatti, nella relazione semestrale che ho consegnato alle Camere, e di cui ho inviato doverosamente copia anche al presidente della Commissione, ho sottolineato che nel nostro paese è intervenuto un mutamento culturale, il quale ci fa recuperare rispetto ad errori culturali consumati per tantissimi anni, anzi per decenni. Vi sono stati indifferenza, qualche volta disprezzo, cinismo ed anche reazioni e contrazioni. La mafia è a Palermo, la camorra a Napoli, la 'ndrangheta in Calabria (anche se in questa regione il fenomeno è più fluido, più mobile e non ha una localizzazione ben definita), e la Sacra corona unita in Puglia: questo è stato un grande errore culturale consumato da tutti, anche da chi vi parla, perché le cose non stavano così. Ricordo una polemica che suscitò l'onorevole Bassetti, in qualità di presidente dell'unione camere di commercio lombarde, quando parlò di presenza di capitale sporco, di tipo mafioso, nella borsa di Milano. Questo tipo di reazione esiste, ed umanamente me la spiego; infatti, se parlate con un francese egli esclude che nel suo paese vi sia la mafia, e tendenzialmente ritiene che essa sia stata importata da noi italiani, convinto che quella marsigliese è soltanto una fotocopia della mafia siciliana. In una recente conferenza stampa, che ho avuto il piacere di svolgere alla presenza di giornalisti di altri paesi, ho invitato costoro a non consumare il nostro stesso errore culturale: la mafia finanziaria è presente ovunque, a Milano ed a Torino, a Genova ed a Vicenza, a Bologna ed a Roma; per la molteplicità Pag. 790 delle sue radici, peraltro secolari, essa è presente prevalentemente in Sicilia, in Calabria ed in Campania. Il paese poi ha capito che così non era, perché già il modo di organizzarsi e di esprimersi nella sua offensiva poneva problemi di livello nazionale. Il milanese ha reagito allo stesso modo del palermitano, ed io ritengo con grande fortuna per la Sicilia; quando i sindacati hanno organizzato una manifestazione imponente - si disse di 100 mila persone - con una larga partecipazione di palermitani, è stata una grande giornata perché è emersa la coscienza che quel problema non appartiene soltanto ad una determinata regione, ma all'intero paese. L'uccisione di Falcone - la manifestazione si riferiva a quell'episodio - non interessava soltanto la Sicilia, ma tutto il paese, il grado di civiltà del nostro sistema politico, e la capacità di reazione delle strutture dello Stato. Si è registrato un cambiamento culturale dovuto a vari movimenti di carattere politico, sindacale ed anche ecclesiale, perché le omelie del cardinale Pappalardo hanno inciso nelle coscienze molto più di quanto noi possiamo immaginare; del resto non avevamo bisogno di chiederci di quale esercito disponesse il cardinale, il quale ha svolto un'opera di grande persuasione nel sensibilizzare e scuotere le coscienze rispetto all'inerzia, ed anche alla paura che in tempi lontani incuteva l'offensiva mafiosa all'interno di quei territori. Il Parlamento è stato più tempestivo, anche se si è dovuto lavorare per varare novelle legislative, altamente significative; credo che la legislazione premiale da una parte, e quella differenziata dall'altra, siano i due punti cardine intorno ai quali è stato possibile recuperare l'offensiva dello Stato nei confronti della criminalità organizzata. Presumo che gli onorevoli parlamentari mi rivolgeranno quesiti anche sul recente e raccapricciante episodio riguardante un funzionario della polizia di Stato. Sono state presentate alcune interrogazioni di cui mi è stata sollecitata la risposta; intanto vorrei dire che il nostro ordinamento ha confini molto precisi entro i quali l'azione del ministro dell'interno deve svolgersi con assoluto rispetto della legalità della norma. Mi si chiede di adottare interventi di scioglimento per il fatto che qualcuno è incorso in un reato ma ho il dovere di essere molto attento nei confronti dei collegi; mi è stato anche chiesto di sciogliere consigli comunali di grande importanza ma mi sono imposto di seguire scrupolosamente una regola. Essa è basata sulla necessità di una documentazione in cui prevalentemente si affermi l'esistenza di un forte condizionamento di tipo mafioso sulle amministrazioni comunali o di un rilevante concorso nelle collusioni di gran parte del consiglio comunale interessato. Occorre però agire con la massima attenzione e chiederci quale reazione avrebbe un consigliere comunale che sia anche parlamentare il giorno in cui venisse sciolto un consiglio comunale per il semplice fatto che uno o più dei suoi componenti è incorso in un reato, compreso quello previsto dall'articolo 416-bis (associazione di tipo mafioso). Ogni qualvolta si scioglie un consiglio comunale (e gli scioglimenti non sono stati pochi) chi ne è interessato riceve una certa qualifica: basti pensare alla situazione in cui si troverebbe un professionista membro di un consiglio comunale disciolto. Non va dimenticato infatti che tali provvedimenti non coinvolgono solo le maggioranze dei partiti ma riguardano tutti. Pertanto la regola che mi sono imposto di seguire è quella di effettuare una valutazione in cui la prevalenza, documentata sulla base di relazioni ispettive e non attraverso desideri o capricci del ministro, sia in quella direzione. Le stesse considerazioni valgono per quanto riguarda la vicenda del dottor Contrada che giudico raccapricciante comunque si concluda; il caso è dinanzi alla magistratura e questa ha una competenza esclusiva a giudicare sulla scorta di una serie di riscontri. Pag. 791 Il mio giudizio sul pentitismo è favorevole perché ha offerto un notevole contributo nel disgregare un'organizzazione che sembrava impenetrabile; ma condivido il parere dalle sezioni unite della Cassazione: il pentito non dice sempre la verità ma può contribuire a formarla e, quindi, va sempre effettuato il riscontro logico, storico e documentale delle sue affermazioni. Affidiamoci dunque alla magistratura che mi auguro restituisca il dottor Contrada, come ho già detto in altre dichiarazioni, funzionario integerrimo o lo trattenga, nel caso in cui non sia stato tale. Poiché ho saputo che mi sarebbe stata rivolta una domanda circa eventuali possedimenti del dottor Contrada in un paese dell'America latina, ho chiesto al direttore del SISDE di fornirmi notizie al riguardo. La risposta che ho ricevuto è la seguente: "In riferimento alla richiesta telefonica, nulla risulta circa ipotizzati possedimenti terrieri del dottor Contrada in Uruguay, in via diretta o tramite società facenti capo a suoi parenti. Comunque, appena appresa la notizia, è stata compiuta una verifica circa risultanze di viaggi all'estero effettuati dal funzionario relativamente al periodo di permanenza in servizio. Non è emerso che egli si sia mai recato nei paesi dell'America latina. Il direttore, Angelo Finocchiaro". Aggiungo che se tale vicenda rispondesse al vero, cosa che non mi auguro, non toglierebbe e non aggiungerebbe nulla al raccapriccio che il caso ha creato nella coscienza di ciascuno. Mi dispiace di comunicare alla Commissione che alle 17,15 dovrò recarmi al Ministero. Se ritenete ... SALVATORE FRASCA. Chiedo di parlare. PRESIDENTE. Consentiamo al ministro di terminare il proprio intervento. SALVATORE FRASCA. Rinuncio per il momento, purché non vi siano le solite iscrizioni a parlare preconcette e preordinate. NICOLA MANCINO, Ministro dell'interno. Per quanto riguarda il caso Contrada, ho inviato al presidente della Commissione la relativa documentazione e la stessa cosa ha fatto il capo della Polizia. Desidero però aggiungere una riflessione: il dottor Contrada, all'epoca dei reati che gli sono stati contestati, non apparteneva ancora ai servizi segreti ma era un semplice poliziotto. In questa sua veste agiva in un contesto che non aveva ancora introdotto nell'ordinamento la legislazione premiale e quella differenziata. Un buon poliziotto, di fronte ad organizzazioni di tipo occulto, come la mafia o la camorra, non può non penetrare al loro interno. Dico questo perché in questo modo agiscono tutte le polizie del mondo e guai ad immaginare che ieri, in assenza di una specifica legislazione, tutto dovesse avvenire rimanendo con le braccia conserte ed aspettando la soffiata di qualcuno. Spesso chi faceva una soffiata era un delinquente minore e naturalmente faceva confidenze intorno ad un delinquente maggiore (questo era quanto avveniva all'interno delle nostre forze dell'ordine, analogamente a quanto avviene nell'ambito di tutte le forze dell'ordine esistenti in un paese di civiltà giuridica). A volte il delinquente minore può diventare maggiore e in questo caso si sgranano gli occhi perché si è increduli che avesse rapporti con quello minore. PRESIDENTE. Forse anche perché ha avuto qualche piccolo beneficio. NICOLA MANCINO, Ministro dell'interno. Certo, perché questo è sempre avvenuto. Personalmente osservo la questione con l'obiettività di chi si aspetta dalla magistratura l'espletamento della sua funzione giurisdizionale autonoma altamente meritevole. Rimango fermo sulla mia opinione, anche se ho ascoltato le osservazione del senatore D'Amelio. Mi rendo conto delle impressioni che si provano, o che si provocano, ma quello attuale è un momento in cui non abbiamo ancora vinto: Pag. 792 abbiamo bisogno di un lungo periodo per continuare il nostro contrasto con la malavita organizzata. Per vincere abbiamo bisogno di armoniosi rapporti tra i poteri dello Stato, soprattutto di buoni rapporti tra le forze dell'ordine e la magistratura. Un ministro dell'interno potrebbe mettersi dalla parte delle forze dell'ordine, e in tal caso sarebbe un pessimo ministro dell'interno; egli ha il dovere di stare al centro perché si trova all'interno di poteri che sono stati previsti dalla Carta costituzionale in modo distinto l'uno dall'altro ma armonizzati in un solo organo (nei conflitti di attribuzione tale organo è la Corte costituzionale). Poiché il sistema da questo punto di vista dovrebbe funzionare, nonostante le manchevolezze che si registrano sul piano generale, non mi rimane che aspettare serenamente il giudizio della magistratura convinto di dovervi dare ulteriori chiarimenti perché la relazione che ho svolto, anche se a braccio, ha provocato qualche reazione (mi auguro che abbia ottenuto anche qualche adesione). PRESIDENTE. Ringrazio il ministro Mancino che ha espresso alcune considerazioni nuove rispetto al passato sia sul versante dell'organizzazione delle forze di polizia sia su quello della strategia che in passato si è seguita nel contrasto con la criminalità, in particolare con quella organizzata. Colleghi, al momento risultano 12 iscritti a parlare. I primi sono gli onorevoli Rossi e Brutti. Sapete che si fa in modo che parli innanzitutto un oratore per gruppo. SALVATORE FRASCA. Allora noi ce ne andiamo! PRESIDENTE. Basta chiedere subito la parola, come hanno fatto l'onorevole Rossi ed il senatore Brutti. SALVATORE FRASCA. Chiedo la parola per una mozione d'ordine. PRESIDENTE. Se permette, leggo i nomi degli iscritti a parlare. SALVATORE FRASCA. Non è questo il metodo da seguire, signor presidente! PRESIDENTE. Quale sarebbe il metodo da seguire, secondo lei? SALVATORE FRASCA. Solo al termine dell'intervento del ministro lei avrebbe dovuto chiedere chi intendeva iscriversi a parlare e, sulla base di un criterio di priorità per alzata di mano, predisporre l'elenco. Non possiamo trovarci sempre di fronte ad un elenco predeterminato perché qui non ci sono, signor presidente, né colleghi di serie B né colleghi di serie A; diversamente cominceremo a parlare all'esterno e a dire che qui le cose non vanno bene! MASSIMO BRUTTI. Senatore Frasca, sta già parlando all'esterno: la stanno ascoltando tutti! SALVATORE FRASCA. Senatore Brutti, lei è un parlamentare come tutti gli altri e non può avere sempre per primo la parola. PRESIDENTE. Per parlare basta alzare la mano. SALVATORE FRASCA. Signor presidente, lei faccia rispettare il regolamento! La parola si assegna su richiesta. PRESIDENTE. La parola viene data a chi la chiede. SALVATORE FRASCA. E' sufficiente leggere i verbali delle sedute precedenti per rendersi conto che a parlare per primi sono sempre gli stessi commissari! PRESIDENTE. La prossima volta chieda prima la parola! SALVATORE FRASCA. Devo avvertire l'esigenza di parlare dopo aver sentito le parole del ministro; non posso venire all'inizio di seduta ed iscrivermi! Pag. 793 PRESIDENTE. Prima di chiudere questa discussione ribadisco che la parola viene data a chi la chiede nel momento in cui inizia la seduta, così come avviene nelle aule di Camera e Senato. Se si dovesse chiedere la parola solo al termine dell'esposizione di chi è oggetto dell'audizione, seguendo come ordine di priorità la velocità dell'alzata di mano, si seguirebbe un metodo da cui senza alcun dubbio mi vorrei sottrarre. Nel caso in cui si voglia seguire un ordine diverso, lo si può stabilire di volta in volta, purché sia applicabile. Come ha già avvertito il ministro, dobbiamo concludere l'audizione alle 17,15, lasciando al ministro almeno un quarto d'ora per la replica. Pertanto gli iscritti a parlare non potranno farlo per più di due minuti ciascuno. LUIGI ROSSI. Il ministro dell'interno, nel suo libro "Schegge costituzionali", ha sostenuto la possibilità di porre la politica in rapporto sia alla qualità dei servizi forniti al paese sia all'aspetto della criminalità. Poiché oggi il senatore Mancino ci ha parlato di coordinamento, vorrei chiedergli se egli ritenga che quanto sta emergendo in sede di Commissione bicamerale per le riforme istituzionali, dove si sta discutendo