PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE indi DEL VICEPRESIDENTE PAOLO CABRAS indice Comunicazioni del presidente: Violante Luciano, Presidente 2657, 2658, 2659 2660, 2661, 2665, 2666, 2667 Brutti Massimo 2658, 2666 Buttitta Antonino 2663 Cabras Paolo 2661, 2666 D'Amato Carlo 2666 Frasca Salvatore 2659, 2660, 2661, 2666, 2667 Matteoli Altero 2661 Sorice Vincenzo 2664 Tripodi Girolamo 2664 Discussione della relazione sulla criminalità in Puglia: Violante Luciano, Presidente 2667, 2670, 2673, 2674 2675, 2676, 2677, 2678 Brutti Massimo 2677, 2678 Cafarelli Francesco 2670, 2672, 2673, 2674, 2675, 2676 D'Amato Carlo 2676 Frasca Salvatore 2677, 2678 Matteoli Altero 2668 Robol Alberto, Relatore 2667, 2668, 2675 Sorice Vincenzo 2672, 2676 Allegati: Documenti prodotti dall'onorevole Francesco Cafarelli 2679 Pag.2656 Pag.2657 La seduta comincia alle19. (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente). Comunicazioni del presidente. PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vorrei dare una informativa riguardante sia le date e l'organizzazione dei nostri lavori, sia il prosieguo della nostra attività in seguito all'audizione del dottor Parisi e del generale Mei. In ordine alle date, avverto che esiste un problema per la missione a Bologna della prossima settima. Il dottor Latini, procuratore della Repubblica di Bologna, dovendosi presentare dinanzi al Consiglio superiore della magistratura il 21 settembre avrebbe preferito partire un giorno prima. Personalmente il dottor Latini non mi ha detto nulla, tanto che il problema è stato sottolineato dal prefetto. Tra l'altro, anche il collega Cabras ha segnalato la sua impossibilità ad assicurare la sua presenza per il 20 settembre. Se i colleghi fossero d'accordo, si potrebbe spostare il sopralluogo in Emilia-Romagna al 27 e 28 settembre, anticipando la visita a Barcellona Pozzo di Gotto al 20 settembre: ciò consentirebbe al dottor Latini di superare le difficoltà incontrate. Ricordo che il 29 settembre una delegazione della Commissione partirà per Bonn - i tedeschi propongono che la delegazione sia composta di sei persone, che verranno designate dai rispettivi gruppi politici -, ma questo non inciderà sulle altre missioni programmate. Se non vi sono obiezioni, rimane stabilito di spostare il sopralluogo in Emilia-Romagna al 27 e 28 settembre e di anticipare al 20 settembre la visita a Barcellona Pozzo di Gotto. (Così rimane stabilito) . Quanto all'audizione del dottor Parisi e del generale Mei sul caso Cirillo, ricordo che della vicenda Cutolo-Cirillo ci occupammo per il ruolo che questa ha avuto in relazione alla evoluzione della camorra. Del resto, tanto la Direzione distrettuale antimafia di Napoli quanto il collaboratore Galasso (oltre ai documenti acquisiti dalla Commissione) hanno sottolineato che si è trattato di una fase cruciale. Sul caso hanno lavorato sia l'autorità giudiziaria, per le responsabilità penali, sia la Commissione stragi nella scorsa legislatura, per le questioni attinenti al terrorismo, dal momento che quel sequestro di persona fu effettuato dalle Brigate rosse. Oggi ho parlato con il senatore Gualtieri, presidente della Commissione stragi, vuoi perché il materiale fondamentale è tratto dal lavoro svolto da quella Commissione, vuoi per informarlo dei caratteri e dei limiti del nostro intervento, il quale concorda sul fatto che la nostra Commissione vada avanti (spero che il collega Frasca legga il verbale perché ha sollevato dei problemi sulla vicenda). Non esistono difficoltà nei rapporti tra le due Commissioni ma occorre decidere il da fare. Personalmente eviterei di ripetere l'indagine svolta dall'autorità giudiziaria, è sufficiente leggere i documenti; su un punto vorrei richiamare l'attenzione dei colleghi e riguarda il ministro Rognoni, il quale, dopo che il dottor Parisi aveva fatto riferimento all'avvenuta informativa all'autorità politiche, affermò che in realtà lui non era stato informato. Pag.2658 A questo si aggiunge la vicenda della "polizia mandata" e della "polizia ritirata". Dopo il ritiro della polizia, nei due giorni successivi, si registra il caso Siola oltre ad una serie di regolamenti di conti all'interno delle bande camorristiche ed alle interpretazioni malevole - diciamo così - sullo stesso ritiro della polizia, che coincide con l'ultima fase del caso Cutolo. Per tale motivo proporrei che la Commissione proceda all'audizione del ministro Rognoni. Non mi sembra che vi siano altre cose da fare, anche perché il materiale raccolto offre numerosi elementi. Gradirei conoscere l'opinione dei colleghi. MASSIMO BRUTTI. Desidero anzitutto dichiararmi pienamente d'accordo con la proposta del presidente. Ciò premesso, sulla base del resoconto delle due audizioni precedenti e di alcune carte relative alla vicenda Cirillo che ho scorso durante il periodo feriale -, vorrei avanzare la proposta che la Commissione proceda all'audizione di altri personaggi che hanno svolto un ruolo determinante nella vicenda suddetta. PRESIDENTE. Ritiene che una decisione in merito possa essere assunta dopo l'audizione del ministro Rognoni? MASSIMO BRUTTI. Sarei dell'avviso di delineare subito il quadro dei lavori, perché il rischio è quello di protrarre il momento delle decisioni dilungandoci su una serie di questioni. Dopo avere sentito i soggetti che oggi riterremo opportuno ascoltare, prenderemo atto dei risultati delle audizioni svolte. Credo sia questo l'itinerario più lineare da seguire, perché ci consentirebbe di non trascinare troppo a lungo la questione. Al di là di quanto ci dirà il ministro Rognoni, le cui dichiarazioni è senz'altro importante acquisire, ritengo che la Commissione antimafia debba far chiarezza su una vicenda che per la prima volta mi sembra sia stata ammessa e dichiarata da responsabili dei servizi e da fonti istituzionali di alto livello: mi riferisco al fatto che nei giorni della primavera e dell'estate del 1981 vi è stata una trattativa caratterizzata, con ogni probabilità, da due linee che, sviluppandosi contemporaneamente, si sono intrecciate tra loro: una con coloro che avevano sequestrato Cirillo - quindi in rapporto ai terroristi e alle Brigate rosse -; l'altra, un po' diagonale, con la camorra e, tramite quest'ultima, con gli ambienti della fazione terroristica che gestiva il sequestro Cirillo. Sappiamo che da tutto ciò conseguì un finanziamento alle Brigate rosse e, più precisamente, all'ala militarista delle medesime. In questa trattativa è intervenuto qualcuno che, in qualche modo, poteva considerarsi rappresentante delle istituzioni. I due responsabili dei servizi che sono stati sentiti dalla Commissione antimafia hanno detto che, mentre per un certo periodo - i primi dieci giorni, se ho capito bene - della questione si occupava il SISDE, in seguito se ne occupò il SISMI e successivamente intervenne un terzo soggetto, a proposito del quale non abbiamo notizie sufficienti, che riuscì a condurre in porto l'operazione, in quanto considerato autorevole dalla camorra. Credo che la nostra Commissione sia particolarmente interessata a conoscere questo terzo soggetto e a capire come si sono svolti i fatti. In particolare, ritengo si debba chiarire in che modo si è stabilito il rapporto con le organizzazioni camorristiche e come, tramite queste, è stata condotta la trattativa avente, come altri referenti, Senzani e le Brigate rosse. Ripeto, a mio parere è importante sentire ancora sia i personaggi che ci hanno già detto cose rilevanti, sia quelli che nella vicenda hanno svolto un ruolo essenziale, ma non ancora del tutto chiarito. Il primo di questi personaggi, credo debba essere il generale Pietro Musumeci, all'epoca figura importante del SISMI, condannato in relazione ad un'azione di depistaggio per le indagini sulla strage del 2 agosto alla stazione di Bologna. Musumeci è uomo della P2 ed è colui che per un tratto gestisce la trattativa; anzi, se dobbiamo stare a ciò che ci è stato detto, è colui che in qualche modo Pag.2659 preclude al SISDE ogni ulteriore intervento, sottolineando che la pista che egli ha nelle mani è quella giusta. Credo sarebbe opportuno chiedere al generale Musumeci se ha qualcosa da dirci sulla trattativa condotta per il sequestro Cirillo, in quanto egli rappresenta una fonte diretta, di prima mano. Ritengo anche che sarebbe utile sentire l'avvocato di Cutolo, Francesco Cangemi, secondo il quale il problema di una eventuale raccolta di informazioni non interessava Cutolo, essendo questi interessato a stabilire un rapporto sinallagmatico di dare e di avere. Sentire l'avvocato Cangemi ci consentirebbe di chiarire il senso di quelle parole e di sapere ciò di cui è a conoscenza in merito a questa vicenda. Prima di concludere, vorrei avanzare altre due proposte che considero rilevanti perché riferite a personaggi che per motivi diversi possono dire molto. Su tutta la vicenda che finora abbiamo preso in esame, manca il versante dell'ambiente terroristico, nonostante vi sia un uomo, Pasquale Notarnicola, che ha svolto un ruolo di raccordo e che non è propriamente un brigatista o un terrorista, in quanto è un detenuto comune politicizzato adesso in libertà. Credo sia opportuno per la Commissione antimafia acquisire le dichiarazioni di questo personaggio. Sono dell'avviso, infine, che dobbiamo fare il possibile per mettere a fuoco la natura e la composizione di quel terzo soggetto occulto di cui si è parlato, il quale, soppiantando i due servizi, almeno nelle loro forme istituzionali, entra in gioco con successo perché ha autorevolezza sia nel rapporto con la camorra, sia nella trattativa che tramite essa riesce a stabilire con i terroristi. Quando parliamo di un soggetto occulto in quell'epoca, in quei mesi, viene alla mente un dato già emerso in una serie di processi, cioè l'esistenza, all'interno del SISMI, del cosiddetto Supersismi, una struttura che, in qualche modo, riusciva a condizionare, anzi, a soppiantare lo stesso Santovito, direttore del SISMI. Si trattava di una struttura di comando facente capo a Francesco Pazienza. Sono dell'avviso che la Commissione debba ascoltare anche quest'ultimo, oltre a Musumeci, Notarnicola - per il versante riguardante i rapporti con i brigatisti - e Francesco Cangemi, avvocato di Cutolo. SALVATORE FRASCA. Signor presidente, premesso che a Presidente, altrimenti è difficile andare avanti. Di fronte alle minacce nessuno deve fare l'eroe ma la gente deve essere aiutata nella misura in cui sostiene la battaglia: diversamente la Commissione si limita a registrare dati, che potranno anche essere interessanti ma non servono a nulla. Chiedo scusa, ma pago da otto anni, dal 1985, quando Presidente della Commissione Antimafia era l'onorevole Alinovi! Pago pesantemente e non credo sia giusto. Se ho sbagliato, è giusto che paghi; ma se sollevo dubbi su determinate questioni o avvio un'azione per l'accertamento di eventuali responsabilità non è giusto che mi trovi puntualmente dinanzi dei magistrati che mi bloccano, e in malo modo. Consegnerò alla Commissione la copia dei documenti cui ho fatto riferimento nel mio intervento. Signor Presidente, visto che questo mio intervento a braccio può risultare non del tutto chiaro, la prego di autorizzarmi a consegnare alla Commissione una memoria scritta sugli argomenti che ho trattato. PRESIDENTE. D'accordo, onorevole Cafarelli: la sua memoria sarà allegata al resoconto stenografico della seduta odierna. SALVATORE FRASCA. Ritengo che alla situazione pugliese debba essere dedicata una seduta apposita. Desidero congratularmi con il senatore Robol per la relazione, anche se per la semplicità che lo contraddistingue ama definirsi neofita, ed esprimere apprezzamento per il coraggio dimostrato dall'onorevole Cafarelli. A parte la vicenda di sapore boccaccesco ed i risvolti personali che forse potevano essere evitati, penso che il collega Cafarelli abbia presentato una precisa denuncia sul funzionamento dei pubblici poteri in Puglia. PRESIDENTE. Nel foggiano, più che in Puglia. SALVATORE FRASCA. Anche Foggia è Puglia. A proposito dello spaccato illustrato dal collega Cafarelli chiedo di acquisire gli atti relativi al processo Muto, celebrato presso la corte d'assise di Bari. Muto è un capo mafia di livello internazionale, tant'è che attualmente è detenuto in quanto imputato di traffico di cocaina. MASSIMO BRUTTI. Il processo si celebra a Bari perché è coinvolto anche un sostituto procuratore della Repubblica. SALVATORE FRASCA. Muto era imputato anche dell'assassinio di Giannino Losardo, assessore comunista impegnato sul fronte della mafia. Lui e la sua banda vennero assolti per il reato di omicidio, ma quest'ultima condannata per associazione a delinquere semplice, non di stampo mafioso. Comunque, dai rapporti della Guardia di finanza e dei carabinieri emerge l'esistenza di un mondo di complicità rispetto al quale il procuratore, in udienza, avrebbe dovuto promuovere un'azione penale, mentre invece nulla è stato fatto. Poiché vi è un collegamento tra la camorra, la 'ndrangheta ela SCU credo che quel fascicolo - che, tra l'altro, ci consentirà di riprendere una vicenda processuale - sia utile per capire ciò che si sta verificando da qualche anno a questa parte. Chiedo formalmente l'acquisizione degli atti del processo. PRESIDENTE. Mi scusi, senatore Frasca, lei chiede l'acquisizione della decisione finale o degli atti? Gli atti di quel processo saranno tonnellate! SALVATORE FRASCA. Non chiedo la sentenza, ma gli atti processuali ai quali Pag.2660 dovrebbero essere allegati i rapporti dei carabinieri e della Guardia di finanza. PRESIDENTE. Chiedo scusa, ma gli atti processuali sono tutto. SALVATORE FRASCA. Allora diciamo tutto. PRESIDENTE. Quindi, lei chiede gli atti complessivi. SALVATORE FRASCA. Sì. Ritengo che il senatore Robol prevalente sulla quale si attestò lo Stato. Successivamente, per una personalità rispettabile sul piano umano (Marx diceva che l'uomo è la più alta creatura per l'uomo, che io non voglio sottovalutare), per un uomo che aveva una rilevanza politica non pari a quella dell'onorevole Moro ci sono state delle trattative. Quello che è emerso è che lo Stato ha pagato anche delle ingenti somme. Allora vogliamo sapere di più intorno a questo argomento e se non ha risposte il capo della polizia (che forse non poteva rispondere), mi auguro che venga a rispondere quantomeno il ministro dell'interno del tempo. Quindi, sono d'accordo sull'audizione dell'ex ministro Rognoni, però a tale nominativo aggiungerei quello del senatore Mazzola che allora, quale sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri, sovraintendeva ai servizi. Anche Mazzola dovrebbe essere ascoltato. Condivido poi tutte le altre proposte testé avanzate dal senatore Brutti. Vorrei poi dire che, poiché abbiamo ascoltato "pezzi da novanta" della mafia e della camorra e da molti di questi abbiamo sentito anche l'elenco degli omicidi che hanno commesso (uno ha detto di averne consumati quantomeno cento), penso che a questo punto dovremmo ascoltare anche Cutolo - e non soltanto Cangemi - magari in forma privata. (Commenti del senatore Brutti ). D'accordo, però se abbiamo ascoltato Galasso e tutto quell'altro "ben di Dio" di pentiti, non capisco perché non dovremmo ascoltare anche Cutolo. Quindi, oltre alle richieste che integrano quelle del collega Brutti, ne faccio una fondamentale e cioè che la Commissione si mobiliti per appurare chi siano stati coloro i quali hanno trasformato la teoria della fermazza in teoria della trattativa a proposito di Cirillo. Sono membro, anche se non meritevole, di questa Commissione, visto e considerato che spesse volte sono in Pag.2661 minoranza, ma vengo anche da grossi insuccessi parlamentari: ad esempio, in materia di appalti ho visto formarsi una larga maggioranza pronta a soffocare l'autonomia dei comuni ed ho scelto di rimanere in minoranza non ritirando i miei emendamenti e lasciandoli bocciare. D'altronde, la storia è sempre scritta dalla minoranza. Mi sento un uomo libero; sono un radical-socialista. Come dicevo, sono membro di questa Commissione e della Commissione stragi e ritengo che occorrebbe prevedere un incontro tra i due presidenti. PRESIDENTE. Ho già detto che ho avuto un incontro con Gualtieri. SALVATORE FRASCA. Ne prendo atto con piacere. Bisogna vedere come agire per evitare di duplicare gli sforzi, perché chi vuole lavorare ed essere presente nell'una e nell'altra Commissione, deve cercare di equilibrare molto bene il tempo. Mi pare che allo stachanovismo di questo presidente corrisponda una certa abulia da parte dell'altro (dico cose che ho detto anche in quella Commissione). PAOLO CABRAS. Stimolalo, sei lì; pungolalo; fungi da stimolo. SALVATORE FRASCA. Gliel'ho detto; se leggi i verbali puoi vedere che queste cose sono state dette. Dovremmo cercare di creare un equilibrio fra le due Commissioni. Mi riservo di intervenire sul programma dei lavori. ALTERO MATTEOLI. Non ho ancora avuto modo, per mia colpa, di leggere il testo stenografico dell'audizione Parisi; ho letto però i giornali ed ho ascoltato quello che la televisione ha mandato in onda la sera stessa. Ho tratto da ciò alcune considerazioni che ho sentito ripetere qui dai colleghi. Parisi o si rifiuta di venire a rispondere alla Commissione antimafia, oppure, se ci viene, deve rispondere alle domande che vengono poste. Poiché non è la prima volta che lo fa e altre volte ha promesso di inviare risposte e documenti che poi non ha mai mandato e non ha mai risposto... PRESIDENTE. Ha presente qualche caso specifico? ALTERO MATTEOLI. Non l'ho qui, ma a me, ad esempio, che avevo posto una domanda alcuni mesi fa, non ha risposto; comunque ve la farò avere. E' opportuno chiarire questo aspetto, altrimenti rischiamo di farci prendere in giro da Parisi, cosa che credo nessuno di noi gradisca. Per quanto attiene alla proposta del collega Brutti, non sono contrario però ritengo che dovremmo trovare un modo per far venire queste persone a rispondere. L'ufficio di presidenza allargato ai rappresentanti dei gruppi o un comitato potrebbero individuare le domande da porre. Dico cio perché chi è dal qualche anno in questo Parlamento sa che questi personaggi sono stati sentiti decine di volte: sono stati sentiti dalla Commissione P2, dalla Commissione stragi; vi sono stati confronti sia nell'una sia nell'altra Commissione. Dobbiamo, quindi, stabilire cosa domandare, perché se chiediamo loro le cose già chieste dieci anni fa in Commissione P2 o più recentemente in Commissione stragi, rischiamo di far avvitare su se stessa questa Commissione. Stabiliamo il tipo di domande che intendiamo porre; verifichiamo, controllando gli atti, se a quelle domande abbiano già risposto in passato; dopo ciò, non sono assolutamente contrario a procedere alle audizioni, purché siano operative per la Commissione. PAOLO CABRAS. La vicenda della trattativa, del ruolo della camorra, del contatto SISMI o SISMI deviato, Senzani e Brigate rosse è stata oggetto - come è stato ricordato dal presidente e dai colleghi - di un'accurata indagine e di una serie di audizioni della Commissioni stragi nella passata legislatura. Molti dei personaggi che sono stati evocati, compresi i responsabili del SISMI, oltre che Pag.2662 del SISDE e della direzione affari penali del Ministero di grazia e giustizia, ministri e politici, sono stati ascoltati dalla Commissione stragi. Mi permetto di dissentire da chi ritiene (ho letto i verbali) che nella passata riunione della Commissione Parisi abbia fatto sconvolgenti rivelazioni o dichiarazioni. Non ho riscontrato nessuna dissonanza tra quanto affermato dinanzi alla Commissione dal dottor Parisi e le cose dette nel corso dei vari dibattimenti giudiziari e durante la deposizione davanti alla Commissione stragi. Tuttavia il quesito da noi posto, nonostante fosse più limitato e rappresentasse il motivo della sua convocazione, ha avuto un obiettivo risalto, soprattutto per chi non aveva memoria delle ripetute volte in cui ciò era stato detto. La vicenda Cirillo è stata giustamente qualificata allarmante e inquietante soprattutto in ordine alle trattative con i terroristi. A differenza del senatore Frasca, all'epoca della prigionia di Moro fui sostenitore - con immaginabile sofferenza personale, come tutti quelli che furono interessati d'altra parte - della linea della fermezza, perciò ritengo che le trattative che coinvolsero non soltanto la camorra, ma anche "pezzi" di istituzioni, rappresentino un fatto grave. Ciò, non tanto per la comparazione tra la persona di Aldo Moro ed altre che hanno costituito l'oggetto di un sequestro, quanto perché i princìpi e il rigore nell'affrontare la minaccia terroristica debbono avere coerenza di applicazione, altrimenti non sono più princìpi, ma convenienze piegate alla congiuntura o all'interesse politico. Sono molto sensibile a questo. Questo è il punto fondamentale da cui scaturisce la competenza della Commissione stragi, la quale avendo attribuzioni sul fenomeno terroristico in tutte le sue implicazioni politiche, istituzionali e di condotta delle istituzioni medesime nei confronti del fenomeno, ha inteso, fin dalla passata legislatura, approfondire il tema, e lo stesso può fare oggi. L'aver eretto la camorra a mediatrice nella trattativa con un'organizzazione terroristica - il che costituisce una violazione del principio regolatore dei rapporti delle istituzioni repubblicane - è un fatto grave ed incide anche sulle nostre competenze. In argomento, le acquisizioni della Commissione stragi, le dichiarazioni di Scotti (che hanno indotto le audizioni successive del dottor Parisi e del generale Mei), le cose dette dal dottor Parisi e quello che si dovrà chiedere al ministro Rognoni per le contraddizioni rilevate, ritengo sia sufficiente per stabilire che un ruolo ed una funzione di mediazione da parte della camorra c'è stato. Del resto, stiamo svolgendo un'indagine su di essa. Rispetto alla necessità di puntualizzazione, che dovremo trasferire nelle valutazioni sui rapporti che la camorra ha sviluppato con la politica e con le istituzioni, mi sembra che il senatore Brutti proponga una cosa diversa, legittima e discutibile, sulla quale mi permetto di avanzare delle riserve. L'elenco di audizioni proposto dal senatore Brutti è discutibile non tanto per lo squallore di alcuni personaggi evocati, che però si incrociano obbligatoriamente nella vicenda, quanto per la sua limitatezza, tant'è che sia il senatore Frasca, sia altri colleghi intervenuti lo hanno ampliato. Qualora ci facessimo carico del complesso caso Cirillo che riguarda la camorra, ma anche (in qualche modo) i cedimenti di politici, di istituzioni, di "pezzi" di istituzioni, di rappresentanti di istituzioni e il brigatismo - nascerebbe un problema, accennato dal collega Frasca, di interferenza e di collisione con la Commissione stragi, che non so fino a che punto potrà essere regolamentato tramite incontri tra i due presidenti. E' difficile procedere all'audizione di personaggi come Pazienza, il quale è il crocevia di questa e di tante altre vicende, senza allargare a rappresentanti politici e istituzionali e senza predisporre un programma di lavoro per approfondire il caso Cirillo-Brigate rosse-Senzani-camorra, i cui aspetti prevalenti sono altri, ossia il significato del cedimento, dell'incoerenza rispetto ad un principio applicato in una delle più grandi tragedie Pag.2663 nazionali quale è stata quella di Aldo Moro. Personalmente sono contrario all'audizione di Cutolo, anche perché costui utilizzerebbe la Commissione parlamentare allo stesso modo in cui ha utilizzato le aule di giustizia, facendone cioè un uso strumentale, legato alla sua vicenda processuale e personale. Possiamo parlarne ma personalmente non sono d'accordo. Non vedo come questo potrebbe arricchire le nostre conoscenze sul ruolo svolto dalla camorra in questo caso, che purtroppo è già chiaro. Comunque dovremmo caricarci di un esame e di un programma di lavoro: il senatore Brutti chiede di concludere, ma non lo si può fare con l'elenco di audizioni da lui proposto, in quanto occorre svolgere un'istruttoria, sia pur minima, il che comporterebbe l'ampliamento dell'elencazione, trasformandola in una vera e propria indagine che implicherebbe una serie di altre testimonianze. Per il momento mi limiterei alla proposta iniziale del presidente, ossia all'audizione del ministro Rognoni, che tra l'altro è necessaria; verificheremo successivamente l'opportunità - sulla quale ribadisco le mie perplessità - di avviare un'inchiesta sul caso Cirillo nella sua complessità e complementarietà, sulle vicende della camorra nonché sulle vicende politico-istituzionali che esulano da quelle di camorra. Ricollegandomi alla iniziale proposta del presidente Violante, ripeto, suggerirei di fare il punto della situazione dopo l'audizione del ministro Rognoni. Valuteremo se questo incontro consentirà di avere un quadro esatto della situazione, stabilendo le responsabilità e le conoscenze istituzionali sul ruolo della camorra oppure se sia opportuno avviare un'altra indagine: non è uno scandalo, si può fare, ma in questo caso avremo dinanzi un compito ed un obiettivo che finora non ci eravamo posti, in quanto il nostro interesse aveva riguardato un aspetto, ossia il ruolo della criminalità organizzata. ANTONINO BUTTITTA. Signor presidente, la criminalità, e in particolare quella organizzata, è un fenomeno fisiologico, anzi epidemico di società complesse come la nostra. Al contrario non è un fenomeno epidemico, né fisiologico, il rapporto, anzi la connessione, tra criminalità e Stato. Nel nostro paese purtroppo da alcuni anni a questa parte il rapporto, la connessione o meglio la complicità risultano di tutta evidenza. Poiché stiamo parlando di un rapporto, di una connessione, di una complicità tra due soggetti, abbiamo il dovere di chiarire la natura e l'identità dei soggetti medesimi. La natura e l'identità del soggetto "criminalità" (mafia o camorra) la stiamo chiarendo, lo fanno soprattutto i magistrati, mentre la natura e l'identità del soggetto che denominiamo "Stato" risulta assai vaga e indefinita. Quando diciamo "Stato" di che cosa stiamo parlando? Lo Stato è Parisi! Ma Stato siamo anche noi; lo Stato è questa Commissione! Stato sono tutte le articolazioni istituzionali della società civile. Se vogliamo chiarire, come dobbiamo - è un nostro dovere, non siamo qui per fare letteratura o sociologia! - questo rapporto, si deve individuare di quale Stato, o meglio di quale "pezzo" dello Stato si sta parlando in ordine al rapporto con la criminalità. Ecco perché mi trovano pienamente d'accordo le proposte, i suggerimenti e le richieste fatti dal senatore Brutti e ribaditi dal collega Frasca. Da qui, una considerazione di carattere più generale. Proprio perché non facciamo letteratura, sociologia o politica del politichese ma abbiamo doveri di carattere istituzionale oltreché morale nei confronti della società civile, non possiamo affrontare tutta la materia che ci sta di fronte. Il fenomeno della criminalità organizzata, della mafia e della 'ndrangheta è assai vasto, dai confini indefiniti, tale da coinvolgere, soprattutto nel Sud del nostro paese, ampi strati sociali. Rischiamo, quindi, di non esaurire mai lo studio, il governo critico ed il controllo di questo fenomeno. Se ci limiteremo a trattare tutto o un po' di tutto Pag.2664 -come in qualche caso, ahimé, ho visto fare in Commissione -, finiremo per fermarci all'epidermide del fenomeno stesso. Dobbiamo individuare alcuni fatti essenziali e fondamentali, quale quello di cui stiamo parlando e quale, ancora, quello relativo al rapporto tra mafia, appalti e politica, su cui insisterò perché credo che abbiamo il dovere di parlarne. Dobbiamo affrontare due o tre temi essenziali e approfondirli andando fino in fondo, altrimenti il nostro lavoro resterà pregevole e nobile per la memoria delle generazioni a venire ma non conseguirà risultati decisivi in ordine alla eliminazione del fenomeno in questione. Pur rendendomi conto che si tratta di indagini complesse e che dovremo riascoltare o auscultare molti personaggi che abbiamo finora sentito, mi permetterei di insistere affinché il nostro lavoro abbia i reali connotati dell'indagine, cioè quelli di una ricerca diretta ad assumere, come fatto conoscitivo e giudicativo, tutti gli elementi del fenomeno o di quella parte di esso che abbiamo inteso osservare, considerare, studiare e giudicare. A mio avviso, la proposta del senatore Brutti deve considerarsi ineludibile. GIROLAMO TRIPODI. Ritengo che per la Commissione sia un dovere quello di prendere in considerazione le preoccupazioni espresse sia dal presidente sia dai colleghi che hanno sottolineato la necessità di individuare ciò che è avvenuto nel sequestro Cirillo. Da questo punto di vista, è innegabile la necessità di individuare i soggetti che hanno offerto il loro contributo allo svolgersi di tale vicenda, la quale ha rappresentato uno degli episodi più terribili dell'intreccio tra le forze politiche e la criminalità organizzata. Infatti, proprio la collusione tra