Pag.2757 PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE indi DEL VICEPRESIDENTE PAOLO CABRAS INDICE Audizione del senatore Francesco Mazzola, Sottosegretario di Stato pro tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri: Violante Luciano, Presidente 2759, 2760, 2761, 2762 2763, 2767, 2768, 2769, 2771, 2773, 2774, 2775 2776, 2777, 2778 Brutti Massimo 2765, 2767 Butini Ivo 2772 Cabras Paolo 2769 Cappuzzo Umberto 2768, 2770, 2771, 2775, 2776, 2777 D'Amato Carlo 2769, 2770, 2775, 2776 Florino Michele 2772, 2773 Frasca Salvatore 2763, 2764, 2765 Galasso Alfredo 2761, 2762, 2763, 2768 Matteoli Altero 2775, 2777 Mazzola Francesco, Sottosegretario di Stato pro tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri 2759, 2760 2761, 2762, 2763, 2764, 2765, 2766 2767, 2768 2771, 2774, 2775, 2777 Tripodi Girolamo 2762, 2767, 2768 Audizione dell'onorevole Virginio Rognoni, Ministro dell'interno pro tempore: Violante Luciano, Presidente 2778, 2779, 2780, 2783 2786, 2788, 2789, 2790 Brutti Massimo 2780, 2782 Cabras Paolo 2779 Cappuzzo Umberto 2787, 2788 D'Amato Carlo 2782, 2788 Florino Michele 2788 Frasca Salvatore 2785, 2786 Matteoli Altero 2783, 2784 Rognoni Virginio, Ministro dell' Interno pro tempore 2778, 2779, 2780 2781, 2782, 2783, 2784, 2788, 2789 Comunicazioni del presidente: Violante Luciano, Presidente2790 Determinazione in ordine alla pubblicità di alcune parti dell'audizione della seduta del 17 settembre 1993: Violante Luciano, Presidente 2790 Seguito della discussione della relazione sulla criminalità in Puglia: Cabras Paolo, Presidente 2792, 2795 2796 2797, 2799, 2800 D'Amato Carlo 2794, 2797, 2799 Florino Michele 2792, 2794, 2795 Matteoli Altero 2796, 2797 Sui lavori della Commissione: Violante Luciano, Presidente 2791 D'Amato Carlo 2791 Frasca Salvatore 2791 Pag.2758 Pag.2759 La seduta comincia alle 9,30. (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente). Audizione del senatore Francesco Mazzola, sottosegretario di Stato pro tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri. PRESIDENTE. Abbiamo con noi il senatore Francesco Mazzola, al quale abbiamo chiesto di essere qui per la vicenda relativa al sequestro Cirillo. A noi non interessa ricostruire complessivamente la vicenda, perché questo non è nei compiti della Commissione; ci interessa piuttosto capire il rapporto che si è svolto, se si è svolto un rapporto, tra apparati istituzionali, apparati pubblici e camorra. Ci è stato detto dall'ex vicedirettore del SISDE, attuale capo della polizia, che il senatore Mazzola, allora sottosegretario con delega ai servizi di sicurezza, venne informato sia del rapporto avviato con Cutolo sia della dismissione di questo rapporto da parte del SISDE e poi dell'ingresso di altro soggetto, cioè il SISMI. Può il senatore Mazzola informare la Commissione su tale questione specifica, perché questa a noi interessa? Capisco il tempo passato e le dichiarazioni già rese, ma a noi interessa soltanto questo aspetto. FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Vorrei premettere che questa vicenda ha assunto un significato particolare e importante successivamente al momento in cui si svolse, perché quello in cui si svolse era un momento particolarissimo di impegni e di eventi, che vorrei brevissimamente ricordare solo per rendere evidente alla Commissione che cosa accadde durante quei due mesi (per me furono due mesi, perché il sequestro di Cirillo si concluse, se non ricordo male, alla fine di luglio ma nel frattempo vi era stata la crisi di governo e dal 2 luglio io non ero più sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega per i servizi perché era subentrato il Governo Spadolini, nel quale il Presidente del Consiglio non aveva conferito delega ad alcun sottosegretario). In quel periodo noi avemmo (me lo sono annotato perché sarebbe stato difficile ricordare tutto a memoria), dal 27 aprile al 2 luglio 1981 (ossia nel periodo interessato), il sequestro Taliercio, il sequestro del fratello di Patrizio Peci, l'attentato a Papa Giovanni Paolo II, l'uccisione del commissario di pubblica sicurezza Vinci, il ferimento dell'avvocato di Patrizio Peci, il rapimento dell'ingegner Sandrucci; poi si svolsero le elezioni amministrative, il referendum sull'aborto e tutta l'indagine relativa alla lista della P2, che era contestuale. Personalmente, affrontai in quel periodo due dibattiti in Parlamento sul caso Cirillo e sulla P2, oltre a tre dibattiti nel Comitato parlamentare per il controllo sui servizi di sicurezza sulla questione della P2. Dico questo per sottolineare che in una situazione del genere l'attenzione che fu dedicata al sequestro Cirillo era un'attenzione necessariamente limitata da questa contestualità di fatti. Venendo alla domanda specifica, fin dal primo giorno del sequestro noi fummo informati, alla Presidenza del Consiglio, che i servizi, e in specie il Pag.2760 SISDE, in base ad una direttiva di carattere generale che era stata emanata dal Presidente del Consiglio precedente (credo si trattasse di Cossiga, se non addirittura di Andreotti, non ricordo bene, ma non proveniva dal Governo Forlani, allora in carica), si sarebbe attivato alla ricerca di notizie all'interno delle carceri, perché si era già determinato, fin da tempo prima, in base ad una serie di informative fatte dai servizi, che si stava verificando un fenomeno di connessione sempre più stretta fra il terrorismo e la criminalità comune. Si era quindi ritenuto opportuno indicare specificamente l'ambiente carcerario come un ambiente all'interno del quale effettuare operazioni di raccolta di notizie per cercare di arrivare alla radice o ad avere notizie più precise su queste connessioni, di cui si andava dicendo, sempre più strette tra terrorismo e criminalità comune. Quindi, il SISDE si attivò all'interno delle carceri. Dopo alcuni giorni (non posso ricordare esattamente quanti) ... PRESIDENTE. Si parlò di criminalità comune o specificamente di camorra? FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Si parlò di criminalità comune. Dopo non molti giorni (direi nove, dieci, undici, massimo una dozzina di giorni, ora non ricordo la data precisa ma comunque si trattò di un lasso di tempo breve) ci venne comunicato dai due vicedirettori che sostituivano di fatto i due direttori sospesi dal servizio perché risultati iscritti nella lista della P2 (Santovito fu sostituito da Mei e Grassini da Parisi) che, essendosi determinato che il SISMI aveva più possibilità di ottenere notizie perché disponeva di canali più adeguati, i due servizi, d'intesa, stabilirono che della questione si sarebbe occupato non più il SISDE ma il SISMI. Questo ci fu comunicato. PRESIDENTE. Da chi? Ricorda da quale persona fisica? FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Non ricordo da quale dei due, ma credo da tutti e due ... Fu detto che era intervenuta un'intesa tra di loro; può darsi che fosse addirittura il prefetto Pelosi, anzi il prefetto Maiello, che sostituiva il prefetto Pelosi, anch'egli sospeso per la questione della P2. Adesso non ricordo se fu il CESIS o furono loro, ma comunque ci dissero che d'intesa tra loro avevano ritenuto che fosse più opportuno che se ne occupasse il SISMI perché aveva dei canali più adeguati. PRESIDENTE. Lei da chi aveva ricevuto il primo avviso che si prendeva contatto con la criminalità comune? FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Era un fatto quasi automatico, perché ci dissero subito ... PRESIDENTE. Quando lei afferma "ci dissero" a chi si riferisce? Fu il SISDE a riferire a lei? FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri. All'inizio sì. Il SISDE disse: "Noi ci attiviamo perché riteniamo che in base alla direttiva sia utile raccogliere informazioni nelle carceri". PRESIDENTE. In questo quadro, venne fuori che, essendo stato commesso il fatto a Napoli, città in cui la camorra era abbastanza forte, sarebbe stato utile andare in quella direzione, oppure fu soltanto una cosa generica? FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri. No, fu una cosa generica. Debbo dire che quando vi fu la comunicazione che se ne sarebbe occupato non più il SISDE ma il SISMI, questa fu fatta in base anche ad una Pag.2761 direttiva di carattere generale, che era allora in vigore, per la quale ... PRESIDENTE. C'era il sussidio reciproco. FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri. ... c'era il sussidio reciproco in attesa che il SISDE avesse un'organizzazione completa per potersi occupare esclusivamente lui delle questioni della sicurezza democratica. Questa comunicazione ci venne fatta ma non ci si parlò di camorra né tanto meno di Cutolo (questo avvenne il decimo-dodicesimo giorno); successivamente non vi furono più comunicazioni specifiche sulla vicenda: su quest'ultima, che era un sequestro in atto, non ci fu più un'informazione continua perché questa non avveniva mai. Oltretutto in quel caso non avvenne perché - lo ripeto - in due mesi ogni cinque o sei giorni si poneva una questione nuova; ma anche da un punto di vista generale, non avveniva che i servizi riferissero costantemente su queste operazioni avviate, perché in effetti la funzione del sottosegretario non era quella di seguire le operazioni gestionali dei servizi. PRESIDENTE. I ministri erano stati informati? FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Penso di sì, perché così come l'hanno detto alla Presidenza del Consiglio debbo ritenere che l'abbiano detto ai ministri. Adesso non ricordo se la comunicazione, oltre che orale, fu anche scritta. Ricordo sicuramente che fu orale; se fu anche scritta dovrebbe esservene traccia negli atti del CESIS. In genere la comunicazione portava in calce l'indicazione se i ministri erano informati; se a me mandavano una notizia, sotto c'era scritto "ministro dell'interno informato" oppure "ministro della difesa informato". Reciprocamente, la notizia che veniva inviata al ministro dell'interno doveva portare in calce l'indicazione "Presidenza del Consiglio informata". Non ricordo - lo ripeto - se la notizia fu comunicata anche per iscritto, mentre ricordo con certezza che venne comunicata verbalmente. Se comunque fu trasmessa anche per iscritto dovrebbe risultare dagli atti del CESIS. ALFREDO GALASSO. Desidero esprimere, se mi è consentito, senatore, una certa stupefazione per il contrasto tra la gravità del fatto e la superficialità di questo rapporto tra SISDE, SISMI e così via nella vicenda. Il SISDE e il SISMI si mettono d'accordo perché devono proseguire nella ricerca, se non ho capito male, di informazioni dentro il carcere attraverso i criminali comuni che si diceva potessero avere rapporti con i terroristi, i brigatisti, in quell'occasione. FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Non in quell'occasione, in generale. ALFREDO GALASSO. In generale e comunque a proposito di notizie di questo genere. Non vi fu un appuntamento per un'informativa ulteriore man mano che questa vicenda si andava sviluppando? Lei ha fatto riferimento al 2 luglio, ma dal 29 aprile al 2 luglio il periodo è abbastanza lungo. Non vi fu un'informativa del SISDE o del SISMI o di entrambi su che cosa era successo? Sappiamo che poi alcuni agenti andarono nel carcere di Ascoli Piceno e si incontrarono con Cutolo. Questa iniziale idea di raccogliere notizie deve avere avuto quindi degli sviluppi, perché dalla raccolta delle notizie al rapporto non più con i criminali comuni ma con la banda Cutolo ecol suo capo deve essere successo qualcosa. SISMI e SISDE andarono avanti per conto loro perché voi avevate altro di cui occuparvi, visto che era un periodo particolarmente Pag.2762 tormentato per l'ordine pubblico: questo mi sembra francamente piuttosto incredibile. FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri . Onorevole Galasso, la legge n. 801 del 1977 non prevede che il Presidente del Consiglio o, per esso, il sottosegretario delegato, svolga un'azione di controllo sulle operazioni dei servizi, ma una funzione di direzione politica e di controllo sulla osservanza delle direttive che la Presidenza del Consiglio emana ogni anno. Nella vicenda di specie, una volta assodato (perché ce lo comunicarono) che il SISMI era subentrato al SISDE nell'operazione di ricerca di notizie sui rapporti tra criminalità comune e terrorismo nel caso Cirillo, non vi era da parte dei servizi nessuna esigenza di informare la Presidenza del Consiglio delle fasi di tale operazione, se non alla sua conclusione, come avveniva del resto in tutti i casi. Vorrei fosse chiaro alla Commissione che la rilevanza della vicenda Cirillo è emersa anni dopo; per noi esso era un sequestro come un altro, come gli altri due che erano in corso nello stesso periodo, quello di Taliercio e quello di Sandrucci. Non era ancora "il sequestro Cirillo"!. Vorrei che questo fosse evidente; soltanto successivamente tale vicenda è diventata "il sequestro Cirillo". Dopo la sua liberazione, negli anni successivi, è emersa la rilevanza della vicenda, ma allora per noi esso era un sequestro come gli altri due che in quel momento erano in corso. Tra l'altro, essendo continuamente, tutti i giorni, sotto tiro con questioni di vario genere, non dedicammo al caso Cirillo nessuna attenzione particolare. ALFREDO GALASSO. Eravate in un altro mondo? FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri . Ma come in un altro mondo! I fatti vanno valutati in relazione all'epoca in cui si sono svolti! ALFREDO GALASSO. Ed io mi riferisco a quell'epoca! PRESIDENTE. Vorrei fornire un elemento di conoscenza alla Commissione; lei, senatore Mazzola, afferma che foste informati prima dell'avvio, poi del passaggio SISDE- SISMI, e poi più nulla. Vorrei ricordarle che in un'audizione presso la Commissione stragi, nella seduta del 27 aprile 1989, lei affermò... FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri . Quello che ho dichiarato allora, lo confermo oggi, sia ben inteso! PRESIDENTE. Per chiarezza, trattandosi di fatti accaduti molti anni fa, do lettura delle dichiarazioni da lei rese in quella sede: "Per quanto riguarda Musumeci debbo dire che questi rappresentava per me un mistero, perché nella mia attività di sottosegretario ai servizi l'ho visto una sola volta, ed esattamente durante il caso Cirillo. Più specificamente Musumeci venne da me, insieme al dottor Maiello, vice del prefetto Pelosi, quando ormai Santovito era in congedo ordinario, per dirmi che le attività relative al sequestro Cirillo promettevano bene, che c'erano speranze di identificare il covo e di liberare l'ostaggio. Questo poteva accadere all'incirca nella prima metà..." GIROLAMO TRIPODI. Allora c'era, si occupava... Può capitare, dopo anni... Chiedessero a noi cosa facevamo nel 1989 non sapremmo rispondere. Proseguo: PRESIDENTE. "Questo poteva accadere all'incirca nella prima metà del giugno 1981; Musumeci faceva parte della lista P2 e venne poi messo in congedo, come tutti gli appartenenti all'elenco, il 21 giugno 1981". Pag.2763 Quindi, su questa vicenda vi è stato un altro contatto di Musumeci il quale, nella metà di giugno del 1981, dichiarò che le trattative stavano andando avanti. FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri . Adesso ricordo, ma devo dire sinceramente che prima non lo ricordavo; tra l'altro non ho neanche avuto il tempo materiale di rileggere quella deposizione. Credo di aver dimenticato di precisare che ovviamente tutto quello che ho affermato presso la Commissione stragi, in un epoca in cui la memoria era più vicina, lo confermo. PRESIDENTE. Quindi, Musumeci venne da lei... FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri . Sì. Veramente, per me Musumeci è un mistero, e lo dissi al magistrato che indagava sul super SISMI, di cui non ricordo il nome. PRESIDENTE. Credo fosse Sica. FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri . Forse era Sica. Per quanto ne sapevo io, questo personaggio, salito agli onori della cronaca successivamente, non aveva nessun ruolo particolare all'interno del SISMI. Io non l'avevo mai visto, e quella è stata la prima volta che lo vidi. Non era un direttore di sezione, e quelli con cui trattavo erano Santovito e Notarnicola... PRESIDENTE. E a che titolo venne? FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri . Probabilmente perché lui si occupava di quella vicenda; venne accompagnato dal prefetto Maiello, che era il vice di Pelosi. E' probabile che se fosse venuto da solo non lo avrei ricevuto. ALFREDO GALASSO. Pelosi chi era? FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri . Era il segretario generale del CESIS. PRESIDENTE. Anche lui iscritto alla P2 e, quindi,... FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri . E quindi in congedo, cioè sospeso dalle sue funzioni. PRESIDENTE. Posto poi in congedo da Forlani. ALFREDO GALASSO. In sostanza, mi pare di capire che dal momento in cui si ha notizia che della vicenda se ne occupa il SISMI, perché ha più possibilità del SISDE, tutto quello che è avvenuto, in maniera assolutamente "deviata" rispetto al programma originale di ricerca di notizie, è sfuggito, è avvenuto senza nessun controllo politico. FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri . Certo, perché se ci fosse stata la comunicazione che stavano facendo altro rispetto a quello che dovevano fare, e cioè ricercare notizie, quanto meno avrei sollevato la questione. ALFREDO GALASSO. Resta il fatto che in carcere ci sono entrati; qualcuno deve avergli dato il permesso. FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri . Non certo la Presidenza del Consiglio; lei è avvocato come me e sa che non è certo la Presidenza che può rilasciare permessi per entrare in carcere. SALVATORE FRASCA. Socrate diceva: "Sono amico di Platone, ma maggiormente amico della verità"; io sono amico del senatore Mazzola, ma voglio essere Pag.2764 maggiormente amico della verità parlamentare. Perciò desidero rivolgergli alcune domande alla stregua dei risultati del lavoro svolto nella precedente legislatura dalla Commissione stragi, delle audizioni svolte da questa Commissione e delle affermazioni di pentiti rese recentemente alla Commissione stessa. Comincio con la parte politica. Il pentito Galasso ha dichiarato una prima volta e ripetuto una seconda volta che a lui risulta che uomini politici hanno avuto contatti con il signor Cutolo nel carcere di Ascoli Piceno. E' risultata vera a lei ed al Governo tale notizia? Questo è il primo dei misteri da sciogliere. Dalle audizioni del prefetto Parisi e del generale Mei è emerso che il contatto con la delinquenza organizzata, la camorra, era finalizzato alla individuazione della prigione in cui era in ostaggio Cirillo e, quindi, alla sua liberazione, ed alla cattura dei responsabili del sequestro. Per raggiungere tale obiettivo si mobilitò in un primo momento il SISMI e, successivamente, quando quest'ultimo si accorse che il SISDE poteva fare meglio e di più ... FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri . No, è il contrario. SALVATORE FRASCA. Esattamente il contrario; quindi, dicevo, l'operazione passò al SISMI che poteva operare meglio in quanto più qualificato professionalmente, anche perché disponeva di uomini che avevano condotto indagini del genere. Accadde che quest'ultimo incaricò alcuni funzionari di prendere contatti con il signor Cutolo nel carcere di Ascoli Piceno e che essi si sono avvicendati, intrattenendo colloqui con lo