Pag. 1885 AUDIZIONE DEI MAGISTRATI COMPONENTI LA DIREZIONE NAZIONALE ANTIMAFIA PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE indi DEL VICEPRESIDENTE PAOLO CABRAS INDICE pag. Audizione dei magistrati componenti la Direzione nazionale antimafia: Violante Luciano, Presidente .................... 1887, 1894 1895, 1896, 1897, 1898, 1899, 1900, 1904 1905, 1909, 1913, 1914, 1915, 1916, 1918 1919, 1920, 1922, 1923, 1924 Cabras Paolo, Presidente ........................ 1897, 1908 Borghezio Mario ..................... 1902, 1917, 1918, 1920 Boso Erminio Enzo ................... 1907, 1908, 1913, 1915 1916, 1917, 1918, 1919 Brutti Massimo ............................ 1901, 1912, 1923 D'Amelio Saverio .......................... 1905, 1908, 1909 Fumagalli Carulli Ombretta ................ 1898, 1906, 1916 Grasso Pietro, Sostituto procuratore nazionale anti- mafia ........................................... 1896, 1897 1898, 1899, 1913, 1915 Macrì Vincenzo, Sostituto procuratore nazionale antimafia ....................................... 1916, 1921 Maritati Alberto Gaetano, Sostituto procuratore nazionale antimafia ....................................... 1922, 1923 Mastella Mario Clemente ......................... 1894, 1903 1905, 1908 Palmeri Guglielmo, Sostituto procuratore nazionale antimafia ........................... 1918, 1919, 1920, 1921 Riggio Vito ........................................... 1905 Roberti Franco, Sostituto procuratore nazionale antimafia ............................................. 1895 Siclari Bruno, Procuratore nazionale antimafia ........ 1887 1894, 1895, 1910, 1912 1913, 1914, 1915, 1916, 1917, 1922, 1923 Taradash Marco ........................................ 1900 Tripodi Girolamo .......................... 1899, 1900, 1910 Pag. 1886 Accettazione delle dimissioni da vicepresidente dell'onorevole Carlo D'Amato: Violante Luciano, Presidente .................... 1924, 1925 Cutrera Achille ....................................... 1924 Mastella Mario Clemente ............................... 1925 Comunicazioni del presidente: Violante Luciano, Presidente .................... 1925, 1926 1927, 1928, 1929 Boso Erminio Enzo ..................................... 1928 Brutti Massimo ........................................ 1928 Grasso Gaetano ........................................ 1927 Mastella Mario Clemente ................... 1927, 1928, 1929 Smuraglia Carlo ....................................... 1926 Riggio Vito ........................................... 1927 Tripodi Girolamo ...................................... 1926 Pag. 1887 La seduta comincia alle 16,30. (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente). Audizione dei magistrati componenti la Direzione nazionale antimafia. PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione dei magistrati componenti la Direzione nazionale antimafia. Ringrazio il procuratore nazionale antimafia ed i sostituti procuratori per la loro presenza. Lo scopo di questo incontro è innanzitutto quello di acquisire un quadro degli orientamenti che la Direzione nazionale antimafia sta assumendo in ordine al suo funzionamento: si tratta di un'istituzione nuova, che quindi bisogna costruire e far funzionare insieme. Do subito la parola al procuratore nazionale antimafia, poi verranno poste questioni tanto al procuratore quanto ai vari sostituti. Desidero chiarire che l'incontro è molto funzionale, quindi invito chiunque abbia qualcosa da dire a farlo tranquillamente, perché ci serve tutto ciò che possiamo acquisire. Le domande che verranno poste dai colleghi riguarderanno in particolare lo stato dell'azione di contrasto alla criminalità nelle singole aree del paese. BRUNO SICLARI, Procuratore nazionale antimafia. Come è noto, la procura nazionale antimafia, a norma dell'articolo 371-bis del codice di procedura penale, ha funzioni di impulso e coordinamento, ma non ha funzioni di indagine proprie. Alle funzioni che la legge le assegna la procura nazionale dovrà ottemperare informandosi ad alcuni principi e ad alcune prassi che l'ufficio ha ritenuto di individuare e che ora vi esporrò. Tali prassi debbono essere tali da garantire il principio di indipendenza della magistratura inquirente, da evitare qualsiasi accentramento che non sia necessario nonché interferenze ingiustificate nel lavoro delle procure distrettuali e, soprattutto, non debbono intaccare il principio dell'obbligatorietà dell'azione penale. I compiti della procura nazionale antimafia si possono riassumere in attività di coordinamento a carattere generale ed attività di coordinamento a carattere speciale; attività d'impulso a carattere generale ed attività di impulso a carattere specifico, attività di coordinamento della polizia giudiziaria e raccolta di dati, informazioni e notizie. E' inutile dire che le attività di coordinamento e di impulso si possono esercitare a norma dell'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale, quindi solo limitatamente ai reati previsti dalla norma che ho testé citato. L'attività di raccolta di dati potrà essere invece esercitata in relazione a tutti gli elementi che riguardano la criminalità organizzata, senza limiti di reati. Secondo le disposizioni dell'articolo 15 e della norma transitoria, le attività di impulso e di coordinamento possono essere esercitate solo per i procedimenti iniziati dopo il 22 novembre 1991, mentre non vi sono limiti per quanto riguarda la raccolta di dati. Desidero innanzitutto parlare delle attività di coordinamento e di impulso a carattere specifico. La prima è riconducibile alla risoluzione di contrasti tra le diverse procure distrettuali: in tale ottica, il procuratore Pag. 1888 nazionale provvederà, nel caso di contrasti, ad impartire ai procuratori distrettuali interessati specifiche direttive alle quali attenersi ed indirà le riunioni previste dalla legge per risolvere i contrasti che, nonostante le direttive impartite, non abbiano trovato una soluzione, o quei contrasti che abbiano impedito di promuovere e rendere effettivo il coordinamento. Le direttive del procuratore nazionale, naturalmente, non si riferiranno mai alle modalità di conduzione delle indagini, ma esclusivamente a valutazioni che attengono alle modalità di coordinamento. Ai fini del coordinamento, la procura nazionale si terrà costantemente informata, anche mediante l'invio presso le direzioni distrettuali dei propri sostituti, i quali avranno uno specifico compito di collegamento con la procura nazionale. Quanto all'attività di impulso a carattere specifico, tale funzione trova la sua espressione nel dovere della procura nazionale di assicurare la completezza e la tempestività dell'investigazione. Anche al di fuori, però, dei casi di cui all'articolo 371, ossia dei casi di indagini collegate, la procura nazionale, qualora dovesse rilevare gravi mancanze o inerzie nella conduzione delle indagini, provvederà ad impartire specifiche direttive ai procuratori distrettuali e qualora, poi, questi non osservassero le direttive impartite, ricorrerà agli ulteriori rimedi previsti dalla legge: in buona sostanza, all'applicazione nei casi meno gravi ed all'avocazione in quelli più gravi. Nel caso in cui l'inerzia attenga poi solo al mancato sviluppo di una determinata pista investigativa, la procura provvederà a segnalare al procuratore distrettuale le investigazioni che, a giudizio della procura stessa, siano necessarie. Ho accennato poc'anzi all'avocazione: questa attiene al coordinamento specifico perché è prevista qualora le riunioni non dessero alcun esito e perdurasse ingiustificatamente e reiteratamente la violazione dei doveri previsti dall'articolo 371 - cioè i doveri di collegamento tra procuratori distrettuali - ovvero nel caso in cui il coordinamento non sia stato possibile a causa di una ingiustificata inerzia nelle indagini. L'avocazione riguarderà sempre e soltanto il procedimento in relazione al quale si è manifestata l'inerzia o la ingiustificata violazione dei doveri, mai gli altri procedimenti collegati. Una volta avvenuta l'avocazione, la procura distrettuale provvederà essa stessa a collegarsi con gli altri uffici della procura. L'avocazione è vista dalla procura nazionale come un rimedio estremo, ossia adottabile soltanto nel caso in cui gli altri rimedi non abbiano sortito alcun effetto. La funzione di impulso e di coordinamento a carattere generale è finalizzata alla razionalizzazione ed all'ottimizzazione dell'attività investigativa svolta dalle direzioni distrettuali. E' un dato acquisito, come abbiamo scritto nel nostro documento, che le associazioni di tipo mafioso hanno attività ed interessi che non solo trascendono il territorio di una singola regione, ma spaziano ormai in sede nazionale e transnazionale; ne consegue che, ipoteticamente, si può pensare ad una serie molto vasta di indagini, di pertinenza dell'una o dell'altra procura distrettuale, che possono essere sviluppate attraverso il lavoro coordinato di più direzioni distrettuali. Sulla base di questa constatazione ed essendo incontrovertibile il dato che l'attività investigativa finora svolta non si estende a tutte le piste che potrebbero essere seguite, la procura nazionale si farà dovere di individuare le indagini non attualmente sviluppate, tenendo conto del fatto che ciascuna di tali indagini potenziali, inserendosi nel contesto di un fenomeno più vasto, può essere svolta attraverso il coordinamento delle procure distrettuali impegnate, o che potrebbero essere impegnate. In altri termini, la procura nazionale si farà carico di individuare le potenziali indagini collegate; non si limiterà, però, soltanto a questo: individuerà anche le indagini potenziali non collegate che siano comunque meritevoli di impulso. I nuovi filoni d'indagine, naturalmente, potranno essere individuati attraverso quell'attività di raccolta Pag. 1889 di dati, informazioni e notizie di cui parlerò più innanzi. La procura nazionale trasmetterà poi, nelle forme di legge, ai procuratori distrettuali interessati le risultanze delle nuove indagini individuate, o meglio trasmetterà ciò che avrà acquisito in relazione alle nuove indagini individuate e promuoverà il coordinamento tra le varie procure distrettuali. Prima di essere trasmesso alla direzione distrettuale interessata competente, il nuovo filone d'indagine potrà essere, in determinati casi, oggetto di quella che noi abbiamo chiamato "investigazione preliminare", la quale si pone ancora prima dell'investigazione preliminare di cui agli articoli 358 e seguenti del codice di procedura penale e che servirà soprattutto a mettere a fuoco l'oggetto della futura inchiesta giudiziaria ed a stabilire quali procure distrettuali siano competenti. Ai fini di cui innanzi, la procura nazionale si avvarrà delle forze di polizia di cui dispone, ossia della DIA e dei servizi centrali ed interprovinciali, guidando le forze di polizia con le opportune direttive. Qualora si profilino nuove ipotesi di indagini che siano collegate attraverso la visione complessiva ed in relazione alle quali emergano elementi da atti di procedimenti in corso di trattazione presso una o più direzioni distrettuali, la procura nazionale avrà cura di interpellare, prima dell'eventuale investigazione preliminare, le procure interessate. Passo ora ad illustrare l'attività di coordinamento della polizia giudiziaria. Nell'ambito della funzione di coordinamento - in particolare, di coordinamento ed impulso a carattere specifico - si potranno rilevare situazioni di impiego irrazionale o non coordinato delle forze di polizia, che potranno richiedere l'emanazione di direttive specifiche. In taluni casi, la procura nazionale - come ho detto poc'anzi - potrà sollecitare particolari approfondimenti investigativi da parte delle forze di polizia, sia indirettamente, rivolgendo cioè le proprie sollecitazioni ai procuratori distrettuali antimafia, sia direttamente, avvalendosi della DIA e dei servizi centrali ed interprovinciali. Nella stessa ottica, la procura nazionale, avendo acquisito una conoscenza abbastanza approfondita, ed in via di ulteriore approfondimento, dei procedimenti in corso nelle varie procure distrettuali, potrà impartire direttive particolari agli organi di polizia giudiziaria, con il fine di provocare approfondimenti investigativi in relazione a determinati aspetti dei fenomeni criminali che trasparissero da una visione globale dei fenomeni stessi e che non risultassero esplorati da alcuna procura della Repubblica. Naturalmente, sempre nella prospettiva di trasmettere poi agli uffici competenti i nuovi filoni di indagine in tal modo messi a fuoco. L'attività di impulso e di coordinamento presuppone naturalmente quella di acquisizione ed elaborazione delle informazioni, con la quale non può che andare di pari passo. L'attività di acquisizione delle informazioni è finalizzata però anche alla realizzazione della banca dati giudiziaria; l'acquisizione ed elaborazione dei dati, delle notizie e delle informazioni si muove quindi in una duplice prospettiva: da un lato, l'acquisizione di conoscenze per la banca dati e, dall'altro, l'esigenza di ritrovare, attraverso i dati che sono stati acquisiti, i filoni potenziali di indagine che siano particolarmente promettenti. La realizzazione della banca dati esige però la disponibilità di strumenti informatici; la norma dell'articolo 117, comma 2-bis, del codice di procedura penale prevede esplicitamente che il procuratore nazionale possa accedere ai registri generali e alle banche dati presso le procure distrettuali e che realizzi tutti i collegamenti necessari perché sia attuata, attraverso l'utilizzazione di procedure informatizzate, la finalità della raccolta e dell'elaborazione dei dati di cui ho parlato in precedenza. Deve essere quindi realizzato un sistema integrato di banche dati delle procure distrettuali e della procura nazionale, perché attraverso questo sistema si possa acquisire ed elaborare lo scambio delle informazioni provenienti dai procedimenti che riguardano la criminalità Pag. 1890 organizzata. Deve essere altresì prevista la possibilità di accesso alle banche dati giudiziarie, a quelle della polizia e alle cosiddette banche dati del sistema paese per l'acquisizione di ulteriori notizie che sono sempre utili per la conoscenza dei fenomeni criminali nel contesto economico e sociale. Tutto ciò esige però la predisposizione di mezzi adeguati, per quanto riguarda sia l'hardware sia il software; in questa prospettiva, l'ufficio deve essere messo in condizione di studiare, con l'apporto di esperti qualificati, quali siano i mezzi materiali e i programmi più idonei per raggiungere lo scopo della creazione del sistema di banca dati indicato e deve poter contare sulla disponibilità delle risorse finanziarie necessarie. La realizzazione del progetto di cui ho parlato richiede necessariamente tempi non brevi; tuttavia, questi tempi devono essere chiaramente determinati. Nell'immediato, la procura nazionale deve essere messa in grado di disporre subito dei mezzi informatici, per iniziare l'archiviazione e l'elaborazione degli atti e delle informazioni che sono stati già acquisiti e per collegarsi con le altre banche dati esterne. Più avanti, se lo riterrete necessario, preciseremo quanto abbiamo avuto fino a questo momento. La formazione di una conoscenza tendenzialmente completa della criminalità organizzata esige poi che l'ufficio dedichi attenzione anche ad altri aspetti (quelli criminologici, sociali ed economici) dei fenomeni e approfondisca tematiche particolari giuridiche, economiche e finanziarie. Ciò comporta, tra l'altro, la disponibilità di strumenti culturali, in particolare la formazione e l'aggiornamento di una biblioteca specializzata ed il collegamento con centri e istituti di ricerca nazionali e internazionali. Le applicazioni temporanee di magistrati del pubblico ministero rappresentano un argomento estremamente importante, perché si è addirittura sostenuto che attraverso le applicazioni la procura nazionale può arrivare a sostituire i colleghi delle procure distrettuali. Le applicazioni temporanee di magistrati hanno la loro disciplina nell'articolo 110-bis dell'ordinamento giudiziario e vengono quindi disposte dal procuratore nazionale, sentiti i procuratori generali e i procuratori della Repubblica interessati, con decreto motivato, copia del quale viene poi trasmessa al Consiglio superiore della magistratura per l'approvazione. Sto parlando delle applicazioni temporanee di magistrati della procura nazionale ad una direzione distrettuale antimafia, ovvero dall'una all'altra delle direzioni distrettuali. Quando si tratta invece di applicazioni infradistrettuali, provvede il procuratore generale. Il procuratore nazionale disporrà in primo luogo le applicazioni quando vi siano protratte vacanze di organico; si tratta di situazioni contingenti, patologiche, che giustificano l'applicazione quando non vi sia altra strada per evitare che si paralizzino indagini in materia di delitti di criminalità organizzata. Occorre però porre l'accento sul fatto che le vacanze di organico non sono la causa principale dell'inadeguatezza dell'organizzazione del pubblico ministero. Il vero problema è costituito dall'insufficienza degli organici attuali, i quali resterebbero insufficienti ancorché venissero completati, poiché nel momento in cui è entrato in vigore il nuovo codice di procedura penale non è stato incrementato in misura corrispondente al numero dei giudici istruttori, destinati a scomparire (non è stato anzi aumentato di una sola unità), il numero dei magistrati del pubblico ministero. Pertanto, la procura nazionale, anche al di là del ricorso contingente ad applicazioni, si farà carico di prospettare alle istituzioni competenti l'esigenza non solo di colmare le vacanze degli organici ma anche di incrementare gli organici delle procure della Repubblica, in particolare delle procure distrettuali, almeno in misura tale da compensare la scomparsa dei giudici istruttori e quindi da ripristinare almeno il medesimo numero di magistrati inquirenti che facevano fronte alle esigenze delle investigazioni giudiziarie. Pag. 1891 Il secondo caso in cui il procuratore nazionale potrà disporre l'applicazione è quello dell'inerzia nella conduzione delle indagini, che non sia evidentemente riconducibile a protratte vacanze di organico; dovrebbe trattarsi in teoria soltanto delle inerzie ricollegabili ad una grave negligenza imputabile allo stesso dirigente della procura distrettuale interessata, perché diversamente all'inerzia si potrebbe ovviare mobilitando diversamente le forze interne della procura. Tuttavia, nell'attuale situazione di grave insufficienza degli organici delle procure, si ha motivo di ritenere che i casi di inerzia siano numerosi e non siano necessariamente riconducibili a comportamenti negligenti. Considerato il numero dei sostituti della procura nazionale, il procuratore nazionale provvederà soltanto nei casi di inerzia più grave. Nel caso di una perdurante inerzia nella conduzione delle indagini, il procuratore nazionale valuterà se sia opportuno ricorrere allo strumento dell'applicazione ovvero se sia il caso di ricorrere allo strumento dell'avocazione, sempre che si tratti ovviamente di un'inerzia che paralizza un'indagine collegata, perché solo in questo caso è dato provvedere all'avocazione. Considerato il carattere multiterritoriale che generalmente assumono i fenomeni criminali trattati dalle direzioni distrettuali, si ha motivo di ritenere che in genere l'inerzia avrà risvolti negativi interni di coordinamento tra diversi uffici, cosicché sarà applicabile l'uno o l'altro istituto (applicazione o avocazione). Si ricorrerà all'applicazione anche nel caso di specifiche esigenze investigative o processuali. Non mi soffermerò comunque su questo punto e passerò all'altro, relativo all'applicazione quando si tratta di procedimenti di particolare complessità o che richiedono specifiche esperienze e competenze professionali. Si tratta di ipotesi che si possono verificare quando il grado di complessità del procedimento o i requisiti di specializzazione e di competenza professionale superano i requisiti della media dei procedimenti di competenza dell'ufficio giudiziario. L'applicazione sarà sempre disposta, come d'altronde è nella legge, per la trattazione