Pag.2801 SEGUITO DELLA DISCUSSIONE DELLA RELAZIONE SULLA PUGLIA PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO CALVI indi DEL VICEPRESIDENTE PAOLO CABRAS INDICE Seguito della discussione della relazione sulla Puglia: Cabras Paolo, Presidente 2803, 2812 Calvi Maurizio, Presidente 2819 Brutti Massimo 2803, 2809 Cappuzzo Umberto 2812, 2813 Ferrara Salute Giovanni 2817, 2819 Robol Alberto, Relatore 2813 Sorice Vincenzo 2806, 2809, 2815 Tripodi Girolamo 2814, 2815, 2816 Pag.2802 Pag.2803 La seduta comincia alle 9,25. (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente). Seguito della discussione della relazione sulla Puglia. PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione della relazione sulla Puglia. Prima di dare la parola al senatore Brutti informo i colleghi che la Commissione è chiamata a ratificare una proposta dell'ufficio di presidenza riguardante due consulenze a tempo parziale: quella del dottor Mario Laudati (magistrato esperto su problemi di camorra) e quella di Maurizio Fiasco, che dovrà sostenere il lavoro del gruppo chiamato a verificare, per quanto riguarda Roma, l'esistenza o meno della camorra e della mafia o di altre organizzazioni criminali similari. Ricordo che il signor Fiasco è già stato consulente nella precedente legislatura, supportando il gruppo che ha lavorato sulla situazione di Roma e del Lazio. Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito. (Così rimane stabilito). MASSIMO BRUTTI. Desidero anzitutto esprimere un apprezzamento per l'impegno con il quale è stata pensata, elaborata, redatta la relazione sulla Puglia, che ci offre, dopo un tratto di tempo piuttosto lungo, rispetto a precedenti indagini e valutazioni sulla realtà pugliese, un quadro ampio, esauriente del fenomeno criminale così come oggi si presenta in Puglia. D'altra parte, nella relazione vi è anche lo sforzo di individuare tra gli elementi di novità degli anni recenti che per quanto riguarda l'evoluzione interna, le dimensioni, i connotati assunti dal fenomeno, sono molto spesso elementi di novità negativi - anche tutte le possibili controtendenze, le spinte verso una risposta popolare, la coscienza nuova che si diffonde tra i giovani. Tutto questo non può che meritare un apprezzamento. A me sembra che l'esperienza pugliese, la situazione di quest'ultimo quindicennio, riveli, in modo forse più netto di altre realtà nelle quali vi è ormai un insediamento radicato delle organizzazioni mafiose, come questa macrocriminalità italiana possa diventare un elemento costitutivo dello sviluppo. Eravamo abituati, nelle letture del fenomeno mafioso degli anni sessanta e dell'inizio degli anni settanta, a legare la criminalità mafiosa ad un fenomeno antico presente in una parte del paese, nel Mezzogiorno, al sottosviluppo. Tante volte si è prospettata una visione ingenuamente evoluzionistica, in base alla quale sarebbero bastati un investimento di ricchezze, la circolazione di un volume più ampio di ricchezze, l'industrializzazione, la crescita urbana per sconfiggere il fenomeno mafioso legato alle vecchie forme agrarie della società meridionale, legato a fenomeni di intermediazione che da quelle vecchie forme agrarie derivavano. La mafia nasce nel Mezzogiorno come intermediazione tra il potere della grande proprietà agraria, dei latifondisti lontani dal territorio, Pag.2804 e l'obbedienza, l'organizzazione della forza lavoro del territorio. La mafia sfrutta i contadini poveri ma, comunque, assicura loro un ordine, una certezza di rapporti. Tra uno sfruttatore lontano, qual è lo Stato, tra un governante che non si vede (quello che dovrebbe governare secondo le leggi) ed uno sfruttatore vicino, un governante violento, che si vede ed è presente, le popolazioni della società contadina, a cominciare dai contadini poveri, finiscono per obbedire, per adattarsi allo sfruttamento del vicino, e i gruppi mafiosi fanno da intermediari in un blocco di potere che assicura il governo nel Mezzogiorno. Questa era l'analisi di allora e si immaginava che lo sviluppo bastasse a rompere quel vecchio blocco. La storia della mafia e delle altre organizzazioni similari è andata in una direzione diversa e ci dimostra che, invece, dalla rottura del vecchio blocco, in una singolare continuità con il potere della mafia tradizionale, si costituisce un nuovo blocco caratterizzato da circolazioni di ricchezze, sviluppo urbano, investimenti nell'edilizia, appalti pubblici, e che dentro questo nuovo blocco ci sono le famiglie mafiose, le stesse che avevano giocato un ruolo di governo nella società contadina, in quelle forme peculiari di sfruttamento. A questo si aggiunge il dinamismo imprenditoriale delle famiglie mafiose, la loro spregiudicatezza, che le porta, negli anni settanta, ad intervenire nel business illecito più redditizio: il traffico della droga. Questo avviene in Sicilia, in Campania, con sfumature diverse in Calabria. La cosa singolare è che in Puglia abbiamo, in uno spazio di tempo circoscritto, il dispiegarsi di questa fase moderna dell'organizzazione e del potere mafioso. Non c'è una tradizione in questa regione. L'organizzazione dei rapporti agrari si presenta in modo profondamente diverso da quella che era stata tipica della Sicilia, dove il modello mafioso si propone, si sviluppa e si impone in modo più chiaro e compiuto. Qui invece abbiamo, in un breve periodo di tempo, il sorgere di una forte organizzazione criminale, che è dedita ad attività illecite di vario genere, che sono tutte quelle proprie della modernità mafiosa. Sta nello sviluppo urbano, negli appalti pubblici, si occupa di estorsioni e in una economia ricca, qual è quella pugliese, l'attività estorsiva diventa una delle attività fondamentali dell'organizzazione criminale; si dedica, anche in collegamento con le altre organizzazioni criminali di maggiore "anzianità", al traffico internazionale della droga. Quindi, tempi brevi, concentrazione di attività e di sviluppo del potere mafioso e sua modernità. Il potere mafioso in Puglia è un elemento dello sviluppo, nasce in relazione alle forme dello sviluppo di quella società: una produzione agricola avanzata, una trasformazione industriale dei prodotti dell'agricoltura, uno sviluppo del terziario, un grande sviluppo di alcune città, a cominciare dal capoluogo della regione, e poi l'espandersi del traffico della droga. Vi è una questione urbana nello sviluppo mafioso della Puglia che si manifesta nel modo in cui sono cresciute quelle città, nell'assenza di luoghi di incontro tali da rappresentare per la gente centri di effettiva partecipazione e di organizzazione. Tutto questo contribuisce al disagio della vita urbana in città come Bari e Lecce, dove la condizione giovanile è pesante e dove la crescita del traffico della droga è molto forte. Perfino in città minori, durante gli anni settanta e soprattutto negli anni ottanta, le forme di vita sono degenerate a vista d'occhio, come ho potuto constatare di persona avendo avuto occasione di trovarmi a Fasano proprio in un periodo particolarmente drammatico per quella città, che si può definire il simbolo di come in un breve giro di anni possa ampliarsi la degenerazione del tessuto civile, di come possa svilupparsi il traffico della droga, di come si possano introdurre ferite profonde nella vita dei giovani e in quella sociale. Pag.2805 Questo è il quadro sommario della crescita criminale in Puglia, fatto abbastanza inedito e senza tradizioni ma che ci porta a parlare di una quarta mafia, di una quarta grande organizzazione mafiosa. Nelle analisi effettuate sulle origini delle organizzazioni mafiose si sottolinea che la prima causa è da ricercare all'interno delle carceri; si sottolinea altresì che questa organizzazione assume riti, forme di affiliazione e simboli che derivano dalla tradizione più profonda della camorra, per intenderci quelli rinverditi da Cutolo nel momento in cui, per condurre vantaggiosamente, con successo, la lotta contro le famiglie tradizionali della camorra, ha rievocato e messo insieme tutte le simbologie della camorra più antica puntando a costituire una vera e propria organizzazione di massa (la novità cutoliana è quella della trasformazione della camorra in un'organizzazione di massa, in un reclutamento molto ampio). Ebbene, all'origine della