Pag.2909 PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE INDICE Comunicazioni del presidente: Violante Luciano, Presidente 2944 Seguito della discussione della relazione sulla Calabria: Violante Luciano, Presidente 2911, 2912, 2914 2916, 2917, 2918, 2920, 2925, 2926, 2931, 2934 2936, 2939, 2940, 2941, 2942, 2943 Brutti Massimo 2924 Buttitta Antonino 2934, 2936, 2941 Cabras Paolo, Relatore 2911, 2912, 2915, 2919 2923, 2924, 2925, 2928, 2929, 2932, 2933, 2936 2939, 2943, 2944 D'Amato Carlo 2936, 2939, 2941, 2944 Frasca Salvatore 2914, 2916, 2917, 2918, 2919 2920, 2922, 2924, 2925, 2928, 2929, 2936, 2940 2941, 2942, 2943 Garofalo Carmine 2916, 2921, 2922, 2923 2924, 2925, 2940 Matteoli Altero 2917, 2918, 2920 Olivo Rosario 2931, 2932, 2933, 2934 Tripodi Girolamo 2925, 2926, 2928, 2929, 2931 2940, 2943 Sul processo verbale: Violante Luciano, Presidente 2911 Frasca Salvatore 2911 Pag.2910 Pag.2911 La seduta comincia alle 9,50. Sul processo verbale. PRESIDENTE. Do la parola al senatore Frasca che ha chiesto di parlare sul processo verbale della seduta precedente. SALVATORE FRASCA. Signor presidente, nel Bollettino delle Giunte e delle Commissioni parlamentari del 5 ottobre, in riferimento all'ultima seduta della Commissione, non si dà atto del fatto che un emendamento dell'onorevole Bargone è stato sottoscritto anche da me e da altri colleghi e che poi, sottoposto a votazione, ha ottenuto un discreto numero di voti. Chiedo, quindi, ai fini della linearità dell'esposizione dei lavori della Commissione, che venga apportata questa correzione, anche se devo dire che ieri ho avuto dal segretario della Commissione assicurazioni sul fatto che nel Bollettino odierno, che ancora non è stato pubblicato, sarebbe stata operata questa errata corrige . PRESIDENTE. Mi pare giusta la sua osservazione. Naturalmente, mi dispiace per questo inconveniente. SALVATORE FRASCA. Per carità, nessun processo. PRESIDENTE. Quelli sono stati già fatti. SALVATORE FRASCA. Eltsin ancora non c'è qui. PRESIDENTE. Ma lei è con Khasbulatov? SALVATORE FRASCA. No, io la penso come Occhetto! PRESIDENTE. Se non vi sono altre osservazioni, il processo verbale si intende approvato. ( E' approvato ). Seguito della discussione della relazione sulla Calabria. PRESIDENTE. Il senatore Cabras ha presentato un nuovo testo della relazione sulla base delle indicazioni e degli orientamenti emersi nella discussione della Commissione. Do la parola al senatore Cabras perché illustri il nuovo testo della relazione. PAOLO CABRAS, Relatore . In seguito all'ampio dibattito che si è svolto in Commissione sulla relazione sulla Calabria, ho apportato quelle correzioni del testo che costituivano o integrazioni o precisazioni ma anche quelle che affrontavano in maniera più chiara alcuni temi che erano stati sollevati dai colleghi. Naturalmente, fra le integrazioni e le correzioni apportate non potevano figurare quelle contrastanti con l'impianto e con le valutazioni di fondo della relazione. Innanzitutto, ho chiarito, rispetto alla diminuzione degli omicidi e dei fatti di sangue più clamorosi, il giudizio sulla cosiddetta pax mafiosa, un termine che appartiene più alla sociologia che non alla seria analisi dei fatti e dei comportamenti. Pag.2912 La pax mafiosa è più un momento di compensazione fra interessi diversi di cosche, di gruppi mafiosi che si spartiscono fra di loro il territorio, l'ambito dove esercitare alcuni tipi di attività criminali, ma è sempre un equilibrio instabile; ho detto che è l'intervallo fra due guerre. Però, indubbiamente - questo anche per motivare il giudizio ed anche per raffrontarlo alle relazioni del passato, anche della scorsa legislatura - la conclusione finale è un giudizio di aggravamento, di preoccupazione sulla situazione complessiva della criminalità organizzata, della sua diffusione, della sua penetrazione nella vita economica, istituzionale e politica. Questa precisazione, che è stata sollecitata anche nel dibattito, mi sembrava opportuna. Così come ho dedicato, non soltanto per gli ultimi episodi, una parte, che prima mancava se non per un cenno troppo fuggevole, alla vicenda dei sequestri di persona, ricordando anche i precedenti - soprattutto in provincia di Reggio Calabria - ed escludendo che questa dei sequestri sia una ripresa a pieno ritmo. Però, non c'è dubbio che la vicenda di Bovalino e quella di ieri di Caulonia siano un campanello d'allarme, anche se non credo che il riattivarsi dei sequestri possa essere un'alternativa a quelle che sono, per una mafia così strutturata come quella calabrese, le attività prevalenti: traffico di stupefacenti e di armi; presenze, attraverso il riciclaggio e gli investimenti, nella vita economica e finanziaria non solo della regione Calabria ma anche del resto del paese. Abbiamo trovato tracce di questi investimenti, di queste attività, in Lombardia ed anche in Emilia Romagna, nella nostra recente visita, con riferimenti precisi a cosche calabresi che sono citate anche nella relazione. PRESIDENTE. In Val d'Ossola. PAOLO CABRAS, Relatore . Il riferimento a questa vicenda dei sequestri ed anche alla necessità di un'opera di prevenzione, repressione e vigilanza sul territorio affidata anche al nucleo antisequestri della polizia di Stato (che oggi si chiama nucleo anticrimine), che è stata giustamente sollecitata negli interventi di alcuni commissari, viene ripreso ed inserito nella relazione. Così come viene citata la visita che, successivamente alla nostra discussione, la Commissione ha fatto a Bovalino, dove ha registrato non soltanto la situazione complessiva dell'ordine pubblico ma anche la reazione ai sequestri, ivi compreso l'aspetto, estremamente positivo, della costituzione di un'associazione di giovani, che si sono mobilitati e che hanno chiesto anche la presenza della Commissione parlamentare antimafia, per un moto di reazione che vuole coinvolgere strati di popolazione nell'azione di contrasto e di rifiuto non solo dei crimini della mafia ma anche della sua cultura e della sua penetrazione nella vita sociale. Un'altra parte alla quale, secondo le richieste dei colleghi intervenuti nel dibattito, ho dedicato un più ampio spazio è quella che riguarda le grandi imprese pubbliche e private per quanto riguarda la politica degli appalti ed anche l'indifferenza alle implicazioni di una presenza imprenditoriale in Calabria che deve fare i conti con la realtà criminale. Molte volte, industrie pubbliche e industrie private non si sono distinte fra loro... PRESIDENTE. Assolutamente. PAOLO CABRAS, Relatore . ... ma hanno accettato di pagare il "rischio Calabria" in termini di compromesso e di accettazione dell'imposizione mafiosa nella politica dei subappalti, nella fornitura di servizi, nell'assunzione per guardiania e altro. Così come imprese pubbliche e private non sono state aliene in Calabria dal concorrere ad una degenerazione di tipo affaristico nel rapporto anche con la classe politica locale. Un esempio, ma non l'unico, è quello denunciato dal libro dell'ex sindaco di Reggio Calabria, Licandro, che cita per grandi imprese a partecipazione statale e per grandi imprese private il modello di Pag.2913 rapporti, che non riguarda vano nella fattispecie direttamente la mafia ma il modo di approccio con la realizzazione di grandi infrastrutture o comunque di opere imprenditoriali, cercando di corrompere, di saltare tutte le regole del mercato e della concorrenza, influenzando in maniera corruttiva le scelte della classe dirigente locale. Ho citato le responsabilità chiamandole per nome: quelle di imprese dell'ENEL, di imprese di altre amministrazioni come quella della Difesa, della NATO (per quest'ultima, la vicenda di Isola Capo Rizzuto). Ho citato le vicende del "decreto Reggio" e tutte le altre che confermano questa analisi e questa valutazione, non dimenticando mai che anche dove si tratta di questioni di affari e di tangenti, operando in Calabria come in altre regioni a rischio, è difficile porre uno spartiacque fra quel che attiene alla corruzione politico-amministrativa e quel che attiene invece al coinvolgimento della mafia. In queste regioni, in queste realtà è difficile separare nettamente le due questioni e dire: "Questo appartiene solo ad una vicenda di degenerazione e di corruzione e questo invece appartiene ad una vicenda di collusione". E' molto difficile, per non dire impossibile, in una regione dove abbiamo detto tante volte e lo confermiamo nella relazione che la pervasività della mafia nella vita economica ed istituzionale è tale da non consentire questo ragionamento per settori, per compartimenti stagni. Questo mi sembrava un elemento importante sia della valutazione politica complessiva della Commissione sia di una realtà che abbiamo avuto modo in più occasioni, non soltanto recenti ma anche antiche, di constatare. E' un elemento che ho voluto rievocare anche perché mi sembrava che su questo terreno delle implicazioni fra mafia e attività economica ci fosse stata una forte sollecitazione di molti dei colleghi intervenuti nel dibattito. Ho voluto anche dare ampio spazio - già vi era nel testo precedentemente discusso ma ho voluto aggiungere alcune precisazioni - al rapporto mafia-politica, al tema del coinvolgimento, a partire dai consigli comunali disciolti, che sono numerosi e le cui vicende abbiamo seguito anche con visite ad hoc e quindi con un'indagine analitica ed approfondita. Ho voluto ricordare anche le indagini in corso su grandi delitti che hanno sconvolto questa regione. Però, sempre con una convinzione che non posso non ribadire, cioè che quando si tratta di indagini e procedure in corso noi dobbiamo sollecitare l'accertamento della verità e delle responsabilità individuali ma dobbiamo evitare anticipazioni di giudizio, comunque sapendo che le conclusioni di queste indagini sono estremamente importanti per dare lena, per dare efficacia alla risposta che si deve dare, a livello politico-istituzionale, all'infiltrazione, alla pressione, all'invadenza della 'ndrangheta. Ho anche inserito - accogliendo una richiesta che, sia pure soltanto accennata nel corso del dibattito, mi era sembrata giusta - un apposito paragrafo dedicato alla questione dei controlli amministrativi (che, quando sono inefficienti, contribuiscono alla degenerazione della vita pubblica), per quanto riguarda sia i comitati regionali di controllo sia, più in generale, gli effetti ricadenti sulla trasparenza degli atti amministrativi. La comparazione con le precedenti visite effettuate dalla nostra Commissione in Calabria conferma un dato di gravità, anche se non mancano segni di riscossa e di risposta da parte delle istituzioni, delle forze dell'ordine, della magistratura e degli investigatori. Finalmente si è giunti a disporre sequestri e, addirittura, confische di patrimoni appartenenti a soggetti mafiosi. Mi riferisco alla recente operazione, che ho già citato, che è stata condotta in un momento successivo alla stesura della relazione ed al dibattito che si è svolto in questa sede. Come sapete, la sezione misure di prevenzione del tribunale di Reggio Calabria ha disposto la confisca - il sequestro era già avvenuto in precedenza - di beni per 200 miliardi di lire appartenenti a famiglie quali i Pesce Pag.2914 di Rosarno, i Mammoliti di Oppido Mamertino, i Comisso di Siderno, gli Aquino di Gioiosa Ionica, i Lo Giudice di Reggio Calabria. I beni erano stati sequestrati nel gennaio 1993: il fatto che sia oggi intervenuta la confisca è senz'altro positivo e va invocato e sollecitato come precedente da seguire, non soltanto in Calabria. Ho dato un maggior spazio, rispetto a quello utilizzato nella prima stesura della relazione, al problema del racket e delle estorsioni, anche se nella bozza precedente avevo già dedicato al fenomeno vari riferimenti, anche in relazione ad iniziative quali quella di Cittanova, che hanno rappresentato un momento di rivolta e di organizzazione da parte dei cittadini appartenenti alle categorie vittime del racket . Tali iniziative hanno trovato - com'è stato per il caso di Cittanova - una risposta nelle istituzioni ma anche una risposta nella popolazione, se è vero che in quella località la lista (di impostazione in qualche modo interpartitica) che ha vinto le elezioni al consiglio comunale (ricordo che noi ci eravamo recati sul posto quando ancora vi era la gestione commissariale) aveva sposato la causa dell'associazione antiracket Cittanova, alla quale la Commissione aveva espresso solidarietà nel corso della visita. Senza nascondere i recenti successi che sono stati conseguiti e la migliore efficienza delle istituzioni, non vi è dubbio tuttavia che le conclusioni da trarre da questa analisi non lasciano il campo a facili ottimismi e dimostrano piuttosto - si tratta del resto di una convinzione emersa anche dal dibattito - la consapevolezza di una situazione grave, anzi di una situazione che è stata lasciata aggravare (anche per una sottovalutazione dei fenomeni) nel corso degli ultimi anni (non mi