personaggi politici e camorra quella a suo tempo capeggiata da Cutolo - ha rappresentato un elemento di sostegno alla criminalità organizzata e, sostanzialmente, il riconoscimento del ruolo della camorra negli affari dello Stato. Anzi, per certi aspetti, si può dire che tale intreccio abbia legittimato la camorra stessa, la quale, tramite il successo ottenuto, ha influito sulle scelte che hanno contribuito a devastare l'assetto democratico, oltre a penetrare nelle istituzioni. Credo sia stata questa collusione a consentire, in Campania, la penetrazione della camorra nelle istituzioni locali e di altro tipo. Mi chiedo se il sequestro Cirillo, che ha interessato la camorra della Campania, abbia avuto un riflesso positivo nei confronti delle altre organizzazioni criminali. PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PAOLO CABRAS GIROLAMO TRIPODI. Rispetto alla proposta avanzata dal presidente a nome dell'ufficio di presidenza, non credo che dovremmo escludere quelle tendenti ad ampliare i nostri lavori. Ritengo pertanto che non dovrebbero esservi difficoltà ad ascoltare i personaggi indicati dal senatore Brutti, i quali potrebbero fornire elementi utili ai fini della conoscenza complessiva della vicenda. A prescindere dai risultati che potremo conseguire, credo sia nostro dovere compiere tutti gli sforzi che ci avvicinino alla verità e che, comunque, contribuiscano alla rottura dei rapporti instauratisi tra mafia e politica. Concordo con la richiesta di sentire l'avvocato Ciccio Cangemi, un noto personaggio di Reggio Calabria, che è stato anche in galera e che, oltre al rapporto di cui si è parlato tra lui e Cutolo, con quest'ultimo ne aveva comunque un altro, in quanto era stato compare d'anello o testimone al matrimonio di Cutolo stesso. Certamente, se poi riteniamo che possano esservi anche altri elementi, ritengo che dovremmo premere affinché si faccia luce su questa terribile vicenda che pesa sulla storia della nostra democrazia. Per queste ragioni concordo sulle proposte avanzate. PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE VINCENZO SORICE. Gradirei che in questa discussione non perdessimo di Pag.2665 vista l'obiettivo della Commissione e non ci incamminassimo verso sentieri che anche se porteranno, come ci auguriamo, a determinate verità rischiano di essere ostacolati. Vogliamo cercare di acquisire degli elementi certi ed una serenità per tutti noi. Le audizioni, come giustamente è stato osservato, non hanno posto problemi nuovi, se non una riflessione maggiore su quello che si era determinato durante il sequestro Cirillo. Ribadiamo ancora una volta in questa sede la necessità di evitare ogni collusione tra pezzi dello Stato e criminalità organizzata. Siamo anche noi alla ricerca di una verità definita per tutti, che tenga presente il quadro generale e non fatti particolari; non vorrei infatti che l'attività di questa Commissione, per tanti aspetti meritoria, finisse per dirigersi verso fatti e avvenimenti che non hanno incidenza con l'attività della Commissione stessa ma che, in un determinato momento politico, hanno una valenza completamente differente. Dobbiamo decidere se svolgere le audizioni così come proposto; indubbiamente ciò può essere utile per la Commissione, però tale attività non è esaustiva. Quindi, vi è la necessità di inquadrarla in un ventaglio più ampio: occorre definire le connessioni con la Commissione stragi e - se mi consentite - impegnare questa Commissione in uno sforzo di elaborazione e penetrazione non so come coincidente con le proposte di lavoro avanzate e con i tempi più o meno definiti di questa legislatura. Non sono convinto che la vicenda giudiziaria di cui parliamo sia ormai definita. D'altronde dobbiamo ipotizzare una richiesta per aprire un processo alla luce delle recenti dichiarazioni e degli avvenimenti che si stanno verificando. E' evidente che ci troveremo a dover lavorare in parallelo con quella che potrebbe essere la nuova attività istruttoria dell'autorità giudiziaria su un fatto specifico. Quindi, il nostro rischia di diventare un lavoro non dico inutile ma perlomeno contrapposto a quello della Commissione stragi e dell'autorità giudiziaria. Ciononostante, non dobbiamo eludere il problema per cui credo che vada accolta la proposta di ascoltare il ministro Rognoni, alla luce del fatto nuovo che lui ha evidenziato (cioè di non essere stato informato). Successivamente avremo bisogno di un attimo di riflessione per decidere come procedere. In conclusione, il problema esiste e noi non lo vogliamo eludere; vi è un fatto nuovo rappresentato dalle dichiarazioni del ministro Rognoni, che credo tutti riteniamo di dover ascoltare; una volta ascoltato il ministro potremo affrontare il tema con maggiore specificità e tranquillità. PRESIDENTE. Ci troviamo di fronte a due proposte principali: la prima è di sentire il ministro Rognoni e successivamente fare il punto - senza contestare la possibilità di svolgere successivamente indagini - in relazione a quanto già è agli atti e a quello che riferirà il ministro Rognoni; la seconda proposta, avanzata dal senatore Brutti, alla quale si sono associati altri colleghi (Frasca, Tripodi ed altri), è quella di determinare fin da ora un orientamento che chiuda su Musumeci, Cangemi, Notarnicola e Pazienza. Poiché non siamo di fronte all'opposizione di una parte di questa Commissione, il problema è quello di decidere se stabilire ora o successivamente il modo in cui procedere. Su una vicenda di questa delicatezza e politicità, attenendo alle citate questioni prima del rapporto Stato-criminalità, mi permetto di pregare i colleghi che hanno ragionevolmente avanzato la proposta relativa ad una serie di nomi di valutare se sia possibile procedere in quell'ordine, cioè sentire il ministro Rognoni il più presto possibile e, subito dopo, fare il punto e rivedere l'ampliamento delle indagini. Poiché la proposta non esclude la possibilità di ampliamento, essa ci consentirebbe di lavorare il più omogeneamente possibile su un tema tanto complesso. Questa non è una proposta e neanche un invito. Pag.2666 MASSIMO BRUTTI. Prendo la parola perché ho avanzato io la proposta. Ho ascoltato con molta attenzione le parole del collega Cabras e quelle del collega Sorice e voglio dire francamente che ritengo che la decisione di sentire le persone da me indicate - sulla quale erano d'accordo i colleghi - ha una sua autonomia logica, se così si può dire, cioè prescinde da quello che potrà dirci l'ex ministro Rognoni e si fonda su quello che emerge oggi dalle carte e dalla documentazione. Poiché ha, ripeto, una sua autonomia e validità, potremmo assumere una decisione subito. La possibilità di ottenere il più ampio consenso sulla proposta credo sia degna di tutela: affinché possa maturare un orientamento favorevole da parte dei colleghi che oggi hanno avanzato riserve, accetto la soluzione accennata dal presidente, ossia di ascoltare immediatamente l'ex ministro Rognoni. In un momento successivo riproporremo la questione. Ho fiducia che da parte dei colleghi intervenuti nel dibattito odierno maturerà un atteggiamento favorevole. SALVATORE FRASCA. Siamo d'accordo. Ciò non intacca il ventaglio delle proposte. PRESIDENTE. Certo. SALVATORE FRASCA. Ritengo utile procedere all'audizione anche del senatore Mazzola, all'epoca sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri con delega per i servizi segreti. MASSIMO BRUTTI. Sono d'accordo. PAOLO CABRAS. Anch'io concordo. CARLO D'AMATO. Se ascoltiamo l'ex ministro Rognoni, è giusto procedere all'audizione di Mazzola. PRESIDENTE. Si tratterebbe quindi di ascoltare le due autorità politiche. Tra l'altro, Rognoni si troverebbe non dico in conflitto, ma ... Mazzola dice di essere stato informato. Proporrei di incontrare subito l'onorevole Rognoni e il senatore Mazzola; successivamente si farà il punto della situazione. La proposta avanzata rimane, in quanto non è stata ritirata. Avendo avuto dalla Commissione il compito di redigere la relazione, mi sono letto la documentazione. La conoscenza di quanto hanno sostenuto, sui vari punti politici, le diverse persone durante gli interrogatori può aiutare a stabilire - se i colleghi lo riterranno utile - una rosa di eventuali, possibili e successive audizioni. Se non vi sono obiezioni, rimane stabilito di procedere alle audizioni dell'ex ministro Rognoni e del senatore Mazzola. (Così rimane stabilito) . SALVATORE FRASCA. Signor presidente, intervenendo sull'ordine dei lavori, ricordo che prima della pausa estiva dei lavori concordammo sulla necessità di prevedere una seduta tra di noi... PRESIDENTE. Senatore Frasca, tutte le sedute si svolgono tra di noi! SALVATORE FRASCA. Intendevo, signor presidente, senza ospiti né collegamenti con l'esterno. Dicevo, che concordammo sulla necessità di prevedere una seduta per esaminare i lavori compiuti e selezionare gli obiettivi, dal momento che la vita del Parlamento si accorcia sempre di più e noi dobbiamo consegnare le risultanze della nostra attività. Ancora non è stato programmato... PRESIDENTE. Senatore Frasca, le sono grato in quanto i suoi interventi rafforzano la mia fiducia negli uomini. L'argomento è stato discusso ed approvato, l'ho ripetuto... SALVATORE FRASCA. Quando? Pag.2667 PRESIDENTE. Mentre lei discuteva con il senatore Brutti, ho aggiunto l'auspicio che lei legga i verbali. Dicevo che l'argomento è stato discusso ed approvato tanto che la seduta è programmata per il 24 settembre. In quell'occasione vi sarà una mia bozza di relazione. SALVATORE FRASCA. Ne prendo atto, con piacere. PRESIDENTE. Lei ha svolto una funzione di stimolo per la decisione. SALVATORE FRASCA. Lei sa che sono calabrese e testardo. Discussione della relazione sulla criminalità in Puglia. PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della relazione sulla criminalità in Puglia. Il senatore Robol ha facoltà di svolgere la relazione. ALBERTO ROBOL, Relatore . Signor presidente, a pagina 22 del documento del ROS intitolato "Cenni storici sulla criminalità organizzata in Puglia" si rinviene la ragione dell'importanza della relazione che mi accingo ad illustrare. In esso si legge che "nell'anno 1989, a seguito di più rapporti di denunzia dell'Arma e della polizia di Stato di Lecce, furono inquisiti e rinviati a giudizio per il reato di cui all'articolo 416-bis oltre un centinaio di affiliati alla SCU, tra i quali tutti i maggiori esponenti. A conclusione di laboriosi maxi-processi, celebratisi in primo grado dall'ottobre 1990 al 23 maggio 1991, e in secondo grado dal gennaio al 17 aprile 1992, venne definitivamente sancita l'esistenza della cosiddetta quarta mafia e furono irrogate severe condanne". Ritengo che questo passaggio del documento distribuito dal ROS sia importantissimo sul piano storico perché racchiude il decennio di vita della SCU, oltre a contenere, ripeto, la ragione della relazione. Chi ha letto la prima stesura della relazione e l'ultima - ossia la bozza distribuita oggi - avrà notato l'esistenza di numerose differenze e compreso il motivo dell'accoglimento della proposta avanzata dall'onorevole Bargone nel mese di giugno. Del resto, una situazione come quella pugliese è di per sé in evoluzione: è sufficiente leggere i giornali per capire il significato delle mie affermazioni. L'accettazione della richiesta di rinvio dell'esame della relazione dell'onorevole Bargone è risultata quanto mai positiva, perché ha permesso alla Commissione... PRESIDENTE. L'onorevole Bargone avrebbe con piacere partecipato alla riunione odierna, ma purtroppo gli è stato constatato il distacco della retina, a cui è seguito un ricovero urgente. Si scusa, per il mio tramite, con i colleghi della Commissione. ALBERTO ROBOL, Relatore . Dicevo, che l'aver accettato la richiesta di rinvio ha permesso alla Commissione di tornare in Puglia nel mese di luglio e di registrare talune differenze tra la situazione di gennaio e quella della fine di luglio, soprattutto nella città e nella provincia di Bari. Nell'ultimo sopralluogo abbiamo incontrato il prefetto, il quale non era lo stesso che incontrammo nell'occasione precedente, il sindaco ed altre autorità. All'origine delle notevoli differenze riscontrate nella realtà barese vi sono alcuni fatti. Chi ha letto la relazione avrà compreso le ragioni, alcune delle quali sono relative all'impegno di queste persone. Il prefetto Catenacci ha esplicitamente affermato che l'utilità della Commissione è straordinaria, in quanto funge da pungolo e stimolo continuo soprattutto per alcune amministrazioni che in quella zona sono abbastanza prigioniere di logiche mafiose, su cui credo si stia indagando attualmente. Dal punto di vista del coordinamento dei lavori e del rafforzamento degli organici sono stati posti in essere antidoti estremamente efficaci. Accanto agli eventi che hanno riguardato i soggetti preposti alla vita politica Pag.2668 ed amministrativa di Bari, si sono registrati fenomeni concernenti i cosiddetti collaboratori della giustizia, ossia i pentiti. A gennaio, all'epoca cioè del precedente sopralluogo, l'idea di poter utilizzare i pentiti (soprattutto Annacondia) era piuttosto lontana; in luglio invece ci è stata offerta la possibilità di confrontare dal vivo la veridicità di alcune affermazioni. Le dichiarazioni dei pentiti sono dunque sicuramente all'origine del profondo mutamento riscontrato. A ciò si aggiunge l'evoluzione delle indagini sull'incendio del Petruzzelli che ha avviato un supplemento di inchiesta, e l'incriminazione del procuratore della Repubblica presso la Corte d'appello di Bari che ha coinvolto a livello emotivo oltreché politico il mondo pugliese (già in gennaio se ne parlò in termini drammatici). Inoltre, a pagina 37 della relazione troverete alcune dichiarazioni di Pasquale Galasso, che abbiamo avuto occasione di sentire a Roma e che viene citato in maniera esplicita. Quest'ultimo è il pentito di cui non si è parlato solo in questi giorni, ma anche in precedenza. Premesso che nella stesura di questa relazione si è rivelato quanto mai necessario l'ulteriore sopralluogo in Puglia, il secondo ordine di considerazioni che desidero svolgere attiene al fatto che i rapporti con il mondo politico econ quello amministrativo, così come emergono dalla relazione, hanno indubbiamente creato situazioni di conflitto. Non solo ultimamente, ma addirittura a giugno, cioè quando sembrava che dovesse essere presentata questa relazione, ho cercato di parlare con diversi colleghi commissari perché, per me, che non avevo molte esperienze come