sull'accorpamento e sull'ampliamento delle autonomie regionali ai sensi degli articoli 117 e 132 della Costituzione, possa risultare utile oppure no ai fini di tale coordinamento. MASSIMO BRUTTI. Chiedo al ministro Mancino di informare la Commissione (o, in una fase successiva, il Parlamento) in merito alle condizioni carcerarie di restrizione della libertà personale di Totò Riina. Ritengo che la restrizione della libertà di Riina debba essere netta e priva di zone di incertezza. Deve altresì essere chiaro il suo isolamento e la impossibilità di comunicare con i complici. Quanto al problema delle deleghe ai prefetti, vorrei sapere se esistano oggi le condizioni strutturali per assolvere ai nuovi compiti assegnati alla prefetture, soprattutto in seguito all'abolizione dell'alto commissariato. Per quanto riguarda la questione dello scioglimento dei quarantasette consigli comunali, vorremmo essere informati in ordine alla permanenza dei commissari incaricati, ai rapporti con le imprese assegnatarie degli appalti e, in particolare, all'efficienza dei servizi. In sostanza, vorremmo che fosse tracciato un quadro compiuto sull'esperienza successiva allo scioglimento dei consigli comunali. In ordine alla proposta relativa al coordinamento, credo debba essere chiarito ed esaminato in modo più compiuto il rapporto che potrebbe instaurarsi tra le strutture pari ordinate, delle quali ha parlato il ministro Mancino, e l'autorità politica. Quale rapporto, ad esempio, verrà a crearsi tra i carabinieri addetti ad attività di ordine pubblico ed il ministro dell'interno, cioè l'autorità nazionale di pubblica sicurezza? Il ministro sa che a nostro avviso sarebbe opportuno prevedere una dipendenza dei carabinieri addetti all'ordine pubblico dalla sua autorità. Debbo infine esprimere al ministro la netta insoddisfazione per le risposte fornite dai direttori dei servizi ascoltati recentemente dalla nostra Commissione. Mi riferisco, in particolare, ad alcune dichiarazioni del direttore del SISDE. E' molto singolare... PRESIDENTE. Senatore Brutti, il tempo a sua disposizione è scaduto. MASSIMO BRUTTI. Mi avvio alla conclusione, presidente. Anche in sede parlamentare il ministro ci ha rappresentato problemi relativi al ruolo che ancora oggi è svolto da Gelli e dal suo sistema di amicizie. E' singolare quindi che da parte dei direttori dei servizi, in particolare del dottor Finocchiaro, sia stata esclusa la rilevanza di tale problema. SAVERIO D'AMELIO. Non mi pare che questa sensazione di insoddisfazione sia stata rilevata dalla Commissione. Pag. 794 MARIO BORGHEZIO. Vorrei far riferimento ai dati contenuti nell'ultima pubblicazione inerente all'applicazione della normativa sulla lotta alla criminalità, risalente al mese di giugno 1992, per svolgere una serie di osservazioni. Alle pagine 246 e successive di tale documento sono riportati i dati relativi agli accertamenti patrimoniali eseguiti nella città di Palermo. Risulta, al punto 4, che il questore non abbia chiesto alcuna informazione o copie di documentazione su determinati soggetti, o su società fiduciarie. Anche per la provincia di Messina tutti i valori sono uguali allo zero. PRESIDENTE. A che epoca risale il documento da lei citato? MARIO BORGHEZIO. Si tratta di una pubblicazione del 1992 riferita all'anno precedente. Per quanto riguarda la situazione nel nord del paese, illustrata da pagina 7 a pagina 28, si riscontra che, sotto il profilo delle indagini relative al tenore di vita di indiziati mafiosi, non sono citate le provincie di Torino, Genova, Novara, Imperia, Venezia, Verona e Como. Inoltre nel prospetto riguardante le aree collegate a persone indiziate di appartenere ad associazione di stampo mafioso non sono considerate le regioni Piemonte e Veneto. Quanto alla richiesta di informazioni e copie di documentazione ad uffici della pubblica amministrazione, vengono indicati dati pari a zero per Torino, Venezia e Como; per Milano, invece, risultano tre indicazioni. In merito alle richieste di informazioni e copie di documentazione ad istituti di credito pubblici o privati (sappiamo tutti quale importanza abbia una tale forma di accertamento, soprattutto in ordine al fenomeno del riciclaggio), il documento non contiene alcuna indicazione per Torino, Genova, Venezia, Firenze e Como. A Milano risultano riferite sei indicazioni, esattamente come è per Pistoia. Non mi addentro ulteriormente nella elencazione dei dati che, per quanto riguarda il centro-nord, sono tutti del tenore di quelli che ho finora riferito. Voglio solo sottolineare come la situazione alla quale mi sono richiamato contrasti con quanto dichiarato due giorni fa a Roma dal procuratore generale della Cassazione il quale ha testualmente detto che "si ha ulteriore conferma, nel corso del 1992, di ipotesi di infiltrazioni di tipo mafioso in quasi tutte le regioni italiane". Vorrei sapere se per il Piemonte e la Lombardia si escludano fenomeni di tipo mafioso. LUIGI BISCARDI. L'esposizione del ministro Mancino si è incentrata in modo particolare sul problema del coordinamento. Vorrei anzitutto sapere se il ministro ritenga che la pluralità delle forze di polizia rappresenti in re ipsa una garanzia di controllo. Inoltre, vorrei sapere se il ministro dell'interno confermi l'opinione espressa anche attraverso la stampa in merito alla divisione di compiti tra i Carabinieri, da destinare alle zone rurali o di periferia, e la Polizia, da adibire invece agli interventi nelle aree urbane. Chiedo infine se il coordinamento tra le tre forze di polizia non possa essere svolto, almeno temporaneamente, con scadenza temporale, in modo da non sovraordinare una di essa rispetto alle altre per un periodo di tempo molto lungo. Concludo con due brevissimi quesiti sul caso Contrada. Chiedo anzitutto se Contrada, in relazione allo stato di restrizione della sua libertà, non dovrebbe essere sospeso dal servizio, così come del resto avviene in altre amministrazioni dello Stato. PRESIDENTE. In realtà, si è già proceduto in questa direzione. NICOLA MANCINO, Ministro dell'interno. Si tratta, del resto, di un atto obbligatorio comunque. LUIGI BISCARDI. In verità, la stampa non aveva dato rilievo a questo aspetto. Pag. 795 Mi chiedo inoltre, ministro Mancino - mi consenta la battuta forse un po' leggera - come mai Contrada, se davvero era tanto bravo, non sia diventato questore, pur avendo cinquantacinque anni. NICOLA MANCINO, Ministro dell'interno. Non è vero... PRESIDENTE. Contrada era dirigente generale. GIROLAMO TRIPODI. Signor ministro, la difesa di Contrada, cui hanno proceduto tempestivamente il capo della Polizia, il direttore del SISDE e lei stesso oggi... NICOLA MANCINO, Ministro dell'interno. Sinceramente, credo che Contrada mi avrebbe ricusato come difensore di ufficio. GIROLAMO TRIPODI. Si è proceduto comunque ad una difesa ufficiale che ha turbato la stragrande maggioranza degli italiani. Tutto questo non aiuta né i magistrati, che sono esposti in prima fila e che cercano di fare il proprio dovere, né la complessiva lotta alla mafia. Su questa questione vorrei ricevere una risposta puntuale, anche perché mi sembra che lei, signor ministro, oggi abbia attenuato il giudizio, che abbiamo ascoltato anche in televisione, in base al quale ha definito raccapricciante il caso Contrada. Del resto, la vicenda è davvero raccapricciante anche perché va considerato un precedente molto importante al quale bisogna guardare con rispetto: l'assassinio del giudice Falcone per mano della mafia. Pensavamo che il ministro fornisse informazioni circa l'assassinio di un teste chiave nella vicenda della strage di Ustica, avvenuto qualche giorno fa a Bruxelles. Subito dopo quell'assassinio, è stata sequestrata una valigetta... PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Tripodi, ma tutto questo non c'entra con la mafia. GIROLAMO TRIPODI. Sì, ma siccome oggi abbiamo la possibilità di interloquire con il ministro dell'interno, ho ritenuto di dover comunque porre la domanda. PRESIDENTE. Onorevole Tripodi, siamo in sede di Commissione antimafia...! GIROLAMO TRIPODI. Per quanto riguarda il problema del coordinamento, non vorremmo che la struttura alla quale è stato fatto riferimento servisse a nascondere l'obiettivo di candidare qualcuno alla sua direzione. Infine, in relazione all'affidamento di incarichi ispettivi al prefetto Carleo, che noi conosciamo perché ha operato in determinate zone... PRESIDENTE. Onorevole Tripodi, il tempo a sua disposizione è scaduto. GIROLAMO TRIPODI. Vorremmo sapere di quale tenore siano gli incarichi affidati a Carleo e sulla base di quale giudizio si sia proceduto alla scelta. ALTERO MATTEOLI. Signor ministro, purtroppo il tempo a disposizione mi obbliga a porle domande brevissime. Il prefetto De Francesco, quando ha lasciato l'Alto commissariato, ha scritto una lettera di esaltazione dell'opera di Contrada. Le chiedo se altrettanto il prefetto De Francesco abbia fatto per altri funzionari. Subito dopo l'arresto di Contrada, lei ha dichiarato: "Sono pagati per sporcarsi". NICOLA MANCINO, Ministro dell'interno. In realtà, si tratta del titolo dell'articolo pubblicato da un giornale. Io non ho pronunciato quella frase. ALTERO MATTEOLI. Il collega Tripodi ha ragione quando sostiene che il ministro dell'interno ha fatto quadrato nei confronti di Contrada; almeno, così è sembrato. Prima di disporsi a fare quadrato intorno a Contrada, è stata almeno aperta un'inchiesta amministrativa? Pag. 796 Il senatore Brutti le ha rivolto una domanda sulla carcerazione di Riina, anche se l'argomento non rientra nella sua specifica competenza. Le chiedo: è intervenuto o intende intervenire affinché sia proibita la somministrazione del caffè al detenuto Riina? La sua relazione, signor ministro, è una sorta di scatola cinese. A proposito del coordinamento, ad esempio, sono venute fuori indicazioni quali la parità di condizioni e la costruzione di una determinata struttura. Ad un certo punto, lei ha pronunciato una frase che ho trascritto testualmente: "parità di condizione dentro una struttura di coordinamento". La mia toscanità, probabilmente, non mi consente di comprendere questo passaggio. La prego, pertanto, di fornirci adeguati chiarimenti al riguardo. MARCO TARADASH. Anzitutto, penso che al ministro vadano rivolti i complimenti per la cattura di Riina, operazione che premia un lavoro di molti mesi avviato dall'onorevole Scotti e proseguito con l'attuale titolare del dicastero. Di questo bisogna dare atto al ministro Mancino. Ho ascoltato oggi alla radio un alto funzionario dichiarare di essere contento non solo che Riina è stato catturato, ma sopratutto che sia stato catturato vivo. Credo sia molto importante prevedere tutte le garanzie perché Riina resti in vita il più a lungo possibile nelle patrie galere. Del resto, nelle competenze del ministro dell'interno rientra anche l'adozione di talune misure, quali la previsione dell'isolamento carcerario. Anche nella relazione di questo pomeriggio il ministro ha sostenuto che la mafia non è più Cosa nostra siciliana ma si è trasformata in Cosa nostra italiana ed internazionale. Ritengo si tratti di un'acquisizione culturale molto importante, anche se ascoltando le parole pronunciate oggi in quest'aula (si tratta, del resto, di una sensazione che ho ricavato anche dalla lettura di un intervento di Pino Arlacchi pubblicato oggi su la Repubblica in ordine al rapporto tra politica e mafia), non posso fare a meno di chiedermi perché sia avvenuta questa evoluzione. Il generale Pucci ha affermato che l'80 per cento dei profitti mafiosi provengono dal traffico di droga. Vogliamo chiederci quanto il traffico di droga abbia inciso nella nazionalizzazione ed internazionalizzazione del fenomeno mafioso e quanto la mafia finanziaria sia potente in relazione a questo traffico? Vogliamo domandarci inoltre se non basti colpire il vertice del traffico per interrompere quest'ultimo e se quindi non siano necessarie politiche diverse, se vogliamo veramente liberarci di questo potere? Per quanto riguarda, infine, il coordinamento, comprendo l'esigenza di un'ulteriore centralizzazione (anche se si pongono preoccupazioni di ordine democratico relativamente ai fenomeni di centralizzazione) ma vorrei sapere, al riguardo, che cosa comporti l'eventuale introduzione di un segretario generale rispetto alle strutture esistenti di tutti gli altri corpi. Assistiamo infatti alla continua superfetazione di corpi senza che nulla cambi all'interno degli altri. SANTI RAPISARDA. In qualità di parlamentare siciliano, esprimo la mia felicità per l'operazione condotta oggi dai Carabinieri e rivolgo i miei complimenti sia agli stessi Carabinieri sia al ministro. Poiché il collega Brutti ha già posto la domanda che avrei voluto rivolgere al ministro, relativamente ai consigli comunali, non mi resta che attendere la risposta. ROSARIO OLIVO. Esprimo anch'io un vivissimo apprezzamento per l'operazione condotta, che ci motiva molto nella battaglia contro la mafia. Vorrei che il ministro ci fornisse un approfondimento sulle circostanze concrete della cattura di Riina (forme, modi, luoghi, reparti impegnati e protagonisti principali della stessa cattura). Chiedo inoltre al ministro se in conseguenza di tale cattura ci si aspetti una reazione violenta da parte delle cosche colpite. Nello stesso tempo, vorrei sapere se l'arresto di Riina si possa collegare al Pag. 797 venir meno delle protezioni di cui si è parlato negli ultimi tempi oppure al fatto che una parte della mafia mira a riciclarsi con nuovi raccordi e perciò avrebbe "mollato" Riina, espressione di vecchi equilibri tra mafia e