Pagina 2395 SEGUITO DELL'AUDIZIONE DEL MINISTRO DI GRAZIA E GIUSTIZIA, PROFESSOR GIOVANNI CONSO PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE indice Comunicazioni del presidente: Violante Luciano, Presidente 2397, 2402, 2403 2405 2406, 2407, 2409, 2410, 2412 2413, 2416, 2420 2421, 2422, 2423 Bargone Antonio 2410 Biscardi Luigi 2414 Borghezio Mario 2405 Brutti Massimo 2409, 2414, 2415, 2416 Butini Ivo 2411, 2412, 2413, 2420 Cabras Paolo 2408, 2413, 2417, 2422 Calvi Maurizio 2403, 2404, 2423 Cappuzzo Umberto 2401 De Matteo Aldo 2401 Fausti Franco 2406, 2415 Ferrara Salute Giovanni 2398, 2423 Florino Michele 2413 Folena Pietro 2402, 2409 Frasca Salvatore 2407, 2408,2409, 2410, 2413 Mastella Mario Clemente 2415, 2416 2420, 2421, 2422 Matteoli Altero 2400 Robol Alberto 2403, 2413,2422 Smuraglia Carlo 2403 Tripodi Girolamo 2402, 2403 Seguito dell'audizione del ministro di grazia e giustizia, professor Giovanni Conso: Violante Luciano, Presidente 2424, 2425, 2428 2429, 2430, 2431, 2432,2435 Bargone Antonio 2430 Brutti Massimo 2428, 2429, 2431 2432, 2435 Buttitta Antonino 2431 Cabras Paolo 2428, 2431, 2432 Conso Giovanni, Ministro di grazia e giustizia 2424 2425, 2428, 2432, 2435 Tripodi Girolamo 2429 Pagina 2396 Pagina 2397 La seduta comincia alle17. (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente). Comunicazioni del presidente. PRESIDENTE. Prima di cominciare i nostri lavori, informo i colleghi su due questioni politiche. La prima riguarda una lettera che mi è stata inviata dal vicepresidente della Commissione, senatore Cabras, di cui do lettura: "Caro presidente, desidero manifestarti con estrema franchezza la penosa impressione ricevuta dalla lettura de l'Unità di oggi, 26 luglio, a proposito di un tuo intervento ad una manifestazione politica a Montecchio. L'affermazione a te attribuita si riferisce ad un cambio del sistema politico che sarebbe opera della magistratura. Secondo il resoconto, tu ritieni che il sistema politico si opponga al cambiamento e impedisca ai cittadini di votare, non lasciando altra alternativa che la via giudiziaria. "Nella foga di un discorso ci si può talora sottrarre al rigore logico, ma queste affermazioni suonano come un implicito invito ad un potere indipendente, quello giudiziario, di intervenire nella vicenda politico-istituzionale usurpando un potere di rappresentanza dei cittadini. "Devo confermarti il mio stupore nel vedere affermata una visione in contraddizione con i princìpi costituzionali che sono alla base della distinzione dei poteri, delle garanzie dei cittadini e della stessa autonomia dell'azione giudiziaria. A parte che non vedo motivi di censura ad un Parlamento che sta votando con celerità una complessa riforma elettorale, aderendo all'impulso offerto dall'esito referendario del 18 aprile, l'idea del governo dei giudici al posto della democrazia rappresentativa e dei suoi organi mi appare un incubo da allontanare e non una prospettiva da invocare. "Devo chiederti perciò un chiarimento sul contenuto e sul senso delle affermazioni riportate da l'Unità : in anni di lavoro parlamentare, e anche nella comune fatica alla Presidenza della Commissione antimafia, ho avuto modo di apprezzare in te la convinzione democratica e il senso delle istituzioni, e maggiore perciò è il mio disagio. Non si tratta ovviamente di un disagio che mi coinvolge solo a titolo personale: nel lavoro alla Presidenza ho sempre cercato di privilegiare il ruolo istituzionale sull'appartenenza, ma in questa disputa tutta politica il mio invito al chiarimento discende dalla necessità di verificare le condizioni per proseguire nel compito affidatomi. Con cordialità Paolo Cabras". Ho risposto stamane con la seguente lettera: "Caro Paolo, se davvero le mie parole o il mio pensiero si muovessero nella direzione che tu ed altri colleghi autorevoli avete rilevato, e che forse poteva trasparire dall'articolo de l'Unità , l'impressione più che ¦P'penosa¦P', come tu scrivi nella tua lettera, avrebbe dovuto essere fortemente preoccupata. Mi sarei infatti inserito in un filone politico reazionario ed antidemocratico che mi è del tutto estraneo e che sarebbe probabilmente incompatibile con le responsabilità istituzionali che rivesto in questo momento. Ma non è così. Nel corso di un intervento durato circa 30 minuti, ho cercato di spiegare le condizioni oggettive nelle quali ci troviamo, sottolineando il Pagina 2398 pericolo che se non si vota subito dopo la riforma elettorale il ricambio del sistema politico lo facciano i giudici. Ho aggiunto, per essere ancora più chiaro, che costituiscono un pericolo per la democrazia quei magistrati i quali ritengano che la fonte della loro legittimazione possa risiedere nel consenso dell'opinione pubblica. Non ho mai auspicato, né auspico oggi, il cosiddetto "governo dei giudici". Ma nello stesso tempo credo che per evitarlo sia del tutto ininfluente esecrare la magistratura, tentare limature al codice di procedura penale, pensare che quanto avviene sia frutto di complotti invece che di fatti gravissimi e specifici che sono oggettivamente accaduti nell'ultimo decennio. "Voi avete scritto, nel documento conclusivo approvato al termine dell'assemblea costituente programmatica, che un ciclo storico si è concluso e una nuova stagione si è aperta anche per l'Italia. Ed avete sottolineato che nel processo tumultuoso di scomposizioni e ricomposizioni si innesta una ricerca difficile di equilibri "meglio identificati e più stabili". Non si poteva descrivere meglio l'attuale fase politica. Ma proprio questa tumultuosità rischia di rendere inevitabile, per ragioni puramente oggettive, un'indebita assunzione di ruolo di governo da parte dell'istituzione giudiziaria, se la politica non riprende autorevolmente in mano le redini. "Per prevenire il "governo dei giudici" occorrono atti politici. Tra questi ho indicato la riforma elettorale e, subito dopo, il voto. Ho auspicato che entrambi i fatti avvengano al più presto. Se non facciamo in fretta la macchina giudiziaria, che ha dentro di sé una terribile violenza, come ho spiegato nel corso del dibattito, va avanti e si carica sempre più, per ragioni oggettive, di un ruolo che non le compete. E su queste ragioni oggettive possono successivamente inserirsi, aggravando la situazione, anche abusi e protagonismi soggettivi. Per questa ragione, credo, proprio i magistrati più accorti hanno chiesto una "soluzione politica". "In gioco non è quindi la cosiddetta delegittimazione del Parlamento, perché con te e con moltissimi altri colleghi in questo Parlamento lavoro, cercando di servire il paese nei limiti delle mie capacità. In gioco, invece, c'è il compimento di un ciclo storico e l'apertura di una nuova fase. Dobbiamo avere l'autorevolezza e l'intelligenza di favorire con ogni mezzo questa nuova fase, altrimenti corriamo il rischio della deriva istituzionale e della barbarie sociale. Queste sono le mie opinioni e le mie preoccupazioni. Ti sono grato per avermi dato l'occasione di esprimerle. Con stima Luciano Violante". Ho ritenuto opportuno che i colleghi fossero resi informati della posizione espressa dal senatore Cabras e della mia risposta perché il senatore Cabras poneva una questione politica relativa al lavoro della Commissione e all'ufficio di presidenza nel suo complesso. Non so se a questo punto qualche collega intenda intervenire. GIOVANNI FERRARA SALUTE. Si tratta naturalmente di una questione molto delicata, nella quale in qualche misura non è facile inserirsi, nella posizione di membro della Commissione, dato che vi è tutto un rapporto tra i due scriventi che esige fondamentalmente una spiegazione tra loro; infatti, per inserirsi occorre interpretare quanto il presidente Violante ha detto su l'Unità , oltre a quello che egli ha scritto in risposta al senatore Cabras e a quanto lo stesso senatore Cabras ha affermato. Quindi, un'azione di interpretazione potrebbe essere in qualche modo superflua. Il problema comunque esiste, ma non risiede - mi sembra evidente - in ciò che il presidente ha affermato su l'Unità , che mi pare sia spiegato bene nella replica, ma nel fatto che forse oggi vi è oggettivamente nell'aria tale questione. Devo dire francamente che quello che mi colpisce nella lettera dell'amico Cabras (credo che egli sappia con quale animo io parli) non è la preoccupazione che essa esprime bensì -mi si consenta Pagina 2399 il gioco di parole - l'estrema preoccupazione di esprimere questa preoccupazione, come se egli avesse colto al balzo la "palla" di un'espressione o di cose dette dal presidente Violante per riprecisare una questione che a mio avviso tra noi, nel mondo democratico, non ha bisogno di essere precisata, anche se mi rendo conto che se non si condivide qualcosa la si precisa. Poiché non posso pensare che l'amico Cabras non condivida la spiegazione data dal presidente Violante sulle proprie affermazioni, ho l'impressione che lo stesso amico Cabras si sia trovato nella necessità di esprimere uno stato d'animo molto più che una preoccupazione politica specifica. Mi sia consentito dirlo in questo momento in cui abbiamo tutti bisogno di chiarezza e dopo che nei giorni scorsi, soprattutto nell'assemblea costituente della democrazia cristiana, questa è stata invocata, richiesta ed offerta. A mio avviso, però, bisogna scegliere tra due sfumature (perché poi fondamentalmente il quadro è sempre quello relativo alle preoccupazioni democratiche) comunque importanti, ossia tra chi si preoccupa essenzialmente dei tralignamenti del mondo politico e chi invece degli eventuali tralignamenti del mondo giudiziario. Sono profondamente convinto che, se anche vi sono dei tralignamenti nel mondo giudiziario la loro origine è politica, ossia risiede nell'uso strumentale che spesso, negli anni scorsi, si è tentato di fare dell'ordinamento giudiziario (un uso larghissimo, addirittura un abuso), oltre che nello stato in cui è stata lasciata la magistratura, nella decadenza del sistema penale e in tanti elementi di cui i giudici non sono responsabili. Occorre altresì considerare le responsabilità storiche che noi abbiamo come classe politica dirigente; dico "noi" per evitare la critica un po' sprezzante rivolta dai grandi partiti ai piccoli partiti che sono stati loro alleati dicendo: "Voi scaricate su di noi la responsabilità e dimenticate che siete sempre stati con noi e quindi condividete le responsabilità". Credo comunque di avere, a questo punto, il diritto di aggiungere una nota in calce: se la democrazia cristiana sta, se non rinnegando, abbandonando il proprio passato, non vedo perché i suoi alleati non possano abbandonare la democrazia cristiana. Abbandoniamo quindi tutti questo passato. Una volta posta tale questione collaterale, credo che il nostro problema essenziale e lo scopo della nostra Commissione sia, per esempio, di indagare sul fenomeno della mafia, in rapporto al quale ha tipicamente brillato la caratteristica della degenerazione del sistema politico: se infatti vi è stata degenerazione del sistema giudiziario, anche a proposito della mafia, non vi è dubbio che essa sia stata dovuta alle enormi pressioni di carattere politico nonché alla paura di essere ammazzati e di essere trattati in modo similare (per usare un'espressione inserita nel titolo della nostra Commissione). Ritengo pertanto che sia stato utile quanto ha scritto il collega e amico Cabras, perché ha permesso al presidente Violante di chiarire molto bene la questione. Questo dibattito è stato quindi, in un certo senso, molto utile; credo però che non sarebbe molto utile proseguirlo, posto che sia le preoccupazioni dell'amico Cabras sia quelle del presidente Violante mi sembra si siano alla fine composte. Se si volesse proseguirlo, ciò significherebbe che si porrebbe un altro problema, ossia che dovremmo investire la nostra Commissione di un orientamento consistente essenzialmente nel biasimare la barbarie dei giudici e nel lodare la grande prudenza dei politici, cosa che come politico potrei anche essere portato a fare, ma che francamente mi sembrerebbe addirittura ridicola in questo momento nel nostro paese. Devo anche dire, pertanto, che mi sembrano ridicoli certi provvedimenti parlamentari che sono stati assunti per cercare di limitare, di contenere gli effetti drammatici della prevaricazione giudiziaria o della libertà di stampa, che sono i due elementi sempre temuti non nei regimi liberali ma in quelli autocratici. Pagina 2400 La libertà dei giudici e quella della stampa, nonché la loro licenza (da non confondere, come è noto, con la libertà, secondo il vecchio principio, per cui la licenza è una cosa gravissima) sono sempre state temute moltissimo nei regimi più duri, più "stretti", mentre sono sempre state temute molto poco nei regimi democratici, in cui tali questioni si risolvono sul piano pratico, soprattutto in considerazione del fatto che i politici, se fanno bene il loro mestiere, possono infischiarsene di essere criticati dalla stampa e qualche volta anche del fatto che i loro colleghi siano messi in carcere dalla magistratura, se questa è una cosa lecita. Per quanto mi riguarda, chiuderei questa storia: sono state espresse preoccupazioni lecite; sono state fatte precisazioni altrettanto lecite e pertinenti. Non avviamoci sulla strada di aprire un contenzioso sostanziale su questo punto che non potrebbe che portare gran parte della Commissione ad un tipo di dissidio che farebbe il gioco di quelle forze contro le quali la Commissione stessa è stata istituita. ALTERO MATTEOLI. A differenza di quello che ha detto il collega Ferrara, non ritengo che le lettere lette dal presidente e la polemica sorta tra questi e il vicepresidente sia un problema che debba limitarsi ad una spiegazione tra di loro. Bene ha fatto il presidente ad informare la Commissione (non poteva fare altrimenti) e bene ha fatto il vicepresidente Cabras a sollevare il problema. Da troppo tempo vi sono qui due tipi di Commissione. I lavori di una di esse si svolgono in quest'aula o nelle prefetture delle città nelle quali si reca: questa è la Commissione ufficiale che si riunisce, dibatte, polemizza, approva documenti. Poi c'è un'altra Commissione, quella impersonata sempre più (uso un termine forte ma non vorrei essere offensivo) prepotentemente dal presidente della Commissione, il quale ha ampi spazi sui giornali e sulle televisioni - è lui il presidente - e da questi pulpiti spesso presenta un altro tipo di Commissione. Questa è una cosa che abbiamo cercato di denunciare spesso, seppure in maniera molto garbata, in quest'aula e che emerge anche nella vicenda in oggetto. Non credo alla barbarie dei giudici, credo però che l'ordinamento giudiziario per troppi anni sia stato in qualche modo acquiescente al potere politico e abbia fatto un po' come le tre scimmiette: non ha visto né sentito né parlato. Poi, all'improvviso, ha cominciato ad applicare il codice. Non entro nel merito, ho solo una preoccupazione: che tutti i rinvii a giudizio possano arrivare presto ad un chiarimento affinché si svolgano i processi per acclarare se vi siano o meno responsabilità. Questo è quello che appare. La spiegazione che avviene qui oggi grazie alla lettera del senatore Cabras e alla risposta che il senatore Ferrara ha definito "garbata" lascia aperto il problema. I lavori di questa Commissione finiscono nel momento in cui finisce la seduta. La possibilità per tutti noi di esprimere giudizi e fare comunicati è un diritto-dovere che però non deve essere usato per avere in qualsiasi tipo di manifestazione la possibilità di dar vita ad un'altra Commissione. Non è la prima volta che dalle colonne de l'Unità ... ricordo che alcuni mesi fa il presidente mandò a tutti i commissari una lettera per chiarire un articolo apparso sul quotidiano l'Unità , nella quale affermava di essere stato male interpretato e cercava di riportare la verità. E' una vicenda che risale a qualche mese fa: evidentemente non è la prima volta che ciò accade. Visto che questo problema è stato sollevato, vorrei tentare di fare una raccomandazione - non so se ne ho titolo e oltre tutto non mi interessa molto averlo - affinché il presidente si ricordi, in tutte le "manifestazioni" che non è soltanto un uomo che ha la tessera di un partito - per carità, ne ha diritto: mi guarderei bene dal pensare il contrario - ma che, come presidente di questa Commissione, ha forse più responsabilità di tutti noi, per cui quello che dice può coinvolgere Pagina 2401 anche noi che non condividiamo quanto egli sostiene. Se tutto ciò che dice rispecchia i lavori della Commissione non ho nulla da dire, ma spesso abbiamo notato che così non è. ALDO DE MATTEO. Vorrei innanzitutto dire che apprezzo lo stile con cui è stato presentato rapidamente questo chiarimento. Parlo come senatore uti singuli perché ho sempre visto questo incarico, anche se espresso da un gruppo parlamentare, come particolare per le peculiarità dell'organismo. Devo dire che condivido sia la lettera del senatore Cabras sia la precisazione del presidente Violante. I problemi e le preoccupazioni, legittime, sono insorti nel momento in cui abbiamo appreso dai giornali una certa posizione che è stata sufficientemente chiarita. Nel merito di questa vicenda, cioè rispetto ai pericoli che sono nella situazione generale nella quale viviamo, credo che molto dipenda dal Parlamento. Infatti, sono tra coloro i quali sostengono che è pericoloso pensare di andare alle elezioni senza aver fatto la riforma elettorale; è pericoloso e, nello stesso tempo, per quanto mi riguarda, è lontano dagli orientamenti espressi dalla gente attraverso un voto. Quindi, idue passaggi sono questi: riforme elettorali e nuove elezioni. Non so indicare i meccanismi, d'altronde non credo rientri nel ruolo della nostra Commissione stabilire quando sia utile votare. Certo è che il buon senso porta a vedere lo scenario della riforma e delle elezioni. Voglio anche dire a chi sostiene che i tralignamenti del sistema giudiziario dipendono da quelli del sistema politico che la via è quella di porvi rimedio ed è l'unica che responsabilmente possiamo perseguire, non ne vedo altre. Questa disquisizione mi pare un po' oziosa, come mi pare ozioso cercare di capire dove sono questi confini e dove iniziano gli altri. Vi sono dei dati reali sui quali dobbiamo affrontare il confronto con molto realismo, capacità politica e grande sensibilità rispetto anche a quello che esprime l'opinione pubblica del nostro paese. Dopo questo chiarimento, considererei negativamente un