di procedimenti determinati. Ai fini di un miglior controllo del territorio da parte di ogni singola direzione distrettuale e anche allo scopo di non provocare un certo senso di demoralizzazione nei sostituti procuratori delle procure non distrettuali e con riferimento alla trattazione di procedimenti che rientrino nella competenza territoriale dei tribunali periferici (anche se, dinanzi alla modifica della legge, sono attratti dalla direzione distrettuale), la procura nazionale incoraggerà le applicazioni infradistrettuali; si tratterà di applicazioni a tempo parziale alla procura della Repubblica del capoluogo di magistrati in servizio presso altre procure del distretto, ai soli fini della trattazione di procedimenti relativi a reati commessi nella circoscrizione periferica. Desidero infine soffermarmi sul colloquio investigativo, previsto, come è noto, dall'articolo 18-bis dell'ordinamento penitenziario, che ha attribuito al procuratore nazionale antimafia la facoltà di procedere a colloqui personali con detenuti ed internati ai fini dell'esercizio delle funzioni di impulso e di coordinamento; si tratta di un istituto che, nel modo in cui è stato concepito, non trova possibilità di armonizzazione con l'impianto complessivo del codice di procedura penale. Peraltro, la procura nazionale ha già provveduto ad un certo numero di colloqui investigativi e ha ritenuto di dover razionalizzare il più possibile l'impiego di tale istituto in termini che si possono riassumere nel modo seguente: trattandosi di un atto privo di qualsiasi utilizzabilità processuale, si procederà al colloquio senza la presenza di un difensore; l'atto sarà in ogni caso documentato riportandone il contenuto sotto forma di relazione scritta e firmata dal procuratore nazionale o dal sostituto che vi ha proceduto. Lo scopo dell'atto sarà quello di individuare ovvero eventualmente mettere a fuoco nuovi filoni di indagine che siano Pag. 1892 emersi aliunde e che richiedano un'attività di investigazione preliminare. Le informazioni acquisite con il colloquio investigativo saranno immediatamente trasmesse agli uffici competenti. Peraltro, anche in questo caso, qualora risultasse necessario, si provvederà, attraverso investigazioni preliminari, a mettere a fuoco meglio l'oggetto dell'investigazione. I colloqui investigativi con soggetti indagati o imputati saranno evitati al massimo o saranno svolti con le cautele che sono necessarie per evitare dannose sovrapposizioni con gli organi giudiziari competenti. Quello che ho pressoché letto è un documento che la procura nazionale si è voluta dare e con il quale ha tracciato le linee strategiche complessive dell'ufficio. Voi tutti sapete che si tratta di un ufficio nuovo, che abbiamo dovuto costruire; noi stessi abbiamo dedicato molto tempo all'esame delle norme e all'identificazione degli spazi che la legge ci consentiva. Proprio perché si tratta di un ufficio nuovo, è difficile tracciare un bilancio di quanto è stato fatto, poiché tale bilancio non rispecchierebbe quelle che sono le possibilità dell'ufficio anche in un futuro vicinissimo. L'ufficio è stato impegnato su molti fronti, soprattutto su quello del coordinamento che, per l'esperienza che abbiamo acquisito, sarà l'oggetto principale della nostra attività. Il coordinamento è veramente necessario, come mi sono reso conto ricoprendo la carica che occupo, e non sempre quello che noi facciamo traspare dagli atti. Se mi chiederete notizie sul lavoro che abbiamo svolto, le informazioni che vi fornirò indicheranno un lavoro minimo, ma nella realtà abbiamo già svolto un grosso lavoro: le cifre non parlano di tutto il lavoro che abbiamo svolto per il semplice fatto che, per esempio, il coordinamento si svolge non sempre con atti formali, ossia con direttive scritte del procuratore nazionale, ma il più delle volte attraverso interventi orali. Sono continuamente impegnato a cercare di coordinare telefonicamente indagini di varie procure distrettuali. Anche l'attività di impulso passa per la stessa strada, ossia il più delle volte attraverso attività non scritte ma orali. Nella prima fase ho provveduto ad inviare presso le varie procure distrettuali i sostituti procuratori nazionali. Ho applicato inizialmente cinque sostituti procuratori nazionali in altrettanti distretti situati in zone particolarmente a rischio. Attualmente i procuratori distrettuali applicati sono otto, peraltro non a tempo pieno, perché ci siamo resi conto che è preferibile non procedere ad applicazioni a tempo pieno ma lasciare la possibilità ai colleghi che vanno in applicazione di svolgere l'attività di coordinamento e di raggiungere anche, per qualche giorno alla settimana, la procura nazionale, al fine di portare avanti l'attività di acquisizione di dati e, in generale, tutte le attività che essi devono svolgere presso la sede. Attualmente, come accennavo, ne ho otto: due a Napoli, uno a Caltanissetta, uno a Messina, uno a Catania, uno a Reggio Calabria, uno a Catanzaro, uno a Venezia e Trieste, per un procedimento in particolare. Devo aggiungere che naturalmente abbiamo svolto anche altre attività, secondo le funzioni che ci sono attribuite. Abbiamo effettuato un certo numero di colloqui investigativi: di quelli di cui avete sentito parlare in termini negativi, devo peraltro onestamente dire che, nonostante i termini negativi con i quali io mi sono espresso in relazione ad essi, la procura della Repubblica di Palermo mi ha chiesto di svolgerne e di incrementarli. Mi ha chiesto, anzi, di individuare, nelle liste dei detenuti ritenuti particolarmente pericolosi e sottoposti a regime speciale in base all'articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario, quei detenuti nei confronti dei quali sia possibile effettuare il colloquio investigativo, fra i più giovani e con condanne pesanti, cioè fra quelli che dovrebbero avere una maggiore propensione alla collaborazione. Stiamo cercando di formare un polo tecnologico, cioè di porci anche come Pag. 1893 polo tecnologico nei confronti delle procure distrettuali, attraverso una ricerca di periti, consulenti, persone professionalmente capaci. Abbiamo cominciato a scrutare con attenzione la possibilità che la procura nazionale abbia anche un profilo internazionale, cosa sulla quale io pongo l'accento: è stata, fra l'altro, una richiesta che hanno avanzato i colleghi della procura di Palermo nell'ultima riunione del Consiglio superiore, chiedendo che la procura nazionale si faccia carico di instaurare rapporti con le autorità giudiziarie straniere, e non già per fini preventivi ma proprio ai fini delle indagini che i colleghi siciliani svolgono. E io credo che non sia soltanto un problema dei colleghi siciliani, perché sappiamo tutti che la criminalità organizzata ha dimensioni che sono sovranazionali, direi ormai mondiali. Sottopongo ora alla vostra attenzione un breve documento nel quale abbiamo sottolineato alcune necessità, identificando alcune mancanze della legge, di cui chiediamo delle integrazioni: "Il decreto-legge istitutivo della Direzione nazionale antimafia ha limitato la competenza di quest'ultima ai procedimenti iscritti successivamente alla data del 20 novembre 1991. Pertanto risultano sottratti alle funzioni di impulso e di coordinamento attribuite al procuratore nazionale antimafia tutti quei reati previsti dall'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale, rispetto ai quali erano in corso alla data predetta indagini preliminari. Si è avuto modo di constatare che tale divisione determina una serie di problemi di notevole rilevanza: essi investono il delicato tema dei rapporti fra il procuratore nazionale antimafia ed i procuratori della Repubblica da un lato, e dall'altro si rischia di vanificare l'effetto voluto dalla legge n. 8 del 1992 rispetto ad una cospicua serie di reati sulla base di un riferimento temporale che comporta un motivo di illogicità di tale ripartizione. Si avanza perciò la proposta di rendere applicabili per tutti i reati di cui all'articolo 51 citato le norme di cui agli articoli 371-bis del codice di procedura penale, 70 e 110-bis del regio decreto 30 gennaio 1941, cioè dell'ordinamento giudiziario, e 328 del codice di procedura penale. La modifica varrebbe non solo a superare la problematica sopra enunciata ma anche a prevenire situazioni anomale quale quella rappresentata dall'iscrizione di altri soggetti indagati dopo il 20 novembre 1991 sulla numerazione del registro delle notizie di reato preesistenti, prassi non infrequente, la quale ha l'effetto di sottrarre alla competenza della procura nazionale antimafia una serie di indagini preliminari che la legge ad essa attribuisce. Il procuratore nazionale antimafia, ai sensi dell'articolo 2 della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modifiche, può richiedere l'applicazione delle misure di prevenzione personali e delle misure di prevenzione patrimoniali nei confronti di soggetti indiziati di appartenenza ad associazioni di stampo mafioso. Si tratta dello stesso potere attribuito al procuratore della Repubblica presso il tribunale competente ed al questore. Al procuratore nazionale antimafia non è stato però attribuito il potere previsto dall'articolo 2-bis della legge n. 575 citata di svolgere accertamenti a largo raggio per individuare i beni e le attività da sottoporre a misure di prevenzione patrimoniale, in quanto per un mancato coordinamento non è stato modificato detto articolo, del quale sono formalmente destinatari soltanto i questori ed i competenti procuratori della Repubblica. A tale inconveniente potrebbe ovviarsi includendo anche il procuratore nazionale antimafia nel testo dell'articolo 2-bis della legge 31 maggio 1965, n. 575. Sebbene il complesso delle funzioni di impulso e di coordinamento attribuito dalla legge al procuratore nazionale antimafia comporti implicitamente la possibilità di accedere al contenuto degli atti delle indagini preliminari svolte dalle procure distrettuali antimafia, l'inserimento del comma 2-bis nell'articolo 117 del codice di procedura penale, con il quale si sancisce espressamente il diritto Pag. 1894 di accesso del procuratore nazionale antimafia al registro delle notizie di reato ed alle banche dati..." (Entrano in aula i deputati Rocchetta e Peraboni). PRESIDENTE. Chiedo scusa, signor procuratore: ci sono degli ospiti che non ho capito chi siano... MARIO CLEMENTE MASTELLA. Sono colleghi della lega. PRESIDENTE. Sì, ma i colleghi sono graditi se si annunciano e se comprendono che siamo in seduta; forse non l'hanno capito, anche se mi sembra che sia molto evidente. I commessi dove sono? Per cortesia, prego i commessi di svolgere la loro funzione adeguatamente. BRUNO SICLARI, Procuratore nazionale antimafia. Proseguo: "...l'inserimento del comma 2-bis nell'articolo 117 del codice di procedura penale con il quale si sancisce espressamente il diritto di accesso del procuratore nazionale antimafia al registro delle notizie di reato ed alle banche dati delle direzioni distrettuali antimafia può ingenerare, argomentando a contrario, qualche motivo di perplessità. Una precisazione legislativa varrebbe ad evitare ogni possibile dubbio interpretativo. Da ultimo, come è noto, negli ultimi tempi si è andato moltiplicando il numero di coloro che prestano collaborazione con le autorità giudiziarie e di polizia, in virtù del trattamento normativo più favorevole assicurato dalla recente legislazione. L'esperienza ha dimostrato che i collaboratori di giustizia di maggiore rilevanza rendono spesso dichiarazioni di portata e vastità tali da non iscriversi sovente nell'ambito di un solo distretto, in quanto suscettibili di investire la competenza di più distretti. Si avverte quindi l'esigenza che il controllo e l'impulso sul coordinamento attribuito alla procura nazionale antimafia possa essere immediato, tempestivo e quanto più completo possibile. E ciò è tanto più vero in quanto accade sovente che il futuro collaboratore scelga a sua discrezione il magistrato referente dichiarando a costui circostanze relative a reati che esulano dalla competenza di quest'ultimo. Orbene, per consentire che il coordinamento effettivo fra i pubblici ministeri interessati avvenga immediatamente con la dovuta efficacia è necessario che venga formalmente riconosciuta al procuratore nazionale la facoltà di partecipare all'esame dei collaboratori di giustizia da parte del magistrato inquirente". Consegno questa nota alla Commissione. PRESIDENTE. La ringraziamo, signor procuratore, per la concretezza e la rapidità con la quale ha esposto il punto di vista del procuratore nazionale antimafia, ed anche per l'ampiezza dei riferimenti. Vi sono alcuni colleghi iscritti a parlare, ma vorrei avere prima alcune precisazioni che credo servano anche ai colleghi. La prima è la seguente: com'è diviso il lavoro fra i sostituti? BRUNO SICLARI, Procuratore nazionale antimafia. Il lavoro è diviso fra i sostituti su base regionale, o meglio per procura distrettuale. Le procure distrettuali sono ventisei ed ho osservato grosso modo anche il dato della provenienza: comunque, il lavoro è diviso secondo le ventisei procure distrettuali, che sono state ripartite fra i vari colleghi. PRESIDENTE. Vi sono poi incontri periodici fra tutti i sostituti procuratori? BRUNO SICLARI, Procuratore nazionale antimafia. I colleghi assicurano il coordinamento tra le varie procure distrettuali. Per avere poi un coordinamento fra noi, svolgiamo delle sedute periodiche nel corso delle quali prendiamo atto delle novità, dei procedimenti nuovi, di quello che si muove nelle indagini delle varie procure distrettuali. PRESIDENTE. Sono emersi problemi nei rapporti fra procure distrettuali e procure territoriali? Pag. 1895 BRUNO SICLARI, Procuratore nazionale antimafia. Per la verità, tra le procure distrettuali e le procure territoriali non ci sono grandi problemi. Il problema... PRESIDENTE. Perché a me risulterebbe il contrario. BRUNO SICLARI, Procuratore nazionale antimafia. ...i colleghi delle procure non distrettuali si sentono in qualche maniera emarginati dalle indagini... PRESIDENTE. Mi scusi se insisto, ma non è soltanto questo il problema. Vi è anche un problema, per così dire, più di merito: ci sono alcune forme criminali che hanno una localizzazione molto specifica e settoriale, per cui chi opera nella procura distrettuale non conosce la realtà di quella zona: pensiamo, per esempio, a quanto accade a Marsala rispetto a Trapani o a Caserta rispetto a Napoli. Abbiamo rilevato problemi dovuti alla mancanza di indagini per questo motivo. BRUNO SICLARI, Procuratore nazionale antimafia. Si tratta di un problema che non è sorto fra le varie procure, ma che esiste. Nel parlare delle applicazioni dei colleghi delle procure non distrettuali alle procure distrettuali facevo proprio accenno alla conoscenza dei territori. Le procure distrettuali, che pure costituivano certamente un'esigenza allorché sono state istituite, hanno però determinato anche un dato la cui esistenza è fuori di dubbio: in qualche maniera, con il passare del tempo, si perderà il contatto con il territorio. I procuratori e i sostituti che sono sul territorio acquisiscono giornalmente le notizie che riguardano il territorio, notizie che non arrivano ai procuratori distrettuali. Per questo cerco di consigliare ai procuratori generali le applicazioni infradistrettuali: perché i sostituti delle procure non distrettuali portano l'esperienza della conoscenza del territorio alle procure distrettuali... PRESIDENTE. Ci sono stati casi di applicazione infradistrettuale a questo scopo? BRUNO SICLARI, Procuratore nazionale antimafia. Sì, ci sono stati. PRESIDENTE. Dove? BRUNO SICLARI, Procuratore nazionale antimafia. Ve ne sono stati diversi, parecchi. PRESIDENTE. Forse i sostituti possono fornirci altre indicazioni al riguardo. BRUNO SICLARI, Procuratore nazionale antimafia. No, forse loro ne sanno meno di me: comunque, vi sono stati questi casi certamente in Calabria, in Puglia e in Sicilia, a Palermo. Ve ne sono stati parecchi. FRANCO ROBERTI, Sostituto procuratore nazionale antimafia. Anche alla direzione distrettuale antimafia di Napoli è stato applicato un sostituto della procura di Santa Maria Capua Vetere per seguire un procedimento, esattamente quello relativo alla cosiddetta strage di Acerra. PRESIDENTE. Un'ultima precisazione: la legge prevede una banca dati della DNA, se non ricordo male. A che punto? Si è cominciato ad immettere i dati? BRUNO SICLARI, Procuratore nazionale antimafia. Non abbiamo ancora una banca dati, abbiamo soltanto una informatizzazione interna dell'ufficio. La banca dati deve essere ancora istituita. PRESIDENTE. Vi è qualche magistrato in particolare addetto alla banca dati? BRUNO SICLARI, Procuratore nazionale antimafia. Il dottor Grasso è il più competente in materia. PRESIDENTE. Se i colleghi che hanno chiesto la parola hanno un attimo di pazienza, ascoltiamo il dottor Grasso in ordine alla banca dati. Pag. 1896 PIETRO GRASSO, Sostituto procuratore nazionale antimafia. Se mi è consentito, prima di affrontare questo punto, vorrei per un attimo tornare al problema posto dal presidente, che è tipicamente siciliano ed in genere di tutte le realtà meridionali: quello dei rapporti fra la procura distrettuale e le procure territoriali ordinarie. In queste zone, vi sono due esigenze che possono portare a delle prese di posizioni contrastanti: la prima è quella che vi sia l'accentramento presso la procura distrettuale di tutte le informazioni e le notizie che riguardano il distretto; un'altra esigenza in queste zone è che i magistrati, pur non competenti a trattare gli episodi di criminalità organizzata, siano comunque tenuti perfettamente informati su tutto quello che avviene. Perché una cosa è la criminalità organizzata in queste zone a rischio, altra cosa è la criminalità organizzata in zone del nord, le quali hanno una diversa struttura sociale ed economica. E' inutile che mi soffermo su questi aspetti. Il magistrato della procura ordinaria che non si occupa della criminalità organizzata nel senso specificato dall'articolo 51, comma 3-bis, ma di reati non compresi in tale articolo, deve comunque avere la piena conoscenza dei fenomeni che si svolgono sul proprio territorio, perché è intuitivo quanto ciò sia necessario per chi si occupa dei reati contro la pubblica amministrazione, del traffico di stupefacenti, anche se attuato in forma non associativa, o delle misure di prevenzione che sotto il profilo della proposta attengono alla competenza delle procure ordinarie. A settembre, i grossi processi di criminalità organizzata che andranno in dibattimento provocheranno uno sfaldamento delle forze già collocate nelle varie procure distrettuali, in quanto alcuni magistrati saranno incaricati di seguire i dibattimenti presso il tribunale di Marsala o altri tribunali. Dunque, credo sia giunto il momento di pensare a tribunali distrettuali presso i quali centralizzare tutte le competenze. Ma poiché in queste zone non si può perdere la competenza ed il rapporto con il territorio da parte delle procure ordinarie, da un lato, bisogna cercare di accentrare, tramite i tribunali distrettuali, tutti i problemi inerenti alla criminalità organizzata e la trattazione dei processi in sede distrettuale, dall'altro, incrementare il numero dei sostituti presso le procure ordinarie utilizzandoli come una massa flessibile di manovra per le applicazioni nell'ambito distrettuale, in modo tale che, così come suggerito più volte dal procuratore nazionale, i procuratori generali possano applicare questo collegamento all'interno del distretto e mantenerlo tra il territorio e la procura distrettuale. In questo modo, credo che sarebbe possibile ovviare all'inconveniente in questione. Devo dire che non tutti i procuratori generali si sono dimostrati sensibili al problema, tant'è che alcuni hanno posto anche questioni di interpretazione legislativa che sostanzialmente hanno ostacolato la possibilità di creare questo collegamento. Comunque, anche tenuto conto del fatto che queste esigenze sono condivise dalla Commissione parlamentare cui ci rivolgiamo, se il modo di gestire il personale ed i sostituti sarà ritenuto valido, in futuro è probabile che i procuratori generali addivengano a ... PRESIDENTE. Mi perdoni l'interruzione ma vorrei capire. Vi