riferisco agli ultimissimi anni nei quali, ripeto, vi sono stati segnali positivi). La sottovalutazione del fenomeno non riguarda soltanto le forze politiche, ma concerne livelli di responsabilità istituzionale anche molto diversi, come la magistratura calabrese. Tale valutazione non deve suonare come censura ma come monito. Quando si invocano le difficoltà ambientali, che in Calabria sono molto forti (penso, per esempio, all'omertà) e le carenze legislative (che poi sono state colmate dall'iniziativa del Parlamento di questa legislatura in modo particolare), va considerato che tutto questo costituisce indubbiamente un motivo di difficoltà nell'accertamento della criminalità mafiosa ma non può comunque rappresentare un alibi rispetto a quella che in passato è stata, tutto sommato, una inerzia. Oggi si registra un miglioramento dovuto a provvedimenti legislativi utili che hanno migliorato la capacità di risposta, ma vi è stato anche complessivamente, da parte della società civile e delle stesse istituzioni preposte all'ordine pubblico ed all'amministrazione della giustizia, una consapevolezza ed una cultura nuova nell'affrontare questi problemi. Un giudizio complessivo non può che tener conto delle luci e delle ombre, quindi delle responsabilità, ma soprattutto non può non aprirsi in maniera responsabile e concreta ad un diverso modo di amministrare e di governare le varie istituzioni e di seguire queste vicende da parte di tutti coloro i quali operano nella società calabrese. PRESIDENTE. Grazie, senatore Cabras. E' iscritto a parlare il senatore Frasca. SALVATORE FRASCA. Signor presidente, intervenendo nel dibattito dedicato all'esame della prima stesura della relazione sulla Calabria, ho avuto la possibilità di complimentarmi con il collega Cabras per lo sforzo da lui sostenuto nel condurre un'analisi del fenomeno criminale in tutto il territorio calabrese. Oggi, pur dandogli atto dello sforzo ulteriore profuso in questa direzione, debbo dire che, qualora la relazione dovesse essere mantenuta nell'attuale formulazione (già modificata rispetto alla prima bozza), non potrei votarla e, insieme ad altri colleghi, mi attiverei per presentare un documento integrativo entro i termini previsti dal regolamento. Vorrei enunciare per sommi capi le ragioni a base del mio atteggiamento, Pag.2915 anche per favorire l'agilità - diciamo così - della discussione. Io penso che nella proposta di relazione del collega Cabras manchi un'analisi sul perché del fenomeno, sulla sua evoluzione e sulla gravità dello stesso. Un'analisi di questo genere avrebbe portato, a mio avviso, ad una lettura più concreta circa la presenza della mafia e della delinquenza organizzata nella regione calabrese. In particolare, si fa uno sforzo molto relativo per illustrare la drammatica condizione di vita delle popolazioni interessate. In questa sede vorrei ribadire il mio ringraziamento agli operai di Crotone per essere stati in grado di richiamare all'attenzione della classe dirigente nazionale la drammaticità della situazione della regione: eravamo arrivati ad un punto tale che non si parlava più né di Mezzogiorno né di Calabria! Vero è - lo dico con riferimento alla relazione sulla Puglia - che abbiamo potuto constatare come il fenomeno criminale colpisca anche le regioni che, da punto di vista economico e sociale, hanno raggiunto traguardi che possono essere considerati ragguardevoli. Tuttavia, credo che nel caso specifico la depressione economica della regione abbia contato e conti tanto ai fini dell'espansione del fenomeno stesso. Nella relazione non viene trattato - o, per lo meno, vi viene dedicato soltanto un cenno - il rapporto tra il fenomeno delinquenziale e le istituzioni calabresi. Non soltanto in questa legislatura ma anche in quelle precedenti, per esempio, è stato sottolineato il ruolo negativo della regione Calabria. Non possiamo sottacere su questo aspetto perché, se lo facessimo, la nostra analisi sarebbe incompleta ed insufficiente. Bisogna prendere atto - mi pare che nel corso del dibattito tale consapevolezza sia emersa - che la regione Calabria è fonte di devianze e di distorsioni della spesa pubblica e, quindi, della compartecipazione della delinquenza alla gestione di questa spesa. A proposito di quest'ultima, mi si consenta di ricordare come fatti recenti dimostrino la sudditanza della Calabria, anche da questo punto di vista, alla Stato centrale, se è vero - come è vero - che le scelte delle imprese per i grandi appalti sono state effettuate a Roma e passivamente accettate in Calabria, sia pure fatta salva la partecipazione agli affari di questo o di quel personaggio calabrese. Si sono verificati fatti gravi nel settore degli appalti, in quello della forestazione, nel campo dei trasporti, nel comparto turistico ed in altri ancora. Questi fatti gravi sono documentati nell'ambito di processi in corso: non parlare di queste cose significa, a mio avviso, non evidenziare il ruolo negativo delle istituzioni e, nel caso specifico, della regione Calabria, la quale a mio parere va aiutata a liberarsi dalle scorie del passato, a darsi una svolta ed a rendere pulita la propria amministrazione. Ho parlato della regione Calabria, ma il discorso coinvolge anche le altre autonomie locali, soprattutto quelle inerenti alle più grandi città calabresi, dove non soltanto si è verificato uno sperpero della spesa pubblica ma si è anche affermata una gestione affaristico-speculativa. Il relatore ha fatto riferimento alla denuncia - che risale al 1991 - dell'ex sindaco di Reggio Calabria. Non credo che il fenomeno interessi soltanto Reggio Calabria. Esso riguarda anche Catanzaro, come dimostrano gli ultimi processi, e Cosenza. Dobbiamo dire che chi doveva aprire gli occhi non li ha aperti e indagini che avrebbero dovuto essere condotte non sono state svolte neanche dalla magistratura competente. Questo stato di cose che vado denunciando coinvolge ovviamente la responsabilità dei partiti politici; si fa giustamente riferimento, nella relazione, allo scioglimento di alcuni consigli comunali, ma non si parla, per esempio, della reazione dei partiti politici a questi provvedimenti adottati dal ministro dell'interno. PAOLO CABRAS, Relatore . Ne abbiamo parlato nella relazione sui comuni disciolti, se lei ricorda, in particolare con riferimento ai comuni calabresi. Pag.2916 SALVATORE FRASCA. Prendo atto di questa sua precisazione, ma siccome stiamo presentando una relazione che si sforza di essere quanto più possibile completa, non vi è dubbio che anche nella relazione andrebbe sottolineato questo fatto, che non è trascurabile. Sempre a proposito della reazione delle forze politiche, dobbiamo rilevare che esse non fanno nulla per cercare di adeguarsi a quelli che sono stati e sono gli orientamenti che vengono dal Governo. Vedremo tra breve che cosa accadrà, per esempio, con riferimento alle elezioni comunali di Lamezia Terme, se le forze politiche saranno in grado di scrollarsi di dosso il passato oppure vorranno insistere con logori e consunti personaggi. Comunque, allo stato delle cose, in relazione allo scioglimento dei consigli comunali, c'è stata e c'è una reazione negativa da parte delle forze politiche; non sono mancati e non mancano parlamentari, e anche uomini di Governo, che criticano apertamente l'impostazione data a questo problema dallo stesso ministro dell'interno. Credo che su queste cose non possiamo nella maniera più assoluta tacere, perché altrimenti rischiamo di non diventare credibili. A proposito dello scioglimento dei consigli comunali, mi si consenta, signor presidente, di dire anche, forse ripetendo quanto è stato scritto nella relazione sulla Puglia, che non c'è un comportamento univoco da parte dei prefetti. Vi sono consigli che vengono sciolti, mentre altri che lo meriterebbero non vengono sciolti in virtù di protezioni di carattere politico e perché spesso i prefetti soggiacciono alle suggestioni partitiche. Vi sono altresì consiglieri comunali e sindaci che vengono sospesi dalle loro funzioni ed altri consiglieri comunali e sindaci che non vengono sospesi. Esistono quindi, nei comportamenti delle prefetture, delle contraddizioni che non possono non essere rilevate. Intervenendo sulla relazione, ho detto, signor presidente, che avrei aspettato anche la definizione di certi comportamenti suoi, oltre che di altri colleghi,in relazione a quanto è emerso, a seguito di un'indagine di polizia, nel comune di Cassano Ionio, che lei ha visitato recentemente. Il prefetto, che avrebbe dovuto fare qualcosa, non ha fatto niente, e comunque in quel comune vi è un vicesindaco del PDS, il quale continua a svolgere anche la funzione di ufficiale di Governo, pur essendo chiaro che ha chiesto dei voti (e li ha ottenuti) alla delinquenza organizzata. Vi è poi un capogruppo consiliare della DC, il quale viene definito dal rapporto dei carabinieri che è ai nostri atti un referente mafioso. Per fatti di minore gravità il prefetto di Cosenza (non solo quello attuale ma anche il precedente) ha sospeso dei consiglieri e dei sindaci, ma nel caso di Cassano Jonio non si è voluto e non si vuole fare niente, forse perché c'è una protezione. PRESIDENTE. Che vuol dire ispettore del Governo? SALVATORE FRASCA. Ho parlato di "ufficiale di Governo" a proposito del vicesindaco, che agisce anche per conto del sindaco ed è ufficiale di Governo; questo vicesindaco appartiene al suo partito, signor presidente (lo sottolineo ancora una volta), e continua a permanere nelle sue funzioni, nonostante che da un rapporto dei carabinieri, in nostro possesso, risulti, attraverso registrazioni di conversazioni telefoniche, che egli ha chiesto ed ottenuto i voti della peggiore cosca delinquenziale. PRESIDENTE. Abbiamo gli atti? SALVATORE FRASCA. Certamente. Il senatore Garofalo li ha visti. CARMINE GAROFALO. A noi risulta che abbia chiesto i voti, ma non sappiamo se li abbia ottenuti. PRESIDENTE. Comunque, basta chiederli. Pag.2917 SALVATORE FRASCA. Gli atti sono stati letti dai senatori Garofalo e Brutti, ma non si è fatto niente. ALTERO MATTEOLI. Il fatto più grave è chiedere i voti. SALVATORE FRASCA. Comunque, non si è fatto niente né dal punto di vista politico né da quello istituzionale. La posizione di questo signore è molto grave, dal momento che egli, in quanto vicesindaco, in molte circostanze agisce nella funzione di ufficiale di Governo. PRESIDENTE. Visto che lei ha fatto riferimento (di questo la ringrazio) alla visita a Cassano, vorrei fosse chiaro che in quella località sono stato invitato dal vescovo, non dal vicesindaco. SALVATORE FRASCA. Lei sa che non ho peli sulla lingua e se avessi dovuto rimproverarle un fatto di questo genere, l'avrei fatto ben volentieri, in nome della lealtà e della sincerità che deve contraddistinguere i nostri rapporti. Comunque, l'argomento che stavo svolgendo prima dell'interruzione presidenziale è che i prefetti non sempre tengono un comportamento omogeneo, e questo è il dato politico che deve essere rilevato nella relazione. Ho parlato della regione, delle autonomie locali, del comportamento delle forze politiche e quindi anche del comportamento dei rappresentanti del Governo nella regione calabrese; ma mi si consenta di dire anche che vi è un capitolo sul quale la relazione deve fare luce: signor presidente, la Calabria è oppressa da un sistema politico affaristico mafioso, che si identifica in determinati personaggi. Se la Calabria non si libera da questo sistema politico, la svolta non ci sarà mai, mafia e delinquenza cresceranno sempre di più e lo Stato sarà impotente. Questo è il dato che, a mio avviso, andrebbe sottolineato. Lei sa, signor presidente, che in occasione di un suo convegno feci una denuncia aperta sul dominio del commercio cosentino da parte della delinquenza organizzata. Dissi: "Se apriamo i balconi di questo palazzo e osserviamo il corso principale, corso Mazzini, ci accorgiamo che gran parte del commercio è nelle mani della delinquenza organizzata". Il fatto suscitò scalpore e dopo questa denuncia ho ricevuto moltissime lettere che ho trasmesso al prefetto, al comandante dei carabinieri di Cosenza, al questore, alla Guardia di finanza. Si tratta di lettere nelle quali mi si dice: "Lei ha messo il dito sulla piaga", e mi si denunciano casi clamorosi. I cittadini estensori di queste lettere aggiungono: "Non ci firmiamo per il momento, ci qualificheremo nel momento in cui lei e lo Stato avrete dimostrato di agire seriamente". Il prefetto di Cosenza ha disposto l'accesso di alcuni suoi ispettori presso la città di Cosenza; costoro avrebbero dovuto riferire entro trenta giorni, ma questo termine è abbondantemente scaduto e non si parla di nulla. Il problema che sorge è il seguente: come si è potuto consentire alla delinquenza organizzata di impossessarsi del commercio di una città che fino a dieci anni fa era immune da fenomeni delinquenziali? Vi sono o non vi sono responsabilità degli amministratori locali? E con esse ci sono oppure no