politica, per costruire nuove forme di collegamento e di solidarietà. L'ultima domanda che intendo formulare è collegata al fatto che il ministro ha riferito poc'anzi dello scioglimento del consiglio comunale di Gioia Tauro. Contemporaneamente, apprendiamo dalla stampa di oggi che un altro ministro, il professor Guarino, ha convocato per l'ennesima volta il sindaco di Gioia Tauro in relazione all'annosa vicenda della costruzione della centrale policombustibile, considerando quindi il sindaco e il consiglio comunale come interlocutori fondamentali in ordine alla stessa vicenda. Vorrei che il ministro ci fornisse un chiarimento anche su tale questione. MICHELE FLORINO. Sono convinto, anche se posso sbagliare, che l'arresto di Riina sia scaturito soprattutto dalla collaborazione dei pentiti, in particolare degli ultimi. Di fronte a questo riscontro positivo, ritengo che la credibilità degli stessi non debba più essere messa in discussione, anche se occorre sempre svolgere accertamenti seri ed attendibili. Conseguentemente, nel momento in cui i pentiti chiamano in causa uomini dei servizi e politici, si deve dare loro credito. Sulla base di tale premessa, vorrei chiedere al ministro che cosa pensi circa l'atteggiamento assunto dal capo della Polizia e dal direttore del SISDE che, attraverso dichiarazioni e in altre forme, hanno escluso qualsiasi tipo di collusione con la mafia da parte del dottor Contrada, numero due del SISDE. Tra l'altro, nella parte conclusiva dell'esposizione del ministro è emersa la ricerca di un alibi per il dottor Contrada, basata certamente sulle carte che lo stesso ministro ha letto, in cui Contrada appare come un poliziotto la cui funzione era quella di infiltrato. In secondo luogo, ritengo (chiedo scusa se sbaglio) che tutto questo riconduca soltanto alla sua accorata richiesta di coordinamento delle forze di polizia, attraverso l'istituzione della figura del segretario generale, carica da affidare al capo della Polizia, dottor Parisi. Se però la responsabilità di Contrada venisse accertata, dopo le dichiarazioni rese alla stampa dal dottor Parisi e dal direttore del SISDE, sarebbe possibile che lo stesso dottor Parisi accedesse alla carica di segretario generale? VITO RIGGIO. Mi associo in modo particolare, in ragione della mia estrazione territoriale, ai complimenti per l'operazione condotta. Desidero inoltre rivolgere al ministro due domande: in primo luogo, se ho ben compreso, il segretario generale (o comunque lo si voglia chiamare) dovrebbe tradurre sostanzialmente a livello tecnico direttive politiche che competono al ministro dell'interno e per farlo avrebbe bisogno di una funzione propria del coordinamento, quella di impartire le direttive e poi verificare i riscontri. Se così fosse, partendo dall'assunto che i corpi mantengono la loro identità, si realizzerebbe, almeno sul piano istituzionale, una figura di coordinamento ben nota in dottrina; non capisco quindi per quale motivo se ne parli come di un elemento di novità, anche perché da Bachelet in poi per coordinamento si intende proprio questo. Tuttavia, poiché potrei aver compreso male, vorrei dal ministro una conferma. La seconda domanda è più specifica: poiché si ripetono, anche in queste ore, affermazioni relative a minacce nei confronti di uomini politici e siccome non ho capito, dalla polemica di stampa, se tali minacce siano attendibili, riferibili all'organizzazione mafiosa ovvero a parti del sistema politico (come è stato affermato), vorrei conoscere al riguardo l'opinione del ministro dell'interno. ANTONIO BARGONE. Desidero rivolgere al ministro due domande; in primo Pag. 798 luogo, nella sua relazione semestrale sulla DIA, egli ha sostenuto che vi è stato un cambio di strategia da parte di Cosa nostra e che ciò è avvenuto soprattutto a causa del mutamento del rapporto con la politica e le istituzioni. Il direttore del SISDE, prefetto Finocchiaro, ha sostenuto in questa sede più o meno la stessa cosa ed ha affermato che finora il SISDE si è mosso "a fisarmonica", nel senso che ha agito quando si è verificato un attacco da parte della mafia reagendo a quest'ultimo, e che le leggi sui pentiti hanno risolto problemi gravi per il SISDE. In ordine a tale questione si registrano queste affermazioni di grande rilievo politico e istituzionale ma manca un approfondimento; vorrei sapere, in particolare, in che senso sia cambiato il rapporto della mafia con la politica e le istituzioni. E' forse vero che in precedenza si era instaurato un rapporto negoziale con la mafia e in che termini ciò è avvenuto? Mi domando poi se proprio in questo contesto possa essere inquadrata la vicenda Contrada. Sempre in ordine a quest'ultima vicenda, ho letto anch'io il titolo di giornale in cui si affermava che Contrada sarebbe stato pagato per "sporcarsi le mani". Comunque, a prescindere da ciò, il ministro ha affermato poco fa che un poliziotto che si rispetti deve penetrare all'interno delle organizzazioni criminali. Il significato di questa affermazione mi sfugge e soprattutto vorrei sapere se essa implichi una giustificazione dei fatti contestati dai magistrati a Contrada. Per quanto riguarda il coordinamento, vorrei sapere se si possa ipotizzare di far capo alla Presidenza del Consiglio anziché al Ministero dell'interno e se non sia questo il punto che rende irrisolvibile la questione del coordinamento. ALFREDO BIONDI. Anch'io ho qualche titolo per felicitarmi con il ministro e con le forze dell'ordine per la cattura di Riina, lieto come sono di aver concorso, in rappresentanza della famiglia Dalla Chiesa insieme al collega Galasso, alla sua condanna in corte d'appello, quando sembrava invece che potesse sfuggirvi. Dal momento che di queste cose si parla sempre in termini puramente astratti mentre invece vi sono state delle vittime, la vittoria dello Stato contro Riina rappresenta un risarcimento, per ora soltanto parziale, della sofferenza e dell'attesa della gente. In secondo luogo, il fatto che Riina sia stato catturato significa molte cose. Mi limito tuttavia a chiedere se si possa ritenere che, in relazione alla sua statura, ai rapporti che egli aveva, alle coperture di cui si diceva titolare (che gli hanno consentito finora di eludere le indagini certamente pressanti delle autorità), Riina possa essere considerato "posato" (secondo un termine usato dalla mafia), ossia abbandonato come "vuoto a perdere" in relazione a cambiamenti che possono essere intervenuti nella struttura dell'associazione criminosa. Per quanto riguarda la vicenda Contrada, devo innanzitutto premettere che, essendo un avvocato, sono abituato a leggere le carte dei processi e non a parlare di cause senza saperne niente o basandomi su quanto scrivono i giornali. In particolare, i poliziotti fanno una cosa mentre i giudici ne fanno un'altra. Con riferimento all'esperienza ed alle dichiarazioni del ministro, vorrei sapere se, a suo avviso, le affermazioni di Parisi e Finocchiaro (oltre che le sue), in relazione alle conoscenze provenienti dagli atti, dalle relazioni di servizio e dai rapporti personali, siano avventate e come tali in grado di determinare un depistaggio delle indagini dell'autorità giudiziaria oppure se tali dichiarazioni, indipendentemente dalle prove delle responsabilità penali (che sono diverse da quelle relative alle qualità e capacità amministrative), abbiano una legittimità rispetto ai documenti disponibili. SAVERIO D'AMELIO. Mi associo anch'io al coro di lodi, per altro meritate, per la cattura di Riina. Non intendo inoltre rivolgere al ministro alcuna domanda circa il fatto che i Pag. 799 poliziotti devono anche "sporcarsi le mani" perché se chi scrive un articolo non risponde del titolo, a maggior ragione non deve risponderne chi è esterno al giornalismo e rilascia determinate dichiarazioni. ALFREDO BIONDI. Lo disse anche Benedetto Croce che a volte bisogna sporcarsi le mani. SAVERIO D'AMELIO. Il collega Bargone, comunque, ha fatto un riferimento. ANTONIO BARGONE. Ho fatto riferimento all'affermazione resa poco fa dal ministro. SAVERIO D'AMELIO. Il collega Bargone sostiene di non aver compreso l'affermazione secondo cui un poliziotto deve penetrare all'interno dell'organizzazione mafiosa. Si tratta di un fatto che invece si può capire facilmente. ANTONIO BARGONE. Voglio una risposta dal ministro, non da lei! SAVERIO D'AMELIO. Lo dico per verificare se anch'io ho compreso bene. A mio avviso, chi deve penetrare all'interno di un'organizzazione mafiosa (che non è paragonabile, per esempio, ad un coro o a un gruppo di voci bianche) si trova necessariamente ad operare, se non in modo tale da sporcarsi, certamente facendo qualcosa che non sempre rientra nell'ambito della legge. Desidero inoltre congratularmi con il ministro per le iniziative assunte, in particolare i provvedimenti volti a conferire ai prefetti e al capo della Polizia nuovi compiti che si inquadrano bene nella lotta alla mafia. Auguro infine al ministro di risolvere il problema del coordinamento che (come abbiamo sempre affermato in sede di Commissione antimafia) rappresenta il punto centrale perché le forze dell'ordine attendano compiutamente, a pieno titolo e con successo, alle loro funzioni. Desidero inoltre sapere qualcosa di più circa la notizia, divulgata dalla stampa, di un attentato a Pintacuda. ANTONINO BUTTITTA. I colleghi hanno espresso certamente un sentimento comune in ordine all'arresto di Riina. Il ministro, da parte sua, ha chiosato affermando che evidentemente successi come questo sono dovuti al fatto che le forze di polizia sono determinate. Se ne potrebbe dedurre che in precedenza non lo erano ma si tratterebbe di un'affermazione che andrebbe comunque chiarita e approfondita. Nel rivolgere la mia domanda al ministro, ricordo che egli ha giustamente affermato che tra le mafie quella finanziaria è la più forte e la più estesa. Vorrei sapere, in particolare, se siano in corso indagini in questo settore e, in caso di risposta negativa, per quali ragioni. GIUSEPPE MARIA AYALA. E' superfluo dire che anch'io, naturalmente, innanzitutto come cittadino esprimo compiacimento per l'arresto di Riina. Non faccio alcune considerazioni che avrei tanta voglia di fare perché non voglio cadere nella retorica, ma c'è anche una soddisfazione personale. Non so quanti di voi abbiano idea di quante ore, giorni, mesi ed anni di lavoro mi sia costato questo Riina e il sapere che fosse in giro per la città mi dava fastidio; ho una certa amarezza se penso che si poteva fare prima e forse qualcuno, anzi molti sarebbero ancora tra noi, tuttavia la compenso, in parte, con questa piccola soddisfazione personale. Avevo chiesto la parola per porre una domanda molto specifica che, però, il collega D'Amelio ha anticipato. Volevo cioè sapere se il ministro sia in condizione di darci notizie più precise su questo odierno attentato, o presunto attentato, comunque per fortuna sventato, in danno di padre Pintacuda. Sulla vicenda Contrada non vorrei assolutamente esprimere alcun parere perché mi sono schierato, come è giusto e doveroso che sia, con tutti coloro che Pag. 800 ribadiscono pieno rispetto per l'azione della magistratura, quindi non mi sento di emettere alcun giudizio. Condivido, come ho anche scritto, l'auspicio che se è innocente possa far valere questa sua innocenza e me lo auguro; innanzitutto perché lo conosco da molti anni e poi anche per un problema di rispetto delle istituzioni. Con grande franchezza devo però dire, signor ministro - al di là di quel titolo di giornale che non ricordo bene ma che, poiché lei lo afferma, non ho motivo di dubitare che non rispecchiasse fedelmente il suo pensiero - che sentirle fare oggi quel discorso sulla penetrazione del poliziotto in seno all'organizzazione mafiosa o sentire il collega D'Amelio dire testualmente che il poliziotto deve comunque fare qualcosa che non è nella legge mi lascia molto stupito. Il problema è questo: vengono mosse a Contrada delle accuse il cui contenuto, come molti di noi, io conosco soltanto attraverso i giornali; se quel comportamento è stato tenuto e se risulterà provato, secondo il suo argomento, signor ministro, si tratta di una condotta-tipo alla quale devono ispirarsi i poliziotti o forse di una responsabilità penale molto grave? FERDINANDO IMPOSIMATO. Desidero esprimere compiacimento al ministro dell'interno per questa operazione importante ed anche per la prudenza con la quale egli l'ha commentata, riconoscendo che non si tratta di un colpo risolutivo nella battaglia a Cosa nostra e quindi invitando alla prudenza. In merito a tale operazione vorrei semplicemente sapere se essa sia stata compiuta soltanto dai ROS o se vi sia stata la partecipazione della DIA o della Polizia. Vorrei anche sapere se il ministro Mancino avesse avuto delle indicazioni circa la possibilità dell'arresto di Riina, poiché credo di ricordare che in più occasioni egli abbia anticipato quanto poi è accaduto, dichiarando pubblicamente che ormai si era vicini all'arresto di Totò Riina. Inoltre - come già è stato chiesto da altri - sarebbe interessante sapere se in questa operazione i pentiti abbiano avuto un ruolo e, eventualmente, quale sia stato, dal momento che gli stessi ministri hanno pubblicamente ammesso, ad esempio, che gli arresti di Madonia, di Alfieri e di Abbatino sono stati eseguiti con la collaborazione dei pentiti. Da ultimo, in merito alla questione dell'unità delle varie forze dell'ordine, vorrei sapere se non sia invece opportuno mantenere l'attuale separazione, dal momento che potrebbe essere utile favorire la scelta di un corpo di Polizia piuttosto che di un altro da parte dei pentiti in relazione