è infatti una serie di reati, per esempio l'usura e alcune forme di ricettazione, che possiamo definire reati spia o di contorno, a proposito dei quali la preoccupazione che la Commissione potrebbe nutrire è che un eccessivo svuotamento delle procure territoriali possa poi alleggerire anche la pressione sui medesimi. Considera giusto o sbagliato questo modo di ragionare? PIETRO GRASSO, Sostituto procuratore nazionale antimafia. Non si svuoterebbero le procure territoriali perché si tratterebbe di applicazioni part-time finalizzate a certi processi di criminalità organizzata che sorgono in quel territorio. Il sostituto può rimanere nel suo territorio e continuare ad espletare tutte quante Pag. 1897 le altre funzioni. Però, per far questo bisogna incrementare gli organici e far sì che l'accentramento al distretto di tutte le competenze per la criminalità organizzata non comporti un distacco dall'intera realtà rappresentata dalle procure ordinarie, altrimenti si perderebbe il contatto con il territorio e per i colleghi sorgerebbe una serie di problemi di carattere psicologico, quali, per esempio, quello di sentirsi demoralizzati. Per quanto riguarda l'informatizzazione, ritengo che questo processo debba necessariamente iniziare nell'ambito delle direzioni distrettuali antimafia, di modo che dalla periferia i dati possano pervenire al centro. PRESIDENTE. E non c'è informatizzazione nelle procure distrettuali? PIETRO GRASSO, Sostituto procuratore nazionale antimafia. No, assolutamente. Abbiamo qualche realtà a macchia di leopardo - per usare una espressione tipica - ma attualmente non coordinate o coordinabili né tra loro né con un centro. Quindi, ancora si deve creare tutto. L'informatica pone anche seri problemi di gestione di dati e di collegamenti per via telematica, nel senso che il problema della segretezza resta tra i principali da risolvere. Infatti, nel rispetto delle competenze istituzionali, ciascun procuratore distrettuale deve avere la garanzia che il dato che eventualmente trasferisce in una banca dati non sia accessibile a personale esterno all'amministrazione. Vi sono quindi problemi che rendono ancora più problematico il trasferimento dei dati in via telematica dalla periferia al centro. Quando saremo sicuri di poter contare sulla segretezza... PRESIDENTE. Questi dati non ci sono perché mancano le macchine e i programmi o perché non sono stati elaborati? PIETRO GRASSO, Sostituto procuratore nazionale antimafia. Abbiamo un programma che è già stato sperimentato a Caltanissetta e, con buoni risultati, anche presso altri organismi investigativi del Ministero dell'interno, quali il servizio centrale operativo e la DIA. Quindi, un programma è disponibile e lo stiamo adattando alle nostre esperienze ma il problema principale è rappresentato dai mezzi, cioè dalle strutture di hardware che il ministero non è in grado di fornire. PAOLO CABRAS. Questo non rientra nel piano di informatizzazione del ministero? PIETRO GRASSO, Sostituto procuratore nazionale antimafia. Tanto per essere chiari, va detto che nelle previsioni di spesa, per quanto riguarda la competenza, non è stato stanziato nulla per l'informatica. Possiamo avere somme e finanziamenti soltanto utilizzando i residui o le somme in conto capitale. PAOLO CABRAS. E' mancato un rifinanziamento nell'ultimo bilancio, perché altrimenti non si spiega... PIETRO GRASSO, Sostituto procuratore nazionale antimafia. Sì, non c'è stato un finanziamento nell'ultimo bilancio, per cui non possono essere assunte nuove iniziative. Credo si sia trattato di una direttiva attuata per molti ministeri. Ripeto, in bilancio non vi è alcuna voce per quanto riguarda il conto di competenza. Naturalmente, una legge finanziaria potrebbe portare a nuove ... PAOLO CABRAS. Però, era in corso un programma di informatizzazione. PIETRO GRASSO, Sostituto procuratore nazionale antimafia. Sì, vi sono dei finanziamenti, per cui si potrebbe realizzare quel programma, ma ancora siamo nella fase di realizzazione ... PAOLO CABRAS. Se nell'ambito del programma si individuano altre priorità si può fare uno storno ... Pag. 1898 PIETRO GRASSO, Sostituto procuratore nazionale antimafia. Vi è uno stanziamento di somme, creato con la legge istitutiva della procura nazionale e delle procure distrettuali, che è stato salvaguardato. Dunque, possiamo contare su questa cifra ma nell'ambito ministeriale il problema è rappresentato dai tempi molto lunghi per le procedure amministrative: intendo riferirmi a tutta la fase precontrattuale di ricerca del contraente, poi a quella dei contratti e al parere dei vari organi preposti ... PRESIDENTE. Ma voi le macchine le avete o no? PIETRO GRASSO, Sostituto procuratore nazionale antimafia. In base ad un vecchio contratto dell'amministrazione, siamo riusciti ad ottenere dieci computers utili per questo lavoro. PRESIDENTE. Essendo voi venti! PIETRO GRASSO, Sostituto procuratore nazionale antimafia. Sì, essendo noi venti. Abbiamo anche altri computers che però, essendo di modesta potenzialità, sono utilizzabili soltanto, sotto il profilo amministrativo, per la videoscrittura. Questa è la dotazione di cui disponiamo. Abbiamo inoltrato una richiesta quanto meno per creare una rete all'interno dell'ufficio (ad essa alludeva il procuratore Siclari nella sua precedente esposizione) e sappiamo che è stata iniziata la procedura per indire la gara ma basandoci sui tempi prevedibili riteniamo che non potremo disporne nemmeno in autunno. Il problema della segretezza dei collegamenti telematici si può risolvere in qualche modo. Però, al momento, manca una rete di trasmissione telematica assolutamente sicura, a proposito della quale abbiamo già inviato all'amministrazione un progetto relativo alla sua architettura e struttura. Per quanto riguarda le trasmissioni, abbiamo progettato di utilizzare la trasmissione fisica dei dati. Intendo dire che anzitutto dobbiamo attuare la rete presso di noi, riuscire in qualche modo a creare un brandello di informatizzazione presso le 26 procure distrettuali, poi, dopo aver trasferito fisicamente i dati con dischetti o nastri, collocarli in una banca dati. PRESIDENTE. La banca dati non può essere unica? Perché fare banche separate? PIETRO GRASSO, Sostituto procuratore nazionale antimafia. Per creare la banca dati unica occorrono tempi lunghi e, soprattutto, garanzie di sicurezza. OMBRETTA FUMAGALLI CARULLI. C'è il sistema delle chiavi! PIETRO GRASSO, Sostituto procuratore nazionale antimafia. Sì, ma non è ritenuto sicuro. Anche di recente, a Roma vi sono stati dei processi, perché qualcuno è riuscito ad entrare nei sistemi delle banche ed in quelli ospedalieri. Insomma, i sistemi attuali non garantiscono la segretezza. Quindi, da questo punto di vista si richiede uno studio particolareggiato, un programma approvato e stanziamenti notevoli. Per quanto ci riguarda, ci siamo dati dei livelli e comunque questo programma non lo abbiamo trascurato. Infatti, abbiamo realizzato un progetto a lungo termine e un altro a medio termine, oltre al progetto minimale che ho esposto. Quest'ultimo prevede di partire con una rete, di creare un serbatoio di dati e di acquisirli con un sistema che, pur non essendo telematico ma fisico, in attesa che il ministero ci fornisca strumenti più adatti, ci consentirà però di partire. Del resto, non si possono pretendere risultati senza mezzi e strumenti. Per ovviare agli inconvenienti e a tutti i ritardi prodotti dall'attività amministrativa, era stato redatto una bozza di regolamento per l'autonomia finanziaria delle DDA e della DNA che aveva lo scopo di rendere più snella proprio l'attività amministrativa finalizzata all'acquisizione di beni e servizi necessari negli Pag. 1899 uffici giudiziari. Ciò in deroga, come previsto dall'articolo 14 della legge istitutiva, alle normative in tema di contabilità generale dello Stato e di contrattazione ordinaria e specifica. La bozza di regolamento redatta dal Ministero è rimasta ferma presso il Dicastero del tesoro, il quale, dopo tre mesi, nel marzo scorso ha mosso osservazioni che bloccavano, nei loro contenuti sostanziali, le richieste avanzate: per esempio, a proposito dell'ordine di accredito, che era previsto in un massimo di 900 milioni e che avrebbe dovuto essere distribuito dal procuratore nazionale su tutte le procure distrettuali, si è ritenuto che ciò avrebbe comportato una erogazione di somme talmente esigue che non valeva la pena predisporre tutto questo apparato. Il ministero ha risposto a queste osservazioni ribadendo alcuni punti centrali del provvedimento. Il contenzioso con il tesoro comporta un blocco totale; quando saranno superati tali problemi, si dovrà passare al parere del Consiglio di Stato, al fine di approvare il regolamento. Questo era un tentativo per rendere più rispondente l'acquisizione di beni e servizi alle esigenze immediate delle direzioni distrettuali o della Direzione nazionale. PRESIDENTE. Se ho ben compreso, non funzionano né le banche dati delle direzioni distrettuali né quella della Direzione nazionale. PIETRO GRASSO, Sostituto procuratore nazionale antimafia. Questa è la situazione attuale. GIROLAMO TRIPODI. Ho ascoltato la relazione del procuratore nazionale e devo confessare di essere rimasto per molti aspetti deluso. Mi aspettava alcuni chiarimenti sull'avvio di questa nuova istituzione e sui primi risultati conseguiti perché dobbiamo conoscere quali siano le intenzioni e le modalità per indirizzare l'azione di contrasto alla criminalità organizzata, ma volevamo anche avere un quadro della situazione attuale e del primo impatto dell'attività svolta dalla DNA. Purtroppo, devo dire che fino a questo momento non abbiamo avuto dati precisi su quanto è stato fatto. Esprimo il mio parere negativo, ed ho già chiesto scusa, anche se il medesimo può non essere condiviso dal procuratore o da altri. Pensavo che oggi avremmo avuto qualche elemento in più per esprimere un giudizio e fornire un aiuto per il lavoro che la Direzione nazionale antimafia deve compiere. Sarebbe stato altresì doveroso che nella relazione fosse contenuto un cenno agli attacchi inauditi diretti a delegittimare quei giudici che sono impegnati nelle indagini svolte nei confronti di esponenti politici di tutti i livelli, anche di grosso calibro, come Andreotti, Goria, Misasi. Rispetto a questi attacchi, forse il procuratore nazionale avrebbe dovuto dire qualcosa, perché ritengo che quanto viene fatto dai giudici non possa essere definito come una mascalzonata né che i giudici medesimi possano essere definiti inaffidabili, solo perché si sono permessi di indagare anche su personaggi politici che hanno avuto rilievo a livello nazionale e che oggi vengono indicati come persone che hanno avuto collegamenti o contiguità con le organizzazioni mafiose. Il dottor Siclari ha inoltre detto che, se gli fosse stata posta qualche domanda sull'attività svolta, avrebbe risposto che è ancora presto. Mi aspettavo, però, almeno un quadro dell'azione di contrasto condotta a livello regionale, nelle varie zone in cui è maggiormente presente l'organizzazione criminale ed in quelle in cui questa è meno forte ma pur sempre presente. Sarebbe stato giusto che la Commissione fosse messa a conoscenza dei motivi del ritardo nell'avvio delle funzioni della DNA, perché è nostro dovere compiere una verifica ed eventualmente sollecitare il superamento degli ostacoli e delle difficoltà. Fra i vari problemi, ve n'è uno, forse di minore rilevanza, che però ritengo importante: mi riferisco alle difficoltà per le quali non è stato risolto il problema Pag. 1900 riguardante i sostituti assegnati alla procura nazionale antimafia, che sono stati trasferiti a Roma e che devono sostenere molte spese. E' giusto che costoro, nell'espletamento dell'importante compito loro assegnato, non subiscano una riduzione del trattamento economico a causa dei maggiori oneri affrontati per le spese derivanti dalla loro permanenza a Roma. PRESIDENTE. Onorevole Tripodi, la prego di avviarsi alla conclusione dell'intervento. GIROLAMO TRIPODI. Un'altra questione riguarda i rapporti fra le procure distrettuali e la procura nazionale. In proposito vorrei richiamare il caso di Bari e chiedere al dottor Maritati, oggi presente, di illustrare eventuali problemi esistenti e di chiarire se sia vero che è stata archiviata l'indagine riguardante l'incendio doloso del teatro Petruzzelli. Infine, desidero esprimere il mio parere sulle proposte di modifica alla legge istitutiva della "superprocura". Credo che sia prematuro modificare quella legge, nonché il ruolo delle procure distrettuali; non vorrei che queste potessero essere indicate come elemento di malfunzionamento della DIA. Ritengo che, oltretutto, sarebbe dannoso oggi porre il problema della revisione della norma sulle indagini iniziate precedentemente dalle procure ordinarie, prima dell'entrata in vigore di quella legge. In proposito vorrei maggiori chiarimenti. In conclusione, ritengo che tutti i problemi riguardanti eventuali modifiche ed integrazioni alla normativa esistente, ovvero accorpamenti di poteri non possono trovare accoglimento. PRESIDENTE. Onorevole Tripodi, la invito nuovamente a concludere l'intervento. E' inammissibile parlare più di un quarto d'ora, perché in tal modo non riusciremmo a concludere il dibattito. GIROLAMO TRIPODI. Non credo di aver parlato per un quarto d'ora. PRESIDENTE. Siamo oltre questo limite di tempo. GIROLAMO TRIPODI. Anche in tema di avocazione non concordo perché credo sia necessario stare molto attenti: deve avvenire solo nei casi eccezionali in cui vi siano fondati motivi di inerzia, altrimenti le conseguenze possono essere dannose per un impegno lineare e coerente contro la mafia. MARCO TARADASH. In base alla legge, la Direzione nazionale antimafia dispone della Direzione investigativa antimafia: vorrei sapere in quale modo ne disponga, se effettivamente questo rapporto si sia realizzato e se alcune delle difficoltà evidenziate, ad esempio in relazione alle banche dati, non possano essere risolte avvalendosi della DIA. Una seconda domanda riguarda le strutture. Ho ben compreso il problema della banche dati ma forse il ministero dovrebbe domandarsi se non sia preferibile porsi obiettivi più limitati; forse non è necessaria una banca dati così complessa, attraverso la quale utilizzare anche documenti segreti, poiché potrebbe bastare una banca dati tematica, grazie alla quale conoscere l'esistenza dei documenti. Vorrei sapere, inoltre, se il personale ed i mezzi finanziari in dotazione alla Direzione nazionale antimafia siano sufficienti. Mi riferisco soprattutto al personale amministrativo, agli esperti, ai tecnici. PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PAOLO CABRAS MARCO TARADASH. La mia domanda conclusiva forse risulta banale: la Direzione nazionale antimafia funziona? Rilevate che nella lotta alla criminalità organizzata questa struttura sia utile e necessaria? Vorrei conoscere una vostra valutazione, ancorché sommaria, a distanza di alcuni mesi dalla sua istituzione. Pag. 1901 Il dottor Siclari ha svolto una relazione molto chiara ed utile per individuare i problemi ed ha fatto riferimento ad un'iniziativa di impulso che dovrebbe vivacizzare l'attività delle procure distrettuali un po' inerti. Vorrei sapere se esistano procure distrettuali inerti. Nella relazione, è fatto cenno anche alle indagini potenziali, che non nascerebbero tanto da una valutazione di una singola procura distrettuale, quanto da una visione complessiva del fenomeno. Queste indagini potenziali sono state avviate o si è soltanto capita la tipologia delle medesime? Qual è, ad esempio, il rapporto oggi esistente tra mafia intesa come Cosa nostra e criminalità organizzata? Infine, vi chiedo: la criminalità disorganizzata non rappresenta, sotto certi profili, un pericolo altrettanto grave quanto la criminalità organizzata, ove si consideri che essa si inserisce nei traffici che vengono via via lasciati disponibili dalla criminalità organizzata, in conseguenza dell'acquisizione da parte di quest'ultima di nuove dimensioni? Penso, per esempio, al fatto che questa forma di criminalità si legalizza attraverso operazioni economiche lecite, lasciando ad altri lo svolgimento di attività di diversa natura. PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE MARCO TARADASH. Credo che a tali domande possa essere fornita una risposta soltanto avendo una visione complessiva del fenomeno. E' proprio per tale ragione che chiedo se voi, come procura nazionale antimafia, siate già in grado di tracciare un quadro di questa natura. MASSIMO BRUTTI. Desidero ringraziare il procuratore nazionale antimafia per le cose che ci ha detto, che mi sembra confermino una certa prevedibile difficoltà nel decollo della nuova struttura. A me pare che una ragione di difficoltà nasca anche dalla definizione dei compiti fondamentali della struttura stessa, definizione essenzialmente legata al problema se essa debba assumere una funzione operativa diretta oppure debba organizzarsi come una struttura di servizio. Mi è sembrato che questa differenza di impostazione trasparisse nella descrizione di alcuni problemi richiamati dal procuratore nazionale. Penso, per esempio, alla questione dei colloqui investigativi e dei relativi limiti, alla gestione dei pentiti ed al problema delicatissimo relativo all'avocazione in caso di mancato coordinamento. Non ho ben compreso come all'interno di quest'ultima ipotesi si collochi la possibilità di una avocazione per inerzia, che credo debba essere configurata non come sostituzione rispetto ai compiti della procura distrettuale ma con riferimento all'ipotesi in cui l'inerzia rappresenti una ragione di impedimento del coordinamento. Mi è sembrato di capire che il problema dell'avocazione sia inquadrato in questi termini: di questo chiedo conferma al procuratore nazionale. Vorrei ora svolgere una breve considerazione in merito alle applicazioni riferite a singoli processi, che mi pare abbiano rappresentato l'iniziativa fondamentale e principale (o, almeno, più immediatamente visibile) assunta finora dalla procura nazionale. Alcuni sostituti sono stati applicati in sedi particolari. Chiedo: l'applicazione è stata decisa sulla base di criteri generali, di un piano di lavoro? Non mi è sembrato che le applicazioni siano state dirette verso le regioni del Mezzogiorno, considerato che sono state disposte a raggiera un po' in tutta Italia. Vorrei capire se in ordine alle decisioni relative all'applicazione venga seguito un piano o se le applicazioni siano decise di volta in volta in relazione a singoli processi. Per quanto riguarda il lavoro dei sostituti applicati, mi domando quale sia il rapporto fra costoro e la polizia giudiziaria, se cioè la relazione tra i sostituti e l'attività della polizia giudiziaria passi sempre attraverso le procure distrettuali - come mi sembra debba essere - oppure no. Pag. 1902 Quanto al rapporto tra procura nazionale antimafia e DIA, richiamato poc'anzi dal collega Taradash, la legge prevede che la direzione nazionale antimafia disponga della DIA ed emani direttive per regolamentarne l'impiego. A chi sono rivolte tali direttive? Chi ne sono i destinatari? Si tratta di direttive generali da rivolgere ai procuratori distrettuali, alle procure distrettuali, oppure di direttive rivolte direttamente alla DIA? A tale riguardo ritroviamo l'ambivalenza di ruolo che può essere propria della procura nazionale: struttura di servizio collegata al circuito delle procure distrettuali oppure struttura che adempie direttamente a compiti operativi. Io credo che l'ipotesi da preferire sia la prima. Vorrei sapere inoltre quale sia l'organizzazione interna della procura nazionale. Infatti, se è vero che l'istituzione di banche dati e la circolazione di notizie nel circuito procura nazionale-procure distrettuali rappresentano un obiettivo difficile e complesso la cui realizzazione richiede un certo tempo, mi domando in che modo avvenga la circolazione di notizie all'interno della procura distrettuale, come sia ripartito il lavoro tra i sostituti, se siano seguiti criteri oggettivi in questo ambito, insomma se esista un'organizzazione degli uffici. A tale proposito, vorrei chiedere al procuratore nazionale se intenda nominare uno o più aggiunti e, eventualmente, sulla base di quali criteri. Per quanto