Sacra corona unita ritroviamo quelle ideologie camorristiche. Nell'ambito del sistema penitenziario si è formato un gruppo dirigente che successivamente si è cimentato in molteplici attività illecite. Tale organizzazione ha una struttura gerarchica molto complessa, come ci ha spiegato Annacondia, stratificata; è tutt'altro che un'organizzazione labile, è invece una struttura forte e interessata a traffici lucrosissimi all'interno di una società ricca e sviluppata di cui cerca di diventare parte. Non può quindi non avere un progetto politico, non può non stabilire rapporti con la società ufficiale, con gli apparati dello Stato con il mondo della politica, con la magistratura. Tutto questo è emerso anche nel corso delle indagini che abbiamo svolto; si tratta di una mafia imprenditrice, di un gruppo dirigente nato già sul terreno delle attività delittuose, già perso alla legalità, un gruppo dirigente che si è formato all'interno delle carceri e che ha messo in atto numerosissime attività illecite fortemente remunerative. Queste ultime pongono però il problema di stabilire rapporti di vario genere con il mondo politico, con le istituzioni, con gli apparati dello Stato. Proprio su questo terreno sono emerse le novità più rilevanti nel corso delle indagini da noi svolte e dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia da noi ascoltato, il quale ha dipinto un quadro molto interessante e compiuto di questa realtà. Colgo l'occasione per segnalare ancora una volta che, durante l'audizione di Annacondia, per la prima volta un dirigente del grande traffico di droga ci ha spiegato come esso funzioni, individuandone, con estrema capacità, i punti cruciali. Avevamo già avuto occasione di ascoltare un altro grande trafficante di droga, Mutolo, ma egli non aveva la stessa lucidità e probabilmente non aveva neanche avuto il ruolo di direzione complessiva che, invece, nell'ambito dell'organizzazione criminale pugliese, ha svolto Annacondia. Egli ha detto anche altro, richiamando la nostra attenzione su fenomeni e aspetti inquietanti della realtà pugliese, anzitutto il rapporto con la magistratura. Non possiamo non sottolineare questo aspetto nella relazione e nei nostri dibattiti, richiamando contemporaneamente il Consiglio superiore della magistratura alla necessità di un intervento sollecito. Dopo quello che abbiamo sentito e saputo (comprese le parti dell'audizione di Annacondia sulle quali abbiamo posto il segreto), non è possibile non mettere tutte le nostre conoscenze e valutazioni a disposizione del Consiglio superiore della magistratura che, proprio in queste settimane, si sta occupando della vicenda inquietante del procuratore della Repubblica di Bari. Vi è un altro problema che abbiamo colto durante le nostre visite: quello del ritardo con cui vengono condotte le indagini per i reati contro la pubblica amministrazione e quelle relative ai rapporti tra criminalità e politica. Per quanto riguarda Brindisi, Lecce e Taranto il problema è stato posto in evidenza dal procuratore generale di Lecce, Lombardi, e da Leonardo Leone De Castris, sostituto a Brindisi. Ritengo doveroso da parte Pag.2806 nostra mettere in luce nella relazione un'indicazione così importante che proviene da fonti responsabili. Inoltre, per quanto riguarda Bari e Foggia, si registra un ritardo della magistratura e delle forze dell'ordine che non consente di capire le dimensioni e le caratteristiche delle organizzazioni criminali presenti in quel territorio. Già nella relazione sulla Puglia di qualche anno fa veniva sottolineata questa valutazione relativamente alla città di Foggia. Ho ascoltato con interesse l'intervento del collega Cafarelli che ha illustrato l'interno della realtà inquietante di Foggia, dove si pone un problema di rapporto tra organizzazioni criminali e mondo imprenditoriale e, più in generale, delle istituzioni, e dove vi è un ritardo storico da parte della magistratura nell'affrontare questo nodo. L'audizione di Annacondia ha fatto emergere un altro elemento, quello relativo al rapporto tra criminalità e politica. Nonostante le sue dichiarazioni vengano raccolte da mesi, non vi sono ancora stati né un'iniziativa giudiziaria né un provvedimento conseguente di riscontro. In Puglia vi sono molti collaboratori di giustizia, che da mesi hanno riempito centinaia di pagine di verbali, ma ancora non si hanno risultati tangibili, nonostante che si sia detto espressamente che tali collaboratori hanno parlato di coperture politiche. E' proprio in questa direzione che l'indagine deve proseguire, mentre da parte nostra vi è l'obbligo di segnalare l'esigenza di farlo con rigore. Annacondia ha denunciato un grave episodio sul quale voglio richiamare l'attenzione della Commissione. Un magistrato ha concesso un'intervista ad un quotidiano locale e ad un'emittente televisiva nelle quali veniva rivelata la collaborazione di Annacondia, che fino a quel momento era segreta. Per quel che riguarda la città di Taranto, se possibile, suggerirei di puntualizzare la descrizione del meccanismo che regola gli appalti e delle compromissioni attorno a questo sistema e a quello delle infiltrazioni criminali, tenendo conto anche delle denunce proposte dal segretario della CGIL Ludovico Vico che, peraltro, risultano a verbale. Penso che, senza grande fatica, si potrebbe aggiungere nella relazione qualche cenno alla situazione che si vive all'interno delle carceri in Puglia in rapporto al maxiprocesso, alla presenza di esponenti della Sacra corona unita, alla condizione di tutela, di sicurezza e di isolamento degli esponenti mafiosi. Com'è noto, uno dei punti di maggior scontro con l'insieme delle organizzazioni mafiose oggi è rappresentato dall'articolo 41- bis dell'ordinamento penitenziario che prevede il trattamento carcerario duro, trattamento che va mantenuto nonostante tutti i tentativi che sono stati fatti e che si stanno facendo per giungere ad un compromesso, in sostanza ad un "non rinnovo" della sua applicazione. Noi siamo invece favorevoli ad un trattamento severo che garantisca la sicurezza e l'isolamento di queste persone; dissentiamo dalla recente iniziativa di un gruppo di parlamentari siciliani che si sono recati nel carcere dell'Ucciardone e dalle polemiche sull'articolo 41- bis che hanno accompagnato la visita dandole una connotazione che per noi è inaccettabile. L'onorevole Lauricella, che appartiene al nostro gruppo, il quale in un primo tempo doveva recarsi all'Ucciardone insieme agli altri parlamentari, non vi è andato proprio per quel motivo. Il relatore Robol conosce certamente meglio di me la realtà pugliese, tuttavia rimetto a lui le mie considerazioni convinto che egli ne terrà conto. VINCENZO SORICE. Signor presidente, colleghi, contrariamente a quanto è stato fino a questo momento affermato, chi vi parla non ritiene di poter condividere l'impalcatura della relazione in quanto giunge ad affermazioni e giudizi definitivi sulla situazione della Puglia che non coincidono con le deposizioni rese in sede di audizione, pur apprezzando il lavoro svolto nella compilazione della relazione e, in modo particolare, l'introduzione del senatore Robol. Pag.2807 Siccome dalla genericità bisogna passare alla specificità, per motivare il mio giudizio negativo desidero ricordare due affermazioni contenute nella relazione. La prima è a pagina 11 dove si legge: "Peraltro, è stato anche rilevato che la regione opera in carenza di qualsiasi programmazione perché le opere vengono ideate e realizzate per lo più in ragione del particolare finanziamento che il singolo comune o il singolo gruppo di pressione riesce a spuntare a livello statale o regionale, soprattutto in ragione" - il termine è riportato proprio tra virgolette - "'del patronato di riferimento'". Tutti vi renderete conto che si tratta di un'affermazione, di un giudizio drastico che non ha riscontro obiettivo nel corpo di tutta la relazione. Partendo dall'ultimo capoverso della pagina 15 si legge: "In Puglia, infatti, come denunciato dal nuovo prefetto di Bari, dottor Catenacci, e dal procuratore generale della corte di appello di Lecce, nonostante il manifestarsi di gravissimi episodi di criminalità economica e di malgoverno (ERSAP, sanità pubblica e convenzionata, acquedotto pugliese, frodi comunitarie), a