alla fiducia che si può appunto stabilire con uno piuttosto che con un altro. UMBERTO CAPPUZZO. Innanzitutto caso Riina: apprezzamento, perplessità, conferma. Apprezzamento: è chiarissimo. Perplessità: è stato trovato a Palermo e la sua effige non era molto cambiata, sarebbe quindi il caso di verificare come mai costui potesse circolare così liberamente a Palermo e da chi fosse protetto. Conferma: si tratta della conferma che la pluralità delle forze dell'ordine è anche fattore di competizione e di successo. Come abbiamo visto in questo caso, indipendentemente dalle strutture sovraordinate, una struttura dell'Arma dei carabinieri ha dato ottima risposta. Per quanto riguarda il coordinamento - il ministro sa come la penso e come mi sono espresso più volte - non c'è dubbio che esso sia realizzabile soltanto in fase preventiva. Allora mi domando perché in periferia - non parlo del coordinamento centrale - la funzione che è stata attribuita al prefetto non abbia avuto alcun risultato. Bisogna innanzitutto verificare cosa si possa fare per controllare bene il territorio e credo che sia un provvedimento realizzabile. Ma che fine ha fatto quel famoso consiglio generale, che è stato a suo tempo un'iniziativa apprezzabile del ministro dell'interno e nel quale i capi delle tre forze dell'ordine e i responsabili dei servizi potevano in qualche modo colloquiare con il ministro ed Pag. 801 emettere le conseguenti direttive per il coordinamento a più alto livello? A proposito di coordinamento è bene chiarire che a nulla varrebbe la collocazione sovraordinata di un elemento se non si realizzasse uno stato maggiore interforze. E' una mia vecchia idea che per poter superare la separazione tra le tre forze armate (esercito, marina ed aeronautica) è senz'altro necessario arrivare al capo di stato maggiore della difesa. Dalla seconda guerra mondiale in poi, dal consiglio di gabinetto di Churchill in poi è un concetto talmente valido! Senza una struttura del genere a nulla varrebbe un organo sovraordinato. Lo stato maggiore interforze, composto di personale delle tre forze di polizia, può dare il contributo necessario per l'unificazione degli sforzi. Il coordinamento deve essere in funzione dell'obiettivo da raggiungere, non si tratta tanto di comando unificato. E' unico l'obiettivo ed esso viene diviso in parti con questo stato maggiore interforze. Molto importante è il problema che è stato posto dall'onorevole Taradash, cioè quello della centralità del traffico di droga. Non parlo ora dei provvedimenti ai quali probabilmente pensa il collega, dico che la lotta alla droga è elemento fondamentale insieme a quella contro il riciclaggio del denaro. Se questo è vero, non viene ad incidere sulla struttura delle forze di polizia nel loro complesso, sulle vocazioni di base, sui loro compiti essenziali? Questa è la domanda, poiché credo che ciò alteri le priorità e le funzioni portando alla ribalta, forse, qualche forza di polizia che oggi ha soltanto funzione di sussidio. SALVATORE FRASCA. Signor ministro, non parlo del coordinamento delle forze di polizia poiché avremo occasione di affrontare questo tema nelle aule parlamentari o anche in questa stessa Commissione. Desidero porle soltanto tre domande. La prima è questa: sono obiettivi i criteri che segue il Ministero dell'interno per lo scioglimento dei consigli comunali? E vi è questa stessa obiettività nella sospensione dei consiglieri comunali? Stando a quanto avviene nella mia provincia non mi pare che sia così. Lei ha infatti riammesso in servizio un consigliere comunale del comune di Cetraro, che è anche consigliere provinciale, ribaltando un decreto del suo predecessore: parlo del consigliere Cesareo. Seconda domanda: il senatore Murmura, sottosegretario di Stato per l'interno, ha dichiarato di essere stato costretto a dimettersi da assessore all'urbanistica del comune di Vibo Valentia perché non gli si consentiva di poter assegnare le concessioni edilizie secondo criteri di equità e di giustizia, lasciando intendere che dietro quel consiglio vi sono pressioni di natura mafiosa. Cosa si intende fare per Vibo Valentia? Esistono comuni intoccabili e comuni che, invece, devono essere comunque sottoposti alle note misure? Terza ed ultima domanda: in questo Parlamento italiano sta sempre più prendendo piede una cultura che potremmo definire bulgara o rumena, cioè dei tempi di Ceausescu; poco fa la volevo interrompere per osservare che se si verifica un disastro ferroviario intervengono, ciascuno nell'ambito delle proprie competenze, sia il potere giudiziario sia quello esecutivo, cioè il Governo, dando luogo ad inchieste parallele, e quindi per domandarle se sul caso Contrada lei abbia inteso promuovere un'inchiesta per arrivare a suoi propri convincimenti. CARLO D'AMATO. Anch'io vorrei innanzitutto esprimere un ringraziamento al ministro per il modo con cui si rapporta alla Commissione, modo che credo rientri in quel clima di collaborazione fra istituzioni, fra Governo e Parlamento che almeno in questa sede riusciamo a concretizzare in maniera abbastanza accentuata. La presenza del Presidente del Consiglio e del ministro già nella prima riunione è la testimonianza di una collaborazione certamente importante. Pag. 802 Detto questo osservo: ROS, SCO, GICO, DIA, SISMI, SISDE, Carabinieri, Polizia, Guardia di finanza; una serie di sigle impressionanti, con un dispiegamento di forze e di uomini altrettanto imponente. Riina sta a Palermo e lo si arresta a Palermo; probabilmente, un coordinamento delle forze di polizia più accentuato, rispondente alle esigenze indicate dal ministro e che io condivido, avrebbe potuto determinare una maggiore incisività del dispiegamento di forze e, quindi, il raggiungimento dell'obiettivo della cattura di questo latitante anticipando i tempi in cui è stato realizzato. Passo alla seconda domanda. Lei ha fatto riferimento all'ultima legislazione, quella premiale, che si è indubbiamente caratterizzata per l'attribuzione di una maggiore forza operativa e decisionale alle istituzioni. Si è mai fatta, però, una disamina di come in questi anni si sia potuta verificare, indipendentemente da queste leggi che hanno trovato attuazione in molte realtà dell'Italia meridionale o comunque in quelle a forte caratterizzazione mafiosa, la costituzione di ingenti patrimoni? Bisognava aspettare questa legislazione perché si potessero attaccare tali patrimoni e come è stato possibile che Alfieri o Nuvoletta - tanto per parlare di questioni che conosco - abbiano potuto accrescere il loro patrimonio di centinaia e centinaia di miliardi, nonostante la presenza dello Stato e delle forze dell'ordine nel territorio? SAVERIO D'AMELIO. Chiedo di parlare brevemente per fatto personale. PRESIDENTE. In genere, per fatto personale si parla al termine della seduta. SAVERIO D'AMELIO. E' bene che sia presente il ministro poiché riguarda quanto è stato detto in questa audizione. Ringrazio il collega Ayala perché dal suo intervento apprendo che, evidentemente, le mie parole hanno tradito il concetto. Vorrei dunque precisare che non intendo assolutamente dire che per penetrare in un ambiente il poliziotto deve ricorrere a strumenti illegali. Assolutamente. Se avessi detto questo, me ne scuso. Il mio pensiero voleva essere ed è che per penetrare in certi ambienti - qui parliamo di ambienti di mafia - è probabile che si debba ricorrere a strumenti o ad iniziative al limite della legalità. PRESIDENTE. Vorrei chiederle, ministro, se la legge sui pentiti abbia aiutato l'attività della Polizia e dei magistrati anche nel senso di aver stabilito un chiaro terreno sul quale avviare una negoziazione con chi collabora, a differenza di quanto avveniva nel passato, quando questo terreno non era chiaro. NICOLA MANCINO, Ministro dell'interno. Non sono in grado, e me ne scuso, di poter dare risposta a tutte le domande che mi sono state poste. Ad alcune mi riservo di rispondere per iscritto, cosa che - lo ammetterete - è più onerosa. PRESIDENTE. Mi scusi, ministro. Credo che sulla vicenda relativa ai comuni (comuni disciolti, come, perché e così via) dovremo avere un incontro specifico, quindi, se i colleghi sono d'accordo, il tema potrebbe essere affrontato in quell'occasione. NICOLA MANCINO, Ministro dell'interno. Ma io non posso, presidente, lasciare in sospeso una valutazione fatta dal senatore Frasca. Dico quindi immediatamente: il dottor Cesareo è stato sospeso; è stato poi riabilitato con provvedimento passato in giudicato. Cosa deve fare il ministro dell'interno di fronte ad un provvedimento giudiziario - non capriccioso, giudiziario - passato in giudicato senza nessun appello da parte della procura generale? Prendere atto che le accuse per cui era stato sospeso non erano fondate; il dottor Cesareo è stato riimmesso a pieno titolo nella società e quindi anche nelle istituzioni. Quanto al comune di Vibo Valentia, ho disposto un accertamento dando incarico al prefetto di procedere all'ispezione atto per atto. Dico questo per far Pag. 803 comprendere il modo in cui il ministro dell'interno agisce: l'obiettività mi deriva soltanto dai documenti e, poiché chiedo ai prefetti di esprimere un giudizio finale quasi si trattasse di un dispositivo (c'è condizionamento, inquinamento, collusione), quando viene messo in forse un dispositivo non ho alcun titolo per procedere allo scioglimento di consigli comunali. Non posso, insomma, comportarmi in modo "capriccioso" né corrispondere alle tante interrogazioni parlamentari, che pure mi sono state rivolte, le quali accrescerebbero - e non ne sarei assolutamente entusiasta - i poteri del ministro dell'interno; io posso solo agire nell'ambito di canali molto precisi ma anche molto documentati. SALVATORE FRASCA. Vi sono stati, però, quattro consiglieri regionali (uno del comune di Cetraro, due del comune di Paola e uno del comune di San Lucido) che in secondo grado hanno subìto la stessa condanna: il ministro dell'interno mi deve spiegare perché un consigliere sia stato indotto a dimettersi dal prefetto mentre gli altri tre non lo siano stati. Stranamente, un consigliere era iscritto al partito socialista, tre alla democrazia cristiana. NICOLA MANCINO, Ministro dell'interno. Vorrei farle notare che i poteri sono del prefetto; quando le cose vengono alla conoscenza del ministro ... SALVATORE FRASCA. Su questo ho anche presentato un'interrogazione, ma lei non mi ha risposto. NICOLA MANCINO, Ministro dell'interno. Non ho avuto modo di vederla. Comunque, se lei mi fa pervenire i nomi di questi consiglieri comunali, stia tranquillo ... SALVATORE FRASCA. I nomi li ho già fatti quando lei è stato ascoltato dalla Commissione antimafia insieme con il Presidente del Consiglio dei ministri. NICOLA MANCINO, Ministro dell'interno.... stia tranquillo che invierò una lettera di contestazione al prefetto perché non ha agito in questa direzione. Del resto, mi troverò a fare i conti con nuovi prefetti in Calabria perché, nella riunione del Consiglio dei ministri tenutasi oggi, ho sostituito tre prefetti. SALVATORE FRASCA. Ci auguriamo che i nuovi prefetti facciano il loro dovere. NICOLA MANCINO, Ministro dell'interno. Li ho sostituiti non per giudizi negativi ma perché ho ritenuto necessario un certo avvicendamento. Ho sostituito il prefetto di Catanzaro portandolo alla direzione generale del ministero ed ho mandato a Trieste l'attuale prefetto di Reggio Calabria, dove ho nominato un prefetto di carriera che ha ricoperto numerose responsabilità nell'amministrazione della pubblica sicurezza. Ho anche sostituito il prefetto di Caserta per poterlo inviare in Puglia, dove vi è una situazione esplosiva. Vorrei ora soffermarmi su tre argomenti principali; su tutti gli altri temi che sono stati toccati, se la Commissione è d'accordo, potrei inviare risposte scritte, oppure sarò nuovamente chiamato in questa sede. Il tema del coordinamento che mi è stato posto dall'onorevole Rossi riguarda un aspetto molto più generale, cioè i rapporti tra lo Stato e le regioni così come sono disciplinati dagli articoli dal 117 al 132 della Costituzione. Avremo modo, se lo vorrete, di parlare di questo argomento; per il momento, vorrei pregare l'onorevole Rossi di accontentarsi di una risposta scritta. In primo luogo, è stato posto un problema che non è di mia competenza: dove mandare Totò Riina è infatti competenza del ministro di grazia e giustizia. Se si vuole conoscere il mio parere, ritengo che vi siano due esigenze: da un lato, quella di ricevere possibilmente collaborazione dal Riina, dall'altro quella di tenerlo nel necessario isolamento in modo che non possa guidare dal carcere l'organizzazione Pag. 804 mafiosa così come faceva quando era latitante. Per quanto riguarda la situazione dei comuni, vorrei soltanto osservare che, in sede di decreto delegato sulla finanza territoriale, per quanto riguarda un fondo campione, ho preteso che il Governo privilegiasse le situazioni di quei comuni che sono stati sciolti per ragioni di inquinamento mafioso. Ciò anche allo scopo di dare una mano ai commissari che spesso restano abbandonati a se stessi e, non disponendo di risorse, dopo molti mesi lasciano il comune nelle stesse condizioni in cui l'hanno trovato. Debbo anche informare la Commissione che per il comune di Baunei, sottoposto a frequenti operazioni criminali e in particolare a lanci di bombe che hanno distrutto l'edificio municipale, ho disposto un contributo eccezionale (cosa mai avvenuta per comuni di quella dimensione) avendo ritenuto nei confronti del sindaco di Baunei, che è un consigliere regionale socialdemocratico della Sardegna, di dover adottare un simile