proseguimento, di cui non riesco ad individuarne le ragioni. La lettera del vicepresidente Cabras è stata utile perché rispondeva ad una esigenza reale; mi è parsa opportuna e chiarificatrice la risposta del presidente Violante. Quindi, per quanto mi riguarda, ritengo concluso il problema serio posto e la risposta altrettanto seria data dal presidente. UMBERTO CAPPUZZO. Devo esprimere un sincero apprezzamento per la forma con cui è stato affrontato un tema così delicato, che merita di essere approfondito. Mi riconosco nella lettera del senatore Cabras perché anch'io ho provato le stesse ansie, gli stessi smarrimenti e le stesse preoccupazioni. Credo che chiunque di noi occupi posizioni di un certo rilievo in consessi così delicati non dovrebbe andare molto avanti in affermazioni che potrebbero essere quanto meno interpretate male. Capisco benissimo ed apprezzo lo sforzo che il presidente compie per essere sempre presente al fine di chiarire, in una lotta senza quartiere contro la criminalità organizzata, qual è il ruolo del Parlamento, ma temo che, in una situazione così delicata qual è quella politica italiana di questo momento, ogni indicazione che non sia più che pesata possa essere foriera di danni anche irreversibili. Non v'è dubbio che seguo l'opera della magistratura con attenzione e mi rendo conto che in questo momento vi è uno squilibrio fra i poteri. La magistratura fa bene a fare quello fa ed i politici fanno male a non riappropriarsi della politica nel senso più nobile della parola, però la situazione è veramente angosciante. Bisogna essere realisti: ci sono tentazioni magari di scorciatoie che possono venire a taluni. Abbiamo una lega che giustamente sulla scena politica italiana gioca un suo ruolo e che vede confermata la sua diagnosi negativa. Siamo in presenza Pagina 2402 di raggruppamenti di forze che si vanno costituendo e che sconvolgono l'assetto precedente. Qualsiasi indicazione che non sia più che accorta certamente non va nel senso delle istituzioni alle quali dobbiamo aderire fino a quando non subentrerà il nuovo. Avanzare anche indirettamente condanne all'attuale sistema e censurare il Parlamento unendosi al coro di coloro che, senza avere motivazioni di fondo ma solo per sentito dire (questo è l'elemento pagante attualmente), sono contro le istituzioni e il Parlamento non mi sembra molto accorto. Quindi, apprezzo la lettera del presidente Violante che fornisce chiarimenti convincenti: sono certo che così egli la pensa e che quella indicata non era la sua intenzione, però un approfondimento di questi temi bisognerebbe farlo. Mi collego anche alle molteplici iniziative di presenza attraverso la stampa e la televisione per riportare l'attività di questa nostra Commissione nei binari di quel distacco che ci deve essere perché non siamo qui per apparire ma per fare e fare bene. Credo che un approfondimento vada fatto, estendendo la tematica da trattare, al di là di questo riferimento concreto che è molto pertinente, grave e preoccupante, a tutta l'attività di questa assemblea. Nel corso della passata legislatura, con il presidente Chiaromonte, di tanto in tanto, al di là delle audizioni, vi era l'occasione per uno scambio di vedute disteso, al fine di configurare l'attività futura. Sottoscrivo le preoccupazioni del senatore Cabras e gli esprimo un apprezzamento per essersi reso interprete, senza averci consultato, di questo stato di disagio; apprezzo moltissimo la sua nobile lettera ma ritengo che valga la pena di non lasciare le cose come stanno, rimanendo quindi nel dubbio. Credo sarebbe utile dedicare una seduta ad un franco dibattito che affronti non soltanto il tema specifico ma anche quello dell'attività di questa Commissione nel suo complesso in modo da poterci salutare prima della pausa estiva rasserenati sull'attività futura connesa ai compiti che siamo chiamati ad assolvere. Non mi ritengo pago di una risposta così immediata che in ogni caso apprezzo; per cui sottopongo alla valutazione del signor presidente l'opportunità di svolgere un dibattito più esteso che affronti tutti i temi dell'attività della Commissione. PRESIDENTE. E' stata avanzata una richiesta da parte dei colleghi deputati dei vari gruppi di partecipare ad importanti votazioni sulla legge elettorale. Ricordo che il ministro Conso desidera partecipare oggi all'audizione, a causa dei suoi impegni di Governo. Poiché alle 19,30, presumibilmente, si saranno concluse le votazioni alla Camera, potremmo rinviare a quell'ora l'audizione del ministro, concludendo adesso la discussione in atto. PIETRO FOLENA. E quando discuteremo della relazione sull'edilizia scolastica a Palermo? PRESIDENTE. Lo valuteremo in seguito all'andamento della seduta. GIROLAMO TRIPODI. Ognuno di noi può esprimere giudizi sulle dichiarazioni rese sia dal presidente sia dai singoli membri della Commissione e ciascuno può chiedere chiarimenti. Tuttavia, dobbiamo stare attenti a che questi giudizi o richieste di chiarimento - ai quali si può dare un'enorme rilevanza, come nel caso della lettera del vicepresidente Cabras - non introducano elementi di turbativa nell'impegno complessivo della Commissione, i cui compiti sono molto delicati: ogni elemento introdotto può costituire un ostacolo al nostro lavoro. Non voglio dire con questo che il senatore Cabras voleva introdurre elementi che potessero essere utilizzati all'esterno in modo strumentale, ma noto che accanto alla sua lettera c'è un'altra presa di posizione, di cui non conosco il Pagina 2403 contenuto, da parte di un gruppo parlamentare, un gruppo importante. ALBERTO ROBOL. Del direttivo, non del gruppo. GIROLAMO TRIPODI. Il direttivo è sempre espressione del gruppo, è l'organismo che dirige il gruppo. Questo organismo ha espresso dei giudizi nei confronti del presidente Violante. E' questo che mi preoccupa, perché, se si incominciano ad introdurre elementi di questo tipo, si può determinare una situazione che rende meno serena la nostra discussione, il nostro impegno, il nostro lavoro. Ritengo perciò che questo tipo di intervento debba essere evitato, altrimenti tutti noi possiamo essere portati ad esprimere giudizi; anch'io potrei esprimere giudizi diversi rispetto alla posizione del presidente su problemi di carattere generale come le elezioni e così via. Non lo faccio, perché se dovessi esprimere un giudizio su questo Parlamento, non potrei non ricordare che il gruppo al quale appartengo l'ha espresso ufficialmente: questo Parlamento, nonostante voti e deliberi, è delegittimato, perché esistono situazioni che, anche in questi giorni, cominciano a creare apprensione nell'opinione pubblica (Interruzione del senatore Montini) . Sto dicendo che ognuno di noi potrebbe esprimere giudizi. Se ognuno di noi introduce un pensiero, un giudizio sul Parlamento... MAURIZIO CALVI. Chiudiamo questa storia maledetta. Se si continua a dire che il Parlamento è delegittimato, si può anche avere ragione, ma allora bisogna andare a votare subito. PRESIDENTE. Di Parlamento delegittimato non ha parlato nessuno nelle premesse della polemica. Lo dico per essere chiaro. GIROLAMO TRIPODI. Ho detto che ognuno di noi potrebbe esprimere giudizi in questo modo. La mia forza politica ha espresso questo parere, ma io non mi sono mai permesso di riportarla in Commissione, perché ritenevo che esprimere posizioni di questo tipo potesse determinare elementi di confusione e di contrasto che potrebbero nuocere all'attività della Commissione. Giudico perciò esagerata una discussione su un problema di questo genere, anche se esso viene posto in modo molto garbato. Non vorrei che tale discussione avvenisse in un momento in cui una certa situazione serpeggia e dà luogo ad atti quali quelli che si sono verificati la settimana scorsa in sede di Commissione giustizia e che creano preoccupazione. Non vorrei che in questo clima si inserissero elementi che possano nuocere all'attività della Commissione. Ritengo perciò che ciascuno di noi, prima di muoversi in una certa direzione, dovrebbe valutare attentamente le conseguenze del suo intervento. Mi auguro che la questione sia risolta, ma ribadisco che mi preoccupa non tanto la lettera del vicepresidente Cabras, che pure desta talune preoccupazioni, quanto la presa di posizione di un gruppo parlamentare, quello democristiano, perché questo atto è più rilevante. Temo che, se si continua di questo passo, la Commissione non continuerà a lavorare con l'impegno e i risultati che finora ha conseguito. Tali risultati hanno potuto colpire parti marce dei partiti, ma ciò non deve costituire un elemento di chiusura, anzi deve incoraggiare il lavoro da portare avanti. CARLO SMURAGLIA. Ritengo che la questione non potesse meritare l'attenzione del direttivo di un gruppo perché, ad un esame approfondito, manca in tal senso una giustificazione. Rispetto invece la posizione del vicepresidente Cabras, che stimo ed apprezzo, anche se dissento dalla sua preoccupazione, che peraltro riconosco legittima. Ad essa, il presidente Violante ha dato una risposta che, a mio avviso, non era tenuto a dare in quei termini; però, l'ha data e credo che il vicepresidente Cabras potrà lealmente prenderne atto. Pagina 2404 A questo punto, potremmo dire che l'incidente è chiuso, perché non ci sarebbe nulla da chiarire, né da fare una riflessione sulla Commissione, che francamente non capisco, a prescindere dal fatto che è già previsto, a tutt'altri fini, un dibattito sull'attività della Commissione per i primi giorni di settembre, quindi fra non molto. Se la questione fosse nata da atti o dichiarazioni del presidente, inerenti all'attività della Commissione, di cui non siamo a conoscenza oche rendano tale attività in termini diversi, potremmo discuterne in questa sede. In questo caso, invece, si tratta della manifestazione del pensiero di un cittadino come un altro, al quale non possiamo contestare il diritto di esprimere opinioni che non riguardano, nel caso specifico, la Commissione, sia pure con quel minimo di prudenza che necessariamente comporta ogni carica istituzionale e senza però che la titolarità di una carica non consenta l'espressione di un parere su una questione dibattuta e soggetta a varie interpretazioni, persino nel modo in cui viene riferita. Credo che in proposito dovremmo essere molto fermi, a parte il fatto che questa Commissione, così come la precedente, ha dato più volte esempi di suoi membri che parlavano dell'attività della Commissione stessa talvolta per un osservatore estraneo - anche inopportunamente ed a sproposito. In questo caso è avvenuto qualcosa di simile e perciò, mentre dovremmo tutti richiamarci all'autocontrollo ed all'autodisciplina per non dichiarare all'esterno quanto non diremmo in questa sede, per quanto riguarda le opinioni che concernono problemi istituzionali o investono i rapporti tra poteri dello Stato o tra organi istituzionali, difficilmente sarebbe contestabile, a prescindere dal merito della questione, il diritto per chiunque di prendere posizione. Del resto, il presidente della Commissione non è il Presidente della Repubblica, il quale pure nel passato ha ritenuto di dover restituire una tessera; a lui è riconosciuto il diritto di avere un pensiero, che non ha nulla a che fare con la tessera di cui è titolare, un diritto che non può essere negato a nessun cittadino. Pertanto, ritengo che il presidente Violante abbia dato una risposta addirittura più cortese del necessario, non trincerandosi dietro il diritto fondamentale a manifestare le proprie opinioni. Prendiamone atto e conveniamo insieme che fuori dall'esercizio dell'attività di questa Commissione abbiamo il diritto di esprimere le nostre opinioni su questioni di carattere generale, senza alcun limite purché non si tratti di dichiarazioni sovversive dello Stato delle cui istituzioni siamo membri. Chiariti i termini della questione, la medesima dovrebbe essere considerata chiusa con soddisfazione anche di chi ha sollevato il problema. Mi riferisco al senatore Cabras, perché contesto il diritto di prendere posizione su una simile questione da parte di un direttivo o di un gruppo. Se lo ammettessimo, andremmo molto lontano; se lo facessimo per tutte le Commissioni, non avremmo più attività parlamentare. Credo che sia nell'interesse di tutti riconoscere il diritto di ciascuno e garantirlo nei confronti delle posizioni dei gruppi. Chiaramente, se il senatore Cabras vuole chiedere un chiarimento, anche senza formalizzarlo, saremo gli ultimi a negarlo; proprio per i rapporti che ci legano, frequentandoci abitualmente, sarebbe estremamente semplice risolvere ogni dubbio, evitando che la formalizzazione del medesimo finisca per far diventare un problema ciò che non lo è. MAURIZIO CALVI. Il ruolo del presidente della Commissione parlamentare antimafia è frutto di un equilibrio delicatissimo dal punto di vista politico, sia per le funzioni sia per il ruolo che il presidente stesso svolge. Quello del vicepresidente Cabras è un richiamo a mio avviso riferito ad una questione che io definisco fondamentale, sia in ordine all'adesione di ciascuno a questo dovere nei confronti del paese sia con riferimento all'adesione nei confronti di una Commissione parlamentare. Il problema che pone Pagina 2405 Cabras verso il presidente è il problema del senso dello Stato: quanto più forte è il senso dello Stato del presidente, tanto più forte è la sua adesione nei confronti del Parlamento (proprio per la specificità delle sue funzioni); quanto più alto è il suo senso del partito, tanto più si sviliscono le sue funzioni e le sue prerogative dal punto di vista politico. Questo è il vero snodo che si è venuto a creare in questa Commissione. Ricordo l'esperienza della presidenza Chiaromonte, il quale era profondamente staccato rispetto al gruppo dell'ex partito comunista: dal momento in cui ha assunto quella sua responsabilità, Chiaromonte non è stato mai funzionale rispetto ai grandi o ai piccoli interessi che possono esservi all'interno di una Commissione. Non sto qui a dire che il presidente Violante non ha un grande contenuto democratico. Questo è fuori discussione, sia per la sua storia, di cui ha segnato il paese, sia per le responsabilità che ha esercitato econtinua a esercitare verso il paese. Il richiamo di Cabras -ripeto - è probabilmente un richiamo all'alto senso dello Stato, che rappresenta una delle prerogative di una presidenza tanto delicata, dal punto di vista anche strategico, nella lotta contro la criminalità organizzata. Bisognerebbe evitare certe sbavature. Spesso il presidente Violante ha dato l'impressione di essere funzionale agli interessi di partito, sia interni sia esterni alla Commissione. Questo è il problema delicato. Da qui, è derivata una sorta di malessere che è stato avvertito in qualche modo da un gruppo importante di questa Commissione, quello della democrazia cristiana, il quale vuole superare questo stato di malessere richiamando probabilmente il presidente alle grandi responsabilità ed al suo alto senso dello Stato che sicuramente deve rafforzare e recuperare nel paese e all'interno della Commissione. MARIO BORGHEZIO. Non ho avuto occasione di leggere l'articolo oggetto dello scambio di lettere e quindi debbo per forza riferirmi a quanto traspare dalla corrispondenza intercorsa. Mi pare che, da quanto emerge da queste lettere, non vi sia molto da osservare circa la fondatezza dei rilievi; ritengo infatti che le spiegazioni offerte dal presidente siano sostanzialmente soddisfacenti e quindi tali da porre fine a questa questione che non credo avrebbe dovuto avere il rilievo che la lettera del vicepresidente ed alcuni interventi hanno voluto attribuirgli. Ritengo tuttavia che questa possa essere una buona occasione per riflettere, tutti assieme, sul ruolo e sull'importanza istituzionale che ha questa Commissione, in particolare il suo presidente ma anche ciascuno dei suoi membri. Devo comunque richiamare l'attenzione su un problema che eventualmente potremo riprendere in maniera più approfondita ed avendo a disposizione uno spazio temporale più adeguato. Mi riferisco a quanto emerso sul piano giornalistico nei giorni scorsi (ma anche oggi su Il Giornale di Milano ed Il Giorno ) relativamente alle deposizioni rese dal collaboratore di giustizia Pasquale Galasso. Considero infatti molto interessante e da approfondire il ruolo che in questa occasione la Commissione, ciascuno dei suoi membri e in particolare il presidente, non ha saputo svolgere. In quella occasione, infatti, sulla base degli elementi che erano stati forniti, tutti i membri della Commissione - ripeto, in particolare il presidente - avrebbero avuto il dovere di approfondire con tutta la necessaria serietà i rapporti emersi (proprio oggi ci giunge notizia che tali rapporti costituiscono oggetto di attività giudiziaria) fra un esteso mondo affaristico facente capo ad una centrale di cooperative e la camorra. Poiché tutto ciò non è avvenuto, ritengo che la Commissione debba aprire un dibattito ed eventualmente assumere iniziative decidendo, se del caso, di ascoltare nuovamente il collaboratore di giustizia. Mi pare si tratti di un fatto politico rilevante che attiene anche all'argomento oggetto di questa discussione. PRESIDENTE. Non essendovi obiezioni, continuiamo i nostri lavori in Pagina 2406 seduta segreta. Dispongo la disattivazione del circuito audiovisivo interno. (La Commissione procede in seduta segreta) . PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori in seduta pubblica. Dispongo la riattivazione del circuito audiovisivo interno. FRANCO FAUSTI. Intervengo molto brevemente anche perché la lettura, pur veloce, della lettera che il presidente Violante ha inviato al vicepresidente Cabras in qualche modo rasserena il nostro confronto ed il nostro dibattito. Ciò nonostante, condividiamo pienamente l'iniziativa del vicepresidente, per le argomentazioni importanti e per la preoccupazione da essa espresse. Sono state sollevate alcune questioni che credo non siano riferite alle opinioni personali del cittadino Violante il quale fra l'altro, in quanto cittadino-Violante, ha il dovere di esprimere in qualsiasi occasione ed opportunità le proprie idee, ma che lasciano a noi, come componente politica, ed al gruppo democratico cristiano del Senato, il dovere di esprimere la nostra opinione su un'informazione e su valutazioni politiche gravi. Mi sembra abbastanza strano che in una seduta serena, così come sereno e determinato è stato sempre il nostro contributo in questa Commissione, addirittura si discuta dell'opportunità