parte i recenti ordini di custodia cautelare emessi nei confronti dell'ex presidente della regione, Bellomo, e del presidente dell'acquedotto pugliese, la magistratura, tuttavia, ancora non è riuscita a cogliere con sufficiente energia e con chiarezza le indubbie connessioni tra politica, mondo degli affari e criminalità comune ed organizzata". Si tratta di un giudizio pesante sulla magistratura, non acclarato attraverso nessun fatto specifico, anche perché, sotto questo profilo, esistono indagini in corso promosse dalla magistratura stessa. Qual è quindi il punto sul quale non convengo? E' che nella relazione si dà per certa la connessione tra politica, mondo degli affari e criminalità comune ed organizzata. Insomma, un giudizio definitivo sulla situazione in Puglia. A questo punto della relazione, si fa riferimento a fatti specifici partendo dall'audizione del prefetto Catenacci. Andiamo, dunque, a vedere cosa questi ha dichiarato. A pagina 16 del verbale dell'audizione leggiamo quanto il prefetto Catenacci dice a proposito dell'episodio delle Cliniche riunite: "Si vocifera - è una teoria tutta da provare ma sulla quale bisogna avere comunque il coraggio di soffermarsi - che siano finanziate con soldi riciclati". Si tratta, quindi, di una voce. Dopo di che, qualche componente di questa Commissione davanti ai microfoni dichiara che nelle Cliniche riunite vi sono soldi riciclati. Sempre nell'audizione del prefetto Catenacci, a proposito del rapporto tra classe imprenditoriale medica e malavita, si legge: "Posso dire che sono in corso indagini giudiziarie molto approfondite delle quali non so niente e sulle quali comunque non posso esprimermi". C'è pertanto a monte l'affermazione di non saper niente, alla quale il prefetto aggiunge che sono in corso indagini. Un altro argomento di cui ha parlato il prefetto Catenacci è quello degli arricchimenti patrimoniali. Nella deposizione, a pagina 24, rispondendo ad una domanda sul tema rivoltagli dal presidente, egli dice: "Non ho elementi per affermare, ma posso dire che sarebbero indispensabili accertamenti patrimoniali". Questo prefetto, dunque, parla soltanto sulla base di voci, non ha elementi, non sa niente. Quando chi vi parla si pone un problema rispetto all'impostazione data nel mese di luglio, da confrontare con l'audizione tenuta a gennaio, sulla base di un'impostazione diversa, veniamo a sapere che il prefetto Catenacci ricopriva l'ufficio dal 15 gennaio, vale a dire da un tempo a mio giudizio troppo breve. L'impostazione della relazione, però, fa affidamento su queste deposizioni. Il prefetto Catenacci ha fatto poi alcune affermazioni positive che sono scomparse dalla relazione. A pagina 39 dell'audizione, egli dice: "Circa il funzionamento della pubblica amministrazione in provincia di Bari vi è da dire, contrariamente a quanto si possa immaginare, che gli enti pubblici, le istituzioni e gli uffici dello Stato presentano un funzionamento Pag.2808 nel complesso accettabile; lo stesso dicasi dei vari servizi pubblici". Si accentua dunque l'aspetto negativo fondato su voci e poi non si dà conto degli aspetti positivi. Non posso pertanto non denunziare, caro relatore, alcune forzature politiche. Con l'impostazione della relazione si cerca di mettere in evidenza le carenze amministrative e gestionali della pubblica amministrazione, il che rappresenta un classico in un dibattito politico tutto interno. Si cerca di evidenziare il collegamento - oggi, perché fino a ieri così non era - fra alcuni imprenditori ed alcuni amministratori, fatti di comune corruzione; si cerca di identificare la gestione politica come gestione corrotta generalizzata e poi, collegando l'attività malavitosa con alcuni fatti di corruzione, si arriva alla generalizzazione del teorema. Si arriva cioè alla generalizzazione della connessione tra mondo politico, mondo degli affari e criminalità. Questa è l'impalcatura: fatto specifico, singoli episodi, generalizzazione del problema. Ebbene, a questo punto arrivati, ritengo si debba avviare un momento di riflessione che credo non valga soltanto per la Puglia, visto che il problema è metodologico. Mi sono riferito in particolare alla Puglia perché ho avuto modo di approfondire meglio la situazione locale. Certamente non è il momento di minimizzare e noi abbiamo il dovere morale di andare a fondo per perseguire concretamente lo scopo di combattere la criminalità. E' altrettanto certo che non possiamo rimanere indifferenti davanti ai fenomeni di corruzione emersi nella gestione in Puglia, come in Calabria e in Lombardia, cioè su tutto il territorio nazionale. Non possiamo non essere preoccupati per l'aumento dell'attività criminosa che richiede un accurato approfondimento da parte della Commissione. Bisogna, quindi, vigilare ed essere sufficientemente sereni per non lasciarsi trascinare dalla passione di parte. Infatti, nel momento in cui la passione politica prevale oggettivamente sull'attività istituzionale della Commissione, sia pure in buona fede si viene meno a quella che è la sua funzione. Rispetto agli anni precedenti, dobbiamo ammettere che la Commissione antimafia ha assunto un ruolo importantissimo, probabilmente in ragione della situazione, o ancora dell'attivismo del presidente, della capacità della Commissione stessa di essere presente. Conseguentemente, le considerazioni e i giudizi definitivi di questa Commissione hanno rilevanza non soltanto per il Parlamento. Ne hanno infatti una all'esterno molto maggiore di quanto si possa immaginare. In altre parole, un giudizio della Commissione antimafia è una vera e propria sentenza per la pubblica opinione e per gli organi istituzionali. Dobbiamo, dunque, cercare di essere coscienti della funzione che svolgiamo e perciò dobbiamo chiederci innanzitutto cosa sia la Commissione antimafia. Essa, in base alle norme vigenti, gode delle stesse prerogative dell'autorità giudiziaria, per cui è portata a svolgere una funzione inquirente. Essa, inoltre, si avvale degli apporti informativi delle forze dell'ordine, le quali per l'appunto svolgono attività inquirente. Come si evince dalle singole audizioni, i primi ad essere ascoltati sono stati i procuratori ed i sostituti procuratori della Repubblica. La Commissione, dunque, si avvale anche e soprattutto dell'apporto della magistratura inquirente. Così, mentre tutta l'attività della Commissione è impostata come inquirente, a conclusione dei nostri lavori inascoltata altera parte - emaniamo giudizi. Vi renderete ben conto che ci troviamo di fronte ad un capovolgimento dello Stato di diritto. I nostri giudizi, però, non hanno più le garanzie giurisdizionali e, se me lo consentite, non hanno più neanche le garanzie della professionalità. Abbiamo ascoltato le dichiarazioni di un prefetto che forse abbiamo investito di poteri superiori a quelli propri della sua funzione: un prefetto ormai va ad indagare in procura, si dà da fare. Pag.2809 In conclusione, ci troviamo ad emettere un giudizio su un'attività esclusivamente inquirente condotta dalla Commissione e tale giudizio ha notevole incidenza sui fatti, sulle persone e sulle considerazioni di ordine generale. Ritengo, quindi, che si debba essere più prudenti. Abbiamo tanto discusso sulle comunicazioni giudiziarie, sugli avvisi di garanzia che alterano il rapporto fra il cittadino e la società: potete bene immaginare quali effetti abbia un giudizio emesso in una nostra relazione. Senza entrare nel merito dei singoli episodi - rispetto, infatti, l'impostazione del relatore anche se non la condivido - desidero far rilevare che, nel momento in cui le relazioni diventano sentenze, almeno dobbiamo intenderci sui termini. Altrimenti, la situazione diventa pericolosa. Una prima cosa che chiedo al relatore riguarda pagina 27, dove è riportata un'affermazione molto importante e pesante: "Il quadro presentato dalla Commissione nel corso della seconda audizione è tale, insomma, che non appare più proponibile presentare la criminalità barese soltanto come una forte, radicata e ben organizzata società a delinquere. Il livello è più alto e va ricercato nei collegamenti che questa società ha con il mondo politico, con le amministrazioni pubbliche, con la imprenditoria, con i professionisti, con la magistratura". MASSIMO BRUTTI. Così è. VINCENZO