provvedimento per aiutarlo a resistere di fronte ad un'offensiva che minaccia la sua persona ed anche la sua famiglia. Se l'onorevole Ayala me lo consente, vorrei commentare un giudizio da lui scritto: non ho mai detto che la figura del poliziotto è quella che appare dai titoli dei giornali. Mi rivolgo ad un magistrato di antica, consolidata ed autorevole esperienza: se un giorno vorremo parlare del ruolo del poliziotto non violatore di regole ma servitore dello Stato ai fini della scoperta dei reati e degli autori dei reati, potremo senz'altro farlo. Avendo io assunto una posizione di estrema correttezza ed equilibrata, mi debbo sentir dire dal senatore Tripodi che quasi ho giustificato le azioni di Contrada. Io non difendo, non giustifico ma neppure critico le azioni di Contrada: sarà la magistratura a consentire a me un certo giorno, con sentenza passata in giudicato, di esprimere l'opinione sul comportamento del dottor Contrada. Mi consentirete, comunque, di esprimere una valutazione insieme con il capo della Polizia e con lo stesso direttore del SISDE: noi riteniamo che, quando accadono fatti di questo genere, basta rallegrarsene o dispiacersene; noi abbiamo da governare un esercito e le forze dell'ordine hanno bisogno di trovare nei loro capi attenti utilizzatori di tutti gli strumenti che la legislazione consente per rincuorarli, per tenerli in trincea. Il caso Contrada ha creato uno scoramento all'interno dei servizi. Se poi si vuole sapere chi sia Contrada, il capo della Polizia ha esibito il suo curriculum; poiché nessuno poteva fare il profeta 22 o 25 anni fa, questo curriculum è di tutto rispetto dall'inizio alla fine, con sottolineature di comportamenti eccellenti, con encomi e gratifiche. GIROLAMO TRIPODI. C'è Immordino e tutta una serie ... NICOLA MANCINO, Ministro dell'interno. Se mi consentite, non possiamo basarci sulla lettura dei giornali, perché qui siamo in Parlamento. Vogliamo tracciare il profilo di Immordino? Facciamolo! GIROLAMO TRIPODI. Deve emergere tutta la verità, non solo quella a senso unico! PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, abbiamo chiesto i fascicoli relativi a tutta una serie di personaggi; quando tali fascicoli perverranno, potremo discuterne. NICOLA MANCINO, Ministro dell'interno. Ho consegnato al presidente Violante atti ufficiali sul comportamento di alti funzionari così come sul comportamento del dottor Contrada quale emerge dal suo curriculum. Non posso consentire a nessuno di pronunciare una sentenza in anticipo rispetto all'autorità giudiziaria, che è l'unica abilitata ad emetterla! Dobbiamo imparare a rispettare la civiltà del diritto. Non possiamo pregiudizialmente affermare che una persona è condannabile perché ci interessa che sia condannata! Pag. 805 ALFREDO GALASSO. La questione non è che ci interessa: c'è un mandato di cattura, signor ministro! NICOLA MANCINO, Ministro dell'interno. C'è un mandato di cattura e stiamo agli accertamenti perché, com'è noto, il mandato di cattura può anche essere sottoposto a revisione critica. La nostra è una società che giustamente si è incardinata intorno alla civiltà del diritto ed anche a quella del dubbio, il quale ultimo conferma che viviamo in una civiltà del diritto. Pertanto, mi attengo all'operato dei magistrati e per parte mia non debbo esprimere alcun giudizio. Quindi, non ho preso la difesa di nessuno e non ho modificato di una virgola giudizi che mi sono stati riconosciuti anche da avversari in Parlamento come ricollocabili all'interno di un doveroso rispetto nei confronti dell'azione dell'autorità giudiziaria. Se poi si vuole fraintendere, distorcere, dire altre cose, lo si faccia! All'onorevole Taradash, che ha toccato un aspetto molto importante, vorrei far presente che non tutti gli studiosi della criminalità organizzata e soprattutto di quella di tipo mafioso ritengono oggi che le maggiori entrate della mafia siano dovute al traffico degli stupefacenti. Ho dubbi rispetto alla formulazione di questo giudizio essendo convinto che il traffico della droga giochi ancora un ruolo importantissimo e probabilmente prevalente negli introiti della criminalità organizzata. Conosco anche il giudizio che l'onorevole Taradash ha espresso sul rapporto semestrale che ho presentato al Parlamento. Noi apparteniamo a due scuole diverse: io rispetto la sua e credo che lei, onorevole Taradash, rispetti la mia. Del resto, anche nella mia famiglia, che è composta appena da tre persone, ho una posizione prevalente per due voti contro uno, visto che mia moglie è tra coloro che pensano che nel nostro ordinamento bisognerebbe introdurre la cultura propugnata dall'onorevole Taradash. ALFREDO BIONDI. Ci vorrebbe il matriarcato! NICOLA MANCINO, Ministro dell'interno. La possibilità di ottenere successi in questo campo è strettamente collegata ad un'offensiva maggiore anche a livello internazionale: abbiamo concluso una serie di accordi bilaterali, oltre che un accordo di tipo comunitario, per quanto riguarda sia il traffico della droga sia la difesa dal terrorismo (che in alcuni paesi è molto più inquietante che nel nostro) sia l'azione della criminalità organizzata. So che soprattutto nei paesi del centro e dell'est europeo vi è molta attenzione al movimento di capitali, che può comportare una serie di insediamenti di tipo mafioso in paesi che magari erano estranei a questa cultura. In tal senso, gli accordi bilaterali servono non solo per offrire un aiuto agli altri ma anche per difendere noi stessi. Ho indetto una terza conferenza internazionale sulla rotta balcanica della droga anche allo scopo di entrare in contatto con i ministri dell'interno di vari paesi. A tale conferenza hanno aderito ben 24 nazioni: essa si pone lo scopo di creare collegamenti e di permettere uno scambio di opinioni anche per verificare come intensificare il controllo dei traffici e mettere a confronto i nostri ordinamenti, che sono quelli prevalenti rispetto a quelli di paesi che hanno una legislazione più debole. Voglio anche aggiungere che, sul piano della revisione ordinamentale, a distanza solo di qualche anno è prevalsa un'opinione che era rimasta soccombente in Senato, come ben sanno i senatori del gruppo democratico cristiano. L'ultimo provvedimento che abbiamo varato in sede di Consiglio dei ministri attenua una polemica aperta tra le forze politiche. A chi - soprattutto l'onorevole Biondi - mi ha chiesto se si tratti di un vuoto a perdere devo dire che non ho tesi certe; so soltanto di aver detto, recandomi a Palermo ad un convegno indetto dall'assemblea regionale, che avevamo un obiettivo; non avevo informazioni, sapevo che era in corso una ricerca da parte delle forze dell'ordine. Però l'obiettivo di catturare Riina era fondamentale e lo abbiamo Pag. 806 raggiunto. Che cosa sia avvenuto all'interno della cupola è da scoprire: può darsi che Riina abbia disintegrato la vecchia organizzazione per crearne una nuova; può darsi che all'interno di quella organizzazione sia prevalsa una corrente meno sanguinaria rispetto a quella di Riina. Abbiamo bisogno di ulteriori elementi che potranno consolidare i nostri convincimenti, ma ci possono far arrivare anche ... ALFREDO BIONDI. La cattura non è dipesa da una frattura ... NICOLA MANCINO, Ministro dell'interno. Vi è certamente la collaborazione dei pentiti. Uno dei problemi posti che dobbiamo affrontare riguarda i patrimoni. E' stato chiesto perché la questione sia stata sollevata così tardivamente. Personalmente sono convinto che la legislazione a difesa della proprietà sia stata quasi prevalente all'interno del nostro ordinamento. Sostenevo questa tesi quando frequentavo l'università ed ho sempre pensato politicamente che rispetto alla formazione del capitale e del patrimonio illecito abbiamo finalmente una legislazione adeguata. Però, onorevole Ayala, vi sono dei vuoti che riguardano la gestione dei patrimoni sottoposti a sequestro e successivamente a confisca: come distribuirli alla società, considerato che vi è il rischio che nessuno vi acceda per assenza di opzione (sapendo che vi è un'offensiva), e come gestire le attività di tipo economico una volta che siano state sottoposte a sequestro e poi a confisca. A volte si tratta anche di intere società che producono servizi e magari danno anche posti di lavoro: qualcuno ha sollevato il problema della conservazione dei posti di lavoro di persone che non hanno nulla a che fare con l'origine mafiosa delle attività o delle società. Forse dovremmo fare in proposito una riflessione che rinvierei ad un'altra data. PRESIDENTE. Un gruppo di lavoro della Commissione si occupa di questo tema. NICOLA MANCINO, Ministro dell'interno. Sono molto interessato a queste questioni insolute anche dal punto di vista dell'adeguamento legislativo. Il senatore Biscardi mi ha rivolto una domanda a proposito della divisione dei compiti. La materia non riguarderà una direttiva del ministro; gli stessi Carabinieri hanno espresso la loro disponibilità a dare un maggiore contributo nei piccoli comuni, chiedendo un maggiore contributo da parte della Polizia di Stato nelle grandi città e nelle aree urbane. Se ciò si realizzerà con il libero concorso di tutti rappresenterà un risultato importante. Quanto al coordinamento, non vorrei dare l'impressione di voler unificare ... LUIGI BISCARDI. Avevo parlato di turnazioni. NICOLA MANCINO, Ministro dell'interno. Il problema sarà affrontato in un secondo tempo magari in sede parlamentare. Il problema esiste ma se il coordinamento volesse significare per alcuni la riduzione ad unità delle forze dell'ordine avrebbe certamente l'opposizione del ministro: sono per la conservazione del pluralismo, all'interno del quale dovrebbe esservi il segretario generale che sovrintende alle attività di coordinamento della Polizia, dei Carabinieri e della Guardia di finanza che si trovano nella stessa posizione. Ognuno mantiene il proprio ordinamento ma nella ripartizione dei compiti, nella distribuzione dei mezzi e anche nell'acquisizione di mezzi unitari deve esservi qualcuno che esegue le direttive del ministro. Questo era ed è il mio intendimento. Chiedo scusa per non aver risposto in modo adeguato, ma mi avete costretto ad essere molto rapido. ALTERO MATTEOLI. Dobbiamo presumere che risponderà per iscritto alle domande alle quali non ha risposto. PRESIDENTE. Desidero precisare che nessuno di noi può occuparsi delle vicende Pag. 807 di responsabilità penale del dottor Contrada. L'unico aspetto che può interessare questa Commissione riguarda l'eventuale flessione dell'azione di risposta dello Stato nei confronti della criminalità in coincidenza con taluni tipi di gestione. Sotto questo profilo alcuni colleghi hanno chiesto in che modo l'esistenza di una legislazione sui pentiti - sotto consegne controllate, aggiungo io - salvaguardi la polizia da rapporti che possono portare a mescolanze, scambi o negoziazioni fastidiose. NICOLA MANCINO, Ministro dell'interno. La legge sui pentiti certamente contribuisce a rendere più corretto, coerente e lineare il rapporto. PRESIDENTE. Come ho già detto, un gruppo di lavoro, coordinato da un collega, si occupa della questione dei patrimoni. Vorrei sollecitare la definizione di una relazione da inviare al ministro, che ringrazio. Sui lavori della Commissione. PRESIDENTE. Dobbiamo concludere la discussione sull'ordine dei lavori avviata prima dell'audizione. ALTERO MATTEOLI. Il collega D'Amelio ha riferito di aver ascoltato dal TG3 la dichiarazione di un magistrato - anche io presumo che si tratti di un magistrato -, il cui nome non è stato indicato dall'intervistatore, che anche io ho ascoltato dal TG1; altri colleghi affermano di averla sentita dal TG2, quindi suppongo che lo stesso servizio sia stato trasmesso da tutti e tre i telegiornali. Confermo le parole che ha riferito il collega alle quali non devo aggiungere nulla. Ritengo che l'affermazione del magistrato sia molto grave: può darsi che egli, approfittando della televisione, abbia voluto lanciare un messaggio ben preciso. Pertanto, la Commissione non può far finta di nulla. Prego il presidente di acquisire il filmato per consentire a tutti i commissari di prendere visione dell'intervista. Nel corso del servizio alcuni magistrati rispondevano alle domande dei giornalisti dicendo che non era quello il momento di fare dichiarazioni, mentre un magistrato, ostentando la voglia di rispondere e fermandosi anche dopo la risposta di fronte al televisore, ha affermato che la cattura è avvenuta perché evidentemente ora si voleva prendere Riina. PAOLO CABRAS. Ricorda il nome? ALTERO MATTEOLI. Il giornalista non lo ha detto per cui potrebbe anche trattarsi non di un magistrato ma dell'usciere del tribunale, che però ho qualche dubbio che sarebbe stato intervistato. Quindi, si tratta di una dichiarazione o di irresponsabilità o di grande responsabilità, attraverso la quale si è voluto far sapere agli italiani che evidentemente lo Stato non ha voluto fino ad oggi arrestare Riina. Una Commissione come la nostra non può far finta che la dichiarazione non vi sia stata. In questa fase non vi è l'intendimento di polemizzare perché stiamo parlando di un fatto. Il collega D'Amelio, come me, ha ascoltato la dichiarazione. Ho saputo che era stato arrestato Riina e, poiché ero in giro per la città, ho telefonato al presidente Violante per chiedere conferma; quindi, mi sono precipitato a casa per ascoltare il telegiornale ed ho sentito quanto ho riferito. Desidero ora porre un'altra questione. All'inizio della seduta il collega D'Amelio ha posto un quesito e lei, signor presidente, non ha ritenuto opportuno interromperlo. Subito dopo ho