riguarda infine la gestione processuale dei collaboratori di giustizia, abbiamo discusso e successivamente approvato in Commissione una relazione che ha rappresentato la sintesi ed il punto di arrivo del Forum svoltosi a febbraio con i rappresentanti delle procure distrettuali, della procura nazionale antimafia e con il comitato del CSM. Abbiamo preso in esame il problema dei collaboratori di giustizia e, per evitare ipotesi di esclusivo accaparramento dei pentiti da parte dei magistrati che ne hanno registrato le prime dichiarazioni nonché per evitare frenetici avvicendamenti di magistrati che li ascoltano e li gestiscono, abbiamo auspicato - mi pare che su questo punto vi fosse l'accordo di tutti - che vi fosse una funzione di coordinamento svolta dalla procura nazionale. Avete pensato a questo? In quale termini e con quale programma di lavoro? MARIO BORGHEZIO. Vorrei anzitutto chiedere se la procura nazionale antimafia sia già riuscita ad attivare un coordinamento - che più volte abbiamo sentito auspicare da parte degli organi competenti (Guardia di finanza e organi di vigilanza) - in ordine alla necessaria indagine da condurre sul problema molto grave del riciclaggio del denaro di provenienza illecita. Da vari elementi abbiamo potuto constatare che la vigilanza che si esercita in questo settore, anche quella di natura bancaria, non è la stessa in tutte le regioni italiane. Sappiamo anche benissimo che nelle aree non tradizionali di infiltrazione mafiosa l'attività più pericolosa e importante che si presume venga svolta dalle organizzazioni criminali è appunto indirizzata agli investimenti in attività palesemente lecite e in operazioni di riciclaggio. Vorrei sapere se la procura nazionale abbia già potuto attivare strumenti di coordinamento e, in caso affermativo, quali siano e quali risultati abbiano incominciato a dare. Vorrei anche sapere se esista una forma di osservatorio sull'applicazione della normativa bancaria antiriciclaggio. I miei reiterati accessi in vari istituti, anche di interesse nazionale, mi inducono a pensare che siamo ancora un po' indietro circa l'applicazione di fatto di tale normativa. La Banca d'Italia ha elaborato al riguardo un ottimo decalogo. C'è da credere però che tra le prescrizioni dell'organo di vigilanza e la concreta attuazione vi sia un gap non indifferente. Ecco perché vorrei sapere se esista un osservatorio che segua con puntualità questo aspetto molto importante. Continuano ad essere documentati episodi che dimostrano come nel nostro paese sia in realtà facilissimo riciclare: non è necessario rivolgersi agli istituti bancari esteri e di oltre frontiera dal momento che - ripeto Pag. 1903 - il denaro di provenienza illecita può essere riciclato con una certa tranquillità anche nel nostro paese. Per quanto riguarda le zone non tradizionalmente mafiose, vorrei sapere se la procura nazionale abbia avviato un lavoro specificamente rivolto all'indagine sulle modalità della penetrazione mafiosa classica (della quale abbiamo sentito parlare anche da alcuni collaboranti di giustizia e di cui abbiamo comunque continuamente notizia attraverso gli organi di stampa) in zone come il Piemonte, la Lombardia, il Veneto e la Toscana (quest'ultima regione ha costituito oggetto di una puntuale indagine da parte della nostra Commissione). Vorrei sapere se esista un programma di intervento coordinato, specificamente destinato a queste zone e se vi siano elementi di valutazione già disponibili al momento al fine di condurre un'intensa attività di contenimento e di lotta alla penetrazione mafiosa in queste realtà. A tal fine, vorrei che il signor procuratore ci dicesse a cuore aperto quello che la sua esperienza di alto magistrato, anche alla luce della collaborazione con altri magistrati della procura, gli suggerisce in ordine ad un problema molto delicato, sul quale forse l'attenzione dimostrata finora, anche da parte dei politici, non è stata sufficientemente puntuale. Mi riferisco all'istituto del soggiorno obbligato. Anche in questo caso debbo richiamare quello che più volte abbiamo ascoltato in quest'aula. In numerose occasioni abbiamo sentito ammettere da persone provenienti dall'interno dell'organizzazione delinquenziale - in qualche caso in maniera molto convincente - che il modo con il quale l'istituto è stato realizzato - pensiamo alla vecchia legge del 1965 - ha di fatto favorito l'espansione mafiosa nelle zone non tradizionalmente caratterizzate dalla presenza di organizzazioni criminali di stampo mafioso. Come ben sappiamo, il legislatore del 1965 non aveva colto la necessità di evitare che la delinquenza organizzata potesse ramificarsi grazie alla testa di ponte costituita dai soggiornanti. Si poneva inoltre anche il problema della dimora abituale, dell'identificazione del luogo. Vorrei sapere dal signor procuratore qualcosa di più circa le modalità di applicazione della nuova normativa. Il decreto n. 306 del 1992 prevede, all'articolo 25-quater, che su iniziativa del procuratore nazionale antimafia possa essere applicata la misura eccezionale del soggiorno cautelare. Abbiamo notizia che questo stia avvenendo e ci risulta anche che ciò stia suscitando reazioni molto vivaci e convinte da parte delle popolazioni interessate. Vorremmo sapere quali siano le valutazioni che hanno portato alla scelta delle destinazioni. Richiamo un esempio molto preciso, anche per sottolineare quello che sembrerebbe essere uno scoordinamento tra le varie autorità interessate: dai miei accessi al Ministero dell'interno mi risulta che quest'ultimo non sarebbe informato sul quadro dei provvedimenti assunti. Non mi è stato possibile sapere in quali regioni, in quali province siano stati destinati i soggiornanti né, soprattutto, con quali criteri si sia proceduto. Risulterebbe che le questure non ne sapessero nulla. Risulta - in questo caso non dico risulterebbe - che il sindaco di un piccolo centro in provincia di Treviso prescelto per un soggiorno obbligato (il che ha destato vivaci reazioni), il comune di Codognè, lo abbia saputo quasi per caso! Appare strano che il sindaco del paese interessato non sia stato consultato preventivamente. Su questa questione vorrei una serena valutazione da parte del signor procuratore, al quale chiedo anche di volere cortesemente accedere alla richiesta formulata dall'onorevole Rocchetta, a nome di numerosi parlamentari veneti, di avere un colloquio, anche per tranquillizzare le popolazioni venete. MARIO CLEMENTE MASTELLA. L'aspetto biblico, quello dell'impulso in via orale a mo' di coordinamento che viene dalla procura generale, può trarre in inganno ed indurre in una forma di tentazione, nel senso cioè che operare una Pag. 1904 ricognizione allo stato attuale di quello che è stato realizzato forse fa dire anche - come è stato detto da qualche mio collega - che, al di là delle difficoltà, probabilmente il quadro di riferimento appare (o potrebbe apparire) abbastanza approssimativo. Credo che invece vada dato atto al procuratore generale, ai sostituti e a quanti lavorano in quella struttura, pur tra una mole enorme e una miscela forse anche di incomprensioni... La prima domanda è proprio questa: di che tipo sono tali incomprensioni? Il procuratore si è soffermato su un documento che mi pare (ne chiedo comunque conferma) tracci una sorta di aggiustamento, di perfezionamento e di cambiamento. Chiedo al procuratore se il quadro normativo nel quale sono delineate la sua figura e quella dei sostituti appaia, alla luce anche delle prime valutazioni e delle prime registrazioni di fatti ed accadimenti, adatto ed idoneo o se, invece, non richieda - mi pare che sia questo il dato probante anche di questo primo incontro - una valutazione politica, perché, presidente, credo che questa sia la prima volta in cui ci si incontra. Quindi, se tocca a voi fare certe cose, ritengo - di qui l'importanza di questo incontro - che spetti a noi, dal punto di vista operativo e di norme, assumere iniziative, non solo registrare, perché altrimenti la reciprocità si trasforma in una forma di vischiosità. Allora, come cambiare? Cosa suggerite per il cambiamento? Mi è parso, per la verità, anche dalle parole del sostituto Grasso sull'informatizzazione, che voi siate rispetto alla mafia come la tartaruga rispetto al pie' veloce Achille. Se l'informatizzazione non si avvia, per una serie di ostacoli anche di natura burocratica - che vedo toccano non soltanto noi ma anche voi (Consiglio di Stato e quant'altro) -, quest'enorme, incredibile difficoltà rischia di far saltare il lavoro quando siamo soltanto all'inizio, quindi possiamo immaginare il prosieguo nel quale dovreste operare. Allora, chiedo anche al presidente, se ha ragion d'essere questo incontro, ognuno deve anche assumere le proprie responsabilità dal punto di vista delle forze politiche o dei gruppi parlamentari. C'è stata una grande discussione nel paese sul fatto che fosse giusto identificare il ruolo, la figura, che si stagliava nel quadro normativo e giudiziario, rappresentate dalla vostra presenza. Si è arrivati alla fine - per grazia di Dio - a riconoscerne il valore, l'entità, la specificità. Oggi mi parrebbe piuttosto strano che voi siate un enorme carrozzone che rimane in piedi tra i tanti che questo Stato bislacco ha eliminato. E' giusto che dal nostro punto di vista facciamo il nostro dovere; per questo vi chiedo di diventare una sorta di interfaccia rispetto alla Commissione, perché abbiamo bisogno anche di interlocutori unitari. Dite dal vostro punto di vista ciò che ritenete necessario, perché è ovvio - questo vale anche per gli altri - che quando in sede di legge finanziaria dovessimo accorgerci che nell'ambito del Ministero di grazia e giustizia l'informatizzazione si realizza per altri e non per la procura nazionale antimafia, io stesso sarei insieme con altri sottoscrittore non di un semplice ordine del giorno ma di emendamenti correttivi che possano sostenere validamente questo tipo di impostazione. Si sarebbe potuto discutere su questo tema prima dell'istituzione della DNA ma oggi che essa esiste bisognerà dare valore a questo tipo di argomenti. Mi pare che lei, procuratore Siclari, abbia fatto cenno ad una sorta di mancanza di coordinamento delle forze di polizia, questione correlata a quella sollevata dal collega Taradash. Vorrei che specificasse se esista o no, anche in rapporto con la DIA, la quale ha anch'essa rapporti di collegamento come interforza. Dal punto di vista degli argomenti giuridici avete una possibilità di intervento rispetto alle logge massoniche presenti nel paese? Spetta a voi o no? Vorrei porre una domanda sulle avocazioni. In che termini avvengono? Un tempo si riteneva che l'avocazione fosse... PRESIDENTE. Parla in assenza dell'onorevole Tripodi! Pag. 1905 CLEMENTE MARIO MASTELLA. Le avocazioni sembravano un istituto volto più a ritenere che a fare esplodere alcune contraddizioni, se ci sono, all'interno di una società. Come funzionano queste avocazioni? Si è parlato anche dell'inerzia. Vorrei sapere quale sia il parametro per stabilire l'inerzia, perché non vorrei che fosse una forma di censimento della capacità e dell'incapacità; magari questo potrebbe creare una forma di difficoltà operativa per coloro che sono territorialmente esposti da questo punto di vista nella gestione di questi fenomeni, di questi avvenimenti. Quali sono i rapporti con l'estero (mi pare che lei vi abbia fatto cenno)? Come avvengono o come potrebbero avvenire? A me parrebbe più opportuno che vi fosse una forma di coordinamento molto serio da parte vostra rispetto all'estero. Utilizzando quest'occasione per ricordare al presidente una richiesta, che ho ripetutamente formulato e che ho ribadito oggi con una mia dichiarazione, cioè quella di sentire Buscetta e Mannoia in Italia - sottolineo, in Italia -, vorrei sapere come avvenga o come potrebbe avvenire da parte vostra una forma di coordinamento per quanto riguarda i colloqui investigativi. Devo dire la verità: già oggi si evidenziano alcuni aspetti che credo creino qualche problema anche all'opinione pubblica. Si è avuta notizia che un pentito davanti al tribunale di Sciacca avrebbe ritrattato talune dichiarazioni che aveva reso in precedenza; il pentito avrebbe detto alcune cose abbastanza strane. Voglio dire che questi collaboratori iniziano a creare qualche problema. Apprendo che qualche collega di altra parte politica dice che Buscetta sarebbe al servizio di servizi segreti. PRESIDENTE. Chi è? MARIO CLEMENTE MASTELLA. Il senatore Mancuso della rete, una parte politica distante dalla mia. SAVERIO D'AMELIO. Leggi tutto, perché è importante! MARIO CLEMENTE MASTELLA. Parrebbe scortese nei confronti dei nostri ospiti se mi soffermassi su questo argomento. Per quanto ci riguarda - lo dico con molta buona fede, se è consentito ad un politico esprimersi in questi termini perché oggi è abbastanza strano - vogliamo che i colloqui investigativi avvengano. Quindi, se avvengono e se da parte vostra c'è un coordinamento, credo anche si pongano una serie di dubbi; se dicessi che non sorgono dubbi, anche alla luce di questi fatti, direi una bugia a me stesso, quindi aprirei un contenzioso (che non mi piace aprire) con la mia coscienza. Credo che tutti - il presidente lo ha detto - rispetto a quel che si è verificato in una serie di circostanze, anche a quel che hanno fatto i collaboratori di giustizia ed anche rispetto a qualche manipolazione che magari si intravede o qualcuno ritiene di intravedere, si pongano dei dubbi. Credo che rispetto a tutto questo il coordinamento sia un modo per filtrare, per dare la sensazione che siamo in presenza di un qualcosa di estremamente serio. Poi, secondo la vecchia massima, accada quel che accada, perché non dipende da chi indaga ma dalla bontà o verità o dai frammenti di verità che riescono ad emergere. VITO RIGGIO. Francamente, oltre a formulare un ringraziamento, vorrei utilizzare sul serio la presenza del procuratore Siclari, perché ho la sensazione che non possiamo riaprire una grande discussione ideologica. Qui il procuratore ha fatto una serie di osservazioni su come impostare un lavoro. Si tratta di una questione di fattibilità, per cui porre l'accento sulle condizioni perché il lavoro si svolga per raggiungere le finalità della legge mi sembrerebbe prioritario. Se ho capito, tra l'altro, l'intervento integrativo del dottor Grasso, in sostanza, alcuni commi della legge che danno un'indicazione (l'impulso, la direttiva, il coordinamento) sono tutte approssimazioni giuridiche rispetto alle quali le amministrazioni - e qui stiamo parlando in qualche modo di un'amministrazione - devono Pag. 1906 dotarsi di risorse senza le quali queste parole non raggiungono il loro effetto. Mi pare di capire che quel che viene chiesto a noi non sia tanto una revisione di tipo normativo - che sarebbe tra l'altro assolutamente impropria in una legge così "giovane" - quanto di valutare quali strumenti sia necessario mettere in campo (su questo c'è già stata una disponibilità ma bisogna capire meglio). Mi permetterei di dire - considerato il poco tempo intercorso e visto che questa struttura è di tipo sostanzialista, cioè deve raggiungere dei risultati - che sarebbe più importante per me e per la Commissione conoscere una valutazione sintetica, di qualità, cioè se l'ingresso in campo di questa nuova struttura stia producendo o no o non abbastanza quelle forme di integrazione e di coordinamento nel contrasto alla criminalità organizzata che nel documento del procuratore sono ancora descritte in termini metodologici. Probabilmente, per noi sarebbe più interessante sapere se nel merito si sia realizzata una forma di integrazione che elimini il più possibile i contrasti (questa era la principale preoccupazione); ciò si ottiene attraverso le direttive ma le direttive vengono concordate, stante l'autonomia delle singole indagini. Inoltre, più ampio si fa il campo conoscitivo dei filoni potenziali, più aumenta il rischio che la sottrazione di alcune indagini e quindi l'inerzia possa rappresentare un momento di blocco rispetto allo svolgimento dell'attività. Allora, la domanda che pongo è se siamo già in grado (o non ancora) di dare un primo giudizio su come sta funzionando questa struttura, se già stia raggiungendo risultati e soprattutto su quali siano le condizioni in termini di fattibilità amministrativa della legge perché questi risultati vengano raggiunti. OMBRETTA FUMAGALLI CARULLI. Ringrazio anch'io il procuratore nazionale antimafia e devo dire che le difficoltà di assestamento, di tipo organizzativo e anche di interpretazione delle sue funzioni sono pienamente comprensibili. Quindi, se qualcosa può ancora porre interrogativi ciò mi pare rientri nella fisiologia di un istituto che è da poco decollato e che ha bisogno di un periodo di prova, di un'interpretazione corretta delle proprie funzioni. Perciò, apprezzo in modo particolare i suoi sforzi, signor procuratore, e formulo i migliori auguri perché quest'istituto, che ha avuto una nascita legislativa assai travagliata, possa per davvero decollare. Condivido anch'io le preoccupazioni espresse dall'onorevole Mastella ed anche una certa delusione circa la non esistenza (o la non piena esistenza) di banche dati, né a livello nazionale, centrale, né a livello periferico, delle procure distrettuali. Ho ascoltato quanto detto dal giudice Grasso - che peraltro abbiamo apprezzato anche come consulente di questa Commissione - circa la difficoltà di poter porre sotto secretazione il materiale attinente alle banche dati. Però, nei sistemi stranieri la "chiave", come si usa dire, viene ritenuta tale da fornire sufficienti garanzie. Ma penso che anche questo sia uno dei problemi che l'assestamento e l'eventuale studio di migliori garanzie di segretezza potranno risolvere. Vorrei porre al procuratore Siclari alcune brevissime domande che anzitutto riguardano i criteri generali. La sua relazione è stata esauriente ma vorrei che da essa si potessero trarre anche criteri di tipo generale, essendo questo un istituto in decollo che ha bisogno, anche per ragioni di trasparenza, di poggiare su criteri generali non deviabili, se non eccezionalmente, nelle particolari contingenze. Uno di questi criteri riguarda la valutazione delle inerzie nelle indagini potenziali o nelle indagini collegate. E' un punto molto delicato, mi rendo conto, ma vorrei sapere quali siano i criteri di priorità - credo che abbiate tenuto una riunione insieme ai procuratori distrettuali - seguiti nel dare precedenza all'una o all'altra zona una volta riscontrate determinate inerzie. Inoltre, quali sono i collegamenti che la procura nazionale ha con il comitato antimafia del Consiglio superiore della Pag. 1907 magistratura? E' ben vero che sono due istituti diversi, che hanno anche obiettivi istituzionali diversi; tuttavia, credo che alcuni collegamenti vi siano stati (mi interesserebbe sapere anche qui sulla base di quali criteri) e che debbano continuare. Spesso riscontriamo una sovrapposizione non tanto di competenze ma di attività, che finisce poi per deformare le competenze delle istituzioni e sarebbe bene che fin dall'inizio questo aspetto fosse chiaro. Quali sono i rapporti con le strutture di intelligence che abbiamo, quindi con i servizi? L'onorevole Mastella a questo proposito ha fatto riferimento ad una dichiarazione riportata oggi dalla stampa. A prescindere dal caso concreto, vera o infondata che sia la notizia - non è detto che tutto quel che dice il senatore Mancuso sia senz'altro vero -, vorrei sapere in base a quali criteri sono regolati i rapporti con l'attività di intelligence. PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PAOLO CABRAS OMBRETTA FUMAGALLI CARULLI. Per quanto riguarda le applicazioni, ho sentito che esse sarebbero temporanee; del resto, la legge istitutiva prevede che non possano superare l'anno. Ma quelle fatte finora o che si intendono fare in futuro, secondo i criteri da voi adottati, devono avere una durata che va da un minimo ad un massimo oppure in relazione al problema specifico al riguardo del quale l'applicazione viene disposta? Mi ha interessato particolarmente un aspetto della relazione del procuratore Siclari; esso riguarda i colloqui investigativi che sono stati richiesti, ex articolo 41-bis, in riferimento a detenuti per certi tipi di reato e di