e del potere del gruppo del Senato di determinarsi con una decisione del proprio direttivo. E' evidente che la decisione assunta è relativa alle notizie ricevute dalla stampa che delineavano un'informazione diversa rispetto alle precisazioni fatte dal presidente Violante; direi - ahimé - che non sempre l'uso pubblicitario della stampa va a finire laddove talvolta alcuni protagonisti vorrebbero che andasse a finire. Qualche volta va bene, talaltra va male. PRESIDENTE. In genere, va male. FRANCO FAUSTI. In questo caso credo che non sia andata del tutto bene sotto il profilo dell'interpretazione del suo pensiero. Vorrei ricordare che la democrazia cristiana ha chiesto di interrogare nuovamente Galasso, del quale non consideriamo chiusa l'audizione. PRESIDENTE. Sì, lo aveva detto Mastella. FRANCO FAUSTI. Le anticipo che una domanda, nel merito di quella questione, c'era. Anche per questi motivi, per problemi di opportunità generale, assumemmo un atteggiamento che qualche parte faziosamente interpreta come una volontà di freno rispetto ad un'attività di indagine che noi vogliamo sempre più rigorosa e dura. Vorrei aggiungere - sempre nel quadro del contributo di serenità che intendiamo offrire - che c'è una parte della sua risposta al vicepresidente Cabras sulla quale credo avremo, anche se non in questa occasione... Non vorremmo che anche questa volta da parte di osservatori non oggettivi e non sereni ci fosse rivolta l'accusa di porre in essere un tentativo di strumentalizzazione (del resto, alcune valutazioni di questo tipo le abbiamo sentite). Forse sarebbe opportuno, in una Commissione come questa, tentare di evitare di rivolgersi reciprocamente battute di carattere propagandistico. Tuttavia, rimane - perlomeno al sottoscritto - un elemento di preoccupazione. Quando lei parla della necessità, della preoccupazione di prevenire il governo dei giudici, usa un'interlocuzione, una frase, per cui sembrerebbe che ci potrebbero essere ragioni obiettive che in qualche modo possano giustificare un ruolo politico... PRESIDENTE. Giustificare, no. Possano creare... FRANCO FAUSTI. Io penso che non vi potranno mai essere ragioni obiettive per giustificare un ruolo politico tale da creare la necessità di prevenire un governo dei giudici. Rispetto a questo elemento di valutazione, credo che non sia tanto il dibattito di chiarimento di oggi... Pagina 2407 Per quanto mi riguarda, il senso complessivo della risposta che lei ha dato può essere considerato indubbiamente sufficiente. Non vorrei che una lettura capziosa o particolareggiata del testo della lettera potesse portare ad un'interpretazione nel senso che mancherebbe quel rapporto di collaborazione che ha invece sempre caratterizzato la nostra posizione. Rimane comunque questa preoccupazione che avremo modo di chiarire nel proseguimento dei nostri lavori. SALVATORE FRASCA. Signor presidente, anch'io sono dell'avviso che bisogna evitare di compromettere il buon lavoro che questa Commissione va svolgendo. Tuttavia, poiché ritengo che lo scambio di lettere tra il presidente ed il vicepresidente Cabras non sia stata una corrispondenza di amorosi sensi, ma abbia toccato problemi che meritano un approfondimento, per la parte che mi riguarda, usando il linguaggio della politica, della politica pura (non del politichese, che molte volte alberga in questa Commissione), intendo chiarire il mio punto di vista con la necessaria schiettezza. Rettificando quanto ha avuto occasione di dire il mio collega di gruppo Calvi - non qui, ma al Senato -, tengo a precisare che qui non ci sono gruppi più importanti e gruppi meno importanti: i gruppi sono tutti su un piano di parità e, comunque, forse si farebbe bene a non parlare di gruppi ma a rispettare il senso istitutivo di questa Commissione, dando a ciascuno di noi il ruolo che merita nell'espletamento delle proprie funzioni... (Alcuni parlamentari parlano tra loro) . PRESIDENTE. Signori, è un po' difficile l'ascolto ed il lavoro degli stenografi...! Prosegua pure, senatore Frasca. SALVATORE FRASCA. Lasciamo quindi stare i gruppi e cerchiamo di esprimere liberamente il nostro punto di vista. Ho voluto fare questo riferimento poiché ho imparato in tanti anni di milizia politica a conservare sempre l'orgoglio del partito di appartenenza. Per esempio non ho gradito che il presidente non abbia fatto tenere seduta nel corso della convenzione costituente della nuova DC, mentre la stessa delicatezza non l'ha usata nei confronti del partito socialista nel momento in cui teneva eguale iniziativa. In quei giorni ( Interruzione del deputato Bargone )... Rispondo, ma così facendo perdiamo tempo; a me piace la polemica e come ho precisato molte volte mi sento figlio di Marte e di Bellona, ossia del dio e della dea della guerra. Ho inteso fare questa precisazione dal momento che il presidente nell'ultima seduta ha detto che alla fine della settimana non avremmo tenuto seduta per dare la possibilità ai colleghi della democrazia cristiana di partecipare alla loro costituente. Dico che vi sono delle linee di rispetto per tutti i gruppi che devono essere osservate. PRESIDENTE. Qualche parlamentare socialista della Commissione lo aveva chiesto? SALVATORE FRASCA. Io no; non so se sia stato richiesto o meno. Comunque è a questo fatto specifico che mi riferivo quando, riprendendo il mio collega Calvi, dicevo che i gruppi sono tutti su uno stesso piano di parità e che comunque è opportuno non parlare in termini di gruppi, bensì come si conviene quali membri di questa Commissione. Poc'anzi ho affermato che la corrispondenza intercorsa tra il presidente Violante e il vicepresidente Cabras non è stata una corrispondenza di amorosi sensi. Sui contenuti di entrambe le lettere occorre fare una precisazione. Conosco da molti anni il presidente Violante, abbiamo fatto insieme molte battaglie anche nella precedente Commissione, conosco la sua intelligenza, apprezzo la sua diligenza, però mi si consenta di dire che da tempo non condivido la sorta di spirito khomeinista con cui egli dirige la nostra Commissione. Ho avuto occasione di dirglielo senza fargli mistero della mia opinione. Signor presidente, nell'ambito Pagina 2408 della Commissione serpeggia molto malumore che non si riesce ad esprimere per l'impotenza di molti di noi, i quali parlano negli ambulacri del Parlamento in un determinato modo e poi nelle sedi abilitate ai nostri discorsi non sono in grado di esprimersi adeguatamente. Ritengo che si impongano delle rettifiche ai lavori di questa Commissione; ne discuteremo in maniera approfondita a settembre nella data indicata, ma credo che un qualche cenno in questa sede vada fatto. Ritengo sia stato privilegiato il rapporto con l'opinione pubblica piuttosto che il lavoro serio, minuto, paziente, laborioso che noi avremmo dovuto fare per assolvere i compiti demandatici dalla legge. Forse è l'effetto degli organi di informazione, del ruolo esercitato dalla televisione, però si è parlato molto all'esterno, mentre dal punto di vista del rendimento la Commissione non ha concluso molto, mentre si sarebbe potuto concludere di più. Vi è stato un mare di iniziative, però poi non siamo stati in grado di setacciare il nostro lavoro e di pervenire a delle concrete conclusioni. Prova ne è che abbiamo licenziato soltanto una relazione importante, quella relativa al rapporto mafia- politica, ma relativamente alla Sicilia, mentre ancora tale tema non è stato trattato per la Campania, per la Puglia eper la Calabria. Vi è poi una certa commistione di poteri con una sorta di subordinazioni o di strumentalizzazione del nostro rapporto con l'altro potere rappresentato dalla magistratura. A tale proposito vorrei dire anche al collega Cabras che il suo appiattimento alle posizioni del presidente, così come l'appiattimento dell'altro vicepresidente (il precedente, non di quello attuale) sulle posizioni del presidente non ha creato quella sorta di collegialità del lavoro, quella dialettica essenziale per far funzionare bene questa Commissione. Abbiamo quindi dovuto avere certi consulenti e non altri ed anche quando bisognava assumere determinate posizioni esse sono state prese, ma subito dopo lasciate cadere nel nulla. Aspetto ancora che venga visionata la videocassetta nella quale è contenuta una dichiarazione molto grave per il buon lavoro del Governo, delle forze dell'ordine edello stesso Parlamento a proposito dell'arresto di Riina. Non si sapeva il nome del magistrato, poi l'abbiamo saputo accertando che è un magistrato che fa il consulente di questa Commissione. Comunque su tutto questo non si è voluto a suo tempo prendere posizione. Alcuni di noi hanno chiesto un confronto con il Consiglio superiore della magistratura, ma tale confronto non si è avuto. E' vero che c'è Tangentopoli, ma in aula ho dichiarato che tra me che vivo in Calabria e Tangentopoli che si è sviluppata principalmente a Milano vi è il massiccio del Pollino e che tra me e la Tangentopoli scoppiata a Reggio Calabria c'è il massiccio dell'Aspromonte. Quindi io non ho da difendere nessuno, meno che mai questo sistema che si è evidenziato con tutta la corruzione che sta emergendo in questi mesi. Vi è quindi Tangentopoli, esistono delle precise responsabilità dei partiti politici, vi sono responsabilità del Parlamento, però bisogna avere anche il coraggio di dire che se Tangentopoli c'è è perché, come dice l'onorevole Pannella (come vede questa volta siamo in tre, presidente, il presidente Cossiga, l'onorevole Pannella ed io a dire certe verità... PAOLO CABRAS. E' in buona compagnia! SALVATORE FRASCA. ...e quindi sono in buona compagnia), dicevo che ha ragione l'onorevole Pannella quando afferma (e mutuo il linguaggio dalla massoneria) che la magistratura è stata "in sonno" nel corso di questi anni. La magistratura sapeva tutto e non è intervenuta, perché attraverso suoi comparti è stata partecipe della gestione del potere così come si è estrinsecata in questi ultimi quarant'anni di vita politica. Avremmo dovuto avere un confronto su tutto questo con la magistratura, anche in rapporto a coloro che abbiamo ascoltato. Per ogni pentito che ascoltiamo facciamo Pagina 2409 un processo, un processo sommario, uno di quei processi che poi portano al suicidio delle persone, cosa che offende la nostra coscienza non soltanto di cristiani ma di laici. Però non siamo mai stati in grado di chiedere il rendiconto alla magistratura di alcuni suoi comportamenti, così come non siamo stati in grado di chiedere il perché certi magistrati, che sono corrotti e che si sono resi responsabili di gravi fatti, restino ancora al loro posto e non vengano rimossi. Bisogna avere il coraggio di dire queste cose. Sbagliano quei colleghi iquali magari possono avere il morto in casa e pensano che tacendo su queste cose possono essere protetti al momento opportuno: no, non è possibile questo. Allora è bene che si faccia (almeno da parte di chi si sente moralmente pulito) la necessaria battaglia per portare la pulizia nella magistratura del nostro paese. Vi è stato quindi uno squilibrio: si è andati avanti in una certa direzione e non in altre... PIETRO FOLENA. Stringi! SALVATORE FRASCA. Il presidente chi è? PIETRO FOLENA. Non è una discussione generale. SALVATORE FRASCA. Lascia fare il proprio compito al presidente, per piacere. PIETRO FOLENA. Non si tratta di una discussione generale sulla Commissione... SALVATORE FRASCA. Se sbaglio mi richiama il presidente, ma tu non hai alcun diritto di richiamarmi. Adesso ti ho fatto questa dichiarazione, se interrompi nuovamente ti do una risposta diversa, anche perché non ho mai apprezzato i gerarchi nella politica, ho apprezzato l'intelligenza, il saper fare, il legame con la gente, ma mai i gerarchi della politica. PRESIDENTE. Senatore Frasca! SALVATORE FRASCA. Ognuno ha la sua storia. MASSIMO BRUTTI. Lo scontro si evita con un po' di autocontrollo, altrimenti... SALVATORE FRASCA. Collega Brutti, ti voglio tanto bene che accetto la tua esortazione. Dicevo poc'anzi che vi è stato uno squilibrio, si è andati avanti in una certa direzione e non in un'altra e ciò a scapito di uno dei compiti fondamentali della nostra Commissione che era quello di vedere se i meccanismi dello Stato funzionavano nella lotta contro la mafia e contro la delinquenza organizzata. Adesso vediamo quali sono i correttivi da apportare e cerchiamo di riflettere avendo ognuno di noi stima del collega e noi tutti di lei, presidente, che è il nostro coordinatore. Però quando questa mattina mi si consegna un malloppo sull'edilizia scolastica a Palermo e questa sera mi si chiede di dare un voto, mi rifiuto di darlo perché devo avere il tempo necessario per studiarmi i problemi! Ho visto che lei, presidente, per giovedì ha messo all'ordine del giorno la relazione sulla Calabria che appare e scompare. Sono calabrese, sono legato alla pulizia, non etnica, bensì morale, istituzionale della mia regione, alla liberazione della Calabria dal fenomeno mafioso, voglio dare il mio contributo e prima di venire in Commissione ho diritto di conoscere il testo della relazione sul quale si deve svolgere il dibattito! Bisogna quindi che ci si stimi e che queste cose non accadano. Bisogna altresì che non apprendiamo né da Il Giornale di Montanelli, né da Il Giorno cose che non fanno certamente onore a questa Commissione. Noi dobbiamo essere imparziali! Le fonti di finanziamento devono emergere prescindendo dalla provenienza o dalle parti da cui siano state utilizzate: non si può mettere il manto della carità su chicchessia! Per questo motivo chiedo che la Commissione ascolti nuovamente il pentito Galasso perché ci dica ciò che non ci ha detto o Pagina 2410 che non gli si è fatto dire. Chiedo inoltre che a ciascun membro della Commissione sia consegnato il testo dell'interrogatorio... PRESIDENTE. Lo avete Frasca, lo avete, lo avete avuto un mese fa l'interrogatorio di Galasso. SALVATORE FRASCA. Ma non le pagine. PRESIDENTE. Quali pagine? SALVATORE FRASCA. Le pagine che mancano! PRESIDENTE. Ma quali pagine mancano, scherziamo? SALVATORE FRASCA. La stampa afferma che mancano delle pagine! PRESIDENTE. Scusate, colleghi... SALVATORE FRASCA. Io dico quello che leggo sulla stampa. PRESIDENTE. Ad un certo punto basta! Scusate colleghi... SALVATORE FRASCA. Prendo atto di ciò che dice, presidente. PRESIDENTE. Questo è un punto sul quale non transigo! Che si debba dire che mancano delle pagine in documenti che vi sono stati dati... ma scherziamo? SALVATORE FRASCA. Prendo atto di ciò che dice! PRESIDENTE. No, lei le pagine le aveva, lei, Frasca, le pagine le aveva, se non le ha lette è colpa sua, non colpa mia! SALVATORE FRASCA. Signor presidente, i documenti li ho letti e lei non faccia il preside di scuola che richiama l'insegnante né l'insegnante che richiama un alunno. PRESIDENTE. E' lei che mi ha richiamato perché non le ho dato delle pagine, caro Frasca. SALVATORE FRASCA. Pensavo, e questo si evince dalla lettura della stampa, che vi fossero delle pagine... ANTONIO BARGONE. Uno legge gli atti che ha! Che c'entra la stampa? (Commenti) . PRESIDENTE. Andiamo avanti! SALVATORE FRASCA. Come siete facili nelle vostre cose... PRESIDENTE. Andiamo avanti Frasca. SALVATORE FRASCA. ...cercate di acchiappare le lucciole quando vi sono delle travi. PRESIDENTE. Andiamo avanti, Frasca. SALVATORE FRASCA. Pensiamo alle travi che ci sono... Comunque chiedo che il pentito Galasso sia riascoltato ed anche sulla vicenda delle cooperative rosse (ed io sono un rosso) si faccia piena luce perché la nostra Commissione deve percorrere una strada obbligata e non procedere a zig-zag. PRESIDENTE. Per quanto riguarda la relazione sui lavori aPalermo, essendosi l'altra volta verificato un grave ed increscioso inconveniente, cioè essendo stata data la relazione il giorno prima, i giornali l'hanno pubblicata nel giorno stesso in cui la dovevamo discutere; ricordate? La cosa fu stigmatizzata da molti, dopo di che abbiamo preso l'abitudine di consegnare la relazione al mattino per evitare che i giornali la pubblichino prima che i colleghi la leggano. Nell'ordine del giorno è scritto: discussione ed "eventuale" approvazione, quindi non si chiede un voto per oggi. Terza questione: gli ordini del giorno Pagina 2411 sono decisi dalla Commissione, per cui insieme abbiamo deciso di fare la relazione sulla Calabria giovedì. IVO BUTINI. Prendo la parola soprattutto per manifestarle, presidente, una stima ed un apprezzamento personali di cui poi spiegherò le ragioni. Non la conoscevo molto prima di venire in Commissione antimafia: la considero un personaggio politico coerente, con una ispirazione politica forte e un carattere determinato, ed il discorso di Montecchio per me ne è stata una dimostrazione. Ho letto ieri quanto riportato da l'Unità sul discorso di Montecchio. Non ero a Roma stamattina e nel pomeriggio, quando sono arrivato, ho letto le lettere che si sono scambiati il presidente ed il vicepresidente ed ho avuto l'impressione di trovarmi di fronte a due testi diversi. Il discorso di Montecchio è virgolettato, e io non posso garantire quale sia la verità perché non c'ero; quel discorso dice alcune cose, mentre la lettera che lei scrive a Cabras non dico che ne dice altre, perché questo sarebbe un modo scorretto di interpretare la lettera, ma non dice tutto, se faccio capo al discorso di Montecchio. Ho colto il punto di congiunzione tra il testo di Montecchio e la lettera di Cabras nel terzo capoverso di tale lettera dove il vicepresidente parla di "un implicito invito ad un potere indipendente di intervenire nella vicenda politico- istituzionale, usurpando un potere di rappresentanza dei cittadini". Se ho capito bene, onorevole vicepresidente, questo è il cuore della sua lettera e credo che sia il cuore della preoccupazione del direttivo del gruppo senatoriale della democrazia cristiana. I chiarimenti che il presidente Violante porta nella risposta, infatti, non toccano il nucleo forte, che non è esplicitato nella lettera di Cabras ma che per chi ha letto il testo di Montecchio è chiarito. Ecco perché, senatore Smuraglia, ho preso la parola. Ho ascoltato il suo intervento sapiente e saggio, però mi sembra che ci sia una sorta di sottovalutazione del rapporto che può esistere o non esistere fra le cose di cui si discute e la Commissione antimafia. Ciò perché questa Commissione ha consacrato in una sua relazione, discussa e faticosa, la distinzione tra la responsabilità giudiziaria, che appartiene ad un potere, e la responsabilità politica, di cui sono giudici