chiesto di parlare e non mi è stato consentito. Sono polemico - è una questione di temperamento - però non sono mai maleducato e la prego, signor presidente, di non esserlo nemmeno lei. Non può "liquidare" un collega dicendo: "Basta, mettiamo ai voti la proposta". Questo è un atteggiamento che non posso consentire; ho chiesto cortesemente la parola dopo che un collega aveva parlato; è una Pag. 808 questione di educazione. So di essere polemico e lo sarò anche in futuro ma non sono mai maleducato e se è accaduto l'ho fatto involontariamente e non perché volessi. In questa fase prego ed in futuro sarei costretto ad invitare tutti ed anche il presidente a non essere maleducati. Non era il caso di porre in votazione nulla: avevo soltanto chiesto la parola e la questione si poteva risolvere - come poi è avvenuto - con un atteggiamento meno imperioso di quello usato dal presidente. PRESIDENTE. Mi scusi se sono stato scortese. Erano iscritti a parlare i colleghi Rossi, Matteoli, Brutti e Imposimato. Probabilmente ho usato un tono sbagliato e gliene chiedo scusa ma si trattava di chiudere una discussione che non si poteva aprire in quel momento. ALBERTO ROBOL. Personalmente non drammatizzerei eccessivamente la dichiarazione del magistrato che anch'io ho ascoltato dal TG2 e da qualche altro telegiornale. Mi è sembrato che la risposta data fosse riferita a due domande nelle quale si parlava dei tempi e si diceva che da circa venti giorni o da due mesi era stata avviata l'operazione; a me è parso che il giudice rispondesse nei seguenti termini: "oggi, conclusa la fase delle ricerche ...". SANTI RAPISARDA. Confermo quanto ha detto il collega Robol. ALBERTO ROBOL. Ho interpretato la dichiarazione come ho detto; se fosse corretta l'interpretazione dei colleghi, il fatto sarebbe gravissimo. ALTERO MATTEOLI. Io ho intravisto un intento diverso. PRESIDENTE. Non dobbiamo fare un processo alle intenzioni: esamineremo la registrazione audiovisiva. GIUSEPPE MARIA AYALA. Non ho ascoltato questa dichiarazione e non so se sia stata rilasciata da un magistrato. Ora, a parte il fatto che ognuno ha una propria sensibilità e forse la mia sarebbe stata diversa se avessi ascoltato tale dichiarazione, debbo rilevare che l'argomento non rappresenta una novità. Parliamoci chiaro, Riina è stato latitante a Palermo per oltre venti anni e abbiamo sempre avuto la convinzione che non sia mai stato cercato come si doveva. Non parlo da parlamentare, perché questi concetti li avevo scritti anche quando ero magistrato. Vi sono una serie di perplessità molto forti. Voi non sapete che costui in venti anni si è sposato, ha messo al mondo quattro figli, li ha battezzati, che questi ultimi vanno a scuola e si chiamano tutti Riina e noi viviamo in uno Stato che cerca disperatamente di catturare questo latitante e non vi riesce? Non vi ho mai creduto e non vi credo neanche oggi! MARCO TARADASH. In primo luogo ho sentito i responsabili dei Carabinieri affermare che l'arresto di Riina era diventato "indilazionabile". Non ho francamente compreso il significato di tale frase. In ogni caso è stato affermato che l'arresto era diventato "indilazionabile" e quindi Riina è stato arrestato. In secondo luogo, la reazione emotiva di un magistrato in quelle condizioni non dovrebbe francamente diventare oggetto di discussione all'interno della Commissione, perché un conto è che un magistrato lo dica a mente fredda, in un'intervista, diverso è che lo dica in quelle condizioni. Da ultimo, rispetto al comportamento del presidente, voglio dire che oggi si sono verificati due scontri. A tal proposito voglio esprimere la mia opinione personale. Non credo che lei sia stato scortese né con il senatore Matteoli né con il senatore Frasca, presidente: ritengo che abbia cercato di mantenere un po' di ordine e di far funzionare questa Commissione. Lo voglio rilevare, perché tante volte mi trovo in contrasto con lei. Oggi Pag. 809 si sono verificati questi due incidenti ma, a mio avviso, se non si introducono regole minime nell'attività di questa Commissione, interrompendo certe discussioni e rimettersi al giudizio della maggioranza, i nostri lavori rischiano di diventare caotici. Voglio quindi esprimere, in questo caso, la mia solidarietà. PRESIDENTE. Occorre valutare brevemente quanto hanno affermato il prefetto Finocchiaro nella seduta precedente e il ministro Mancino in quella odierna. Sul problema dei latitanti occorre fare più di una riflessione, esaminare la questione molto attentamente e valutare il significato di affermazioni del prefetto quali quelle relative all'approvazione della legge sui pentiti e alla circostanza che "il SISDE funzionava a fisarmonica", nel senso che quando la mafia sparava, si entrava in azione, altrimenti no: la mafia esisteva sempre! Tutto questo ci deve dare una padronanza dei nervi e della materia tale da capire in quale fase e in quale cultura abbiamo vissuto. In ogni caso, vi è stata una richiesta da parte dei colleghi, acquisiremo la registrazione ed esamineremo il significato di certe dichiarazioni. Se andassimo ad esaminare il termine "indilazionabile", certamente dovremmo subito fare l'osservazione che l'onorevole Taradash ha lasciato intuire. Guardiamo con serenità questa vicenda: acquisiamo la registrazione audiovisiva ed evitiamo che in un momento che è positivo per la lotta contro la mafia si verifichi una rottura all'interno del sistema. Ripeto, acquisiremo le registrazioni, che poi valuteremo. SALVATORE FRASCA. Mi permetto di osservare al collega Taradash che non ho mai accusato il presidente di scorrettezza. Se lo avessi voluto fare, lo avrei fatto. Ci mancherebbe altro! Oltre tutto, siamo buoni amici e operiamo nello stesso settore da tanto tempo. Ho espresso un giudizio e una sommessa protesta, anche se a voce alta (chiedo scusa per questo), perché a me pare che gli interventi comincino sempre da una sola parte occupando buona parte del tempo. In questo modo si rischia di indirizzare la Commissione in un senso sbagliato. Avevamo stabilito che dovessero alternarsi coloro i quali chiedono la parola, con una norma che ci siamo dati e che va rispettata. Il tempo è prezioso per tutti. Non vi sono colleghi che possono parlare per un quarto d'ora, avendo chiesto la parola per primi, mentre gli altri possono parlare soltanto per due o tre minuti. Con la mia interruzione al ministro non volevo fare un intervento: anche al Senato, quando parla il Presidente, il senatore Libertini o altri a volte lo interrompono, ma si tratta di una battuta. Questo avviene anche alla Camera dei deputati e perfino al Parlamento di sua maestà, la regina britannica. Volevo fare solo un'interruzione, perciò dobbiamo stare attenti, altrimenti non procediamo in maniera corretta. Per il resto, formulerò dei rilievi quando esamineremo la prima fase della nostra attività. Non vi è dubbio che debbono verificarsi dei cambiamenti di rotta. Ad esempio, ho formulato delle proposte al collega Cabras per quanto riguarda le missioni in Calabria. Il programma predisposto non mi piace, perché è a senso unico: non si può andare a Reggio Calabria e ascoltare soltanto una fazione della magistratura. Sappiamo che a Reggio Calabria la magistratura è divisa in due fazioni: se vogliamo presentarci con il necessario equilibrio, dobbiamo ascoltare i magistrati dell'una e dell'altra. Non si può andare a Palmi ed ascoltare i magistrati della procura ed il presidente del tribunale, mentre a Reggio Calabria si ascoltano soltanto alcuni magistrati della procura e altri magistrati. A Reggio Calabria dobbiamo ascoltare anche il presidente del tribunale, il presidente della corte d'appello ed il procuratore generale presso la corte d'appello, se vogliamo essere obiettivi. Sono questi gli aspetti che rilevo, nell'interesse del buon lavoro della Commissione. Pag. 810 PRESIDENTE. Il programma delle missioni in Calabria lo deciderete insieme con il vicepresidente Cabras, che coordina quel gruppo. SALVATORE FRASCA. Non mi si deve fare alcuna concessione quando formulo queste richieste: si deve prendere atto che, anche se provengono dalla mia modesta persona, sono giuste. PRESIDENTE. Non vi è alcuna concessione. D'altra parte il senatore Cabras ne ha parlato con i colleghi della Calabria proprio per avere un quadro di questo tipo di proposte, come io ho fatto con quelli pugliesi. ALTERO MATTEOLI. Nel primo programma approvato dalla Commissione avevo pregato di inserire la visita a Vibo Valentia. PAOLO CABRAS. Non è nel programma, quei magistrati possono venire a Lamezia Terme. SALVATORE FRASCA. In effetti, la distanza è veramente breve e da Vibo Valentia possono venire a Lamezia. ALTERO MATTEOLI. Ma il programma originariamente approvato era in questo senso. SALVATORE FRASCA. Vibo Valentia è un comune dove dobbiamo recarci, è a quattro passi da Lamezia Terme e la visita può essere effettuata nel pomeriggio dello stesso giorno: non è che il comune di Vibo è intoccabile, perché è la patria del senatore Murmura, che ha fatto dichiarazioni di una gravità eccezionali! PRESIDENTE. Sulla prima questione posta, vorrei osservare che da quando esiste un regolamento parlamentare, la parola si chiede all'inizio della seduta. In genere si verifica che alcuni colleghi la chiedano per primi, anche se sono sempre gli stessi. Provi a farlo anche lei, senatore Frasca. SALVATORE FRASCA. Il presidente può però effettuare una turnazione. PRESIDENTE. Sì, si potrebbe stabilire di cominciare dai gruppi più piccoli, fino a quelli più numerosi o viceversa. SALVATORE FRASCA. Noi ci rimettiamo al presidente. Qui non ci dovrebbero essere i gruppi politici, ma se parla un collega dell'ala A, poi dovrebbe parlare uno dell'ala B. PRESIDENTE. L'onorevole Bargone era iscritto al quarto posto, ma ha parlato per terzultimo al fine di consentire l'alternanza fra i gruppi. Hanno parlato cinque colleghi socialisti, tre del PDS, tre della democrazia cristiana. PAOLO CABRAS. A mio avviso bisognerebbe lasciare da parte questioni di lana caprina, altrimenti rischiamo di trasformarci in una farsa di Commissione . Il problema di Vibo Valentia, come il senatore Frasca sa perché ne ho parlato con lui (chiamo a testimone anche il senatore Garofalo, anch'egli eletto in Calabria), è stato sollevato da me facendo riferimento alle clamorose dimissioni del senatore Murmura, motivate con questioni che attengono alle nostre competenze istituzionali. Non conosco personalmente santuari né di amici di partito, né di esponenti politici ed istituzionali, e ho una consolidata esperienza in questa Commissione nella passata legislatura per respingere con sdegno le insinuazioni del senatore Frasca, il quale deve meditare prima di parlare, perché, in caso contrario, possono insorgere degli equivoci. SALVATORE FRASCA. Tu hai fatto un programma che non sta né in cielo né in terra! PAOLO CABRAS. La tua valutazione è emotiva! SALVATORE FRASCA. Tu devi essere corretto! Pag. 811 PAOLO CABRAS. Ho detto che devi sempre commisurare le parole alla realtà e che bisogna sempre premettere un minimo di riflessione, altrimenti si verifica un'esagitazione scomposta, che certamente non aiuta i nostri lavori. Il problema di Vibo Valentia è stato posto da me, per non sovraccaricare il primo viaggio della delegazione, che è articolato fra l'altro in tre giorni e quindi non è breve. Stiamo vedendo di far rientrare la visita a Vibo Valentia in tale viaggio, altrimenti avverrà nella seconda fase, che riguarderà una serie di audizioni indicate dal senatore Frasca, oltre che dai colleghi Garofalo e Tripodi. GIROLAMO TRIPODI. Anche nell'ufficio di presidenza avevo sostenuto che occorreva andare a Vibo Valentia. PAOLO CABRAS. E' esatto, quindi non esiste assolutamente la volontà di evadere e di sottacere alcunché, ma soltanto di trovare un modo utile di portare avanti i nostri lavori e di acquisire, ad esempio, la disponibilità dei magistrati di Vibo Valentia a venirci incontro a mezza strada. Vi sono problemi pratici ed organizzativi, che a volte interferiscono con la volontà, che rimane chiara, e con l'obiettivo che non possiamo non cogliere, di effettuare un accertamento anche a Vibo Valentia. Per quanto riguarda la procura di Reggio, l'esperienza consolidata della Commissione ha dimostrato che i presidenti dei tribunali non danno un grande contributo per quanto riguarda l'oggetto dell'indagine della Commissione antimafia. Se volessimo estendere il programma, ciò si tradurrebbe in una perdita di tempo che andrebbe a detrimento di parti, secondo me più significative, del nostro lavoro. Mi riferisco ad una esperienza e ad una prassi consolidate, però non ho nulla in contrario e non posso avere pregiudiziali rispetto alla proposta di ascoltare un presidente di tribunale in più. Per quanto attiene alla nostra esperienza, che si rifà all'attività investigativa della magistratura inquirente, non vi è dubbio che parlare con procuratori della Repubblica che hanno in mano indagini di mafia è sicuramente più pregnante per il nostro lavoro, che non parlare genericamente con titolari di cariche istituzionali nell'ambito del tribunale distrettuale. Comunque, non esiste problema. Andremo a Reggio Calabria, dove ascolteremo i magistrati e soprattutto i rappresentanti dei consigli comunali che sono stati sciolti e per i quali saranno indette nuove elezioni tra qualche mese. Mi auguro che se ne possano trarre indicazioni che consentano alla Commissione una riflessione, trattandosi di evitare i guasti che hanno consigliato lo scioglimento di quei consigli comunali. Analoghe considerazioni riguardano il tribunale di Palmi, stanti anche le attività inquirenti da esso