responsabilità delle forze di polizia e della prefettura? Ma devo essere io, signor presidente, a fornire l'elenco dei commercianti mafiosi nella città di Cosenza? Si può tacere su queste cose in una relazione? Credo di no. Perché non chiediamo al prefetto di Cosenza che cosa abbia fatto fino a questo momento e quali sono le risultanze emerse? In conclusione, desidero sottolineare che non possiamo neanche sottacere le responsabilità della magistratura, in primo luogo di quella cosentina: la procura della Repubblica di Cosenza, nel corso degli anni, è stata centro di malaffare, e lo dico con tutto il senso della mia responsabilità. Questa verità sarebbe emersa qualora non vi fosse stato il decesso del procuratore Pag.2918 (mi inchino dinanzi alla sua memoria e non ne parlo). La nostra analisi si deve fermare soprattutto quando potrebbe essere impietosa dinanzi alle tombe. Tuttavia, la procura di Cosenza è stata complice di tutta questa situazione. Il nuovo procuratore, Serafini, è una persona seria, onesta, corretta, ma è immobile, e la cosa strana è che per certi fatti che si verificano nel territorio di sua competenza debbano intervenire altre procure. ALTERO MATTEOLI. C'è una contraddizione in termini in quanto lei dice: un procuratore onesto ma immobile non è onesto. SALVATORE FRASCA. Io considero disonesto chi approfitta, equesto non mi risulta. PRESIDENTE. E' onestamente immobile. SALVATORE FRASCA. Sto parlando del suo immobilismo e dicevo che per fatti che riguardano Cosenza devono intervenire altre procure, come emerge anche da quanto si legge in questi giorni sulla stampa. Parlo di Cosenza per dire che la magistratura calabrese è stata omissiva. Signor presidente, rispetto a quando abbiamo svolto la prima discussione, vi sono dei fatti nuovi, tra i quali mi piace citare l'intervista rilasciata da uno dei sostituti procuratori nazionali antimafia, il dottor Macrì, il quale ha affermato che il caso Curtò non è unico, e aveva ragione perché adesso sappiamo quello che è accaduto in Abruzzo. Con riferimento alla Calabria, egli ha affermato che di Curtò ce ne sono tanti, che la magistratura calabrese è inquinata. Se lo dice un autorevole magistrato... ALTERO MATTEOLI. Chi l'ha detto? SALVATORE FRASCA. L'ha detto il sostituto procuratore nazionale antimafia Macrì in un'intervista rilasciata a Il Giorno e pubblicata domenica scorsa. Ringraziamo il cielo perché ogni tanto ci fa dare ragione dai fatti; ma chi diceva questo cinque, dieci o quindici anni fa per poco non veniva bruciato come eretico. Deve quindi venire il momento in cui in questo Parlamento, in questo Stato italiano, gli onesti prevalgano sui disonesti, anche quando la disonestà colpisce la magistratura del nostro paese, e nel caso specifico la magistratura calabrese. Si fa riferimento a Paola, si parla della procura di Paola, del provvedimento a carico del sostituto procuratore Belvedere, degli altri provvedimenti che sono in itinere . Tra parentesi vi dico che il procuratore di Paola ci saluta perché candidato della destra a sindaco di Cosenza e questo ci aiuta a risolvere il suo problema. ALTERO MATTEOLI. Non la chiudere, aprila. SALVATORE FRASCA. Perché parlare solo della procura e non anche del suo presidente? C'è un provvedimento del Consiglio superiore della magistratura. Il fatto che va denunciato è che costui resta ancora al suo posto pur risultando, attraverso le conclusioni alle quali è giunto il Consiglio superiore della magistratura, i due rapporti redatti dall'ispettore Graneri del Ministero di grazia e giustizia, la sequela di rapporti dei carabinieri e della Guardia di finanza, che egli si trova al centro di un mondo affaristico e speculativo. Si è forse immuni quando si è magistrati? Non è possibile che avvengano queste cose! Ancora nessuno si muove, non vi è neanche una sospensione cautelare. Signor presidente, dai verbali dei carabinieri e della Guardia di finanza, che poi sono stati illustrati sul piano testimoniale dai rispettivi rappresentanti dinanzi al tribunale di Bari, allorquando si è giudicato l'omicidio Lo Sardo, sono emersi fatti che hanno rilevanza penale. A fronte di ciò nessun pubblico ministero ha avviato un'azione penale. Perché questa Pag.2919 impunità? Paola è un caso tipico delle complicità, delle omissioni che ci sono e che comunque riguardano alcuni comparti della magistratura calabrese. Non ho mai messo sotto processo, come mi si è voluto far dire (quando si vuole avere ragione si distorce sempre la verità), tutta la magistratura calabrese. Come il collega Cabras e gli altri colleghi che si sono recati con me in Calabria hanno potuto constatare, io ho un buon rapporto con la magistratura calabrese con la quale collaboro, così come collaboro con le forze dell'ordine con le quali intrattengo ottimi rapporti. Da tempo però affermo che vi sono comparti della magistratura calabrese sui quali occorre accendere il lume della nostra analisi, della nostra critica, e sui quali il Consiglio superiore della magistratura, che è a conoscenza, non può ulteriormente tacere. Come si può tacere sul fatto che un processo di mafia dinanzi al tribunale di Castrovillari si è chiuso in istruttoria? Lei, signor presidente, è stato un magistrato (se non erro giudice istruttore): se la sarebbe assunta questa responsabilità? Arresti clamorosi, denunce di un fenomeno criminale dalle grandi dimensioni, traffici di armi, collegamenti ... PAOLO CABRAS, Relatore . Adesso non vi è più quel processo a Castrovillari. SALVATORE FRASCA. Parlo di un processo che si è svolto in passato. Dicevo collegamenti con il mondo mafioso. Abbiamo denunciato tutto questo, ricevendo l'impegno, da parte del superprocuratore di Catanzaro, che si sarebbe riaperto il processo. Però la cosa ancora non è accaduta. Per la prima volta desidero denunciare in Parlamento un fatto singolare, considerando anche che allorquando presentiamo le interpellanze siamo sottoposti alla censura degli uffici. Il Presidente Spadolini e il Presidente Napolitano una settimana sì e una no ci dicono che bisogna andar a nuove elezioni, lasciando intendere che questo Parlamento è delegittimato. Si vada a nuove elezioni, se occorre andarci, prima che sia troppo tardi però. Se dobbiamo, infatti, vivere in questa agonia, non potendo assolvere agli impegni del nostro mandato, è meglio che il Parlamento si sciolga. Però il Parlamento lo si delegittima quando gli si impedisce di esercitare una sua attività fondamentale prevista dalla Costituzione, ossia quella del sindacato sugli atti del Governo. Se presentiamo un'interrogazione riguardante un magistrato, un tribunale, una procura, siamo obbligati ad indicare la fonte dalla quale abbiamo appreso determinate notizie. Io sono un parlamentare, mi faccio le mie opinioni, interrogo il ministro competente, per sapere invece devo recarmi presso l'ufficio per presentare il documento da cui ho attinto le notizie: siamo arrivati a questo punto! La sacralità della magistratura, la difesa della casta, che è la cosa peggiore che si possa fare in uno Stato di diritto. Se non vi è denuncia su questo terreno, signor presidente, è perché nel Parlamento vi sono molti scheletri. Numerosi colleghi avrebbero fatto bene ad allontanarsi dal loro posto per far entrare energie più nuove, così avremmo risolto il problema del ricambio della classe politica. Invece si ha paura di denunciare questi fatti. Mia madre mi diceva spesso di non aver paura dei tuoni: siccome chi vi parla non ha paura dei tuoni, denuncia anche queste cose. A me è accaduto questo episodio: mi capita sotto gli occhi un fascicolo processuale riguardante un rapporto dei carabinieri di Castrovillari in cui si fa menzione di una registrazione concernente alcuni giudici del tribunale di Castrovillari. In queste registrazioni telefoniche si dice che un curatore fallimentare che dà fastidio al fallito, sarà sostituito con uno più malleabile. Denuncio immediatamente questo fatto in una intervista televisiva a Castrovillari, il giorno dopo, prima che vi sia la replica, il procuratore della Repubblica sequestra la cassetta. Signor presidente, queste cose nel nostro paese non possono accadere. Dei giovani di destra a Cosenza affiggono un Pag.2920 manifesto il cui tono non era da me condiviso. Cito in causa il procuratore, il giorno dopo il manifesto viene defisso: la verità è sempre verità, interessi Craxi, Forlani, Andreotti (il CAF, come voi dite) o interessi il procuratore della Repubblica di Cosenza o il giudice del tribunale di Castrovillari. Questo dato deve emergere dalla relazione, così come deve emergere l'inquinamento mafioso che c'è nella regione, anche grazie alla complicità dell'apparato centrale dello Stato e dei suoi enti economici. Il collega Cabras fa giustamente riferimento alla presenza delle ditte mafiose nella costruzione della centrale ENEL di Gioia Tauro. L'ENEL ha fatto eseguire i lavori a ditte legate al clan dei Piromalli: tutti i lavori dell'ENEL sono stati gestiti dalla mafia e questo dobbiamo dirlo con forza se vogliamo che gli altri 4.300 miliardi, stanziati per completare la centrale, non siano spesi attraverso ditte come quelle legate a Piromalli. Questa è la ragione per la quale chiesi che si ascoltasse il presidente dell'ENEL. Probabilmente la mia richiesta è stata sottovalutata. Nei verbali non emerge questo, così come non emerge la mia richiesta di richiamare il processo contro l'ENEL in ordine alla centrale di Gioia Tauro, attualmente presso la procura. PRESIDENTE. L'aveva presentata per iscritto questa richiesta? SALVATORE FRASCA. L'ho presentata per iscritto e l'ho detto chiaramente anche in Commissione. Visto e considerato che si sottovalutava la cosa, perché probabilmente ne premeva qualche altra, ho messo per iscritto la mia richiesta. In pratica dobbiamo entrare in possesso del fascicolo processuale dell'ENEL, dobbiamo convocare il suo presidente per sapere con esattezza cosa è accaduto in passato e cosa potrebbe accadere in futuro se non corriamo ai ripari. Termino il mio intervento accennando al problema della droga. La droga è il bene dei mafiosi. Prendo atto di una cosa giusta detta dal presidente, ossia la compartecipazione del vicepresidente della conferenza episcopale nazionale, monsignor Agostino di Crotone, alla lotta contro la mafia. Questo dato andrebbe ulteriormente sottolineato perché la Chiesa è molto più avanti dei partiti politici e delle istituzioni nella lotta contro la mafia. E' molto più avanti, così come lo è nel chiedere il rinnovamento della classe dirigente calabrese e la purificazione delle istituzioni che operano in Calabria. Ma detto questo, e chiedo scusa se faccio un riferimento di carattere personale... PRESIDENTE. Ne ha fatti molti. SALVATORE FRASCA. Collega Cabras, certo che vi è immondizia a Crotone, ma in Calabria opera una comunità, la comunità Saman, che ospita 350 tossicodipendenti, realizzata, unico esempio in Italia, con i beni confiscati al clan Cirillo. Lo Stato avrebbe quindi interesse a far sapere queste cose. Se ne è interessata Famiglia Cristiana , di cui credo lei sia un lettore, con diversi articoli... ALTERO MATTEOLI. Se non ci fosse la destra e la Chiesa in Calabria... SALVATORE FRASCA. Abbiamo poi costituito un gruppo di lavoro che si deve interessare di questi beni confiscati e che non ha avuto l'amabilità di compiere una visita a Sibari per vedere di fatto come tali beni possano essere utilizzati. Non aggiungo altro: voglio dire soltanto che o questa relazione affonda il bisturi nella realtà, evidenziando la situazione di mafia così com'è, o al contrario non potrò votarla. Signor presidente, ho dimenticato un argomento: Bovalino e Caulonia. Abbiamo avuto un altro sequestro di persona. Il collega Cabras sa con quale gelo siamo stati accolti dalla famiglia di Bovalino nei confronti della quale credo non abbiamo fatto tutto ciò che doveva essere fatto. Da quanto mi risulta sono giunte le prime telefonate e si è chiesto un riscatto di 800 milioni di lire. E' però opinione corrente Pag.2921 che questi 800 milioni potranno diventare anche 300 o 200. Da qui il convincimento, che già avevamo, che a Bovalino agiscono bande di balordi che fanno questi sequestri. Ignoro la ragione del sequestro di Caulonia, ma molto probabilmente si indagherà anche su questo aspetto. Noi cosa facciamo dinanzi a tutto questo? Noi non siamo il ministro dell'interno, non siamo il Governo. A questo punto il ministro dell'interno, le forze dell'ordine, la magistratura ci devono dire cosa hanno fatto. ABovalino i giovani ci hanno spiegato come si potrebbe impedire l'accesso dei sequestrati sull'Aspromonte. Piuttosto di avere migliaia di persone disseminate sulla provinciale 106, per impedire che i sequestrati siano portati sull'Aspromonte basterebbe controllare le due sole strade che consentono di accedere ad esso. Da questo punto di vista cosa si è fatto? E perché, caro Cabras, nella relazione non diciamo che c'è stato un errore delle forze dell'ordine quando si è deciso di