relatore, era importante capire cosa fosse opportuno sottolineare e anche il modo in cui farlo. Credo che ciò sia comprensibile, considerato che soprattutto nei rapporti politici le novità possano creare situazioni piuttosto delicate. Il fatto stesso che la stampa pugliese abbia parlato di questa relazione prima della sua discussione, ritengo sia indice non solo della curiosità ma anche dell'attenzione e forse anche della paura con cui essa era attesa dal mondo pugliese. Ai colleghi commissari i quali ritengono che questa relazione sia un po' troppo morbida, devo dire che la mia impressione è che non l'abbiano letta completamente, in quanto vi sono affermazioni piuttosto forti, soprattutto quelle riferite a certi rapporti con gli amministratori e con il mondo politico in senso lato. Credo che la situazione pugliese debba essere vista in quest'ottica, al di là di quelle che potranno essere le conseguenze derivanti da eventuali provvedimenti di scioglimento dei consigli comunali. Viceversa, altri commissari hanno già fatto sapere di ritenere questa relazione piuttosto dura, in alcuni passi addirittura violenta, non rispettosa. Personalmente, credo che il nostro compito non sia solo quello di registrare ciò che è stato detto, anche se abbiamo avuto la fortuna di avere uno spaccato della vita pugliese ascoltando tutti gli organi responsabili della regione. Tuttavia, essendo questa una Commissione anche politica, ritengo sia giusto mettere in rilievo soprattutto il senso del processo che è in atto in Puglia. Quindi, al di là della registrazione della fenomenologia della malavita, dei reati e di tutto quello che la Puglia rappresenta anche in virtù della sua posizione geografica, un aspetto che non va dimenticato... ALTERO MATTEOLI. Che intendeva dire quando ha sottolineato il processo in atto in Puglia? ALBERTO ROBOL, Relatore. Glielo spiegherò tra un attimo, onorevole Matteoli. Dicevo che bisogna tener conto non solo della posizione geografica della Puglia, ma anche dei suoi collegamenti con la ex Jugoslavia, dei suoi rapporti con il mare (tutto ciò viene messo ben in evidenza nel documento ROS) e del fatto Pag.2669 che è venuto ad aprirsi un processo di coscientizzazione della società civile (è questo che intendevo dire prima, onorevole Matteoli) che, come Commissione, non possiamo non aver registrato durante le nostre visite, per esempio a Mesagne e a Montescaglioso, o nella giornata passata nella scuola di Taranto. Credo che come politici e legislatori spetti a noi vedere se in questa situazione, che per alcuni versi è esasperatamente lacerante, vi siano anche motivi di speranza. In fondo, il recupero della politica non può non avere una sua dimensione pedagogica, per cui non può considerarsi illuso, utopista o sentimentale chi mette in luce anche questi aspetti. E' per questo che nella relazione ho voluto porre in rilievo che accanto alla presenza tradizionalmente negativa della criminalità organizzata si registra una interessante fase di presa di coscienza della società nella sua interezza, soprattutto della società generazionalmente interessante perché nuova: i 350 studenti delle scuole di Taranto, i 50 interventi da essi svolti assieme ai docenti rappresentano la testimonianza di una società che si muove verso il recupero della politica. Quest'ultima non può limitarsi a registrare passivamente la disperazione e nemmeno può fare il gioco di una contrapposizione statica; anche la politica della nostra Commissione, quindi, non deve essere bloccata o esasperatamente pessimista, quasi essa fosse chiamata a registrare solo il negativo da attribuire ad un ceto dirigente anziché ad un altro. E' in atto un processo politico sul quale, ovviamente, il giudizio deve essere espresso. Quindi, dopo la discussione che in continuazione e dal vivo abbiamo portato avanti in questi mesi con chi è stato con noi in Commissione, la conclusione che ho tratto è stata che il processo di Lecce ha determinato una grossissima sconfitta della violenza organizzata; conseguentemente, il decennio degli anni ottanta, che appare come quello della nascita di questa criminalità e dell'ufficialità dei collegamenti della Sacra corona unita alla 'ndrangheta e alla camorra, viene anche visto come quello in cui ha avuto termine questo tipo di violenza organizzata. Ma se questo è un dato estremamente positivo, va chiarito che il crollo della violenza organizzata non è assolutamente ascrivibile, in termini esclusivi, all'azione giudiziaria, bensì anche a quella politica e culturale. Dunque, non vi sono solo fenomeni di grande disoccupazione e di vuoto delle strutture, ma anche fenomeni di cultura politica, i quali tendono a riempire le devastazioni di tutti questi anni. Vorrei porre maggiormente l'attenzione su questo, perché credo che sia giusto esprimere una parola di incoraggiamento, di vita e di speranza, senza con ciò voler mettere in secondo piano i dati negativi che emergono dalla relazione e che per certi aspetti risultano estremamente allarmanti, anche se oggi, forse, lo sono di meno rispetto a qualche anno fa. Prima del luglio di quest'anno, la Commissione si era recata in Puglia ben cinque volte, per cui ha potuto constatare quanto la situazione fosse grave. Tuttavia, accanto a questo dato negativo, credo che sia importante mettere in luce anche il cambiamento in atto, inteso come risposta ad un bisogno e come volontà di vita. Se consideriamo che accanto al mondo del volontariato e della cultura, che rappresenta un investimento generazionale per il futuro, vi è anche la risposta del mondo dell'antiracket, risposta che in termini generici possiamo chiamare corporativa ma che in termini produttivi e politici è di grande peso, comprendiamo che la società si è svegliata. E questo dato emerge nella relazione, anche se nella stessa le parole dedicategli sono sicuramente minori rispetto a quelle usate per evidenziare i dati negativi. In pratica, anche se nella relazione vi è un rapporto in fondo sproporzionato tra le citazioni e i riferimenti di carattere giudiziario e quelli di carattere politico, culturale e sociale, credo che il suo taglio sia giusto. Credo che la Commissione - almeno per quanto riguarda me - abbia potuto vedere in Puglia non solo i colpi di coda, Pag.2670 che sono i più pericolosi per certi versi, di una violenza e di una criminalità organizzate, ma anche le contraddizioni che nella società si sono aperte e quindi la voglia di testimonianza di un altro modello di vita. Vorrei che si ponesse l'accento sulle assemblee pubbliche: prima ho citato Taranto, ora cito quella svoltasi in consiglio comunale a Mesagne con la popolazione che ha seguito i lavori della Commissione e che ha visto in essa un momento di liberazione; quella di Montescaglioso, nel sopralluogo di fine luglio, dove vi è stata una chiara presa di posizione, e dove ha partecipato tutta la popolazione. Questi sono segni, oltre che segnali, di un'inversione di rotta. Allora, se la Commissione (chiudo con quanto ha detto Catenacci a Bari in un colloquio privato alla fine dell'audizione) ha un senso, lo ha perché sul territorio riesce ad essere e non può non essere un momento di pungolo continuo e anche di gratificazione per gli elementi di contraddizione che vi sono sul territorio. La Commissione ha un compito politico che è quello di risvegliare il senso di un vivere civile che altrimenti rischia di vanificarsi. Prima si è fatto riferimento alle grandi questioni dello Stato e della criminalità: io credo che al di là e forse anche al di sopra, nel senso della trascendenza, dello Stato vi sia la persona; intendo dire che lo Stato è l'espressione anche della persona e della società, quindi il compito di una Commissione politica, nel suo viaggio attraverso le situazioni di criminalità organizzata, è quello di recuperare il senso dello Stato come senso della società nelle sue articolazioni. Questo mi premeva dire come avvio del dibattito. Credo che ciascuno, in base ai dati contenuti nella lunga relazione che consta di 70 pagine, potrà sviluppare una serie di ragionamenti. Per concludere desidero dire, se mi è consentito, che fin dall'inizio ho avuto un certo imbarazzo ad occuparmi di un campo per me assolutamente nuovo (credo di dover pagare il prezzo di questa sorta di noviziato di ricerca). Però da gennaio ho avuto occasione di visitare oltre alla Puglia, la Sicilia, la Campania, la Calabria ed ho potuto constatare che anche in queste zone del nostro paese nelle quali in apparenza il momento della violenza è fondamentale ed essenziale vi è una società civile in forte movimento: questo a mio parere è un fatto politico del quale forse si parla poco ma che deve essere evidenziato. PRESIDENTE. Grazie, onorevole Robol, anche per il lavoro svolto. FRANCESCO CAFARELLI. Credo che si possa con onestà dare atto al collega Robol di aver svolto un ottimo lavoro, come credo si possa dire che la Commissione ha raggiunto un buon risultato, in quanto della Puglia è ora possibile avere uno spaccato utile a formulare suggerimenti validi per chi oggi possa trovarsi nelle condizioni in cui si è trovata la Puglia dieci anni fa; e ad impostare così - come abbiamo fatto per le audizioni - un metodo che possa servire ad operare in via preventiva, nelle regioni che si trovano a registrare il fenomeno ancora nella fase iniziale. Signor presidente, considerate l'ora e la stanchezza (anche io ho seguito i colleghi in Sardegna), cercherò di attenermi ai documenti e di evitare commenti personali, anche se seguo dal 1985 la vicenda dello sviluppo e della penetrazione della criminalità in Puglia. Desidero dire al collega Robol che abbiamo già ottenuto un risultato: questa volta abbiamo potuto scrivere la relazione senza dovervi apportare modifiche, cioè senza subire, come è avvenuto in precedenza, pressioni per "pulirla", soprattutto quando essa faceva riferimento a personaggi molto noti (facciamo una volta per sempre questo nome: i Casillo!) dei quali oggi abbiamo potuto parlare ufficialmente grazie a quello che ci hanno detto i collaboratori di giustizia. Lo stesso Robol, però, ha citato la pagina ma non ha fatto il cognome della famiglia alla quale si riferiva: vi è questa difficoltà, che ci portiamo appresso fin dal 1986. Del resto anche questa Commissione si è trovata in difficoltà fin dall'inizio, fin da quando la delegazione è partita per la Pag.2671 Puglia la prima volta (gennaio 1993). La Commissione era già in possesso di alcuni elementi circa la presenza della criminalità a Foggia. Chiedo scusa, signor Presidente, se parlo della situazione della Capitanata (conosco quella zona che è legata alla provincia di Bari), ma credo - lo hanno detto Robol ed anche il senatore Frasca - che essa possa essere emblematica anche per altre regioni. Facendo l'analisi di tutti gli elementi accertati ed ufficialmente a nostra disposizione, si può giungere ad uno spaccato della situazione, non solo alla formulazione di una relazione (facendo solo questo faremmo una cosa monca) ma anche all'individuazione di ipotesi e proposte (mi richiamo ad una battuta felice di Robol relativa al processo di Lecce). A Lecce si è svolto un processo alla criminalità organizzata che ha fatto registrare una vittoria della parte sana dello Stato che si è contrapposta alla criminalità organizzata. La situazione di Lecce è simile a quella di altre realtà: se fossimo intervenuti per tempo su di esse, probabilmente oggi avremmo comunque parlato della presenza del fenomeno della camorra pugliese ma con minore preoccupazione perché esso sarebbe stato di entità sicuramente diversa da quella che l'onorevole Robol dice di aver registrato e della quale è preoccupato. Sempre in riferimento ai dati a nostra disposizione, emerge la tipicità dell'omicidio Sciorio: la polizia e soprattutto i carabinieri (qui non si citano mai i carabinieri: manca Boso!), nel corso dell'indagine, trovarono un libro e un'agenda; il primo conteneva le regole per l'affiliazione alla nuova camorra e la seconda conteneva dei nomi. Abbiamo inoltre avuto a disposizione l'indagine della UIGOS di Foggia e - sempre per citare fatti oggettivi - le dichiarazioni di un altro uomo della camorra molto noto allora, Pasquale Barra, il quale parlò con il dottor Apperti, sostituto procuratore della Repubblica di Foggia. In sostanza, riferì di situazioni che poi sono state confermate, a distanza di anni, dalle dichiarazioni di Galasso e Annacondia. Ripeto, sono fatti riportati nella sentenza Maritati, che consegnerò alla Commissione - anche se dovrebbe già averla: se Maritati non avesse incontrato difficoltà e avesse potuto continuare le indagini riguardanti il troncone della Capitanata, avremmo potuto registrare una vittoria non solo a Lecce, ma anche a Foggia, a Bari e nella Puglia in generale. Dunque, a disposizione delle autorità preposte alla lotta contro la criminalità erano i dati concernenti l'omicidio Sciorio e le risultanze delle indagini sull'omicidio stesso e di quelle svolte dalla UIGOS e dalla Guardia di finanza, su cui dovremmo fare chiarezza, signor Presidente. Occorrerebbe soprattutto fare chiarezza sulle due indagini avviate dalla Guardia di finanza che, quando giungono a riscontri oggettivi, stranamente si interrompono. In altri termini accade che la verifica della Guardia di finanza sul gruppo Casillo, allorché riscontra dati oggettivi viene sospesa con la motivazione che i Casillo, su suggerimento di un loro amico magistrato, avevano spostato le loro attività da Foggia a San Giuseppe Vesuviano. Non so se sia possibile sospendere una verifica e non saperne più nulla! E' come se la Guardia di finanza interrompesse la sua attività ai confini della provincia di Foggia, senza andare oltre: la Guardia di finanza può o no andare dappertutto? E' necessario un accertamento. L'altra questione riguarda la relazione dell'Arma dei carabinieri risalente all'ottobre 1985, anch'essa a disposizione delle autorità preposte. Che cosa si è verificato, onorevole Robol? Perché non si è mai arrivati alla celebrazione di un processo sulla criminalità organizzata del troncone di Foggia? Anche in questo caso bisogna accertare e fare chiarezza: non solo fu trasferito il dottor Gigli, responsabile dell'ufficio UIGOS - prima fu anche demolito moralmente, con la rivelazione di sue presunte collusioni con la delinquenza locale (si disse che aveva ricevuto in regalo un'autovettura) - ma fu attaccato anche il questore, dottor Rosa: si disse che poiché il figlio era un drogato, Pag.2672 il padre non aveva titolo per condurre un'indagine nei confronti