stesso Cutolo per 5-7 ore. Ad un certo momento - si dice - anche il SISMI si è messo in disparte ed altri personaggi, che non si sa se siano del mondo politico, ma si ritiene che appartengano ad esso, si sono messi in circuito per condurre una trattativa diretta. Da quanto ha dichiarato il prefetto Parisi risulta che al momento del passaggio dal SISDE al SISMI vi fu una riunione presso la direzione generale degli istituti di prevenzione e pena del Ministero di grazia e giustizia, di cui era direttore il dottor Sisti. In quel momento si chiese da parte del SISMI, ma con il consenso del SISDE, di far frequentare a funzionari dei servizi segreti il carcere di Ascoli Piceno. Come è possibile che tutto questo sia rimasto a livello di funzionari? Senatore Mazzola, questa tesi non può essere accettata, tanto più che viene smentita dal prefetto Parisi il quale ha dichiarato che i ministri competenti - ed io ritengo anche lei, che in quel momento rappresentava il Presidente del Consiglio dei ministri e coordinava l'attività dei servizi venivano informati sistematicamente. Quindi non vi è dubbio che vi sia stato l'avallo delle forze politiche governative del tempo, alle quali, in caso contrario, dovremmo dare una patente di imbecillità. E' una cosa che non vogliamo fare, perché abbiamo stima e rispetto dell'intelligenza politica di coloro che in quel momento erano Presidente del Consiglio, ministri e sottosegretari di Stato. Quindi, non è il caso di lavarsi le mani, ma di aiutare il Parlamento a capire quello che è accaduto e, soprattutto, a stabilire come sia stato possibile che nell'ambito dei colloqui, delle indagini e delle visite effettuate presso il carcere di Ascoli Piceno, si siano potuti inserire uomini politici che a giudizio di un certo pentito, ascoltato dalla Commissione, dovrebbero essere Tizio, Caio e Sempronio (non mi piace citare i nomi, perché il problema non è di natura personale). Senatore Mazzola, da tutto questo emerge una profonda verità e cioè che è stata cambiata la linea del Governo e della maggioranza che lo sosteneva, perché dalla tesi della fermezza si è passati a quella della trattativa. Voglio precisare che per quanto mi riguarda, in quel momento, appoggiavo la linea del mio partito che era quella per il negoziato, la trattativa, ma - ripeto - la maggioranza del tempo, la chiesa comunista e la chiesa Pag.2765 cattolica di allora, erano orientate in senso contrario. Poiché quella maggioranza era favorevole alla tesi della fermezza, desidero sapere chi ha cambiato la linea politica, e come ciò sia potuto avvenire al di fuori delle istituzioni dello Stato abilitate - se mai - a modificarla. FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri . Non ho ben capito la sua domanda senatore Frasca, mi pare che lei si sia limitato ad esporre le sue opinioni, la sua teoria, sul caso Cirillo... SALVATORE FRASCA. Non sono le mie opinioni: questo è quanto è emerso fino ad ora. L'ultimo commento esprime una mia opinione, ma quello che ho detto è dimostrato dalle indagini. FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri . Si immagini, senatore Frasca, se il sottoscritto, che ha avuto una parte, sia pure di minor rilievo, nella vicenda dell'onorevole Moro, e che ha subito sulla propria persona la tragedia della politica della fermezza nei suoi confronti, avrebbe cambiato linea nei confronti di Cirillo, che non sapevo nemmeno chi fosse! Questo mi indigna perché, le ripeto, se avessimo dovuto trattare, lo avremmo fatto per l'onorevole Moro, e non per Cirillo! Quindi non vi fu nessun cambiamento di linea da parte del Governo sulla questione Cirillo; se qualcuno ha trattato per conto proprio lo ha fatto a tale titolo, ma non rappresentava il Governo della Repubblica. Se poi lei dice che devo scegliere tra la qualifica di imbecille e quella di manutengolo della direzione dei servizi, preferisco mille volte essere considerato imbecille. MASSIMO BRUTTI. In occasione della prima riunione del Comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica, che si tenne dopo il sequestro Cirillo, vi fu un intervento del sottosegretario Sanza, il quale, in sostanza, può considerarsi il punto di avvio dell'attività volta a ricercare tutti i canali di comunicazione con la criminalità organizzata, soprattutto nella zona di Torre del Greco, dove era forte la camorra di Cutolo, per contribuire a sbloccare la situazione del sequestro. Sanza dice: in quella zona c'è un'alta densità criminale, attiviamo tutti i canali possibili. Può considerarsi questo l' input politico, dal quale poi attraverso una serie di passaggi si giunge al rapporto con Cutolo e alla trattativa. Voglio sottolineare il fatto che Cutolo non poteva avere alcun interesse a collaborare in ordine a questa vicenda se non in funzione di una trattativa. Quindi l'approccio a Cutolo è inevitabilmente e necessariamente l'apertura di una trattativa. Ora, lei dinanzi alla Commissione stragi dichiarò che, correttamente e secondo le previsioni normative, non veniva convocato a quelle riunioni del Comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica. Mi chiedo però: è possibile che lei, con la responsabilità che aveva, non ebbe affatto notizia di questa prospettiva? Se non ha avuto notizia, vuol dire che non l'ha avuta... Ma non se ne parlò affatto? Non si discusse sulla possibilità di attivare canali in direzione della criminalità organizzata? Ella non fu informato minimamente di questo? Se la risposta è "no", ci fermiamo qui perché è inutile continuare a "sondarla" e a chiederle informazioni in ordine a vicende sulle quali ella non ha svolto alcun controllo in quei giorni. Questo è il primo punto. Il secondo riguarda invece l'altro aspetto di quanto ci hanno detto Parisi e Mei, ed è un aspetto molto delicato. Mi pare che essi dicano entrambi che fino ad un certo punto c'è stata un'attività dei servizi (prima del SISDE e poi del SISMI) perché ad un determinato momento è subentrato un terzo soggetto. Ora, questo terzo soggetto non viene da Marte! In realtà, per tutto quello che sappiamo (processi svolti, deposizioni rese), si tratta di un gruppo di potere all'interno del SISMI, che voi non potevate non conoscere. Pag.2766 Lo conoscevate o, per lo meno, ne conoscevate gli esponenti; forse non avevate presente il radicamento dentro il servizio di questo gruppo di potere. Per esempio, lei conosceva Pazienza? Le è stato presentato da Santovito? Quali funzioni svolgeva Pazienza? Noi sappiamo, per i processi che ci sono stati su questa vicenda del super SISMI, che c'è un episodio abbastanza singolare, la montatura di un'operazione di disinformazione, di "intossicazione" informativa ai danni del fratello dell'allora Presidente Carter, durante la campagna elettorale per le elezioni negli Stati Uniti. Questa operazione venne compiuta da questo gruppo di potere utilizzando apparecchiature SISMI ed un agente del SISMI in Sicilia (un agente Zeta, così si chiamava, che poi era il Piazza, uomo legato alla massoneria, eccetera). Questa operazione accredita Pazienza e il suo gruppo di potere presso l'amministrazione americana, tanto è vero che Pazienza dichiara - ed altri dichiarano - che proprio in funzione di tale operazione, che andò a buon fine, e del rapporto che si era stabilito con Haig, poi segretario di Stato, Pazienza organizza il viaggio dell'onorevole Piccoli negli Stati Uniti. C'è anche un'altra deposizione nella quale si dice una cosa che ella potrà avere occasione di smentire qui, e che probabilmente ha già smentito, ossia che Pazienza millanta di avere organizzato anche un suo viaggio negli Stati Uniti. Insomma, le era noto questo gruppo di potere? Aveva capito che c'era qualcosa di oscuro? Le sue funzioni erano di vigilanza e di direzione sui servizi; aveva capito che c'era qualcosa, che questi si muovevano, e per conto loro, che Santovito non contava niente, che era nelle loro mani? Nei giorni del sequestro Cirillo è possibile che non vi siate posti il problema di controllare queste degenerazioni che forse erano intuibili, visto che già erano uscite le liste della loggia massonica P2 ed eravate rimasti un po' tutti scottati (lei stesso aveva un suo segretario particolare che era nelle liste della loggia P2)? E' possibile che non vi siate posti il problema di esercitare subito un'attività di controllo rigorosissima, in un mondo melmoso come quello che vi circondava? FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri . Senatore Brutti, la maggior parte delle questioni che lei ha sollevato sono state ampiamente poste nel corso di due indagini parlamentari, condotte dal Comitato parlamentare sui servizi di sicurezza e dalla Commissione stragi. Essi attengono ad una materia che io considero in qualche misura estranea a questa Commissione. Credo infatti di capire che il problema sia quello che ha posto all'inizio il presidente, ossia del rapporto tra criminalità comune, camorra e istituzioni. Cosa dovrei quindi dirle? Debbo dirle che il cosiddetto super SISMI, o SISMI deviato, all'epoca... sarà perché... Non è che uno si improvvisa esperto in questa materia... Io non ho mai avuto la sensazione di questa struttura interna al SISMI, finché, anni dopo, alla luce di notizie riportate dai giornali... uno poi ragionando può riuscire a mettere insieme delle cose, che prima, mentre sta lavorando, non è riuscito a mettere insieme. D'altra parte, la funzione di sorveglianza del Presidente del Consiglio e del sottosegretario si sviluppa sulla base delle informazioni che gli vengono date dai servizi. Se uno dei due servizi (o entrambi) sta deviando già da un pezzo, certamente non viene a dirlo! Allora diventa un po' difficile la sorveglianza di un soggetto, sulla base delle cose che ti dice e che ti disinforma. Quindi anche se può sembrare banale, in effetti è così! Io poi mi sono interrogato più volte su come si può modificare la legge; alcuni anni fa, presso la I Commissione affari costituzionali della Camera ci fu un dibattito su tale questione. L'impianto della legge n. 801 rende difficilissimo vorrei dire impossibile - il raggiungimento degli obiettivi che vengono assegnati alla funzione di coordinamento e di controllo della Presidenza del Consiglio. Però, le ripeto, se io avessi mai Pag.2767 avuto la sensazione che l'operazione si era deviata, nel senso che invece di ricercare notizie e informazioni, avevano avviato una trattativa... MASSIMO BRUTTI. Il nome di Cutolo glielo ha mai fatto nessuno? FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri . Il nome di Cutolo non mi è stato fatto. Assolutamente no! Pazienza mi fu presentato dal generale Santovito. Ma mi fu presentato come un consulente del servizio, uno che lavorava a cachet . Che io sapessi lui non era nei libri paga; ma credo che non lo fosse. Tra l'altro, questo Pazienza, che è un noto millantatore ma questa dichiarazione io l'ho già resa anche nell'aula del Senato -, non organizzò affatto il mio viaggio negli Stati Uniti. Io mi recai negli Stati Uniti insieme all'allora vice direttore del SISMI, generale D'Ambrosio, su invito della Georgetown University, che aveva organizzato un seminario su attività, su alcune questioni della CIA: questioni che erano di principio e non operazioni in senso concreto; un seminario di informazione sui criteri... Andai con lui. Successivamente me ne andai a New York, dove comparve Pazienza - io non sapevo nemmeno che sarebbe venuto -, il quale organizzò una cena a cui andarono alcune persone, tra le quali - lo dico per dimostrare che la cena era di un certo livello - c'era l'allora vice governatore, oggi governatore, Cuomo; c'era il sindaco di New York, che allora era il famoso democratico Koch! Pazienza organizzò quella cena, ma io ero andato con il generale D'Ambrosio su invito della Georgetown University e avevo incontrato il gruppo di transizione. C'era allora infatti il passaggio dall'amministrazione Carter a quella Reagan; adesso non ricordo da chi fosse guidato il gruppo. Ma non era Pazienza. Io non so se Pazienza abbia organizzato o meno il viaggio di Piccoli. Certamente quello che feci io non lo organizzò lui. Ma questa è una dichiarazione che io ho già reso nell'aula del Senato... PRESIDENTE. Non era Michael Leedin? FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri . No, Ledin faceva parte del gruppo, ma non era lui il presidente. GIROLAMO TRIPODI. Mi pare che, nel corso dell'esposizione fatta stamane anche a seguito delle domande poste all'inizio dal presidente, il senatore Mazzola abbia affermato che la questione del caso Cirillo era stata affrontata come un fatto di ordinaria amministrazione, non come un fatto rilevante e che, di fronte ai molteplici impegni che c'erano, la vicenda ha avuto poco rilievo e scarsa attenzione. Scopriamo però, poi, che nel 1989, nel corso delle dichiarazioni rese dinanzi alla Commissione stragi, ha affermato che il generale Musumeci ha detto che il caso Cirillo si evolveva bene. Ciò vuol dire che allora vi interessavate e che questo fatto non era di ordinaria amministrazione: se è venuto il generale Musumeci per informare su tale vicenda, allora non c'è dubbio che la cosa era chiara. Rilevo dunque una contraddizione profonda tra le affermazioni iniziali, generiche e deludenti e l'affermazione fatta a suo tempo e ricordata dal presidente. Mi pare che le inquietudini continuano a rimaner presenti anche stamane e che la situazione sia ancora nebulosa: la vicenda Cirillo ha rappresentato uno dei momenti di svolta nei rapporti tra il potere politico e la criminalità organizzata. Da allora, certamente, attraverso quel rapporto e con l'intervento dei servizi segreti si è determinata una saldatura tra potere politico e potere camorristico-mafioso che ha avuto sviluppi terribili nel nostro paese, e che oggi paghiamo. Senatore Mazzola, credo che su questo lei ci dovrebbe dire qualcosa di più. Ciò che ci sta dicendo, infatti, a me pare assai Pag.2768 poco rispetto alla gravità dei fatti e al ruolo che ella ha ricoperto in quel momento, in cui rappresentava il Presidente del Consiglio, non era un passacarte! Lei era il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio, per cui aveva alte responsabilità. Come diceva poco fa il collega Galasso, non solo emerge che ad un certo punto, pur avendo una simile responsabilità, non si occupa di un problema così rilevante ma mi pare anche che lei - questa è la mia convinzione - non stia dando un aiuto per andare fino in fondo e scoprire l'intreccio che si è determinato in quel momento e che ha creato molti elementi di devastazione nel tessuto democratico. FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri . Io non posso dire niente di più, perché non posso inventarmi delle cose per farle piacere. Questo l'ho già fatto una volta, a posteriori , mi sono inventato delle cose, ma ho scritto un romanzo... Non credo che tale vicenda debba essere trattata in questo modo. Io vi ripeto con assoluta sincerità che il caso fu trattato come furono trattati gli altri casi che erano contemporaneamente pendenti ( Commenti del Presidente ). Da noi, dalla Presidenza del Consiglio, ovviamente. Gli fu dedicata la stessa attenzione riservata a tutti gli altri casi esistenti in quel periodo. Se io avessi avuto, in un qualunque momento, la sensazione che si stava sviluppando una deviazione rispetto alle direttive (che erano di raccogliere informazioni nelle carceri e non, ovviamente, di fare trattative), sarei intervenuto. Ma, sarà stato per la mia poca intelligenza, sarà stato perché - ripeto - le fonti di informazione che avevamo erano i servizi stessi (ed è evidente che se una parte di questi ultimi stavano facendo qualcosa, non sarebbero certo venuti a raccontarcelo), non ho avuto questa sensazione. Non avendola avuta, non ho potuto fare altro che quello che ho fatto. Non posso dirvi nulla di più, perché altrimenti dovrei inventarmi delle cose. PRESIDENTE. Vorrei invitare i colleghi a considerare che il fatto importante emerso oggi, dal punto di vista della ricostruzione della vicenda, è che il senatore Mazzola conferma che a metà giugno Musumeci dice che la cosa è in corso. FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Sì. PRESIDENTE. Questa è la cosa importante, perché non ci risultava dai dati che abbiamo acquisito. Anzi, sembrava che dopo una ventina di giorni tutto fosse finito. ALFREDO GALASSO. Presidente, non ho compreso questo passaggio. PRESIDENTE. Noi abbiamo ascoltato il dottor Parisi il quale ci ha detto che, dopo circa dieci giorni, avevano ceduto la mano al SISMI. Il generale Mei dice che, al ritorno dagli Stati Uniti, parla non so se con Santovito o con qualcun altro, il quale gli dice che quella vicenda è esaurita. La stessa cosa afferma il dottor Parisi il quale, ad un certo punto, avrebbe parlato con qualcuno - credo con Belmonte, perché Musumeci non c'era - che gli conferma che la cosa è chiusa. In realtà - non perché fosse in contraddizione - c'era qualcuno che stava comunque continuando ad agire, tant'è che a metà giugno Musumeci si presenta e dice che c'era qualcuno che stava muovendosi. Ora si tratta di capire se si stava muovendo qualcuno - perché questo non poteva saperlo il sottosegretario delegato ai servizi - e se questo qualcuno si stesse muovendo nell'ambito delle politiche ufficiali o in altro modo. UMBERTO CAPPUZZO. Quando fu liberato Cirillo? PRESIDENTE. Mi pare a fine luglio. GIROLAMO TRIPODI. Era quello il momento cruciale... Pag.2769 PRESIDENTE. Lo so. Comunque, lui non poteva saperlo che si trattasse del momento cruciale. CARLO D'AMATO. Mi rendo conto che stiamo parlando di una vicenda che all'epoca non presentava le connotazioni che sono emerse nel corso di questi anni e che, pertanto, alcune valutazioni sul caso espresse dal senatore Mazzola sono obiettivamente comprensibili. Vorrei fare due considerazioni che sottendono altrettante domande. Anzitutto chiedo: quando un servizio segreto si definisce deviato? Quando agisce al di fuori delle direttive politiche. Quale sarebbe stato allora l'interesse da parte del servizio o dei servizi segreti a svolgere la propria attività nei confronti di Cirillo, se non ci fosse stato alle spalle un input di ordine politico che li spingeva a fare questo? Io non credo che ci sia stato un autocoinvolgimento dei servizi segreti, uno spontaneo autocoinvolgimento che ad un certo punto li avrebbe addirittura determinati a deviare rispetto alle direttive, per svolgere una trattativa. Evidentemente - ripeto - vi erano input di ordine politico ai quali i servizi dovevano rispondere. Tutta la storia delle deviazioni dei servizi segreti nel nostro paese alla fine si fa sempre ascendere a responsabilità interne ai servizi; in effetti qui io vedo invece che i servizi - la parte ufficiale o quella deviata - rispondono ad input di ordine politico ben precisi. Ciò anche perché mi pare che la regola finora seguita, senatore Mazzola, sia stata quella per cui le carte sono sempre a posto: arrivano i riscontri, ci sono le comunicazioni, i Ministeri della difesa e dell'interno sono informati e quindi, praticamente, chi è presposto a questo tipo di sorveglianza e di controllo delle direttive politiche non ha alcun rilievo o addebito da muoversi. Sta di fatto tuttavia che i servizi continuano a svolgere le loro iniziative. La considerazione non è soltanto di ordine politico. Noi abbiamo ascoltato Parisi. Parisi è ancora il capo della polizia nel nostro paese. Se in ordine ad