anche i parlamentari ed in particolare quelli della Commissione antimafia. Il nucleo forte del discorso di Montecchio sta nel rapporto tra responsabilità giudiziarie e responsabilità politiche: qui ha ragione Cabras. Non dico però che abbia torto il presidente, perché la dichiarazione di stima che gli ho fatto non è strumentale: ha avuto coraggio a dire le cose che ha detto. Però si può essere in dissenso, e questo è un altro problema. E un dissenso non è irrilevante, senatore Smuraglia, su questo punto. Qual è infatti il nucleo del discorso di Montecchio? Si dice che, siccome non vogliamo le fucilazioni, si possono fare le amnistie. Per fare le amnistie questo Parlamento si levi dai piedi (l'espressione è letterale), e se non si leva dai piedi vuol dire che c'è qualcuno che lo vuol tenere; e poiché chi lo vuol tenere sono i politici se ne assumano la responsabilità. Questa è l'opinione del presidente Violante, che è un'opinione forte, che però può toccare anche noi per le dichiarazioni che abbiamo reso prima, e a fronte di questa opinione forte ci si potrebbe domani ritrovare a trattare lo stesso argomento. Una sola cosa, presidente, le vorrei raccomandare: lei che è presidente della Commissione parlamentare antimafia queste forme di congiunzione di problemi complessi, delicati, con risvolti di penale e di civiltà dovrebbe attenuarle. Io la capisco, ma queste espressioni libere di opinione andrebbero, ripeto, attenuate quando, essendo presidente di una Commissione bicamerale, si va ad intaccare la rappresentatività o meno del Parlamento, peraltro in materia delicatissima perché è quella attraverso la quale sembra che si potrebbe arrivare ad una soluzione civile di questa fase così tormentata che stiamo Pagina 2412 vivendo. Non è un appunto, ma la manifestazione di una opinione rispetto ad un'altra. Per me il problema è tutto qui. Il resto delle cose che avete trattato nelle lettere sono contesto, sono motivazioni... PRESIDENTE. Senatore Butini, posso chiederle un chiarimento che non trovo? IVO BUTINI. La prego. PRESIDENTE. Dove ha trovato scritto che io ho detto che il Parlamento si deve levare dai piedi? IVO BUTINI. Forse si riferiva ai politici, comunque vado averificare sull'articolo apparso su l'Unità . In un passaggio si dice: "Scartata la prima via, occorre trovare un qualcosa che dica: tu paghi quello che devi pagare e portiamo via le ricchezze ingiustamente accumulate, sarai condannato ad una pena media con la condizionale e poi vai fuori dai piedi". E' qui l'errore: sono i politici che se ne vanno fuori dai piedi. PRESIDENTE. E' il progetto del Governo, questo. IVO BUTINI. Chiedo scusa, evidentemente mi sono fatto prendere dalla sintesi del pensiero. Da qui in avanti sarò più analitico e più pignolo. PRESIDENTE. Mi scusi per la precisazione, ma mi accreditava qualcosa che non penso e che non ho detto. IVO BUTINI. Raccolgo la sua precisazione. Comunque, il problema di un Parlamento che non sarebbe in grado di provvedere al superamento della situazione resta e questo detto dal presidente della Commissione antimafia, con l'apprezzamento personale che le ho fatto, qualche volta mi lascia qualche perplessità. Questo è il punto di vista che ho voluto chiarire. Prima di arrivare alle mie considerazioni conclusive, vorrei che i colleghi prendessero atto che certamente si tratta di opinioni: Cabras scrive il terzo capoverso della sua lettera, che a mio giudizio corrisponde al nucleo forte del discorso di Montecchio; probabilmente la stessa preoccupazione è stata manifestata dal direttivo del gruppo senatoriale della democrazia cristiana. Credo che del problema che lei ha posto a Montecchio - e non so se questa è la sede per discuterne, presidente - si parla sui giornali e nelle varie discussioni. Se un problema di questa natura si fa emergere, bisogna corazzarsi con un'ampiezza di motivazioni e di dibattito pari alla delicatezza del problema. Il senatore Cabras ha ascoltato il dibattito, ha letto i chiarimenti, tragga lui le valutazioni in ordine a quello che può o non può essere risolto qui e a quello che non si potrà forse risolvere qui. Volevo però evitare che di questo problema si desse una motivazione molto frettolosa riducendola ad un disguido di opinioni. Credo che invece il presidente Violante meriti maggiore considerazione di quanta verrebbe da un giudizio di questo genere. Si può essere d'accordo o in disaccordo, ma siamo di fronte ad un interlocutore che ha forza di intelletto e di carattere, e quindi bisogna che lo giudichiamo sotto questo profilo. Se questa è la sede si approfondisce, presidente Violante, se non lo è si approfondisce in altre sedi, non è mica un grande problema. L'ultimo giudizio non l'ho capito, presidente: le rivolgo al riguardo una domanda alla quale non deve rispondere qui; può farlo anche in privato. Assumendo il suo ragionamento mi è venuto un dubbio, che è politico e quindi forse non riguarda la Commissione antimafia se non in misura marginale. Se il suo sillogismo funziona, coloro che avrebbero interesse a non procedere rapidamente allo scioglimento delle Camere e alle elezioni anticipate, lo farebbero in cambio di che cosa? Non ho capito quale sarebbe il tornaconto dell'operazione diretta Pagina 2413 a protrarre di sei mesi una scadenza quando i problemi sono quelli che lei ha evidenziato nel discorso di Montecchio. Siccome non ne colgo la ragione logica, possono essere in corso altri tipi di scambio la cui valenza ed il cui significato non possono essere rapportati solo alla posizione di parti, ma sarebbero coinvolte responsabilità più grandi. E' materia che però non rientra tra le competenze della nostra Commissione. Volevo solo dire che per quello che mi giunge all'orecchio, bisogna stare cauti perché le cose, se sono queste, non hanno spiegazioni così semplici come sembrano quelle pronunciate a Montecchio. PRESIDENTE. Grazie, senatore Butini, e mi scusi per l'interruzione. IVO BUTINI. Sono io che ringrazio lei, presidente, perché avevo commesso un errore. MICHELE FLORINO. Presidente, la invito a rilasciare la prossima volta dichiarazioni del genere in una località diversa. Diventa quasi un fatto storico ora questo discorso di Montecchio, e forse risuonerà anche male, negli annali storici, il "discorso di Montecchio". Muovo questa obiezione perché mi sembra che la discussione odierna è inusitata per i lavori che questa Commissione ha sempre tenuto. Infatti, se noi avessimo voluto fermarci ad ogni lettera, ad ogni dichiarazione, anche irresponsabile qualche volta, perché sono apparse sulla stampa anche dichiarazioni irresponsabili, gran parte del nostro lavoro non sarebbe stata compiuta. Bastava distribuire le lettere ai commissari, in modo che sui loro contenuti ponessero la giusta attenzione. Non vedo i motivi per cui oggi si è svolto questo dibattito, se non per (questo è il mio punto di vista, che può non essere condiviso dagli altri) sollevare qui il solito tema di Tangentopoli, della crisi che attanaglia un sistema che - come sostiene qualcuno - è in metastasi. E' quindi un dibattito politico quello che si è mosso oggi in quest'aula, dibattito che non ha niente a che vedere con i compiti di questa Commissione, se andiamo a rileggere il regolamento che ne disciplina i lavori. Ora, perché il presidente ha tenuto lo storico discorso di Montecchio... la prego caldamente di cambiare località perché questo nome non mi piace. Cabras si è mosso perché sollecitato forse... PAOLO CABRAS. Da Roma. SALVATORE FRASCA. Lo poteva fare da Predappio. MICHELE FLORINO. Non da Roma, perché sollecitato dall'intervento di Martinazzoli, perché prima ho letto la reazione di quest'ultimo all'intervento del presidente Violante e poi la lettera del vicepresidente. Se abbiamo dovuto dedicare tre ore del lavoro della Commissione alla discussione del contenuto di queste lettere per i ruoli che rivestite per il fatto che della Commissione siete presidente e vicepresidente, ritengo che questo non rientra tra i compiti previsti dal regolamento. Se poi questo dibattito politico che si estende oltre i compiti della Commissione è servito ad ampliare il discorso su altri scenari, ritengo che non abbiamo compiuto un buon lavoro in relazione all'impegno che ci siamo assunti in questa Commissione, che è quello della lotta contro la criminalità. Abbiamo perso tre ore su queste che ritengo cose che non potevano trovare... ALBERTO ROBOL. Non esagerare! MICHELE FLORINO. Non vi offendete perché altrimenti chiederò che si svolga una discussione ogni volta che arriva una lettera di un membro di questa Commissione, e vedrete che ci bloccheremo completamente. Rispetto ai bazooka sovietici che vanno ad abbattere la villa di Galasso, ai magistrati inquisiti di Bari che abbiamo incontrato in un nostro sopralluogo nel quale ci siamo trovati al cospetto di una Pagina 2414 criminalità che è entrata nei palazzi di giustizia, rispetto all'aggressione criminale che constatiamo giorno per giorno, voi perdete tempo in un dibattito politico che doveva trovare ben altra sede. LUIGI BISCARDI. Non vorrei correre il rischio di ripetere cose già dette e quindi mi limiterò ad esprimere una considerazione sull'andamento di questa discussione. All'inizio ho ascoltato il contenuto delle lettere forse con un candore un po' disarmato: mi sembrava che ci fosse da parte del senatore Cabras una non condivisibile ma legittima osservazione sul discorso del presidente Violante a Montecchio. Egli ha posto il problema della supplenza del vuoto della politica da parte della magistratura; il senatore Cabras avrebbe potuto benissimo, certamente a mio avviso forzando un po' il senso complessivo ma sarebbe stato legittimo da parte sua, evitare un'interpretazione più estensiva del discorso dell'onorevole Violante. Se non che, vi è stato il pronunciamento in sede ufficiale del gruppo della democrazia cristiana; inoltre qui abbiamo assistito ad un debordare della Commissione anche su argomenti che, per la verità, esulavano completamente dal tema ed è stato addirittura invocato il senso dello Stato. Il problema è tutto qui: o la discussione viene riportata alle sue legittime origini interpretative, e allora il vicepresidente Cabras dirà a conclusione di questa discussione quello che riterrà di dover dire, se cioè questa discussione, pur legittima da diverse posizioni, abbia una sua necessaria e giusta composizione oppure no o se, invece, ci troviamo di fronte a posizioni politiche che investono la funzione della presidenza e la rappresentanza all'esterno di questa Commissione. Come dicevo, il problema è qui. Alcuni interventi più sottili e più composti nella forma, in particolare quelli dell'onorevole Fausti e del senatore Butini, hanno sospeso a mezz'aria questa situazione, manifestando una posizione che tende al superamento formale della questione ma fa permanere una riserva politica di fondo nei confronti della presidenza della Commissione. E' questo l'equivoco che va chiarito, in primo luogo naturalmente da parte di chi ha sollevato, anche se in modo assolutamente legittimo, il problema, cioè il vicepresidente Cabras. Permanere in una situazione di incertezza e di ambiguità su questo punto nuocerebbe di gran lunga non solo al prosieguo dei lavori di questa Commissione ma anche ai suoi rapporti interni, alla sua efficacia, alla sua funzionalità e indubbiamente al suo prestigio esterno. MASSIMO BRUTTI. Sullo scambio di lettere fra il presidente Violante ed il vicepresidente Cabras ha già espresso la valutazione, a nome del gruppo del PDS, il senatore Smuraglia; mi limiterò perciò a sottolineare alcuni aspetti della questione. In primo luogo considero gran parte del dibattito di questa sera alquanto anomala; tale anomalia (voglio dirlo con grande franchezza e lealtà) deriva dal fatto che non vi è stata, subito dopo la lettura della lettera del presidente Violante, una presa di posizione o una dichiarazione, da parte del vicepresidente Cabras, che pure ci saremmo aspettati subito. La scelta di tacere e di ascoltare implica, da parte del vicepresidente Cabras, la convinzione che il dibattito avrebbe potuto offrirgli elementi ulteriori per formare la sua opinione. Invece credo che, stando alla cronaca redatta in modo sintetico su l'Unità e alle precisazioni del presidente Violante, il problema avrebbe potuto considerarsi già sufficientemente chiarito. Comunque, se il senatore Cabras ha bisogno che tutte le nostre opinioni si manifestino, voglio insistere su un punto: se leggiamo la cronaca redatta dall'articolista de l'Unità notiamo che, se anche le opinioni vengono riportate in modo troppo ellittico, non è stata teorizzata alcuna confusione dei ruoli tra sistema politico ed amministrazione della giustizia; non c'è stata, in quelle parole, nessuna invocazione di un governo dei giudici, anzi vi è stata la piena convergenza tra le valutazioni formulate dal Pagina 2415 presidente della Commissione parlamentare antimafia e quelle espresse da un'altra carica dello Stato, il vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, il quale ha dichiarato che i giudici devono continuare a svolgere il proprio lavoro fino in fondo... FRANCO FAUSTI. Per questo siamo preoccupati! MASSIMO BRUTTI. ... che la magistratura non risolve il problema di Tangentopoli, che è necessaria una soluzione politica, che questo Parlamento non è in grado di raggiungere una tale soluzione politica. Si tratta di opinioni che hanno libera circolazione nel paese, che sono largamente diffuse al di fuori di quest'aula, che gran parte della cultura giuridica più avveduta condivide nel momento in cui si pone il problema di come risolvere le questioni aperte da Tangentopoli e dalle inchieste giudiziarie in corso. Da parte del presidente della Commissione parlamentare antimafia c'è stata una libera manifestazione del pensiero. Rivendico qui per ciascuno di noi il diritto di dire ciò che si pensa in tutte le sedi ove ciò sia possibile, nei dibattiti pubblici, a maggior ragione quando si fa riferimento a dati e conoscenze che non derivano dalla carica istituzionale che si ricopre ma dal proprio ruolo di uomo politico, di cittadino, di competente in qualche ramo dello scibile. Poiché mi sembra che in alcune critiche qui sollevate vi sia stato qualche accento al di sopra delle righe, con molta franchezza e lealtà e molto freddamente, desidero porre a tutti i colleghi una domanda: si vuole aprire una discussione su quello che ha fatto o sta facendo la Commissione antimafia, sul modo in cui essa è diretta? Noi siamo pronti ma vogliamo aprirla al di fuori di qui; se si vuole aprire una discussione del genere, lo si faccia fuori di qui, nel paese, davanti all'opinione pubblica, davanti a tutte le forze politiche e chi abbia giudizi negativi o di disvalore da formulare li esprima davanti agli occhi di tutti e non prendendo spunto dalla cronaca di dieci righe nell'ambito un articolo di fondo pagina di un giornale. Se le critiche sono quelle che ho sentito avanzare dall'onorevole Matteoli, le si esplicitino e vediamo fra noi chi è d'accordo e chi no. MARIO CLEMENTE MASTELLA. Se il problema è quello apparso, debbo dire con molta franchezza che è un problema; se all'improvviso è diventato carsico, sfocerà prima o poi e sarà un problema. Se invece non c'è, perché vi è stata da parte del presidente la presa d'atto nella lettera in replica al senatore Cabras, ne prendo atto con soddisfazione anche umana - debbo dire al presidente - perché sarei rimasto turbato dal punto di vista dei rapporti, che credo sono configurabili nella declinazione in termini diversi delle modalità politiche ma certamente nella volontà di andare avanti sia qui dentro sia fuori di qui dal punto di vista dell'accentuazione dei criteri di natura democratica. Il presidente mi consentirà di dire con molta franchezza che, proprio avviando e considerando per molti aspetti chiusa la partita, e non tanto per sottolineare una forma di solidarietà del gruppo parlamentare della democrazia cristiana, del gruppo parlamentare del partito popolare, vi sono alcune considerazioni contenute nella lettera di risposta al senatore Cabras che chiedono in forma di dialogo e di tolleranza alcuni chiarimenti. Non sono tra coloro i quali ritengono che ci debba essere il governo dei giudici, anche perché parto dal presupposto che non ci debba essere il governo sui giudici, come magari qualcuno ritiene; il solo fatto che questo avvenimento possa essere adombrato, sia pure in fase di emergenza, attraverso un accenno, se questo viene dal presidente della Commissione antimafia... Diciamo la verità! Se giudichiamo questo accenno dal punto di vista del carisma e nell'esercizio di una funzione, ebbene il carisma fa tanto rispetto alla funzione. Se il Papa parlasse di cose diverse dalla sacralità dell'oggetto che gli è dato dall' ex Pagina 2416 cathedra , evidentemente si configurerebbe qualcosa di particolare, di straordinario. Se il presidente della Commissione antimafia, anche per l'autorevolezza che egli è riuscito a recuperare a questa Commissione e a se stesso (questo gli va riconosciuto), pone obiettivamente una serie di problemi (e al collega Brutti devo dire che proprio questo non mi convince) ritengo giusto che qualcuno ne parli ma è altrettanto giusto che anche altri abbiano la capacità non tanto di rispondere ma di discutere. Lo ha fatto il senatore Cabras in premessa, lo si sta facendo in questa circostanza per quanto ci riguarda. Vi è un altro aspetto della questione su cui dobbiamo essere chiari: se il Parlamento, come leggo nella lettera del presidente, non è delegittimato, allora il Parlamento, questo o qualsiasi altro, può avviare una qualunque soluzione politica; non si può inventariare all'improvviso una soluzione politica, riportarla sul piano dell'attenzione e ritenere che eventualmente essa non possa essere rinvenuta anche all'interno di questo stesso Parlamento. Se si ritengono cose diverse, come il presidente ritiene, non già che qualcuno debba esecrare la magistratura (lungi da me, presidente, la volontà di esecrare la magistratura!), il Parlamento può anche non limare il codice di procedura penale, però può anche avere il diritto di farlo. Poiché anche nella lettera lei responsabilmente sostiene che da questo punto di vista questa non sia una strada, presidente... PRESIDENTE. No, so che non serve allo scopo! MARIO CLEMENTE MASTELLA. La sua è un'opinione; consenta che al riguardo ve ne possano essere altre, è per questo che il dibattito è aperto. Su queste cose, che costituiscono la trama di un