sciogliere il nucleo antisequestro con la motivazione che per i sequestri di persona non sarebbe stato più utile? CARMINE GAROFALO. Signor presidente, farò alcune osservazioni sulla parte della relazione che riguarda le considerazioni finali e poi ne svolgerò alcune più specifiche a carattere emendativo su singole parti della stessa relazione. Considero del tutto positivo lo sforzo prodotto dal senatore Cabras per tenere conto dei rilievi emersi nel corso della discussione che avevamo svolto sulla precedente bozza di relazione: si tratta di un risultato che può costituire un punto di arrivo di questa prima valutazione della Commissione antimafia sulle questioni della Calabria. Naturalmente il mio giudizio non significa che questo è il risultato ultimo al quale possiamo arrivare. Ho già rilevato nella discussione sulla prima bozza di relazione che c'è la necessità di proseguire in maniera pressante l'indagine sulla Calabria. Abbiamo un difetto di conoscenza delle questioni calabresi: lo abbiamo sulla questione specifica della natura, della struttura e della potenza dell'organizzazione criminale in Calabria; lo abbiamo più in generale sulla Calabria. Questo per ragioni di carattere storico che riguardano essenzialmente il peso politico della Calabria. Ritengo, quindi, che a conclusione di questa prima indagine dobbiamo esplicitamente darci l'obiettivo di non frapporre alcuna cesura, ma anzi di continuare l'indagine perché essa è necessaria non solo per una maggiore conoscenza di tale realtà, ma anche per dare con la nostra presenza un incoraggiamento a chi opera e una sollecitazione ed uno stimolo a chi ancora non opera. E' del tutto evidente, infatti, che in Calabria ci sono forze che si impegnano di più nella battaglia contro la mafia ed altre che invece stentano a porsi su questo terreno. D'altra parte, una indicazione per la continuazione dell'indagine mi pare che sia implicita nel giudizio di aggravamento del fenomeno che si ricava dalla parte conclusiva della relazione. Se il giudizio è di aggravamento, è chiaro che a noi tocca un compito di maggiore indagine e di più specifica conoscenza delle singole situazioni che poi aiuta a conoscere più generale il fenomeno e consente di combatterlo meglio. Sulla parte conclusiva della relazione voglio porre altre due questioni che in parte sono state già poste dal senatore Frasca, anche se egli lo ha fatto in maniera così irruenta, ed anche sminuzzando - mi permetterà di dirlo - le sue osservazioni, che non si recepisce più o non si sottolinea a sufficienza il nucleo di quelle osservazioni. Nella parte conclusiva della relazione, anche a seguito dell'opera di correzione e di ristesura della prima bozza, risulta in maniera chiara il rapporto fra la spesa pubblica, da una parte, e la potenza della mafia, espansione del fenomeno e il suo collegamento con il mondo politico, dall'altra. Trovo però che sarebbe più utile aggiungere sulla questione della spesa pubblica una mezza paginetta di ragionamento più specifico. Quella della spesa Pag.2922 pubblica nazionale e regionale è infatti la questione intorno alla quale si determinano due fenomeni, quello della pervasività e dell'accrescimento del potere mafioso e quello del rapporto fra organizzazioni criminali e mondo politico. Chiedo in sostanza che con una mezza pagina di sintesi si affermi in maniera più esplicita ed unitaria che quello della spesa pubblica è il terreno di crescita della mafia e di collusione con il potere politico. Viene poi l'argomento della regione, sul quale pure credo occorra fare una correzione, perché tale ente costituisce il punto nodale del passaggio di una grande parte della spesa pubblica. Occorre allora evidenziare che la regione, per il modo come è nata, per la sua struttura, per come funziona, è un tramite, consapevole o inconsapevole, del collegamento con le organizzazioni mafiose o, comunque, non è in condizione di essere un presidio che combatte le organizzazioni criminali. L'altra questione che si accompagna a questo punto è il risalto che occorre dare alla debolezza storica delle istituzioni calabresi, istituzioni intese come regione, come comuni, ma in qualche modo anche come organizzazioni politiche. Per fare una considerazione elementare ed ovvia, ci sono partiti politici che in Calabria sono commissariati forse da dieci anni... PAOLO CABRAS, Relatore . C'è un accenno alle forze politiche, anche comparando la situazione attuale con il passato. CARMINE GAROFALO. Sì, ma riguarda il ceto politico. Secondo me qui c'è però il problema più generale della vita asfittica delle istituzioni intese sia come espressione della rappresentanza popolare sia come organizzazioni democratiche. Questo è un punto nodale della difficoltà che incontra la Calabria nella battaglia contro la mafia. Nella parte conclusiva della relazione, credo che occorra inoltre lanciare un forte allarme - in base agli esempi che il senatore Cabras fa a proposito di appalti ENEL e delle forze armate - sulla capacità di sorveglianza e di attivazione di tutti gli strumenti necessari, perché la spesa pubblica, che continuerà ad affluire in Calabria (penso, ad esempio, alla questione della centrale), sia salvaguardata dalla complicità fra criminalità organizzata e imprese pubbliche ed altri poteri dello Stato che in passato non siamo stati in grado di combattere. Bisogna porre anche il problema sul fatto che, su tutto il grumo costituito dalla spesa pubblica nazionale, dalla spesa pubblica regionale, dalle istituzioni, dal loro funzionamento e così via, un impegno della magistratura complessivamente presa non c'è stato e ancora non si vede. Naturalmente con tutte le differenze: a Reggio Calabria qualcosa al riguardo è stato fatto ed è riportato in relazione, mentre in altre parti la reazione è abbastanza modesta e forse addirittura inesistente. Si pone forse un problema di rinnovamento complessivo degli apparati della magistratura in Calabria. Le novità in proposito si sono viste, però c'è anche un corpo piuttosto consolidato che in passato non ha condotto la battaglia ma ha tenuto un atteggiamento di distacco o comunque di disimpegno. Va dunque indagato tutto il campo della spesa pubblica e va fatta una sollecitazione (sia pure rispettosa non solo dei poteri ma anche dell'autonomia della magistratura) perché su questo aspetto si vada più avanti. Dopo avere svolto queste considerazioni di carattere generale, che mi sembrano di una certa importanza e che spero il senatore Cabras possa recepire nella stesura definitiva della sua relazione, vorrei fare alcune osservazioni più di carattere emendativo su singoli punti, che richiamo pagina per pagina, perché mi sembra che, qua e là, vi siano imprecisioni. A pagina 4, dove si fa riferimento alla situazione di Reggio Calabria, il primo capoverso recita: "Attualmente uno degli aspetti più preoccupanti della presenza mafiosa nel distretto è rappresentato dal dilagare delle estorsioni". Questo giudizio, Pag.2923 espresso così, lascia pensare che il campo d'azione più pericoloso della mafia reggina sia quello delle estorsioni. Al riguardo forse una correzione si impone perché si può sostenere che il fenomeno delle estorsioni dilaga o si è esteso, ma è forse fuorviante sostenere che è uno dei fenomeni più preoccupanti a fronte degli interessi, della potenza e della complicità che ha la mafia reggina. Riguardo al quinto periodo della stessa pagina 4 ("Importanti indagini giudiziarie hanno portato alla luce il fenomeno della cosiddetta criminalità dei colletti bianchi, con il coinvolgimento di burocrati, imprenditori e politici e, sullo sfondo, l'inquietante presenza della criminalità organizzata"), siccome in altra parte della relazione si richiamano esplicitamente i fatti di Reggio Calabria, conviene collegarla lì altrimenti appare fuori dal suo contesto. A pagina 5, quinto capoverso, si dice: "Nella città capoluogo operano altri due gruppi, quello dei Labate ed un altro dedito alle estorsioni". Non vedo perché non dobbiamo esplicitamente dire qual è l'altro gruppo. Nel sesto capoverso della stessa pagina 5 si fa un riferimento (che tra l'altro risulta riduttivo perché non si parla dei Pesce) alla mafia della piana; forse questo richiamo potrebbe essere meglio collocato nella parte che riguarda Palmi. A pagina 10, nella parte che riguarda Locri, al quarto capoverso si dice: "Nel corso delle indagini è stato accertato che numerosi pregiudicati della Locride fanno parte di organizzazioni internazionali dedite al traffico ed allo spaccio di eroina importata dall'Oriente e di cocaina importata dalla Colombia". Forse sarebbe utile fare qualche esempio, qualche riferimento più preciso, in maniera da lasciare meno generico tale riferimento. Anche nell'ultimo periodo della stessa pagina 10, là dove si parla di infiltrazioni nelle amministrazioni locali, sarebbe opportuno fare qualche riferimento più diretto, in maniera che anche questo concetto resti meno generico. A pagina 11, capoverso, nell'ultima parte del periodo, dove si legge "(...) nella guerra di mafia che a Siderno vede protagonista due note famiglie mafiose", bisognerebbe dire quali sono le due famiglie. A pagina 22, nel primo periodo si afferma: "Nel comprensorio di Crotone, il fenomeno della delinquenza mafiosa, pur non avendo raggiunto il livello riscontrabile in altre parti della Calabria, resta molto preoccupante". Penso che tale giudizio, espresso così, sia sbagliato, perché la mafia del Crotonese non è che non ha raggiunto un livello preoccupante. Certo, se facciamo il paragone con la mafia reggina, le altre espressioni ci sembrano meno preoccupanti, ma questo dovrebbe valere anche per il Catanzarese, per la Ionica cosentina. Quella di Crotone è intanto una delle zone di insediamento storico delle organizzazioni mafiose e peraltro una delle zone in cui tali organizzazioni sono più pericolose e più forti. Quindi, un giudizio che tutto sommato attenua la presenza delle organizzazioni mafiose nel Crotonese fa correre il rischio di commettere un errore. PAOLO CABRAS, Relatore . Si dice che resta molto preoccupante e quindi non mi pare che attenui. CARMINE GAROFALO. Comunque, rischia di attenuarla! Al quarto paragrafo di pagina 30 si dice che "nella provincia di Cosenza non operano grandi trafficanti di droga, ma numerosi piccoli spacciatori". Anche questo ritengo che sia un giudizio che rischia di farci commettere un errore, perché in provincia di Cosenza si trovano Cetraro e Muto. Quindi, dire che in provincia di Cosenza non operano grandi trafficanti di droga rischia di farci commettere un errore ed entrare in contraddizione con la descrizione della pericolosità delle attività illecite di cui è responsabile la cosca di Muto, sempre in provincia di Cosenza. C'è poi un problema che riguarda la parte di Paola, su cui ho diverse osservazioni da fare, che dobbiamo fare in Pag.2924 modo - spero che il senatore Cabras sia d'accordo - emerga in maniera molto netta. Il senatore Frasca poco fa ricordava che il procuratore della Repubblica di Paola quasi sicuramente sarà candidato in qualità di sindaco al comune di Cosenza. Tutti gli altri magistrati sono sottoposti a provvedimento disciplinare. Tra dieci giorni, una volta che sarà andato via il procuratore Arnone, il sostituto procuratore Belvedere ed il sostituto procuratore Fiordalisi, che pure sono stati trasferiti, resteranno da soli a dirigere la procura di Paola. MASSIMO BRUTTI. Belvedere diventerà procuratore della Repubblica. CARMINE GAROFALO. Certamente! SALVATORE FRASCA. Belvedere è stato sospeso dalle funzioni e dallo stipendio. CARMINE GAROFALO. La sospensione è di sei mesi! SALVATORE FRASCA. Fiordalisi è andato a Bari. CARMINE GAROFALO. Fiordalisi è andato a Bari, ma non c'è stato ancora l'anticipato possesso. Se Arnone andrà via tra dieci giorni la procura resterà nelle mani di Belvedere e Fiordalisi. PAOLO CABRAS, Relatore . Si può aggiungere preoccupazione per la situazione, senza far riferimenti... Si può dire che il procuratore lascerà per motivi personali; tra l'altro la situazione è descritta analiticamente a pagina39. CARMINE GAROFALO. Facevo queste osservazioni al di là del giudizio che possiamo includere nel documento. Sarebbe opportuno che la Commissione trovasse il modo di avere con il CSM un contatto per dire che se andrà via Arnone la procura della Repubblica ed il tribunale di Paola resteranno in mano a persone sospese. Sarebbe una questione assolutamente intollerabile. PAOLO CABRAS, Relatore . Certo. SALVATORE FRASCA. Tutte le grandi inchieste della zona, che fanno parte del sistema del potere, non andrebbero più avanti. CARMINE GAROFALO. Al quarto periodo di pagina 38 si dice che "in conclusione nel circondario di Paola non sono ancora emerse delle vere e proprie collusioni di esponenti politici con le cosche locali". Mi rendo conto che si tratta di una frase inserita allo stato delle conoscenze; nel corso degli ultimi due mesi la procura della Repubblica di Paola (questo è un motivo per cui