un determinato comportamento debbono, per certi aspetti, essere mossi addebiti, credo che la Commissione debba fare tutte le sue valutazioni rispetto a comportamenti o a presunte deviazioni anche dell'attuale capo della polizia, all'epoca direttore vicario del SISDE. PAOLO CABRAS. Non ho capito perché l'attuale capo della polizia avrebbe deviato. CARLO D'AMATO. Non che avrebbe deviato... Parisi, all'epoca, ha avuto un incontro... Scusate, Parisi era il responsabile di fatto del SISDE. PAOLO CABRAS. Sì, ma ha lasciato dopo dieci giorni... CARLO D'AMATO. Sì, ma a questo punto chi ce lo dice che ha lasciato? Io non lo so! PAOLO CABRAS. Nessuno, ma... CARLO D'AMATO. Io voglio capire, perché a questo punto non è più chiaro niente. Io non so se voi abbiate tutte queste chiarezze. PAOLO CABRAS. Almeno questo era chiaro! CARLO D'AMATO. Va bene, era chiaro rispetto alle dichiarazioni, ma a questo punto voi credete ancora alle dichiarazioni? Se voi ci credete, possiamo anche fare a meno di procedere all'audizione di Mazzola! Io voglio capire (Commenti del senatore Cabras ). Quando sento che si svolge un incontro presso il direttore generale del Ministero di grazia e giustizia al quale partecipano Parisi e - mi pare - il responsabile del SISMI, e che nel corso di questo incontro, tra le altre cose, si autorizza la presenza di esponenti politici all'incontro con Cutolo ad Ascoli Piceno. PRESIDENTE. Questo no! Pag.2770 CARLO D'AMATO. Certo! Granato di chi faceva parte, scusi? Granato chi era? Era il segretario di Cirillo, un uomo politico di un certo peso nella sua zona tant'è che è stato sindaco di Giugliano e consigliere regionale della democrazia cristiana. Non era quindi un quidam de populo . Si dice e si disse all'epoca - io ho ascoltato l'audizione di Parisi che fosse Granato perché quest'ultimo era segretario particolare di Cirillo e poteva essere informato e quindi raccogliere ed utilizzare indicazioni che potessero emergere da un eventuale contatto positivo con Cutolo. Mi pare che questa fosse l'argomentazione... In sostanza, abbiamo un responsabile del SISDE, un responsabile del SISMI, il direttore generale del Ministero di grazia e giustizia: tutti costoro agiscono per rendere possibile l'acquisizione di una serie di notizie che sottendono evidentemente un coinvolgimento da parte del Governo, perché non credo che un direttore generale si muova autonomamente in assenza di considerazioni ed input di altro genere. E poi si viene adire che questo appartiene alla deviazione di tutto! Cioè, in questo paese tutto è deviato e tutto avviene al di fuori dell'ufficialità perché le carte sono a posto! Io voglio sapere. Mi rendo conto che non si può rispondere al di là delle proprie... Non vogliamo fare alcuna speculazione politica ma, vivaddio, non era meglio che a un certo punto si attestasse e si dicesse che da parte del Governo e da parte di chi sosteneva la linea della fermezza era venuto il momento...! Guarda caso, io mi rendo conto che vi è una grande contraddizione: non si è fatta la trattativa per Moro e invece alla fine la si è fatta per Cirillo, perché evidentemente gruppi di pressione politica sono stati talmente forti rispetto a Cirillo da riuscire a smuovere una serie di considerazioni e di attività. O servizi ufficiali o servizi deviati; o Parisi dormiva o si era dinteressato allora o, evidentemente, vi era chi aveva un'intelligenza particolare ed input particolari per avviare e per acquisire una serie di elementi che consentissero - com'è giusto, perché io sono convinto che lo Stato non debba mai consentire l'uccisione di qualcuno - la liberazione di Cirillo: da questo non si scappa! UMBERTO CAPPUZZO. Anzitutto vorrei ricordare, per i contatti che avevo allora con il senatore Mazzola, che quanto egli ha detto è quello che a me risulta. Devo dire che, dal punto di vista istituzionale, non c'è stata mai non dico la notizia, ma neanche la sensazione che il mandato iniziale di carattere informativo fosse poi degenerato in mandato di trattativa. Tuttavia, da un punto di vista generale, se noi non mettiamo un po' d'ordine nel nostro modo di procedere, non arriveremo ad alcun risultato. Vorrei ripercorrere quanto detto dal senatore Mazzola. Allora era noto che i terroristi tendevano, in una nuova fase, a mobilitare il così detto "carcerario", ad intervenire, cioè, nei riguardi dei detenuti per farne proseliti. Ciò a seguito del fallimento del loro tentativo nelle fabbriche. Le carceri erano diventate oggetto di attenzione sotto il profilo informativo per i riflessi sulla sicurezza del paese, al punto - bisognerebbe ricordarlo - che fu dato mandato al generale Dalla Chiesa (si trattò di uno dei primi mandati attribuiti a quest'ultimo) di curare la sicurezza delle carceri. Con grande abilità, Dalla Chiesa organizzò questa attività di controllo che poi ebbe a lasciare ad un altro generale dell'Arma (che successivamente è stato vittima delle Brigate rosse). Questa attività lasciò degli addentellati informativi molto importanti nelle carceri, non dimentichiamolo! Il grande merito di Dalla Chiesa fu di avere smorzato la tensione e reso impossibile ogni tentativo di rivolta, e di avere bloccato le connessioni tra - diciamo così - criminalità politica e criminalità comune all'interno delle carceri e quindi di aver lasciato - ripeto - connessioni informative molto importanti. In sostanza, vi era una liceità iniziale di carattere istituzionale, perché le carceri diventassero un luogo di attenzione da parte degli informatori, degli informativi. Questo bisogna ricordarlo. Pag.2771 Fatta questa premessa, ritengo che la chiave di volta sia proprio Sisti. Se infatti il Sisti ad un certo punto dice ai rappresentanti dei servizi: "Mettetevi da parte voi perché subentra quest'altro", è lui che potrà dire sulla base di quali elementi aveva potuto definire il tutto: se per incarico dei servizi stessi (che naturalmente lo hanno detto o non lo hanno detto alla autorità politica: a me risulta che non lo avrebbero detto, perché non l'ho mai appreso) oppure se si sia trattato di un'iniziativa indipendente. Questo è il punto. PRESIDENTE. Mi permette, senatore? Io non so se Sisti fu -come dire? - il direttore generale dello scambio. Non mi pare che sia stato così. Per quello che ne sappiamo, la vicenda si svolse in un altro modo: il SISMI si presenta e chiede l'autorizzazione. Per evitare - diciamo così confusione ed affollamento, Sisti chiama il direttore del SISDE e dice: "Qui ci sarebbe...". UMBERTO CAPPUZZO. Ma perché si inserisce Sisti? Questo è il punto! Le direttive politiche dell'epoca avevano indicato i criteri - sulla base di una circolare specifica - relativi a chi avesse diritto di accesso nelle carceri. PRESIDENTE. Tutti e due! UMBERTO CAPPUZZO. Nel 1982 vi fu una successiva direttiva di Darida, a seguito delle prime notizie filtrate sul caso Cirillo. Noi però dovremmo risalire alle direttive iniziali. Nelle carceri non si può entrare come si vuole. Quindi, evidentemente, il Sisti in quel momento, investito di una carica istituzionale, ha fatto da intermediario tra i due servizi. Si tratta di stabilire per ordine di chi lo abbia fatto. Allora qui non c'entra né il sottosegretario, al quale do atto di aver riferito cose che io conoscevo, meravigliandomi peraltro che mai e poi mai nei comitati sia filtrata una qualche idea non dico di trattativa ma almeno di un cambiamento della politica del Governo nei riguardi... Questo bisogna dirlo, il fatto importante è quindi proprio questo. Devo altresì aggiungere che bisogna collocarsi nel momento in cui è avvenuta la vicenda. A parte i vari sequestri e lo stato di insicurezza del paese, il fenomeno della P2 aveva completamente devastato l'assetto istituzionale e di sicurezza di tutte le istituzioni fondamentali del paese. Vorrei ricordare che i famosi elenchi furono trovati nel mese di marzo. FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Il 18 marzo. UMBERTO CAPPUZZO. Questi elenchi portarono a dover esaminare la posizione di un centinaio di responsabili delle forze armate e dei servizi, in brevissimo tempo. A quell'epoca, per incarico dell'allora Presidente Spadolini, ho dovuto un po' faticare per convincere - che so - Grassini a presentare le dimissioni, o altri, perché c'era una resistenza da parte di tutti costoro i quali ritenevano di essere stati ingiustamente inclusi nelle liste. Gli accertamenti, in realtà, furono effettuati in un secondo tempo, ma si imponeva di doverli mandare via tutti quanti. Pertanto, mi meraviglio che qualcuno di quelli i cui nomi erano compresi negli elenchi abbia ancora svolto una qualche attività. Ecco perché ho chiesto i tempi, perché arriviamo da marzo fino a giugno. La chiave di volta di tutto, signor presidente - si tratta di una considerazione aggiuntiva, non di una domanda al senatore Mazzola - è di vedere chi abbia dato l' input per una mediazione o per un intervento del Sisti nel passare il compito dell'attività informativa, poi degenerata in vera e propria attività di trattativa, al SISMI dopo che il SISDE aveva dichiarato di avere esaurito la propria funzione. Questo è il punto fondamentale. Concludo, dando conferma che nelle sedi istituzionali non era stato mai fatto alcun cenno, di alcun genere (né tanto meno attraverso le informazioni non ufficiali, le notizie che sempre ci sono negli ambienti di un certo livello politico Pag.2772 istituzionale), e mai nessuno ha detto "stiamo passando alla fase della trattativa". Questo mi sorprende. Ripeto: la trattativa nelle sedi istituzionali non è mai trapelata, né come dato di fatto né come rumore (nel significato inglese, come voce). IVO BUTINI. Non desidero sapere dall'onorevole Mazzola quello che penso io, anche perché non ho una tesi precostituita da verificare, né per la verità ho informazioni da dare alla Commissione. Mi permetto solo di chiedere all'onorevole Mazzola alcuni chiarimenti di carattere istituzionale, che servono a dare ordine a tutta una serie di informazioni che sono venute in nostro possesso. Senatore Mazzola, io le chiedo non le sue opinioni - peraltro lei le ha già messe per iscritto - ma di rispondere ad alcune domande che riguardano la responsabilità istituzionale per la quale credo che lei sia qui (rivestiva infatti una responsabilità istituzionale): che tipo di autonomia hanno i servizi quando si muovono per fare un certo lavoro? Vi è un rapporto tra l'amministrazione e l'autorità giudiziaria quando i servizi compiono azioni in ordine a fatti che interessano anche l'autorità giudiziaria? Vi è uno scambio di informazioni oppure ciascuno viaggia per conto suo e poi le cose si concludono secondo l'autonomia istituzionale dell'amministrazione o dell'autorità giudiziaria? Vi è un aggiornamento gerarchico da parte dei servizi incaricati di qualche operazione all'interno dei servizi o fa capo a settori specifici dell'amministrazione, non perché informano e basta, ma perché da quelli devono ricevere indirizzi ed approvazioni su tutti gli atti che appartengono alla responsabilità di Governo? Questo non mi è chiaro. Raccogliendo un elemento che anche il presidente ha richiamato all'attenzione, questo suo riferimento al generale Musumeci è indice di una straordinaria comunicazione che viene fatta o rientra in informazioni ordinarie che possono venire specialmente in un momento di congestione criminale come quello che lei ha ricordato in quel periodo? Concludo: le sono state sottratte delle responsabilità oppure lei non si è attivato in ordine alle responsabilità che aveva? Se, per quel che la riguarda, i fatti accaduti non hanno intaccato le competenze né lei si è sottratto a responsabilità che le appartenevano, da questo traggo motivo per giudicare i fatti di cui sono venuto a conoscenza. MICHELE FLORINO. Sulla questione del sequestro Cirillo gli organi responsabili, i capi settore istituzionali all'epoca, tentano sempre di salvarsi con la motivazione del "perché Cirillo e non Moro". Tutto dovrebbe essere inquadrato in una questione che ha due aspetti salienti: uno, quello politico, è stato il sequestro Moro, con delle responsabilità che devono ancora essere chiarite e l'altro, quello più specifico, commesso in una zona ad alta densità criminale. Ecco quindi la scelta, quella scelta che non andava verso il politico ma verso coloro che conoscevano ed erano a contatto con la realtà camorristica dell'area napoletana. All'epoca non è avvenuto nessun accordo politico per la liberazione di Cirillo, ma si è svolta una grossa operazione tra esponenti politici e la camorra organizzata, che in quel momento era rappresentata dal più forte sul territorio, cioè dal signor Raffaele Cutolo; tuttavia, nel passaggio del sequestro Cirillo, si innestano altri particolari rilevanti, che non sono venuti alla luce nelle varie audizioni che si sono tenute in questa Commissione, quelli cioè di un equilibrio politico che Cutolo aveva sconvolto con la gestione efferata del suo potere sul territorio. Che cosa significa equilibrio politico: un equilibrio politico che veniva fuori da altre organizzazioni criminali molto vicine al partito della democrazia cristiana. Mi riferisco a Nuvoletta, a D'Alessandro ed a tutte le altre componenti di peso presenti sul territorio. Quella che volete far apparire come una mossa strategica di stampo politico operata con il sequestro Cirillo, collegandola soprattutto con il Pag.2773 caso Moro, viene a cadere perché si è svolta una trattativa sul caso Cirillo da parte di ambienti democristiani vicini alla delinquenza organizzata per liberare l'assessore regionale. Questa è la verità. Quali responsabilità ha la Stato in questa trattativa lo dimostrano i fatti chiaramente venuti alla luce con l'ingresso nelle carceri di Ascoli Piceno, perché ancora non è venuto fuori, almeno in modo chiaro, chi veramente si sia recato a trattare con Cutolo; certamente non il signor Granata o Vincenzo Casillo, ma anche altri esponenti i cui nomi sono stati cancellati dal registro dei visitatori. Così come non è stato spiegato nelle varie audizioni perché, subito dopo la liberazione di Cirillo, con il passar del tempo uomini che si erano adoperati, anzi che avevano assunto un ruolo importante nella liberazione o - come dice qualcuno - nell'occultamento delle prove e che potessero testimoniare la presenza di politici, sono stati premiati. La scomparsa dei biglietti di ringraziamento a Cutolo, con la premiazione dell'allora questore Del Duca, che ancora oggi va avanti con questo titolo gratificante, al punto di essere diventato amministratore unico di una USL, o del commissario, allora giovanissimo - che poi è diventato il questore più giovane d'Italia - che trasloca il Cirillo dall'auto dei carabinieri e lo porta nella sua volante per non portarlo dai magistrati bensì a casa... PRESIDENTE. Senatore Florino, non vorrei che lei anticipasse adesso tutti gli argomenti che sosterrà in sede di discussione. MICHELE FLORINO. No, voglio solo dire che la questione verte su una responsabilità, che è quella voluta e conosciuta dal Governo, di tutte le trattative: ma quali servizi deviati! Ancora oggi parliamo di una trattativa svolta nell'ambito delle varie responsabilità con cognizione di causa, perché non si poteva arrivare a tanto per parlare di servizi deviati, di subentro di SISMI al SISDE, quando poi essi collaboravano fra loro - come ha dichiarato lo stesso capo della polizia - in uno spirito di reciproca assistenza. Ha ragione l'onorevole D'Amato quando richiama le responsabilità anche del capo della polizia; manifesto da sempre il mio dissenso nei confronti di questo capo della polizia che resta al suo posto perché conoscitore di tanti segreti dello Stato, segreti tremendi che sono sulla testa di questa repubblica, al punto che egli resta al suo posto anche con le dichiarazioni e gli scandali che si sono verificati. Rispetto a questo, cari colleghi, volete ancora oggi far rientrare il caso Cirillo in un'operazione dei servizi deviati, quando è chiaro che è manifesta la partecipazione diretta di responsabili? Il senatore Mazzola ci viene a dire di non essere responsabile di niente perché, avendo usato la linea dura e la fermezza durante il sequestro Moro, rispetto a quello non poteva usate una linea diversa anche perché non conosceva il Cirillo: ma il coinvolgimento delle istituzioni non rappresenta la fermezza del personaggio dell'epoca, ma il coinvolgimento del SISMI e del SISDE perché, a causa delle loro conoscenze, hanno indirizzato i vari esponenti a trattare la liberazione di Cirillo. E dietro la liberazione di Cirillo, signor presidente, si è compiuto l'altro grande dramma del quale ognuno cerca di non parlare, cioè quello del favore in ricambio al Cutolo, in ricambio alle brigate rosse, uno scambio di favori reciproco. Non è vero quello che afferma Cutolo quando dice di essersi adoperato per sostenere come base l'appoggio alle brigate rosse per l'uccisione di Ammaturo; quest'ultimo conosceva tutti i retroscena della vicenda Cirillo, tutto quello che si era verificato per liberare Cirillo ed è stato eliminato scientificamente, per volere di una determinata parte politica, d'accordo i delinquenti per non farlo parlare. Lo hanno messo a tacere per sempre. Ed è ancora più grave della vicenda Cirillo l'uccisione del commissario Ammaturo e del suo agente di scorta: questa è la verità e qui non viene a galla. Si parla del sequestro Cirillo, ma del caso Ammaturo, collegato Pag.2774 direttamente... Non posso dimenticare: ero consigliere comunale di Napoli - serve per chiarire un aspetto e per ricordare a me stesso quei momenti - e il commissario Ammaturo era di servizio presso la sezione Montecalvario; qualche volta c'erano degli scontri perché io ero un consigliere comunale e vi erano movimenti di cittadini che volevano accedere presso il sindaco, ma comunque c'era un buon rapporto. Ebbene, qualche volta Ammaturo si confidava ed un giorno mi disse: "Florino, tra qualche giorno sentirai, farò esplodere io la bomba qui a Napoli". Cari colleghi, queste non sono sciocchezze ed io le ricordo sempre; purtroppo, dopo qualche settimana, egli morì. Ancora oggi noi leghiamo tutta la vicenda al caso Cirillo e non all'aspetto più inquietante di chi ha voluto mettere a tacere Ammaturo perché potesse definitivamente tacere rispetto ai veri momenti e trattative per la liberazione di Cirillo. E' inutile, signor presidente, che dopo questa vicenda ascoltiamo Parisi, Mei, gli organismi istituzionali dell'epoca che potevano e dovevano correggere la traiettoria, i quali ci vengono a dire a distanza di tempo che non vi è stato intervento istituzionale: intervento istituzionale c'è stato, perché tutta la vicenda Cirillo dimostra chiaramente che gli organi istituzionali dell'epoca, con i relativi responsabili, sapevano tutto ed erano a conoscenza della trattativa in corso per la liberazione di Cirillo. FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri . Voglio rispondere solo alle domande che mi ha posto il senatore Butini perché non posso certo rispondere alle tesi altrui; infatti sono qui non per fare un dibattito politico ma per dire quello che so o che non so. Al senatore Butini dico che i servizi hanno una totale autonomia nell'ambito delle direttive che vengono annualmente emanate dal CIS e quindi, in ordine alla gestione delle operazioni che fanno, il tipo di informativa è esclusivamente all'interno del servizio. I rapporti con l'autorità giudiziaria