discorso politico esterno alla Commissione, ritengo che il dialogo in termini di opinioni differenziate possa scaturire ed accentuarsi. Se la lettera di risposta è un motivo per chiudere una vertenza, che secondo Violante non si è mai aperta, ne prendo atto con soddisfazione e mi auguro di leggere domani su l'Unità non soltanto questa lettera ma anche le precisazioni che il presidente Violante avrà fatto da questo punto di vista. PRESIDENTE. Non soltanto su l'Unità ! MARIO CLEMENTE MASTELLA. Prendo per buone le cose che lei ha detto, signor presidente; non mi convincono, perché da questo punto di vista ognuno alza "alte smuraglie", le considerazioni svolte dal senatore Smuraglia in questa circostanza. Mi consentirà di dirlo, con tutta la stima che ho nei suoi confronti, perché ognuno di noi non può scindersi dal punto di vista della responsabilità, dato che ogni atto assume rilevanza politica (ciò vale per il presidente Violante e per ciascuno di noi). Quando si parla in alcune circostanze, perciò, proprio per la titolarità che si esprime, le conseguenze che ne derivano possono determinare vicende come quelle di cui ci stiamo occupando. Aggiungo, rivolgendomi a chi ha ritenuto come una forma di deprezzamento essere intervenuti a sostegno di Cabras (ma non mi pare che sia così, essendo stata giocata una funzione istituzionale rispettando il pensiero di Cabras ma anche quello del gruppo senatoriale del mio partito), che ieri, per l'allarme che questa vicenda aveva creato, non a caso il segretario del mio partito - credo dando anche consacrazione alla sua persona, onorevole Violante - ha detto ad alta voce in conclusione, all'apertura del ciclo nuovo cui la lettera di Violante fa riferimento, quello che pensava perché, se così è, non saremmo assolutamente d'accordo. MASSIMO BRUTTI. Non mi è chiaro l'ultimo passaggio. MARIO CLEMENTE MASTELLA. Mi dispiace per te! Pagina 2417 PAOLO CABRAS. Credo di non essere stato solo nel manifestare un disagio ed una preoccupazione a proposito dell'informazione giornalistica apparsa su l'Unità ; sono stato solo nella decisione, del tutto autonoma, della lettera che ho inviato già da ieri sera e che ho reso pubblica questa mattina. Lo voglio dire in particolare al senatore Brutti e al senatore Smuraglia; lo dico con grande franchezza, ma anche non dimenticando i rapporti di stima reciproca. Ringrazio il senatore Smuraglia per le parole di apprezzamento avute nei miei confronti e sa che tale apprezzamento è ricambiato. Non ho posto una questione personale che avrei potuto risolvere in un colloquio, in uno scambio di lettere, in una presa di posizione ufficiale, in una dichiarazione, come si fa quando si tratta di dissentire da un giudizio politico. Ho voluto porre un problema politico inerente alla funzione e al ruolo della Commissione antimafia e anche al compito che vi svolgo come vicepresidente. A me sembra che una questione che riguarda i rapporti fra la magistratura e il potere politico, che riguarda la crisi istituzionale, non sia estranea alla stessa materia nel nostro impegno, perché cerchiamo di ripercorrere nella crisi delle istituzioni e del sistema complessivo del nostro paese, la parte e il ruolo che vi hanno giocato poteri occulti, poteri criminali, complicità, collusioni, errori strategici, inadeguatezze giuridiche, amministrative. Quindi, su questo percorso, incontriamo le istituzioni della politica ma anche la magistratura, le forze dell'ordine, cioè incontriamo altri poteri o altre autorità. Quindi, un argomento come quello che è stato oggetto del dibattito di Montecchio non può essere affidato soltanto alla libertà che abbiamo tutti di esprimerci in sede di partito, e in qualsiasi altra sede, su temi politici. Se si dovesse rimarcare una irrecuperabile divaricazione su questi temi, infatti (lo vorrei dire al senatore Frasca che ha una visione un po' contrattualistica dello stare in un ufficio di presidenza), la mia visione sarebbe diversa. Sentirei non un disagio ma l'impossibilità di rappresentare idee, esperienze, storie, sensibilità, la cultura che mi è propria in un organismo laddove ci fosse una divergenza di fondo sul rapporto tra istituzioni diverse, tra poteri diversi. Tutto ciò inficerebbe la genuinità delle nostre iniziative, dei nostri rapporti, non solo delle nostre relazioni, delle nostre investigazioni, ma anche della continua comunicazione e dello scambio di idee che questa Commissione, e forse più in particolare i membri dell'ufficio di presidenza, hanno con poteri e autorità esterne. Quindi, si tratta di un problema politico, di un problema collegiale e non certamente di una questione personale. Anche per questo, senatore Brutti, non aveva senso che io, avendo posto per questa valutazione il problema, mi fossi precipitato dopo l'introduzione corretta dell'esposizione dei fatti da parte del presidente Violante, a dire la mia e a considerare chiuso l'argomento senza un dibattito, senza un confronto. Avevo interesse, non per una mia curiosità intellettuale, ma per il lavoro che insieme dobbiamo svolgere, a conoscere sull'argomento l'opinione e il giudizio degli altri colleghi, anche di quelli della mia parte politica che il senatore Cappuzzo ha ricordato giustamente non ho informato della mia iniziativa. Non ho informato neppure il segretario del mio partito con il quale ieri sera pure avevo avuto uno scambio di valutazioni sul fatto, ma niente di più dal momento che la conclusione di un congresso impegnativo come il nostro non consentiva di intrattenersi su un argomento sia pure importante. Questo per chiarire i termini e le motivazioni. Nel merito. Sicuramente, nessuno potrà contraddirmi, non appartengo né agli esecratori della magistratura né a coloro che credono che ci siano congiure dietro le indagini della magistratura in ordine a fatti di corruzione affaristica, di concussione o fatti di possibile collusione o di provata collusione tra potere politico, poteri istituzionali e centri della criminalità organizzata. Voglio ricordare che in Pagina 2418 questa Commissione, nella passata legislatura, fui tra coloro che si schierarono, con un certo rigore, una certa determinatezza, in un'analoga responsabilità istituzionale al vertice della Commissione, all'epoca del "Corvo" di Palermo, con le posizioni di Giovanni Falcone. Era un periodo in cui vi era tensione tra certe parti politiche e la magistratura; vi erano polemiche ancora di derivazione referendaria, della giustizia giusta, fino alle polemiche sui giudici ragazzini. Le tensioni all'interno del Consiglio superiore della magistratura erano tali ed avevano come protagonista addirittura il ministro della giustizia e soprattutto il Presidente Cossiga. Successivamente, per l'ironia che vi è nella legge del contrappasso, entrando in quest'aula ho letto una lunga dichiarazione del Presidente Cossiga che si schiera decisamente a favore dell'onorevole Violante, di tutto quello che ha detto, del ruolo della magistratura nella crisi politica. Ha la bontà, ma in questo non si rinnova, di rivolgere un attacco come difensore, credo, del sistema, della conservazione, soprattutto come un non garantista e quindi uno che non può difendere lo Stato liberal-democratico. Ma tutto questo ha poco peso perché è nota l'insostenibile leggerezza dell'ex Presidente della Repubblica nello scorrere dalle accuse che all'epoca di quella polemica muoveva all'onorevole Violante di essere un sostenitore di processi stalinisti, a questa difesa a spada tratta di una posizione che desume non dalle spiegazioni che l'onorevole Violante ha fornito a me e a tutti noi, ma dalle informazioni giornalistiche che hanno sollevato le preoccupazioni per le quali mi trovo in compagnia - non vorrei essere scortese nei confronti dell'amico presidente - più tranquilla, più rassicurante di quella in cui congiunturalmente si trova oggi l'onorevole Violante stesso. Certamente non mi fa velo nella manifestazione di questa preoccupazione un atteggiamento polemico, rissoso che traspare anche da pronunciamenti, da polemiche giornalistiche e da polemiche politiche. Credo del resto di avere le carte in regola per poter fare tale affermazione. La risposta contiene elementi di grande rasserenamento, spiegazioni che non c'erano nella informazione de l'Unità (capisco che a Montecchio non si possono mandare gli inviati speciali), però indubbiamente l'informazione di quel giornale era quella che è stata descritta dal sentore Butini e da tanti altri colleghi intervenuti. Cosa è che mi preoccupa delle precisazioni intervenute nella lettera dell'onorevole Violante (anche se non è un elemento insuperabile)? Mi preoccupa questa rassegnazione (si tratta di un'opinione politica, legittima) dell'onorevole Violante nel riconoscere l'inevitabilità del ruolo di governo dell'istituzione giudiziaria in questo momento di crisi dei poteri, di crisi di identità della democrazia repubblicana. Se dovessimo ammettere quelle che Violante due volte nella lettera ma anche nell'informazione de l'Unità assume come ragioni oggettive, dando al suo intervento quasi il valore di un'analisi fenomenologica, di un'osservazione di laboratorio, le riterrei - se fossero vere - un aggravamento tremendo della crisi politica ed istituzionale a cui si aggiungerebbe, attraverso l'anarchia dei poteri, un segno involontariamente, obiettivamente di tipo autoritario. Mi preoccupa che si pensi che questa inevitabilità non sia di per sé stessa la crisi delle istituzioni repubblicane, la crisi della necessità di mantenere nella distinzione dei poteri un muro, fatto anche di garanzie che sono quelle delle istituzioni liberal-democratiche, per cui non sia possibile né chiedere, né imporre, né utilizzare le attività del sistema giudiziario per supplire a carenze, vuoti o per delineare una qualche forma di iniziativa politica. Se facessimo ciò non potremmo neanche avere quella libertà e quella fiducia, che ho, del mugnaio che diceva "ci sarà un giudice a Berlino", perché in questo momento confonderemmo nella anarchia dei poteri le istituzioni della politica con le istituzioni giudiziarie. Pagina 2419 Questo è il mio assillo, questa è la mia inquietudine. Lo dico in relazione all'informazione de l'Unità , ma anche perché su questo terreno c'è oggi nel nostro paese una qualche confusione. Credo si debba evitare il vuoto politico colmandolo attraverso atti della politica e in questo alcune spiegazioni contenute a chiarimento del suo pensiero nella lettera del collega Violante incontrano la mia approvazione e il mio apprezzamento. Dobbiamo riconfermare la priorità assoluta della politica negli stessi gesti che compiamo, nelle relazioni, nelle conclusioni alle quali giungiamo nel rapporto tra mafia e politica, tra mafia e istituzione. Non c'è dubbio che dando soluzioni di tipo legislativo ed invocando una riforma elettorale, istituzionale e dei partiti, dobbiamo fornire la nostra risposta non sottacendo e non sottovalutando nulla di ciò che appare nello scenario della crisi, della degradazione politico-istituzionale, ma rimanendo nel nostro ambito, nel nostro campo che è quello della politica. Oggi c'è questa tendenza che nuoce alla politica e alla magistratura; questi magistrati che in qualche modo sono visti come angeli vendicatori, oggetto di culto, rischiano qualche volta l'ubriacatura del potere, la tentazione di invadere un campo diverso. Io ho apprezzamento e stima per il procuratore Borrelli, però provo un disagio quando il procuratore Borrelli anticipa un giudizio non solo sulle leggi approvate dal Parlamento, ma anche sulle proposte di legge (del Governo, dei parlamentari o frutto del dibattito di una Commissione parlamentare) che sono oggetto di confronto. Mi sembra che tutto ciò non contribuisca né alla chiarezza dei rapporti, né alla distinzione dei poteri, né ci fa uscire da questo braccio di ferro, che rappresenta pur sempre un segno di debolezza e di decadimento. Non ho critiche da muovere e mi rendo conto della difficoltà enorme del lavoro della magistratura anche per le insufficienze strutturali; del resto abbiamo sempre dato il nostro contributo come Commissione antimafia per cercare di colmare le deficienze di organico, di strutture, di strumenti, di risorse finanziarie in favore della magistratura. Da questo punto di vista non ci sono remore nel farci carico anche della onerosità del lavoro svolto dalla magistratura. Rispetto a tutto ciò rimane una diversa sensibilità e valutazione politica; tuttavia, riconosco il ridimensionamento fenomenologico di quella che nel pezzo de l'Unità sembrava un'invocazione (nella mia lettera affermo che il governo dei giudici mi sembra un incubo da scongiurare e non una prospettiva da invocare). Violante nella sua lettera di risposta chiarisce che non voleva invocare il governo dei giudici e ciò per me rappresenta una precisazione centrale che mi rassicura; rimane, ripeto, questa differenza di valutazione che rappresenta pur sempre il sale del confronto e della dialettica democratica e non certamente un ostacolo. Voglio quindi dire che, da questo punto di vista, credo che quella che ho sollevato - forse doverosamente - fosse una questione politico-istituzionale di rilievo per la funzione e la funzionalità dei nostri lavori e per il ruolo importante della Commissione antimafia. Tutto il dibattito, compreso quanto hanno sostenuto i colleghi della mia parte politica, credo abbia dissipato anche qualche maliziosa interpretazione che il senatore Ferrara aveva avanzato; sicuramente nessuno, tanto meno io, sollevando tale questione, ha inteso - lo dico anche all'onorevole Tripodi che non vedo presente - porre in qualche modo un atteggiamento interdittorio, non dico ostruzionistico ai nostri lavori e alla nostra funzione. Non credo sia questo; continuerò a battermi perché questa Commissione svolga, nella assoluta trasparenza, con rigore di obiettivi e capacità di proposta, con grande spirito di servizio delle istituzioni, il suo lavoro. Ho sempre sostenuto che questa è una Commissione nella quale meno che mai debbono contare le appartenenze; queste esistono sullo sfondo come cultura, sensibilità, come modo di giudizio e di Pagina 2420 rapportarsi alla realtà. Guai se così non fosse; non possono esistere omologazioni in questo senso. Però, proprio per il compito che abbiamo, perché siamo referenti istituzionali in qualche modo anche della società civile che incontriamo nelle nostre investigazioni (ma siamo referenti anche di altri organi istituzionali), abbiamo il dovere, per quanto possibile, di deporre l'appartenenza. E mi sembra che il comportamento di tutti i gruppi, anche di quelli che sono più lontani - lo dico per me - dalla mia visione politica, dalla mia abitudine al dialogo e alla collaborazione, danno un contributo in questo senso, dimostrando la capacità di dismettere le appartenenze quando queste possono interferire nei nostri lavori. Quello che mi ha animato nell'inviare questa lettera è uno spirito di grande dedizione, di grande passione nei confronti del nostro lavoro. Vorrei che come tale fosse recepito anche da coloro che hanno criticato l'iniziativa. In questo senso, la mia rassicurazione, pur nella distinzione, vuole essere un contributo per andare avanti, per andare oltre. PRESIDENTE. Sono molto grato a Paolo Cabras che ha chiesto una precisazione su quello che l'Unità aveva scritto, non su quello che avevo detto, che non era lì riportato. Sono grato a tutti quanti voi per gli interventi che avete svolto. Non mi richiamo al diritto di opinione perché, come ho scritto nella lettera, ritengo che se le opinioni che avessi espresso fossero state quelle che alcuni degli interlocutori hanno colto, si porrebbe un problema di incompatibilità con questa funzione. Se io davvero avessi detto "Parlamento fuori dai piedi", ma come ha visto senatore Butini non lo avevo detto e non c'era neanche scritto... IVO BUTINI. I parlamentari. PRESIDENTE. Se avessi invitato i giudici al governo, con un atto, come dire, eversivo, se mi consentite, dal punto di vista costituzionale, queste affermazioni non sarebbero certamente tollerabili. Non mi richiamo quindi al diritto di opinione, ma a quello, se mi consentite, di vedersi attribuito ciò che si pensa e ciò che si è detto. Il fatto che Cabras mi abbia sollecitato ad esprimere tutto ciò mi ha reso possibile farlo e di questo lo ringrazio, come ringrazio voi per la discussione che è stata svolta. Tuttavia, mi dovete consentire di precisare un paio di cose. Innanzitutto, mi sono permesso di scrivere al professor De Rosa, presidente del gruppo democristiano del Senato, ed ho inviato anche a lui la lettera indirizzata al senatore Cabras, pregandolo, se lo riteneva opportuno, di informarne i colleghi del direttivo del Senato. Non ho ritenuto, per ragioni di correttezza, che fossi io ad informare direttamente i colleghi del Senato di questa lettera. Ho anche detto che nulla è più lontano dalla mia opinione che la fungibilità tra funzione giudiziaria e funzione politica, tant'è che, se mi permettete, colleghi, sono l'unico magistrato ormai presente in questo Parlamento che si sia dimesso dalla magistratura - non lo ha fatto nessun altro proprio perché ritengo incompatibile questo rapporto, mentre nel documento del Senato mi viene attribuita la doppia funzione; di qui, credo, un altro dei numerosi equivoci che hanno circolato intorno a questa vicenda. Per quanto riguarda la questione del governo dei giudici, ne ho indicato i rischi ed il pericolo. Colleghi, scusate, siamo in una sede politica; nessuna critica a nessuno, ma quando il Governo propone che si sia sospesi dalle funzioni di parlamentare dopo una decisione non definitiva, questo è un problema; non possiamo dire che non esista. Vi è un disegno di legge di questo tipo. MARIO CLEMENTE MASTELLA. Vi è una proposta di legge della DC. PRESIDENTE. No, è del Governo. Pagina 2421 MARIO CLEMENTE MASTELLA. Vi è anche una proposta della DC. PRESIDENTE. Non è un problema questo, colleghi? Non è un problema il fatto che un tribunale ed un PM decidano chi rappresenta il popolo e chi non lo rappresenta in via non definitiva? Non è questo un segno di debolezza della politica? Questo non vuol dire consegnare alcuni status costituzionali ad un altro potere? Questo è il pericolo che sento - e scusate se torno sul punto - come preoccupazione; il pericolo che vedo - scusate se discuto in termini puramente politici - non è quello di una politica che riprende le redini, ma che le molli. Questo è il problema e ciò che in qualche modo mi ha stupito è che, mentre