della presenza della criminalità organizzata, a Foggia. Furono anche trasferiti un capitano della Guardia di finanza ed un maresciallo si dimise. Né va perso di vista il ruolo svolto dal mondo politico (allego documentazione), attraversato da contrasti e vuoti, così come non va sottovalutato l'atteggiamento di una parte della stampa che ha svolto una funzione non secondaria: mi riferisco ad alcune fonti d'informazione ed emittenti che sin dal 1985 risultavano soggiogate da capitali di provenienza illecita. Sull'altro fronte, chi erano i preposti alla verifica dei fatti che sto ricordando (che, lo ripeto sono agli atti)? Chi era preposto all'accertamento della giustezza o della erroneità dei fatti, delle responsabilità o della presenza della camorra pugliese? Vi sono denunce al Consiglio superiore della magistratura nei confronti del procuratore della Repubblica di Foggia, dottor Cudillo; del sostituto procuratore, dottor Apperti; del giudice istruttore di allora dottor Baldi, nonché di altri due magistrati, il dottor Monaco di Foggia e il giudice istruttore dottor Picardi (trasferitosi successivamente a Napoli). Queste persone sono intervenute pesantemente non solo per minacciare e trasferire chi si era interessato alle indagini sulla presenza della camorra in Capitanata, ma anche per manipolare le risultanze delle indagini a disposizione della magistratura. Tutto questo risulta agli atti del Consiglio superiore della magistratura oltre ad essere stato registrato dagli ispettori che, su mia denuncia, hanno aperto il caso Foggia. Cudillo, da parte sua, aveva partecipato alla commissione aggiudicatrice dell'appalto-concorso per la realizzazione del tribunale di Foggia, vinto - già allora, senatore Brutti - dalla FEAL, attualmente COGEFAR-Impresit: non solo un procuratore della Repubblica partecipò alla procedura di aggiudicazione dell'appalto, ma l'appalto fu concesso ad una ditta il cui amministratore delegato unico era stato condannato ai sensi dell'articolo 416-bis! La circostanza fu fatta rilevare dalla Commissione, ma il procuratore rispose che lui non era tenuto a leggere i giornali! Su questo non è stata mai fatta chiarezza! Ancora: nel corso dell'inchiesta Maritati vengono minacciati due appartenenti alla Criminalpol inviati da Maritati e che, provenendo da Bari, non potevano essere "avvicinati" a Foggia; - e lo stesso giudice Maritati fu minacciato, fino ad essere derubato del suo lavoro. Che cosa è avvenuto? Come è successo? Fatto strano: ogni qualvolta si è richiamata l'attenzione sulla criminalità foggiana, è intervenuto un magistrato risultato comunque coinvolto in rapporti di amicizia con i Casillo! In questo caso lo ha fatto Baldi che ha presentato richiesta di autorizzazione a procedere nei miei confronti. Del resto, il ruolo dei Casillo (Pasquale, Aniello e prima ancora il padre) era quello di aggiustare i processi, di mantenere rapporti con i magistrati, riuscendo così ad essere al di sopra delle fazioni di Cutolo e di Alfieri. Gennaro Casillo non veniva mai toccato perché aggiustava i processi, dice Galasso. VINCENZO SORICE. Scusi, onorevole Cafarelli, che rapporto di parentela esiste tra Gennaro e Pasquale Casillo? FRANCESCO CAFARELLI. Sono padre e figlio. VINCENZO SORICE. Il figlio è Pasquale? FRANCESCO CAFARELLI. Certo. Mi sono sempre dovuto muovere senza farmi notare: se avessi sottoposto all'attenzione della Commissione il rapporto di parentela tra Gennaro e Pasquale, non saremmo andati oltre una certa data. Dirò di più. Dirò di strane coincidenze. Quando la Commissione decise di affrontare la relazione sulla Puglia è giunta immediatamente una lettera di Casillo alla Commissione - è un documento ufficiale della Commissione -. In essa Casillo sostiene di non essere parente Pag.2673 di Vincenzo Casillo; sappiamo invece che è cugino di Vincenzo Casillo, braccio destro di Cutolo e saltato in aria a Roma. Inoltre, dice di non conoscere Sciorio e che lo aveva incontrato occasionalmente con altri commercianti. Invece, risulta agli atti che Sciorio era stato assunto come uomo di fiducia dei Casillo (chiedo di acquisire agli atti la lettera di assunzione); ma questo era solo il ruolo ufficiale perché in realtà era il rappresentante non solo della camorra ma anche della mafia, visto che altrimenti i Casillo non avrebbero potuto manovrare nell'ambito siciliano. Ma c'è di più (e oggi nei processi ne abbiamo avuto riscontro), a proposito dei magistrati che, sia come tribunale della libertà sia come giudice istruttore, avevano riesaminato due mandati di cattura emessi dal dottor Russetti (il quale fu definito un folle per essersi permesso di farlo): è risultato che il sostituto Picardi, era inquilino dei Casillo, il genero dell'altro magistrato, il giudice istruttore Baldi, che mi ha querelato perché ho detto queste cose al Consiglio superiore della magistratura, era tecnico di fiducia e rappresentante politico di Casillo al Comune di Foggia. Inoltre, il procuratore legale di Casillo aveva sposato la sorella del genero del giudice Baldi. Quindi, quest'ultimo, che obiettivamente avrebbe dovuto ammettere di non essere nelle condizioni di giudicare, non solo non si è astenuto dal farlo, ma lo ha fatto a favore di Casillo. Quando Apperti, altro sostituto della procura di Foggia, ha avuto in mano le dichiarazioni del Barra - questo risulta dalle dichiarazioni rese da due sostituti procuratori di Foggia, cioè da D'Amelio e Cea - non ha proseguito le indagini, anzi, le ha chiuse ed ha prosciolto Casillo da qualsiasi imputazione. La situazione in cui ci siamo mossi, senatore Robol, è questa: tutti quelli che erano preposti all'attività di contrasto non solo non si sono impegnati in tal senso ma hanno minacciato chi, al contrario, lo stava facendo; inoltre, nel momento in cui come magistrati hanno richiesto ed ottenuto di giudicare quel personaggio, hanno fatto in modo che venisse prosciolto prima che fossero avviati i processi. L'unico filone ancora in piedi è quello della Guardia di finanza di Napoli, ma dal 1989 sono trascorsi quattro anni e non sappiamo ancora che verifiche abbia attuato e a quali riscontri sia pervenuta. Per memoria storica, comunque, va detto che nel rapporto della Guardia di finanza di Foggia e di quella di Bari veniva riscontrato che i bilanci erano manipolati per potere ottenere i contributi AIMA e che il grano era oggetto di spostamenti inutili anziché essere conservato. Inoltre, era stato scoperto un fatto molto strano, che la procura di Foggia non si è mai preoccupata di accertare: per quale ragione un imprenditore trasferiva da un'azienda all'altra - sempre appartenente alla sua holding - merci inesistenti, nel senso che i mezzi che avrebbero dovuto trasportarle in realtà non contenevano nulla? Mi spiego meglio: c'era solo il trasferimento materiale dei camion e dei TIR, c'erano le bollette di accompagnamento, le quali attestavano che la merce veniva trasferita dal soggetto A a quello B, ma non é mai stata trovata la merce. PRESIDENTE. La famosa merce virtuale! FRANCESCO CAFARELLI. Sì, e non é mai successo nulla, anche se si trattava di fatti a conoscenza di tutti. Quindi, vi è questa grossa questione, signor Presidente, che credo dovremmo affrontare in Commissione, magari con qualche suggerimento al Consiglio superiore della magistratura: se è vero che quando il politico sbaglia deve essere punito due volte rispetto al comune cittadino, proprio perché si trova in una situazione privilegiata, mi chiedo se sia giusto, nel caso in cui a sbagliare sia un magistrato, che a quest'ultimo si contesti soltanto il trasferimento da Foggia aNapoli o da Foggia a Bari. Eppure questo si è verificato perché, nonostante li abbiano colti con le mani nel sacco, come Pag.2674 si suol dire, la punizione massima a cui sono andati incontro è stata quella del trasferimento da una sede all'altra. Premesso che questi sono già fatti che conoscevamo prima che la nostra Commissione compisse l'ultima visita in Puglia, nel gennaio di quest'anno, mi siano consentite, per dovere morale, alcune spiegazioni relative alla mia vicenda. Posso ora finalmente dare i chiarimenti sull'articolo scandalistico pubblicato dal Roma . Il 26 gennaio eravamo in aereo diretti a Bari, come delegazione della Commissione, parlavo con il senatore Robol quando fummo informati dal Presidente che, tramite il collega D'Amato, era pervenuta la richiesta di Sasso di ascoltare Casillo, pena quello che tutti sappiamo accadde. PRESIDENTE. Sarà bene che chiarisca chi sia Sasso. FRANCESCO CAFARELLI. Sasso è il direttore del Roma einsiste perché Casillo, che è azionista di maggioranza di quel giornale, venisse ascoltato. PRESIDENTE. Ma noi avevamo già deciso di non ascoltarlo. FRANCESCO CAFARELLI. Lo avevamo già deciso prima e in aereo si decise di riconfermare la decisione assunta. Iniziò in questo modo l'ultima missione della Commissione antimafia in Puglia. Do ora chiarimenti su quanto accadde. Il giornalista D'Angelo è stato chiamato dal magistrato Carofiglio, sostituto procuratore di Foggia (ho già inviato gli atti alla Commissione), il quale ha chiesto spiegazioni a questo sedicente giornalista circa l'articolo che aveva scritto: ebbene, questo signore ha risposto che non sapeva spiegare ciò che aveva firmato, che non comprendeva quello che aveva scritto. PRESIDENTE. Si riferisce all'articolo contro di lei? FRANCESCO CAFARELLI. Sì, signor Presidente, è agli atti. Mi riferisco all'articolo del 29 gennaio, dove si parla di assegni, di cambiali e cose simili, e a seguito del quale ho sporto denunzia. PRESIDENTE. Quindi, l'autore dell'articolo ne ignorava il contenuto! FRANCESCO CAFARELLI. Sì. A domanda del magistrato, ha risposto che non sapeva spiegare quello che aveva scritto. Se una persona scrive una cosa, può anche dargli un significato diverso, ma deve comunque essere in grado di spiegare ciò che ha inteso dire! Senatore Robol, ogni volta che la Commissione si è recata in Puglia ha avuto di questi attacchi (e questo è accaduto stranamente solo in Puglia, neanche in Sicilia). Il primo attacco l'avemmo quando il presidente della Commissione antimafia era l'onorevole Alinovi. E' dal 1987, signor Presidente, che non riesco a far celebrare la prima udienza, a causa dei continui rinvii disposti dal presidente Di Taranto, del processo contro un altro giornalista che mi attaccò pubblicamente perché responsabile della visita della Commissione Antimafia a Foggia (durante la quale si parlò di Casillo). Ricordo che alcune amministrazioni ci sollevarono contro l'opinione pubblica perché le avevamo infangate, in quanto la presenza della Commissione a Foggia significava il riconoscimento della presenza della camorra, mentre gli amministratori sostenevano il contrario. Secondo loro, erano tutti sani, l'unico pazzo ero io che mi ero permesso di dire che avevo avuto sentore di qualcosa che non quadrava, per cui invitavo a verificare certi fatti, proprio perché se si fosse fatta chiarezza all'inizio avremmo avuto la speranza di arginarli, se non di eliminarli. Tornando all'ultima visita. La sera stessa della nostra partenza per la Puglia, la mia segreteria di Bari è stata aperta e tutto è stato distrutto. Inoltre, ho ricevuto minacce mentre ero a Gela, successivamente messe in atto con un tentativo d'incendio del mio studio di Pag.2675 Foggia. Dunque, tutta una serie di piccoli fatti che non interessano, perché non sono una persona da tutelare ma una persona che deve comunque subire, che deve spaventarsi e fermarsi al punto in cui è arrivata, che non deve mai andare oltre nella denunzia. Tutto questo non mi ha spaventato, e sono andato oltre, portando avanti la mia battaglia, cercando, nel limite delle mie possibilità, di tirar fuori tutto quello che era possibile. Cosa è venuto fuori? Dai due pentiti si è appreso che nell'ambito della procura di Foggia, della procura presso la pretura e a livello di tribunale vi sono dei contrasti, non perché gli uni siano amici e gli altri nemici del nostro comune "amico" (Casillo), ma perché probabilmente gli uni e gli altri si dividono o cercano di dividersi il territorio di Foggia. Lo dico ufficialmente, signor Presidente, qualcuno già ha avanzato ipotesi di candidatura a sindaco di Foggia - parlo di magistrati e non di politici - e altri di candidature al Senato o alla Camera. Che cosa abbiamo sentito a Foggia? Io mi sono volutamente astenuto dal partecipare quel giorno all'audizione, però avevo già informato informalmente di questo il Presidente mi deve dare atto: dopo l'omicidio Panunzio si era giunti, grazie a due pentiti (se così si possono chiamare) e comunque a due imputati, a sapere che i Casillo erano quelli che aiutavano economicamente e per l'assistenza legale tutti i familiari dei detenuti, soprattutto di quelli collegati all'omicidio Panunzio. Questo abbiamo saputo anche da un cittadino né indagato nè pentito (probabilmente anche lui non ne può più di questa situazione così pesante), che ha messo a disposizione del magistrato Carofiglio tutto quello che era a sua conoscenza. Da queste persone abbiamo saputo cose che poi ci ha detto Galasso: abbiamo saputo tutto, della Sicilia, dei rapporti del gruppo Casillo con Riina e non solo con Bontate e con gli altri, di altri magistrati dei quali faccio i nomi (è giusto accertare la responsabilità): la GIP D'Alessandro, la quale, secondo Carofiglio, aveva permesso, grazie ad una banalità tecnica, a questi imputati detenuti da 48 ore di fare appello per essere scarcerati, non avendo confermato l'isolamento; tanto è vero che è dovuta intervenire successivamente la Direzione distrettuale antimafia di Bari per riarrestarli, dichiarando la propria competenza in quanto si trattava di fatti di delinquenza organizzata di stampo camorristico. E questo è niente. Risulta agli atti, sempre a sentire il sostituto Carofiglio, che la D'Alessandro, tra l'altro una bella donna, abbia avuto rapporti intimi con il fratello di Pasquale Casillo. Quindi noi abbiamo due GIP a Foggia, uno si chiama Baldi (oggi trasferito grazie alla mia denunzia nonostante le querele che ho avuto) e i cui parenti sono dipendenti del Casillo; l'altro va a letto - non ne ho le prove, lo dice Carofiglio - con il fratello di Casillo. PRESIDENTE. In auto, non a letto. FRANCESCO CAFARELLI. No, a letto. PRESIDENTE. Sapevo in auto. FRANCESCO CAFARELLI. In un'auto la cui targa è stata rilevata dalla scorta (questo GIP è sotto scorta) e risulta di proprietà di un noto delinquente. Questo è un altro episodio. ALBERTO ROBOL, Relatore . A letto o in auto il problema