SORICE. A questo punto, chiedo cosa sia il "mondo politico". Dobbiamo specificare cosa sia, dobbiamo andare all'identificazione delle responsabilità. Il "mondo politico" è il segretario della mia sezione di partito, è stato il Presidente del Consiglio dei ministri, è il deputato, è l'amministratore, è il commentatore politico. Dobbiamo specificare questo "mondo politico", perché altrimenti procediamo ad una generalizzazione della responsabilità e, quando la responsabilità diventa generale, automaticamente si attutisce quella individuale. Su questo punto è necessario che nella relazione ci sia specificità, portando in luce quelle che sono state le audizioni e i fatti particolari. Abbiamo ascoltato la magistratura e le forze inquirenti e per alcuni di questi soggetti non esiste l'opponibilità del segreto; quindi siamo nelle condizioni di specificare. Un'altra questione che si riallaccia a quanto ho prima considerato è trattata a pagina 16, quando in riferimento al dottor Catenacci ed al procuratore generale della corte d'appello si afferma: "nonostante il manifestarsi di gravissimi episodi di criminalità economica e di malgoverno". Che cos'è il malgoverno? Chiedo che venga specificato. Malgoverno significa, per la Commissione antimafia, che i bilanci non sono in pareggio? Che c'è infiltrazione criminale all'interno di un ente? Che c'è un dispendio di risorse pubbliche a danno della comunità? Che ci sono fatti di corruzione? Questo generico riferimento a malgoverno che sintonia ha con la funzione della Commissione? Dobbiamo allora cercare di essere precisi; è perciò che chiedo una "rivisitazione" di quanto affermato: se sono state individuate responsabilità di soggetti nel corso delle audizioni - evito di riportare alcune indicazioni fornite dal prefetto, di estrema genericità dato il breve periodo della sua permanenza a Bari - non si può con la dizione "malgoverno" annullare anni di attività che hanno avuto una rilevanza anche di carattere sociale. Con una parola si distrugge un sistema e non è questa l'intenzione né del relatore né di chi vi parla. Proprio perché la Commissione sta svolgendo un'attività inquirente e data la sua importanza, dobbiamo procedere all'identificazione delle responsabilità penali soggettive, non generiche. Ricordiamoci che la responsabilità penale è soggettiva e che innestare un meccanismo di responsabilità oggettive significa andare fuori dal proprio seminato. Mi permetto di superare ogni tentazione di teorizzazione di un rapporto in base a fatti specifici, perché il nostro Pag.2810 compito è quello di identificare le responsabilità personali dei soggetti che hanno commesso o che si sospetta possano commettere azioni delittuose. Solo così la nostra funzione è precisa. Certamente, in questa fase d'attività della Commissione, abbiamo il dovere di isolare dal resto della società civile i corrotti, i criminali, i violenti. Questo è il nostro obiettivo. Tuttavia, se generalizziamo la responsabilità, finiamo per favorire la corruzione, la violenza, la criminalità, perché nessuno si sente responsabile e la società civile non potrà più discernere tra buoni e cattivi. In questa luce, non condivido la corsa dei prefetti a proporre, e del Governo a decretare, lo scioglimento dei consigli comunali. Credo che oggi ci sia proprio una gara a chi riesce a far sciogliere più consigli comunali, immaginando di aver risolto così i problemi della criminalità organizzata. Il mio giudizio negativo non esclude che ci sono casi verificati di collusione tra criminalità organizzata e gran parte dei pubblici amministratori; in questi casi bisogna intervenire e bisogna farlo con decisione, così come abbiamo fatto. Ritengo però che sia più giusto individuare le responsabilità dei singoli amministratori e allontanarli con provvedimenti specifici, perché altrimenti rischiamo di distruggere il tessuto democratico del nostro paese. Il rischio che corriamo è quello di allontanare la gente: non si può immaginare di sciogliere un consiglio comunale per due o tre fatti delittuosi commessi da uno o due amministratori sospettati e non ancora giudicati e sciogliere un consiglio comunale, mandare a casa una rappresentanza dei cittadini senza sapere, alla fine, chi sia il responsabile. Peggio: in tal modo rischiano di essere accomunate in un giudizio negativo anche quelle persone perbene che, di conseguenza, non possono fare altro che allontanarsi dalla vita politica. La democrazia di un paese non cresce né con la nomina dei commissari, né con le regole dello Stato di polizia: questa è la distruzione della democrazia nel nostro paese. Mi permetto allora di proporre una revisione della legge n. 221 del 1991, sullo scioglimento degli organi rappresentativi degli enti locali, inquadrandola nel clima di quella responsabilità soggettiva che dobbiamo cercare di individuare in coloro che sbagliano. Dobbiamo altresì fare più attenzione ai fatti delittuosi che, nei comuni, coinvolgono i singoli amministratori ed attribuire le responsabilità di rilevanza penale. Collegando il rapporto tra mondo politico e criminalità organizzata, viene compiuta una forzatura, a volte con un po' di passione di parte perché, immaginando questo collegamento, si è a volte tentati di trasferire su un altro piano la lotta politica: ciò che l'elettorato non è riuscito a dare si potrebbe raggiungere con altri sistemi. Si dimentica però una cosa molto importante e cioè che il punto di riferimento della criminalità è il mondo politico ma anche, in sé e per sé, il potere: la criminalità organizzata intende dialogare con il potere nelle sue articolate espressioni, non solo con quello identificato nel mondo politico. Anzi, mai come in questo momento che il mondo politico è in una posizione di debolezza, non credo che si possa combattere la criminalità soltanto individuando questo collegamento. Tale linea potrà soddisfare qualche appassionato di politica ma non consente di vincere i fenomeni criminali. Siamo perciò preoccupati per il consolidamento del sistema dei rapporti tra criminalità e potere, nelle sue articolazioni. Dalle indicazioni che stiamo ricevendo, emerge che il potere non è solo quello politico. Tralascio una discussione che meriterebbe quel maggior approfondimento che non viene accettato in questa sede ma che sarà motivo di discussione: mi riferisco al ruolo della magistratura nella lotta politica. Gli avvenimenti che si stanno verificando anche a Bari vanno approfonditi meglio, così come l'aumento dei magistrati candidati alle elezioni politiche, anzi - ed è ancora peggio - dei papabili a queste elezioni. Dobbiamo porci seriamente questo problema, perché, pur ri Pag.2811 spettando tutti, ritengo che non si possa essere candidati nello stesso distretto nel quale si svolge attività giudiziaria. Il problema è stato affrontato dal Ministero di grazia e giustizia ed è serio, basta guardare il numero dei magistrati presenti in Parlamento che provengono da quel tipo di collegio. Alla vigilia di elezioni svolte con questa impostazione, vedrete quanti pretendenti ci saranno e ci sono. L'argomento dovrà essere approfondito, ma desidero trattarlo adesso, esaminando la relazione, in modo tale che vi sia un punto di riferimento. Dopo aver svolto queste considerazioni di carattere generale, vorrei brevemente affrontare alcuni fatti specifici. In proposito ho presentato alcuni emendamenti, che mi riservo di illustrare successivamente. In primo luogo, mi riferisco al rilevante problema concernente le Cliniche riunite. Non entro nel merito, perché la magistratura sta indagando, però rilevo un fatto molto grave che ci è stato spiegato dal procuratore della Repubblica e del quale si sta occupando il Consiglio superiore della magistratura. Nella relazione, onorevole relatore, a proposito delle Cliniche riunite si compie un'affermazione pesantissima per tutto il mondo politico: "nonostante un procedimento penale aperto nei confronti delle Cliniche riunite per questioni di rimborsi regionali non spettanti e nonostante vi sia un elenco di 70 indagati, tra i quali quasi tutti i più alti esponenti della vita politica ed economica pugliese, per aver segnalato soggetti mafiosi per assunzioni alle Cliniche riunite...". Dove sta questa certezza? Siamo di fronte ad un elenco di 70 persone non