compiute sui rapporti mafia-massoneria e mafia-politica, temi sui quali ci stiamo intrattenendo praticamente dalla fase di avvio dei lavori della Commissione. Per quanto riguarda Lametia Terme, si tratta di uno dei più grandi comuni della Calabria il cui consiglio comunale è stato sciolto per l'esistenza di influenze mafiose. Faremo il possibile per comprendere anche Vibo Valentia nel programma della prima giornata. Comunque, la seconda fase della missione in Calabria riguarderà la provincia di Cosenza, Paola, Corigliano, il versante ionico e la piana di Siderno, dove esistono problemi rilevanti per l'attività della nostra Commissione. Ritengo pertanto che il programma relativo al viaggio in Calabria sia il più esaustivo possibile e non escluda alcun livello istituzionale ed alcuna possibilità di accertamento. LUIGI ROSSI. Desidero affermare che non sono affatto d'accordo circa la possibilità di stabilire un criterio su chi deve parlare prima e chi dopo. Chi si iscrive parla! E' essenziale invece che chi parla sappia che non può parlare per più di tanti minuti. Trascorso tale termine, il Pag. 812 presidente gli toglierà la parola, come avviene in ogni consesso. Sono altresì contrario all'ipotesi di dare la parola ad un oratore per gruppo, perché tutti i membri della Commissione hanno il diritto di prendere la parola e di esprimere le proprie idee. Chi si iscrive a parlare ha diritto di farlo! Per quanto riguarda le dichiarazioni rese in televisione di cui i colleghi hanno parlato, ritengo che si debba acquisire la registrazione della trasmissione. Dopo averne preso visione, decideremo sul da farsi. Per quanto riguarda i viaggi, abbiamo ricevuto comunicazioni; discutere sugli itinerari o cose del genere mi sembra improducente per i nostri lavori. Ci troviamo in questa sede per discutere su problemi di mafia; i battibecchi fra di noi non sono producenti. ANTONIO BARGONE. Dobbiamo attenerci alle regole: non possiamo trascinare la discussione fuori dal regolamento. Non si può pensare che ognuno, qualunque sia l'ordine del giorno della seduta, possa proporre in Commissione un problema, costringendola a discuterne, perché tale procedura non esiste in alcuna assemblea democratica. Ciascuno deve essere costretto dall'ordine del giorno a discutere delle materie in esso previste; contrariamente si determina una dilatazione dei tempi della discussione che esula dalle regole e costringe i membri della Commissione ad allontanarsi, rendendo il lavoro inutile e sterile. Penso che, perché non si verifichino richiami ai comportamenti personali del presidente della Commissione o di un suo componente, sia necessario che ciascun commissario conosca il regolamento e faccia lo sforzo di apprendere le regole che disciplinano le sedute delle Assemblee parlamentari e delle Commissioni. Il senso di responsabilità può spingere ognuno a capire il senso dei limiti della discussione, in modo da evitare che ci si spinga fino alla rissa. Se ciò avviene tutti vengono coinvolti ed io tengo a non esserlo. In molti casi, a mio parere, il silenzio è d'oro! CARLO D'AMATO. Ritengo che non si debba perdere ulteriormente tempo, ma credo contemporaneamente che la questione sollevata dal senatore Frasca non esuli dall'ordine del giorno, trattandosi di una questione di metodo. Quando si tiene una riunione della Commissione, come avviene per tutte le altre, si effettua una riunione dei parlamentari interessati alla regione presa in considerazione e si stabilisce o si cerca di concordare, in relazione al tempo disponibile, quali siano le priorità e quali istituzioni debbano essere sentite. Il senatore Frasca ha sollevato questo problema, che riguarda il metodo e non l'ordine del giorno. Si tratta di un problema di funzionalità. In ordine a queste questioni, su indicazione del presidente e dell'ufficio di presidenza, ci siamo comportati in modo analogo nel prevedere le visite della Commissione in altre regioni. Non si tratta di conoscere o meno il regolamento, ma di rapportarsi al problema e di consentire ad ogni membro della Commissione un impegno funzionale rispetto agli obiettivi della Commissione. SALVATORE FRASCA. Presidente, intendo intervenire sul programma! ALFREDO GALASSO. Desidero porre una esigenza ed una richiesta. Abbiamo ascoltato, nel quadro dell'inchiesta su mafia e politica, i capi del SISDE e del SISMI ed il ministro sulla questione, da loro stessi definita (così ha detto ancora oggi il ministro) raccapricciante, concernente Contrada. Ebbene, muovendo da questa parte della nostra inchiesta, ritengo che la Commissione sia in grado di svolgere una discussione, essendovi molte cose dette dal ministro ed anche da Finocchiaro e Pucci che non mi convincono affatto. E ciò non dal punto di vista dell'intromissione nell'indagine penale o Pag. 813 rispetto alla motivazione concernente i mandati di cattura, ma sotto il profilo dell'impostazione riguardante una questione di tale gravità. Desidero parlarne, e desidero farlo in questa Commissione, cercando di trovare un momento in cui non ci si limiti semplicemente ad ascoltare ed a porre domande di due, di cinque o di sette minuti. Questa sera, dopo aver ascoltato il ministro, avrei voluto discutere con lui, ma non ho fatto alcuna domanda non avendo intenzione di contrarre in sette minuti un ragionamento che richiede maggior tempo. Quanto in generale abbiamo ascoltato su alcune delle questioni affrontate richiede un momento di riflessione che francamente non so, signor presidente, se sia utile rinviare ritualmente alla cosiddetta discussione generale sulla relazione o non sia invece opportuno approfondire alternando, a momenti di istruzione dei problemi, momenti di ragionamento. Stiamo attraversando una fase estremamente delicata. Secondo me si stanno determinando nel sistema di potere mafioso sconvolgimenti mai visti negli ultimi cinquanta anni. Abbiamo bisogno di capire tutti insieme. Parlo ogni tanto con l'onorevole Ayala, con l'onorevole Riggio, con il senatore Brutti, ma occorre trovare un momento in cui confrontare queste idee. Non possiamo ascoltare il ministro o il capo del SISDE dire alcune cose, a mio parere molto discutibili ed anche pericolose per le conseguenze che se ne traggono, senza assumere un orientamento. La Commissione deve invece assumere un orientamento su alcune questioni e non soltanto ascoltare: diversamente arriveremo tardi. Sulla questione di Contrada, su quella di Lima e su altri problemi abbiamo bisogno di intervenire strada facendo, esprimendo ove necessario un orientamento e svolgendo una funzione di interlocuzione reale nelle fasi in cui certe scelte vengono adottate. Di fronte ad un atteggiamento apparso all'opinione pubblica di difesa e di copertura di Contrada non c'è stata un interlocuzione politica da parte di questa Commissione, che invece avrebbe secondo me potuto rappresentare un punto di misura e di equilibrio rispetto all'impressione determinatasi. La Commissione non può essere soltanto il luogo in cui il capo del SISDE o i ministri dell'interno e della giustizia esprimono ciò che gli pare, rispondendo alle nostre domande, senza che se ne traggano mai conseguenze. Pongo l'esigenza che sia dedicato al più presto possibile, in particolare alla questione Contrada, un momento di riflessione che mi consenta per venti minuti di esprimere il mio pensiero rispetto a quanto ho ascoltato, interloquendo non con il ministro che risponde alle mie domande, bensì con i colleghi in ordine alle idee che ci siamo fatti in merito alla vicenda. VITO RIGGIO. Le mie considerazioni sono in parte le medesime del collega Galasso. Aggiungo un'avvertenza: credo che la Commissione stia svolgendo un lavoro molto importante e che lo stia facendo anche bene. Non userei gli imperfetti: avevamo, potevamo. Possiamo probabilmente utilizzare con un po' di fantasia qualche strumento in più rispetto all'udienza conoscitiva, che risponde ad un andamento obbligato, in quanto in essa una persona da noi chiamata svolge qui un rapporto e ci è al massimo consentito rivolgere un tipo di domande che finiscono col diventare stereotipe, tanto più che gran parte delle risposte vengono rinviate o tralasciate. Il punto sta nel chiedersi se la Commissione abbia, come credo, strumenti ed autorevolezza nel compiere delle riflessioni rispetto alle relazioni ascoltate. Molti di noi si sono astenuti correttamente dal fare commenti su quanto accadeva, ma non si può negare che l'arresto del dottor Contrada e le polemiche ad esso seguite abbiano segnato questa fase. Per fortuna, oggi è stato arrestato Riina, ma la mia sensazione per un certo tempo era stata quella che si fosse nuovamente caduti all'interno di una sorta di Pag. 814 caccia allo Stato piuttosto che all'interno della caccia ai latitanti. Dico questo nelle sedi istituzionali, perché se lo avessi detto all'esterno qualcuno avrebbe pensato a chi sa che. L'arresto di Contrada, inoltre, si è in qualche modo mescolato anche con un'altra polemica di cui in questa Commissione non si è parlato, ma che è rilevante, perché scaturisce dalle dichiarazioni qui accennate dal ministro di grazia e giustizia. Dire che esiste una agenzia di intossicazione che interferisce con la lotta alla mafia non è una cosa da poco. Parlo anche in rapporto all'interesse delle persone che vengono chiamate in causa. E' raccapricciante, perché, se esiste una agenzia di intossicazione che interferisce e questo viene detto dal ministro della giustizia, presumibilmente con qualche elemento in più rispetto a quelli fino ad ora forniti, tale questione deve rappresentare un avviso forte per chi come noi compie questo tipo di indagine per conto del Parlamento. Altrimenti tutto finisce per divenire materia di un dibattito politico, che è del tutto legittimo, ma che fa venire meno la funzione istituzionale unificante della Commissione. Ritengo quindi che almeno con riferimento a queste precise domande, se cioè vi sia stato un calo dell'efficienza, della serietà e della incisività della lotta alla mafia dovuto ad una sorta di tradimento, non tanto di un singolo funzionario, ma di apparati dello Stato deviati o non sufficientemente attrezzati, l'opinione pubblica non possa dare una risposta sommaria, né in senso positivo né in senso negativo. E mi pare che qualche volta la dia. Capisco il momento emotivo: vi sono cose ripetute per tanti anni, rispetto alle quali dobbiamo pervenire ad un minimo di certezza istituzionale perchè non è possibile che un latitante sia tale, e se lo è vuol dire che lo Stato glielo consente. Se nutriamo questo sospetto abbiamo il dovere di trasformarlo in verità positiva, o di negarlo, perché, oltre alla responsabilità vi sono altre fattispecie, come l'inerzia, l'incapacità e la mancanza di professionalità. L'opinione pubblica si aspetta questo dalla nostra Commissione, poi ognuno può sviluppare come meglio crede il dibattito generale sul fenomeno della mafia. Per tale ragione mi associo alla richiesta dell'onorevole Galasso, pregando tutti i colleghi - l'ho già detto una volta, ma lo ripeto - di limitare al massimo la loro funzione, peraltro insopprimibile, di esponente di una parte politica, o di un orientamento ideale (se non si vuole fare riferimento ad un partito), per cedere alla ricerca unitiva della verità, propria di una Commissione d'inchiesta, e di un Parlamento che non vuole essere considerato a priori soltanto come sede di verità artefatte che si confrontano, ma in realtà non dialogano. SALVATORE FRASCA. Signor presidente, chiedo di intervenire. PRESIDENTE. Su questa questione, onorevole Frasca? SALVATORE FRASCA. No, sul programma relativo alla Calabria, di cui avevamo iniziato la discussione; poi alcuni colleghi hanno introdotto altri argomenti, dei quali possiamo sempre discutere, però stavamo parlando del programma della Calabria. VITO RIGGIO. Credevo che la discussione fosse conclusa. SALVATORE FRASCA. No, non era conclusa. Vorrei precisare che, a norma di regolamento, ogni commissario all'inizio o al termine della discussione può porre questioni di natura procedurale: mi rivolgo soprattutto al collega - di cui mi sfugge il nome - che ha avanzato rilievi sul piano formale. Ribadisco che la questione procedurale riguarda la visita della Commissione in Calabria. ANTONIO BARGONE. Questa non è una questione procedurale. Pag. 815 SALVATORE FRASCA. Presidente, posso sapere chi ha approvato questo programma? Ho diritto di esprimere su di esso il mio consenso e di dare il mio voto? Ieri sera in Senato il collega Cabras mi ha informato che oggi mi avrebbe consegnato copia del programma, e così è stato; ora lo vogliamo discutere? Il programma di massima della Commissione antimafia prevede incontri a Lamezia Terme, Reggio Calabria e Palmi: su queste indicazioni posso avanzare rilievi? Posso fornire suggerimenti utili alla Commissione, oppure una divinità ha redatto questo programma, ed è intoccabile? Siccome si parla di democrazia nelle assemblee legislative ... PRESIDENTE. Senatore Frasca, dica quello che deve dire e poi concluda. SALVATORE FRASCA. E allora dico, avendo presente l'aspetto geografico della Calabria (che forse il senatore Cabras non conosce), che il programma avrebbe bisogno di un'integrazione; infatti, visto che esso prevede di concludere la visita a Lamezia Terme entro le 18,30, che cosa succede se la prolunghiamo fino alle 20, e ci interessiamo anche di Vibo Valentia, al fine di non ritornare più nella stessa zona? Inoltre, per quanto riguarda la visita a Reggio Calabria ho sentito affermare che l'incontro con il presidente di quel tribunale non può essere utile ai nostri lavori. PRESIDENTE. Non è stato detto proprio