sono regolati esplicitamente ed implicitamente dalla legge n. 801; i funzionari dei servizi non sono ufficiali di polizia giudiziaria e quindi non hanno il dovere di fare rapporto quando, nell'ambito dei loro interventi, si imbattono in reati. Questa è una scelta compiuta dal legislatore, perché altrimenti non avrebbe senso la sovrapposizione alle tre forze di polizia di un servizio che avesse la stessa funzione con la qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria. Il rapporto non è un rapporto di informativa obbligatoria. La presenza di Musumeci sarebbe stato un fatto non ordinario se egli si fosse presentato da solo; anzi, se si fosse presentato da solo, non l'avrei nemmeno ricevuto. Essendo venuto in compagnia del segretario generale del CESIS Pelosi, sia pure facente funzioni, l'ho ricevuto per quella ragione. PRESIDENTE. Sono passati molti anni: per caso ricorda qual era lo scopo di questa visita. Venne per riferirle questa cosa o per parlare in generale? FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Questo me lo ricordo perfettamente: Maiello venne come veniva quasi tutti i giorni, perché il segretario generale del CESIS veniva ogni giorno a portare le informative e, dopo avermi parlato di altre cose, mi disse: "Per la questione Cirillo c'è qui fuori il colonnello Musumeci, perché pare si stiano acquisendo notizie: posso farlo introdurre?". Lo feci entrare, mi disse quelle cose e se ne andò. Pertanto era venuto appositamente, ma nell'ambito di un'informativa. Per quanto riguarda le responsabilità posso solo dire, per quanto mi riguarda, di non essermi né sottratto alle mie responsabilità né di essere stato "bypassato"; sicuramente non sono stato "bypassato" perché non credo che i ministri della repubblica fossero a conoscenza Pag.2775 di più di quanto non fosse a conoscenza del sottosegretario alla presidenza. Se bypass c'è stato, c'è stato nei confronti di tutti ed è stata una deviazione fatta da una parte di un servizio - debbo ritenere a posteriori; certo allora non mi passò neanche per la mente - ma nei confronti di tutti i livelli istituzionali. Quindi io contesto nel modo più assoluto la deviazione. CARLO D'AMATO. Secondo lei, quale era l'interesse dei servizi segreti a deviarsi rispetto a questa linea chiara? FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Le posso dire una sola cosa: nella mia esperienza ho imparato che le politiche dei servizi di sicurezza in Italia e in tutto il mondo sono, spesso e volentieri, diverse dalle politiche dei governi. Questo vale per i grandi paesi per la politica estera e per la politica interna. ALTERO MATTEOLI. Questo è vero in tutto il mondo fuorché in Italia. FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Questa è un'opinione sua; la mia opinione è questa. ALTERO MATTEOLI. Non si tratta di opinioni. In Italia è stato proprio il contrario: i servizi segreti sono a disposizione dei partiti politici invece che dello Stato. PRESIDENTE. Siamo qui per acquisire delle informazioni. Le opinioni le esprimeremo in un'altra sede. ALTERO MATTEOLI. E' il senatore che ha espresso un'opinione. PRESIDENTE. Gli avete richiesto tutte le opinioni di questo mondo, deve pure esprimere la sua! FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Questa ultima non è neanche un'opinione: ci sono libri in materia. Spesso le politiche non coincidono. UMBERTO CAPPUZZO. Vorrei spendere una parola per i servizi. In Italia si parla troppo di servizi forse perché l'unica esperienza che si ha è quella dei servizi igienici, avendo noi delle magnifiche case dove spesso vi sono i doppi e tripli servizi. I servizi dovrebbero essere conosciuti in maniera più approfondita, perché in essi spera gente che ha il senso dello Stato spesso molto più forte di quello di coloro che tante volte ne parlano male. Io non credo alle deviazioni, come degenerazioni, per così dire istituzionali. Non ci sono deviazioni del genere. Bisogna dire la verità; in Italia non c'è politica che tenga. Per esperienza personale, posso dire che nessun politico può chiedere qualcosa di illecito o di non consentito. A titolo di esempio, mi piace ricordare che, avendo ricevuto dal Presidente della Repubblica Sandro Pertini una segnalazione a favore del suo ufficiale dei Carabinieri addetto, tenente colonnello Piccinini, in valutazione per l'avanzamento al grado superiore, ho comunicato che l'interessato non poteva essere promosso e non ho subito nessuna conseguenza. Si corrompono e deviano coloro che amano essere deviati per loro obiettivi di carriera: questo bisogna dirlo una volta per sempre! Qui si sta facendo un gioco ed io mi chiedo a chi giovi. Perché un responsabile dei servizi dovrebbe deviarsi? Intendo ad alto livello, perché poi ci sono i venditori di fumo. Certamente i servizi operano in particolari ambienti per raccogliere notizie: una volta, anche, nelle case di tolleranza. Gli informatori sono spesso di un livello che non è certamente quello ideale. Che ci possa essere un individuo che fa il doppio gioco accade anche nei servizi migliori. C'è un libro uscito in questi giorni negli Stati Uniti che dovrebbe essere letto. Allora si Pag.2776 scoprirebbe cosa c'è stato anche in quel grande paese in fatto di servizi. Ci sono i piccoli che si mettono al servizio di colui che offre. Tra l'altro sono i soliti informatori che ricevono soldi dall'uno e dall'altro, perché ci si serve di queste figure. Ma parlare del servizio in blocco come di un'istituzione che di per sé è portata alla deviazione è una cosa tremendamente sciocca, fino a che non mi si dimostra a chi giova la deviazione. Se un responsabile dei servizi è arrivato a quel livello, a cosa deve aspirare di più? Passiamo in rassegna tutti i responsabili dei servizi di alto livello: quale fine hanno fatto? Con l'ascesa alla carica hanno esaurito il tutto. Questa è la verità, a parte De Lorenzo che è stato poi nominato capo di stato maggiore dell'esercito. Ma anche per il caso De Lorenzo bisognerebbe ripassare in rassegna la storia di quel tempo, per fare un po' di chiarezza. Io difendo... per la mia conoscenza dei servizi, della parte palese dei servizi, quale potrebbe essere quella degli addetti militari, per la parte che opera alla luce del sole, non per quella misteriosa. Bisogna stare molto attenti a queste deviazioni che di volta in volta venivano alla ribalta. Se qualcuno si è prestato, lo ha fatto per fini personali, per un utile di qualche genere e non deve meravigliare che poi centinaia di milioni siano circolati o notizie false siano state date dietro pagamento da alcuni informatori. Questo bisognerebbe capire, altrimenti noi brancoleremo sempre... qui, signori miei, o c'è stata la precisa volontà della trattativa e bisognerebbe vedere da parte di chi... CARLO D'AMATO. Non era stata finanziata anche una somma per la questione di Cirillo? UMBERTO CAPPUZZO. Questo bisogna chiarirlo. PRESIDENTE. Per quello che ne sappiamo, non dai servizi. CARLO D'AMATO. Si disse che c'era una busta con dei milioni che erano stati messi... PRESIDENTE. Per pagare gli informatori. UMBERTO CAPPUZZO. Ci cadono tutti quanti in queste cose; se sapeste quante sciocchezze hanno commesso gli americani! Sono quelli che hanno pensato che i nostri, nell'ambasciata di Mogadiscio, tenevano Aidid, signori miei! PRESIDENTE. Senatore Cappuzzo, mi scusi. Sono perfettamente d'accordo con lei sulla distinzione tra istituzioni e persone, però è pur vero che nella vicenda italiana è accaduto che ufficiali di altissimo livello siano stati condannati per deviazioni e per copertura di eversori: questo è accaduto nella vicenda italiana! Ora perché sia accaduto non lo sappiamo. Maletti, lo stesso Miceli per alcune cose, Musumeci condannato con sentenza definitiva per calunnia, generale, non so che altra carriera dovesse fare. Ci sono dei problemi gravi, certamente. Sono perfettamente d'accordo con lei: non bisogna confondere le deviazioni di questi ufficiali con l'istituzione. UMBERTO CAPPUZZO. Si tratta di deviazioni di singoli, se ci sono, ma anche la delicatezza del servizio in sé si presta a queste cose, perché questi si assumono delle responsabilità. PRESIDENTE. Comunque, non dobbiamo fare una disquisizione sui problemi della sicurezza. UMBERTO CAPPUZZO. Poiché anche il senatore Mazzola aveva fatto questo riferimento... Sono sicuro che il senatore Mazzola non sia stato preso in giro da alcuno, perché, da quello che potevo vedere io dall'altra parte, lui era il politico e io, che con quella gente avevo dimestichezza, penso che tutto quello che dovevano dirgli glielo dicevano; non Pag.2777 credo che vi fossero grandi attività. Semmai qualcuno ha peccato di incompetenza, cioè non ha peccato ma era incompetente o ha peccato di ingenuità. PRESIDENTE. Sta di fatto, senatore Cappuzzo, che si ammette che a metà giugno il rapporto, la relazione era in corso con risultati, pare, positivi; evidentemente si era mentito da più parti prima. UMBERTO CAPPUZZO. Su questo non c'è dubbio. PRESIDENTE. Si tratta di vedere se diceva che le cose andavano bene per conto del servizio, oppure per conto di qualcun altro. UMBERTO CAPPUZZO. Devo dire, però, che queste notizie, nelle sedi operative, non sono mai arrivate. Questa è una cosa importante. ALTERO MATTEOLI. Mi rendo conto che in questi dibattiti è inevitabile... ma io non ho mai ritenuto che si possa avere ragione alzando la voce o dando degli sciocchi agli interlocutori. Senatore Mazzola, vorrei rivolgerle una domanda e la rivolgo a lei, pur sapendo che subito dopo verrà l'ex ministro Rognoni, per avere anche da lei un giudizio. Il ministro, in un'audizione del 2 maggio 1989 ha detto: "Al di là degli incontri in sede di comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica, io ero quotidianamente in contatto ed in rapporto con il capo della polizia ed il comandante generale dell'Arma". Allora, ritiene che qualcuno non lo abbia informato completamente di quello che accadeva, perché lui in tutta l'audizione ha detto che non sapeva nulla e che lo ha saputo molto in ritardo e poi ha cercato quasi di "scaricare" nei confronti del capo della polizia e del comandante generale dell'Arma, i due in carica in quel momento, dicendo: "Io ero quotidianamente in contatto e non mi hanno riferito di tutto questo". Lei ritiene che questo sia stato possibile? L'altra domanda: sui servizi deviati ormai si sono scritti libri, lo stesso Parlamento ha pubblicato camere intere di documenti; ma lei ritiene che un servizio segreto che devia una, due, tre, quattro volte (vi sono condanne passate in giudicato e vicende incredibili) possa essere considerato un servizio deviato, oppure che si possa dire che tutti i servizi segreti, in effetti, in Italia, come struttura, sono deviati? Quando si stanno deviando un giorno dopo l'altro, si può dire che la maggior parte è deviata, allora, lei che ha avuto questa esperienza, che parere si è fatto, che giudizio dà su tutto questo? O tutti voi volete continuare ad arroccarvi ancora in una difesa che, questa sì, diventerebbe sciocca, perché ormai i magistrati hanno emesso sentenze definitive, quindi non c'è più nemmeno la possibilità di dire "Ma ora vediamo in appello o se la cassazione interviene in maniera diversa". Che giudizio si è fatto nel complesso? FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Alla prima domanda mi è un po' difficile rispondere, perché non so come valutare quello che ha detto il ministro dell'interno. Io debbo ritenere che egli abbia detto la verità, ma è una mia opinione, non ho elementi per affermarlo. Se il ministro dell'interno dice che era in costante contatto e non è stato informato... anche io vedevo, non quotidianamente ma un giorno sì ed uno no, i direttori dei servizi: si parlava di tutte le cose, però l'unico tipo di informativa che ho avuto è stata questa - di cui poi, tra l'altro mi ero dimenticato - che era gli atti della Commissione stragi, dichiarata da me in epoca in cui ne avevo memoria più precisa. Quindi, non sono in grado di dire... ritengo che il ministro dell'interno, come potrà confermare lui Pag.2778 stesso dopo, abbia detto la verità, poi non spetta certo a me dare un giudizio su questo. Sui servizi, io sono dell'opinione che in questo paese forse se ne potrebbe fare a meno, a questo punto. Ormai! Perché riscontro una tendenza alla dietrologia eccessiva e quindi diventa difficile cioè ci vuole una cultura diversa per accettare il principio del passaporto di Richelieu "Il latore della presente ha fatto quello che ha fatto nell'interesse dello Stato. Firmato: Richelieu", perchè, come è noto, il passaporto di Milady rilasciato da Richelieu fu usato dai tre moschettieri, messo in mano al boia di Autun che tagliò la testa di Milady, ma il passaporto era stato rilasciato a Milady perché andasse ad ammazzare lord Buckingham. Questa è la morale dei servizi. Lo stesso documento, cioè l'autonomia data in direzione di una funzione - l'interesse dello Stato proprio per quell'autonomia, proprio perché i controlli non debbono essere estremamente incisivi, perché altrimenti l'autonomia non c'è più, proprio perché non sono ufficiali di polizia giudiziaria e quindi non debbono.... proprio per tutte queste ragioni ci può essere l'utilizzo distorto. PRESIDENTE. Quindi, la questione è: autonomia nei mezzi enon nei fini; questo è il problema politico. Senatore Mazzola, la ringraziamo. Audizione dell'onorevole Virginio Rognoni, ministro dell'interno pro tempore. PRESIDENTE. Abbiamo con noi l'ex ministro Rognoni, al quale abbiamo chiesto di intervenire in questa sede con riferimento ad alcune questioni specifiche, perché il quadro complessivo delle informazioni - lo ripeto - è già a disposizione della Commissione. Vi è un punto che ci interessa in particolare: vorremmo sapere in primo luogo se lei è stato informato, e in che termini, dell'ingresso dei servizi nel carcere o del rapporto con la criminalità organizzata; in secondo luogo, se è stato informato della dismissione di questo rapporto da parte del SISDE e del subentro da parte del SISMI; in terzo luogo, quali erano i tipi di indirizzi politici impartiti su questa vicenda dal ministro competente dell'epoca. VIRGINIO ROGNONI, Ministro dell'interno pro tempore. Devo dire che questi tre quesiti ai quali sono invitato a rispondere mi erano già stati rivolti non da questa Commissione ma dal Parlamento, in particolare dalla Commissione di inchiesta sulle stragi, nell'audizione che ebbi in quella sede il 23 maggio 1989. Potrei a questo punto rimettermi puntualmente alla deposizione di allora, ossia a quanto dissi in quell'occasione in risposta alle domande analoghe che il presidente Gualtieri mi rivolse. Comunque, sono qui e rispondo ai quesiti, partendo dal terzo, relativo agli ordini e alle direttive impartiti alle forze di polizia e ai servizi l'indomani stesso del sequstro dell'assessore Cirillo; non dimentichiamo che tale sequestro avviene nelle modalità che tutti conosciamo, con due morti ed un ferito (il segretario dell'assessore Cirillo). Il 28 aprile convocai il Comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica e loro sapranno certamente che membri di diritto di tale Comitato sono il capo della polizia, il comandante generale dell'Arma dei carabinieri (all'epoca tale incarico era ricoperto dall'attuale senatore Cappuzzo) ed altre autorità. Il 28 aprile erano presenti anche i servizi. L'ordine, la direttiva che impartii fu la seguente: "Dovete acquisire le informazioni che sono necessarie, indispensabili per arrivare al covo dove viene trattenuto l'ostaggio, liberarlo e assicurare alla giustizia i criminali". Questo era l'obiettivo; dove avrebbero dovuto essere acquisite le informazioni? Dovunque, come si conviene in qualsiasi paese ed a qualsiasi polizia che si rispetti. Pag.2779 In particolare, aggiungevo (vi sono i verbali e potrei rifarmi addirittura alle parole testimoniate dagli stessi verbali) che queste informazioni dovevano essere acquisite anche nel quadro e nell'area della criminalità, visto che Napoli si trovava in una situazione particolare: a torto o a ragione si assumeva (questa era tra l'altro l'opinione di Dalla Chiesa in relazione alla Sicilia) che la mafia ed anche la camorra hanno interesse a non far invadere (consentitemi questa espressione) l'area, il territorio in cui esse operano dal terrorismo classico, dal terrorismo politico, perché in tal caso aumenterebbero l'attenzione e la pressione dello Stato e quindi la compressione anche su fatti criminali sarebbe maggiore. A torto o a ragione, questa era un'opinione che circolava, ma indipendentemente da ciò era utile avere queste informazioni, dovunque si potessero acquisire, anche nell'area della criminalità e quindi della camorra. Queste erano le direttive. Quanto al secondo quesito, non fui informato dell'ingresso di uomini del SISDE nel carcere di Ascoli Piceno; non fui altresì informato del passaggio di questa iniziativa dal SISDE al SISMI. Lo venni a sapere più tardi, certamente nei primi mesi del 1982. Riprendendo il testo della mia audizione testé ricordata del 23 maggio 1989 dinanzi alla Commissione di inchiesta sulle stragi, vedo che allora, proprio in vista di un dibattito parlamentare, mi è stato rimesso un appunto in cui si legge: "Un anno dopo certamente no, dato che il 20 marzo c'era il dibattito in Parlamento e questi fatti erano già conosciuti. Mi pervenne un rapporto attorno al 20 marzo proprio in vista del dibattito che qualche giorno dopo si sarebbe tenuto alla Camera, nel quale si parlava di queste visite al carcere da parte di alcuni responsabili del SISDE per incontrare Cutolo una prima e una seconda volta. Si diceva che avendo constatato l'inefficacia e l'inutilità della pista questa era stata abbandonata". Detto questo, ribadisco quanto ho già avuto occasione di affermare dinanzi alla Commissione Gualtieri nella scorsa legislatura: mi pare cioè che la circostanza non sia estremamente rilevante ma sia irrilevante del tutto, perché se mi avessero detto: "Badi, ministro, che noi, a seguito di questa direttiva, riteniamo di andare in carcere per acquisire informazioni", avrei risposto: "Sta bene"; e credo di essere in buona compagnia nell'assumere questo. Proprio tre o quattro giorni fa ho letto un'intervista di Petruccioli su l'Unità in cui Petruccioli diceva pressappoco le stesse cose. PAOLO CABRAS. Si tratta di un esperto del caso Cirillo. PRESIDENTE. Uno dei pochi che ha pagato, a differenza di altri! VIRGINIO ROGNONI, Ministro dell'interno pro tempore. Sì, appunto. Questa è la risposta che do ai quesiti che il presidente ha ritenuto di ripropormi dopo che gli stessi mi erano già stati rivolti - torno a ripeterlo nell'audizione del 23 maggio 1989 dinanzi alla Commissioni di inchiesta sulle stragi. PRESIDENTE. Nel suo intervento alla Camera del 6 maggio 1981, lei precisa che le aliquote della polizia erano state aumentate fino a raggiungere circa 1.500 uomini in più che sono stati inviati e si sono aggiunti alle forze ordinarie presenti, costituite da 4.500 uomini. Fu lei o il capo della polizia a disporre questo invio? Si trattò di un indirizzo politico o di una questione puramente tecnica? VIRGINIO ROGNONI, Ministro dell'interno pro tempore. L'indirizzo politico fu quello che abitualmente si assume in occasioni di questo genere. Napoli era già sufficientemente presidiata; ricordiamo che ci trovavamo nell'epoca post-terremoto, in una situazione particolarmente