particolare pericolosità. Vorrei sapere se la richiesta, oltre che da quella di Palermo, sia stata avanzata anche da altre procure. Vorrei anche sapere come siano individuati i detenuti ai quali concedere questi colloqui investigativi o verso i quali attivarsi per ottenere tali colloqui. Chi sono, come sono individuati, quali garanzie vi sono circa la loro affidabilità? Chiedo inoltre quale aggancio legislativo abbia l'attività della Direzione nazionale antimafia. Non ricordo che durante la discussione della legge istitutiva se ne sia parlato ma la domanda è dovuta ad una mia ignoranza, al fatto cioè di non aver avuto il tempo di verificare i riferimenti normativi; chiedo quindi al procuratore Siclari di illustrare, naturalmente in modo breve, le fonti normative su cui si basa quest'attività, che indubbiamente è molto importante e nello stesso tempo assai delicata. In riferimento ai rapporti con le autorità giudiziarie straniere, domando se essi non possano essere richiesti direttamente dai procuratori distrettuali, dai magistrati che compiono le indagini. Devono essere obbligatoriamente richiesti tramite la Direzione nazionale antimafia? Anche tale quesito deriva dal fatto che non mi è chiaro il dato legislativo. L'ultimo interrogativo che pongo dopo aver ascoltato la pregevole relazione del procuratore Siclari riguarda il principio della obbligatorietà dell'azione penale, che a suo giudizio deve essere assicurato. Probabilmente mi si risponderà che proprio i poteri di impulso o di avocazione in casi estremi sono quelli che lo garantiscono; le chiedo tuttavia di sviluppare ulteriormente questo aspetto. ERMINIO ENZO BOSO. Ringrazio il direttore per la sua presenza; qui si sentono fare allusioni ... (Commenti). Non ama chiamarsi direttore? Hanno detto che è un direttore poiché dirige la DNA. Procuratore generale? Va bene; comunque penso di non aver toccato la sua sensibilità. Quello che più mi fa specie è che ad un certo momento uno viene e va dicendo che questo Buscetta potrebbe essere uno dei servizi segreti e, però, un pentito si è rimangiato la parola su un ministro. Possiamo dire che questo pentito potrebbe essere stato pagato per rimangiarsi le proprie parole sul ministro? Visto che Pag. 1908 facciamo tante allusioni, facciamole fino in fondo dando a tutte lo stesso peso! Di fronte a questa realtà dobbiamo prendere in considerazione una cosa che è molto più pesante e che con molta facilità a nessuno o a pochi potrebbe interessare, quella della figura di un Gelli che si è permesso di far parte (e tuttora continua poiché ogni giorno esce qualche notizia relativa ad indagini) di associazioni delinquenziali, mentre dovrebbe trovarsi agli arresti domiciliari, per non parlare del fatto che, secondo quanto è stato dichiarato dagli ultimi certificati medici, dovrebbe essere morto sei anni fa! Vorrei perciò sapere, come membro di questa Commissione e come senatore della Repubblica, chi sia stata quella triade di giudici che lo ha messo in libertà e gli ha garantito gli arresti domiciliari. Vorrei sapere quali connivenze mafiose, massoniche, partitico-politiche ancora quest'uomo si possa permettere; quanti accertamenti giuridici siano interessati a questa figura losca, che si permette di intaccare la moralità dei giudici di Palermo! Se l'onorevole Mastella fa oggi difficoltà circa l'operatività di questi giudici, mi chiedo dove fosse nelle due precedenti legislature per garantire un movimento più proficuo, una maggiore snellezza ed un'operatività tecnica alla magistratura. PRESIDENTE. La invito a rivolgere le sue domande al procuratore Siclari. ERMINIO ENZO BOSO. Certo. MARIO CLEMENTE MASTELLA. Se fosse colpa mia, sarebbe risolto il problema. ERMINIO ENZO BOSO. Certo, ma vedo che ognuno può fare le polemiche che vuole e non viene richiamato, mentre Boso sì; mi sta bene, non mi crea tante difficoltà. PRESIDENTE. La invito però a porre le domande, perché il procuratore Siclari è qui per rispondere alle domande. ERMINIO ENZO BOSO. Io pongo domande. Chiedo al procuratore se intenda fare una relazione sugli ultimi accertamenti sulla figura di Gelli. Voglio conoscere gli ultimi accertamenti secondo i quali egli è legato ad associazioni delinquenziali; voglio conoscere quali siano stati i magistrati che hanno garantito questo e quali i medici che hanno dichiarato che doveva morire, mentre vedo quest'uomo che se ne sta sulle Dolomiti fra Madonna di Campiglio e Cortina d'Ampezzo, al mare e alle isole. Voglio conoscere i colpevoli politici di questa libertà. Chi è il garante partitico-politico di questo movimento massonico che sta destabilizzando la magistratura e questa realtà? Vorrei anche conoscere il responsabile della magistratura che ha permesso senza preavviso l'arrivo in un paesetto del Trentino, Terragnolo, di un mafioso che l'amministrazione comunale non voleva. Se veramente volete essere responsabili del non inserimento della mafia al nord o in quelle zone ancora non colpite da questo fenomeno delinquenziale, almeno prevenite di mandare mafiosi dove non c'è questa delinquenza. Le chiederò di prendere provvedimenti e di darmi spiegazioni circa queste omissioni che continuano ogni giorno a far parlare i giornali e a provocare risentimento nella comunità onesta. PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE SAVERIO D'AMELIO. Ringrazio il procuratore nazionale Siclari per la sua relazione; traggo la convinzione che, come spesso capita in questo nostro paese, a fronte di obiettivi importanti che si volevano raggiungere sono stati dati strumenti operativi molto limitati, sicché si può affermare che abbiamo creato una sovrastruttura (e uso l'espressione scusandomi e sperando che non suoni offesa, certamente non per i componenti della Commissione e nemmeno per i componenti della Direzione nazionale antimafia) Pag. 1909 la quale, come un anello improprio, si inserisce in un ingranaggio che non tira più bene. Traggo di qui la conclusione che sia necessario invece andare oltre, cioè apportare alla legge istitutiva modifiche introducendo accorgimenti tali da dotare la Direzionale nazionale antimafia di strumenti operativi più efficaci ed efficienti, visto che siamo tutti convinti, ed io per primo, della sua importanza. Ciò al fine di evitare che attraverso lo scoordinamento si determinino fatti negativi laddove le migliori intenzioni vorrebbero che noi puntassimo ad ottenere fatti e risultati positivi. Se la mia impressione fosse errata, la prego di correggermi; se invece fosse esatta, resta alla Commissione antimafia (mi affido anche alla presidenza) uno stimolo presso il Governo perché la legge sia rivista e possibilmente potenziata sia nelle strutture organizzative sia dal punto di vista del coordinamento (come qualcuno ha qui sottolineato) da realizzare attraverso l'informatizzazione, anche se non si tratta solo di questo. Nel corso di un'amichevole conversazione con il sostituto procuratore che mi siede accanto, ho capito che voi non avete proceduto alle audizioni dei cosiddetti pentiti o collaboratori di giustizia ... PRESIDENTE. I colloqui. SAVERIO D'AMELIO. ... i colloqui, se non utilizzando forme previste dalla legge. Penso però che occorrerebbe fare qualcosa anche in proposito. Ho affrontato questo argomento per dire, in linea con quanto già dichiarato dal collega Mastella, che anch'io in qualità di senatore mi sono reso interprete presso il presidente Violante affinché la Commissione ascolti Buscetta e Mannoia possibilmente in Italia. Le motivazioni sono facilmente intuibili e ve le risparmio; però alla base di questa mia richiesta vi è la netta sensazione che da più parti vi sia stata una certa utilizzazione (per non dire strumentalizzazione) di tali audizioni. Mi sembrerebbe strano che proprio la Commissione antimafia non acquisisse gli elementi necessari attraverso un'audizione diretta da svolgere in Italia. Infine, mi sono permesso ieri di prendere posizione sulla stampa inviando una lettera al presidente della Commissione, onorevole Violante, pregandolo di fare una verifica perché alla mia memoria risulta che sulla misura cautelare del soggiorno obbligato già la Commissione antimafia presieduta dall'onorevole Alinovi, di cui ero vicepresidente, propose al Governo di eliminare i soggiorni obbligati o meglio di praticarli evitando di mandare nelle zone non di provenienza, nel resto dell'Italia, i mafiosi o i 'ndranghisti, avendo acquisito abbondantemente, poiché è un dato scientifico certo, che in tal modo si trasportano la mafia e la delinquenza organizzata in quelle zone (o meglio, purtroppo le abbiamo trasportate in quelle zone). Se la memoria non m'inganna, vorrei sapere perché mai, al di là delle ultime affermazioni ed assicurazioni che anche il ministro Mancino non più tardi di cinque o sei mesi fa diede in proposito a questa Commissione, si continui in un certo modo, come dimostrano le proteste dei colleghi della lega nord e soprattutto delle popolazioni interessate, che risultano quanto mai valide. PRESIDENTE. Colleghi, credo che in tale materia, su cui c'è un po' di confusione, occorrerà mettere ordine perché si parla di soggiorno obbligato a proposito di tre istituti diversi tra loro. Il dottor Siclari e i diversi procuratori potranno intervenire perché si tratta di tre istituti distinti che si incrociano tra loro. Da parte mia ho da porre poche questioni. Sulla base della ripartizione di competenze operate all'interno della procura nazionale, alla Commissione interessa avere un quadro dello stato della mafia e dello stato della risposta area per area. Non so se sia possibile farlo ora o se oggi si possa partire dalle tre o quattro aree più significative. Passo alla seconda questione. Nell'ambito delle competenze della procura nazionale antimafia, il compito di indirizzo Pag. 1910 e di impulso credo che esiga un'individuazione di indirizzi strategici, nel senso che la lotta alla mafia si può fare in tanti modi: cercando i latitanti, celebrando rapidamente i processi in corso, attaccando la struttura militare, attaccando le ricchezze e così via. Certo, quando vi sono le notitiae criminis bisogna fare tutto ma c'è da considerare un problema di indirizzo strategico. Il punto è il seguente: essendo da poco in funzione, forse la procura nazionale non dispone ancora dei dati sufficienti per elaborare un indirizzo strategico, tuttavia essa si pone (come mi è parso richiedesse la collega Fumagalli) un problema di priorità? Parlo a titolo personale per manifestare la preoccupazione che si stia abbandonando il profilo militare della struttura mafiosa. La struttura operativa che uccide, che traffica, che estorce è sotto osservazione? Vengono effettuate, sono in corso o sono prevedibili operazioni sufficientemente pesanti nei confronti di questa struttura? Si tratta di un punto essenziale perché altrimenti tutto il resto dei rapporti di connessione si riproduce se quella struttura resta intatta. Non è quindi sufficiente un intervento sui rapporti collettivi ma bisogna andare un po' più nel cuore della questione. In questo quadro si pone il problema delle ricchezze, ossia di una strategia di attacco alle ricchezze, anche per verificare sul terreno quale operatività stia avendo (se la sta avendo) la nuova norma che comporta praticamente l'inversione dell'onere della prova in ordine alla detenzione dei beni. Dobbiamo infatti comprendere anche questi aspetti. Poiché non so che cosa sarà possibile fare oggi, perché probabilmente qualcuno di loro deve anche riflettere su queste cose, si potrebbe decidere lo svolgimento di incontri successivi da dedicare a singole aree. In particolare, la Commissione antimafia sta conducendo un'analisi sulle aree non tradizionali di penetrazione mafiosa: la Commissione ha già svolto un sopralluogo in Toscana e tra breve si recherà in alcune aree del Piemonte e della Valle d'Aosta. Si pone poi il problema della Lombardia, del Veneto e così via. In questo ambito, così come abbiamo chiesto alle prefetture di darci un quadro, avremmo bisogno di un quadro anche da parte della procura nazionale antimafia, che credo sia l'autorità nazionale maggiormente in grado di offrirci elementi di conoscenza e di indirizzo sullo stato della questione, sul tipo di criminalità che si è spostata, sulle aree nelle quali si è spostata, sul tipo di affari privilegiati e così via. Si tratta di elementi che ci consentono di lavorare meglio. Il problema è allora quello di creare un'integrazione e - come mi pare dicesse l'onorevole Fumagalli - una sorta di rapporto di interfaccia tra il vostro lavoro e le nostre funzioni. Chiedo al dottor Siclari se preferisca prendere subito la parola oppure se prima debbano intervenire i sostituti procuratori. BRUNO SICLARI, Procuratore nazionale antimafia. Preferirei rispondere subito, poiché ad alcune domande devo rispondere io stesso, mentre per altre lascerò la parola ai colleghi. Forse devo scusarmi per non aver iniziato il mio discorso riaffermando la mia solidarietà ai magistrati palermitani. Ho già affermato questa solidarietà in un'intervista che ho rilasciato immediatamente dopo l'inizio della vicenda per la quale i colleghi hanno subìto gli attacchi. Non vi è bisogno che dica che i magistrati palermitani hanno tutto il mio appoggio, così come... GIROLAMO TRIPODI. Non solo palermitani! Anche quelli di Reggio Calabria, di Napoli... BRUNO SICLARI, Procuratore nazionale antimafia. Se lei permette, concluderei il mio discorso. Stavo dicendo che il mio appoggio va anche a tutti gli altri magistrati delle zone in cui i giudici sono maggiormente impegnati nella lotta contro la criminalità organizzata. Pag. 1911 Quello che ho riassunto è un programma che ci siamo dati, come ho detto, noi magistrati della procura nazionale, stando molto attenti al fatto che intendevamo essere dei pubblici ministeri coscienti del fatto che non compete a noi l'esercizio dell'azione penale se non nel caso di avocazione, oltre che della necessità di rispettare il principio dell'indipendenza del pubblico ministero non interferendo nel lavoro di quest'ultimo. Credo che le linee complessive che ho esposto rispondano esattamente a questi principi. Ritengo che le modifiche legislative da apportare (questo è il pensiero non soltanto mio ma di tutti i colleghi) siano esclusivamente quelle contenute nel mio appunto; tra esse, quella che ha una maggiore importanza è riferita alla norma transitoria dell'articolo 15. La spiegazione del motivo per cui desideriamo avere le stesse possibilità che abbiamo nei confronti dei procedimenti che si sono aperti dopo il 22 novembre 1991 sta nel fatto che ci sembra molto illogico non poter eventualmente coordinare procedimenti, concernenti gli stessi reati, precedenti a quella data con quelli successivi alla data stessa. Le altre modifiche trovano la loro ragion d'essere in deficienze della legge: quando abbiamo chiesto la possibilità di svolgere indagini patrimoniali, ciò è avvenuto perché, pur avendo detto che il procuratore nazionale può chiedere le misure di prevenzione, nella legge non si è raccordata tale norma con quella precedente, per cui il procuratore nazionale non ha il potere di svolgere queste indagini mentre il procuratore della Repubblica ha tale potere. Abbiamo chiesto inoltre di avere una norma scritta che ci dia la possibilità sicura, certa e incontrovertibile di accedere agli atti e di acquisire notizie. Fino ad ora, per la verità, non si sono posti grandi problemi; vi è stata qualche riluttanza, vinta immediatamente quando si è detto: "Dovete darci gli atti perché dobbiamo pur adempiere i doveri che la legge ci impone". La questione comunque è stata superata con facilità. Se avanziamo tale richiesta è perché ci pare che una norma varrebbe a superare qualsiasi futura difficoltà; lo stesso discorso vale anche per quanto riguarda i rapporti tra noi e gli altri uffici; questi ultimi, e soprattutto quelli più impegnati nella lotta contro la criminalità, ci hanno accolto con grande cordialità e si rendono conto che svolgiamo un'azione utile per loro. Ci siamo posti soprattutto come istituzione di servizio, ben sapendo che avevamo non il compito di indagare ma il dovere di acquisire dati, informazioni, di svolgere investigazioni soltanto preliminari per mettere a fuoco un determinato oggetto e quindi trasferirlo alle procure distrettuali. Circa gli istituti dell'applicazione e dell'avocazione, per quanto riguarda in particolare quello dell'applicazione, io stesso ho richiamato l'attenzione sul fatto che siamo perfettamente coscienti dei pericoli connessi a tale istituto; ho ricordato anzi che qualcuno lo chiama istituto della sostituzione, perché attraverso l'applicazione si potrebbe arrivare, appunto, alla sostituzione, applicando un sostituto della procura nazionale per un determinato processo. Abbiamo comunque assunto un atteggiamento di estrema prudenza e attenzione: ho sostenuto che dell'istituto dell'avocazione dobbiamo servirci quando non esiste assolutamente altra strada per vincere le resistenze al coordinamento (perché tale strumento è previsto in relazione al coordinamento) o in presenza di un'inerzia grave e perdurante nel tempo con riferimento alla necessità di investigare. Non credo che a tale proposito si possa dire di più né specificare meglio questo criterio in questa sede (e credo in nessun'altra sede). Si tratta di un istituto al quale ci avviciniamo con estrema prudenza; fino ad ora non abbiamo dovuto ricorrervi e mi auguro di non doverne fare uso. Semmai dovessero insorgere problemi del genere, spero di potervi fare fronte attraverso l'applicazione, Pag. 1912 ossia superando il problema connesso ad un'eventuale inerzia applicando un collega. MASSIMO BRUTTI. L'applicazione implica un flusso di informazioni? BRUNO SICLARI, Procuratore nazionale antimafia. Le applicazioni che ho disposto si riferiscono alle seguenti sedi, che per la verità non sono sparse per tutta l'Italia: Napoli (due magistrati applicati), Catanzaro (un magistrato), Reggio Calabria (un magistrato), Messina (un magistrato), Caltanissetta (un magistrato), Catania (un magistrato). Soltanto per ragioni contingenti e fuori dall'ordinario ho applicato un magistrato a Venezia, mentre le altre sono tutte sedi difficili e particolarmente impegnate nella lotta contro la criminalità. A Napoli, in cui vi era un magistrato applicato, ne ho aggiunto un secondo pochi giorni fa, quando i magistrati napoletani erano in difficoltà, per far fronte alle indagini. MASSIMO BRUTTI. Ve ne sono anche in Piemonte e a Milano? BRUNO SICLARI, Procuratore nazionale antimafia. No, non vi sono applicazioni. Di questo parlerò comunque nel momento in cui mi soffermerò sul modo in cui abbiamo cercato di organizzare il lavoro. Credo che non vi sia stato alcun ritardo nel funzionamento, perché della procura nazionale si parla da più di un anno ma essa ha di fatto cominciato a funzionare il 15 gennaio 1993 (i sostituti sono arrivati l'11 gennaio). Abbiamo quindi svolto tre mesi e mezzo di attività, nel corso dei quali la procura nazionale non poteva certamente fare grandi cose. Tuttavia, poiché siete tutte persone che conoscete bene la legge, siete consapevoli che la procura nazionale non condurrà mai operazioni eclatanti, perché non può farlo in quanto non è titolare dell'esercizio dell'azione penale. Noi prepariamo le operazioni altrui, possiamo dare il nostro contributo, ma non certamente condurre le operazioni. Credo che di ritardo comunque non si possa parlare, perché in tre mesi e mezzo l'organizzazione dell'ufficio e quanto abbiamo fatto mi sembrano un lavoro sufficiente; ritengo anzi che abbiamo realizzato più di quello che normalmente si poteva fare. In un primo momento abbiamo dovuto conoscere il territorio, nel senso che abbiamo inteso aggiornarci sulle indagini in corso per poter intervenire e abbiamo avviato quella raccolta di atti che poi dovremo trasfondere nella banca dati. La conoscenza del territorio è essenziale, perché se non sappiamo quali indagini si stiano svolgendo in questo momento sul territorio, non siamo neanche in grado di assolvere alla funzione di impulso e di coordinamento. Naturalmente, ciò ha comportato la predisposizione di relazioni; i colleghi potranno parlarvi, se ve ne sarà il tempo, delle singole zone e accennare a quanto abbiamo appreso nelle singole aree, agli spiragli che abbiamo individuato ed alle