interessa poco. FRANCESCO CAFARELLI. Presidente, credo che la gente debba sapere per intero come vadano le cose in questo campo a Foggia. Abbiamo sostituti procuratori che litigano fra di loro e GIP che, comunque vadano i fatti, sono coinvolti in rapporti di tipo diverso con Casillo. Non credo che questo sia un fatto che debba solo restare agli atti o rappresentare uno sfogo: ritengo che la Commissione debba intervenire. Qualcosa bisogna fare. Ho avanzato le mie denunzie al Consiglio superiore della magistratura, dove sembra vi siano degli ispettori che si occupano di tali questioni; speriamo che essi Pag.2676 arrivino a dei riscontri e producano qualcosa di più del semplice spostamento di sede tra Foggia e Bari. Altrimenti perderemo di credibilità. Ma non è solo questo, signor presidente. L'altra questione sulla quale vorrei soffermarmi riguarda un aspetto molto delicato dei rapporti tra politici, imprenditori e alcuni magistrati. Vi darò copia di una lettera che ho inviato in data 31 marzo al presidente della Giunta per le autorizzazioni a procedere (allora non vi era alcuna richiesta di autorizzazione a procedere nei miei confronti). Vi è poi un'altra lettera (che è già agli atti perché ho denunciato il giornale e coloro che mi hanno diffamato) con la quale evidenzio che l'articolo in questione mi preannuncia ciò che è successo da marzo ad aprile. Dispongo poi di una testimonianza, scritta che allego agli atti, dalla quale risulta che Casillo sapeva, stranamente, con vari giorni di anticipo cosa mi sarebbe accaduto. Ecco i fatti: una persona viene chiamata ed allettata a fornire elementi: mi riferisco a un certo Fiano Domenico che viene portato negli uffici dei Casillo dove Pasquale Casillo gli offre fidi facili e lavori a condizione che produca documenti che possano compromettermi, i famosi documenti richiamati il 29 gennaio dal Roma . Ho saputo solo ad agosto per la prima volta di cosa venissi accusato e da chi: un certo Di Corato, titolare di una grossa enota impresa di Trani, che mi ha presentato a cena Mele, procuratore della Repubblica di Roma. Questo imprenditore mi ha mostrato telegrammi a firma del procuratore di Bari De Marinis perché anche io quale parlamentare della zona sostenessi l'urgenza dei lavori della Foggia-Cerignola, presso il Ministero dei lavori pubblici, il ministro e l'ANAS. Io l'ho fatto. PRESIDENTE. Quali lavori? FRANCESCO CAFARELLI. Parlo della Foggia-Cerignola. PRESIDENTE. Cos'è, una strada? FRANCESCO CAFARELLI. Sì, una strada la cui realizzazione era per metà già affidata e quasi completata. Mancava l'altra metà. Per l'amor di Dio, era giusto! Ho avuto anche sollecitazioni da parte del direttore del santuario Incoronata. C'erano problemi seri, il telegramma aveva la firma che ho detto. Io sono stato a cena con Mele ed altri, che mi hanno detto che Di Corato era una bravissima persona che andava comunque sostenuta. Questa è la situazione. VINCENZO SORICE. Chi ti accusa direttamente? FRANCESCO CAFARELLI. E' Di Corato che dice di avermi conosciuto nel 1992, mentre mi conosce dal 1987. Comunque, questi fatti troveranno sbocco in altra sede competente. Vi è un altro fatto da accertare, signor Presidente. Il collega D'Amato ha fatto una battuta, che io posso anche condividere, sulla questione del Banco di Napoli, non tanto sugli interessi che pratica... CARLO D'AMATO. La feci all'epoca. Non era una battuta ma una constatazione. FRANCESCO CAFARELLI. Sì, era una constatazione. Ho comunque registrato questo dato. Ho anche denunciato al Consiglio superiore della magistratura e all'ispettorato del Ministero di grazia e giustizia un altro fatto: a Foggia bisogna affrontare la questione della politica del credito non solo in termini di costo del denaro ma anche di verifica a chi esso venga dato e tramite chi. Vi sono aziende che vengono messe in difficoltà; poi vi è sempre il gruppo che dà loro la possibilità di avvicinare il tale direttore o l'altro; questi promettono il mutuo e nel tempo necessario per la sua concretizzazione intervengono loro con dei soldi; poi il mutuo non si concretizza; loro hanno dato dei soldi e rientrano non certo con la restituzione di contante ma con la cessione della proprietà delle aziende. Pag.2677 Anche questo è un argomento da affrontare seriamente. Risultano coinvolti imprenditori, politici, partiti, sindacati, magistrati, poliziotti e rappresentanti di altre forze dell'ordine: ci sono dentro tutti, anche il sistema bancario. E' importante però individuare un metodo, signor Presidente, altrimenti è difficile andare avanti. Di fronte alle minacce nessuno deve fare l'eroe ma la gente deve essere aiutata nella misura in cui sostiene la battaglia: diversamente la Commissione si limita a registrare dati, che potranno anche essere interessanti ma non servono a nulla. Chiedo scusa, ma pago da otto anni, dal 1985, quando Presidente della Commissione Antimafia era l'onorevole Alinovi! Pago pesantemente e non credo sia giusto. Se ho sbagliato, è giusto che paghi; ma se sollevo dubbi su determinate questioni o avvio un'azione per l'accertamento di eventuali responsabilità non è giusto che mi trovi puntualmente dinanzi dei magistrati che mi bloccano, e in malo modo. Consegnerò alla Commissione la copia dei documenti cui ho fatto riferimento nel mio intervento. Signor Presidente, visto che questo mio intervento a braccio può risultare non del tutto chiaro, la prego di autorizzarmi a consegnare alla Commissione una memoria scritta sugli argomenti che ho trattato. PRESIDENTE. D'accordo, onorevole Cafarelli: la sua memoria sarà allegata al resoconto stenografico della seduta odierna. SALVATORE FRASCA. Ritengo che alla situazione pugliese debba essere dedicata una seduta apposita. Desidero congratularmi con il senatore Robol per la relazione, anche se per la semplicità che lo contraddistingue ama definirsi neofita, ed esprimere apprezzamento per il coraggio dimostrato dall'onorevole Cafarelli. A parte la vicenda di sapore boccaccesco ed i risvolti personali che forse potevano essere evitati, penso che il collega Cafarelli abbia presentato una precisa denuncia sul funzionamento dei pubblici poteri in Puglia. PRESIDENTE. Nel foggiano, più che in Puglia. SALVATORE FRASCA. Anche Foggia è Puglia. A proposito dello spaccato illustrato dal collega Cafarelli chiedo di acquisire gli atti relativi al processo Muto, celebrato presso la corte d'assise di Bari. Muto è un capo mafia di livello internazionale, tant'è che attualmente è detenuto in quanto imputato di traffico di cocaina. MASSIMO BRUTTI. Il processo si celebra a Bari perché è coinvolto anche un sostituto procuratore della Repubblica. SALVATORE FRASCA. Muto era imputato anche dell'assassinio di Giannino Losardo, assessore comunista impegnato sul fronte della mafia. Lui e la sua banda vennero assolti per il reato di omicidio, ma quest'ultima condannata per associazione a delinquere semplice, non di stampo mafioso. Comunque, dai rapporti della Guardia di finanza e dei carabinieri emerge l'esistenza di un mondo di complicità rispetto al quale il procuratore, in udienza, avrebbe dovuto promuovere un'azione penale, mentre invece nulla è stato fatto. Poiché vi è un collegamento tra la camorra, la 'ndrangheta ela SCU credo che quel fascicolo - che, tra l'altro, ci consentirà di riprendere una vicenda processuale - sia utile per capire ciò che si sta verificando da qualche anno a questa parte. Chiedo formalmente l'acquisizione degli atti del processo. PRESIDENTE. Mi scusi, senatore Frasca, lei chiede l'acquisizione della decisione finale o degli atti? Gli atti di quel processo saranno tonnellate! SALVATORE FRASCA. Non chiedo la sentenza, ma gli atti processuali ai quali Pag.2678 dovrebbero essere allegati i rapporti dei carabinieri e della Guardia di finanza. PRESIDENTE. Chiedo scusa, ma gli atti processuali sono tutto. SALVATORE FRASCA. Allora diciamo tutto. PRESIDENTE. Quindi, lei chiede gli atti complessivi. SALVATORE FRASCA. Sì. Ritengo che il senatore Robol debba leggere tali atti, e farli leggere ai nostri consulenti, perché la nostra Commissione deve avere il coraggio di alzare l'albero della libertà, della democrazia e della verità, costi quel che costi, anche se dobbiamo mettere sul tavolo degli imputati qualche magistrato! MASSIMO BRUTTI. Concordo con tale proposta, in quanto da quella vicenda processuale vi è molto da imparare, posto che esistono problemi nella magistratura di Paola oltre a rapporti con il clan Muto. Se la proposta avanzata dal senatore Frasca è finalizzata all'arricchimento della relazione del senatore Robol, va bene; non vorrei però che ciò costituisse un fatto dilatorio. Sarei dell'idea perciò di accogliere la proposta del senatore Frasca, lavorando sugli atti che acquisiremo e senza bloccare il relatore, senatore Robol. SALVATORE FRASCA. Signor presidente, alcuni di noi conoscono a memoria talune pagine di quel processo e sono in grado perciò di richiamare l'attenzione della Commissione. PRESIDENTE. Vista l'ora tarda, come si dice in gergo non parlamentare, e considerato il numero degli iscritti a parlare, propongo di rinviare il seguito del dibattito al pomeriggio di martedì 21 settembre, mentre nella mattina dello stesso giorno procederemo alle audizioni del ministro Rognoni e del senatore Mazzola in merito alla vicenda Cirillo. Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito. (Così rimane stabilito) . Ricordo, infine, che giovedì 16 settembre i parlamentari che si sono recati in missione a Bovalino avranno un incontro con alcune persone che non sono state ascoltate nel corso del sopralluogo e che sempre nello stesso giorno, alle ore 18 - ma l'orario potrebbe essere anticipato - si svolgerà l'audizione del ministro Jervolino Russo relativa allo sviluppo di un'azione antimafia nelle scuole. Il senatore Robol ricorderà che durante la nostra visita in Puglia indicammo in Taranto la sede per l'avvio di quell'iniziativa. La seduta termina alle 21,20. Pag.2679 A L L E G A T I Pag.2680 Pag.2681 MEMORIA PRODOTTA DALL'ONOREVOLE FRANCESCO CAFARELLI Credo che si possa con onestà dare atto al collega Robol dell'ottimo lavoro svolto, come credo si possa dire che la Commissione ha raggiunto un ottimo risultato: in Puglia è possibile ora fare uno spaccato che ci deve servire ad andare avanti, oltre le analisi, fino ad individuare da una parte suggerimenti validi ed indicazioni operative da dare a chi oggi è preposto alla lotta contro il crimine organizzato, dall'altra a studiare, come abbiamo già cominciato a fare nel corso delle audizioni, un metodo di intervento preventivo per le regioni che, come la Puglia dieci anni fa, si trovano nella condizione di registrare il fenomeno nella fase iniziale. Mi atterrò ai documenti, perché seguo dal 1985 la vicenda della penetrazione della camorra in Puglia. Desidero dire al relatore, collega Robol, che abbiamo già ottenuto un risultato: questa volta abbiamo potuto scrivere la relazione senza dovervi apportare modifiche, senza subire, come è avvenuto in precedenza, pressioni per "pulirla", soprattutto quando essa faceva riferimento a personaggi molto noti (facciamo una volta per sempre questo nome: i Casillo). Di essi oggi abbiamo potuto parlare ufficialmente grazie alle gravi rivelazioni fatte dai collaboratori di giustizia. Fin dal 1986 abbiamo avuto simili problemi in Commissione antimafia. Questa stessa Commissione si è trovata in difficoltà, come le precedenti, quando la delegazione è andata in Puglia nel gennaio 1993. Infatti, in provincia di Foggia, sono stati fatti gravi e ripetuti tentativi per condizionarne e delegittimarne l'azione. Ma di questo dirò in seguito. Come affermavo prima, gli elementi accertati ed ufficiali a nostra disposizione ci consentono oggi di fare un preciso spaccato della situazione e di arrivare non solo alla stesura di una relazione analitica del fenomeno criminale ma anche all'individuazione di ipotesi e proposte, come opportunamente afferma Robol. Per raggiungere questo risultato, dobbiamo con coraggio calarci sino in fondo nelle vicende ed esaminarne tutti i dati acquisiti; ma con ancora più coraggio dobbiamo porci tutte le domande possibili per individuare le cause e soprattutto i responsabili della crescita del fenomeno malavitoso. Io lo farò per la provincia di Foggia, che da una parte è strettamente legata a quella di Bari, dall'altra, come Pag.2682 hanno detto Robol ed il senatore Frasca, molto pragmatico, è emblematica e quindi consente di risalire a considerazioni di carattere generale e trarne le conseguenze. Questo metodo di lavoro che si propone obiettivi concreti ci impone come premessa una domanda: la Commissione antimafia possiede oggi elementi nuovi e diversi da quelli a disposizione degli organi istituzionali preposti alla lotta contro il crimine già dieci anni fa? Ebbene. No! I dati sono gli stessi noti già dieci anni fa. E allora: perché non si arrestò il fenomeno sul nascere, quando era molto più facile? Chi furono i responsabili? Insomma cosa accadde? Accadde quello che sistematicamente accade nel processo di penetrazione e sviluppo della malavita organizzata: quanti si oppongono ad essa, se si riesce ad isolarli e ad emarginarli vengono o "pensionati" o deruolizzati o declassati o trasferiti o infangati o uccisi, a seconda della tenacia, delle circostanze, delle occasioni, della pericolosità della loro lotta; quanti fingono di non vedere e tacciono, o per pavidità o per la speranza di ricavarne un tornaconto o perché collusi o perché dentro l'organizzazione, vengono comunque premiati, a livello istituzionale con la promozione o con i trasferimenti (ritorno alla sede di origine), a livello sociale con il potere e il prestigio, in ogni caso con il successo economico. Veniamo ai fatti. I segnali della presenza della camorra a Foggia emergono sin dal 1983, immediatamente, numerosi e importanti, con l'omicidio Sciorio, cutoliano confinato a Foggia (oggi sappiamo anche rappresentante della mafia in Campania). In seguito alle indagini, la polizia e i carabinieri mettono a disposizione un libro ed una agenda sequestrati durante le perquisizioni: il primo contenente le regole per l'affiliazione alla camorra pugliese, la seconda alcuni nomi e relativi numeri di telefono. Anche la UIGOS di Foggia, guidata dal dottor Gigli, scopre la presenza della camorra e denuncia incontri ed affari tra rappresentanti della camorra, politici ed imprenditori, fra i quali i Casillo; su altro fronte, il camorrista Barra, detenuto a Foggia, parla al sostituto procuratore Apperti della presenza