chiederò di rettificare il giudizio sul procuratore) ha mandato avanti proprio su questo terreno un indagine dalla quale cominciano ad emergere, viceversa, forti connessioni tra il potere politico locale e regionale, criminalità organizzata euso della spesa pubblica regionale. C'è tutta una questione che riguarda l'isola di Dino, l'utilizzo dei fondi per il turismo che comincia a delineare un intreccio di interessi molto forti con un'azione - che è in itinere - della procura della Repubblica di Paola che comunque già sconta degli avvisi di garanzia ad una serie di membri della passata eattuale giunta regionale. Per queste ragioni ritengo, senatore Cabras, che allo stato dei fatti questo giudizio in qualche modo dovrebbe essere rettificato. Per quanto riguarda il giudizio, che considero corretto, sulla situazione degli uffici giudiziari di Paola, anche perché differenziato, per la situazione che si sta delineando in questo momento, sottolineerei molto gli addebbiti contestati a Belvedere, Fiordalisi, al presidente del tribunale. Considerando che ci troviamo in presenza di un risveglio di iniziative e di attività da parte della procura, chiedo di omettere la parte in cui si dice "meno gravi sono le contestazioni di scarsa Pag.2925 dirigenza rivolte al procuratore, dottor Arnone e al sostituto, dottor Greco". A pagina 48, terzo periodo, sarà opportuno rettificare il giudizio in ordine alla cessazione dei sequestri. PAOLO CABRAS, Relatore . Si sono ridotti di numero. CARMINE GAROFALO. Forse sarà opportuno dire che i sequestri di persona stanno riprendendo vigore. PAOLO CABRAS, Relatore . Ho citato Bovalino. CARMINE GAROFALO. La citazione su Bovalino e il terzo periodo di pagina 48 sono in contraddizione. Si tratta di una osservazione; tuttavia, si può anche non tenerne conto. Queste erano le osservazioni più minute che intendevo fare espero di aver portato un contributo al lavoro della Commissione. A chiusura del mio intervento, dopo l'approvazione della relazione, sia pure con le integrazioni che ho suggerito e quelle che emergeranno nel corso della riunione, ritengo sarà necessario riprendere l'indagine in Calabria. Ritengo si debba utilizzare questo documento perché apartire dalle zone più calde (cito il caso della Tirreno-Cosentino) la presenza della Commissione antimafia ritorni ad essere un punto forte per coloro che in Calabria vogliono fare una battaglia contro la mafia. Un'ultima osservazione che ritengo di dover fare per dovere di cronaca. Il senatore Frasca ha sollevato un problema che riguarda Cassano. Ho letto quei verbali e naturalmente non potevo che attivarmi di conseguenza. Non tedierò la Commissione con altre considerazioni se non per dire che il mio partito ha chiesto le dimissioni del vice sindaco in questione; naturalmente, se le dimissioni non dovessero essere presentate, il mio partito tirerà le conseguenze da una situazione di questo genere. SALVATORE FRASCA. Quindi, bene al partito, male allo Stato, che ancora non è intervenuto. PRESIDENTE. Per essere in numero legale dovrebbero essere presenti altri quattro colleghi. Vorrei che i responsabili dei rispettivi gruppi riflettessero sulla possibilità di far venire in Commissione alcuni colleghi nell'ipotesi in cui si potesse approvare la relazione nella giornata di oggi, così come per altro era previsto nell'ordine del giorno. PAOLO CABRAS, Relatore . Ad alcuni colleghi che lo hanno domandato è stato detto che oggi non si sarebbe votato. GIROLAMO TRIPODI. Ricordo che quando iniziammo la discussione sulla Calabria e quindi sulla situazione relativa alla presenza mafiosa, all'inquinamento del tessuto politico, economico e istituzionale, fu detto da parte del nostro gruppo che la relazione non rispecchiava assolutamente la realtà, né attuale né storica, per come il fenomeno si era creato, sviluppato, tanto da dominare il territorio della Calabria e controllarlo come era stato precedentemente riscontrato nella relazione approvata nella passata legislatura. Avevamo giudicato la relazione un documento arretrato e inefficace. Capisco che il senatore Cabras ritenga il mio giudizio... PAOLO CABRAS, Relatore . Sono attentissimo. GIROLAMO TRIPODI. Stavo dicendo che nel momento in cui abbiamo iniziato la discussione ritenevamo che la relazione fosse sostanzialmente superficiale, limitata e generica. Oggi non ritengo che si possa cambiare il giudizio precedentemente espresso per le cose che dirò più avanti. Come è stato ammesso, le correzioni apportate alla relazione non avrebbero dovuto contrastare con l'impalcatura generale. Dal momento che l'impostazione generale è quella che noi contestiamo, è evidente che non possiamo assolutamente essere d'accordo e quindi non possiamo mutare il nostro giudizio. Pag.2926 Credo che vada subito detto che la relazione, rispetto al fenomeno mafioso e allo sforzo che abbiamo compiuto per quanto riguarda la Sicilia, è molto lontana dai risultati ai quali siamo in quel caso pervenuti. In questa relazione sostanzialmente si tenta di rimanere su una bassa mediazione e pertanto un'analisi di questo genere non potrà produrre effetti positivi ai fini della lotta alla criminalità organizzata in Calabria. La situazione in Calabria probabilmente è la più grave d'Italia a causa della dimensione e peculiarità del fenomeno mafioso e delle numerose attività illecite (si pensi ai sequestri di persona, che la relazione iniziale riteneva fossero stati debellati). Se la situazione è quella descritta, cosa manca alla relazione? Manca un'analisi delle cause che hanno determinato una situazione del genere. Manca un'analisi di fondo sulle cause che hanno consentito che in Calabria si affermasse una organizzazione criminale così potente e feroce sia pure con caratteristiche diverse rispetto a Cosa nostra, che per alcuni aspetti risulta meno pericolosa per il modo in cui la 'ndrangheta è organizzata sul territorio calabrese. Il determinarsi di una situazione di questo genere va addebitato a chi ha avuto responsabilità politiche non solo in Calabria ma anche a livello nazionale. Infatti molte decisioni che hanno favorito la crescita della mafia sono state prese proprio a livello nazionale da uomini politici dei partiti di Governo. Del resto, molti mafiosi calabresi sono stati catturati o anche assassinati nella capitale per i rapporti che questi hanno mantenuto con gli esponenti del potere decisionale a livello politico, di pubblica amministrazione e in genere dei poteri che avrebbero dovuto fornire adeguate risposte di trasparenza e impegnarsi contro le organizzazioni criminali e contro l'affarismo politico mafioso. Se vogliamo dare un contributo per voltare pagina e costruire davvero un'alternativa alla mafia occorre cancellare il passato e il torbido rapporto tra politica e mafia che lo ha caratterizzato; per far questo, però, non bisogna avere la preoccupazione di ordine politico che possano essere messi sotto accusa i partiti che hanno tali responsabilità. Per la Calabria, ma non solo per questa regione, la responsabilità più grande è data dal comportamento del partito che ha avuto il ruolo maggiore ed ha quindi espresso la classe dirigente locale: mi riferisco alla democrazia cristiana, ma anche ad alcune integrazioni di responsabilità venute successivamente da parte del partito socialista e di piccoli partiti di governo. Non si è trattato solo del rapporto preferenziale offerto dalla mafia in tutte le campagne elettorali con il voto di scambio, ma del controllo dei poteri pubblici in Calabria, con la copertura politica di questi partiti; non si tratta solo della politica clientelare e del favoritismo nella gestione del potere a tutti i livelli, ma anche dei condizionamenti che tale rapporto ha determinato nei confronti delle istituzioni ed anche negli apparati dello Stato che dovevano portare avanti la battaglia di contrasto della criminalità organizzata. Penso intanto alla magistratura in Calabria: in proposito dobbiamo esprimere il nostro giudizio non positivo, perché nel passato, tranne alcune personali eccezioni a Palmi, aReggio Calabria, a Locri e in qualche altro caso... PRESIDENTE. Non tutta Reggio Calabria! GIROLAMO TRIPODI. Parlo di alcune eccezioni personali, isolate e perseguitate per il loro impegno in queste sedi e in qualche altro caso. Tranne tali eccezioni, la magistratura è stata neutrale, in qualche caso complice, in altri casi connivente e in altri ancora contigua e per certi aspetti connivente con le forze politiche che hanno determinato una situazione che si caratterizza non solo per la crescita del fenomeno mafioso ma anche per il problema dell'inquinamento delle istituzioni sul piano della utilizzazione delle risorse Pag.2927 da parte delle stesse forze politiche; ha avuto un rapporto di neutralità nei confronti dei comitati di affari che hanno gestito il denaro pubblico, che ora stanno venendo fuori: prima Reggio Calabria, adesso Catanzaro; notizie di ieri testimoniano una situazione che doveva esplodere e che comincia ora a raggiungere i santuari delle responsabilità. Ecco perché occorre finalmente che ci occupiamo delle cause che hanno provocato in passato lassismo negli uffici giudiziari di Reggio Calabria. Per appurare le responsabilità politiche occorre accertare fino in fondo i fatti ed evitare di fare di tutta l'erba un fascio. Nella relazione si fa riferimento a tutti i partiti e questo, caro Cabras, non è vero. Vi sono partiti, come quello comunista, che hanno pagato con il sangue dei loro dirigenti (Lo Sardo, Valariati, Vinci, Gatto, eccetera) ed altri che hanno tollerato fino a qualche tempo fa persino personaggi che hanno avuto un ruolo devastante sul piano locale e nazionale. Ciccio Mazzetta non è stato un esempio di influenza soltanto a livello locale: quando è stato sciolto il consiglio comunale di Taurianova, quest'uomo ha avuto la solidarietà non soltanto di Battaglia, che ora è in galera, ma anche dell'onorevole Napoli e di altri dirigenti del suo partito, la democrazia cristiana. Se questi fatti non vengono in qualche modo fuori, non possiamo dire di aver lavorato bene per la Calabria e di aver dato un contributo per ridare fiducia alle popolazioni, che ancora dubitano, anche se incominciano a pensare che qualche spiraglio di speranza si potrebbe aprire. Anche il fenomeno dell'annullamento delle sentenze ha interessato la Calabria; le sentenze più importanti emesse nei confronti delle cosche mafiose della provincia di Reggio Calabria sono state quasi tutte annullate dal noto Carnevale. Vi sono anche altre vicende giudiziarie, che non si sono ancora concluse e che interessano personaggi politici. Indipendentemente da come siano andate le cose, anche in Parlamento, queste vicende esistono e non riguardano solo la "cupola" di Reggio Calabria, della quale fanno parte personaggi di spicco che sono tuttora in galera, ma anche altri livelli, compreso quello parlamentare. Meraviglia il fatto che, invece di aggiungere un riferimento ai parlamentari indagati per mafia, si sia preferito cancellare il riferimento a Roma. Il problema era di fotografare la situazione ed indicare fatti precisi, senza con questo voler anticipare condanne o sentenze. Le indagini nei confronti di questi parlamentari, che devono andare avanti, dimostrano come la situazione della regione sia grave ed inquietante. Lo Stato ha dimostrato sostanzialmente in molti casi tolleranza nei confronti delle attività criminali. Ricordo ad esempio la vicenda delle "vacche sacre" che continuano a pascolare abusivamente nei terreni dei coltivatori in una parte grande della piana di Gioia Tauro; tutti sanno che sono di famiglie mafiose, ma le vacche continuano a pascolare indisturbate. Ritengo sia questo un esempio scandaloso di tolleranza e di complicità dello Stato. Così come tolleranza da parte dello Stato vi è stata anche negli appalti della centrale a carbone e si è rinnovata in questi giorni, quando si sono verificati due episodi molto gravi. La manifestazione -giusta, perché è giusto che i lavoratori lottino per il lavoro ed il loro futuro - è sfociata nel blocco ferroviario ed autostradale ed in episodi di vandalismo che hanno visto la mafia strumentalizzare il malcontento e la giusta protesta dei lavoratori; su un obiettivo però sbagliato perché la tensione sociale non si risolve certo con la realizzazione della centrale a carbone. In quella protesta si è registrato lo scavalcamento dei sindacati da parte di ambienti mafiosi; al riguardo, anzi, credo che questa Commissione dovrebbe condurre un esame attento e particolare, perché quanto è avvenuto a Gioia Tauro è molto preoccupante, per cui non è condivisibile l'abbinamento che si fa nella relazione tra gli operai di Crotone e la lotta di Gioia Tauro. Quello di Crotone è Pag.2928 stato un grande fatto democratico e popolare che ha visto i lavoratori e il popolo insieme per difendere il polo industrialeper lo sviluppo; a Gioia Tauro c'è stata penetrazione della mafia che vuole la centrale per realizzare colossali affari