possibilità di intervento che abbiamo potuto mettere a fuoco. Per quanto riguarda l'organizzazione all'interno, ho già accennato che la procura nazionale si è organizzata in senso, per così dire, territoriale: le 26 procure distrettuali sono state distribuite tra i vari colleghi; ho anche accennato, in riferimento ad una domanda specifica del presidente, che, attraverso sedute che nel futuro diventeranno sempre più frequenti man mano che il lavoro crescerà, procediamo al collegamento all'interno della procura; non disponendo ancora neppure di una rete locale, realizziamo il collegamento a voce, ossia nell'unico modo in cui possiamo farlo. Non abbiamo inoltre alcun operatore ed alcun tecnico; taluni nostri segretari stanno frequentando un corso e si preparano ad acquisire la capacità di immagazzinare i dati. Pag. 1913 PRESIDENTE. Quanti addetti di supporto avete come personale amministrativo? BRUNO SICLARI, Procuratore nazionale antimafia. L'organico del personale amministrativo è composto da 156 persone; attualmente ne abbiamo 126 tra cancellieri, segretari e dattilografi. PRESIDENTE. In tutto? BRUNO SICLARI, Procuratore nazionale antimafia. Sì, e l'organico complessivo sarebbe di 156 persone. PRESIDENTE. Questo numero comprende anche gli autisti? BRUNO SICLARI, Procuratore nazionale antimafia. Gli autisti sono 40 e sottraendo questo numero a quello complessivo di 156, il calcolo è facile. In questo momento comunque disponiamo complessivamente di 126 persone, compresi gli autisti. ERMINIO ENZO BOSO. A che cosa servono 40 autisti se sono 20 le persone che girano? PRESIDENTE. Vi sono anche i diritti dei lavoratori, che dovrebbero rappresentare un tema noto. BRUNO SICLARI, Procuratore nazionale antimafia. Si pone l'esigenza di sostituire gli autisti nel corso della giornata, perché nel pomeriggio non possono prestare servizio gli stessi autisti che l'hanno prestato la mattina. PIETRO GRASSO, Sostituto procuratore nazionale antimafia. Noi siamo strutturati secondo le categorie previste dal ministero per gli uffici giudiziari. Il nostro è un ufficio giudiziario assolutamente atipico, perché abbiamo le funzioni di pubblico ministero, siamo magistrati, svolgiamo compiti amministrativi e compiti istituzionali diversi da quelli di un ufficio giudiziario; assolviamo anche a compiti paragiudiziari e, nel caso di avocazione, perfettamente giudiziari. Siamo invece strutturati con gli assistenti, i segretari, i coadiutori e i dattilografi, che non sono preparati a svolgere questo lavoro. PRESIDENTE. Che cosa vi serve? PIETRO GRASSO, Sostituto procuratore nazionale antimafia. Avremmo bisogno di operatori tecnici, i quali però costituiscono una categoria che neppure esiste... PRESIDENTE. Che cosa significa operatore tecnico? PIETRO GRASSO, Sostituto procuratore nazionale antimafia. Mi riferisco agli operatori che lavorano nei centri di elaborazione dei dati: si tratta di analisti, programmatori e in generale di coloro che svolgono attività di immagazzinamento e analisi dei dati. Ci vorrebbero delle figure professionali adatte al nostro tipo di lavoro; per esempio, i cosiddetti collaboratori di cancelleria, quelli che seguono i magistrati, non sono previsti nel nostro organico, che è stato definito pensando all'assistente giudiziario che segue il magistrato nella sua attività e al dattilografo che redige materialmente il verbale o gli atti. PRESIDENTE. Ho capito. BRUNO SICLARI, Procuratore nazionale antimafia. Come stavo osservando, non abbiamo quindi gli operatori e i tecnici. Mi è stato chiesto se sia possibile per noi servirsi della banca dati della DIA o di qualche altra banca dati dei corpi di polizia: no, in realtà non è possibile servirsene per i nostri fini, poiché noi abbiamo bisogno delle informazioni giudiziarie e processuali dell'ultimo momento. Tali informazioni, naturalmente, non si trovano nelle banche dati della polizia. Mi è stato poi domandato quali siano i nostri rapporti con la DIA: si tratta di Pag. 1914 buoni e normali rapporti; non abbiamo nulla da obiettare sulla DIA, che cerchiamo anzi di favorire nella sua attività, perché ci sembra che sia un'istituzione che deve essere favorita nella lotta contro la criminalità organizzata. Per quanto riguarda le direttive alla polizia giudiziaria, devo dire che non ne ho ancora date, anche se mi appresto a darne di carattere generale, vertenti sull'impiego della polizia giudiziaria, ed in particolare sull'impiego della DIA e degli altri servizi dei raggruppamenti dello SCO e del ROS. Mi appresto a trasmetterle sostanzialmente sotto forma di suggerimento - perché questa sarà la forma - ai procuratori distrettuali, perché per l'impiego ai fini investigativi mi devo per forza rivolgere ai procuratori distrettuali: mi appresto a darle con tutto il garbo possibile e credo con molto equilibrio, cercando una strada che non crei contrasti e trovi tutti concordi, procura nazionale e procuratori distrettuali. Passando ai rapporti con il comitato antimafia del Consiglio superiore della magistratura, con quest'ultimo abbiamo già avuto due incontri: un primo nel corso del quale mi hanno sentito personalmente, perché volevano sapere da me come intendevo organizzare la procura e volevano rendersi conto se la procura si era avviata ed aveva cominciato a lavorare; un secondo incontro con alcune procure, precisamente con i procuratori generali della Sicilia, con le procure distrettuali ed anche con alcune procure non distrettuali della Sicilia. I rapporti sono buoni: abbiamo esposto le nostre esigenze, soprattutto con riferimento all'informatizzazione dell'ufficio, al Consiglio superiore della magistratura, che ci ha promesso il suo appoggio. In quella occasione abbiamo fatto intervenire anche il ministero per trovare unanimità di intenti tra lo stesso, il Consiglio superiore e la procura nazionale: oggi siamo qui a chiedervi di unirvi anche voi alla nostra richiesta legata ad una effettiva esigenza, perché l'impulso ed il coordinamento passano attraverso la banca dati. Ora stiamo procedendo artigianalmente ma certamente, se avessimo a disposizione una banca dati seria, troveremmo molti più filoni investigativi di quelli che ci è dato cogliere adesso attraverso l'esame degli atti o i colloqui con i vari colleghi dei diversi uffici. Per quanto riguarda la domanda relativa all'individuazione da parte nostra di qualche filone investigativo, posso rispondere che ne abbiamo trovato qualcuno e dopo averlo messo a fuoco lo passeremo alle procure distrettuali competenti. Per quanto concerne il tema del riciclaggio, che coinvolge poi quello degli obiettivi che si prefigge la procura nazionale, devo dire che quest'ultima ha certamente degli obiettivi, che sono di guardare al lato militare dell'organizzazione criminale e quindi di cercare di prevedere le operazioni future e di contrastarle. Non possiamo farlo direttamente ma lo facciamo attraverso i colleghi delle procure distrettuali, stando accanto ad essi e cercando di far capire ai colleghi questa esigenza. Per citare un esempio, sto seguendo con i colleghi un'indagine che riguarda le armi in Italia nell'attuale momento: mi è sembrato, e non è soltanto una sensazione, che vi sia un "passeggio", per così dire, di armi in Italia che è in questo momento eccessivo. Stiamo quindi cercando di mettere insieme tutte le notizie che riguardano ritrovamenti di armi, processi di una certa entità concernenti le armi, dichiarazioni dei pentiti e dei collaboratori di giustizia sulle armi, per vedere se riusciamo a costruire un quadro tale che ci consenta di iniziare sulla sua base investigazioni... PRESIDENTE. Mi scuso per l'interruzione: per questo aspetto, signor procuratore, avete chiesto relazioni anche alla DIA, ai servizi di sicurezza, eccetera? Noi le abbiamo chieste ed ottenute, per cui se volete possiamo trasmettervele. BRUNO SICLARI, Procuratore nazionale antimafia. Sì, le abbiamo chieste, ma ora mi riferisco ai dati più recenti ed aggiornati delle ultime operazioni. Pag. 1915 Comunque, accanto all'esigenza di combattere la struttura criminale delle organizzazioni malavitose, non ci nascondiamo che l'obiettivo principale dovrebbe essere quello di colpire la ricchezza delle organizzazioni criminali: è quello l'obiettivo che dobbiamo aggredire con maggiore forza ed efficacia. In materia di riciclaggio, ho iniziato una serie di accertamenti e di operazioni che dovrebbero portare, entro i prossimi giorni, alla costituzione di un gruppo di lavoro che si occupi espressamente del fenomeno, partendo non già dal nulla ma con dei dati. Ho preso contatti con il GAFI, il gruppo di azione finanziaria internazionale, con la Banca d'Italia, nella persona di un direttore generale, con l'Ufficio italiano dei cambi, attraverso un collega e ho chiesto alla Guardia di finanza informazioni su tutte le indagini che si svolgono in Italia in materia di riciclaggio: attraverso il quadro che risulterà da tutte queste notizie, il gruppo di lavoro procederà, con esito a mio avviso più proficuo rispetto a quello che avrebbe potuto ottenere partendo senza avere alcun dato. Per quanto riguarda i rapporti con le autorità giudiziarie straniere, mi è stato chiesto perché non possono essere tenuti dai singoli procuratori. Questi ultimi, nei loro rapporti con le autorità giudiziarie straniere, non si possono che occupare del singolo processo; è stata invece affacciata l'esigenza di rapporti stretti e continui con le autorità giudiziarie straniere per poter sapere quello che avviene all'estero al di là del singolo processo, nel complesso dei processi. Oggi, se un magistrato di Milano si occupa di un'indagine in Romania di cui si occupa anche un magistrato di Palermo, uno non sa quello che fa l'altro: se riusciremo ad instaurare un contatto con le autorità giudiziarie di certi paesi - ho accennato non a caso alla Romania, dove sembra che si diriga la camorra per alcuni investimenti - potremo avere una serie di notizie che oggi non abbiamo. E mi riferisco alle autorità giudiziarie straniere perché i contatti fra le polizie ci sono già: vogliamo però contatti a livello di autorità giudiziaria per avere, accanto alle notizie della polizia, le altre notizie di cui la polizia non dispone. Come ho detto inizialmente, nel nostro giro sul territorio e nella nostra elaborazione dei dati sul territorio, ci siamo soprattutto soffermati sui dati giudiziari e processuali, perché quelli non processuali risultano alla polizia, mentre nessun corpo di polizia dispone di quelli processuali nella loro interezza; ha conoscenza dell'attività giudiziaria soltanto quel corpo che è stato delegato a svolgere determinate indagini. Il soggiorno di Gelli: se mi si chiede della figura di Gelli con riferimento a dieci anni fa, sono in grado di dire tutto, perché ho personalmente coordinato le indagini che riguardavano Gelli e Calvi; se, però, mi si chiede quale sia l'attuale figura di Gelli, non sono in grado di rispondere, perché sfugge alla competenza della procura nazionale, che si occupa soltanto dei delitti collegati all'associazione di stampo mafioso. In termini volgari, si può anche dire che Gelli è un mafioso, ma in termini giuridici... PRESIDENTE. Si è aperto oggi a Reggio Calabria un processo in cui Gelli è imputato proprio per associazione a delinquere di stampo mafioso... BRUNO SICLARI, Procuratore nazionale antimafia. Allora, da oggi lo diventerà. PIETRO GRASSO, Sostituto procuratore nazionale antimafia. D'altronde, il collegamento con Palmi non può funzionare. BRUNO SICLARI, Procuratore nazionale antimafia. Con Palmi non ci possiamo coordinare perché si tratta di fatti anteriori e l'articolo 15 ci blocca. ERMINIO ENZO BOSO. E' emerso l'altro giorno che Gelli è dentro il riciclaggio di denaro sporco! Come fa a dire dieci anni fa? Pag. 1916 BRUNO SICLARI, Procuratore nazionale antimafia. Ho detto che ne posso tracciare la figura con riferimento a dieci anni fa... ERMINIO ENZO BOSO. L'abbiamo riscontrato noi che è legato alla mafia! PRESIDENTE. Senatore Boso, siamo tutti sentimentalmente con lei. Lasciamo proseguire il procuratore Siclari. BRUNO SICLARI, Procuratore nazionale antimafia. Per quanto riguarda la massoneria, certamente vi sono implicazioni di una certa parte della massoneria: nessuno di noi se lo nasconde. In data 15 novembre, quando ancora non avevo i sostituti ed ero da solo alla procura nazionale, ho inviato una circolare a tutti i procuratori distrettuali raccomandando di porre attenzione ai legami che ci potevano essere fra le indagini che svolgevano e ambienti massonici, o vicini alla massoneria. Siamo tutti perfettamente coscienti di questo pericolo ed impegnati, insieme con i magistrati che più di noi sono in trincea, a cercare di indagare anche in tale direzione. Per quanto riguarda il soggiorno obbligato, come ha osservato il presidente, vi è un po' di confusione perché vi sono vari istituti: abbiamo il soggiorno obbligato e il soggiorno cautelare. L'onorevole Fumagalli mi chiedeva del soggiorno cautelare... OMBRETTA FUMAGALLI CARULLI. Avevo chiesto qual è la competenza della procura nazionale antimafia per il colloquio investigativo. BRUNO SICLARI, Procuratore nazionale antimafia. Il colloquio investigativo è previsto dall'ordinamento penitenziario, all'articolo 18-bis: accanto agli ufficiali di polizia giudiziaria... OMBRETTA FUMAGALLI CARULLI. So che è previsto ma volevo sapere qual è l'aggancio normativo per la vostra competenza. BRUNO SICLARI, Procuratore nazionale antimafia. Stavo per arrivarci: la norma prevede anche che il procuratore nazionale - a differenza degli ufficiali di polizia giudiziaria, che hanno bisogno del permesso per entrare in carcere - possa accedere negli istituti carcerari per colloqui sempre finalizzati alla funzione di impulso e di coordinamento e per sentire detenuti o internati. Per quanto riguarda le operazioni che prevediamo nel futuro, devo dire che sono in gestazione varie operazioni, non piccole ma di respiro: non posso naturalmente riferire tempi od altri elementi, andando oltre quanto ho detto, in quanto devo tenermi su linee generali. Per quanto riguarda la mia opinione sul soggiorno obbligato, devo innanzitutto specificare che il soggiorno obbligato non è soltanto di competenza della procura nazionale, ma rientra anzi nella normale competenza delle procure distrettuali. Come procura nazionale, non abbiamo fino ad ora richiesto soggiorni obbligati, anche perché essi vengono abbondantemente richiesti dalle procure distrettuali. Ho invitato queste ultime ad informarmi sui vari soggiorni obbligati: dalla fine di gennaio ad oggi siamo arrivati ad oltre quattrocento misure di prevenzione richieste, delle quali una quarantina di carattere patrimoniale mentre le altre sono tutti soggiorni obbligati: si tratta, quindi, di circa 350-360 soggiorni obbligati richiesti dalle varie procure. VINCENZO MACRI', Sostituto procuratore nazionale antimafia. Si tratta di soggiorni obbligati nella sede di residenza. BRUNO SICLARI, Procuratore nazionale antimafia. E' una giusta osservazione, ma stavo finendo. Secondo una legge recente, il soggiorno obbligato si deve effettuare nel luogo di residenza: io, come procuratore nazionale antimafia, ed il questore abbiamo la possibilità di richiedere, dinanzi a situazioni di particolare pericolosità, che il soggiorno obbligato venga invece effettuato in un luogo particolarmente Pag. 1917 sicuro, che deve essere indicato dal questore, non dall'autorità giudiziaria. A questo proposito, in base alla legge in vigore abbiamo chiesto che in quindici casi il soggiorno venisse eseguito in luogo diverso da quello di residenza. I casi in questione riguardavano, ve lo assicuro, persone di elevata capacità criminale, quali i fratelli Bono e Gerlando Alberti o camorristi di livello non minore. Invece, per quanto riguarda il soggiorno cautelare, esso è di competenza del procuratore nazionale, il quale può chiederlo in presenza di persone che si accingono a commettere i delitti di cui all'articolo 275 del codice di procedura penale. Fino a questo momento, abbiamo chiesto tredici soggiorni cautelari, cioè un numero esiguo, cercando di individuare, tra coloro per i quali lo dovevamo eseguire, persone di assai elevata capacità criminale. In merito a tali soggiorni, i colleghi Macrì e Palmeri possono dirvi i criteri cui si sono attenuti, ma per quanto mi riguarda posso assicurarvi che si trattava di persone estremamente pericolose. Aggiungo che neanche in questo caso siamo noi a scegliere il luogo di soggiorno, in quanto lo fa l'autorità di pubblica sicurezza, il Ministero dell'interno tramite i questori. Quindi, per quanto riguarda la sua osservazione, senatore, non so cosa sia accaduto, non so se il Ministero dell'interno o il sindaco lo sapessero, perché si tratta di cose che a noi sfuggono. Come autorità giudiziaria, noi emaniamo il provvedimento, poi tutto il resto sfugge alla nostra competenza e direi anche alla nostra conoscenza. ERMINIO ENZO BOSO. Adesso sappiamo dove andare a cercare il colpevole! MARIO BORGHEZIO. Abbiamo chiesto un suo giudizio sull'istituto in relazione allo sviluppo delle organizzazioni mafiose al nord e in altre aree ad esse tradizionalmente non soggette. Mi risulta che anche in Molise vi siano insediamenti... BRUNO SICLARI, Procuratore nazionale antimafia. Credo che siano necessari due giudizi separati, uno per il soggiorno cautelare, l'altro per il soggiorno obbligato. Per quanto riguarda il primo, va detto che è previsto in casi estremi, nei confronti di persona che sta per commettere un determinato reato: nel disegno della legge si presuppone che il soggiorno cautelare sia prodromico ad un provvedimento cautelare. E' anche in questa ottica che ci muoviamo. Il soggiorno obbligato, invece, rientra tra le comuni misure di prevenzione, a proposito delle quali credo di avere una buona competenza, in quanto me ne sono occupato come presidente di prima sezione. Il mio giudizio è che se il soggiorno obbligato fosse effettuato come dovrebbe essere, cioè se il soggiornante obbligato venisse effettivamente sorvegliato, non soltanto per la popolazione non si sarebbero avuti i riflessi negativi che ben conosco, ma si apprenderebbero invece una serie di notizie preziose per condurre la lotta contro la criminalità organizzata. Per una serie di circostanze che adesso sfuggono alla mia competenza e a proposito delle quali vorrei dire che non sono in grado di rispondervi, la sorveglianza non è stata attuata come avrebbe dovuto. Ciò può essersi verificato perché non si credeva in questo istituto, perché non c'erano forze sufficienti per realizzarlo, perché i tempi erano tali che le forze di polizia erano distratte da compiti più gravosi e importanti. Ma se i sorveglianti speciali venissero effettivamente sorvegliati, cioè se anziché limitarsi a passare una volta al giorno dinanzi alla loro casa si esercitasse una sorveglianza speciale per vedere chi frequentano, con chi si incontrano (tutte cose che è legittimo fare, perché nella carta che viene loro consegnata è scritto che devono condurre una sana vita lavorativa e che non devono incontrarsi con delinquenti), credo che i risultati sarebbero assai diversi. Pag. 1918 Mi rendo conto delle difficoltà cui vanno incontro le popolazioni nel cui territorio sono destinati i sorvegliati speciali, anche perché, abitando in provincia di Treviso, non sono affatto lontano dal posto cui è stata assegnata quella donna che ha provocato tutte le lamentele che conosciamo. Non sono certo estremamente soddisfatto che ciò sia accaduto, ma trattandosi oggi di pochi casi, che certo non potranno causare tutti i danni provocati dai numerosissimi casi degli anni precedenti, mi auguro che i sorvegliati speciali di adesso vengano effettivamente sorvegliati. Ascolterò comunque ciò che l'onorevole Rocchetta ed altri desiderano dirmi, visto che hanno chiesto di parlarmi. PRESIDENTE. A questo punto, potreste vedervi direttamente a Treviso! La ringrazio, signor procuratore. GUGLIELMO PALMERI, Sostituto procuratore nazionale antimafia. Per chiarire meglio la questione del soggiorno, se il senatore Boso mi ascoltasse... ERMINIO ENZO BOSO. Stavo chiedendo come era stato predisposto nel paese di Terragnolo. GUGLIELMO PALMERI, Sostituto procuratore nazionale antimafia. Le dirò tutto, farò in modo che lei sappia tutto e che possa avere un quadro della