ponevo tale problema, mi sia stata attribuita l'altra opinione, che è assolutamente lontana da me. Vedo questo pericolo in tanti fatti, in tante decisioni e questo credo sia una preoccupazione che dobbiamo avere. Se mettiamo insieme i passi degli ultimi tre o quattro anni, uno dopo l'altro, possiamo vedere cosa sia accaduto dal punto di vista dello spostamento dei poteri; e questo non giova neanche alla magistratura, perché dopo di questo c'è poi chi dice: arriverà una politica regolatrice. Si è detto anche questo e non c'è dubbio che sia così; ci mancherebbe altro! Arriverà una politica regolatrice perché non si può tollerare non che la magistratura, ma che un potere politicamente irresponsabile, che è un'altra cosa e peggio - se avessimo una magistratura elettiva sarebbe comunque male ma diverso -, che una burocrazia si carichi di compiti politici essendo politicamente irresponsabile, essendo chiusa nel circuito della responsabilità, in sé stessa (perché sia quella disciplinare sia quella penale si chiude lì). Capite che questo è un problema e questo ho voluto segnalare, con la passione, se mi consentite, di chi vive, come tutti quanti voi, la politica e vede uno smottamento di cui non voglio dire che presagisce il passo successivo, ma lo teme, cioè questa consegna, un passo dietro l'altro che si rischia di fare; è a questo che ho voluto richiamarmi. Le chiedo scusa, senatore Butini, so che lei è una persona di grandissima finezza, e mi ha preoccupato che proprio lei mi abbia attribuito una espressione che non ho pronunciato e che non c'è, perché ciò vuol dire che il problema è un altro; come il senatore Frasca che mi attribuisce di non avergli dato le pagine che invece aveva o che mi attribuisce di aver tenuto seduta quando c'era la riunione del PSI, quando nessuno mi ha chiesto di non tenere seduta ed il presidente non può rinviare la seduta se nessuno glielo chiede. Ciò vuol dire, dicevo, che il problema è un altro. Se vi è un problema di direzione, affrontiamolo chiaramente. Alcuni colleghi in quest'aula sanno che ho già detto in altra occasione che non ho sposato la presidenza della Commissione antimafia. L'ho detto con grande chiarezza perché ci credo, perché se si è liberi, si può fare politica, se non si è liberi la politica non si fa. E' vero Mastella? E' stato detto questo. Quindi, se vi è questo problema, vi prego di porlo ed io me ne vado, perché non è scritto in alcun posto che debba fare il presidente di questa Commissione; se un partito, due partiti, tre partiti o tre, quattro o cinque parlamentari mi dicono che non vi è fiducia o che vi è un problema di non conduzione. Pongo il problema in questi termini con chiarezza perché vedo alcuni equivoci. Sia ben chiaro che ritengo che l'intervento del gruppo democratico cristiano sia stato legittimo ed in questo non sono d'accordo con il collega Smuraglia, nel senso che se davvero le cose fossero quelle, la Commissione antimafia è importante ed il gruppo del Senato può dire di non essere d'accordo su quella posizione, ci mancherebbe altro. Ma ritengo impossibile - chiedo scusa - che il gruppo di maggioranza relativa costruisca un ragionamento attorno alla fungibilità di una funzione (quella di magistrato) con l'altra e non sappia che non è così da 14 anni. Allora anche lì mi dico: forse c'è altro. Se è così, vi chiedo, per cortesia... Pagina 2422 PAOLO CABRAS. C'è disinformazione. PRESIDENTE. C'era la Navicella ; capisco, ma siccome vedo la disinformazione in un caso, un collega attento come Butini che dice un qualcosa e così altri, allora mi chiedo: se vi è questo problema, per cortesia affrontiamolo. ALBERTO ROBOL. E' la ritualità della politica, presidente. PRESIDENTE. La ritualità in genere non si nutre di cose che non esistono ma ruotano tutte intorno ad un certo elemento. Comunque, ho detto questo perché lo sento. Quella della magistratura non è una questione di regole. Possiamo oggi scrivere tutte le regole che vogliamo nel nuovo codice, ma vi è un altro problema. Ci siamo resi conto che tutti i mandati di cattura sono confermati dal tribunale della libertà e dalla Cassazione? Tutto quello che abbiamo costruito è un sistema che va omogeneamente nella stessa direzione. Ritenete che se scriviamo "concreto" invece di "possibile" cambiamo lo stato delle cose? Non è assolutamente questo il problema e vedo con preoccupazione il fatto che si pensi che sia così e non si affronti invece il problema nei termini reali. Mi sono permesso - e può darsi che in questo abbia sbagliato - di affermare che in questa situazione la soluzione migliore mi pare sia quella di cambiare la legge elettorale e di andare a votare; ma non sono il solo ad affermarlo. D'altra parte, quando il partito di maggioranza relativa ha chiuso ieri la sua assise scrivendo che è finito un ciclo e si apre una nuova fase, non è questo che si dice? Quello della chiusura dei cicli politici è un problema drammatico per il paese. MARIO CLEMENTE MASTELLA. Il problema è la gestione delle fasi, il trapasso delle fasi. PRESIDENTE. Sono d'accordo, infatti in uno dei passaggi della lettera ho detto appunto che il problema è che la politica gestisca la fase e non la lasci gestire ad altri, perché altrimenti ci troviamo... PAOLO CABRAS. Nella lettera questo c'è, mentre nell'informazione de l'Unità c'era... PRESIDENTE. ... senza alcuna legittimazione. Proseguo rapidamente perché alle 19,20 ci dovrebbero essere votazioni in Senato. Collega Fausti, credimi, non ho assolutamente espresso alcuna forma di giustificazione per il governo dei giudici. Mi pare sia chiaro, si può andare facilmente avanti. Per quanto riguarda il rendimento del nostro lavoro, ne parleremo. Il senatore Cappuzzo chiede che se ne parli prima dell'estate. Se vi è spazio, lo faremo adesso; avevamo deciso di farlo a settembre. Non vi è assolutamente alcuna comparazione possibile tra la quantità del lavoro - poi saranno comunicati i dati - che sta facendo la nostra Commissione e quello delle precedenti. Non solo, sarà forse marginale, ma per le scuole di Palermo, grazie anche al lavoro fatto dai nostri consulenti e tutti quanti noi insieme, il prefetto di Palermo ed il commissario straordinario, riusciremo a fare in modo che dieci nuovi edifici scolastici siano consegnati e venga aperto un nuovo centro sociale; era da quattro anni che era costruito ma non veniva consegnato. Credo che questi siano fatti dell'antimafia dei diritti, della politica dei diritti, senza la quale la repressione è un macello e basta, non sta assolutamente in piedi. Da questo punto di vista vorrei segnalare che in quel discorso a Montecchio mi sono permesso di sottolineare come quella giudiziaria sia una macchina violenta. Soltanto chi non conosce i meccanismi della giustizia può ritenere che sia un sistema dolce. E' terribile e perciò più spazio ha questa macchina, al di là delle sue funzioni istituzionali, più macina qualcosa che esprime autoritarismo, coercizione. C'è poco da fare, quella è la macchina giudiziaria. Possiamo mettere tutte le regole di questo mondo, ma è così. Pagina 2423 Non vi è stato neppure un implicito invito - mi pare che questo punto sia chiaro - all'autorità giudiziaria ad assumere poteri, anzi la preoccupazione è stata l'altra, che questo cioè vi sia. La preoccupazione è un'altra ancora, lo stesso che accadde al momento del referendum sulla responsabilità civile dei magistrati quando, se ricordate, tutti i direttori dei quotidiani italiani e tutta quanta la grande impresa erano contro le forze politiche e a fianco della magistratura perché si votasse no al referendum, cercando di utilizzare la magistratura come testa d'ariete contro il sistema politico. La magistratura cadde in quella trappola, ma il paese disse che avevamo ragione noi che sostenevamo una certa tesi. Il giorno dopo quei direttori dei giornali e quei gruppi imprenditoriali si scordarono assolutamente di ciò che bisognava fare. Temo... GIOVANNI FERRARA SALUTE. Ero in disaccordo e ritengo avessi ragione allora. PRESIDENTE. Non discuto che tu potessi avere ragione, discuto... tutti quanti i direttori dei giornali... GIOVANNI FERRARA SALUTE. Non rappresento né i grandi imprenditori né i grandi giornali. PRESIDENTE. Per carità. Allora accadde questo e la magistratura cadde nella trappola del protagonismo politico. GIOVANNI FERRARA SALUTE. Si temeva che la magistratura cominciasse a fare quello che poi ha fatto. PRESIDENTE. Il punto di fondo è che la magistratura cadde in una trappola dalla quale poi ci sono voluti molti anni per uscire. Oggi il timore è analogo, che cioè la magistratura si senta oggettivamente investita di un carico politico che poi qualcun altro penserà a chiudere su quel versante e su altri, dal punto di vista dell'indipendenza. Ringrazio anche Mastella e tutti i colleghi di cui non ho richiamato i nomi (Frasca, Borghezio, eccetera). Affronteremo la questione di Galasso, ma mi pare sia chiaro come siano andate le cose, e l'ho anche spiegato. In ordine ad una questione posta dal collega Calvi, vorrei dire, a proposito del senso dello Stato, che qualcuno mi rimprovera di averne troppo, di averne eccessivo, e vi sono compagni del mio partito che mi hanno criticato anche pubblicamente per questo. Circa il senso dello Stato, voglio dirvi soltanto una cosa: scusatemi se accenno a questo (Commenti del senatore Frasca) , ma appartengo ad una generazione di persone che ha visto molti amici e colleghi caduti accanto a sé. Per questa generazione di persone (forse sbaglia) lavorare per lo Stato è lavorare anche per i valori di quelli che sono caduti. Allora, sentirsi dire (chiedo scusa al collega Calvi) quello che ho ascoltato mi offende profondamente, non solo perché non corrisponde al vero, ma perché è una delle cose più lontane che ci siano dal significato... Ognuno di noi dà un significato alla sua attività politica, giusto o sbagliato che sia. Ognuno si trova qui perché conta qualcosa, altrimenti non ci starebbe. Ma ad alcuni valori ci si tiene: io tengo al valore dello Stato e al senso dello Stato, per cui ho considerato offensiva questa cosa (scusa, Calvi, forse ti è sfuggita). Se mi si dice che a volte sono stato funzionale agli interessi di partito (perché questa è stata la frase), considero questa una cosa sbagliata, inesistente ed offensiva. Vi chiedo scusa ma devo dirlo con chiarezza perché ad alcuni valori uno è affezionato, altrimenti non si troverebbe neanche qui, perché per tante ragioni è più comodo fare altro. MAURIZIO CALVI. Ho anche detto che sei un democratico. PRESIDENTE. Nella tradizione comunista "democratico" vuol dire moltissime cose, quindi lasciamo perdere! (Si ride) . Pagina 2424 Se vi sono appunti di questo tipo, colleghi, vi prego di avanzarli, io li registro e me ne vado. Se vi sono appunti del tipo "hai esercitato un compito in modo funzionale agli interessi di partito", vi assicuro che mi alzo e me ne vado, silenziosamente, perché vuol dire che c'è incompatibilità. Se qualcuno ha queste cose da dire, le dica, mi dica quali sono le cose, perché altrimenti (scusa, Maurizio, lavoriamo da molti anni insieme)... Davvero il problema dell'essere attaccato ad alcuni valori di fondo resta e caratterizza l'esperienza e la vita di tutti noi. A causa della concomitanza con i lavori di Assemblea, sospendo la seduta. La seduta, sospesa alle 19,20, è ripresa alle 20. Seguito dell'audizione del ministro di grazia e giustizia, professor Giovanni Conso. PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito dell'audizione del ministro di grazia e giustizia, professor Giovanni Conso. Considerato che la Camera ha rinviato la seduta a domani e che il Senato deve svolgere soltanto una votazione, al fine di non perdere l'occasione di sentire il ministro Conso su due o tre questioni di primaria importanza, mi è sembrato utile far avvertire i colleghi che la seduta della Commissione sarebbe ripresa. Conosciamo l'enorme disponibilità del ministro Conso al confronto parlamentare e quindi se qualche collega che non è stato raggiunto dalla comunicazione avesse problemi particolari da porre o da dibattere col ministro, compatibilmente con i suoi impegni di Governo, gli chiederemo un ulteriore approfondimento. GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia. Mi ero preparato a parlare di problemi generali e a rispondere ad alcune domande più particolari che mi sono state rivolte la volta scorsa. Ora, in attesa che giungano altri commissari, potrei dare risposte singole a chi mi ha rivolto le domande, se è presente. Mi pare che una di queste domande riguardasse il problema dei sequestrati. PRESIDENTE. Gliela aveva rivolta l'onorevole Borghezio. GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia. Poi mi sono state chieste notizie sulla situazione di Paola: il senatore Frasca aveva insistito su alcune sue... che poi ho ritrovato. Mi è stato chiesto di parlare della situazione di Lamezia, di Palmi e di Marsala ed anche delle carceri mandamentali di Cittanova (della loro sorte) e di Cassano sullo Ionio. Per quanto riguarda le carceri - non è nato quello a Cassano sullo Ionio e quello di Cittanova non è rinato - devo dire le ragioni per cui alla domanda, che evidentemente sottintendeva l'auspicio che questi due istituti entrassero in funzione, si deve rispondere in senso negativo. Cittanova ha un carcere mandamentale piccolo ed anche in pessimo stato, per cui tutte le valutazioni che sono state fatte per un recupero sono naufragate di fronte alla constatazione che i costi per rimetterlo in sesto sarebbero tali e tanti da non dare vantaggi effettivi, perché si tratta di un piccolo carcere che potrebbe servire per una quota minima e quindi non giustificherebbe tanta spesa. Senza contare che quando un carcere è molto piccolo crea problemi organizzativi perché esige una presenza di personale, che al momento non c'é, con i conseguenti costi. La valutazione purtroppo è stata fatta e rifatta perché per Cittanova richieste di questo tipo ne avevo ricevute già in passato. Per quanto riguarda il carcere di Cassano sullo Ionio, effettivamente chi aveva fatto la domanda ricordava una cosa esattissima e cioè che quando il ministro di grazia e giustizia era l'onorevole Rognoni, era stata divisata la soluzione di fare un carcere a Cassano sullo Ionio. Tuttavia i tempi necessari per predisporre i progetti erano stati piuttosto lenti - credo - e quando furono ultimati Pagina 2425 era sopravvenuta la normativa che bloccava le carceri mandamentali. Quello sarebbe stato un carcere mandamentale, per cui al momento di iniziare i lavori la norma non consentiva più di creare nuove carceri. Comunque, anche in quel caso si sarebbe trattato di un piccolo carcere, per cui la soluzione non sarebbe stata di ampio contenuto. Questo per quanto riguarda quelle carceri. Per quanto concerne la situazione di Marsala, Lamezia Terme e Palmi, dal punto di vista degli organici, posso fornire dei dati o posso allegare i verbali in modo che chi è interessato possa vederli con maggiore precisione. Esporre adesso tutte queste cifre finirebbe per essere un'operazione arida. Però posso dire - qui ci sono le cartelle che danno l'esatta situazione in termini di magistrati e di personale amministrativo - che a Lamezia Terme la situazione, almeno allo stato degli organici, è tale da consentirci di affermare che la copertura è piena. Vi è solo la carenza di un magistrato presso il tribunale di Lamezia Terme; è stato sollecitato il Consiglio superiore della magistratura affinché si dia luogo al bando per la copertura di questo posto. Quindi, si tratta di un aspetto non posso dire minimale perché è un tribunale che ha poche... se il Consiglio superiore della magistratura provvederà, si avrà una soluzione completa come negli altri uffici. Per quanto riguarda Marsala, la sede è delicata perché sono in corso molti processi di mafia - ne parlerò nuovamente in seguito, affrontando il tema dei tribunali distrettuali - e vi è una carenza a livello di pretura; ci sono due vacanze. Abbiamo interessato il CSM perché provveda ai relativi bandi. E' invece a posto la situazione della procura della Repubblica di Marsala, mentre per il tribunale ci sono due vacanze. Anche in questo caso è stato interessato il CSM perché venga sollecitamente data copertura ad esse; il sollecito in questo caso è stato più forte perché ovviamente i reati di competenza suscitano quell'allarme che merita un impegno assoluto. Della situazione di Palmi molto si è parlato in questi giorni, per varie ragioni; sono state presentate interrogazioni con le quali si chiede di sapere come mai la situazione abbia registrato vuoti in un momento in cui invece sarebbe stata opportuna una maggior forza da dare a questo tribunale ed alla procura. Quanto al primo, devo sottolineare che la situazione si sta normalizzando; l'organico è di venti unità. Invece nella procura indubbiamente si sono avute carenze che vengono ora colmate destinando gli uditori che, terminato il tirocinio, entreranno in funzione ad ottobre. Qualcuno può chiedersi perché si siano svuotati gli organici di Palmi. Emerge una situazione fisiologica: i magistrati che dopo un certo periodo hanno diritto a cambiare sanno che ci sono vacanze in sedi meno disagevoli, più ambite, e fanno domanda; il CSM non può non accogliere tale domanda, se confortata dagli elementi richiesti. Resta il fatto che certe sedi faticose e difficili sono poco ambite, per cui dalle stesse si va via più facilmente e poi per le vacanze le domande tardano e quindi bisogna ricorrere agli uditori, con gli inconvenienti che nascono dalla loro ancor carente esperienza. Ritengo tuttavia che tale problema sfugga al Ministero, poiché dipende da situazioni sociali e sociologiche ed è comunque legato ai divisamenti del CSM. Signor presidente, non so come sia opportuno che io prosegua l'intervento. PRESIDENTE. Signor ministro, lei potrebbe riprendere il tema dei tribunali distrettuali o continuare l'esposizione precedente, ovvero affrontare entrambe le questioni. GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia. Data una certa urgenza di assumere una posizione governativa meditata e discussa anche in questa sede, come preparazione all'analisi che già era partita proprio da questa sede, pungolata dalla Commissione antimafia, ritengo meriti priorità completare il discorso sui tribunali distrettuali. Pagina 2426 A questo proposito, vi comunico che ho preparato una bozza di articolato. Il problema è complesso e arduo ed il CSM, con una delibera intervenuta nel frattempo e adottata