ancora individuate, irritualmente inserite nel registro degli indagati, perché non è specificato il reato. Sapete che bisogna procedere all'iscrizione nel registro degli indagati, con tutte le generalità, identificando il soggetto ed il reato; solo così scattano i famosi sei mesi per le indagini; quindi siamo in una situazione irrituale perché ancora non c'è stata l'identificazione, per alcuni soggetti il nome e cognome sono da identificare e non è stata definita l'ipotesi di reato. Eppure, si dà per certo che il mondo politico ha segnalato il nome di mafiosi alle Cliniche riunite. Potrà anche essere vero, ma non è possibile immaginare che una relazione diventi una sentenza che anticipa un giudizio che deve ancora essere dato. Per non parlare della questione del Petruzzelli. Tale questione è sostanzialmente smentita dai fatti: è sufficiente rileggere l'atto di annullamento dell'ordine di custodia cautelare del gestore per rendersi conto come salti la teoria, riportata in questa relazione, del collegamento tra imprenditoria, mondo politico e criminalità organizzata. In una relazione non si può affrontare in modo specifico elementi di questo genere! In altri termini, immaginare un rapporto tra imprenditoria, mondo politico e criminalità organizzata sulla base di un semplice ordine di custodia cautelare, annullato successivamente dal tribunale, dando per certo un giudizio definitivo su una vicenda che indubbiamente ha ancora bisogno di affermarsi. Di qui le preoccupazioni che avvertiamo. Vogliamo anche parlare dell'acquedotto pugliese rispetto al quale vi sono tre fatti specifici. Nella vicenda dell'acquedotto pugliese ci siamo trovati di fronte agli arresti domiciliari del presidente per aver emesso un decreto, o una delibera, durante il periodo della siccità, anticipando - o dando già per emanato - un decreto di finanziamento da parte del ministro della protezione civile, giunto con un ritardo di ventiquattro ore. L'accusa era falso ideologico. Vi sarà certamente un rinvio a giudizio, perché - secondo quanto si dice - durante la siccità vi fu un rapporto telefonico nel quale il ministro garantì l'intervento: la siccità si è avuta in agosto, nel periodo di massima irrigazione, ed ha creato difficoltà per le popolazioni tanto che il consiglio di amministrazione, in base all'affidamento del ministro, anticipò un provvedimento, giunto puntualmente 24 ore dopo. E il magistrato, su denuncia, ritenne di dover emettere un ordine di Pag.2812 custodia cautelare, sia pure con arresti domiciliari: ebbene, tutto ciò induce la relazione a parlare di malgoverno nell'acquedotto pugliese. Vi rendete conto dell'assurdità dell'impostazione? Ho voluto citare tre casi nel tentativo di ristabilire l'impostazione della relazione. E' un lavoro enorme e impegnativo, ma proprio per la funzione che sta assumendo la nostra Commissione e per il rispetto che ad essa viene portato, evitiamo di creare accuse o teoremi, svolgendo soltanto un'azione inquirente, non di confronto. Se accanto all'azione inquirente degli organi istituzionali a ciò preposti, ossia la magistratura, si aggiunge - come sostiene il senatore Capuzzo - l'azione di trascinamento degli organi periferici dello Stato, privi di una specifica professionalità, si creano solo polveroni senza andare al cuore delle vicende. Ciò rientra nel più generale ed impegnativo tema della riforma che insistentemente chiedo - e ne ho già parlato con il ministro Mancino - della legge sullo scioglimento dei consigli comunali. Non possiamo criminalizzare il tessuto democratico del nostro paese andando a caccia di affermazioni folcloristiche e senza incidere nel cuore delle diverse questioni. Signor presidente, credo che il mio capogruppo abbia già avanzato una richiesta affinché, prima di passare alle dichiarazioni di voto e alla votazione finale, si svolga una riflessione. La chiede il gruppo della democrazia cristiana, una volta acquisita la disponibilità del relatore, affinché, tenendo presenti gli elementi oggettivi verificati dalla relazione in esame, si ristabilisca la verità dei fatti con i dovuti confronti e accertamenti. In tal modo, anche i deputati della Puglia potranno, con serenità, dire di aver svolto il proprio dovere, quello cioè di combattere la criminalità e ricreare nel nostro paese un clima sereno di legalità. PRESIDENTE. Onorevole Sorice, abbiamo convenuto che il 1^ ottobre la relazione sarà oggetto di un ulteriore approfondimento. La sua richiesta pertanto ritengo possa considerarsi soddisfatta. Dal punto di vista politico le conclusioni verranno tratte in quella data. La presidenza è comunque favorevole al rinvio delle conclusioni finali. UMBERTO CAPPUZZO. Signor presidente, mi chiedo se, dopo aver ascoltato un intervento tanto motivato e completo, che va alle radici del problema, non convenga dedicare alle considerazioni fatte dal collega Sorice una seduta ad hoc . I problemi sottolineati dal suddetto collega sono rilevantissimi: si va dalla impalcatura della relazione alla metodologia seguita, dalle prospettive future alle correzioni da apportare, e le considerazioni - da me condivise quasi totalmente - risultano pesanti e di grandissimo interesse. Mi dispiace che non siano presenti tutti i componenti la Commissione, perché avrebbero potuto ascoltare considerazioni che vanno al di là della situazione pugliese. Per quanto mi riguarda, non avendo partecipato a nessuna riunione in cui è stata affrontata la realtà di quella regione, mi limiterò a formulare valutazioni di carattere generale. Non possiamo trastullarci con considerazioni di tipo sociologico, da più parti ribadite e macinate, perché la Puglia costituisce un esempio emblematico al fine di capire come un'area non toccata da fenomeni di criminalità organizzata nel passato, ad un certo punto si è trovata coinvolta in tali attività. Sarebbe stato utile chiedersi quali ragioni siano sottese al mutamento della situazione. Sono reduce, insieme con il relatore, da una visita che per me - che sono siciliano - rappresenta un insegnamento più importante e valido di quelli acquisiti con le audizioni dei pentiti: mi riferisco al sopralluogo nelle borgate di Ciaculli, Settecannoli e Brancaccio a Palermo - alle quali forse sarebbe opportuno dedicare una apposita seduta - per comprendere quale sia l' humus che consente lo sviluppo della criminalità organizzata e indirettamente comprendere dove sono Pag.2813 collocate le carenze, le omissioni, le latitanze; che cosa significa mal governo e in quali punti si annida. ALBERTO ROBOL, Relatore. Salvo poi ascoltare i parlamentari siciliani, i quali affermerebbero che non corrisponde al vero! UMBERTO CAPPUZZO. No, il problema va al di là del fatto politico. (Commenti del senatore Robol ). Caro Robol, anche dove opera il commissario si registrano carenze! Non bisogna attendere le riforme istituzionali o le leggi speciali per eliminare l'immondizia oppure rimuovere autoveicoli fuoriuso abbandonati da anni, senza che l'autorità dello Stato si sia affermata! Non occorrono leggi speciali per pretendere che i cittadini dormano tranquilli o che la borgata sia affidata ai facinorosi! Non occorrono leggi speciali per ottenere che le strutture sociali e quelle sanitarie siano difese dai cittadini e dalle forze dell'ordine: il controllo del territorio deve essere visto ed attuato in un'ottica moderna. Non è lo scarrozzamento delle forze di polizia, dei carabinieri o della Guardia di finanza a dare sicurezza ai cittadini, ma una presenza vigile, capace di intervenire in tutte le carenze. Solo così si può dire se il problema è politico o amministrativo ed individuare chi dovrebbe operare e non lo fa! Tornando alla Puglia, ricordo che nella precedente legislatura partecipai ad una visita nella zona del brindisino. Sono stato colpito dalla presenza di 50 battelli utilizzati per il contrabbando, tutti di color blu: ebbene, mentre questi mezzi erano schierati davanti a noi, la Guardia di finanza e le forze dell'ordine si baloccavano chiedendosi a chi spettasse l'intervento e se si potevano o meno affondare! Non solo: i possessori di questi battelli, pur risultando nullatenenti, spendevano 3 milioni al giorno per l'approvvigionamento del carburante! Signori miei, mi chiedo: vogliamo veramente individuare alle radici il