illeciti. PAOLO CABRAS, Relatore . Ci sono anche i sindacati aGioia Tauro. GIROLAMO TRIPODI. Ho già espresso il mio giudizio sulla lotta dei lavoratori, ma sono due fatti diversi. So che ci sono state persino minacce nei confronti dei sindacalisti che si preoccupavano di evitare esasperazioni e la continuazione del blocco delle comunicazioni ferroviarie e stradali. Il secondo fatto grave è che lo Stato non solo ha ceduto ed è venuto ad un certo patto con la mafia all'epoca degli appalti precedenti, ma ha ceduto anche adesso; ha ceduto la regione, e tutto il vecchio blocco di potere, che in proposito ha grandi responsabilità, si è unito ed ha accettato il ricatto e la strumentalizzazione mafiosa per quanto riguarda la realizzazione della centrale a carbone. Su tutto ciò non si può evitare di dare un giudizio ma purtroppo la relazione non coglie questo aspetto: non è sufficiente richiamarsi a quanto è avvenuto in passato perché la questione di Gioia Tauro non si è fermata, anzi oggi si aprono prospettive molto allarmanti; il fatto, ad esempio che si voglia una centrale alimentata a carbone e non a metano, come voleva il consiglio regionale e la maggioranza delle popolazioni. Significa che la mafia vuole mettere le mani oggi sui 4 mila, 5 mila o 6 mila miliardi necessari per la costruzione e domani sulla gestione del carbone e dei trasporti delle ceneri e delle scorie. Qui è il punto! Qui c'è la resa dello Stato, della regione e del sindacato. PAOLO CABRAS, Relatore . Come puoi fare le scelte di politica industriale a seconda delle industrie di subappalti, mafiose o non mafiose, che vengono privilegiate! Sembra che questo sia il criterio. Non a caso, la tua posizione è minoritaria nella regione, nelle istituzioni, nella popolazione, nei sindacati! Diciamo le cose come stanno! GIROLAMO TRIPODI. I sindacati hanno fatto questa scelta ma non è solo Gioia Tauro che decide, perché le popolazioni della piana si sono pronunciate anche con un referendum che ha riportato un plebiscito contro la centrale a carbone. PAOLO CABRAS, Relatore . In regione ne hanno discusso per giorni interi e lo sai benissimo! GIROLAMO TRIPODI. Dove? Chi? PAOLO CABRAS, Relatore . Nella regione Calabria, i consiglieri regionali. GIROLAMO TRIPODI. Non è vero! L'hanno discusso quelli di Gioia Tauro. PAOLO CABRAS, Relatore . L'ente regione! GIROLAMO TRIPODI. Il consiglio regionale ha votato un documento, contro la centrale a carbone, che esprimeva la disponibilità per la costruzione di una centrale di media taglia alimentata a metano. Questi sono i documenti! Ha detto "no" al carbone. Adesso la giunta ha ceduto sconfessando il consiglio regionale. PAOLO CABRAS, Relatore . Ecco, adesso ha detto un'altra cosa. Io parlo di adesso, non di quattro anni fa. GIROLAMO TRIPODI. No, non è vero! Lei è portatore delle spinte che vengono esclusivamente da Gioia Tauro. SALVATORE FRASCA. Perché deve essere confermato un presidente che fa gestire gli appalti del suo ente alla mafia? Questo è il problema che dobbiamo risolvere! Pag.2929 GIROLAMO TRIPODI. Quello di cui parlo è un documento di un anno fa, che rispecchia la realtà attuale, non di quattro anni fa. PAOLO CABRAS, Relatore . Comunque, l'orientamento adesso è diverso e lei lo sa. GIROLAMO TRIPODI. Certo, infatti sto parlando di un cedimento. Ho parlato di un atto di grave irresponsabilità delle forze che governano questa regione. L'altra questione che mi pare non venga fuori dalla relazione è il ruolo avuto dalla regione dal 1970 ad oggi. Mi riferisco alla sua gestione che, invece di evitare la crescita di fenomeni di intreccio con la mafia, l'ha favorita. Tutta la gestione regionale ha favorito la crescita mafiosa! Del resto, lo dimostra lo stesso fatto che oggi nel consiglio regionale questo non può sfuggire - oltre il 50 per cento dei consiglieri è inquisito, alcuni sono in galera o sospesi. Questi sono fatti! Eppure su tutto ciò non vi è una parola in questa relazione. Queste cose vanno dette. Come si può combattere la mafia quando non diciamo che sono in galera o sospese persone elette dalla mafia che facevano parte organica del consiglio regionale? Credo che questi fatti la relazione ha il dovere di denunciarli, perché certamente un'istituzione regionale che si trova in queste condizioni di fatto favorisce gli interessi della mafia. SALVATORE FRASCA. Ci sono 23 o 24 consiglieri regionali inquisiti! GIROLAMO TRIPODI. L'ho detto già. Un'istituzione regionale in tali condizioni non può funzionare e produce danno all'immagine delle istituzioni. In merito alla lotta alla mafia, nonostante i positivi risultati raggiunti, credo che questo fenomeno non si possa considerare attenuato, perché da quanto abbiamo riscontrato nei sopralluoghi e nelle audizioni la mafia si è estesa anche in territori dove precedentemente non era presente. Questo tema andava inserito nella relazione eppure ad esso non si fa cenno. Non vi è un cenno neppure per quanto riguarda la condotta di parti dello Stato nei confronti di quei settori della magistratura che si sono impegnati. Mi riferisco al caso di Palmi, allo smantellamento quasi totale degli organici di quegli uffici giudiziari, a tutte le vicende riguardanti il procuratore Cordova, le inchieste e gli attacchi violenti nei suoi confronti; tutto questo non è venuto fuori nella relazione. Eppure, sono vicende alle quali bisogna dare il dovuto risalto, perché i fatti hanno dimostrato che non c'erano responsabilità da parte di questi magistrati. A questo proposito, vi è l'esigenza che si vada fino in fondo per fare chiarezza e dare il giusto riconoscimento a coloro che hanno lottato e che sono stati per questo anche perseguitati soprattutto dall'ex ministro Martelli - e per far emergere le responsabilità di coloro che invece non hanno fatto niente e si sono associati agli attacchi portati avanti nei confronti di quei magistrati. Su tutto ciò bisogna fare piena luce, in quanto con tali attacchi si volevano bloccare le inchieste sulla centrale di Gioia Tauro e la massoneria deviata. Bisogna andare fino in fondo per quanto riguarda la condotta di quegli uffici giudiziari dove si è registrato lassismo o addirittura contiguità. Sono vicende che stanno venendo alla ribalta proprio in questi giorni: ricordo quel che ha detto Macrì - su cui si è prima soffermato il senatore Frasca - e le querele che vengono presentate come reazione da parte del responsabile degli uffici di Reggio Calabria. Questi episodi vanno considerati, così come bisogna porre attenzione a quel che è avvenuto in questi giorni, sempre in riferimento alla vicenda di Gioia Tauro, cioè l'anticipato trasferimento del GIP Elena Massucco, nonostante che costei avesse chiesto di rimanere per tutto il tempo che la legge prevede. Invece, rapidamente, in modo assolutamente discutibile, era stata trasferita a Torino. Nonostante che il ministro di grazia e Pag.2930 giustizia fosse intervenuto per bloccare il trasferimento, successivamente il capo del personale, il dottor Testi, che mi pare abbia avuto rapporti con personaggi della P2, ha adottato di nuovo un provvedimento di trasferimento. L'intendimento che emerge è quello di affossare le inchieste sulla centrale e sulla massoneria deviata: la dottoressa Massucco sta gestendo la fase finale delle inchieste sugli appalti di Gioia Tauro, dove sono state commesse irregolarità negli appalti che hanno consentito la penetrazione mafiosa e sono coinvolti Viezzoli, presidente dell'ENEL, grandi imprese di fama nazionale, personaggi mafiosi e politici di livello nazionale. Nel momento in cui ci si avvicinava alla conclusione delle indagini preliminari, questo magistrato è stato trasferito. Il trasferimento può avere la finalità di insabbiare queste inchieste. Ci sono forze potenti che si stanno muovendo in questa direzione. Nonostante la dottoressa Massucco avesse chiesto di rimanere e il presidente della corte d'appello avesse promesso che avrebbe accettato quella richiesta, poi in realtà l'ha disattesa. Per fortuna, dopo la reazione popolare, il ministro ha revocato questo frettoloso trasferimento. Un altro tema che manca nella relazione è quello riguardante il comportamento dei TAR, del quale abbiamo già parlato altre volte. In Calabria si è verificato un altro fatto preoccupante: quasi tutti i consiglieri provinciali e comunali rimossi sono stati riammessi attraverso sentenze dei TAR. Pur essendosi comportati in contrasto con la legge dello Stato sono stati tutti reintegrati. Anche su questo bisogna dire qualcosa. Dobbiamo approfondire il comportamento dei TAR nelle zone di mafia. Certamente, queste decisioni sono preoccupanti. Parlo della provincia di Reggio Calabria ma pare che decisioni analoghe siano state assunte anche in provincia di Cosenza. Infine, nella relazione manca una parte dedicata alle questioni di carattere sociale. Certamente, la lotta alla mafia va portata avanti ma devono essere evidenziate e risolte anche le gravi situazioni sul piano sociale ed economico della Calabria. Non possono essere trascurate ma nella relazione sono completamente ignorate. Poi, l'aspetto più evidente è la mancanza di proposte, di suggerimenti per affrontare la situazione calabrese. Non si può approvare una relazione che fa soltanto filosofia su certe situazioni e che è reticente sulle questioni fondamentali. Ci vogliono proposte per quanto riguarda l'adeguamento degli organici della magistratura, occorre l'intervento sugli uffici giudiziari per fare piena luce su situazioni particolarmente non chiare. Non mi riferisco solo alla situazione di Paola che è travagliata da pesanti problemi, ma anche a quella degli uffici di Reggio Calabria a tutti i livelli. E' necessario un grande impegno per rilanciare la trasparenza. Si pone l'esigenza di una rottura totale da parte dei partiti politici che hanno avuto collegamenti con la mafia. Nella relazione manca un riferimento alla questione conseguente - relativa alla situazione del consiglio regionale. Anche su questo occorre pronunciarsi. Non può rimanere in carica un consiglio la cui maggioranza è inquisita. Naturalmente, sono necessarie proposte per risolvere il problema sociale. La Calabria è la regione con il più alto tasso di disoccupazione (in alcune zone i disoccupati superano il 30 per cento). Vogliamo che ci sia la prevenzione, la repressione, il contrasto rigoroso a tutti i livelli del fenomeno mafioso ma accompagnato da risposte ai problemi del futuro della vita della gente, dello sviluppo e dell'occupazione. Inoltre, anche per dare respiro al discorso, non c'è dubbio che bisogna insistere per andare a fondo sulle responsabilità del passato, perché non si verifichino più quei torbidi rapporti tra la mafia e centri di potere decisionale locali e nazionali, politici o amministrativi, che hanno determinato una spartizione affaristica ed incentivato le illegalità con l'uso delle risorse pubbliche. Dovremmo verificare, ad esempio, in che modo in Pag.2931 Calabria si ponga il problema dell'uso del territorio, tenuto conto che si tratta di una delle aree maggiormente sconvolte dalla speculazione e dall'abusivismo che con il saccheggio del territorio rappresentano un fenomeno largamente diffuso. Sarebbe stato quindi opportuno inserire nella relazione un riferimento a tale aspetto. Dobbiamo inoltre richiamare l'attenzione sulla necessità di un migliore coordinamento delle forze dell'ordine, in modo tale da consentire ad esse la possibilità di portare avanti in modo efficace la battaglia finalizzata alla sconfitta del fenomeno mafioso, senza sovrapposizione di interventi nelle inchieste e senza spreco di energie. Poiché mi è sembrato di capire che la relazione debba essere votata oggi, a questo punto non vi sarebbe più la possibilità di presentare emendamenti (tra l'altro, il termine entro il quale poterli depositare non è stato mai indicato). Comunque, per quanto ci riguarda, il problema non è limitato a qualche aggiustamento od integrazione, poiché riteniamo che sia tutta l'impostazione della relazione a dover essere modificata. PRESIDENTE. Onorevole Tripodi, la votazione della relazione sulla Calabria non avverrà oggi. GIROLAMO TRIPODI. Sì, ma era emerso un orientamento nel senso di votare oggi. Vi sono poi stati alcuni colleghi che hanno chiesto un rinvio. A questo punto, potrebbero quindi essere presentati eventuali emendamenti. Tuttavia per quanto ci riguarda - ripeto - confermiamo il giudizio negativo che avevamo espresso sulla precedente formulazione della relazione. Indubbiamente vi sono state integrazioni e modifiche ma si tratta comunque di interventi molto marginali: la sostanza rimane invariata e certamente noi non voteremo a favore della relazione perché riteniamo che essa, piuttosto che aiutare la lotta alla mafia in Calabria, creerà ulteriore confusione. ROSARIO OLIVO. Mi sforzerò di essere molto breve e mi limiterò ad alcune considerazioni essenziali e, spero, equilibrate. Dal punto di vista della valutazione generale, confermo il giudizio formulato nel mio intervento