delicata e mi pare che i carabinieri, in particolare, erano a disposizione del commissario Pag.2780 Zamberletti. Quindi, di fronte alla consumazione di un sequestro come quello di Cirillo, penso che vi furono disposizioni per un aumento di queste forze. PRESIDENTE. Furono disposizioni di carattere politico, di indirizzo? VIRGINIO ROGNONI, Ministro dell'interno pro tempore. Di indirizzo in generale. Queste sono del resto iniziative che vengono assunte a livello tecnico e vengono rappresentate al ministro, il quale gioca una parte decisiva: compete al ministro la direttiva in ordine agli obiettivi di politica criminale. A volte, a distanza di tempo, questi obiettivi di politica criminale sembrano essere del tutto ovvi, ma talvolta, risalendo all'epoca, ovvi non sembrano affatto. Ricordo per esempio (consentitemi questa memoria di carattere assolutamente personale) che quando arrivai al Viminale, il 13 giugno 1978, sentivo ancora nel paese l'eco di quel dannato grido "né con le brigate rosse né con lo Stato". Era quindi giusto che certi obiettivi di politica criminale dovessero essere ribaditi e questa era la responsabilità del ministro; stabilire che uno o due battaglioni, la squadra mobile, gli allievi di Vicenza o quelli di Catania venissero, fossero istruiti e così via, tutto questo compete al capo della polizia. PRESIDENTE. Il fatto di rafforzare la presenza della polizia a Napoli fu un indirizzo politico impartito, che lei ricordi, oppure no? VIRGINIO ROGNONI, Ministro dell'interno pro tempore. In particolare non ricordo, ma credo di poter rispondere di sì perché di fronte ad un fatto come quello che si era consumato era giusto che, compatibilmente con le risorse a disposizione, si dovesse procedere in questo modo. Ricordo anche le difficoltà in cui le forze dell'ordine si trovavano in quel momento, come del resto si sono sempre trovate, durante la lotta contro il terrorismo. Ricordiamo inoltre che in quella particolare congiuntura di tempo vi sono stati quattro sequestri (in ordine di tempo vi fu prima quello di Cirillo poi quelli di Peci, del povero Taliercio e di Sandrucci); il 13 maggio si verificò l'attentato di piazza san Pietro; si era altresì in presenza del fenomeno P2, con i servizi in crisi, ed il 6 maggio si tenne una tornata di referendum. Si trattava veramente di una situazione di grande difficoltà ed il ministro non poteva non avere comprensione per il capo della polizia e i carabinieri, sempre alle prese con la disponibilità delle forze di polizia e la loro dislocazione. MASSIMO BRUTTI. Nella prima riunione del Comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica si decide una linea di orientamento relativa alle indagini sulla base di alcune considerazioni che erano state svolte dal sottosegretario Sanza; nel verbale che si riferisce al suo intervento si legge: "L'onorevole ministro condivide le opinioni dell'onorevole Sanza". VIRGINIO ROGNONI, Ministro dell'interno pro tempore. Quali sarebbero state? MASSIMO BRUTTI. Nel verbale si legge: "L'onorevole Sanza ricorda le condizioni ambientali della zona di Torre del Greco, segnate da un'eccezionale densità demografica, dalla presenza continua della gente in strada, dal controllo del territorio da parte della criminalità comune; questo contesto potrebbe favorire le indagini". Nello stesso verbale si legge che il ministro condivide le opinioni dell'onorevole Sanza e afferma: "La camorra potrebbe avere interesse ad agevolare la liberazione dell'assessore Cirillo; i rapporti tra la delinquenza organizzata e il terrorismo a volte si intrecciano a volte si divaricano; devono quindi essere attivati tutti i possibili canali". Qui finisce la citazione dal verbale. Pag.2781 Il SISDE, ed in particolare il prefetto Parisi che era presente a quella riunione del Comitato per l'ordine e per la sicurezza pubblica, interpretano queste sue dichiarazioni come la ratifica di un'attività che essi avevano già in quelle ore avviato. Si può dire che in queste parole vi sia una indicazione politica che ricomprenda anche l'ipotesi della trattativa? E' alquanto singolare che la camorra - si parla di Cutolo - possa collaborare con lo Stato per individuare i terroristi ed il luogo in cui è imprigionato il sequestrato semplicemente per una sorta di avversione ideologica contro di essi. In realtà, come risulta dai primi contatti con Cutolo, una collaborazione di questo tipo vi può essere soltanto in funzione di un sinallagma, di un do ut des o di una trattativa. Non si prende contatto con un soggetto come Cutolo per avere informazioni, è evidente! Lei si pose allora questo problema? Fu informato delle vie che venivano intraprese? In particolare, fu informato dei contatti con Cutolo e del fatto che il punto di riferimento ovvio e naturale, proprio sulla base delle considerazioni di Sanza sul controllo del territorio nella zona di Torre del Greco, non poteva che essere Cutolo? In funzione di che cosa Cutolo poteva fornire informazioni se non nell'ambito di una trattativa? Le chiedo, nei limiti del possibile, essendo trascorsi ormai molti anni, di rappresentarci quei momenti, che devono essere stati anche angosciosi, cercando di far emergere i seguenti punti: si sapeva che era Cutolo l'interlocutore? Come si pensava di aprire un canale informativo con lui? Lei ha dichiarato che le diverse fasi di questa attività non le sono state rese note; abbiamo appreso che in una prima fase è intervenuto il SISDE, nella seconda, il SISMI e, successivamente, avrebbe agito un soggetto non specificato; l'ipotesi cui si fa riferimento è il gruppo di potere che si celava all'interno del SISMI. Lei, non ha avuto in alcun modo notizia di tutta questa vicenda? Inoltre, le chiedo una sua valutazione su alcuni fatti, visto che è stato responsabile della politica interna in quegli anni così difficili e pesanti. La sua sensazione ed impressione è che dopo gli episodi dell'estate del 1981 vi sia stato una rafforzamento o un salto di qualità della forza e della presenza della camorra? Questa, tra l'altro, è una delle ipotesi di lavoro che abbiamo preso in considerazione. E' evidente che ci interessiamo del sequestro Cirillo in modo diverso da come se ne sono occupate altre Commissioni; infatti non ci interessa tanto l'aspetto del controllo sull'operato dei servizi e la ricostruzione delle deviazioni, quanto accertare se coloro che condussero la trattativa e, ancora di più, i centri occulti che agirono in questo periodo, entrando in contatto con la camorra ne esaltarono la potenza, la presenza, la forza organizzata ed il controllo del territorio. Su questo punto vorrei conoscere la sua valutazione, perché lei, ripeto, può formularla in modo appropriato, avendo diretto la politica interna di quegli anni. VIRGINIO ROGNONI, Ministro dell'interno pro tempore. Credo di avere già risposto ad una domanda analoga rivoltami dal presidente. L'obiettivo era di acquisire informazioni per arrivare al covo, alla prigione, liberare l'ostaggio ed assicurare i criminali alla giustizia; non vi è mai stata nessuna possibilità di altra interpretazione che questa. La direttiva era questa e le informazioni dovevano essere acquisite anche nei bassifondi della criminalità, della camorra napoletana. Devo anche aggiungere che non seppi - lo ripeto - della presenza nel carcere di Ascoli Piceno di responsabili del SISDE. In merito alla mia valutazione, è chiaro che il Ministero eil ministro dell'interno erano impegnati su vari fronti, però non sarei sincero, innanzitutto verso me stesso, se non dicessi che la preoccupazione prevalente in quegli anni era la lotta al terrorismo. Faccio riferimento ad un episodio che mi pesa ancora: la scelta del generale Pag.2782 Dalla Chiesa come prefetto di Palermo, una scelta che feci immediatamente dopo la liberazione del generale Dozier. Il punto che discrimina, a mio avviso, la nostra lotta al terrorismo è proprio la liberazione del generale Dozier. Il 1981 è ancora un anno durissimo per noi; con la liberazione di quest'ultimo non solo cambia l'opinione internazionale nei confronti dell'Italia, ma entrano in crisi le formazioni brigatiste, peraltro già in difficoltà per il fenomeno del pentitismo, il quale, in parte, è stato il risultato della legislazione premiale, che in un certo senso ratificava un sentimento che circolava all'interno della corporazione brigatista. La mia riflessione è sempre stata quella di ritenere che questa gente, ideologizzata com'era, non potesse vivere clandestinamente tutta la vita; ritengo che chi fa una rivoluzione oggi, non pensi di restare clandestino, ma di assumere un domani il potere. Quindi, si faceva strada l'idea dell'impossibilità per lo Stato di vincere, poi la legislazione premiale ha fatto il resto. Eravamo impegnati su tutti i fronti, anche nelle regioni meridionali, che erano le meno insidiate dal brigatismo, però a Napoli vi erano Viscardi e Senzani. La preoccupazione era quella di mettere le mani sopra la colonna napoletana e, infatti, nei primi giorni di gennaio del 1982 fu arrestato Senzani. MASSIMO BRUTTI. Un effetto della vicenda Cirillo è stato il finanziamento dell'ala militarista delle BR. VIRGINIO ROGNONI, Ministro dell'interno pro tempore. Quindi, la preoccupazione era soprattutto quella. In premessa alla valutazione che lei mi chiede, posso affermare che l'evolversi del fenomeno della camorra è stato quello che conosciamo: essa non è stata certamente debellata in quegli anni. Vi è stato uno sforzo notevole da parte dello Stato per venirne a capo, analogo a quello attuale. Non vedo un discrimine nel caso Cirillo di accresciuta potenzialità e pericolosità della camorra; piuttosto deve essere valutato il quadro generale del post terremoto, la fertilità di un certo humus in cui la camorra poteva operare. CARLO D'AMATO. Desidero formulare un rilievo rispetto alle dichiarazioni del dottor Parisi; in particolare, mi riferisco ai rapporti tra i servizi ed il ministro di cui si fa menzione a pagina 2617 del resoconto stenografico della seduta del 10 settembre 1993. Se non sbaglio, l'onorevole Rognoni ha dichiarato di essere stato informato delle iniziative assunte dai servizi segreti successivamente alla vicenda Cirillo. Al riguardo, il dottor Parisi ha dichiarato: "Sono molto corretto: qualunque ministro abbia lavorato con me sa bene che mi sono comportato sempre in maniera chiara e corretta. Certamente non era il caso che il discorso si aprisse in comitato, perché l'attività di ricerca informativa dei servizi non aveva come referente il comitato ma i ministri dell'uno e dell'altro ramo". Subito dopo, a una domanda del senatore Capuzzo, egli aggiunge: "E' stato informato e ne ha dato atto in sede di commissione e in sede di giudizio. Abbiamo due posizioni: quella del sottosegretario, che ricorda di essere stato informato, e quella del ministro che non ricorda di essere stato informato. La mia parola certa è che sono stati entrambi informati". E, a pagina 2622, aggiunge: "Vorrei dire, a questo proposito, che è fuori discussione che ci sia stata la trattativa. E' anche fuori discussione che ci sia stato il pagamento. Poi abbiamo visto dei riferimenti." Vorrei sapere dal ministro, vista la sua competenza ed esperienza in materia, come sia possibile questa contraddittorietà di posizioni rispetto alle affermazioni del dottor Parisi che mi sembrano precise e puntuali. E' come se lui ritenesse che ci possa essere stata un'attività autonoma dei servizi segreti, cosiddetti deviati; per la verità non sono un esperto in questa materia, però da quello che leggo sui giornali so che sono deviati, anche se Pag.2783 non si sa quale sia il motivo (non è dato saperlo); sembra che tale deviazione avvenga autonomamente. Per la verità non credo alla loro deviazione autonoma non finalizzata e non sollecitata da qualcuno. Non capisco per quale ragione i servizi dovrebbero deviarsi se non per altri motivi o per scopi di ordine politico, come il senatore Mazzola ci ha voluto far credere. Quindi, sembra che i nostri servizi si deviino autonomamente, trasgredendo ad una indicazione del Governo, per aprire canali e trovare contatti per una trattativa. Vorrei conoscere l'opinione dell'onorevole Rognoni, nella sua qualità di ministro all'epoca dei fatti, sulle precise affermazioni del dottor Parisi (fra l'altro è ancora il capo della polizia del nostro paese), e sulla questione delle deviazioni dei servizi segreti che avrebbero agito autonomamente, al di là delle indicazioni del Governo che, come è noto, ufficialmente era contrario all'apertura di una trattativa con la camorra e con le brigate rosse. VIRGINIO ROGNONI, Ministro dell'interno pro tempore. Per quanto riguarda il SISDE, che è l'organo dei servizi che dipende direttamente dal ministro dell'interno, posso affermare, sulle base delle risultanze, che esso non è mai andato al di là delle direttive impresse dal ministro. Non vi è una parola da parte del capo della polizia che faccia riferimento alla trattativa con la camorra, mai! In primo luogo, si parla di acquisire informazioni per raggiungere quell'obiettivo; in secondo luogo, certo, vi è contrasto su una circostanza che, come ho detto all'inizio dell'audizione, non mi pare onestamente rilevante. Se Parisi mi avesse detto:" Badi, ministro, che mandiamo un funzionario" avrei dato probabilmente il mio assenso, perché mi pareva giusto che si dovesse procedere in questo modo. Ed è così, anche per la seconda circostanza riguardante l'iniziativa abbandonata dal SISDE e riassunta dal SISMI. Soprattutto in questi casi l'esperienza della polizia e dei carabinieri è molto ricca; gli informatori non dico che osservino il principio, cuius regio, eius religio , però all'incirca è così. Quando un informatore è della polizia dobbiamo lasciarla lavorare. PRESIDENTE. In genere, viene poi arrestato dai carabinieri. VIRGINIO ROGNONI, Ministro dell'interno pro tempore. Quando una pista è più propriamente di un servizio, dobbiamo lasciargliela. Quindi, mi pare che su questa circostanza le cose stiano così. Del resto ho sempre ritenuto, e l'ho affermato indirettamente anche prima, che un ministro ha il dovere di dare direttive, di controllare l'efficienza dei servizi e delle strutture, ma non credo che abbia il dovere di seguire dettagliatamente gli itinerari investigativi. Guai se il ministro dovesse assumere un simile ruolo. Questa è la mia posizione di ministro dell'interno dell'epoca. ALTERO MATTEOLI. Onorevole Rognoni, il collega D'Amato ha un po' "bruciato" la mia domanda, gliela porrò pertanto in maniera diversa. Lei evidentemente avrà letto... VIRGINIO ROGNONI, Ministro dell'interno pro tempore. Poiché chi le risponde sono sempre io... ALTERO MATTEOLI. Le chiedo un giudizio più generale. Lei avrà ovviamente letto il resoconto dell'audizione del capo della polizia Parisi, resa in questa... VIRGINIO ROGNONI, Ministro dell'interno pro tempore. Sì, gli atti sono pubblici. ALTERO MATTEOLI. Audizione che poi ha determinato anche l'incontro odierno con lei. Quale giudizio dà, in generale, di questa audizione, nei suoi vari passaggi? Perché è vero quello che lei ha detto: l'espressione "trattativa con la camorra" non è scritta, non emerge Pag.2784 dall'audizione, ma tra le righe emerge molto bene che tale trattativa c'è stata. Se infatti si parla di esponenti di vertice di un partito, che hanno ricoperto cariche rilevanti anche in dicasteri assai importanti, che si sono recati nel carcere di Ascoli Piceno, sarebbe troppo semplicistico dire che non risulta che vi sia stata la trattativa. Ho letto quanto affermato in sue precedenti audizioni, rese anche di fronte al Comitato dei servizi. Emerge - per uno che non ha mai ricoperto cariche di Governo - forse anche ingenuamente, una domanda. Il ministro emana delle direttive senza poi entrare - l'ha detto lei - nel merito delle operazioni; ebbene, come funziona il controllo per sapere se le direttive emanate dal ministro siano o meno rispettate? C'è un modo di rapportarsi alle direttive per capire poi se esse vengano in qualche modo rispettate? Le porrò adesso un'ultima domanda con riferimento a quanto emerge da alcuni passaggi delle suddette audizioni, tenutesi a distanza di un anno l'una dall'altra (maggio 1981 e maggio 1982). Alcuni parlamentari - tra cui mi sembra lo stesso presidente - rivolgendole delle domande le hanno fatto notare che lei avrebbe scritto in un libro che l'entrare in un carcere è, a suo giudizio, un'attività deviata. C'è stata una direttiva che autorizza ad entrare nel carcere. Nel 1982 essa viene cambiata: si può entrare nel carcere ma occorre fare una domanda al ministro di grazia e giustizia. Se la risposta è positiva, allora è possibile entrare nel carcere. Ora, io non mi scandalizzo se i servizi segreti entrano in un carcere - ci mancherebbe altro - per apprendere informazioni che possano essere utili ad una determinata indagine, mi scandalizzo però quando si entra in un carcere per trattare con personaggi che si chiamano, per esempio, Cutolo. Ma non mi scandalizza tanto nemmeno questo, ossia se ci vanno i servizi segreti, o personaggi dell'autorità giudiziaria; mi scandalizzo invece quando ci vanno esponenti di partito o rappresentanti di Governo, che hanno ricoperto o ricoprono incarichi importanti. Ebbene, non ritiene che sia - se possiamo usare il termine che adoperiamo per i servizi - un'attività tutta deviata quella svoltasi per la liberazione di Cirillo? E' ovvio che al punto in cui siamo, viste le carte che abbiamo a disposizione, il problema è diventato ormai di ordine politico e nel dibattito che poi ci sarà all'interno della Commissione su tutto questo ognuno di noi affronterà l'argomento dal punto di vista politico. Dico questo perché ritengo che dal punto di vista delle indagini, se comprendiamo bene gli atti, possiamo tranquillamente capire come siano andate le cose. VIRGINIO ROGNONI, Ministro dell'interno pro tempore. Certo, io ho letto - perché gli atti sono pubblici l'audizione del prefetto Parisi. E' ineccepibile, a parte il punto di contrasto di cui abbiamo parlato. ALTERO MATTEOLI. Non è secondario, però! VIRGINIO ROGNONI, Ministro dell'interno pro tempore. Ricordo la domanda fattami dal presidente Gualtieri e ricordo anche la mia risposta (del resto è nei verbali). Non è vero che io dissi in quella audizione che cercare di avere informazioni, attraverso gli strumenti di cui dispone l'ordinamento, anche nell'area carceraria, è attività deviata. Lasciamo perdere i passaggi formali (autorizzazione, eccetera), ma io non ho detto questo! Qui, probabilmente c'è stato un misleading da parte del presidente in relazione al libretto, testimonianza di memorie, che io scrissi nel 1989. Cosa mi disse Gualtieri? "Se mi consente di continuare a citare un suo libro, ricordo che in esso lei sostiene che quella di essere andati dentro le carceri era un'attività deviata, di cui è comprensibile che lei non abbia saputo niente in quanto il suo controllo si svolge solo sulle attività di istituto e non su quelle degli altri. Ma come potevano Pag.2785 essere deviate operazioni, portate avanti inizialmente dal SISDE attraverso il suo vice direttore, che in quel momento esercitava la funzione di comando?". Io risposi quanto ho detto qui poc'anzi e cioè che andare in carcere per avere informazioni ai fini di raggiungere l'obiettivo di liberare l'ostaggio e assicurare i criminali alla giustizia non era affatto un'attività deviata. Nel mio libro sostengo