punto dolente per intervenire efficacemente contro la criminalità organizzata? Senza trarre un utile politico, accusando questo o quell'altro, e senza assistere ad uno stomachevole adeguamento delle strutture amministrative che si muovono secondo le correnti, solo perché fa comodo. Quanto allo scioglimento dei consigli comunali - anche in questo caso concordo con l'onorevole Sorice - occorre verificare che cosa non ha funzionato. Da questo punto di vista la Puglia è un caso ideale, perché, come ho detto in precedenza, nel passato la mafia non esisteva, mentre ora vi è la criminalità organizzata. E' un caso ideale su cui dobbiamo riflettere per evitare di ripetere gli errori compiuti, dal momento che per un effetto di trascinamento o di contagio è probabile che altre regioni subiranno la stessa sorte. Dobbiamo pensare a provvedimenti legislativi ed amministrativi per affrontare la situazione presente, ma anche ad iniziative di carattere sociale ed interventi politici per evitare, in futuro, che altre regioni si allineino sulla posizione pugliese. Il quesito di fondo è quello posto dall'onorevole Sorice e riguarda il rapporto tra criminalità e potere. Si tratta di un rapporto non soltanto di connivenza voluta, ma anche di soggiacenza per deterrenza, perché si ha paura e perchè non è comodo fare certe cose. Chi denuncia sa che andrà incontro a determinati pericoli e non è protetto. Nel caso delle estorsioni - assai convincenti - non esiste la collaborazione della vittima, perché questa sa di dover subire. Questa è la verità: la latitanza dello Stato - con le attuali possibilità - di fronte a fatti che dimostrano come il potere vero e il potere legale si debbano adeguare a questa filosofia. Signor presidente, se fosse possibile, inviterei il collega Sorice a fare una sintesi delle considerazioni odierne, a cui far seguire un dibattito, fermo restando che la relazione dovrà essere emendata in taluni punti nel senso indicato dal collega Sorice, per proseguire in futuro avendo ben chiara una metodologia. Fatta salva la possibilità di capire chi abbiamo ascoltato, Pag.2814 perché diamo un giudizio che oltre ad essere politico ha una sua rilevanza sotto il profilo giudiziario e costituisce un avallo. Alla luce dei dati acquisiti durante la recente visita a Palermo, occorrerà discutere per decidere come andare avanti, considerato il tempo che ancora rimane a questa legislatura. La Puglia è degenerata nel giro di un quinquennio: a parte la microcriminalità barese, ossia i famosi "topini" ed il contrabbando dei tabacchi degenerato in commercio di droga, il resto della regione era immune dal fenomeno criminale. Ripeto, è inutile soffermarsi su considerazioni di tipo sociologico, mentre più importante e utile è capire il motivo dello sviluppo del fenomeno criminale, dove vi sono stati "buchi" nell'azione dello Stato, delle forze dell'ordine, della magistratura, le eventuali collusioni che certamente possono esistere. La politica esprime attraverso il sistema democratico tutto quello che vi è nella società: è chiaro che anche nelle forze politiche possono esservi elementi che rappresentano interessi non certamente puliti. Ciò detto, chiedo scusa al senatore Robol per non aver potuto approfondire la relazione, la cui parte iniziale può essere perfettamente condivisa. Penso che le precisazioni indicate dal collega Sorice, che sono molto puntuali perché si danno dei giudizi quando ancora questi non sono definitivi, devono essere corrette per questioni di metodologia, al di là del caso Puglia, ad evitare che diamo un sigillo di validità ad affermazioni che finiscono per avere incidenza anche sul piano giudiziario. Infatti "l'ha detto l'Antimafia" è ormai una frase che vedo costantemente ripetuta, perché è molto apprezzato anche dai magistrati avere una considerazione a un così alto livello democratico. Ritengo pertanto che le giuste valutazioni del collega Sorice potrebbero fornire lo spunto, in una prossima seduta fatta salva la relazione ed eventualmente modificata per essere approvata nei tempi previsti -, per meditare su eventuali audizioni future e su eventuali conclusioni in sede di relazioni future. GIROLAMO TRIPODI. A differenza dell'onorevole Sorice apprezzo lo sforzo compiuto dal relatore e quindi ritengo che la relazione sottoposta alla nostra approvazione rappresenti un documento che sostanzialmente rispecchia gli elementi emersi a seguito dei sopralluoghi compiuti in Puglia e delle audizioni che abbiamo svolto in questa sede di esponenti della magistratura e di alte autorità dello Stato. PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PAOLO CABRAS GIROLAMO TRIPODI. Abbiamo la conferma di una realtà sociale che vede la presenza massiccia di organizzazioni criminali denominate in quella zona Sacra corona unita; pertanto, quanto affermavamo, e cioè che in questi anni si è verificato un allargamento della presenza delle organizzazioni mafiose, non è smentito dalla relazione, la quale anzi conferma la gravità della situazione in Puglia, che in pochi anni è stata invasa dalle organizzazioni criminali anche se non ha raggiunto ancora i livelli della Sicilia, della Calabria e della Campania. Ci troviamo di fronte ad una situazione che non può essere sottovalutata dal punto di vista della sua pericolosità. Il collega Sorice ha inoltre introdotto elementi molto allarmanti sul ruolo stesso della Commissione e sul modo in cui deve essere condotta la battaglia contro la mafia, i suoi collegamenti, gli intrecci, le collusioni e le complicità fra il mondo politico, quello imprenditoriale, le istituzioni e cosche mafiose. Credevo che questa mattina si dovesse discutere la relazione sulla Puglia, diversamente è stata posta in discussione la strategia che fino a questo momento abbiamo portato avanti, questa Commissione ed anche la precedente Commissione antimafia, nonché il metodo di lavoro ed i risultati che sono stati raggiunti. E' un fatto che Pag.2815 ritengo allarmante e che non può essere assolutamente sottovalutato; andiamo pure ad un confronto, anche se ritengo che l'elemento che è stato introdotto sia destabilizzante, collega Sorice. Non è un elemento di aiuto per la ricerca di possibili lacune nel lavoro della Commissione, perché si pone in discussione tutta la strategia di contrasto nella lotta alla mafia, nonché gli strumenti che sono stati utilizzati fino a questo momento. Questo è un fatto che deve preoccupare. Certamente, ognuno si assume le sue responsabilità e, per quanto mi riguarda, non condivido, anzi respingo, questo attacco alla strategia di lotta. Ritengo altresì che le questioni che emergono dalla relazione sulla presenza di attività criminali dell'organizzazione mafiosa in Puglia evidenzino indubbiamente le stesse origini della loro crescita: quelle che abbiamo individuato in Sicilia, in Calabria ed a Napoli. La mafia, la 'ndrangheta, Cosa nostra o la Sacra corona unita sono cresciute perché hanno trovato forme di gestione e di complicità, seppure qualche volta indiretta (ma io ritengo che vi siano state complicità dirette); anche se in Puglia non è emerso, vi è stato il sostegno da parte della Sacra corona unita alle forze politiche durante la campagna elettorale, cioè il voto di scambio. Questo dalla relazione non viene fuori ed io ritengo invece che bisogna approfondirlo; non credo infatti che la Sacra corona unita sia un'organizzazione avulsa e distante, isolata ed emarginata rispetto all'assetto istituzionale, politico e così via. Si dice - l'abbiamo detto altre volte ed è contenuto nei documenti che abbiamo approvato - che vi è stata una saldatura fra organizzazioni criminali pugliesi e 'ndrangheta calabrese, che si è allargata verso la regione Puglia, così come è avvenuto per la camorra napoletana. Abbiamo altresì appreso che vi sarebbero episodi di collegamento anche con Cosa nostra, così come è contenuto nella relazione. Se questo è avvenuto, non vi è dubbio che qualcosa ha favorito questa possibilità di espansione. Non è soltanto il problema del tipo di sviluppo nei settori economici, perché è noto che la mafia interviene dove vi sono flussi finanziari dello Stato o trasformazioni in agricoltura che hanno reso l'attività agricola più industrializzata e più soggetta alla commercializzazione e quindi alla presenza