della camorra a Foggia e del ruolo dei Casillo: insomma, polizia e carabinieri, la UIGOS, il questore Rosa, il camorrista Barra sostengono nel 1983 quello che oggi hanno dichiarato Galasso, Annacondia ed altri! Ma non basta: un magistrato di Bari, Alberto Maritati, riesce ad individuare il fenomeno in tutta la sua portata, sia riguardo alla estensione pugliese sia riguardo ai responsabili. Se Maritati non fosse stato ostacolato con paraventi "tecnici" e "giuridici" da parte del procuratore della Repubblica Cudillo (vedi le dichiarazioni rilasciate da Maritati al CSM), anche in Capitanata avremmo registrato, come a Lecce, una vittoria sulla camorra che ne avrebbe certamente rallentato, se non bloccato, la penetrazione. Il fenomeno infatti era meno capillare che nelle altre province perché si è sviluppato ai vertici, legato al riciclaggio ed ai colletti bianchi (banche, enti, ispettorati, magistratura, partiti). Pag.2683 Su questa vicenda sarebbe bene fare chiarezza, ma sarebbe bene fare chiarezza soprattutto sulle due indagini avviate dalla Guardia di finanza che, giunte a riscontri oggettivi, stranamente si interrompono. In altri termini accade che la verifica da parte della Guardia di finanza sul gruppo Casillo, allorché si riscontrano dati oggettivi viene sospesa con la motivazione che i Casillo (forse consigliati da un loro amico magistrato), avevano spostato la residenza legale della loro azienda da Foggia a San Giuseppe Vesuviano. Non so se questo sia possibile. Certamente è contro ogni logica. E' come se la Guardia di finanza interrompesse la sua attività ai confini della provincia di Foggia: la Guardia di finanza ha forse per legge limiti di intervento? E' necessario un accertamento: se le cose stanno in questi termini, è opportuno si faccia una legge che le modifichi. Ma vediamo cosa accade agli altri che parlavano della camorra e dei Casillo: il dottor Gigli, responsabile della UIGOS, non solo venne trasferito ma venne demolito moralmente con l'accusa di presunte collusioni con la delinquenza locale (avrebbe ricevuto in regalo un'autovettura). Anche il questore Rosa fu diffamato: si disse che, essendo il figlio un drogato, il padre non aveva la credibilità necessaria per condurre una indagine sulla criminalità organizzata. Un capitano della Guardia di finanza fu trasferito, un maresciallo, il signor Palma, si dovette dimettere. Maritati, come ho già detto prima, si vide derubare del suo lavoro. Non solo: nel corso dell'inchiesta, minacciarono due esponenti della Criminalpol inviati a Foggia da Maritati, che evidentemente non erano riusciti ad "avvicinare" (dichiarazioni di Maritati al CSM). Per quel che mi riguarda, avendo "osato" denunciare il fenomeno ed attirare l'attenzione della Commissione antimafia, non solo giunsero minacce a me e alla mia famiglia, direttamente e per interposta persona, ma mi piovvero addosso due richieste di autorizzazione a procedere da parte dei magistrati Picardi e Baldi da me denunciati al Consiglio superiore della magistratura riguardo ai quali risulteranno vere le accuse: il primo abitava in un appartamento del Casillo (come il camorrista Sciorio), il secondo aveva, ed ha l'intera famiglia in rapporti "amichevoli" con i Casillo (il marito della figlia - ingegnere Pippo Cavaliere - è stato eletto e voluto assessore dai Casillo al comune di Foggia, la cognata della figlia ha sposato il procuratore legale di Casillo). I fatti che mi venivano addebitati non mi riguardavano affatto: venivo accusato di aver partecipato all'assunzione di provvedimenti adottati quando ero persino fisicamente assente, come constaterà la Giunta per le autorizzazioni a procedere negando l'autorizzazione (allego memoria). Fui pubblicamente attaccato dalla segreteria provinciale della DC, dai rappresentanti degli enti locali e dai cinque sostituti della procura di Foggia. Fui attaccato con accuse gravi, infamanti e false da un'emittente locale compiacente che, tra l'altro, mi chiamava Pag.2684 sistematicamente onorevole antimafia (la mia querela giace da anni senza nemmeno arrivare alla conclusione della prima udienza perché il giudice Di Taranto è stato abilissimo a trovare ogni volta un pretesto di rinvio). Fui definito da certa stampa disonesto perché per fini personali e scorretti infangavo il territorio (il segretario liberale Melillo, secondo un ben noto copione, dichiarò pubblicamente che se le imprese non investivano a Foggia la colpa era mia perché avevo denunciato la presenza della camorra). E quanto più mi sono impegnato nella lotta, tanto più violenta è stata la reazione. Sino a quando, a marzo, dopo lo scontro sulla vicenda dell'esclusione dell'audizione di Pasquale Casillo (che intanto, in prossimità dell'adozione del piano regolatore, si era fatto eleggere con i soliti metodi alla carica strategica di Presidente dell'Associazione Industriale di Capitanata), approfittando di quanto stava accadendo a livello nazionale, mi cuciono addosso un'accusa infamante di tangenti il cui itinerario giudiziario è una somma di stranezze, di torbide coincidenze e di prevaricazioni. Su questo dirò più ampiamente. Ma intanto cosa facevano coloro che per il loro ruolo istituzionale avrebbero dovuto accertare i fatti ed impedire la penetrazione della camorra? Cosa facevano i Cudillo, i Baldi, gli Apperti, i Picardi, i Monaco, i Prefetti che si sono succeduti a Foggia? Riguardo ai magistrati, la risposta la troviamo nelle numerose denunce al CSM, tra cui molte sono mie, altre di sostituti della procura di Foggia. Questi tutori della legalità non solo non si sono impegnati per porre un argine, ma sono intervenuti pesantemente per minacciare, trasferire o attaccare chi si era interessato alle indagini o aveva osato denunciare il fenomeno; e sono intervenuti pesantemente per manipolare le risultanze delle indagini a disposizione della magistratura. Significativi due casi, quello del sostituto Apperti e quello del procuratore Cudillo: il primo è stato denunciato al CSM dai sostituti D'Amelio e Cea per non aver verbalizzato le dichiarazioni del camorrista Barra sui rapporti tra camorra e politici e per aver chiuso precipitosamente le indagini (in seguito sarà denunciato da me per fatti meno dannosi socialmente ma più squallidi). Il secondo, il procuratore della Repubblica Cudillo, sovrintendente a tutte queste vicende, è stato da me denunciato al Consiglio superiore della magistratura per aver fatto parte della commissione aggiudicatrice dell'appalto-concorso per la realizzazione del nuovo tribunale di Foggia, vinto - già allora senatore Brutti! - dalla FEAL attualmente IMPRESIT-COGEFAR: non solo un procuratore della Repubblica partecipava alla procedura di aggiudicazione di un appalto, ma l'appalto veniva concesso ad una ditta che non risultava iscritta all'albo nazionale delle imprese e il cui amministratore delegato era stato condannato per associazione di stampo mafioso ai sensi dell'articolo 416- bis ! La circostanza fu fatta rilevare a Cudillo dalla Commissione antimafia che l'aveva appresa dai giornali, ma il procuratore Cudillo rispose che non era tenuto a leggere i giornali! Anche su queste vicende non è mai stata fatta chiarezza, come non è mai stata fatta chiarezza sulla strana coincidenza che ogni Pag.2685 qualvolta ho richiamato l'attenzione sulla criminalità foggiana, un magistrato, risultante in un modo o nell'altro in rapporti con i Casillo, ha presentato richiesta di autorizzazione a procedere nei miei confronti. D'altra parte Galasso ha detto: il potere dei Casillo, la loro capacità contrattuale sia con i cutoliani che con gli alfieriani poggiava e poggia sulla loro capacità di fare aggiustare i processi, di mantenere rapporti con i magistrati. Questo ha consentito loro di restare al di sopra delle due fazioni rispettati da tutti, camorristi e non! "A Foggia i malavitosi sanno bene che i Casillo sono associati ad Alfieri... su Foggia... i Casillo... fanno i porci comodi loro". Gennaro Casillo, padre di Pasquale, attraverso il magistrato Nicola Damiano, di Vico del Gargano (Foggia), aveva fatto aggiustare un processo per omicidio a carico di Carmine Alfieri. A proposito della parentela tra Gennaro e Pasquale Casillo, devo dire che a livello istituzionale mi sono sempre dovuto muovere senza farmi notare: se avessi sottoposto all'attenzione della Commissione il rapporto di parentela tra Gennaro e Pasquale, non saremmo andati oltre una certa data. Basta dire che quando l'Antimafia decise di discutere la relazione sulla Puglia, nel maggio scorso, Casillo, come sempre stranamente informatissimo della nostra attività, fece pervenire tempestivamente una lettera, che è agli atti. In essa il Casillo affermava che non solo non era cugino del camorrista Vincenzo Casillo (come invece risulta anche agli atti del processo contro la moglie di quest'ultimo), ma anche di non conoscere Sciorio, che aveva incontrato occasionalmente con altri commercianti. Risulta invece agli atti del processo contro i funzionari della UIGOS, intentato da Casillo stesso, la lettera di assunzione di Sciorio quale uomo di fiducia dei Casillo (chiedo che venga acquisita dalla Commissione), che lo stesso Sciorio abitava in un appartamento di proprietà dei Casillo, che il suo nome era scritto nel libro paga dei Casillo. Oggi sappiamo anche che proprio grazie a Sciorio il padre di Pasquale e Aniello, Gennaro, otteneva in Sicilia dal boss Bontade il permesso di operare con le navi nel porto di Palermo. Ma un'altra lettera Pasquale Casillo, amico del senatore Patriarca, aveva scritto tempo prima: una lettera indirizzata a Forlani, quale segretario della DC, a Gava, quale ministro dell'interno, e a Vassalli, quale ministro di grazia e giustizia, nella quale, dichiarandosi vittima ingiustificata di persecuzioni da parte mia per una mia interrogazione sull' escalation della criminalità a Foggia, sulla vertiginosa crescita delle ricchezze dei Casillo e sullo strano modo in cui erano stati gestiti alcuni processi, invocava giustizia di partito e punizioni nei miei confronti! Capite allora quali e quante difficoltà ho incontrato. Perché, io nonostante ciò, sono andato avanti. Le capirete meglio se prenderete in considerazione due fatti: il primo relativo a provvedimenti di un sostituto di Foggia, il secondo relativo a quanto sta accadendo dal 26 gennaio a me. Il primo: il sostituto Russetti ha osato emettere mandato di cattura nei confronti dei Casillo per truffa; il provvedimento è stato cambiato nel giro di poche ore; ne è stato emesso un secondo, ma anche questo è stato precipitosamente ritirato. Pag.2686 Veniamo al secondo fatto, quello che mi vede purtroppo oggetto della più ignobile e ben congegnata manovra di eliminazione che si possa realizzare. La storia comincia il 26 gennaio 1993, quando al Vicepresidente dell'Antimafia, onorevole D'Amato, giunge una telefonata di Sasso (il direttore del giornale Roma , di cui Casillo è socio di maggioranza) perché la Commissione, che aveva escluso dalle audizioni Casillo, torni sui suoi passi e ascolti Casillo, pena quello che poi tutti sappiamo è accaduto: la pubblicazione di notizie scandalose sul mio conto. Ricordo che eravamo in aereo diretti a Bari. Parlavo con il senatore Robol quando ne fummo informati dal Presidente. La Commissione aveva già deciso in precedenza di non sentire Casillo e sull'aereo riconfermò tale decisione. Iniziò così la missione dell'attuale Commissione in Puglia. Vi fu un altro tentativo a favore di Casillo, guarda caso fatto dal prefetto (ma a proposito dei prefetti di Foggia dirò in seguito). Fallito ogni tentativo, puntualmente il Roma mette in atto la minaccia. L'articolo viene pubblicato a firma del giornalista D'Angelo da me citato per anni (ormai rinuncio a ricorrere alla querela perché le mie precedenti querele sono state puntualmente rinviate dai giudici fino all'immancabile amnistia). Ma D'Angelo, poco tempo dopo ascoltato dal sostituto Carofiglio, alla domanda perché notizie di sua conoscenza da tempo fossero state pubblicate solo il 29 gennaio, risponde "per pure esigenze di programmazione". E quando il magistrato gli chiede anche spiegazioni circa alcuni punti fondamentali dell'articolo che egli aveva scritto, questo signore risponde che non li sa spiegare o meglio, che non capisce quello che ha scritto. Alla fine dell'interrogatorio quando, dopo aver detto tante altre balordaggini, il D'Angelo stesso spontaneamente ne prende atto e si riconosce colpevole di aver dichiarato il falso, il magistrato Carofiglio gli contesta la falsa testimonianza, articolo 371- bis, ma non lo arresta. Forse perché è un giornalista del Roma ? (e agli atti la lettera spedita da me al Presidente per informare la Commissione di questi fatti). Mi riferisco all'articolo del Roma del 29 gennaio dove si parla di assegni, cambiali e simili falsità infamanti (da me denunciati da tempo, per le quali, come dicevo, dopo sei anni il giudice Di Taranto non ha ancora concluso la prima inchiesta!). Articolo per il quale, come dicevo, ho denunciato D'Angelo. Allego agli atti anche il verbale del suo interrogatorio da cui risulta che ha dichiarato che non sapeva spiegare quello che ha scritto: se uno scrive qualcosa può anche erroneamente attribuirle un significato diverso, ma deve comunque essere in grado di spiegare ciò che intendeva dire. Tornando alle ultime vicende, la sera stessa della nostra presenza in Puglia, la mia segreteria di Bari viene aperta; tutto viene rovistato e distrutto. Avevo già ricevuto minacce mentre ero a Gela, pochi giorni dopo messe in atto con un tentativo di incendiare la mia segreteria di Foggia. Le indagini vengono svolte (con ritardo) guarda caso dal giudice Baldi! Quindi, una serie di segnali che le forze dell'ordine minimizzano. Il responsabile dei fatti, subito preso dopo il clamore suscitato dalla notizia, viene immediatamente liquidato Pag.2687 come un handicappato disoccupato, mentre da facili indagini da me condotte è risultato che non lo è affatto. Evidentemente non ero uno da tutelare ma uno che doveva spaventarsi, fermarsi e tacere. Non mi sono spaventato: vado oltre nella mia battaglia, cercando, nel limite delle mie possibilità, di portare alla luce la verità. Cosa viene fuori? Dall'audizione dell'Antimafia a Foggia si evince che nell'ambito della procura di Foggia, della pretura presso la procura e a livello di tribunale vi sono gravi contrasti, non perché gli uni siano amici e gli altri nemici del Casillo ma per desiderio di potere, di protagonismo e, probabilmente, perché cercano di dividersi il