svolto nella seduta dello scorso mese di luglio. Considero accettabile l'impianto complessivo della relazione Cabras, che recepisce indicazioni e valutazioni emerse nel corso degli ultimi mesi in occasione delle numerose audizioni alle quali abbiamo proceduto sul posto. Le indicazioni ci sono state fornite dai rappresentanti delle istituzioni regionali e locali, della magistratura calabrese, delle forze dell'ordine e delle forze politiche e sociali e su di esse si è svolto un confronto serrato ed approfondito. Il vicepresidente Cabras ha profuso uno sforzo importante, del quale credo gli vada dato atto, per ricondurre a sintesi una sintesi che considero importante - il lavoro di acquisizione delle informazioni. Il quadro che ne viene fuori (io stesso ho partecipato alle visite effettuate dalla nostra Commissione in Calabria - che mi sembra siano state quattro o cinque - ed ho quindi preso parte alle audizioni, delle quali in modesta misura sono stato protagonista) è realistico, perché rappresenta una sintesi delle cose ascoltate e del confronto che si è svolto negli ultimi mesi in quella regione. Ciò nonostante, è necessario un ulteriore sforzo di integrazione, al fine di chiarire meglio aspetti non secondari che sono rimasti ambigui anche nell'ultima stesura della relazione. Si tratta di un dato che è stato sottolineato anche dai colleghi che mi hanno preceduto, con i quali concordo. E' fuori dubbio infatti che vi sia la necessità di un ulteriore sforzo di integrazione e di approfondimento. Non ritornerò su alcune giuste considerazioni sottolineate dai colleghi intervenuti prima di me e mi limiterò ad indicare gli aspetti che a mio avviso andrebbero ulteriormente chiariti. Mi riferisco anzitutto alle indagini sulla massoneria deviata. Nella relazione è contenuta una parte che fa riferimento a questo aspetto importante. Tuttavia (in questo senso richiamo l'ultima considerazione Pag.2932 svolta dall'onorevole Tripodi, che mi sento di condividere) mi appare inquietante la frettolosità con la quale è stato affrontato il trasferimento della dottoressa Massucco, che a Palmi ha in mano cose scottanti... PAOLO CABRAS, Relatore . Sì, ma non riguardano la massoneria bensì gli appalti! ROSARIO OLIVO. No, riguardano anche la massoneria deviata (l'indagine lasciata da Cordova prima del suo trasferimento), l'ENEL, Gioia Tauro. Credo che su una questione di particolare delicatezza noi abbiamo il dovere di fare una sottolineatura con riguardo alla estrema frettolosità con la quale viene considerata la vicenda di una richiesta proveniente da questo magistrato di concludere indagini che caspita! - non sono di poco momento. Su tale aspetto una nostra riflessione credo possa servire in questo momento particolare, presidente Violante, presidente Cabras. Quanto al rapporto mafia-politica ed al voto di scambio, il procuratore Cordova stava indagando anche in questo settore. Noi lo abbiamo ascoltato qualche mese fa ed in quella occasione lo abbiamo incalzato con le nostre domande. Non so se il procuratore Cordova abbia fatto pervenire alla Commissione ulteriori elementi rispetto alle dichiarazioni rese in questa sede. Lo chiedo al presidente della Commissione ed al collega Cabras: Cordova ha mandato un rapporto sull'indagine da lui avviata lo scorso anno? Mi pare che fosse questa l'intesa con la quale ci eravamo lasciati, se non ricordo male (e credo proprio di non ricordare male!). Aveva parlato di indagini sul voto di scambio e sul sequestro di materiale elettorale. Noi gli abbiamo chiesto non soltanto notizie ma anche un rapporto circostanziato su quella vicenda. Se non è stato mandato, ne prendo atto. Mi sono meravigliato nel constatare che questa mattina non sia stata messa in rilievo una vicenda che abbiamo appreso ieri o avanti ieri e che considero sconcertante ed incredibile. Mi riferisco alla vicenda di Giacomo Mancini, che è stato valoroso collega e membro di questa Commissione. Se il rapporto mafia-politica ed il problema del voto di scambio in Calabria si riduce alla vicenda Mancini, resto veramente e profondamente turbato. Naturalmente rimango anch'io in attesa di avere elementi, di capire. Ma se oggi - ripeto - il rapporto mafia-politica e la questione del voto di scambio vengono identificati in questa sconcertante vicenda, io resto sinceramente sconvolto - devo dirlo ai colleghi della Commissione - ed ho una nettissima reazione di rigetto. Io e anche tantissimi calabresi conosciamo la storia e le scelte di campo e di vita di Giacomo Mancini, conosciamo le sue battaglie nella lotta antimafia in Calabria e nel Mezzogiorno d'Italia. Vorrei chiedere: si guardano, si valutano le battaglie portate avanti per decenni su questo terreno, battaglie che, nel caso di Mancini, sono state condotte alla luce del sole, fino a qualche sera fa, anche dai teleschermi nazionali? Si tratta di battaglie che comportano un impegno, uno spendersi, che costano anche rischi personali quando come è avvenuto nel caso di Mancini - sono stati sempre fatti nomi e cognomi e non accuse generiche. Credo che noi abbiamo il dovere di richiamare una maggiore attenzione, un maggiore approfondimento, riscontri più puntuali e credibili prima che si affermino accuse che onestamente finiscono per far comprendere - almeno per quanto riguarda il sottoscritto - la constatazione amara di Michele Pantaleone: "Se tutto è mafia, allora nulla è mafia!". Dobbiamo stare attenti in Calabria, perché c'è un gioco di depistaggio, c'è il gioco di chi intende sollevare polveroni - non so se in tale gioco vi siano anche alcuni pentiti - nei quali sono tutti coinvolti, cosicché non paghi chi deve pagare e non viene fuori il marcio che invece c'è nel rapporto mafia-politica e nel voto di scambio. Non sarò certo io a minimizzare o a svilire il significato di certe indagini. Però, attenzione: su questo terreno noi abbiamo il Pag.2933 dovere di capire meglio e di invitare chi di dovere a prestare una maggiore attenzione a certe vicende. Analoga considerazione vorrei fare per le altre figure che in questa vicenda sono state chiamate in causa in maniera indiretta o comunque ambigua. Si è detto: "Mancini accompagnato da avvocati", e si è fatto il nome di Casalinuovo e di Gullo. Resto davvero trasecolato, perché tra l'altro si tratta di grandi figure sul piano morale e professionale e su quello della lotta antimafia. Casalinuovo e Gullo sono figure intemerate, integerrime, personalità adamantine. Lo dico non perché intenda assumere la difesa d'ufficio di qualcuno; del resto, si tratta di personalità che non hanno certo bisogno di difensori d'ufficio della mia modestia. Per loro parla una vita, parla quello che queste figure sono oggi: uno è vicepresidente dell'Associazione delle camere penali italiane e l'altro è presidente di una prestigiosa accademia nazionale. Il mio - sinceramente - non è uno sfogo, anche perché rifletto molto sulle cose prima di dirle. Mi sforzo di riflettere. Ho notizia di richieste di misure di allontanamento dal proprio comune di un vecchio amministratore locale di Roccella Ionica, Antonio Zito, sul quale si sta indagando. Per carità: l'indagine vada avanti! Io conosco questo amministratore comunale che, per quanto mi riguarda, è un amministratore perbene e stimato, conosco le sue battaglie... PAOLO CABRAS, Relatore . E' consigliere regionale. ROSARIO OLIVO. Sì, ma è stato anche sindaco di quel comune nel quale ha condotto grandi battaglie, collega Cabras. PAOLO CABRAS, Relatore . Lo so. ROSARIO OLIVO. Sinceramente, resto in attesa di capire meglio queste cose. Vorrò capire da cosa nascono e quali elementi di supporto essi abbiano. Vorrei parlare di altre vicende ma non lo faccio. Ma comincia ad essere più chiaro e a farsi strada in me il sospetto che si voglia, da qualche parte, sostenere l'equazione secondo cui in Calabria mafia è uguale a socialisti. Si tratta di un teorema che, per la parte che mi riguarda (voglio dirlo con molta chiarezza in questa Commissione, senza - lo ripeto - fare il difensore d'ufficio di nessuno, neppure della forza politica alla quale appartengo), è infame ed inaccettabile, e che i fatti si incaricheranno di dimostrare falso, non veritiero. L'ultima considerazione che vorrei svolgere riguarda la questione della regione e delle autonomie locali. Anche su questo piano, non intendo fare il difensore d'ufficio né della regione, di cui sono stato presidente, né delle autonomie locali calabresi e non voglio neppure entrare in polemica con colleghi che hanno svolto legittimamente le loro considerazioni al riguardo. Conosco molto bene le infiltrazioni malavitose nella vita delle autonomie locali e della stessa regione calabrese (non sarò certo io a minimizzarle), ma non accetto una criminalizzazione, una demonizzazione complessiva, generica e generalizzata, sommaria, né della regione né delle autonomie locali, che continuano a rimanere presìdi insostituibili della vita democratica, che dobbiamo salvaguardare; occorre certamente bonificarle e risanarle profondamente ma anche aiutarle e sorreggerle in un lavoro difficile e complesso, che però resta importante a salvaguardia della vita democratica nella nostra regione. Lo dico perché vi è una tendenza, estremamente pericolosa, a sostenere che sia meglio il commissario piuttosto che le autonomie locali o regionali. Occorre fare attenzione a restringere gli spazi di partecipazione, di vita democratica nel Mezzogiorno d'Italia. Non condivido questa linea e mi colloco sull'altro versante, quello che si propone di denunciare, di far venire fuori il marcio laddove questo esiste, di risanare e bonificare profondamente, anche attraverso la Pag.2934 denuncia più spietata, ma sempre - lo ripeto - nella salvaguardia di queste istituzioni. A pagina 62 della bozza di relazione vi è il seguente riferimento: "Non a caso negli anni trascorsi l'uso delle risorse regionali nei settori della forestazione, dell'agricoltura e dei lavori pubblici ha consentito l'insediamento mafioso non soltanto per la volontà dei singoli responsabili politici, ma anche per la fragilità del tessuto amministrativo e dei controlli, e questo avveniva indipendentemente dalla diversa composizione politica, nel tempo, dei governi regionali". Concordo con tale valutazione, ma mi permetto di suggerirne un'altra (tengo molto a questa integrazione), volta a precisare che nel passato governi regionali di vario colore politico... PRESIDENTE. Di tutti i colori politici. ROSARIO OLIVO. .. non hanno esitato, facendo nomi e cognomi e presentando ai commissari antimafia ed alla magistratura montagne di documentazione, a compiere denunce importanti sulla forestazione e sull'abusivismo edilizio, collegato anche a fatti malavitosi. Si tratta di sei o sette anni fa e le denunce sono rimaste inascoltate, visto che su di esse non abbiamo sentito assolutamente nulla. Per esempio, pur essendo firmatario di alcune di quelle denunce, non sono mai stato neppure convocato per chiedermi che cosa intendessi dire e di cosa volessi parlare. Si trattava di valige di documenti, ed erano documenti a rischio perché si era in presenza di denunce non solo generiche ma anche specifiche. Ricordo di essere stato tra i presidenti firmatari di ordini di demolizione emessi nei confronti di un abusivismo inquietante; ma i TAR che cosa hanno fatto? Nella stessa pagina 62 della relazione, nel periodo precedente a quello che ho citato, collega Cabras, vi è un accenno, che condivido, ai comitati regionali di controllo, ma sui TAR potremmo dire la stessa cosa. Da questi, infatti, venivano ordini di dissequestro a fronte di ordinanze che noi avevamo emesso, di denunce che noi personalmente siamo andati a portare ai pretori, alla magistratura. Anche di questi fatti è giusto che si parli, cogliendo le luci e le ombre nell'attività dei governi regionali e delle amministrazioni locali. Ci sono state certamente ombre che si sono allungate pesantemente, ma ci sono state anche le luci, alle quali bisogna accennare, nell'ambito di una valutazione complessiva che deve essere equilibrata. Queste cose, infatti, bisogna dirle, perché si sono verificate e appartengono, non alla storia (non voglio scomodare questo grande termine), ma alle piccole storie, alla cronaca. In questo periodo in cui vi è la tendenza (questo è il clima) a demonizzare e criminalizzare gli enti locali come luoghi di malaffare e la regione come luogo di "camarille", dobbiamo cercare di capire meglio, di scavare di più, di essere più obiettivi e oggettivi nelle nostre valutazioni. Concludo qui il mio intervento, anche perché non intendevo parlare a lungo e invece l'ho fatto, come spesso mi capita. ANTONINO BUTTITTA. Capisco la passione che i colleghi calabresi hanno messo nei loro interventi, passione che alla fine è emersa anche nell'intervento del collega Olivo, il quale aveva affermato, nel suo incipit , che non si sarebbe lasciato trascinare dai sentimenti. PRESIDENTE. Capita anche a un valdese di lasciarsi trascinare dai senti-menti! ANTONINO