situazione il più chiaro possibile. Come diceva poc'anzi il procuratore nazionale, il soggiorno cautelare è misura completamente diversa dal soggiorno obbligato. Il soggiorno cautelare è una misura che applica il procuratore nazionale, nel senso che la dispone egli stesso nel momento in cui abbia il sospetto che un soggetto si accinga a commettere un certo tipo di reato. Evidentemente, si tratta di una misura gravissima, perché viene disposta da un pubblico ministero e non da un giudice pur incidendo nella libertà personale. Di questo ci rendiamo conto, per cui la legge va applicata con una cautela doverosa, perché nonostante la libertà individuale sia patrimonio del giudice, il soggiorno cautelare viene disposto dal pubblico ministero, anche se nei casi speciali e particolari, quelli in cui si abbia il sospetto (è sufficiente solo il sospetto) che un tizio si accinga a commettere taluni reati di una certa gravità. In questi casi, è possibile intervenire con la misura in specie, che può avere la durata massima di un anno e che è stata prevista per l'arco di soli quattro anni, evidentemente proprio perché lo stesso legislatore si è reso conto che si tratta di una misura di emergenza per combattere lo strapotere della criminalità. Dunque, di fronte a questa situazione, voglio ribadirle, senatore Boso, che ci siamo mossi con cautela e che abbiamo disposto i soggiorni cautelari soltanto in casi di particolare gravità. Abbiamo inviato taluni soggetti in soggiorno cautelare e non è accaduto nulla. Chiuso qui il discorso del soggiorno cautelare disposto dal procuratore nazionale, si apre quello... MARIO BORGHEZIO. In località scelta dal Ministero dell'interno... GUGLIELMO PALMERI, Sostituto procuratore nazionale antimafia. In questo caso, la località non deve essere indicata dal ministro dell'interno perché la legge sul soggiorno cautelare è svincolata da quella sul soggiorno obbligato. Peraltro, la informo che la procura nazionale, per una opportuna cautela, prima di indicare la sede si è rivolta al ministro dell'interno, e per esso alle varie questure, per individuare le zone dove meglio potessero essere recepiti questi soggetti. Aggiungo che, nella gran parte dei casi, si è trattato di isole. Credo che il chiarimento sia stato sufficiente. Passiamo adesso al soggiorno obbligato, il quale prevalentemente è una misura di prevenzione... MARIO BORGHEZIO. Lei ha detto che in gran parte si è trattato di isole. Negli altri casi, i soggetti cui era stato comminato il soggiorno cautelare dove sono stati inviati? Pag. 1919 GUGLIELMO PALMERI, Sostituto procuratore nazionale antimafia. Per quanto mi concerne, alle isole Tremiti, a Ventotene... ERMINIO ENZO BOSO. Non critico voi e dove li avete mandati, perché se siete sicuri che stiano per commettere qualcosa io vi sostengo e vi difendo se date loro l'ergastolo! PRESIDENTE. Questo è un po' eccessivo, senatore Boso! ERMINIO ENZO BOSO. A me interessa sapere in base a quale criterio un soggetto di così elevata pericolosità sociale sia stato spedito in un paesetto come Terragnolo, che ha già la grossa difficoltà del controllo della stessa Arma dei carabinieri e della pubblica sicurezza. Conosco bene questo paese... PRESIDENTE. Questo lo abbiamo capito, senatore Boso! ERMINIO ENZO BOSO. L'intelligenza del ministro dell'interno nello scegliere un posto del genere! Non vengo a criticare lei... GUGLIELMO PALMERI, Sostituto procuratore nazionale antimafia. Ma lei può anche farlo... ERMINIO ENZO BOSO. No, io vado a cercare quell'altro! GUGLIELMO PALMERI, Sostituto procuratore nazionale antimafia. Deve usarmi solo la compiacenza di farmi concludere. Volevo dirle che il soggiorno obbligato, invece, è una misura che viene disposta dal giudice, dal tribunale delle misure di prevenzione. L'articolo 2 della legge del 1965, in linea di massima prevede il soggiorno obbligato nel comune di residenza o di dimora abituale della persona interessata, come misura che si affianca a quella di prevenzione di carattere personale e con le modifiche intervenute recentemente con il decreto-legge dell'8 giugno 1992. Peraltro, contrariamente a quanto sentivo dire poc'anzi, la legge stessa prevede l'ipotesi in cui vi siano eccezionali esigenze di tutela sociale o di tutela dell'incolumità della persona interessata. In questi casi, il questore, il procuratore della Repubblica o il procuratore nazionale antimafia chiedono di disporre l'obbligo di soggiorno in una località diversa, specificamente indicata dal questore, avente idonee caratteristiche territoriali e di sicurezza. Dunque, se questa è la legge, vediamo che cosa si è verificato. E' accaduto che ad un certo momento, dopo aver fatto il punto della situazione della camorra a Napoli, abbiamo verificato... ERMINIO ENZO BOSO. Non me la sto mica prendendo con loro! GUGLIELMO PALMERI, Sostituto procuratore nazionale antimafia. Le interessa sapere quello che sto dicendo? Dopo avere delineato il quadro della situazione a Napoli, grazie alle ultime indagini in corso - tanto per intenderci quelle relative al processo Galasso e che interessano Napoli e Salerno -, abbiamo constatato che a Napoli e nell'hinterland napoletano, negli ultimi tempi si è verificata l'ascesa irresistibile del boss Carmine Alfieri, il quale, unito ad altri boss quali Licciardi e Mallardo, ha formato una sorta di cupola di tipo mafioso, tant'è vero che in rapporti di polizia giudiziaria corredati da precisi elementi di riscontro si parla di nuova mafia campana. Sulla base di questi dati, abbiamo ritenuto che taluni soggetti, quali Giuliano e Contini - nomi noti a tutti perché ormai fanno parte di provvedimenti giurisdizionali -, capi storici della camorra napoletana venuti a far parte di questa cupola camorristica dominata da Alfieri, non dovessero più restare nel posto in cui si trovavano. Perché non ci dovevano stare? Perché, nel momento in cui alla disgregazione delle famiglie si è sostituita una struttura Pag. 1920 unica di carattere verticistico, è facile comprendere che la pericolosità aumenta, le dimensioni del fenomeno diventano spaventose e quindi bisogna sradicare questa gente. Tenere Contini o Giuliano in soggiorno obbligato a Napoli, dove essi delinquono, significa dare la benedizione dello Stato, perché a Napoli Contini commette estorsioni, omicidi, traffico di stupefacenti. Pertanto, la procura nazionale ha ritenuto doveroso, in questi casi, chiedere l'esportazione di questi soggetti da Napoli, per tenerli in posti diversi. In questi casi ricorrono indubbiamente esigenze eccezionali di tutela sociale, così come nel primo caso, quello di D'Alessandro, ricorreva l'esigenza di tutela dell'incolumità della persona interessata; sapete bene che D'Alessandro, prima che venisse ucciso Imparato, era in lotta acerrima con quest'ultimo e vi era un susseguirsi di omicidi: abbiamo perciò deciso che D'Alessandro doveva andare via. Le località dove sono state portate queste persone sono state indicate dal questore, come per legge; nella specie, è stato il questore di Napoli ad indicare per la Mazza il comune di Terragnolo. Questo comune è stato ritenuto dal questore tra quelli che rispondevano alle esigenze di legge, cioè che avessero idonee caratteristiche territoriali e di sicurezza. Esso, infatti, è lontano da aree metropolitane e da grandi arterie di comunicazione, ha una popolazione ridotta di abitanti, è sede di un ufficio di polizia. Dunque, è un comune nel quale il soggetto è senz'altro isolabile e controllabile. Una volta portato il soggetto in un comune, questi ne può uscire soltanto se ricorrano ancora una volta i presupposti di legge e cioè "gravi esigenze di ordine e di sicurezza pubblica". Ci sono oggi le esigenze perché questo soggetto sia tolto dal comune nel quale è stato mandato? PRESIDENTE. Allo stato, no. GUGLIELMO PALMERI, Sostituto procuratore nazionale antimafia. Un'azione di protesta, sia pure generalizzata, sia pure... PRESIDENTE. Sollecitata. GUGLIELMO PALMERI, Sostituto procuratore nazionale antimafia....sia pure sollecitata, esercitata - com'è avvenuto fino ad oggi - in forme lecite, non è idonea assolutamente a far ipotizzare l'esistenza di gravi esigenze di ordine e sicurezza pubblica. Per tale motivo, abbiamo espresso parere contrario quando il questore di Napoli, impaurito per questa reazione, ha chiesto di spostare questo soggetto da un comune ad un altro. Ci apprestiamo ad esprimere tale parere contrario oggi stesso, perché sarebbe gravissimo che lo Stato, di fronte ad un'azione di protesta generalizzata, decidesse di non applicare una legge ed inventasse esigenze di ordine e sicurezza pubblica, che sono tutt'altra cosa rispetto alla protesta comprensibilissima di una popolazione che non gradisce la presenza di quel soggetto. MARIO BORGHEZIO. Avevamo rivolto una domanda di tipo diverso ed avevamo chiesto una valutazione dei magistrati. Conosciamo la differenza tra i due istituti ed abbiamo apprezzato la risposta puntuale dei magistrati, condividendo le motivazioni addotte ed apprezzando lo sforzo dell'autorità giudiziaria, volto ad estirpare il fenomeno criminale. Al di là del fatto singolo, abbiamo chiesto quale sia la valutazione dei magistrati - che sono tenuti ad applicare la legge, lo comprendiamo perfettamente - in ordine alle conseguenze che l'applicazione dell'istituto può avere sulla penetrazione della mafia in zone che ne sono immuni; mi riferisco sia al nord sia al Molise, vista l'esperienza del vecchio istituto del soggiorno obbligato. Non mi sembra che attualmente le cose siano molto cambiate e non riesco a capire come mai un istituto che non ha funzionato, o ha funzionato soltanto in modo pericoloso e negativo, adesso dovrebbe produrre benefici effetti. Nessuno protesta, invece, quando una persona pericolosa viene trasferita in un'isoletta pietrosa. Pag. 1921 VINCENZO MACRI', Sostituto procuratore nazionale antimafia. Le persone alle quali ho applicato la misura del soggiorno cautelare facevano parte di due gruppi di fuoco che si contrapponevano nel comune di Bova, in provincia di Reggio Calabria. In questa località si era verificata una successione di omicidi da parte di una cosca contro l'altra e tutto lasciava prevedere, sulla base di elementi concreti, che lo scontro dovesse continuare. Per evitare ulteriori spargimenti di sangue tra i due gruppi familiari, si è deciso di separare le persone che non erano già in carcere o sottoposte a misure di prevenzione, allontanandole dalla località, per impedire che commettessero ulteriori atti di vendetta e rappresaglia. La pericolosità di queste persone è strettamente legata alla località di provenienza ed alla contiguità tra i gruppi. Esiste quindi la ragionevole presunzione che, allontanati tali soggetti dal luogo di provenienza e dal gruppo contrapposto, la loro pericolosità debba diminuire. Le località prescelte sono state indicate dal dipartimento di pubblica sicurezza e sono tutte concentrate tra Marche, Umbria e Molise. In un primo momento erano state indicate alcune località del Friuli, alle quali sono state preferite località del Molise. Le proteste dei sindaci - che pure ci sono state - riguardavano esclusivamente il problema delle spese di albergo. Ho chiarito che non doveva essere la procura nazionale a pagare, bensì il Ministero dell'interno. Tra l'altro, alcune di queste persone avevano "alzato l'ingegno" e si erano portate con sé la famiglia: moglie, bambini, suoceri, cugini, cognati; pretendendo che il comune pagasse le spese per tutti. Ho chiarito che la misura riguardava solo una persona e non il nucleo familiare, il quale è perciò tornato in sede. Del resto, i problemi economici sono chiariti per legge; quindi non ci sono state ulteriori difficoltà. La misura da me applicata è stata contenuta nell'arco di otto mesi e pertanto non dovrebbe creare problemi particolari, esaurendosi in relazione alla finalità di allontanare i due gruppi l'uno dall'altro, per evitare spargimenti di sangue. Quanto alla valutazione generale che ci è stata chiesta, vorrei far presente che sono stato per tre anni presidente di un tribunale per le misure di prevenzione personale e patrimoniale e che siamo tutti esperti in materia. Il procuratore nazionale ha scritto il primo manuale sulle misure di prevenzione, sul quale tutti abbiamo studiato. Ebbene, la mia esperienza è che non è stato certo il soggiorno cautelare a provocare l'esportazione del fenomeno mafioso nel territorio nazionale, soprattutto nelle grandi aree metropolitane del nord. Forse, ha compromesso qualche zona di provincia, ma il fenomeno non è stato determinato dalla misura del soggiorno obbligato. D'altra parte, se si tiene presente che questo istituto sarà limitato a poche decine di casi all'anno e riguarderà periodi di tempo brevi (in passato, il soggiorno obbligato arrivava addirittura a cinque anni mentre oggi riguarda pochi mesi), ci si renderà conto che si tratta di misura ben diversa da quella del passato e che dovrebbe avere conseguenze molto più ridotte. Ad integrazione di quanto detto dal collega Palmeri, desidero precisare che questa misura è disposta dal pubblico ministero, ma viene poi sottoposta, in sede di riesame, al controllo del GIP, che può dare una valutazione di merito e di legittimità. Quindi, esiste in ogni caso il controllo giurisdizionale. GUGLIELMO PALMERI, Sostituto procuratore nazionale antimafia. L'onorevole Borghezio ha fatto riferimento al soggiorno obbligato, non a quello cautelare. Il nostro giudizio è quello espresso dal procuratore nazionale ed è per questo che non ho ritenuto di ripeterlo: l'autorità amministrativa deve controllare il soggiornante obbligato, il quale ha con sé un foglio sul quale è scritto tutto quello che può fare e quello che non deve fare. Dunque, per la polizia è facilissimo controllarlo, nonché coglierlo in flagranza se Pag. 1922 sbaglia. Se non deve frequentare pregiudicati, basta che stazioni sotto la sua casa un'automobile della polizia: quando riceve la visita di un pregiudicato, lo si arresta. Possono essere fatte intercettazioni telefoniche, può essere, con vari mezzi, isolato affinché diventi innocuo. Questa azione deve essere voluta e ci deve essere la possibilità di svolgerla: in questi casi, non accade nulla. Se così non avviene, ha ragione l'onorevole Borghezio. PRESIDENTE. Mi sembra che la questione si ponga in termini diversi a seconda delle aree in cui è inserito il soggetto. Quando si tratti di grandi aree, com'è accaduto in passato, la controllabilità di fatto non esiste; non direi, inoltre, che si possa parlare di esportazione del fenomeno. Diverso il caso delle piccole aree: come dimostra l'esperienza del passato queste sono molto utilizzabili. Vedremo come prospettare la questione al ministro dell'interno, al fine di risolverla. La Commissione avrebbe voluto un quadro della situazione, dal punto di vista dell'andamento del fenomeno criminale e della risposta al medesimo. Stando ai documenti pervenuti, sembrerebbe emergere un attenuarsi, in questa fase, della pressione sulla struttura cosiddetta militare della mafia. E' fondata tale impressione? Il problema non è di secondaria importanza, perché il riferimento è ad una strategia di aggressione ai nodi strutturali del potere mafioso. Potete dare subito un chiarimento, ovvero riservarvi un momento di riflessione, rinviando ad altro momento la risposta. BRUNO SICLARI, Procuratore nazionale antimafia. Rispondo subito, salvo essere in seguito più preciso, esprimendo il parere che questa pressione non si è allentata. Essa esiste certamente nelle zone dove la struttura militare è più forte. Ribadisco di continuo - e credo non a torto - che per combattere la mafia è sempre necessaria una forte tensione morale; guai se le forze di polizia e la magistratura perdessero la tensione morale che ha sempre sorretto la lotta contro la mafia. Valutando le operazioni in programma e la portata e l'oggetto delle medesime, devo dire che la pressione esiste. PRESIDENTE. Questo è il programma per il futuro. BRUNO SICLARI, Procuratore nazionale antimafia. E' un futuro, in alcuni casi, vicino. Non mi pare che la pressione si sia attenuata, se devo dare un giudizio generale. Forse è poco presente in alcune zone - ma non sulla struttura militare - per quello che riguarda il problema della mafia. Attraverso l'esame del territorio, abbiamo scoperto che esistono zone già raggiunte dalla mafia che sono sconosciute agli organi di polizia, i quali ritengono che nelle medesime non vi sia alcun problema di criminalità organizzata di tipo mafioso, mentre il problema esiste. Questo discorso non riguarda la struttura militare. ALBERTO GAETANO MARITATI, Sostituto procuratore nazionale antimafia. Credo che a questo punto vi sia la necessità di essere molto concisi. Mi limiterò pertanto a rispondere, alla domanda specifica, sulla situazione barese. Ritengo - d'accordo con il procuratore nazionale - che una risposta adeguata alle manifestazioni di tipo militare della mafia vi sia tuttora. Quello che a me sembra - ed è a mio giudizio l'aspetto più pericoloso - è che non vi sia complessivamente nel paese una adeguata preparazione rispetto a ciò che potrà accadere. La risposta decisa e proporzionata all'aggressione militare c'è stata, così come è ben noto a tutti. Ora in varie zone del paese si sta preparando - parlo in particolare della Puglia - una nuova manifestazione, che presumibilmente potrà essere anche di tipo militare. Manca il momento conoscitivo, approfondito e diffuso, sul territorio. Questo è uno dei nostri compiti col quale ci stiamo misurando, nel tentativo di superare le difficoltà Pag. 1923 iniziali che, per quanto riguarda la Puglia, indubbiamente esistono. PRESIDENTE. Dottor Maritati, vi sono particolari problemi a Bari? ALBERTO GAETANO MARITATI, Sostituto procuratore nazionale antimafia. E' difficile rispondere in due parole a questa domanda, presidente. I problemi esistono: credo che saranno superati in breve tempo perché la procura è impegnata in questa direzione. Le difficoltà vengono forse da una sorta di ritardo nella conoscenza dei due istituti. Contrariamente a ciò che è accaduto nelle altre parti del paese (laddove - come ha riferito il procuratore - è stata manifestata una grande disponibilità), ho rilevato una certa diffidenza: in Puglia la disponibilità iniziale, dove e quando si è manifestata, è stata di tipo formale. Penso che queste difficoltà derivino dal trovarsi di fronte ad un istituto nuovo: vi è quindi la necessità di comprendersi e di operare. Credo comunque che le difficoltà iniziali saranno superate al più presto. Per quanto attiene alla domanda specifica posta dall'onorevole Tripodi, debbo dire con molta franchezza che è vero che il processo relativo all'incendio del teatro Petruzzelli è stato archiviato. Si tratta di un processo iscritto a ruolo prima dell'entrata in vigore del decreto del 1991 e che, pertanto, non è di competenza della nostra procura. Ciò è inoltre dovuto anche al titolo di reato, essendo il processo iscritto a carico di ignoti per incendio doloso e di noti per incendio colposo. Ciò nonostante, la procura nazionale ha richiesto (ma non ha ancora ottenuto), ai sensi dell'articolo 371-bis, lettera c), copia degli atti, per valutare se vi siano elementi utili da collegare con altre notizie ed informazioni. Pertanto, l'attenzione della procura nazionale antimafia nei confronti di questo fatto, che indubbiamente rappresenta per la Puglia, non solo per Bari, una spia molto pericolosa, esiste e siamo in attesa di sviluppare gli accertamenti. PRESIDENTE. Poiché a noi capita di recarci in varie aree del territorio nazionale e poiché le prossime visite della Commissione riguarderanno la Sicilia (Catania e Palermo) e la Campania, pensate possa essere utile - mi rivolgo in particolare al procuratore nazionale - che il magistrato della procura nazionale che opera in quelle aree accompagni la Commissione, almeno per alcune audizioni, al fine di fornire quel tanto di informazioni aggiuntive che potrebbero risultare utili? BRUNO SICLARI, Procuratore nazionale antimafia. Credo che sia utile, utilissimo. PRESIDENTE. Tutto quello che può servire ad interconnettere (ciascuno ovviamente restando nell'ambito delle proprie funzioni) competenze, capacità e possibilità di intervento, per creare una rete il più possibile solida di relazioni, rapporti, credo possa