di operatori sospetti di appartenenza alle organizzazioni mafiose. Credo che vi siano anche altre responsabilità, che vanno ricercate nella gestione. Non sono d'accordo, collega Sorice in Puglia sono intervenute le leggi regionali per quanto concerne la gestione dei fondi per la formazione professionale e la regione Puglia è stata posta sotto inchiesta; non è che queste cose non abbiano contato. Quanto si è verificato nei comuni di Terlizzi e di Mesagne non è stato un incidente; forse la norma della legge sullo scioglimento dei consigli comunali inquinati è stata applicata aseguito di un'informazione superficiale che poi ha coinvolto tutti. Si possono verificare anche queste cose, tuttavia a Terlizzi per poco non c'è stata una strage a causa di un autobomba. E' azzardato, è pericoloso, collega Sorice, quando si dice ... VINCENZO SORICE. Nessuno dice che non ci sia! GIROLAMO TRIPODI. ... che abbiamo dovuto guardare queste cose. Guardiamole queste cose! A parte che ciò non è collegato al problema della Puglia, perché abbiamo già discusso della questione approvando una relazione il 25 febbraio scorso ... VINCENZO SORICE. Come si spiega che il procuratore della Repubblica di Trani protegge il comandante dei vigili di Terlizzi? Anche questo dobbiamo spiegare. GIROLAMO TRIPODI. Questo conferma il mio giudizio e cioè che dobbiamo ancora scavare, andare a fondo. VINCENZO SORICE. Bravo! Pag.2816 GIROLAMO TRIPODI. Esistono ancora elementi più torbidi della situazione che abbiamo di fronte. Alcuni mesi fa tutti abbiamo approvato la relazione presentata dal vicepresidente Cabras e l'abbiamo mandata ai due rami del Parlamento e ad altri organi, ma naturalmente non abbiamo contestato il valore della legge, non abbiamo detto che bisogna abolirla; abbiamo suggerito alcuni accorgimenti e la creazione di alcuni poteri, abbiamo indicato che vi può essere il pericolo della riproduzione della precedente presenza delle cosche mafiose, abbiamo lanciato un allarme dicendo che in alcune zone, come a Lamezia Terme, le forze mafiose che prima dominavano ora continuano a dominare e che dietro ad esse vi sono anche alcune forze politiche. Dobbiamo stare attenti a questo e dobbiamo fare un approfondimento - questo è il nostro compito - non rimettendo in discussione il lavoro specifico per quanto riguarda la Puglia ma anche quello più complessivo che si sta svolgendo e che ha portato ad alcuni risultati nella lotta alla mafia. Sappiamo, peraltro, che in questa fase la criminalità organizzata, la mafia, ha subito dei colpi, ma, nonostante ciò, cerca di distruggere la caserma di Gravina mentre i carabinieri sono all'interno di essa o uccide don Puglisi a Palermo. Sappiamo inoltre di altre vicende, tra cui quella dell'esplosivo nel treno. Voglio dire che in questo momento esistono gravi rischi e pericoli per le istituzioni a causa della mafia nelle zone di cui stiamo discutendo. Per quanto riguarda la Puglia, non possiamo evitare di partire dalla considerazione dell'esistenza del sistema di affarismo e di gestione clientelare determinatosi negli enti locali. Si tratta di fatti che sono venuti alla luce e debbono essere esposti. Dobbiamo approfondire le questioni relative alla regione, alle province, ai comuni ed alle USL; dobbiamo, ad esempio, approfondire la vicenda delle Cliniche riunite; è allarmante, inoltre, il fatto che in Puglia vi siano state infiltrazioni nella magistratura. Aggiungo la questione dell'utilizzazione dei fondi dell'AIMA e la vergogna del caporalato, fenomeno che avrebbe potuto essere combattuto e che si collega all'esistenza della criminalità diffusa. Sono quindi del parere che ciascuno si debba pronunciare circa l'opportunità di riscrivere nuovamente la relazione in esame, che è già stata riscritta a seguito dei clamorosi sviluppi della situazione dell'ordine pubblico in Puglia e dell'emergere di gravi problemi di funzionamento delle istituzioni (si pensi al caso del tribunale di Bari). Non conosco il tenore degli emendamenti presentati e di quelli preannunciati dall'onorevole Sorice. Tuttavia, se essi rispecchiano alcune osservazioni che ho ascoltato questa mattina, non credo si possa approdare a qualcosa. Bisogna discutere della questione generale? Non condivido questa ipotesi ed anzi la ritengo dannosa. In sostanza questa mattina è stato detto che bisogna ridiscutere tutto; ebbene, mi pronuncio fin d'ora contro tale ipotesi: dobbiamo discutere della Puglia, argomento sul quale ognuno può aggiungere quanto crede. Non si può rimettere in discussione tutto il lavoro effettuato né la strategia seguita. Sono calabrese come altri colleghi sono siciliani o campani, ma in questo momento dobbiamo prescindere dalle nostre origini e dare il nostro contributo, se siamo convinti del fatto che le organizzazioni criminali rappresentano un pericolo per la democrazia. Abbiamo criticato in certe occasioni il modo in cui sono state utilizzate le forze dell'ordine, ma ritengo che non sia questo il problema in quelle zone in cui la libertà del cittadino è abolita dalla mafia e l'esercizio della democrazia è vietato. In queste aree non si tratta di impiego delle forze dell'ordine e di altre forze dello Stato, che pure possono commettere errori e che a volte presentano al loro interno settori addirittura conniventi: se non vi è controllo del territorio, se il cittadino non è libero di investire ed anzi vede messa in pericolo la sua incolumità Pag.2817 fisica, non credo che ciò dipenda dalle forze dell'ordine, bensì dalla presenza mafiosa. Per questo abbiamo il dovere di essere uniti nella battaglia: inserire elementi di confusione non aiuta il nostro lavoro ma le forze contrarie alla democrazia e quindi, direttamente o indirettamente, le organizzazioni criminali. GIOVANNI FERRARA SALUTE. Per la verità, non avevo pensato di dover intervenire in ordine alla relazione in esame, che non ho avuto tempo di approfondire. Inoltre, come il collega Cappuzzo, non mi sono occupato in particolare della Puglia. Sono stati però posti alcuni problemi di carattere metodologico, sui quali, per il rilievo che rivestono, vorrei esprimere la mia opinione. Ricordo benissimo che esiste un vecchissimo problema che sempre si pone per le Commissioni d'inchiesta: cosa si debba cioè fare quando si va in parallelo e, in un certo senso, ci si sovrappone al lavoro della magistratura e cosa voglia dire svolgere una funzione inquirente ed emettere giudizi di carattere generale. Ricordo che vi è stata un'epoca in cui si manifestava la tesi, fortunatamente tramontata (e tramontata ingloriosamente, perché molte persone che la sostenevano sono oggi sotto inchiesta o addirittura in prigione), che non si potesse emettere alcun giudizio addirittura fino al momento in cui non fossero intervenute sentenze passate in giudicato. Si poteva quindi giungere al caso limite di altissimi personaggi politici sulla cui fedeltà alle norme di buon costume ed al rispetto del codice penale non si poteva dire nulla fino alla fine dell'iter giudiziario. Questo dà luogo ad una curiosa operazione: desidero richiamare l'attenzione dei colleghi su un fatto sul quale non si riflette abbastanza: quando noi temiamo, e giustamente, il governo politico del paese da parte dei giudici, dimentichiamo che ciò deriva dal fatto che le funzioni di autocontrollo sul corretto esercizio dell'amministrazione e del potere politico non sono state esercitate dal mondo politico. E' evidente che, se si stabilisce il principio che non si rimuove e non si manda di fatto (certo non di diritto ma di fatto) in pensione dalla responsabilità politica una persona sospettata per anni ed anni, succede che quella stessa persona, il giorno che non viene più rieletta, finisce in prigione. Ci si chiede allora perché mai non ce ne fossimo accorti prima. Non faccio casi specifici, ma ricordo benissimo la vicenda di una persona di cui si diceva, si diceva e si diceva e, poiché tutti affermavano che non vi era niente di provato, essa continuava a fare il parlamentare o il sottosegretario (non ricordo esattamente); ebbene, questa persona è poi finita in manette. Se non siamo noi a ripulire continuamente il paese, lo ripuliscono i magistrati. Se affidiamo ai magistrati il compito ultimo e definitivo non solo del normale esercizio delle loro funzioni, ma