questo, ma che in generale questi incontri non sono stati utili. SALVATORE FRASCA. Signor presidente, mi si deve rispondere con i fatti: come mai si vuole interrogare il presidente del tribunale di Palmi, mentre lo stesso incontro non è stato previsto per Reggio Calabria, che è sede di corte di appello? Non sarebbe opportuno parlare con il presidente della corte e con il procuratore generale? Se poi il programma deve essere a senso unico è un'altra questione, ma ritengo che la Commissione debba recarsi in Calabria per acquisire informazioni obiettive sui fatti e sulla situazione, scopi che detto programma non consente di conseguire. PRESIDENTE. Senatore Frasca, riferirò al collega Cabras, che coordina la delegazione, questa sua esigenza, che peraltro condivido; è vero, chi conosce meglio le esperienze e le realtà di una regione coglie il significato ... SALVATORE FRASCA. E' soltanto questo il punto che volevo sottolineare. PRESIDENTE. Per quanto riguarda la Puglia si è svolto un incontro con i colleghi di quella regione e si è delineato un quadro ... SALVATORE FRASCA. Questa stessa procedura non è stata seguita per redigere il programma della missione in Calabria; non capisco per quale ragione dobbiamo perdere tempo su questioni che potremmo risolvere in cinque minuti. MASSIMO BRUTTI. Sono d'accordo con il senatore Frasca. PRESIDENTE. Passiamo alla questione posta dai commissari Galasso e Riggio, concernente il nostro sistema tradizionale di audizioni che prevede la presentazione e discussione di una relazione. Tale sistema, su temi politicamente delicati, impedisce un confronto all'interno della Commissione, perché dovendo discutere sulla base di un documento, il dibattito non può che svolgersi entro tali limiti, mentre la fase che stiamo vivendo richiede un momento di riflessione politica. Condivido tale questione, convinto che sarebbe di aiuto alla stesura della relazione lo svolgimento di una discussione politica complessiva. Naturalmente dobbiamo stabilire in modo preciso i punti in discussione, perché per esempio le relazioni presentate dai rappresentanti del SISDE e del SISMI contenevano una miriade di temi. Mi permetto di suggerire Pag. 816 ai colleghi di non includere il nome di Contrada, perché rischiamo oggettivamente di aprire un processo sul suo vero o falso concorso, se ha agito bene o male, fatti di cui non dobbiamo interessarci. Diverso è il problema della tenuta dello Stato e il tipo di risposta data dal sistema. E' emerso infatti che per decenni si è andati avanti contrattando: se la contrattazione avveniva a Milano aveva un significato diverso da quella avvenuta a Trapani perché il destinatario della contrattazione era un altro soggetto. Ciascuno ha interpretato questo in modo diverso. La vicenda che ci è stata riferita qualche giorno fa, del giovane commissario che in casa Inzerillo punta la pistola, mentre un collega lo avverte che queste cose non si fanno perché quelli sono potenti, si inquadra in una situazione del genere. Ma nello stesso contesto si colloca l'affermazione secondo cui la legge sui pentiti e sulle consegne controllate ha "svelenito" una situazione ed ha esposto a minori rischi. Se il direttore del SISDE ci dice che gli agenti dei servizi sono preoccupati, ne traggo delle impressioni: non so che cosa abbia fatto Contrada, ma ho l'impressione che se una certa tecnica di comportamento oggi viene qualificata come concorso in una situazione mafiosa, l'elenco diventerebbe infinito. (Commenti del deputato Galasso). Questo problema è incandescente, perché rischia di essere utilizzato come argomento di pura contestazione politica da chi non ha partecipato per tante ragioni alla responsabilità politica del paese. D'altra parte è pericoloso anche per un altro verso, perché chi ha avuto tale responsabilità rischia di non guardare nel merito la questione, trincerandosi dietro la responsabilità che aveva. Se dovessimo guardare soltanto ai risultati, ho l'impressione che questa strategia non abbia dato grandi risultati: tengo il gatto in casa perché mangi i topi, ma se non lo fa lo butto fuori. Ho difficoltà al momento ad immaginare come potremmo condurre questa discussione. ALFREDO GALASSO. Dovremmo procedere nel modo che ha indicato adesso, presidente. Avendo a disposizione la documentazione, lei può illustrare in modo oggettivo la situazione cui seguirà una discussione e, quindi, un certo orientamento sui fatti; intanto dovremmo almeno comunicarci le nostre valutazioni. PRESIDENTE. Definiamo allora il tema della discussione. CARMINE GAROFALO. Partecipo da poco tempo all'attività di questa Commissione, ma seguendone i lavori ho tratto l'impressione che essa voglia essere tutto, cosa che secondo me non può né deve essere. Intendo dire che non possiamo essere un comitato di controllo sui servizi ed ascoltare anche le videocassette (non so bene a cosa dovrebbero servire). A mio avviso dovremmo definire le questioni di cui ci interessiamo e che istituzionalmente siamo obbligati ad esaminare, ma dobbiamo definire il punto con precisione, altrimenti finiamo per riprodurre un puro dibattito politico; ciò è giusto e anche utile ma - ripeto - molte volte ho l'impressione che non ci aiutiamo vicendevolmente a capire cosa succede, perché ognuno diventa portatore di una tesi, che non ha nessun riscontro, e perdiamo la capacità di ascoltare quanto dicono gli altri. Se, per esempio, la discussione dovesse concernere che cosa sono stati certi settori dei servizi, in una determinata fase della lotta (o della mancata lotta) contro il fenomeno mafioso, è un discorso; se invece essa dovesse riguardare il caso Contrada - mi pare che il presidente l'abbia escluso - allora sarebbe tutta un'altra cosa. In tal caso compiremmo un'operazione in cui ognuno diventa portatore di una esigenza, di una convinzione di colpevolezza o di innocenza, compito che non credo spetti a noi. ALFREDO GALASSO. Intervengo nuovamente perché è utile chiarire anche tra di noi questo aspetto. Pag. 817 Ho citato il nome di Contrada anche provocatoriamente, ma non possiamo decidere di ascoltare su questo caso tre persone, che ci riferiscono notizie anche gravi, che hanno un'eco anche fuori del Parlamento, senza fare su questo un ragionamento, rimanendo cioè inerti. ANTONIO BARGONE. Sono d'accordo con la proposta avanzata e condivido quest'esigenza; tuttavia non riesco ad individuare il momento in cui collocare la discussione, che è trasversale rispetto a quello che stiamo facendo, visto che la questione non riguarda soltanto il caso Contrada o il rapporto che vi è stato tra servizi, apparati dello Stato, mafia, eccetera. La difficoltà non è soltanto la definizione del tema, peraltro importante, da circoscrivere a questioni precise, ma anche quello della sua collocazione. Poiché su questo punto dobbiamo ascoltare il capo della Polizia Parisi, a mio avviso, subito dopo la sua audizione, al termine delle missioni nel meridione, potremmo avviare la discussione, purché non si trasformi in una sessione mafia-politica. Sulle questioni che hanno ispirato la vostra proposta ho rivolto delle domande al ministro Mancino che non hanno ricevuto alcuna risposta; quindi è chiaro che esiste la necessità di ottenere non soltanto una risposta dal ministro (che non sarebbe sufficiente), ma anche di svolgere una discussione. Ribadisco pertanto che la discussione potrebbe avere luogo dopo l'audizione del capo della polizia, purché il tema sia circoscritto, cercando di non anticipare il dibattito più ampio che dovrebbe avvenire al termine di questa fase. MARCO TARADASH. Signor presidente, avverto anch'io l'esigenza richiamata dal collega Galasso di dar vita ad una discussione aperta a vari temi nel corso della quale ciascuno esprima le proprie opinioni; contemporaneamente condivido la preoccupazione espressa dal collega Bargone relativamente al fatto che le numerose audizioni svoltesi in Commissione (e la conseguente sessione sul tema dei rapporti fra mafia e politica) hanno avuto origine dall'ordinanza dei giudici di Palermo in merito al caso Lima. Non vedo come inserire in tutto questo un dibattito focalizzato sulla vicenda Contrada, anche perché non riesco a capire dove possiamo arrivare. Ciò che sappiamo su Contrada non è molto: il mandato di cattura, le opinioni espresse dal capo della Polizia, dal ministro dell'interno, dai direttori del SISDE e del SISMI, oltre a ciò che il collega Galasso conosce attraverso sue fonti o che altri amici siciliani sanno attraverso altre fonti. Non credo che tutto ciò possa portarci a qualche conclusione in termini operativi. Abbiamo svolto numerose audizioni di pentiti, di responsabili della lotta alla criminalità organizzata, di politici e, quindi, dobbiamo cominciare a scambiarci qualche opinione; dubito però che il caso Contrada sia l'occasione giusta. ALFREDO GALASSO. Il caso Contrada è un esempio drammatico, raccapricciante (come dice il ministro Mancino), ma è solo un aspetto della questione più generale. MARCO TARADASH. Le audizioni si sono concentrate sul caso Contrada oppure hanno dato luogo a valutazioni troppo astratte o generali rispetto al ruolo dei servizi. Temo che incentriamo troppo la nostra attenzione sul caso Contrada e in tal caso rischiamo di non arrivare ad alcun risultato. ALFREDO GALASSO. Possiamo dire che abbiamo bisogno di un ulteriore approfondimento sul ruolo dei pentiti, per esempio. MARCO TARADASH. Se decidiamo di iniziare a discutere sul ruolo dei servizi, è necessario un maggiore approfondimento. PRESIDENTE. Abbiamo chiesto di acquisire i fascicoli riguardanti i funzionari Pag. 818 che hanno diretto queste particolari attività in passato ed abbiamo chiesto al ministro di fornire un quadro sull'attività svolta (numero degli arrestati, processi svolti, perquisizioni, applicazione della legge Rognoni- La Torre, e così via), cioè su tutta una serie di elementi da cui desumere il flusso di dati e l'efficienza o l'inefficienza delle forze di contrasto. Una volta effettuata l'audizione del capo della Polizia e ricevuto tale materiale (dal momento che dobbiamo ragionare su dati di fatto che possono anche essere smentiti), occorre svolgere una riflessione che riguardi l'andamento della risposta delle forze di polizia nei confronti del fenomeno mafioso. VITO RIGGIO. Non credo sia opportuno allargare il discorso ai servizi, anche perché esiste un Comitato parlamentare che se ne occupa. Il problema riguarda il rendimento dell'attività di contrasto nell'ultimo decennio. PRESIDENTE. Ho l'impressione che occorra esaminare più di dieci anni perché se iniziamo dal 1982 non siamo in grado di capire. VITO RIGGIO. Nel corso dell'indagine conoscitiva svolta dalla Commissione affari costituzionali, il capo della Polizia illustrò ampiamente e sulla base di grafici l'attività di contrasto. PRESIDENTE. Dobbiamo cercare di ragionare sulla base di documenti e solo successivamente all'audizione del prefetto Parisi. MASSIMO BRUTTI. Forse dopo l'audizione del capo della Polizia potremmo sentire l'esigenza di procedere ad altre audizioni. PRESIDENTE. E' importante che prima della stesura della relazione la Commissione dia vita a un dibattito relativo all'attività svolta. Comunque, preferirei che tale discussione non si concludesse con un documento perché essa deve essere funzionale ad una serie di prese di posizione politica. ALFREDO GALASSO. Concordo con quanto propone il presidente ma ribadisco che la mia richiesta puntava ad una discussione più semplice, non legata burocraticamente ad un ordine del giorno o ad una conclusione. Sento l'esigenza di discutere delle varie questioni che affrontiamo perché dopo ogni audizione mi sento spostato da un problema all'altro mentre l'elaborazione del giudizio su tutti questi temi dovrebbe essere a formazione progressiva. Non dobbiamo destinare un unico momento alla definizione di tutti i problemi ma dobbiamo affrontarli di volta in volta, consentendo a ciascuno di manifestare la propria opinione. CARLO D'AMATO. Condivido l'esigenza sollevata dai colleghi ma, come l'onorevole Bargone, mi preoccupo del tempo necessario per questo tipo di approfondimenti, anche perché le problematiche possono essere più complesse di quanto oggi immaginiamo. Per esempio le attività delle forze di contrasto riguardano non solo la polizia ma anche la magistratura. Stiamo concludendo la fase della raccolta dei dati sul tema della collusione tra mafia e politica in connessione al caso Lima ma non ritengo che questa vicenda debba essere sovrapposta ad altre perché correremmo il rischio di allungare i tempi per concludere la prima questione. Sarebbe opportuno, dal punto di vista del metodo non della sostanza, definire una vicenda e contestualmente, prima della presentazione della relazione, sviluppare questo secondo argomento tenendone conto nella fase conclusiva. Potremmo chiedere al capo della Polizia di inviarci la relazione prima della sua audizione in Commissione, in modo da poter preparare le domande. PRESIDENTE. Seguendo questo metodo si corre il rischio che la relazione venga consegnata alla stampa prima ancora che alla Commissione. Forse si potrebbe Pag. 819 seguire lo stesso metodo usato per l'audizione del ministro Martelli, nel senso di avvertire il prefetto Parisi in merito agli argomenti che la Commissione intende trattare. CARLO D'AMATO. Non mi riferisco all'audizione odierna del ministro Mancino, ma deve essere chiaro che le audizioni possono durare anche molto a lungo. PRESIDENTE. Poiché il prefetto Parisi ha chiesto di essere convocato al più presto dalla Commissione, prima di assumere una decisione lo ascolteremo. La seduta termina alle 18,50.