questo. La domanda dell'intervistatore - mi dispiace dover ricorrere... era, tra l'altro: "Si parla di un tentativo dei servizi di avviare vere e proprie trattative per la liberazione di Cirillo, nascondendo l'identità di coloro che parteciparono ai colloqui, negando una corretta informazione (...). Una vera e propria deviazione dei compiti istituzionali del servizio (...)". Così risposi: "Il ministro dell'interno ha la responsabilità oggettiva degli atti della sua amministrazione e quindi delle operazioni di polizia, ma non le può conoscere tutte nei diversi tragitti che esse percorrono. Non deve sorprendere perciò che sia venuto a conoscenza delle visite al carcere di Ascoli molto più tardi. Che poi non potessi sapere di attività deviate dei servizi è comprensibile, proprio perché svolte fuori dal controllo politico". Se c'è un'azione deviata, evidentemente, deve essere stata fatta nell'assoluta clandestinità. C'è quindi un equivoco: per "attività deviate" intendo le attività deviate e non intendo includere in esse l'informativa che un servizio - o al limite la polizia potrebbe acquisire andando in carcere. Devo dire che il ministro gode e profitta, se così si può dire, dei rapporti fiduciari che ha con i suoi collaboratori: con il capo della polizia, con il comandante dell'Arma, che per un ministro dell'interno sono gli strumenti di consultazione quotidiana; meno i servizi, tutto sommato, che sono più lontani, più periferici... nell'ordinarietà. Certo, nelle vicende straordinarie no. In ogni caso gli strumenti sono il capo della polizia e il comandante dell'Arma. E i rapporti sono fiduciari. Certo, il ministro deve controllare. Ma anche la notizia che in seguito ad una certa investigazione queste autorità di polizia o dei servizi possano venire a conoscenza... Quando la notizia è producente - questa era la regola - la comunicano al ministro, mentre quando non lo è, non la comunicano al ministro. Ed è giusto che sia così; è fuor di dubbio. Quando la notizia è un po' "vestita" - ma vestita bene, come si dice in gergo - allora il ministro interviene; è qui che c'è la comprensione, il discernimento, l'intelligenza sui fatti e gli avvenimenti da parte di chi ha il dovere di parlare con il ministro e di informarlo. Questa è la mia risposta. SALVATORE FRASCA. Ho avuto il piacere di collaborare, per un certo periodo di tempo, con l'onorevole Rognoni allorquando egli era ministro di grazia e giustizia. In quella occasione ho potuto constatare il senso dello Stato che l'onorevole Rognoni portava e ritengo porti tuttora con sé. Farei perciò appello, per le brevissime considerazioni che svolgerò, proprio a questo suo ben conosciuto senso dello Stato perché egli possa aiutare la Commissione antimafia a pervenire alla verità che si va cercando da ben tredici anni circa e che tuttora non si riesce a riscontrare. Non c'è dubbio che siano state fatte delle trattative. Si parte, ha detto il ministro, dalla riunione del Comitato per l'ordine pubblico in cui vengono date delle direttive; in quelle riunioni del Comitato c'è l'onorevole Sanza che parla dell'intreccio possibile tra camorra e Brigate rosse; parlando anche a norme del ministro - come ha poc'anzi rilevato il collega Brutti - dice che bisogna indagare in questa direzione. Richiamandosi a tale passo del verbale della seduta del Comitato, il presidente Violante ha posto la seguente domanda al capo della polizia, nel corso dell'audizione tenutasi il 10 settembre: Pag.2786 "E' questo l' input politico che porta a Cutolo?". Il prefetto Parisi risponde che è così. PRESIDENTE. No, dice in realtà un'altra cosa, se non ricordo male: " E' la ratifica, perché l' input l'avevamo già avuto". SALVATORE FRASCA. Esattamente. E' una ratifica di comportamento. In realtà, risponde in termini positivi, signor presidente, alla sua domanda. D'altra parte, il prefetto Parisi, come poc'anzi ha detto il collega D'Amato, afferma ancora: "E' fuori discussione che ci sia stata la trattativa ed è anche fuori discussione che ci sia stato il pagamento...". Poi abbiamo visto dei riferimenti: "Come riuscire a personalizzare la responsabilità e a dire che ha trattato, che ha fatto la raccolta di fondi, che ha conferito il denaro e per quale vantaggio (appalti ed altre cose) è cosa che potrà emergere dalle indagini giudiziarie". PRESIDENTE. Senatore Frasca, mi consenta di chiarire un punto. Il 13 novembre 1984 - visto che non discutiamo di cose acquisite - fu presentata dagli onorevoli Rognoni, Formica, Battaglia, Reggiani, Bozzi e Del Pennino (cioè dai capigruppo della maggioranza) una mozione - che fu approvata - i cui primi due punti erano del seguente tenore: "Valutata la relazione che il Comitato parlamentare di controllo sui servizi di informazione e sicurezza e sul segreto di Stato ha trasmesso l'8 ottobre 1984 ai Presidenti delle Camere, denunciando gravi deviazioni di alcuni settori del SISMI, dai loro compiti istituzionali, in occasione del sequestro e della liberazione dell'assessore della regione Campania Ciro Cirillo, sino a giungere a trattative con le BR e con la camorra e a prevedere per la liberazione di Cirillo inammissibili contropartite, considerato che alcuni fra i principali funzionari del SISMI coinvolti nella grave deviazione, anche in illecita collaborazione con il noto Pazienza, risultano iscritti alla loggia P2, mentre nel contesto della vicenda, influenzata dalle deviazioni indicate, si sono attivate per la liberazione di Cirillo persone a lui legate anche per motivi politici...". Ciò che voglio dire è che dal punto di vista parlamentare alcuni dati sono acquisiti. Il problema che ci riguarda è accertare se da questo dato sia derivato o meno un rafforzamento della camorra e se per caso - questo è il punto - quanto ci è stato detto nell'indagine fatta sulla mafia, ossia che per una serie di anni vi sia stata una sorta di negoziazione - come è stato detto - tra malavita e forze di polizia, perché non vi erano altri strumenti se non quelli, per avere informazioni e notizie, sia il quadro in cui questo si colloca. Alcuni dati sono ormai acquisiti dal punto di vista parlamentare. Ciò lo dico per chiarezza. Ripeto, il ministro Rognoni è stato colui che ha coraggiosamente... SALVATORE FRASCA. La ringrazio, presidente. Vedo che lei usa l'arma della maieutica; con ciò mi aiuta a formulare all'onorevole Rognoni dei quesiti che avevo già in nuce . Il prefetto ha ammesso che è fuori discussione che ci sia stata la trattativa, il pagamento e via dicendo. Ora, fra la riunione del Comitato per l'ordine pubblico e la conclusione delle trattative è avvenuta un'infinità di atti. A parte i tre sopralluoghi o le tre visite organizzate dal SISDE, vi sono state altre visite nel carcere di Ascoli Piceno con personaggi anche impegnati sul piano politico, come poc'anzi ha rilevato il collega D'Amato. Vi è stato altresì il trasferimento di alcuni detenuti dalle carceri della Sardegna, in cui si trovavano, a Palmi, perché si potessero stabilire i contatti tra camorra e Brigate rosse. Vi è stata ancora una riunione presso il Ministero di grazia e giustizia, laddove il dottor Sisti ha convocato il capo del SISMI e quello del SISDE, e in cui si è deciso di procedere in questo andirivieni tra Roma e il Pag.2787 carcere di Ascoli Piceno. Vi è stata tutta una serie di cose per cui - me lo consentirà l'onorevole Rognoni - io non accedo con tanta facilità alla tesi che il ministro o i ministri competenti ed il Presidente del Consiglio potessero non saperne niente. Sappiamo chi sono i direttori generali nel nostro paese! Noi, signor presidente, non abbiamo una burocrazia forte come quella della Repubblica francese. Da noi non avvengono quei ricambi della burocrazia che si verificano negli Stati Uniti d'America ogni qualvolta cambia il Presidente: da noi c'è un percorso che si fa nell'ambito dell'amministrazione dello Stato e sappiamo come vengono nominati i direttori generali! Quindi, sappiamo che questo tipo di direttore generale è rappresentato da persone che quasi quotidianamente cercano di cogliere quelli che sono gli umori del ministro. Sembra pertanto assurdo che questi direttori generali, che queste persone di fiducia del Governo non avessero informato i ministri. Debbo qui ribadire quanto già detto nel corso dell'audizione del senatore Mazzola: ove si dovesse accedere ad una acquisizione di questo genere, noi non potremmo esprimere un giudizio positivo sugli uomini che ci rappresentavano nel Governo in quel momento. Vi è poi la tesi dei servizi deviati. I romani - come mi insegnate - quando andavano alla ricerca di una risposta difficoltosa si domandavano: cui prodest? Allo stesso modo, noi ci dobbiamo chiedere: per quale ragione i servizi segreti dovevano deviare? O i servizi non sono stati indotti a fare certe cose, le cose che hanno fatto, per aprire la pista alle ultime trattative che sono state fatte a livello politico, così come dice Mei nella sua audizione... Infatti Mei ad un certo punto dice: "Fino al giorno X siamo andati avanti noi; poi siamo stati estromessi e vi sono state trattative di altra natura". Non diventa credibile una tesi di questo genere. Si può fare anche riferimento alla P2, ai singoli intrallazzatori che vi erano, all'imbroglione del secolo che corrisponde al nome di Pazienza e a tante, tante altre cose. Però i responsabili dei servizi segreti, caro presidente, erano stati nominati poco prima, dopo la rivoluzione che vi era stata ed erano persone di fiducia di ministri e del Governo. Quindi è difficile far credere alla gente che costoro potessero aver mentito al Governo. Comunque, siamo arrivati al dunque: o non dicono la verità gli uomini di Governo, oppure non dicono la verità coloro i quali rappresentavano in quel momento lo Stato a livello di servizi e che tuttora ricoprono incarichi notevoli. Questo dilemma lo dobbiamo sciogliere per arrivare alla ricerca della responsabilità, altrimenti - e concludo - dovremmo arrivare a dire, con Pirandello: "Ma non è una cosa seria"! UMBERTO CAPPUZZO. A differenza del senatore Frasca, non evocherei il titolo della commedia "Ma non è una cosa seria", ma parlerei piuttosto di "Così è, se vi pare" oppure di "Uno, nessuno e centomila"... Devo dare atto al signor ministro, per irapporti che ho avuto con lui (ci vedevamo quasi ogni giorno), di non aver avuto mai alcuna indicazione di questo genere. Al di la del fatto gerarchico ed istituzionale, vi erano anche rapporti di simpatia con il signor ministro e mi stupirei... Insomma, qualche indiscrezione l'avrei gradita. Se fosse stato assunto un atteggiamento così freddo nei miei riguardi, la cosa mi colpirebbe. Devo inoltre dare atto al ministro di avere avuto una concezione rigorosa dell'ortodossia delle procedure per le entrate in carcere. Non posso non ricordare, a tale proposito, la reprimenda, non nei miei riguardi ma con riferimento a tentativi (successivi al fatto Peci) di penetrazione nel carcere che portavano a privilegiare l'attività investigativa di un settore delle forze dell'ordine nei confronti dell'altro. Su questo aspetto non vorrei sorvolare. Ricordo benissimo le ripetute segnalazioni di contatti che non avrebbero dovuto esserci e che poi sono Pag.2788 stati anche positivi dal punto di vista operativo; è una concezione dello Stato che fa onore al ministro Rognoni. E' stato detto che i direttori generali sono sensibili agli umori del ministro. Volevo ricordare al signor ministro che ad una sua richiesta o segnalazione di designazione di un alto ufficiale al comando di una certa divisione dei carabinieri (peraltro ribaditami anche dal ministro Lagorio), vi è stata la mia opposizione, che poi si è rivelata molto saggia, rispetto alla quale non è stata fatta alcuna difficoltà. Si fanno premere i direttori generali o i comandanti che non hanno valide argomentazioni da opporre ai ministri. Quindi mi reputo felice di avere offerto la mia collaborazione a ministri come il ministro Rognoni. Voglio precisare che in quell'epoca non vi fu alcuna indicazione, se non quella dell'attività informativa, che aveva piena giustificazione nella considerazione del fatto che il territorio napoletano era quanto mai "difficile" per le Brigate rosse: ricordiamocelo! Il controllo del territorio , l'infiltrazione venivano infatti esercitati dalla camorra. Vorrei chiedere al presidente se vi sia qualche dichiarazione delle Brigate rosse dalla quale si desuma che il riscatto sia stato pagato. MICHELE FLORINO. Certo che c'è! PRESIDENTE. Quando viene annunciata la liberazione di Cirillo, nel documento delle Brigate rosse si dice che essa è avvenuta perché è stato pagato il riscatto di un miliardo e 450 milioni. Non so se è vero. Comunque, è stata trovata la persona che consegnò i soldi a Senzani; mi pare si trattasse di un avvocato di Roma. CARLO D'AMATO. No, si trattava di un avvocato di Napoli. PRESIDENTE. Sul pagamento alle BR non ci sono quindi problemi. UMBERTO CAPPUZZO. Io volevo avallare quanto ha detto il signor ministro, con riferimento ai rapporti che andavano al di là della riunione del comitato e dei continui scambi di informazione, quasi quotidiani, per dire che di questo passaggio dall'attività informativa pura all'attività di trattativa noi non abbiamo avuto alcun sentore, nessuna indicazione, nessuna direttiva. La stessa presenza sul territorio è stata ribadita e mantenuta dalle forze dell'ordine senza alcun allentamento, in relazione anche alla possibilità di favorire i camorristi nella consegna del Cirillo liberato. Dico questo per confermare quanto ho già avuto modo di dire più volte. D'altra parte, sarebbe sufficiente consultare i verbali delle riunioni del comitato. Il riferimento - ripeto - è soltanto ad un'attività informativa mirata nel particolare contesto. VIRGINIO ROGNONI, Ministro dell'interno pro tempore. Vorrei fare una precisazione. Quando ho parlato della prevalente battaglia contro il terrorismo ed ho fatto riferimento alla scelta di Dalla Chiesa, non ho completato il discorso (me ne accorgo solo adesso). La liberazione del generale Dozier rappresenta un po' il discrimine: da lì viene fuori la sconfitta del terrorismo e delle Brigate rosse. Proprio perché sembrava allora che il terrorismo fosse politicamente sconfitto, anche se poi residui di colpi militari era prevedibile che ci fossero, così come ci sono stati, da lì c'è stato l'interesse ad accentuare, più di quanto si fosse fatto negli anni precedenti, la lotta contro la criminalità. E' in quel periodo che io mi incontro con Pio La Torre e che nasce la legge sul riciclaggio del denaro sporco; è da lì che nasce in me l'idea di utilizzare un uomo come Dalla Chiesa ed impiegarlo non come commissario ma come prefetto di Palermo. Sembrava a me, come sembrava al Governo dell'epoca, che non fosse il tempo dei commissariamenti, che occorresse notificare la presenza dello Stato. Ricordo quando Dalla Chiesa veniva da me e mi diceva: "Ministro, la cosa più bella è andare nelle Pag.2789 scuole e vedere che si parla per la prima volta di mafia". Ecco quindi il senso dello Stato riassunto in un personaggio emblematico! Ho voluto dire questo per ricordare come allora fosse prevalente la battaglia contro il terrorismo. Ciò non significa che l'amministrazione fosse assente sul fronte della lotta alla mafia e alla camorra. Tuttavia, in quegli anni il terrorismo azzannava lo Stato e noi dovevamo rispondere. PRESIDENTE. Ministro, le vorrei rivolgere una domanda per evitare che permanga un punto equivoco. E' stata posta una questione, la cui definizione ci interessa anche ai fini della stesura del documento finale. A suo avviso, quale poteva essere l'interesse di una organizzazione come la camorra a fornire elementi allo Stato per liberare Cirillo, visto che dal quadro che emerge si evince l'avvio - che vi preoccupava molto - di un rapporto più stretto tra criminalità organizzata ecriminalità terroristica (che nasce nelle carceri)? In queste ultime sembrava esserci - ed in effetti c'era - un rapporto fra queste due forme di criminalità, tanto che alcuni detenuti comuni sono diventati brigatisti. Quale poteva essere da questo punto di vista l'interesse di Cutolo nel dire: "Sì, vi do questa informazione"? Informazione che - sia ben chiaro - in un primo momento si pensava di poter ottenere con denaro, così come avviene con i normali criminali. Lo stesso SISDE aveva stanziato una somma di denaro che non fu utilizzata perché Cutolo rifiutò denaro. Si disse 100- 150 milioni... Poi fu consegnata al successore di Parisi. La seconda questione è la seguente. Risulta, sia dalle sue dichiarazioni che dagli atti inviati che, nonostante Coronas, capo della polizia, nella prima riunione del comitato per l'ordine e la sicurezza avesse detto che non vi era bisogno di rafforzare Napoli, in realtà dalla polizia furono mandati a Napoli circa 1000-1500 uomini. Da notizie - in verità soltanto di stampa - risulterebbe che il 4 giugno questi 1000- 1500 uomini furono ritirati. Il 6 poi c'è Siola, che viene... Poi c'è una serie di regolamenti di conti, 6 omicidi di camorra. Una delle accuse che è stata fatta allora - considerato che dobbiamo replicare a queste cose - è che il ritiro di questi uomini fosse in qualche modo collegato ad una fase della vicenda dei rapporti tra personaggi dei servizi e camorra. Non so se le questioni che ho posto siano chiare. VIRGINIO ROGNONI, Ministro dell'interno pro tempore. Noi non ci siamo posti il quesito relativo a quale interesse potesse avere la criminalità a fornire informazioni allo Stato. La valutazione che davamo in ordine all'area napoletana era abbastanza complessa e differenziata. L'ho già ricordato: c'era l'opinione che la camorra, così come la mafia, fossero poteri tendenti a respingere fuori dal proprio "territorio" i fenomeni di brigatismo, per evitare la compressione diretta sulla stessa criminalità da parte di un maggiore insediamento di forze dell'ordine. Sulla base di questa tesi - giusta o sbagliata che fosse - era verosimile pensare che la camorra potesse avere un qualche interesse. In realtà, noi abbiamo sentito il dovere di acquisire e di dare questa direttiva perché non potevamo pensare alla camorra come ad un potere "dirimpettaio" dello Stato. E' un fenomeno diffuso e, a differenza delle Brigate rosse, potere concentrato, gerarchizzato, a comparto, ideologizzato, e quindi i singoli camorristi o parte della camorra, sempre in conflitto fra di loro, avrebbero potuto assumere un'iniziativa di informatori. Molto più allora che non nei confronti della corporazione stretta delle Brigate rosse, la corporazione dei camorristi poteva essere a maglie larghe e dentro a queste maglie larghe l'informazione poteva venire fuori. In secondo luogo, leggendo sul resoconto stenografico la deposizione del prefetto Parisi, ho visto che questa questione è stata posta dal presidente e che Parisi, Pag.2790 soprattutto nella sua veste di capo della polizia, si è riservato di fornire dei documenti. Mi riferisco pertanto ai contenuti di questi documenti in ordine alla mobilità delle forze di polizia dell'epoca; fra l'altro, ho avuto occasione anche oggi, rispondendo ad una delle prime domande, di riferire come queste iniziative fossero soprattutto a livello tecnico. PRESIDENTE. Ringrazio l'onorevole Rognoni ed invito i colleghi a trattenersi in aula per deliberare sulle segretazioni che dobbiamo operare sui resoconti dell'audizione del pentito Galasso e della visita di ieri a