giovare. Il senatore Brutti ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori. MASSIMO BRUTTI. Poiché ho sentito svolgere considerazioni e fornire informazioni interessanti soprattutto nell'ultima fase dell'odierna seduta, chiedo un aggiornamento della stessa, in modo tale da avere un piano compiuto, una ricognizione distinta per aree territoriali, che possa risultare utile ai lavori della Commissione. Ciò affinché ciascuno dei sostituti addetti ad una parte del territorio possa, insieme agli altri, coordinare un discorso di analisi e di scenario: naturalmente non si tratta di acquisire i particolari attinenti al merito delle indagini delle quali essi vengono a conoscenza, ma di avere uno scenario, un quadro che si vada ad aggiungere a quello che i rappresentanti delle procure distrettuali ci hanno detto in occasione del Forum dello scorso mese di febbraio. Tra i molteplici argomenti emersi oggi, ve ne è uno già affrontato nel corso del Forum, che a mio avviso è assai rilevante e sul quale, a quanto ho capito, esiste un problema di tempi. Mi riferisco Pag. 1924 alla questione delle banche dati. Il ministro Conso in Commissione si è dichiarato disponibilissimo a tale riguardo ed ha affermato che si tratta di un tema rilevantissimo, un punto molto importante. Se noi facessimo emergere dalla riunione odierna questa questione, anche per forzare i tempi e per individuare quali siano gli ambiti di competenza dei diversi organi istituzionali, credo sarebbe opportuno. Ripeto: dall'ampio quadro delle questioni emerse oggi potremmo far emergere questo tema, cercando di forzare i tempi, interessando la stampa e chiamando il CSM ed il ministro ad impegnarsi. PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, rimane stabilito di aggiornare l'audizione dei magistrati componenti la Direzione nazionale antimafia nella prospettiva di un' analisi più approfondita delle questioni del territorio. (Così rimane stabilito). D'intesa con il procuratore nazionale, fisseremo la data nella quale svolgere una successiva seduta dedicata a questo tema. Nel frattempo, assumeremo iniziative in tale direzione, con riguardo alla questione informatica, delle quali vi daremo tempestiva comunicazione. Quanto alla proposta di considerare prioritario sotto il profilo dell'esito di questo incontro il problema delle banche dati, va considerato che, senza un sistema di organizzazione delle conoscenze, il lavoro di coordinamento non funziona (questo è il punto di fondo!) e rischia di venir meno la stessa ratio dell'istituto. Se non vi sono obiezioni, rimane stabilito di contattare il ministro della giustizia ed il CSM, perché si muovano prioritariamente su questo argomento. (Così rimane stabilito). Ringrazio il signor procuratore e i signori magistrati. (I magistrati componenti la Direzione nazionale antimafia sono accompagnati fuori dell'aula). Accettazione delle dimissioni da vicepresidente dell'onorevole Carlo D'Amato. PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'accettazione delle dimissioni da vicepresidente dell'onorevole Carlo d'Amato. Il collega D'Amato ha inviato una lettera, che ho fatto pervenire in copia a tutti i membri della Commissione e della quale pertanto non do lettura. Vorrei ringraziare il collega D'Amato per la sensibilità dimostrata, per salvaguardare la Commissione da manovre speculative, nel presentare le dimissioni da vicepresidente. Voglio ringraziarlo e dargli atto del lavoro eccellente da lui svolto. Spero che la Commissione possa contare sul suo contributo attivo nel prosieguo dei suoi lavori. Se non vi sono obiezioni, prendiamo atto delle dimissioni presentate dall'onorevole D'Amato. ACHILLE CUTRERA. Prima della presa d'atto delle dimissioni, vorrei svolgere una brevissima dichiarazione. Il collega D'Amato ha presentato le dimissioni da vicepresidente con lettera del 21 aprile scorso. Quel giorno i gruppi presenti in Commissione, attraverso i propri rappresentanti, hanno manifestato opinioni che, da un lato, hanno rimesso alla valutazione discrezionale e soggettiva dell'interessato le decisioni e, dall'altro, hanno preso atto della situazione di difficoltà in cui la Commissione si sarebbe potuta venire a trovare. I membri del gruppo socialista non hanno preso la parola: una delle ragioni di fondo di tale atteggiamento è consistita nel fatto che ciascuno di noi in quella seduta è stato preso in contropiede, come si dice in termini calcistici, rispetto al fatto che taluno di noi, in particolare il sottoscritto, era in attesa di conoscere il testo della richiesta dell'autorizzazione a procedere. Consideravo importante ed interessante tale aspetto, posto che il collega D'Amato aveva chiesto un rinvio: se non lo avesse chiesto, ciò non si sarebbe verificato. Essendosi invece ritenuto di anticipare anche le dichiarazioni del collega D'Amato, Pag. 1925 devo dire che soltanto ieri sono venuto a conoscenza del testo della richiesta di autorizzazione a procedere. Mi rendo conto che il problema di merito non è nostro. Tuttavia, è forse opportuno che i colleghi conoscano soltanto cinque righe del testo. Ciò anche perché il collega D'Amato si è dimesso da vicepresidente ma non da membro della Commissione. Pertanto, avendo ragione di ritenere che ci si trovi ancora in questa sede a collaborare insieme (sotto questo profilo, raccogliendo l'auspicio del presidente, sono certo che D'Amato raccoglierà positivamente l'invito del presidente ad una collaborazione concreta e piena), è opportuno che queste cinque righe vengano lette. Leggendole, sono rimasto impressionato e penso che ciascuno di noi debba forse cominciare a riflettere sul pericolo che certi rapporti, che considero istituzionali, non sempre probabilmente condivisibili o corretti, possano creare ragioni di preoccupazioni. Dalla richiesta di autorizzazione a procedere risulta testualmente: "Allo stato delle indagini non sono state quantificate somme di denaro versate specificamente nelle mani di D'Amato Carlo". In sostanza, non si fa riferimento né al "quanto" né al "se". Dalla lettura del testo non appare che alcuno abbia detto che una lira sia stata versata al collega D'Amato. Eppure, il reato contestato è quello di corruzione! "E' fuor di dubbio" - continua la relazione (ma io vi assicuro che leggendo queste nove paginette il dubbio c'è) - "che i versamenti effettuati in favore del partito socialista siano andati in maniera proporzionale ai gruppi politici prevalenti a Napoli (D'Amato, Demitry e Di Donato)". Il giudice considera fuori dubbio che vi siano state questa rappresentanza e questa distribuzione e aggiunge: "Non bisogna dimenticare che D'Amato è stato assessore ai trasporti e sindaco di Napoli". Credo che queste affermazioni siano molto gravi dal punto di vista dell'etica istituzionale e perciò mi sono permesso di raccomandarle all'attenzione dei colleghi, sia per confermare le parole di stima che molti di noi o tutti noi abbiamo espresso nei confronti del collega sia per giustificare - lo dico con parole convinte, D'Amato - quell'atteggiamento di resistenza che D'Amato ha avuto nei confronti di questo provvedimento che probabilmente, almeno così come appare, sa di rifiuto attuale di valutazioni sufficienti rispetto alla giustizia. PRESIDENTE. La ringrazio, senatore Cutrera. Prendiamo quindi atto delle dimissioni da vicepresidente dell'onorevole D'Amato. Ribadisco l'invito al collega D'Amato a proseguire nella sua utile collaborazione con la Commissione. MARIO CLEMENTE MASTELLA. Prendiamo atto anche delle dichiarazioni del senatore Cutrera! PRESIDENTE. Sì, ma non dobbiamo prendere atto delle dichiarazioni di tutti. Comunicazioni del presidente. PRESIDENTE. Avverto che nella seduta di martedì prossimo, 4 maggio, si procederà alla votazione per l'elezione di un vicepresidente. Al termine della seduta del 6 aprile scorso ho dimenticato di chiedere l'autorizzazione al coordinamento formale della relazione sui rapporti tra Cosa nostra e politica, approvata in quella stessa seduta. Lo faccio ora, sperando che non vi siano obiezioni da parte vostra. In particolare, c'è un punto sul quale vorrei chiedere la vostra autorizzazione. Nella relazione sono riportati stralci delle richieste di autorizzazioni a procedere nei confronti di alcuni parlamentari, i quali hanno inviato brevi dichiarazioni scritte nelle quali confermano di ritenersi estranei alle vicende che li vedono coinvolti. Ritengo corretto - essendo ancora in tempo per apportare questa correzione formale - specificare in una nota della relazione che, successivamente all'approvazione Pag. 1926 della relazione, il parlamentare ha confermato la propria estraneità ai fatti. Chiedo pertanto di essere autorizzato al coordinamento formale della relazione su mafia e politica approvata nella seduta del 6 aprile scorso. Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito. (Così rimane stabilito). Comunico che per quanto riguarda l'attività del gruppo di lavoro presieduto dal senatore Smuraglia sugli insediamenti in aree non tradizionali, l'ufficio di presidenza propone alla Commissione il seguente indirizzo: che si effettui una visita in Piemonte, in Val d'Aosta e, se non ricordo male, in Lombardia e che successivamente si presenti una relazione unitaria che riguardi sia il lavoro già svolto in Toscana sia queste altre aree per avere il quadro complessivo della situazione. Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito. (Così rimane stabilito). Bisogna poi decidere la data dell'audizione delle direzioni distrettuali antimafia di Napoli e di Salerno, per impostare il lavoro in ordine a strutture e connessioni della camorra. Propongo che l'audizione si svolga nella seduta di martedì 4 maggio - data sulla quale è stato acquisito il consenso della direzione distrettuale di Napoli e credo anche di quella di Salerno - nel pomeriggio, in modo da condurre a termine questa parte del programma. Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito. (Così rimane stabilito). Do ora comunicazione degli altri indirizzi assunti dall'ufficio di presidenza, perché su di essi spetta decidere alla Commissione. Ricorderete che quando approvammo la decisione di lavorare sui rapporti tra Cosa nostra e politica decidemmo anche di ascoltare alcune persone, stabilendo che lo avremmo fatto successivamente. Ora l'ufficio di presidenza propone che si prendano contatti con le autorità giudiziarie - poiché alcune di queste persone hanno ora rapporti con l'autorità giudiziaria - per accertare se esistano problemi di interferenza. Naturalmente, ciò non vincola la nostra decisione ma si tratta di acquisire elementi di conoscenza per decidere cosa fare. In ordine alfabetico le persone da ascoltare sono: Egidio Alagna, Giulio Andreotti, Vito Ciancimino, Mario D'Acquisto, Aristide Gunnella, Dino Madaudo e Leoluca Orlando. Inoltre alcuni commissari - credo il senatore Rapisarda - avevano chiesto l'audizione del giudice Carnevale, dell'ex alto commissario De Francesco e del dottor Di Cesare, già direttore del carcere dell'Ucciardone. Ha poi chiesto di essere ascoltato dalla Commissione il giudice Sebastiano Campisi, attuale procuratore della Repubblica a Trieste, chiamato in causa da Calderone. GIROLAMO TRIPODI. In ufficio di presidenza ho dichiarato di non essere convinto dell'opportunità dell'audizione di tutte queste persone, che chiedono di essere ascoltate. Confermo questa contrarietà. Ero per una posizione diversa, perché si facesse una scelta precisa. Non so perché Madaudo debba venire qui per essere ascoltato, quale sia l'utilità della sua audizione per la Commissione. Oltretutto, per alcuni di costoro, ritengo opportuno attendere che il Parlamento si pronunci sulle richieste di autorizzazione a procedere. PRESIDENTE. Ricordo alla Commissione che l'ufficio di presidenza ritiene che se un parlamentare, che è stato chiamato in causa, chiede di essere sentito, ciò sia un suo diritto. E' questa la ragione. CARLO SMURAGLIA. Non vorrei che ci fosse una svista. Non so se l'ufficio di presidenza abbia operato una selezione. Pag. 1927 Nel quadro dell'indagine sugli insediamenti in aree non tradizionali, avevamo stabilito di effettuare visite in Piemonte, Val d'Aosta, Veneto e Lombardia, ed eventualmente in Emilia Romagna. Non vorrei che restasse a verbale che la visita si limiterà al Piemonte e alla Lombardia. PRESIDENTE. No, l'ho dimenticato. Effettivamente erano previste anche le visite in Veneto ed in Emilia Romagna. Per quanto riguarda la relazione sui comuni sciolti, il senatore Cabras ha presentato la bozza di documento, che vi farò avere in modo che la possiate esaminare. MARIO CLEMENTE MASTELLA. Mi rendo conto di essere ossessivo, ma vorrei... VITO RIGGIO. Vuole sentire Buscetta. L'altra volta non c'era. PRESIDENTE. Adesso ci arrivo. Propongo che la discussione delle relazioni sulle visite a Gela - redatta da me, visto che il collega Cafarelli non può farlo - ed a Barcellona Pozzo di Gotto avvenga nella seduta del 7 maggio alle 9,30, previa distribuzione delle relazioni in tempo utile a tutti i commissari. Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito. (Così rimane stabilito). GAETANO GRASSO. Per quanto riguarda la relazione, della quale ho il compito, sulle associazioni antiracket e sullo stato di attuazione della legge relativa, mi riservo nella prossima seduta di presentare un programma su alcuni atti da compiere successivamente. PRESIDENTE. Sta bene, onorevole Grasso. Il senatore Cabras deve ancora presentare la relazione sulla visita in Calabria e così pure il senatore Robol e l'onorevole D'Amato per quanto riguarda la visita in Puglia. Per quanto riguarda la questione dei pentiti, ho chiesto al ministro dell'interno - come si era deciso in ufficio di presidenza - una relazione sullo stato delle cose, perché l'orientamento emerso in ufficio di presidenza era quello di affrontare tale questione nel suo complesso: come sono trattati i pentiti; il problema della spesa; la questione di un corpo di tutela separato da quello di investigazione per evitare che ci sia il pentito del ROS, quello dello SCO, quello della DIA, e così via. All'interno di tali questioni, esamineremo anche il problema sollevato dall'onorevole Mastella. Personalmente ritengo che se le autorità americane non hanno consentito l'interrogatorio fuori sede per l'autorità giudiziaria, non credo che lo consentiranno per la Commissione parlamentare. MARIO CLEMENTE MASTELLA. Ieri sera in televisione ho ascoltato il dottor Manganelli del Ministero dell'interno affermare che Buscetta è sovrainteso dal Ministero dell'interno stesso. Siccome oramai la materia è diventata... Per altro, ho rilevato che quel che è avvenuto al tribunale di Sciacca e le dichiarazioni rese da un esponente di una parte politica che non è la mia... PRESIDENTE. Che è successo a Sciacca? MARIO CLEMENTE MASTELLA. A Sciacca il pentito Spatola ha ritrattato le sue dichiarazioni. Sono d'accordo che ogni parlamentare che lo chiede sia ascoltato - non voglio utilizzare asimmetrie simmetriche con rifondazione comunista - però il dato più rilevante, come abbiamo fatto questa mattina nei confronti del procuratore nazionale antimafia, è che oggi rispetto all'opinione pubblica credo abbiamo il dovere di far emergere tutti gli elementi di contraddittorietà, se ci sono, perché questi aspetti emergono con una certa evidenza. PRESIDENTE. Non ho dubbi su questo, solo che non voglio costituire questa Pag. 1928 Commissione come camera d'appello. Dobbiamo trovare il punto di equilibrio giusto per accertare quel che si deve accertare, senza costituirsi in forma di appello perché poi ci sarà un altro giudice che dirà... Entriamo in un circuito dal quale non usciamo più! Bisogna trovare il modo di esaminare tale questione secondo le nostre specifiche competenze - su questo sono perfettamente d'accordo -, evitando che la Commissione antimafia possa risultare come una sorta di camera di compensazione o di altro. MARIO CLEMENTE MASTELLA. Credo che la Commissione antimafia lo abbia fatto in altre circostanze, quindi anche in questa ritengo sia opportuno che lo faccia. PRESIDENTE. Non c'è dubbio. MASSIMO BRUTTI. Non voglio contraddire l'onorevole Mastella su una questione alla quale tiene molto. Tuttavia, non possiamo suscitare nell'opinione pubblica l'attesa che noi, come Commissione parlamentare antimafia, siamo in grado di vagliare l'attendibilità dei pentiti, perché non è così! MARIO CLEMENTE MASTELLA. Non dobbiamo neppure appoggiare i pentiti! MASSIMO BRUTTI. Certamente. Possiamo anzitutto accertare, come stiamo già facendo, le condizioni in cui si trovano, quelle relative alla loro tutela e alla loro gestione. MARIO CLEMENTE MASTELLA. Conoscete la mia avversione politica rispetto alle opinioni del senatore Cossiga - lo dico ad alta voce, esprimendo opinioni difformi - ma non è possibile che anche qui in Commissione antimafia ci sia un collaboratore di giustizia che esprime opinioni con un linguaggio anche politichese. Questo non è consentito! Buscetta l'altro giorno ha risposto a Cossiga! PRESIDENTE. Non ha risposto a noi, ha risposto a Cossiga. MARIO CLEMENTE MASTELLA. Non mi interessa, non devo difendere Cossiga, ma sul piano del principio... ERMINIO ENZO BOSO. Perché questa posizione non l'hai presa contro Gelli che ha attaccato i giudici perché hanno detto che Andreotti è mafioso? MARIO CLEMENTE MASTELLA. Sei affezionato a Buscetta! ERMINIO ENZO BOSO. Sì, perché gli credo! MASSIMO BRUTTI. Vorrei dire una cosa tranquillizzante. Onorevole Mastella, mi appello al senso delle istituzioni e alla consapevolezza dei nostri limiti: non possiamo dare alla gente l'impressione che sia la Commissione parlamentare antimafia a sciogliere il nodo della attendibilità dei pentiti. PRESIDENTE. Il problema è quello della attendibilità delle dichiarazioni, non dei pentiti, perché l'attendibilità di una persona neanche Gesù Cristo la stabilisce... MASSIMO BRUTTI. L'attendibilità delle dichiarazioni deve essere vagliata dal magistrato, non possiamo essere noi... Possiamo affrontare il problema di come sono gestiti, di chi li tutela, di qual è l'apparato organizzativo attorno a loro e possiamo anche dare indicazioni in questo senso. PRESIDENTE. Sono d'accordo. Per quanto riguarda la visita a Palermo e a Catania, nell'ambito dell'indagine sulla questione degli appalti, l'ufficio di presidenza propone che essa si svolga in data 18, 19 e 20 maggio. Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito. (Così rimane stabilito). Pag. 1929 L'ufficio di presidenza propone che il sopralluogo in Piemonte e Val d'Aosta, nell'ambito dell'indagine sugli insediamenti in aree non tradizionali, si svolga in data 10 e 11 maggio. Si tratta di un lunedì e di un martedì, per non intralciare i lavori della Commissione. MARIO CLEMENTE MASTELLA. Si potrebbe evitare il lunedì? PRESIDENTE. Se evitassimo il lunedì, la visita dovrebbe essere spostata a martedì e mercoledì e ciò intralcerebbe con i lavori parlamentari. Ricordo che queste visite sono effettuate da delegazioni, quindi i colleghi impossibilitati a parteciparvi non si devono porre problemi, l'importante è che sia assicurata una presenza dei gruppi maggiori. In questi casi non si vota né si decide alcunché. Se non vi sono obiezioni, rimane stabilito di effettuare la visita in Piemonte e Val d'Aosta in data 10 e 11 maggio. (Così rimane stabilito). Per quanto riguarda il sopralluogo in Campania, l'ufficio di presidenza propone i giorni dal 25 al 28 maggio. Durante la visita ci si dividerebbe in sottocommissioni, perché altrimenti non si riuscirebbe a concludere il lavoro entro quattro giorni. Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito. (Così rimane stabilito). Ricordo che la Commissione agricoltura della Camera sta svolgendo un'indagine conoscitiva sull'AIMA. Recentemente, ha ascoltato il direttore generale dell'AIMA, il quale ha fornito un quadro che, per le questioni di nostra competenza, è davvero preoccupante. Poiché prima o poi si dirà: ma la Commissione antimafia cosa sta a fare?, propongo di acquisire elementi di conoscenza perché poi la Commissione decida se e come muoversi. Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito. (Così rimane stabilito). MARIO CLEMENTE MASTELLA. Sarebbe possibile disporre di un calendario delle missioni da effettuare? PRESIDENTE. Certamente. La seduta termina alle 20.