territorio di Foggia. Le dico, signor presidente, che a Foggia qualche magistrato ha già avanzato la candidatura a sindaco, qualcuno al Senato e qualcuno alla Camera. Tornando ai fatti venuti ultimamente alla luce, dopo l'omicidio Panunzio si giunge a sapere, grazie a due imputati del racket pentiti, che i Casillo provvedono economicamente ed all'assistenza legale dei familiari dei detenuti, in particolare di quelli collegati all'omicidio Panunzio. Le stesse rivelazioni vengono fatte a me e al sostituto procuratore Carofiglio da altri che non conoscevano né le dichiarazioni né l'esistenza dei pentiti a Foggia, già nel dicembre 1992. Questi hanno detto in mia presenza a Carofiglio, dopo aver illustrato il ruolo dei Casillo "quali assistenti" delle famiglie del racket, altre cose gravi, confermate in seguito da Galasso: abbiamo saputo tutto, della Sicilia, dei rapporti del gruppo Casillo con Riina e non solo con Bontade e con altri. Cosa ha fatto il sostituto Carofiglio? Quali provvedimenti ha preso? E quali ha preso il procuratore della Repubblica di Bari De Marinis subentrato all'inchiesta? Una cosa è certa, che Carofiglio ha detto a me e al presidente Violante che se non potevano procedere velocemente era responsabilità di De Marinis che rallentava le indagini. Carofiglio è venuto a sapere anche di altri magistrati dei quali ha avuto la conferma di quanto lui già sapeva, dei rapporti del GIP D'Alessandro con i Casillo. E c'è un'altra questione di cui il sostituto Carofiglio ha riferito a me ed al presidente: un giorno la D'Alessandro ha allontanato i poliziotti della scorta. Questi l'hanno ugualmente seguita e l'hanno vista salire su un'auto la cui targa viene annotata dalla scorta. L'auto risulterà di un pregiudicato. Carofiglio ed ha detto altro: la D'Alessandro, con una furbizia tecnica, stava quasi facendo scarcerare gli imputati dell'omicidio Panunzio, se non fosse intervenuta la Direzione distrettuale antimafia di Bari, sollecitata dai sostituti D'Amelio e Lucianetti, titolari dell'inchiesta. Su questi altri fatti gravi quali iniziative ha preso Carofiglio? E quali il procuratore di Bari De Marinis? Come vedete il mio lavoro aveva raggiunto notevoli risultati. Ma proprio quando gli obiettivi erano vicini, ecco che mi cade addosso un colpo terribile, molto ben orchestrato: due avvisi di garanzia relativi all'inchiesta ANAS per fatti ai quali sono ancora una volta assolutamente estraneo. Ad accusarmi sono un certo Lalli ed il cognato Di Corato, titolare di una grossa e nota impresa di Trani, che è amico del dottor Mele, procuratore della Repubblica di Roma, che Di Corato stesso Pag.2688 mi ha presentato ad una cena, alla quale hanno partecipato due sostituti procuratori della Repubblica di Roma, il generale dei C.C. Pisani (ai carabinieri Di Corato ha fatto per la prima volta il mio nome che in precedenti interrogatori non eisteva) ed altri; ad accusarmi è Di Corato, che mi ha caldamente pregato di sostenere (febbraio 1993) le aspirazioni ad aggiunto alla Procura di Roma del sostituto Armati, responsabile del pool che indaga sull'ANAS che interrogava l'imprenditore; Di Corato, dicevo, che, come il cognato Lalli, è amico di De Marinis, procuratore della Repubblica di Bari, direttore della procura distrettuale antimafia, che si stava occupando dell'omicidio Panunzio, accusato in seguito dal pentito Annacondia, ma già noto per i suoi rapporti di amicizia con grossi imprenditori. Di Corato mi mostrò copia di un telegramma inviato al Ministero dei lavori pubblici da De Marinis, nella veste di procuratore della Repubblica di Bari, per sollecitare i lavori della Foggia- Cerignola. Anche a me chiese, quale parlamentare della zona, di sollecitare l'affidamento di tali lavori. Io lo feci. Si tratta di una strada di grande traffico i cui lavori di ampliamento erano stati già per metà affidati e quasi ultimati. La necessità era reale, tanto che ripetute sollecitazioni erano state fatte a me dal direttore del Santuario dell'Incoronata (che si trova lungo la strada e che è meta di un intenso pellegrinaggio, persino a piedi e dalla Lucania) ed al Ministero da parte del Prefetto di Foggia. E comunque i lavori non furono affidati. Ripeto: Di Corato mi ha mostrato quel telegramma. Vari sono i fatti strani in questa vicenda: Di Corato, sin dal primo interrogatorio nel corso del quale, non menzionandomi, indica non solo chi ha pagato ma quanto, descrivendo un sistema del quale comunque è compartecipe e beneficiario per appalti truffaldini, Di Corato, l'amico di Mele e Pisani, che chiede a me favori per miglioramenti di carriera per il magistrato Armati che lo interroga, risulta parte lesa, sebbene abbia ricavato dal sistema utili altissimi che il magistrato avrebbe potuto agevolmente e rapidamente accertare; nell'inchiesta ANAS si parla di decine di miliardi, Prandini aveva numerosi amici parlamentari, in tutta Italia: Armati e Martellino trovano solo me, da tempo non più vicino a Prandini, su indicazione del loro amico Di Corato e di suo cognato Lalli. Di Corato aveva rapporti tangentizi consolidati con Crespo, il direttore generale dell'ANAS, per l'affidamento dei lavori, da sempre, come ambedue ammettono nel corso degli interrogatori: che necessità aveva di rivolgersi a me, che da anni mi ero schierato con Segni, non conoscevo il direttore generale come Crespo stesso ha dichiarato - né ero membro della Commissione lavori pubblici? Come poteva darmi miliardi e non sentire il bisogno di garantirsi avvertendo il "compare", visto che Crespo, quale direttore generale sarebbe venuto comunque a sapere dell'affidamento dei lavori. Insisto: poteva mai Di Corato scavalcare l'uomo più potente del Ministero al quale era legato da un patto rodatissimo di do ut des che scorreva liscio come l'olio, al quale poi sarebbe toccato il Pag.2689 compito di deliberare i lavori e che lo stesso ministro non poteva ignorare, visto che toccava a Crespo proporre al Consiglio di amministrazione l'affidamento? Altra strana vicenda: prima che mi giungesse l'avviso di garanzia, una persona che si trovava in difficoltà economiche, sollecitata varie volte dall'autista di Pasquale Casillo, si reca nel suo ufficio e si vede offrire dal Casillo fidi facili e lavoro se gli fornisce prove compromettenti a supporti delle notizie scandalose fatte pubblicare contro di me dal D'Angelo sul Roma del 29 gennaio. Di fronte al rifiuto, Casillo fa una telefonata e chiede di una certa persona, facendone il nome: Imperato. Dopo un breve colloquio, soddisfatto si rivolge alla persona che aveva respinto le sue proposte disoneste dicendogli: "Il tuo amico è servito". Pochi giorni dopo giunge l'avviso. Allego agli atti della Commissione la testimonianza del protagonista di questa vicenda, autografa e sottoscritta. Ora io chiedo: è possibile arrestare il fenomeno malavitoso se quelli che lo combattono vengono lasciati soli mentre quelli preposti alla lotta collaborano con la malavita ed eliminano gli ostacoli e gli uomini che costituiscono ostacolo? Fatto sta che a Foggia hanno fatto in modo che Pasquale Casillo venisse prosciolto prima che fossero avviati i processi. L'unico troncone di indagine ancora in piedi è quello della Guardia di finanza di Napoli; ma sono trascorsi circa quattro anni e non sappiamo ancora a quali risultati sia pervenuta. E' giusto però dire che in un rapporto della Guardia di finanza è stato scritto che nei depositi, di grano, i Casillo non ne avevano nemmeno l'ombra e che (in altri rapporti della guardia di finanza di Foggia e di Bari) i bilanci delle aziende erano manipolati al fine di ottenere i contributi AIMA e che il grano dei Casillo era oggetto di strani spostamenti. Per la verità, l'idea del grano, perché a spostarsi erano i TIR vuoti. Ma, per quanto strani, questi viaggi non insospettivano la procura di Foggia, che non riteneva di doversi chiedere perché mai degli imprenditori trasferiscono da un'azienda all'altra della stessa holding merce inesistente con tanto di bolletta di accompagnamento! Si tratta della famosa merce virtuale, per la quale non è mai successo nulla, anche se a saperlo erano proprio in tanti e non era difficile trovarne la spiegazione. Signor Presidente credo che la gente debba sapere per intero come siamo gestiti a Foggia. Abbiamo sostituti procuratori che si sbranano tra di loro e GIP coinvolti in rapporti inquietanti. Non credo che quanto sto dicendo debba solo restare agli atti e rappresentare uno sfogo. I fatti da me denunciati sono gravissimi; ritengo che la Commissione debba intervenire. Qualcosa bisogna fare. Ho fatto le mie denunce al CSM, dove degli ispettori si occupano proprio di queste vicende; speriamo che tale intervento produca più di un trasferimento. Altrimenti perderemmo ogni credibilità. Qualche altra considerazione a proposito delle responsabilità: va preso in serio esame, una volta per tutte, l'atteggiamento degli organi di informazione. A Foggia, per dieci anni, per la maggior parte hanno svolto (e continuano a svolgere) un ruolo di cassa di risonanza della volontà del potente di turno. Pag.2690 Bisogna inoltre dire, sebbene oggi possa risultare banale, che maggiore attenzione va rivolta anche e soprattutto al ruolo svolto dal mondo politico. A Foggia è quasi interamente asservito, attraversato da contrasti e vuoti di potere. Eppure, è riuscito a far tacere parte della magistratura, o coinvolgendola nella gestione della cosa pubblica (con incarichi di varia natura, sia prestigiosi sia ben remunerati) o assecondandone le richieste. E i prefetti? Alcuni erano "inguaiatissimi" in cene sociali, feste da ballo e balli di beneficenza; non hanno avuto il tempo per pensare alla camorra e, all'antimafia, hanno sistematicamente dichiarato che quel poco che accadeva era legato alla malavita locale. Altri hanno fatto di più. L'attuale prefetto, appena ricevuta da Roma la notizia delle audizioni preordinate dall'antimafia, si precipita ad avvertire il grande escluso, Pasquale Casillo, ed a consigliargli di indire la riunione dell'Associazione Industriale e di far perorare la sua causa dall'Associazione stessa. Di fronte a tutto questo che fare? Molto è già stato fatto ed ha prodotto buoni risultati: la creazione di organismi sovrarregionali, un maggiore e migliore coordinamento degli interventi, una maggiore e migliore collaborazione tra i vari organi istituzionali, tra gli uomini. Anche questa Commissione può dire di avere lavorato molto e, diciamolo pure, bene; coordinandosi con gli altri organi e collaborando con le scuole. Ma non basta. Dicevo all'inizio che siamo oggi in grado di procedere più concretamente ed incisivamente! Bisogna chiedere al Consiglio superiore della magistratura che si riesaminino i processi e le sentenze su fatti e persone su cui sono emersi altri dati nel corso del nostro lavoro. Bisogna che il CSM non interrompa l'inchiesta quando un magistrato indagato chiede - ed ottiene! - di essere trasferito. Bisogna che il Consiglio superiore della magistratura non smetta di accertare le responsabilità quando un magistrato indagato va in pensione! Bisogna proporre al Parlamento di produrre una legge per la quale quanti preposti alla lotta al crimine, per paura o per collusione, non fanno il loro dovere, qualunque ruolo svolgano, vengano mandati a casa. Altro che trasferiti ad inquinare altri territori! Bisogna trovare il modo per estendere a tappeto i controlli patrimoniali. Bisogna affrontare la questione della politica bancaria dei crediti; ma intanto si controlli non solo il costo del denaro, come ha detto D'Amato, ma anche se i mutui sono concessi in eccesso rispetto alle garanzie, a chi vengono concessi e grazie a quali intermediari. Quante imprese spariscono assorbite dalla grande impresa mafiosa e camorristica che "aiuta" il piccolo in difficoltà prestandogli denaro in attesa del mutuo promesso dal direttore di banca compiacente! Il mutuo puntualmente non arriva e l'imprenditore, non essendo in grado di restituire la somma, è costretto ovviamente a cedere l'azienda al mafioso. Bisogna intensificare il rapporto con la scuola, offrendo ai giovani informazioni adeguate e punti di riferimento morale perché essi scelgano giusti modelli di comportamento. Bisogna non stancarsi Pag.2691 mai di andare in mezzo a loro a portare un messaggio forte di esperienza e di fiducia; bisogna istituzionalizzare il rapporto con i docenti. Bisogna incoraggiare e sostenere con azioni concrete quanti hanno il coraggio di lottare, di denunciare, di collaborare. Il testimone oculare dell'omicidio Panunzio che, per aver parlato, fiducioso nella giustizia, ha dovuto cambiare identità, lasciare la sua terra, i parenti, gli amici, il lavoro, la casa realizzata con tanti sacrifici, è stato abbandonato al punto che, quando disperato mi ha chiesto aiuto mi ha confessato che con la moglie era sull'orlo del suicidio. Di fronte alle minacce non possiamo pretendere eroi e quando gli eroi vi sono, non possiamo lasciarli ammazzare: la gente deve essere aiutata nella misura in cui sostiene la battaglia. Chiedo scusa se non riesco a restare freddo, ma pago da otto anni, dal 1985. Pago pesantemente e non credo che sia giusto! Se avessi sbagliato, sarebbe giusto pagare, ma se non ho sbagliato, responsabili delle mie sofferenze non sono solo quelli che stanno tentando di liberarsi di me perché ho colpito i loro interessi, ma anche quelli che, sapendo della mia innocenza e della mia lotta, mi lasciano solo. Di tutto quanto ho detto consegnerò prove ed atti alla Commissione. Grazie. Pag.2692 Pag.2693 DOCUMENTI CONSEGNATI DALL'ONOREVOLE FRANCESCO CAFARELLI Pag.2694 Pag.2695 Lettera autografa inviata all'onorevole Francesco Cafarelli dal signor Domenico Fiano Pag.2696 Pag.2697 ... (omissis) ... Pag.2698 ... (omissis) ... Pag.2699 ... (omissis) ... Pag.2700 Pag.2701 Lettera inviata dall'onorevole Francesco Cafarelli al presidente della Giunta per le autorizzazioni a procedere della Camera dei deputati Pag.2702 Pag.2703 ... (omissis) ... Pag.2704 ... (omissis) ... Pag.2705 ... (omissis) ... Pag.2706 ... (omissis) ... Pag.2707 ... (omissis) ... Pag.2708 ... (omissis) ... Pag.2709 ... (omissis) ... Pag.2710 ... (omissis) ... Pag.2711 ... (omissis) ... Pag.2712 ... (omissis) ... Pag.2713 ... (omissis) ... Pag.2714 ... (omissis) ... Pag.2715 ... (omissis) ... Pag.2716 ... (omissis) ... Pag.2717 ... (omissis) ... Pag.2718 ... (omissis) ... Pag.2719 ... (omissis) ... Pag.2720 ... (omissis) ... Pag.2721 ... (omissis) ... Pag.2722 ... (omissis) ... Pag.2723 ... (omissis) ... Pag.2724 ... (omissis) ...