Barcellona Pozzo di Gotto. (L'onorevole Rognoni esce dall'aula). Determinazioni in ordine alla pubblicità di alcune parti dell'audizione svoltasi nella seduta del 17 settembre 1993. PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, proseguiamo in seduta segreta. Dispongo la disattivazione del circuito audiovisivo interno. ( La Commissione procede in seduta segreta ). PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori in seduta pubblica. Dispongo la riattivazione del circuito audiovisivo interno. Comunicazioni del presidente. PRESIDENTE. Informo i colleghi che una delegazione della Commissione è stata invitata domani a Palermo per due ordini di motivi. Il primo è un incontro con alcune associazioni di Palermo, in particolare a Brancaccio - era quel sacerdote che ci aveva invitato ad andare e che poi è stato ucciso - ed in altri quattro quartieri, le quali chiedono alla Commissione di incontrarsi con le loro realtà religiose per poi fare una visita in quei quartieri. Vedremo poi in che modo farla perché è fastidioso andare, per così dire, blindati, in quei posti; studieremo il modo di effettuare una visita in modo civile e non militare. L'istituto Volta chiede inoltre che la delegazione della Commissione si rechi alle 11,30 presso la sua sede, alla presenza del prefetto e dietro invito di Città per l'uomo, che è un movimento di Palermo, per presentare la relazione della Commissione antimafia sulle scuole di Palermo e per una discussione sul rapporto scuola-mafia. Si tratta di una cosa abbastanza interessante perché l'altra sera abbiamo avuto, in sede di ufficio di presidenza un incontro con il ministro Russo Jervolino. Informo i colleghi che sono stati assunti impegni molto rilevanti anche da parte del ministro, che cercherebbe di impegnare le scuole a considerare la questione della formazione di una coscienza civile nella lotta contro la mafia come uno dei punti continuativi di quest'anno scolastico; in particolare cercherebbe di connettere questo tema all'insegnamento dell'educazione civica. In secondo luogo vi sarebbero tre incontri con i provveditori del sud, centro e nord indetti dal ministro con una delegazione della Commissione antimafia, sempre su tale tematica, per l'individuazione di alcune aree "pilota" per la formazione degli insegnanti; si tratta di un dato essenziale perché, formando gli insegnanti, si può avere un' incidenza maggiore. Nel pomeriggio, alle 16, il prefetto, il Commissario straordinario al comune di Palermo ed il provveditore agli studi hanno invitato la Commissione antimafia a presenziare al primo momento di attività del centro sociale di Borgonuovo, che inizierà a funzionare così com'era stato detto. Questo si inserisce nel quadro caratterizzato dall'apertura di 14 nuovi edifici scolastici a Palermo: è stato svolto un lavoro abbastanza importante, che in piccola parte ha fatto la Commissione e in gran parte le autorità. Pertanto vi è Pag.2791 l'intenzione di sottolineare questo dato al fine di riallacciare la fiducia tra cittadini ed istituzioni locali e nazionali. Poiché alcuni colleghi hanno già manifestato la loro disponibilità, invito anche gli altri a valutare la possibilità di dedicare la giornata di domani a tali incontri. Naturalmente i componenti la delegazione saranno considerati in missione ai fini del numero legale, trattandosi di un'attività della Commissione. Vi prego pertanto di considerare la positività della cosa; i colleghi interessati potranno prendere contatto con gli uffici per concordare l'orario della partenza. Sui lavori della Commissione. PRESIDENTE. Il senatore Frasca ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori. SALVATORE FRASCA. E' stata convocata per venerdì prossimo, se non erro alle 9,30, la seduta della Commissione in cui dovremmo fare il punto dei nostri lavori, trattare le metodologie che abbiamo seguito fino a questo momento e così via. Ora, anche a nome dei colleghi Garofalo e Covello, le chiedo se sia possibile spostare l'orario di inizio di tale seduta alle 12, perché venerdì saremo impegnati tutti e tre in un'audizione presso la giunta regionale con i sindacati su questioni di grande importanza che interessano la Calabria. Ove non fosse possibile spostare l'orario, chiederemmo di rinviare la seduta alla prossima settimana. PRESIDENTE. La prossima settimana saremo prima in Emilia epoi a Bonn; inoltre abbiamo un problema, e cioè che il 30 settembre scade l'anno di lavoro della Commissione e, poiché la legge istitutiva prevede che la Commissione presenti una serie di relazioni ed una relazione annuale, si era deciso di predisporre un documento sintetico - di relazioni ne abbiamo presentate tante - sulle cose fatte, su come si è lavorato, sui risultati raggiunti e così via. Se andiamo troppo in là con le date andiamo oltre l'anno: non si potrebbe anticipare, invece che a mezzogiorno, alle 10,30 o alle 11? SALVATORE FRASCA. Si tratta di varie audizioni cadenzate, che cominciano alle... PRESIDENTE. Le cose potrebbero avvenire in questo modo: potrei far distribuire questo documento ai colleghi venerdì mattina e si potrebbe cominciare la seduta un po' più tardi senza chiuderla prima del vostro arrivo. SALVATORE FRASCA. Signor presidente, stimo molto importante una seduta del genere: ne stiamo parlando da prima delle vacanze ed avevamo detto che sarebbe stata quella la prima seduta della Commissione dopo la pausa estiva; alcuni di noi intendono anche dire, in termini autocritici e non critici, alcune cose su tutto quello che abbiamo fatto, avanzare delle proposte e così via. Credo pertanto che per una seduta di questo genere debba essere assicurato il plenum da parte della Commissione. Non vi sarebbe niente di strano se ci riunissimo dopo la visita in Germania, non succederebbe proprio niente. PRESIDENTE. Succede questo: che è scaduto l'anno! SALVATORE FRASCA. Signor presidente, lei mi insegna che questi termini non sono perentori: se fossero perentori i termini del Parlamento avremmo un paese del tutto diverso rispetto a quello che abbiamo. CARLO D'AMATO. La giornata di venerdì è problematica per tutti: non possiamo assicurare la presenza del nostro gruppo. PRESIDENTE. Rinviamo la deliberazione su tale questione alla seduta pomeridiana, Pag.2792 così avrò modo di proporre un'altra data nella quale sarà possibile fissare la seduta. La seduta, sospesa alle 12,30, è ripresa alle 16,20. PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PAOLO CABRAS Seguito della discussione della relazione sulla criminalità in Puglia. PRESIDENTE. Proseguiamo nella discussione della relazione sulla criminalità in Puglia predisposta dal senatore Robol. MICHELE FLORINO. Nella relazione sulla criminalità in Puglia presentata nella seduta del 14 settembre 1993 si afferma che "la conclusione di laboriosi maxiprocessi di Lecce celebratisi in primo grado ha definitivamente sancito l'esistenza della cosiddetta quarta mafia operante in Puglia". Ritengo gravissimo questo riconoscimento dell'esistenza di una quarta mafia che si collega direttamente alle tre organizzazioni criminali presenti sul territorio e che sembravano essere circoscritte alle regioni Calabria, Sicilia e Campania, cioè la mafia, la 'ndrangheta e la camorra. Nella relazione, tuttavia, manca la focalizzazione delle cause che sono alla base dell'infiltrazione e del consolidamento della quarta mafia in una regione che fino a qualche anno fa veniva considerata immune dal fenomeno malavitoso. A mio giudizio, una quarta mafia non si consolida, non si ramifica in una regione se non ha alle spalle una copertura o una stretta connivenza con il potere politico. Anche per la disamina delle situazioni calabrese, siciliana e campana si è partiti sempre (ritengo in modo errato) dal presupposto che 'ndrangheta e mafia fossero fenomeni legati soltanto a questioni di primogenitura e di possesso del territorio da parte di organizzazioni criminali; nessuno ha voluto mai chiarire in termini espliciti che il possesso di un territorio può attuarsi solo se l'elemento politico è strettamente collegato alle associazioni criminali. Ecco dunque il motivo che sta alla base del consolidamento della quarta mafia nella regione Puglia. Come ho detto all'inizio del mio intervento, nella relazione non appare questa connivenza che pure emerge in modo prorompente da alcuni scandali che si sono verificati nel passato e che hanno fornito alle forze emergenti della criminalità la possibilità di associarsi al potere politico. Non possiamo liquidare facilmente la questione della Gero Service facendo riferimento ai tabulati che riflettono l'assunzione di delinquenti con la definizione "mala doc", senza considerare anche quell'altro tipo di assunzione che va letteralmente inserito nel classico voto di scambio che ha portato a risultati eclatanti anche in altre regioni d'Italia. La commistione tra potere politico e malavitosi che appare chiaramente nella vicenda Gero Service, emerge ancora di più allorquando si esamini lo scandalo dei nastri trasportatori del porto di Manfredonia e l'insediamento turistico di Vieste, a proposito del quale nulla è stato detto nella relazione nonostante nel corso delle numerose audizioni effettuate dalla Commissione sia emersa la pericolosità dell'inserimento della malavita organizzata in quel grosso affare che è l'edilizia abusiva. Siamo venuti a conoscenza che anche in altre regioni la criminalità si spinge oltre i guadagni illeciti derivanti dal traffico della droga e delle armi e dal racket per arrivare a sostituirsi agli imprenditori per tutto ciò che riguarda l'edilizia residenziale, specie in quelle regioni che dal punto di vista paesaggistico sono la parte migliore della nostra nazione. Non a caso qualcuno ha voluto evidenziare tutto questo in modo più incisivo, mi riferisco ai magistrati che hanno affermato che la Puglia è una zona particolarmente esposta e coinvolta e che scarse sono le conoscenze che il momento Pag.2793 istituzionale ha del fenomeno. Quest'ultimo certamente è l'aspetto più grave del problema ma non possiamo non affermare che la quarta mafia si è ramificata sul territorio pugliese grazie alla complicità di politici. Se non abbiamo il coraggio di affrontare in maniera decisa il nodo delle questioni, corriamo il rischio di avere la quinta mafia in Liguria, la sesta in Emilia- Romagna, la settima in Lombardia. Il problema di fondo, dunque, è quello prospettato da alcuni magistrati, cioè che occorre tagliare il filo che lega i politici ai delinquenti. Mi sembra che proprio questa sia stata l'affermazione fatta a Lecce da un magistrato, il quale dichiarò, lo ripeto, che per stroncare la mafia e la delinquenza comune occorre recidere i legami con i politici. A questi episodi si aggiungono quelli legati allo scioglimento di altri consigli comunali, come quello di Trani. E' evidente, dunque, che la responsabilità politica appare in tutta la sua gravità e voler, come si tenta di fare anche in questo caso, licenziare questa relazione limitandosi alla sola analisi del fenomeno criminale senza porre in prima fila i politici significa non voler affrontare la questione. La situazione di Bari, con tutte le sue connivenze, quel sistema perverso delle Cliniche riunite, che collegava e ritengo - ancora collega malavitosi, politici, imprenditori, è stato creato dalla volontà politica, perché dal prefetto ed anche da altri ci è stato riferito che le strutture pubbliche non funzionano. Ed io voglio ricordare per l'occasione che se una struttura pubblica non funziona - in quel caso ci si riferiva al policlinico e ad altre strutture pubbliche questo avviene sempre perché c'è una strategia di fondo che, abilmente pilotata, non fa funzionare il pubblico per arrivare al privato. Ad esempio nella mia città, ad alta densità criminale, grazie ad una strategia messa in atto volutamente dai politici, si è arrivati al fallimento del pubblico nel settore della nettezza urbana (rimozione e trasporto dei rifiuti) per passare ai privati. A distanza di un anno abbiamo constatato che non c'è stato miglioramento del servizio, che anzi è precipitato più di quanto non fosse avvenuto sotto la gestione pubblica; abbiamo saputo del pagamento delle tangenti, perché a Roma era stata concordata l'operazione dei consorzi della NU. Come si può constatare - ho citato solo questo caso ma la stessa cosa vale per decine di altri - ogni operazione tesa alla conquista di interi settori del sociale di una regione è strategicamente pilotata dal potere politico. Non c'è niente da fare. Potete anche non crederci, potete anche respingere questa mia ipotesi, ma essa resta, oltre tutto perché ancorata a episodi che sono accaduti. La vicenda della Gero Service è lì in tutta la sua evidenza. Non voglio nemmeno ricordare le lamentele, se non proprio denunce, del prefetto relative a tutte le questioni collegate ai processi pendenti: alcuni sono stati celebrati ma il più importante, quello riguardante Abbrescia Michele _.001 144, si potrebbe ridurre solo - come ci hanno detto preoccupati i magistrati della procura distrettuale antimafia - all'imputazione di cui all'articolo 74 della legge sugli stupefacenti. Rispetto alle denunce che ci sono pervenute nell'ambito delle varie audizioni, nella relazione non è stata inserita l'esigenza di eseguire gli accertamenti patrimoniali, estendendoli a componenti istituzionali, come professionisti, funzionari e politici. Questo dà l'esatta misura della volontà da parte della Commissione di non mirare al centro del problema, per tagliare il nodo classico che veramente sconvolge il nostro paese, quello di una dittatura politico-mafiosa sul territorio! Sono queste le evidenti ragioni che portano poi al crollo delle amministrazioni locali nei comuni ad alta densità malavitosa. Questo porta alla esplosione di bombe, come a Terlizzi. Questo porta allo scioglimento del comune di Trani. Questo porta a tutte le situazioni gravissime di Montescaglioso e di altri comuni della regione Puglia. Pag.2794 Dopo questa introduzione, voglio sottolineare che quanto è scritto nella relazione, almeno riguardo a Brindisi, non corrisponde al vero. Non è vero che le forze dell'ordine in provincia sono sufficienti e ben coordinate. Infatti, per quanto riguarda la polizia, gli stessi funzionari della Polizia di Stato segnalano che gli attuali organici della questura di Brindisi e del commissariato di Ostuni sono quelli di alcuni decenni or sono, quando non vi erano i problemi attuali di microcriminalità organizzata e la popolazione era minore. Inoltre, la ventilata istituzione della compagnia dei carabinieri a San Vito dei Normanni è in alto mare e certamente non è avvenuto il coordinamento che tanto si auspicava. L'abusivismo dilagante ad Ostuni preoccupa i cittadini e soprattutto coloro che vogliono bloccare l'espansione non solo di questo fenomeno ma anche della criminalità organizzata ad esso legata. Ma né la prefettura né la magistratura hanno prestato molta attenzione al dilagante abusivismo nella zona di Ostuni. Come dicevo prima, dietro l'abusivismo, soprattutto in queste regioni o in questi paesi meravigliosi, si cela la lunga mano della criminalità organizzata. Parlando di Brindisi va aggiunto che nella relazione non è stato inserito quel che ci era stato denunciato: il consiglio comunale di Brindisi va sciolto, in quanto la metà di esso è composta da rinviati a giudizio o da indagati, dopo che alcuni consiglieri sono stati arrestati e sostituiti. Nessuno nella relazione ha segnalato la posizione del sindaco di Brindisi, dottor Arina, il quale non ha demolito una costruzione, una villa, non legittima, da lui realizzata vicino alla chiesa del Casale, monumento nazionale. Va detto chiaramente che l'attuale situazione di Brindisi e di altri comuni della provincia è derivata dalla realizzazione delle due megacentrali a carbone - appalti, subappalti, trasporto ceneri, tangenti - accettate da DC, PSI, PDS, ex-PCI, PRI e PSDI, senza garanzie ambientali e di sviluppo per la provincia di Brindisi. La magistratura brindisina non riesce o non vuole accertare le responsabilità delle tangenti. Per quanto riguarda il dato relativo alla disoccupazione in provincia di Brindisi, va poi precisato che si tratta non di 50 mila unità ma di 55 mila unità. A pagina 49 della relazione, dove si dice che la giunta regionale DC-PDS-verdi-PSDI-PSI è stata sostituita nella scorsa settimana da un'altra giunta senza il PDS, si nota una certa benevolenza verso la giunta regionale con il PDS, quando invece quella giunta è stata fallimentare come le altre. Non vorrei che in questa Commissione nascesse di nuovo quel rapporto... CARLO D'AMATO. Corporativismo e collateralismo. MICHELE FLORINO. ...quel rapporto, già visto in passato nella cosiddetta solidarietà nazionale, tra la DC e il PCI, dal momento che traspaiono chiaramente nella relazione toni ovattati nei confronti di alcune zone di influenza pidiessina come Mesagne. Non appare chiaramente - come pure ci è stato denunciato - la gravità della situazione di Mesagne rispetto alla conduzione attuale di quel comune ad opera di un sindaco del PDS. Un altro aspetto che pure ci è stato denunziato è quello del circondario di Brindisi, dove alcuni potentati politici non sono nemmeno scalfiti da indagini e denunzie. Eppure nei confronti dei delitti contro la pubblica amministrazione converrebbe agire con più decisione. Non c'è scritto nella relazione ma ci è stato denunciato dal procuratore generale presso la corte d'appello di Lecce e qui lo ripeto: per sconfiggere la criminalità bisogna rompere il rapporto di questa con i politici. E' evidente che la visione che può avere dall'alto della sua cattedra il procuratore generale presso la corte d'appello di Lecce è diversa da quella dei commissari che si sono recati sul posto a guardare per 24 ore, oad ascoltare dagli auditi, quel che si verifica nella regione Pag.2795 Puglia. Eppure, le denunce che sono state ripetutamente avanzate dai magistrati, dalle organizzazioni sindacali, dalle associazioni di commercianti, dai due magistrati della procura distrettuale - che non sto qui a ripetere, proprio perché sono inserite in un fascicolo segreto - dimostrano chiaramente, in modo lampante, la stretta connivenza tra potere politico e malavita organizzata. La relazione contiene una descrizione dei fatti, non analizza e non chiarisce impietosamente, con coraggio, il dramma della regione Puglia. Dobbiamo invece avere il coraggio di dire che se qualcuno viene a lamentarsi con noi o a piangere - come quel procuratore che si sente solo nella lotta contro la criminalità politico- amministrativa, come quando ci vengono a dire che un certo processo è bloccato o che da parte della procura di Foggia non esiste impegno né si effettuano indagini per conoscere il fenomeno dell'infiltrazione e della penetrazione camorristica - sono ancora scarse le conoscenze delle istituzioni sul fenomeno. L'altro aspetto che pure nella relazione non è stato evidenziato ma soltanto sfiorato è quello dei soggetti cui si applicano le norme sul sequestro dei beni, provvedimento al quale non segue mai quello della confisca. Eppure questo problema ci è stato chiaramente denunciato con preoccupazione nelle varie audizioni svolte a Bari. Rispetto alle dichiarazioni eclatanti di alcuni autorevoli componenti di questa Commissione, che di certo non giovano al messaggio che un organo così autorevole deve lanciare all'opinione pubblica, bisogna avere