addirittura dell'individuazione dei problemi e dei processi in atto, è chiaro che ci espropriamo del nostro stesso potere. Poi, ci lamentiamo se i magistrati prevaricano, ma essi lo fanno in presenza di un vuoto politico. L'esperienza della storia ci insegna queste cose. Il caso di scuola è quello dell'ultimo secolo della Repubblica romana, che fu caratterizzato da processi politici. E vai a sapere quale verità vi fosse in tali processi: certamente vi era della verità ma anche della non verità; il fatto è che, poiché la nobilitas romana non si emendava da sola, si finiva a colpi di processi per esiliare la gente, per condannarla o anche per assolverla. Questo è fatale! Chiedere quindi che non si dica nulla di nessuno o di nessuna situazione finché la magistratura non sia arrivata al dunque significa delegarle compiti ultimativi e non poter dire più nulla quando essa arriva a certe conclusioni. Sto dicendo delle cose banali, scusatemi, colleghi, ma vedo che periodicamente questi problemi risorgono. Ha ragione il collega Tripodi a dire che di Pag.2818 queste cose non dovremmo più discutere, ma evidentemente esse sono scottanti e finiscono per risorgere anche a livello metodologico. Il nostro compito è anche quello (che si può svolgere con maggior o minor discrezione, riuscendo più o meno bene a portarlo a termine) di informare il Parlamento ed il paese di quali siano gli stati d'animo e i giudizi dell'opinione pubblica. Se, arrivando in un paese o in una città, dei parlamentari si sentono dire da autorità locali, da sindacati e da altri che in quel luogo esiste una situazione gravissima, che esistono fenomeni di infiltrazione nel mondo politico, bisogna allora mancare d'informare, non cercare di capire quanto è stato detto (esercitando naturalmente un filtro) né registrare questi fatti? Nella relazione in esame molte cose sono date nella forma del riferire di giudizi e stati d'animo, espressioni e testimonianze delle istituzioni e della società civile. Sappiamo che, andando a parlare con il maresciallo dei carabinieri, egli non ci dice certe cose, ma comprendiamo dalla sua espressione che vuole segnalarci il fatto che nel paese in cui opera c'è una situazione alla quale sarebbe bene che qualcuno mettesse mano. Questo ci porta evidentemente al rischio di creare un'atmosfera che coinvolge un po' tutti. Ebbene questo rischio esiste, ma, se non lo si corre, uno degli effetti, purtroppo penoso, di simili individuazioni di carattere generale... Il passo della relazione citato dal collega Sorice è certamente grave nella sua consistenza: "il livello è più alto e va ricercato nei collegamenti che questa società ha con il mondo politico, con le amministrazioni pubbliche, con l'imprenditoria, con i professionisti e la magistratura". Ebbene, ciò non si può interpretare nel senso che tutti i settori della vita istituzionale e civile sono coinvolti; sono invece indicate delle aree di ricerca e si vuol dire che è probabile e plausibile che, se si mettono le mani approfonditamente in senso inquisitorio in questi settori, si troveranno dei collegamenti. Non è detto, ma è probabile ed è una cosa che qui tutti dicono; è una percezione politica. Dico sempre in proposito che quello delle Commissioni politiche assomiglia molto più al giudizio che gli storici danno degli eventi quando sono mal documentati; c'è cioè una ricostruzione intellettuale del fatto, una plausibilità raggiunta attraverso l'induzione, l'analisi, che è poi una responsabilità morale di chi la mette in funzione. Vi è quindi effettivamente un problema di discrezione, però il principio fondamentale è che questa non è una Commissione d'inchiesta come potevano essere, ad esempio, quelle sulla miseria e sulla disoccupazione - anche quelle, tra l'altro, sarebbero state inutili perché vi erano i dati dell'ufficio centrale di statistica per comprendere certi fenomeni - che erano più che altro commissioni d'inchiesta, di studio, a contenuto molto oggettivo, anche se poi individuavano i processi di formazione di questi fenomeni negativi, cosa che evidentemente le analisi puramente statistiche non possono fare. C'erano anche lì processi di ricostruzione, ma questi non sono negativi, sono procedure positive, giuste. Naturalmente poi si tratta di vedere qual è la situazione ed è per questo che non entro nel merito di quanto è stato detto; se però vi è qualcosa che non possiamo accettare, è proprio il principio di delegare le nostre funzioni di analisi politica, di ricerca, di audizione dell'opinione pubblica, delle istituzioni. Dobbiamo individuare le grandi aree di sospetto sociale, non per dare un giudizio da tribunale del popolo, ma per mettere in allarme e per creare un risultato. Dobbiamo ottenere un risultato ed in realtà, se riflettete bene, lo abbiamo spesso ottenuto come Commissione d'inchiesta, ma più in generale con questa specie di "autocommissione" d'inchiesta che si è generata in Italia, questo paese che si è fatto esso stesso commissione d'inchiesta su se stesso, la cosiddetta Tangentopoli, eccetera. Cosa abbiamo provocato? Certamente una crisi molto grave, o per meglio dire, Pag.2819 la constatazione che la crisi era in atto, il che naturalmente l'ha accentuata, l'ha messa in evidenza, ma abbiamo anche provocato in moltissimi ambienti politici, imprenditoriali, nella magistratura, eccetera, la consapevolezza che, se si dice qui che questo determinato mondo è sospettabile lo si dice a livello autorevole, le persone non sospettabili, gli ambienti non sospettabili di quel mondo cominciano a cercare di distinguersi. In una qualche misura si tratta di creare le condizioni per le quali succede che chi non c'entra nulla protesta e si chiede perché debba scontare sulla propria pelle i sospetti che nascono giustamente perché altri fanno certe cose. Questo - lo abbiamo visto - si verifica nei partiti politici, nei sindacati, nelle istituzioni ed è una delle conseguenze del momento inquisitorio della organizzazione politico- istituzionale: costringere la gente a prendere posizione. In questo - si dice - vi sono dei pericoli. Lo so, colleghi, ma questa non è una azione senza pericoli. Nessuna azione che si verifichi su una realtà pericolosa è essa stessa senza pericolo: pericolo di sbagliare, di colpire, di creare situazioni sgradevoli. Tutti dobbiamo però renderci conto che se non si affronta questo problema, che è anche il rischio di errare, allora conviene direttamente abbandonare; siccome questo non è possibile, non va fatto, credo che questa impostazione, che poi naturalmente si può sempre discutere nei dettagli, sia quella giusta; non c'è n'è un'altra. L'altra è la rinunzia alle funzioni delle Commissioni d'inchiesta; infatti, molti sostengono che sono inutili o addirittura dannose, ma questa è una tesi che non abbiamo accolto e che il Parlamento non ha fatto propria. PRESIDENTE. Il seguito della discussione generale sulla relazione del senatore Robol, la replica del relatore e l'esame di emendamenti e l'eventuale votazione sono rinviati alla prossima seduta, che si terrà il 1^ ottobre alle 9,30. All'ordine del giorno di tale seduta, come già deciso, vi sarà anche, al secondo punto, la discussione e la votazione finale della relazione annuale, ma considerato il numero degli iscritti e il tempo necessario per la replica del relatore e le dichiarazioni di voto, dubito che si potrà rispettare tale previsione. Desidero infine ricordare i prossimi appuntamenti in relazione alla conclusione del lavoro sugli insediamenti mafiosi in aree non tradizionali: a parte quello di Bologna fissato per lunedì e martedì prossimo, sono previsti sopralluoghi in Abruzzo, Lombardia e Basilicata. Per quanto riguarda l'Abruzzo, la visita avverrà nei giorni 1 e 2 ottobre; la partenza per l'Aquila è prevista nel pomeriggio del 1^ ottobre, al termine della seduta della Commissione. Questa è la previsione... GIOVANNI FERRARA SALUTE. Un po' pesante. PRESIDENTE. ... un po' pesante - osserva giustamente il senatore Ferrara - dei nostri lavori. GIOVANNI FERRARA SALUTE. Che notoriamente non è uno stakanovista. PRESIDENTE. Qui invece prevale, senatore Ferrara, la tendenza stakanovista o sacrificale. Non essendovi obiezioni, rimane stabilito il programma comunicato. (Così rimane stabilito). La seduta termina alle 11,20.