con una maggioranza di tredici a dodici, ha detto no ai tribunali distrettuali, ha un po' complicato il cammino, ha reso necessario meditare di più ed ha un po' compromesso la proposta di qualcuno di procedere con un decreto-legge. In una materia così delicata, dopo il pronunciamento del CSM, sia pure a stretta maggioranza, è apparso preferibile il ricorso ad un disegno di legge, anche per non assumere una posizione che potrebbe suscitare, a parte i problemi dei decreti-legge, una sorta di contrasto con il CSM, per quanto in questo momento in vacanza. Il testo che ho predisposto è molto semplice, essendo composto da un articolo più un altro concernente le disposizioni transitorie. Tale articolo è impostato come lo sono quelli che danno alla procura distrettuale delle indagini il ruolo di pubblico ministero e la norma parallela per il GIP; l'operazione da fare era facile ed il testo sarebbe il seguente: "Per i delitti consumati o tentati di cui agli articoli 416-bis e 630 del codice penale, per i delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto 416-bis ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previsto dallo stesso articolo, nonché per i delitti previsti dall'articolo 74 del testo unico sugli stupefacenti, la competenza appartiene al tribunale o alla corte d'assise aventi sede nel capoluogo del distretto di corte d'appello nel cui ambito territoriale si trovi il luogo dove il reato è stato consumato o uno degli altri luoghi indicati negli articoli 8, 9 e 10 del codice di procedura penale". Mi accorgo che ho usato il termine "delitti consumati o tentati", mentre occorrerebbe dire "commessi". Era sorto un problema di inquadramento, se cioè inserire questa norma nel codice o farne una norma di legge complementare. Sarebbe stata forse più logica la prima soluzione, con una novella, ma in tal modo sarebbero sorti problemi di coordinamento con altri articoli. In definitiva, è apparso preferibile considerarla norma complementare. Quanto alle disposizioni transitorie, ho fatto enucleare tre ipotesi perché i processi sono già in atto. Quando sono nate le procure distrettuali, si partiva da zero e quindi si potevano accompagnare i nuovi processi con la data di entrata in vigore del decreto-legge; in questo caso, la situazione è già maturata, salvo i processi futuri, anche perché proprio quelli per i quali siamo preoccupati sono in corso. La scelta poteva essere di far entrare in campo il tribunale distrettuale laddove non era ancora esercitata l'azione penale, oppure laddove non era stato ancora disposto il rinvio a giudizio, oppure addirittura laddove non era ancora intervenuta la dichiarazione di apertura del dibattimento. La terza soluzione mi sembra da escludere, perché siamo già di fronte alla pubblica udienza, e quindi si perde il vantaggio, dovendosi tornare indietro; resta l'alternativa tra il momento del non ancor avvenuto esercizio dell'azione penale - quindi ancora nella fase delle indagini preliminari - e quello in cui non è stato ancora disposto il rinvio a giudizio, cioè l'udienza preliminare. Tenderei a preferire questa seconda ipotesi che mi sembra la più lineare e conforme alla Costituzione, anche se le altre non sarebbero contrarie alla Costituzione in base a due sentenze, la n.72 del 1976 della Corte costituzionale e la sentenza delle sezioni riunite della Corte di cassazione del 1990 (causa La Rocca). Questa norma è completata da un secondo comma, con il quale si dispone che, quando vi sia annullamento della sentenza impugnata, il nuovo giudizio dovrà andare dinanzi al nuovo tribunale, qualora esso dovesse nascere. Potrebbe essere interessante conoscere il punto di vista della Commissione sulla transitorietà, cioè su quale momento scegliere per radicare la norma. Nello studiare a fondo il problema, sono emerse talune esigenze che naturalmente non devono spaventare a priori , ma che vanno Pagina 2427 comunque curate: esse riguardano riflessi sul piano ordinamentale e sul piano dell'organizzazione del personale; non si tratta però di veri e propri ostacoli. Qualche elemento di perplessità, e dunque un possibile ostacolo, può invece derivare da talune considerazioni svolte in questa sede nel corso della precedente audizione da alcuni commissari, riprese anche dal CSM, che richiedono una meditazione fino all'ultimo minuto prima di assumere la decisione definitiva. Ascoltare il parere della Commissione antimafia su questo punto è per me prezioso. Queste considerazioni, a mio avviso, sono tutte superabili però vengono fatte e rifatte. Le critiche riguardano il rischio di una forma di specializzazione che porti a creare tribunali di diverso livello, quasi di seria A e di serie minore; il pericolo di incrementare il fenomeno dei maxiprocessi; l'insufficienza di strutture nei capoluoghi di distretto, che dovrebbero essere ulteriormente potenziati, e la necessità di incrementare molto gli organici, le strutture e i servizi per far fronte a più dibattimenti in quella sede. A quest'ultimo proposito, si può rispondere che d'altra parte si alleggerisce il tribunale non distrettuale, anche se questo porta a renderlo di serie B rispetto all'altro. Un'altra considerazione riguarda il mondo forense, perché gli avvocati non residenti nei capoluoghi di distretto potrebbero essere costretti ad affidare i loro difesi a professionisti aventi sede nel capoluogo. Questi inconvenienti, però, già si registrano nella fase delle indagini preliminari e dinanzi al GIP. L'osservazione che mi lascia più in sospeso è la critica per cui si punterebbe molto sul contrasto alla criminalità organizzata, depotenziando l'attività nel settore dei delitti contro la pubblica amministrazione. Si può rispondere che, laddove non si svolgessero più i dibattimenti, i tribunali distrettuali potrebbero occuparsi di questo secondo ambito, cioè degli altri reati, e quindi l'organico andrà potenziato. In definitiva, è necessario un adeguato intervento sul personale. Questo problema costantemente occupa e preoccupa, anche perché non è facile trovare rapidamente il personale; inoltre, per i magistrati c'è la trafila del CSM. Quindi il problema si sposta sul piano dei tempi. Nel corso della precedente audizione qualcuno aveva posto una domanda sul monitoraggio (ne era stato fatto uno dalla Commissione). Il Ministero ha completato un monitoraggio che l'altra volta non era ancora finito. Da esso risulta, distretto per distretto, tribunale distrettuale per tribunale distrettuale, in potenza, quale sarebbe il peso cui far fronte anche in relazione al momento del rinvio a giudizio, dando per scontata quell'ipotesi, essendo stata quella l'ottica. Dalla tabella che consegno alla Commissione, corredata da una spiegazione delle percentuali, emerge un dato. In realtà, le sedi nelle quali tale problema verrebbe a porsi - almeno in base al monitoraggio che abbiamo effettuato - non sarebbero molte. Certamente, per esempio, Palermo ha di per sé un ruolo determinante. E' stata fatta una duplice previsione: una concreta, con riferimento ai procedimenti già addivenuti al momento dell'udienza preliminare, l'altra con riferimento a quelli per i quali è prevedibile che si possa arrivare al dibattimento, anche se questo non è ancora maturo. Per esempio, Reggio Calabria, che al momento avrebbe un solo processo da svolgere in sede non distrettuale, in proiezione futura ne avrebbe dieci; Napoli, che in questo momento non ne ha nessuno, avrebbe ventinove processi in sede distrettuale con riferimento al tribunale del capoluogo del distretto: si prevedono ben cinquantotto processi a Napoli capoluogo e dodici in sede circondariale. Le altre regioni non hanno in pratica alcun processo. Catanzaro, al momento, avrebbe un problema delicato e, comunque, presenta una situazione stranissima. Per il futuro vi sarebbero ben settantuno procedimenti contro la criminalità organizzata da svolgere in quella città e nessuno da svolgere nelle sedi del circondario. Per quanto riguarda i rinvii a giudizio, al momento ve ne sono sei a Catanzaro e cinque... Pagina 2428 PAOLO CABRAS. I dati che ha testé riferito riguardano reati commessi tutti a Catanzaro? PRESIDENTE. Sì, evidentemente si tratta di reati commessi tutti a Catanzaro. GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia . Sì, tutti a Catanzaro. Al momento vi sarebbero cinque processi da svolgere fuori Catanzaro. Questo potrebbe giustificare il tribunale distrettuale. Voglio dire che l'impatto del problema, almeno al momento, non è così forte come si temeva. La preoccupazione maggiore - emersa anche da sondaggi che abbiamo condotto e da contatti telefonici o sollecitazioni, tutti volti ad acquisire i dati che vi sto illustrando - è particolarmente avvertita a Palermo anche perché il relativo distretto comprende - come sappiamo - i tribunali di Agrigento, Marsala, Sciacca, Termini e Trapani, con una notevole diffusione sul territorio. Possiamo dire che qualcuna di queste sedi non ha ancora in previsione un dibattimento in materia; tuttavia, alcune di esse ne hanno, come Marsala (sei procedimenti), Trapani (uno soltanto) ed altre ancora in proiezione. Il problema - ripeto - è particolarmente sentito a Palermo. Ovviamente, a tutto questo si ricollega l'esigenza di predisporre aule-bunker. Se non si fa il tribunale distrettuale, magari non è sufficiente una sola aula-bunker ma bisogna farne due... I riflessi del problema sono quindi molteplici. Rassegno al presidente i risultati del monitoraggio, i cui dati sono aggiornati al 30 giugno 1993, ad eccezione di quelli riferiti a Roma e Firenze, che sono aggiornati a marzo, nonché a Napoli, i cui dati sono aggiornati solo fino al 31 dicembre 1992. Va considerato comunque che Napoli è una sede in cui questi processi sono in numero molto consistente. Altra sede che presenta tale caratteristica è Catania: in particolare, sono previsti cinquantacinque procedimenti a Catania e nessuno nelle altre sedi del distretto. PRESIDENTE. Colleghi, il ministro ci ha comunicato un orientamento di massima alla presentazione di un disegno di legge o di un decreto, anche in considerazione di quello che è accaduto nel Consiglio superiore della magistratura che, per un solo voto, non ha accettato la soluzione del tribunale distrettuale anche se - se non ricordo male - ha deciso di rinviare il problema in commissione per riesaminare la questione. GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia . Sì, hanno deciso di non considerare chiuso il problema. PAOLO CABRAS. Hanno lasciato aperto uno spiraglio! PRESIDENTE. Il ministro ci ha fornito una serie di dati -che andrebbero studiati - ed ha formulato la proposta del tribunale distrettuale, stabilendo, come dies a quo ai fini della competenza, che passino alla competenza del tribunale distrettuale i dibattimenti per i quali al momento dell'entrata in vigore della legge non sia stato ancora pronunciato il rinvio a giudizio. E' così? GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia . Sì, anche se si potrebbe studiare una soluzione migliore. PRESIDENTE. Sì, si potrebbero anche individuare soluzioni più ardite. Farò distribuire immediatamente copia dei dati che il ministro ha consegnato affinché i colleghi ne vengano subito a conoscenza. Chiedo ora ai colleghi se intendono rivolgere richieste di chiarimento al ministro, il quale, molto cortesemente, si è prestato a venire in Commissione in chiusura di serata proprio per avere qualche orientamento dalla Commissione su questo punto. MASSIMO BRUTTI. Mi scuso per aver perso le prime battute dell'intervento del ministro, ma sono stato trattenuto in Senato per lo svolgimento di alcune votazioni. Vorrei richiamare alcune delle questioni che avevamo posto nel marzo Pagina 2429 scorso al termine della seduta nella quale approvammo la relazione conclusiva del Forum svoltosi alla presenza dei rappresentanti delle procure distrettuali. In quella sede fu fatto riferimento anche ad alcuni altri impegni. Ricordo, in particolare, la proposta di attribuire alle procure distrettuali la titolarità dell'iniziativa in materia di misure di prevenzione. Inoltre, ricordo tutta la questione relativa ai collaboratori di giustizia (si era parlato di restringere i margini di oscillazione nello sconto delle pene) ed il problema concernente il versante dell'amministrazione, con la netta separazione tra le forze addette alla protezione dei collaboratori di giustizia e le forze di polizia addette alle indagini ed alle investigazioni. Su questi aspetti sarebbe utile conoscere cosa sia stato fatto e sapere quali siano gli impegni che il ministro è in grado di assumere, pur tenendo conto della situazione nella quale ci troviamo in questo scorcio di legislatura (che taluni di noi auspicano essere il più breve possibile). In sostanza, vorremmo sapere cosa ci sia in cantiere e cosa si possa fare in tempi brevi. Credo infatti che qualcosa, in merito agli impegni presi nel marzo scorso, si possa fare in tempi brevi. PRESIDENTE. Vi sono osservazioni in merito alla proposta formulata dal ministro sul tribunale distrettuale? MASSIMO BRUTTI. L'unica cosa che possiamo chiedere, anche in questo caso, è che si faccia presto. Mi pare che ormai la riflessione su questo argomento si sia compiuta. Anche la proposta più prudente e cauta del ministro, in ordine all'applicazione delle norme ai processi per i quali non vi sia stato ancora il rinvio a giudizio, va bene, ma a maggior ragione bisogna far presto, perché i rinvii a giudizio cominciano ad arrivare! Noi non saremmo stati sfavorevoli ad un decreto-legge in questa materia e, anzi, lo avremmo accolto come una misura necessaria, proprio per garantire che i processi di mafia si svolgano speditamente e nel miglior modo possibile. Ci rimettiamo al ministro ed al Governo per l'iniziativa che quest'ultimo vorrà assumere in materia. Il Governo sappia comunque che da parte del gruppo del partito democratico della sinistra vi è un particolare interesse a questa innovazione ed anche la disponibilità ad una procedura d'urgenza. GIROLAMO TRIPODI. A proposito della proposta di articolato che il ministro ci ha illustrato relativamente all'istituzione dei tribunali distrettuali, sarei dell'avviso di chiedere al ministro stesso di lasciarci il testo, in maniera tale da poterlo adeguatamente esaminare prima di un pronunciamento. Lo dico, nonostante noi avessimo già deliberato, sul piano del principio, per quanto riguarda l'istituzione di quest'organo. Sarebbe comunque utile esaminare il contenuto della proposta dell'articolato sì da poter offrire quel supporto, quel sostegno che il ministro ci chiede, dopo aver esaminato la proposta che dovrebbe essere contenuta in un disegno di legge o in un decreto-legge. Il ministro ha fatto riferimento ai dati riguardanti la prospettiva futura per quanto concerne Catanzaro. Se si considera il numero che è stato indicato, si tratta di un dato davvero clamoroso per numerosi aspetti. Vorrei chiedere se il dato fornito riguardi la procura distrettuale di Catanzaro (che comprende quattro province) oppure riguardi soltanto Catanzaro. Io penso che il dato si riferisca all'intera giurisdizione della procura distrettuale e che quindi riguardi anche Cosenza, Crotone, Vibo Valentia e, ovviamente, Catanzaro. Se così fosse, esiste indubbiamente un problema, ove si considerino le iniziative e le indagini in corso, che sono numerose e ramificate su tutto il territorio di competenza della DDA di Catanzaro. Non so se il ministro possa rispondermi sulla questione di Palmi, in riferimento alla quale avevamo posto una serie di domande nel corso della precedente riunione. Lei, ministro, ci ha detto che nel tribunale vi è una presenza quasi completa Pagina 2430 dal punto di vista dell'organico; dobbiamo tuttavia valutare la presenza delle unità in rapporto anche alla mole di lavoro. Se Reggio Calabria ha soltanto un procedimento (mi riferisco, ovviamente, alla procura distrettuale), Palmi ne ha molti. Alcuni di essi sono stati già avviati ed alcune udienze sono in corso, nonostante siano state sospese per le ferie estive. Molti processi per mafia sono in attesa di celebrazione. Abbiamo constatato - tra poco daremo conto di quanto abbiamo riscontrato - che si registra una situazione di allarme anche per quanto riguarda il tribunale. La situazione drammatica come del resto confermava anche lei - riguarda comunque la procura. Di fronte a tutti gli impegni ed alle iniziative che vi sono, rimangono soltanto pochi uditori, con il rischio che si giunga alla paralisi dell'attività della procura. Inoltre esiste anche un altro rischio. Come lei sa, al 31 dicembre prossimo sono stati stabiliti i termini di conclusione per l'indagine sulla massoneria deviata: rischiamo davvero che tutto si blocchi! Venerdì prossimo ci sarà una specifica discussione nell'aula della Camera. Tuttavia, se lei cortesemente ci potesse dire qualcosa su questa questione, le sarei grato, anche in considerazione del fatto che ella aveva previsto l'applicazione di quattro unità per quel procedimento ma ho saputo che vi sono stati dei rifiuti. Non so se la cosa possa essere risolta indipendentemente dalle disponibilità, anche perché ritengo che il ministro potrebbe intervenire. Non so se ciò sia previsto, ma mi è stato detto che potrebbe essere possibile. Se questa indagine dovesse concludersi con un nulla di fatto, perché bloccata per mancanza di magistrati che possono condurla, sarebbe certamente un fatto grave e pericoloso che inciderebbe sulla nostra democrazia. Vorrei pertanto sapere se lei, signor ministro, intende intervenire subito perché, se si aspetta la nomina del nuovo procuratore di Palmi, sicuramente il problema non sarà risolto in tempi brevi. Ricordo che il Consiglio superiore della magistratura ha già indetto il concorso, però la decorrenza dei termini potrebbe rappresentare un fatto grave con ripercussioni negative sulla credibilità delle istituzioni. Vorrei da ultimo sapere se è possibile recuperare le quattro persone da lei indicate. ANTONIO BARGONE. Vorrei comunicare al ministro che, sulla base dell'elaborazione sviluppatasi in Commissione antimafia, il gruppo del PDS nei prossimi giorni presenterà una propria proposta di legge sul tribunale distrettuale. Naturalmente si tratta di un contributo e noi ci aspettiamo dal Governo un provvedimento che, come ha già rilevato il senatore Brutti, ci auguriamo abbia una rapida evoluzione ed approvazione in Parlamento. Si tratta quindi di un nostro contributo da confrontare con l'elaborazione del ministro. PRESIDENTE. C'è