il coraggio di dire che ci sono molti settori inquinati della magistratura, che non riesce ad applicare il meccanismo della confisca, a fronte - ripeto - delle eclatanti notizie che appaiono in prima pagina sui numerosi sequestri effettuati. Leggevo l'altro giorno sui giornali che il nostro presidente dichiarava alla stampa che erano stati confiscati o sequestrati 5 mila miliardi. Queste sono notizie che certamente non danno la possibilità di combattere con decisione la mafia, perché non corrispondono al vero. Esiste un rapporto interno alle istituzioni che condiziona il passaggio definitivo alla confisca, vero, reale strumento per abbattere il potere malavitoso, a differenza di quello falso e tendenzioso del sequestro, che serve solo a rassicurare i cittadini senza che gli stessi vengano a conoscenza del fatto che dopo due mesi i beni sono restituiti, perché la notizia viene riportata in due righe nell'ultima pagina del giornale. La restituzione dei beni a Cassina, in Sicilia, dimostra chiaramente che questo passaggio non avviene quasi mai. PRESIDENTE. Il sequestro del patrimonio di Cassina è stato invalidato per vizio procedurale. MICHELE FLORINO. Sì, per vizio procedurale; comunque, sono stati restituiti a Cassina 300 miliardi. Non è stato dato ampio risalto a quanto pure ci è stato riferito - forse quello è stato il momento più denso di emozioni per la Commissione - rispetto ad una delinquenza minorile che domina nella regione Puglia. Alcuni aspetti marginali sono emersi, soprattutto quello del minore armato di pistola, ma non si è fatto riferimento, se non in alcune pagine in cui si è parlato dei quartieri cosiddetti popolari, all'infiltrazione malavitosa con alta densità minorile su tutto il territorio della regione, così come hanno evidenziato i responsabili che venivano a discutere con noi. Non si è parlato in termini chiari del carcere di Lecce, del passaggio dai 30 ai 114 miliardi. Evidentemente nel dire queste cose non muovo alcun addebito al relatore Robol perché ogni componente della Commissione ha la possibilità di annotare tutto, di prendere appunti rispetto alle notizie che ci vengono riferite e giunge poi il momento della verifica della relazione rispetto alle notizie date: una è potuta sfuggire al relatore, l'altra pur essendo stata data avrebbe dovuto essere evidenziata. Vi è stato il grande scandalo denunziato dal prefetto Catenacci rispetto al Pag.2796 l'acquedotto pugliese ed alla società Grandi lavori di Ravenna: nessun particolare riferimento è stato fatto a politici che pure hanno operato, nonostante abbiamo avuto la denuncia chiara, precisa nei confronti di politici che hanno preso parte a questa grande operazione. Per quanto riguarda il controllo AIMA, di cui si parla, esso è disarticolato ma fatto in modo da apparire corretto, quando esiste un'illegalità di fondo. Basti ricordare che gli elenchi degli anni 1975- 1976-1979-1980-1981 sono arrivati nel 1982. Quali provvedimenti - mi avvio alla conclusione, non sono stato troppo lungo - hanno inteso assumere le istituzioni rispetto a questo dilagare malavitoso? Non ne sono stati presi nei confronti dei ragazzi sul piano degli interventi scolastici; a Lecce si registra il dato di mille ragazzi inadempienti rispetto all'obbligo scolastico. E' stato denunciato che le risorse non vengono gestite, che all'interno degli istituti di rieducazione i ragazzi corrono rischi, essendoci una manipolazione degli stessi da parte della malavita. Caro presidente, ho voluto fare una panoramica dei problemi che sono stati denunciati di volta in volta nel corso delle due audizioni da tutti gli organi istituzionali, dalle associazioni di categoria e da quelle sindacali. Voler sintetizzare, riassumere in poche pagine, senza centrare il problema della quarta mafia significa non voler guardare in faccia la verità. La verità - lo ribadisco - è un'altra: la regione Puglia ha la quarta mafia perché questo potere criminale insediatosi sul territorio ha trovato i politici pronti, favorevoli a stringere un rapporto di collaborazione, di connivenza e di affari. Se così non fosse stato, la Puglia sarebbe rimasta al di fuori del contesto delle regioni ad alta densità criminale e avrebbe continuato ad essere un'isola dei sogni. Non lo è più perché è il potere politico il primo elemento mafioso che conduce al disastro queste regioni. ALTERO MATTEOLI. Signor presidente, desidero intervenire sull'ordine dei lavori. PRESIDENTE. Può farlo, onorevole Matteoli. ALTERO MATTEOLI. Risulta evidente dalle dichiarazioni rese or ora dal collega del mio gruppo che esprimeremo voto contrario a questa relazione. Vorrei dunque sapere se si ritenga di allegare al documento che verrà approvato i resoconti stenografici degli interventi, in particolare delle dichiarazioni di voto, nel qual caso potremmo anche non presentare una relazione di minoranza (in altri casi ci siamo comportati in questo modo); altrimenti, saremmo costretti a farlo. Vorrei che fosse chiarito questo punto. PRESIDENTE. Credo che non esauriremo il dibattito nella seduta odierna poiché molti sono gli iscritti a parlare ed alcuni colleghi, non potendo partecipare a questa seduta, ci hanno pregato di poter comunque esprimere il loro parere. In generale la prassi da noi seguita per relazioni specifiche come questa sulla regione Puglia - non su dibattiti generali dove può essere adottato il criterio da lei suggerito - è stata nel senso di prevedere da parte di dissenzienti la presentazione di relazioni di minoranza da allegare a quella di maggioranza per essere inviate al Parlamento; in tal modo esse hanno una pari dignità di ingresso nelle aule parlamentari rispetto al documento di maggioranza. Se non ricordo male, anche in occasione della presentazione della relazione del presidente Violante sulla mafia ci si è mossi in questo modo. Comunque, onorevole Matteoli, possiamo adottare sia il metodo della relazione di minoranza sia quello di allegare i resoconti stenografici degli interventi. Potremmo decidere in proposito quando saremo in numero legale; si tratta di una questione delicata, importante, che comunque si può risolvere di comune accordo, non vedo motivo di contrasto. Pag.2797 ALTERO MATTEOLI. Ho chiesto questo chiarimento perché eventualmente avremmo bisogno di un certo numero di giorni per redigere la relazione. PRESIDENTE. Non c'è dubbio; questa è una concessione dovuta da parte della presidenza. CARLO D'AMATO. Vorrei anzitutto esprimere il mio apprezzamento per l'attività svolta dal collega Robol, il quale si è indubbiamente fatto carico di porre mano ad una relazione su una materia che, per la verità, ha seguito soltanto per una parte; infatti, sebbene con il secondo sopralluogo a Bari abbia recuperato in termini diretti un patrimonio di conoscenza, egli è stato maggiormente impegnato sul versante dell'attività della Commissione che ha interessato Taranto, Brindisi e Lecce, piuttosto che Foggia e Bari. Ciò nonostante, con uno sforzo notevole, il collega Robol ha cercato di dare una visione completa e complessiva delle vicende che hanno riguardato il nostro lavoro e costituito oggetto del nostro impegno nelle giornate pugliesi, in particolare per quanto mi riguarda in quelle a Bari e a Foggia. Pur apprezzando questo sforzo e naturalmente sottolineandone la positività, a mio avviso - questo può costituire oggetto di un ulteriore approfondimento da parte della Commissione nel suo complesso - nella puntualità dei fatti riscontrati ci sono alcune questioni che meriterebbero - non per responsabilità del collega Robol - una valutazione più ampia da parte della Commissione. E' vero, l'aggravarsi della situazione sociale, economica e delinquenziale nella Puglia presenta una serie di cause di ordine economico-sociale più ampie, che non sono escluse; anzi vengono puntualizzate abbastanza bene responsabilità di ordine politico- amministrativo. Ma a mio avviso, secondo quella che ritengo una considerazione di carattere generale, quando a tanto si giunge evidentemente le varie componenti della società civile non hanno fatto fino in fondo il proprio dovere. Mi sembra che sotto questo profilo l'analisi della situazione meriterebbe un approfondimento maggiore sul ruolo che la magistratura ha svolto in alcune realtà. Anche se i fatti sono stati indicati, sono state individuate alcune situazioni di non agere della magistratura (i fatti che successivamente si sono verificati hanno anche evidenziato responsabilità dirette di qualche magistrato), sottolineare in questo senso potremmo fare un approfondimento, anche recuperando quella parte del verbale della seduta segreta che tenemmo a Foggia - il dato che permangono le situazioni di conflittualità, per esempio, nel tribunale, nella procura di Foggia mi sembra soltanto un fatto di cronaca e non il frutto di un'analisi, di un approfondimento. Non si può registrare a distanza di due o tre anni il permanere di una situazione di conflittualità in un organo delicato come quello della magistratura senza aver verificato che cosa sia stato fatto nel frattempo da chi è preposto ad eliminare i conflitti, a valutare i casi; mi riferisco al ruolo del Consiglio superiore della magistratura in una situazione che permane difficile e delicata nel tribunale e nella procura di Foggia. Questa parte della relazione obiettivamente richiederebbe alcuni approfondimenti, anche perché sono convinto che non sempre situazioni di conflittualità siano riconducibili a questioni di ordine personale o caratteriale relative a rapporti tra magistrati; molto spesso c'è un modo di essere magistrato e di misurarsi con la realtà in cui si opera che per alcuni potrebbe essere il frutto di coinvolgimenti ancora più diretti, che vanno al di là di un compito delicato, importante e significativo come quello proprio dell'attività giudiziaria, in altri casi può essere un atteggiamento consistente nel lasciar correre. Ribadisco quindi il concetto iniziale: quando si arriva ad un degrado della società ci sono responsabilità che vanno Pag.2798 analizzate e riferite a tutti i segmenti dell'attività pubblica, specialmente a quanti sono preposti ad azioni delicate. Né si può dire, nel caso delle vicende pugliesi, che ci si aspettava un particolare segnale politico - così come in alcuni casi è stato detto - perché la magistratura facesse fino in fondo il proprio dovere. Ci sono fatti che vengono da lontano, questioni che devono essere ulteriormente approfondite. Su questo la Commissione dovrebbe fare una valutazione. Allo stesso modo non vedo espressa una valutazione del ruolo di alcuni agenti che sono risultati essere coinvolti in alcune attività criminali. In occasione del nostro sopralluogo a Foggia ci fu riferito del coinvolgimento di qualche funzionario, di qualche ispettore della polizia nell'attività camorristica, mafiosa e delinquenziale; furono fatti riferimenti precisi e indicati anche alcuni nomi. Come commissari abbiamo constatato la tendenza a ritenere la società pugliese non permeata, così come i fatti hanno dimostrato, dal fenomeno della malavita organizzata. Ci siamo trovati di fronte alla tendenza, da parte sia di alcuni organi della magistratura, sia di alcuni settori delle forze di polizia, a circoscrivere il fenomeno in un ambito locale, come se non avesse compiuto quel salto di qualità che invece si evince nella relazione del senatore Robol, cioè un collegamento molto saldo con le grandi organizzazioni criminali siciliane e napoletane che fanno della malavita organizzata in Puglia non un fatto localistico, bensì ascrivibile a pieno titolo, purtroppo, in una strategia criminale largamente diffusa e presente nel nostro paese. Ciò detto, vorrei sottolineare altre questioni che hanno ugualmente richiesto il nostro impegno, quali, per esempio, quelle relative alle dichiarazioni abbastanza precise e puntuali rese dal presidente della Commissione di controllo sull'attività della regione Puglia; in occasione del nostro sopralluogo a Bari, infatti, egli fece una serie di riferimenti precisi rispetto ad attività, azioni ed iniziative: in particolare, mi riferirisco alla gestione dell'ERSAP, un ente della regione Puglia definito, da tutti quelli con cui abbiamo parlato, come permanentemente disamministrato e caratterizzatosi per una vera e propria dilapidazione di risorse, anziché per un riferimento importante, puntuale e significativo in un settore che interessa gran parte dell'economia e della realtà pugliese. Credo che questo aspetto, che pure viene citato nella relazione, in quanto in essa si parla dell'ERSAP, potrebbe essere oggetto in Commissione di un minimo di approfondimento e di un'ulteriore valutazione, perché ci consentirebbe di cogliere un dato particolarmente importante e significativo. Anche per quanto riguarda la questione delle Cliniche riunite di Bari, trattata con notevole puntualità nella relazione, in quanto vengono riferiti i metodi di assunzione, i criteri di gestione e le questioni relative alle convenzioni con la regione Puglia, a me sembra che la sottolineatura del dato e la fotografia dei meccanismi di funzionamento dell'esistente, con la individuazione del soggetto titolare mi sembra un tal Cavallari - siano insufficienti rispetto al ruolo avuto da questo istituto privato nell'ambito, probabilmente, dell'utilizzazione e del riciclaggio di capitali. Se sono vere le notizie acquisite in merito ad un'organizzazione delinquenziale che evidentemente ricicla i suoi capitali - mi sembra sia questa l'idea che emerge -, si sottace su cosa abbia significato per l'assistenza sanitaria pubblica nella regione Puglia il fatto che da un lato occorrono almeno 25 anni perché gli ospedali siano realizzati (questo nella relazione è detto), dall'altro, vi è il vanto di una struttura privata che svolge un'attività particolarmente importante e significativa probabilmente utilizzando sia risorse pubbliche sia quelle aventi una provenienza che, a quanto pare, sembra essere illecita. Oltre a questi due aspetti, che considero importanti, ve ne è un terzo che vorrei sottolineare, sempre riferendomi Pag.2799 alla relazione, per comprendere il metodo che seguiamo nei nostri lavori e perché, anche in sintonia con una serie di sollecitazioni emerse, sono contrario a che alcune persone diventino vittime da sacrificare o comunque da perseguitare, magari per principio: mi riferisco al passo che ha per oggetto la questione dell'imprenditore Casillo, a carico del quale nella relazione si riportano alcune valutazioni rese dal pentito Galasso. La mia opinione è che la questione Casillo si trascini da molto tempo; l'altro giorno, ad esempio, mi è capitato di vedere in televisione un'intervista fatta a questo personaggio, il quale ha detto di sapere bene da che parte vengano le accuse, che si tratta di soggetti bene individuati e di questioni che già conosceva da tempo, assumendo più la faces di un perseguitato che quella di una persona effettivamente coinvolta in certe realtà. A mio parere, dunque, nella relazione sarebbe opportuno aggiungere alle dichiarazioni di Galasso un'affermazione più puntuale. A tal fine, i colleghi che componevano la delegazione della Commissione da me presieduta quando ci siamo recati a Foggia sanno che con puntualità abbiamo cercato una serie di riscontri: ci siamo rivolti ai magistrati, alla Guardia di finanza e al GICO chiedendo a tutti una serie di carte e atti, proprio per evitare quanto è accaduto o per consentire alla Commissione una valutazione più pregnante rispetto a quanto non è stato detto nelle precedenti Commissioni, in cui, almeno a giudicare da una lettura probabilmente superficiale, si segnalava la presenza scomoda di un imprenditore di nome Casillo, in qualche modo e a qualche titolo coinvolto e definito erede... PRESIDENTE. Onorevole D'Amato, lei era presente all'ultima audizione di Galasso? CARLO D'AMATO. No. PRESIDENTE. Galasso ha ribadito ed ha ampliato questi riferimenti all'imprenditore Casillo. Il fatto che poi quest'ultimo dichiari pubblicamente di essere oggetto di persecuzione da parte di un membro della Commissione, che per altro era assente quando abbiamo proceduto a quest'ultima audizione del pentito Galasso... CARLO D'AMATO. Lui non faceva riferimento alle questioni di... PRESIDENTE. Sì, ma io l'ho letto, perché seguo attentamente ciò che riguarda le nostre vicende... CARLO D'AMATO. Io non l'ho letto, ho sentito in televisione questa battuta. PRESIDENTE. In una recente dichiarazione, che ho letto, c'era un riferimento del tutto improprio ad un nostro collega, in quanto egli non era presente all'ultima audizione di Galasso. Quest'ultimo ha reso le sue dichiarazioni in piena responsabilità dinanzi alla Commissione antimafia, così come aveva fatto dinanzi alla magistratura. Credo che noi possiamo riferire tutto quello che è a nostra conoscenza, vuoi in seguito alle audizioni dei collaboratori di giustizia, vuoi... CARLO D'AMATO. Sì, ma per il lavoro che abbiamo svolto, ame sembra un po' riduttivo... PRESIDENTE. Sono intervenuto per precisare, non per contestare quanto lei diceva... CARLO D'AMATO. Capisco, anche perché credo che perseguiamo gli stessi obiettivi. Stavo dicendo che sul personaggio in questione e sulla sua personalità riportiamo soltanto le dichiarazioni rese da un pentito, nonostante dagli atti del nostro lavoro potrebbero risultare, se vi sono - e credo che ve ne siano - elementi che dettaglierebbero in maniera più precisa responsabilità e coinvolgimenti del personaggio in questione. Al procuratore Pag.2800 della Repubblica e al GICO abbiamo chiesto gli atti relativi ad una serie di vicende e di fatti che ci erano stati suggeriti e per i quali la nostra sensibilità non è stata pronta ed immediata nel chiedere riscontri. Questo perché quando svolgiamo il nostro lavoro pensiamo di doverlo fare nell'interesse più generale, quindi attenti ad evitare che vicende anche di ordine personale e particolare possano inserirsi in questioni che, invece, non dovrebbero riguardare - e che certamente non riguardano - il lavoro della Commissione. Per dare maggior risalto e valore al nostro lavoro, riterrei opportuno aggiungere nella relazione altri elementi nel senso che ho sopra auspicato, proprio per non avere la sensazione che i riferimenti a persone, a fatti e a circostanze siano supportate solo ed esclusivamente dalle dichiarazioni di un pentito, per quanto importanti e significative (non sono infatti tra coloro i quali ritengono che i collaboratori di giustizia non debbano essere apprezzati per il loro contributo). Credo che un'aggiunta in tal senso dia maggiore obiettività al nostro impegno. Sono queste le considerazioni di fondo che desideravo svolgere; si tratta di suggerimenti che mi sono permesso di dare alla luce del lavoro svolto sia a Bari sia a Foggia. A titolo personale, non essendo qui in veste di capogruppo, dichiaro di condividere ampiamente il resto della relazione del senatore Robol. PRESIDENTE. Non essendo presenti gli altri colleghi che si erano iscritti a parlare, rinvio il seguito della discussione della relazione sulla criminalità in Puglia a venerdì 24 settembre. Ciò avendo accolto la richiesta di alcuni colleghi di rinviare la discussione della relazione sugli indirizzi generali, la quale servirà anche come consuntivo annuale da presentare in Parlamento. Tale discussione, in base a quanto è stato richiesto stamattina, verrà spostata, presumibilmente, a venerdì 1^ ottobre. La seduta termina alle 17,15.