un punto sul quale vorrei richiamare l'attenzione dei colleghi. Sulla base dei dati statistici distribuiti abbiamo 208 processi con già rinvio a giudizio presso il capoluogo e 19 presso il circondario. Quelli da rinviare sono 217 presso il capoluogo e 37 presso il circondario. C'è da fare un'analisi sulla base di questi dati per analizzare bene i rapporti costi-benefici. Occorrerebbe inoltre studiare bene questi dati per analizzare dove sono concentrati questi processi. Mi sembra che Palermo sia l'area nella quale vi sono più processi fuori sede (dodici) seguita da Reggio Calabria (dieci); questo per quanto riguarda le previsioni, mentre gli effettivi a Palermo sono sette fuori sede e quattordici in sede. Dai dati forniti dal ministro emerge che sono già stati fissati presso i capoluoghi 208 processi e 19 soltanto fuori di essi, di cui sette fuori Palermo e cinque fuori Catanzaro. Tra i prevedibili nei conti del Governo ce ne sono 217 nelle sedi di capoluogo e 37 fuori. Di questi 37 dodici sarebbero fuori Napoli e dieci fuori Reggio Calabria, prevalentemente a Palmi. Può darsi che valga comunque la pena, perché il costo dello spostamento del processo (il pubblico ministero che Pagina 2431 ogni giorno deve viaggiare per l'udienza, le strutture in questi uffici) può darsi che sia relativo, però è una cosa sulla quale bisogna riflettere perché un'obiezione fondata potrebbe essere che mettiamo in piedi una riforma di peso dal punto di vista ordinamentale per un numero di processi abbastanza contenuto. Ho un'altra preoccupazione: non vorrei che dipendesse dalla presenza delle procure distrettuali nel capoluogo il fatto che si facciano prevalentemente processi per reati che si commettono sul territorio del capoluogo. Non vorrei che vi fosse un depauperamento; mi chiedo se non si debba riflettere su una migliore integrazione tra procure del capoluogo e le altre procure, specie dove abbiamo forme di criminalità molto diverse. Per esempio la camorra di Caserta è autonoma rispetto a quella di Napoli. Stesso discorso vale per la Calabria e per la Sicilia, ove Agrigento ha una sua autonomia criminale rispetto a Palermo. Non so se vi sia anche questo tipo di problema e se per caso il ministro ha pensato ad una migliore integrazione tra procure territoriali e procura distrettuale. MASSIMO BRUTTI. L'ipotesi potrebbe essere quella di stabilire un'integrazione di tal genere attraverso la partecipazione di un sostituto procuratore per ciascuna procura non distrettuale al pool della procura distrettuale. Si potrebbe quindi pensare ad una forma di collegamento organico tra le procure non distrettuali e la procura distrettuale, in modo tale che uno dei sostituti procuratori, che poi è quello che sta sul territorio, che conosce di più il fenomeno nelle sue diramazioni periferiche, lavori nel pool della procura distrettuale. Possiamo certo studiare gli strumenti tecnici per realizzare questo obiettivo. PAOLO CABRAS. Può essere una soluzione, però dal momento che potrebbe sguarnire le procure territoriali, ha i suoi contro. ANTONINO BUTTITTA. Capisco le perplessità del ministro perché intendo, anche se da profano, la complessità del fenomeno che sostanzialmente presenta un connotato centrale, cioè quello della sua dicotomia. In sostanza da un lato abbiamo una realtà necessariamente dinamica, dall'altro un dispositivo istituzionale che fisiologicamente è statico, né potrebbe essere diversamente. Il paradosso qual è? Che ci troviamo in presenza di un fatto curioso: ciò che sta fermo (l'istituzione, la struttura grammaticale dello Stato, nella fattispecie quella giudiziaria) deve inseguire ciò che si muove, la realtà, la vita. E' la dicotomia, la discrasia tra struttura e congiuntura, per essere più chiari. Secondo me (lo dico da profano) l'unico modo non dico per sciogliere questa opposizione - che, essendo strutturale della storia e della vita umana, non è scioglibile, dissolubile - ma per attenuarla è quello di fare in modo che ciò che è statico in qualche modo si connoti in senso dinamico... PRESIDENTE. Che vi sia flessibilità. ANTONINO BUTTITTA. Che sia flessibile, elastico, cioè che in qualche modo ci si muova nella direzione testé indicata dal presidente. Questo per quanto riguarda una considerazione di carattere generale. Per quanto concerne un fatto più specifico il discorso su Palermo, sulla possibilità della struttura palermitana di affrontare questi problemi, è rimasto un po' sul vago perché da un lato si prende atto del fatto che ci troviamo in presenza non di una situazione periferica, bensì centrale, assiale rispetto al fenomeno che stiamo affrontando, dall'altro lato uno sforzo reale per adeguare la struttura giudiziaria a questa centralità della condizione palermitana fino a questo momento non si è fatto. A me pare questa una situazione non particolare, ma particolarissima che richiede un potenziamento, una moltiplicazione dei soggetti giudicanti, nonché una moltiplicazione degli spazi dove i soggetti giudicanti possano lavorare ed esercitare il loro mestiere. Pagina 2432 PRESIDENTE. Su questa questione saranno le commissioni di merito a pronunciarsi, però se il ministro potesse lasciarci il testo di questo progetto, i colleghi potrebbero studiarlo. Idati contenuti in tale documento dovrebbero essere studiati con molta attenzione. In pratica abbiamo 2.091 procedimenti con circa 21 mila indagati; 1.172 procedimenti sono stati definiti dal punto di vista delle procure, quindi andati in dibattimento, con 6.648 indagati, però abbiamo pendenti 1.729 procedimenti con 14.794 indagati, quindi praticamente abbiamo circa 15 mila persone che devono andare ad un giudizio prima o dopo per questo tipo di reati, con una prevedibilità ridotta di 217. Abbiamo quindi una massa di processi pendenti e di imputati notevole. Ritengo che dovremo studiarci bene i dati forniti dal ministro e lo schema di disegno di legge. Propongo di trasmetterne copia a tutti i commissari. PAOLO CABRAS. Eventualmente potremmo fargli pervenire un nostro parere. PRESIDENTE. Potremmo fargli pervenire la nostra posizione, ferma restando la sua piena autonomia. GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia . Anche un appunto. PRESIDENTE. Certo, anche un appunto sul complesso di questi dati. Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito. (Così rimane stabilito) . GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia . Dobbiamo fare i conti con il tempo anche perché tra un po' vi sarà la pausa estiva. Poiché il testo, in una forma o nell'altra, dovrebbe essere predisposto dopo la prossima settimana, potrei attendere fino ad allora. PRESIDENTE. Fino al 5 o 6 di agosto siamo qui. MASSIMO BRUTTI. Comunque che il nostro parere non diventi motivo di intralcio. PRESIDENTE. Certo. GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia . Potrei sintetizzare le risposte agli argomenti che l'altra volta non sono stati affrontati, anche se alcuni erano stati accennati nell'incontro di febbraio. Comunque fare il punto in questo momento può essere opportuno, sia pure nell'ottica di quanto resta a disposizione, tralasciando quindi le tematiche che richiedono un'elaborazione più complessa la cui trattazione diventa forse inutile o soltanto preparatoria. Per quanto riguarda il problema delle procure distrettuali edelle misure di prevenzione personali, la richiesta di attribuire questo potere di iniziativa anche al procuratore distrettuale in aggiunta agli altri soggetti continua da parte mia ad essere accolta con favore. In proposito vorrei dire una piccola novità, almeno per quanto riguarda me: ho avuto un incontro con una delegazione che studia problemi di questo genere sul piano sociale e mi è stato chiesto di elaborare un testo unico di tutta questa normativa concernente in particolare le misure di prevenzione personali, che è molto aggrovigliata fra novelle, decreti e via dicendo. Se l'idea, come a me sembra, è valida, si potrebbe prospettare l'opportunità di un disegno di legge delega, anche se naturalmente la delega verrebbe esercitata nella prossima legislatura dal Governo che nascerà. Intanto si potrebbero coordinare le attuali norme, perché in fondo si tratta di un testo unico. Il problema dei collaboratori di giustizia, sul quale si è soffermato il senatore Brutti, è certamente complesso e importante. Al riguardo potrei dire che forse manca il tempo per fare qualcosa di veramente concretizzabile. Ad ogni modo, tanto per ribadire il punto di vista che in questo momento il Governo può sostenere, e tenuto conto che tutte le meditazioni possono giovare a chi dovrà agire Pagina 2433 successivamente, va rilevato che il problema dei collaboratori di giustizia presenta un aspetto processuale ed uno penitenziario. Per quanto riguarda l'aspetto processuale, indubbiamente le disposizioni dell'articolo 192 hanno bisogno di una messa a fuoco migliore; ma questo rientra in una rielaborazione del codice di procedura penale che credo dovrà essere effettuata in modo organico e lineare nella prossima legislatura. Per quanto riguarda il trattamento penitenziario, sono d'accordo con chi sostiene che è bene separare gli organi della investigazione da quelli della protezione, anziché mettere tutto in un insieme a seconda della persona. Però anche qui la disciplina della legge n. 82 del 1991 andrebbe interamente rivista, anche per quanto riguarda i compiti della commissione centrale da cui al momento è escluso il procuratore nazionale. Viene anzi fatto di pensare che forse proprio tutta la normativa sulla procura nazionale antimafia va rivista dopo un'ulteriore sperimentazione: anche se per questo del tempo dovrà passare, credo che non sia un male perché forse adesso è prematuro trarre delle conseguenze dovendosi prima valutare i risultati sul campo e poi riprendere. Naturalmente, la problematica più importante e centrale è l'accesso al pentito: mancando i tempi per risolvere tale problema è opportuno rinviare, almeno sul piano governativo, qualsiasi concretizzazione al di là di quella che può essere una maggiore meditazione. Il problema dei collaboratori di giustizia e della sicurezza dei dibattimenti con esame a distanza, solo in parte può ritenersi risolto dall'articolo 147-bis delle norme di attuazione: anche tale norma andrebbe rivista in una visuale più organica di aggiornamento del codice. A questo proposito auspicherei - ma temo che ne mancherà il tempo - che venga portata avanti la proposta avanzata in sede governativa per la partecipazione ai dibattimenti a distanza degli imputati più pericolosi. L'iniziativa governativa è stata presa e bisognerà vedere se il Parlamento riterrà di assegnarle corsie preferenziali. Torna anche qui il problema del trattamento sanzionatorio, cioè di come "premiare" chi collabora: non è chiaro se si dovranno prevedere riduzioni di pena più late, dove il giudice può spaziare, o invece più determinate. Anche in questo caso siamo di fronte ad un problema che si presta a due soluzioni contrapposte. Qui però, se la soluzione prevale in modo netto, sarebbe possibile concludere in tempi abbastanza brevi perché in fondo si tratta di migliorare una particolare norma, anche se si potrebbe replicare che la tematica della protezione dei pentiti andrebbe rivista tutta insieme. In materia, comunque, mi rimetto a quelli che potranno essere gli ulteriori contributi perché credo che nei giorni che restano il Governo non potrà far nulla di più che attendere gli eventi sulle discussioni di questa Commissione e sull'iter parlamentare di ciò che è già stato presentato. Sul piano penitenziario stiamo studiando una nuova tematica da collaudare in prospettiva in un ambito più ampio rispetto a quello dei circuiti cui sottoporre le persone che possono essere esposte a pericoli particolari. Penso anche che per la soluzione di tale problema ci voglia tempo e che quindi esso debba essere lasciato in un dossier a futura memoria. Per quanto riguarda il potenziamento delle sezioni di polizia giudiziaria, i magistrati lamentano l'esiguità degli organici; le amministrazioni di appartenenza degli ufficiali e degli agenti di polizia giudiziaria lamentano che le sezioni hanno depotenziato i servizi di polizia giudiziaria osservando che sarà difficile procedere ad un aumento dell'organico nel prossimo biennio. Comunque, per il prossimo biennio ci sarà bisogno di emanare, entro il 15 gennaio, un nuovo decreto ministeriale, e questo prescinde dalle legislature perché è un qualcosa che è stato già stabilito e che finché non verrà cambiata la norma dovrà essere attuato. Pagina 2434 Riguardo al nuovo organico delle sezioni per il prossimo biennio, posso annunciare che il gruppo di lavoro presieduto dal procuratore distrettuale di Firenze Vigna, che era stato istituito per studiare i miglioramenti da apportare sotto questo aspetto, è arrivato ad una fase per la quale non mancano che le conclusioni, che potranno essere tratte entro la fine di quest'anno o all'inizio dell'anno prossimo. Tale gruppo di lavoro ha proposto numerose modifiche per rendere meno macchinose le procedure di assegnazione alle sezioni, più efficiente e meno burocratica la loro attività, più adeguato ai bisogni degli uffici il numero degli addetti (qui però si scontra contro la riottosità degli organismi di provenienza), anche con sollecitazioni a parificare gli ufficiali e gli agenti di polizia in termini di carriera e trattamento economico perché altrimenti potrebbero sentirsi demotivati. Per quanto riguarda il funzionamento della Corte di cassazione, posso annunciare che la commissione istituita sotto la presidenza di Caponnetto ha ultimato i suoi lavori e sta stendendo una relazione che mi verrà consegnata entro il 10 settembre. Mancherà, credo, il tempo per tradurre in concreto quelle proposte che comunque mi sembrano molto interessanti e delle quali qualcuna potrà tradursi in una eventuale circolare per la organizzazione o per la distribuzione degli uffici tra le sezioni, se il Consiglio superiore e il primo presidente vorranno farle loro. Comunque, ci sono indicazioni di notevole importanza soprattutto circa una migliore strutturazione del lavoro delle sezioni unite e circa l'opportunità di evitare il consolidarsi di collegi formati sempre allo stesso modo favorendo invece una maggiore turnazione dei collegi stessi ed una armonizzazione più attenta del calendario e dei ruoli. Ma, ripeto, tutto questo dovrà essere realizzato in futuro, salvo qualche eccezione. Quanto all'ultimo tema che mi è stato segnalato, quello della depenalizzazione, ho visto che alla Camera venerdì saranno in votazione i testi di delega per due settori da depenalizzare, mentre sono ancora dinanzi alla Commissione giustizia gli altri due disegni di legge, uno dei quali in materia di demanio marittimo. Sono due contravvenzioni, ma ce ne è un'altra più ampia, che era stata, credo, per errore, assegnata al Senato e che abbiamo spostato alla Camera per poterla abbinare alle altre più organicamente. Poiché questo testo ha avuto l'approvazione anche del Consiglio nazionale forense, che si è dichiarato disposto ad un ampliamento, sulla linea delle indicazioni fornite dal Consiglio superiore e dall'Associazione magistrati, con un emendamento mi riprometto (sperando che la prossima settimana la Commissione giustizia possa prendere in esame anche questo provvedimento che è giunto in ritardo perché era stato presentato al Senato) di definire questo aspetto che ci consente di alleggerire alquanto il lavoro delle preture. Credo che in autunno potrà andare in porto. Naturalmente tutto dipenderà dal numero degli emendamenti che potranno essere presentati e soprattutto accolti. Va però segnalato che c'è una spinta in questo senso, ed è significativo che anche l'avvocatura abbia compreso l'imprescindibilità di questo passaggio senza il quale il lavoro diventerà tale da soffocare le preture e da creare inconvenienti gravi nei procedimenti più importanti. Vi è poi un problema che sta emergendo all'ultima ora sul piano della legge finanziaria alla ricerca di riduzioni di spese e che si collega all'ultimo punto della lettera indirizzatami dal presidente il 25 giugno e da cui è partita questa mia risposta in più tempi. Mi riferisco al problema della competenza del pretore e dell'utilizzazione dei giudici laici come componenti del collegio giudicante, che poi sfociava come spunto per il giudice unico di primo grado, che è idea che io condivido appieno. Ribadisco che la commissione che abbiamo formato per l'ordinamento giudiziario ha il compito fondamentale di puntare sulla figura del giudice unico di primo grado, cui appunto anche la revisione delle circoscrizioni Pagina 2435 e della geografia giudiziaria sarebbe necessariamente collegata in un modo forse meno traumatico di quello che parte dal concetto della soppressione dei tribunali cosiddetti inutili o poco utili. Ecco, la novità è che mi sono sentito dire che, di fronte alle esigenze di bilancio che si profilano necessarie l'anno prossimo (l'ultima è l'aula-bunker, ma sul piano dell'edilizia penitenziaria sono anche da soddisfare le esigenze delle carceri, dei tribunali, dell'informatica, eccetera), bisogna tagliare le spese e un modo per farlo è quello di eliminare gli uffici inutili effettuando una revisione delle circoscrizioni giudiziarie, tema che sembrava invece attutito e rinviato nell'ottica del giudice unico di primo grado. Occorrerà tuttavia sottolineare come quella strada per ridurre le spese è improponibile, per lo meno su un piano pratico, perché per disporre la soppressione di alcune circoscrizioni giudiziarie ci vuole una legge: occorrono dunque tempi lunghi eprovvedimenti che non possono incidere sul bilancio per il 1994. MASSIMO BRUTTI. Sarebbe un formidabile diversivo. GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia . Protesterò con tutte le mie forze sperando di convincere chi sovraintende a queste spese di bilancio insistendo su tutti i bisogni che ha la giustizia. PRESIDENTE. Ringrazio il ministro Conso, scusandoci per l'ora tarda. Per quanto riguarda i dati relativi ai tribunali distrettuali, saranno distribuiti a tutti i colleghi. Successivamente raccoglieremo le osservazioni in un appunto da trasmettere al ministro. GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia . Al senatore Frasca e agli altri commissari non presenti oggi risponderò un'altra volta. PRESIDENTE. Sta bene, signor ministro. L'esame della relazione sull'edilizia scolastica a Palermo è rinviato ad altra seduta. La seduta termina alle 21,15.