BUTTITTA. La verità è che la realtà calabrese, come tutte le realtà arcaiche (lo dico dal punto di vista antropologico), è molto complessa e drammatica. Ritengo, senza farmi obnubilare dalle passioni (anche perché si tratta di una realtà che conosco bene), che sia giusto affermare, dopo aver letto molto attentamente la relazione, che quest'ultima, nel Pag.2935 suo impianto generale, è eccellente. Lo è nella struttura e lo è anche per certi tratti significativi: per esempio, l'individuazione sociologica e antropologica del fenomeno è molto lucida, come raramente accade quando si leggono analisi territoriali di fenomeni di questo tipo, di cui purtroppo il nostro paese ha ormai una tale letteratura da poter riempire intere biblioteche. Devo dire che nella relazione, in termini molto sintetici, il fenomeno viene individuato in maniera esemplare nei suoi tratti sociologici e antropologici. Per esempio, viene fotografata la natura familistica del fenomeno mafioso, quale non si riscontra più in altre aree non solo nazionali ma anche internazionali. Questo è un connotato che costituisce la dimostrazione del carattere arcaico di questo fenomeno criminale, quale si presenta in Calabria. Inoltre, contrariamente a quanto è stato detto, trovo che nella relazione siano individuate e indicate le radici sociali del fenomeno e che vi sia anche una rappresentazione precisa della sua evoluzione: laddove si parla dei rapporti tra le diverse famiglie mafiose ed anche con organizzazioni criminali non calabresi, si fa capire che queste strutture criminali dalla dimensione familistica si stanno avviando, come del resto viene indicato nella relazione, verso un'organizzazione di tipo orizzontale, che finirà con il superare la struttura familistica su cui quelle organizzazioni si sono fondate. Il problema vero risiede nell'analisi delle connessioni tra questo fenomeno e il mondo delle professioni, della politica e dell'economia. Al riguardo, sono d'accordo con tutti i colleghi intervenuti nel sostenere che, nel momento in cui si passa all'analisi e all'esame delle connessioni, queste ultime sono più suggerite che indicate. Questo va bene nelle analisi di taglio scientifico che ovviamente, per la mia educazione, sono portato a privilegiare, ma non va invece bene in una relazione prodotta da questa Commissione. Giudico pertanto corretta l'esigenza espressa dai colleghi in ordine al fatto che la relazione ha bisogno di alcune integrazioni significative: occorre che siano citati esempi concreti circa il rapporto tra istituzioni e criminalità; per esempio, i rapporti tra l'ENEL e la famiglia Piromalli sono un fatto così eclatante che non può assolutamente essere sottaciuto; si tratta invece di uno degli elementi che devono essere necessariamente inclusi nella relazione, nella quale devono comparire anche i comportamenti discutibili di alcuni magistrati. Non si può infatti soltanto suggerire una connessione tra universo mafioso e universo giudiziario, ma è necessario che siano ricordati e sottolineati alcuni episodi, anche perché è giusto che tali episodi ricevano, da parte della nostra Commissione, se non altro il giudizio che meritano. E' altresì giusto, sempre restando nell'orizzonte dei fatti concreti, ricordare l'oscillante comportamento delle istituzioni e delle forze politiche. Ha ragione il collega Olivo nel momento in cui ritiene sbagliato liquidare con un giudizio negativo tutto quello che è stato fatto dalle istituzioni e dalle forze politiche in ordine a questo fenomeno. E' necessario infatti introdurre le opportune distinzioni, perché in effetti in Calabria, più che altrove, abbiamo assistito, nel tempo, ad un comportamento rapsodico, oscillante sia delle istituzioni sia delle forze politiche sia della magistratura, per cui in taluni momenti, grazie ad alcuni uomini coraggiosi della magistratura e delle istituzioni, si è manifestata un'azione positiva in ordine al fenomeno criminale, mentre in altri momenti le collusioni sono risultate assolutamente evidenti, palmari, come di fatto sono ancora oggi in alcuni casi. Da tutto questo nasce la richiesta che la relazione, già - lo ripeto - eccellente, venga integrata con alcuni esempi concreti. Inoltre (ma questa è una considerazione che va al di là della relazione), vorrei invitare la Commissione a riflettere sul fatto che, come risulta anche dalla Pag.2936 relazione, nonostante tutti gli sforzi compiuti in questi anni, in realtà il fenomeno mafioso, invece di indebolirsi, è andato progressivamente rafforzandosi. Questo fatto risulta evidente nella stessa relazione. Mi pare che a un certo punto... PAOLO CABRAS, Relatore . E' detto! ANTONINO BUTTITTA. E' detto che il fenomeno criminale si è rafforzato, si è potenziato. Questo è un fatto che è accaduto in Calabria, che è accaduto, ahimé, in altre regioni e secondo me questo è il vero problema sul quale la Commissione deve interrogarsi. Come è possibile che dopo tanto impegno, tanti sforzi, tanto coraggioso lavoro da parte delle forze dell'ordine, della magistratura, tanto impegno profuso dalle diverse Commissioni antimafia che si sono succedute negli anni, si debba purtroppo constatare che il fenomeno invece di indebolirsi si è rafforzato? Si tratta di un interrogativo a mio giudizio drammatico al quale la Commissione dovrà dedicare ogni opportuna attenzione. CARLO D'AMATO. Il presidente Violante ritiene giustamente che la discussione debba concludersi nella giornata odierna. PRESIDENTE. Vi è un ordine del giorno. SALVATORE FRASCA. Il senatore Cabras non può replicare la prossima volta? PRESIDENTE. E' il relatore che decide; intanto andiamo avanti. CARLO D'AMATO. Mi rendo conto che, rispetto alla competenza dell'essere protagonisti in loco dei colleghi componenti della Commissione della Calabria, le mie possono essere più indicazioni e valutazioni di massima che non specifiche ed approfondite analisi sulle questioni oggetto di una relazione indubbiamente importante, alla quale credo che lo sforzo dei colleghi dovrà valere per dare ulteriori contributi, non sottacendo l'impegno che il collega Cabras ha svolto sull'argomento. Vorrei rifarmi all'ultima parte dell'intervento del collega Buttitta, il quale si domandava e domandava alla Commissione come mai alla fine di ogni relazione che ha riguardato una volta la Puglia, ora la Calabria(probabilmente in questi giorni ci occuperemo anche della Campania) rileviamo che, pur a fronte di un impegno più massiccio, di un dispiegamento delle forze dell'ordine più consistente e di una presa di coscienza più generale dell'esistenza del fenomeno criminale mafioso, camorristico o della 'ndrangheta, ci troviamo di fronte ad un consolidamento della malavita organizzata. Credo che questa sia una giusta domanda. In maniera parziale, almeno in questa parte della nostra attività e recuperando un'opinione generalmente diffusa, che a mio giudizio però non va trascurata, assegniamo alle forze politiche la responsabilità sola ed esclusiva del modo di governare che ha caratterizzato, specialmente nel Mezzogiorno d'Italia, questi ultimi anni della vita politica amministrativa. Dico questo in quanto tale dato emerge chiaramente e viene sottolineato in maniera adeguata nella relazione. Ad esso però occorrerebbe integrare un altro dato, almeno sulla base di quelle poche esperienze maturate in Calabria (sono stato a Catanzaro un paio di volte, per cui non ho una visione complessiva del problema). Ciò che emerge è che una situazione così gravemente compromessa della libertà e quindi della presenza di un'organizzazione criminale che si va consolidando, è sempre determinata dal concorso di vari fattori, al quale non è estraneo (e questo il presidente Violante lo ha sottolineato nella bozza di relazione) un modo di essere della burocrazia, e quindi della classe dirigente amministrativa, specialmente quella degli enti locali nell'Italia meridionale, che rappresenta una componente essenziale dello svilupparsi del fenomeno criminale Pag.2937 che molto spesso, anziché essere un punto di riferimento alternativo di interfaccia, di contrapposizione con la classe dirigente, è il punto di riferimento e di attacco delle politiche mafiose per quanto riguarda la gestione degli enti pubblici. Non sono rari i casi in cui la parte politica, gli amministratori sono l'anello terminale di un disegno criminoso che parte della malavita organizzata, si identifica con gli amministratori e si conclude (consapevolmente, ma molto spesso anche inconsapevolmente) con amministratori che sono il terminale di un disegno sviluppatosi nel corso di questi anni. A tutto ciò si collega (non voglio anticipare la discussione) quella parte, che abbiamo fatto oggetto di varie riflessioni all'inizio della nostra attività, la mancata applicazione della legge n. 142 che rappresenta un momento significativo, almeno nelle intenzioni del Parlamento, di separazione delle responsabilità. E' importante infatti separare le responsabilità, anche perché altrimenti ci troviamo a formulare un giudizio sommario che alla fine criminalizza tutto e non individua responsabilità. In questo quadro va inserito anche il discorso della magistratura, della prefettura, degli organi di polizia. Il bello è che non possiamo dire: non ce ne eravamo accorti, oppure che abbiamo peccato di omissione. Se è giusto che la classe politica debba pagare, come paga con avvisi di garanzia, richieste di rinvio a giudizio, eccetera, non è giusto, dal punto di vista del potere affidato alla magistratura, che si abbiano soltanto dichiarazioni o interventi, più o meno significativi, di ordine disciplinare da parte del Consiglio superiore della magistratura, non affrontando in pratica il nodo del mancato funzionamento della giustizia nella regione Calabria, che diventa un aspetto determinante ai fini dell'azione di contrasto ed ai fini della ripresa dell'agibilità delle istituzioni democratiche e della vita civile. Quindi in questo quadro affermare, come giustamente fa la relazione, che vi sono stati nel panorama della giustizia calabrese oasi importanti e significative, come quella di Palmi, e rilevare alcune disfunzioni ed alcune discrasie in altri distretti, è certamente un dato di cronaca. Esso però, secondo me, dovrebbe essere integrato con un giudizio politico più generale, più complessivo della nostra Commissione, anche sul risultato quantizzato e non sull'analisi compiuta dalle forze di polizia. Ogni volta che ci rechiamo in qualche luogo registriamo sempre un successo delle forze dell'ordine perché sono diminuiti gli omicidi, è diminuito il racket, sono diminuiti le estorsioni ed i furti. Alla fine però dall'analisi quantitativa e qualitativa del fenomeno si vede che rimangono impuniti ancora centinaia di omicidi in Calabria, esistono ancora una serie di sequestri di persone delle quali non si ha notizia e si continuano a verificare, purtroppo anche recentemente, fatti che si iscrivono in una logica ben lungi dall'essere debellata. Quindi una puntualizzazione sull'attività della magistratura nel corso di questi anni deve essere fatta esaltando naturalmente le positività, perché non dobbiamo esprimere anche qui un giudizio critico e individuando complessivamente la risposta che nelle varie realtà e complessivamente la magistratura ha dato o non ha dato. Analogo discorso vale anche per le forze dell'ordine. Quando si giunge ad un tal punto di inflazione del fenomeno criminale, vi sono gravi responsabilità ed omissioni che lo hanno consentito e che appartengono ai vari settori e gangli fondamentali di una società. Se ci sono state collusioni delle forze di polizia con la 'ndrangheta, con la malavita organizzata (e credo che non possano non esservi state, perché quando le cose arrivano a questo punto significa che qualcosa è accaduto e perlomeno vi è stato un peccato di omissione, una mancata vigilanza o una vigilanza non adeguata), allora queste cose devono essere obiettivamente approfondite. Rispetto alle questioni più particolari, ve ne è una sulla quale intendo fare una riflessione senza sollevare alcun polverone. Il presidente non me ne voglia, ma Pag.2938 sono rimasto un po' dispiaciuto di quanto è accaduto la scorsa volta: quando ho sottolineato la questione dell'attività svolta in particolare dal gruppo di lavoro che si occupa degli appalti, non sono stato certo animato da sospetti di qualsiasi genere. Parto da un dato che a mio giudizio è obiettivo. Quando parliamo di appalti pubblici e quando facciamo riferimento alle evidenti collusioni tra alcuni imprenditori ed alcune parti politiche, ci rifacciamo indubbiamente ad un dato che esiste. Però quando vediamo che in alcune realtà i consorzi sono costituiti da imprenditori, noti o meno noti, nazionali o locali, da altre forme di impresa, come ad esempio la lega delle cooperative, il problema dobbiamo porcelo. Non voglio sostenere la tesi che la lega delle cooperative è comunque coinvolta, ma la gente si pone alcune domande. Vorrei riportare un semplice dato. Se a Reggio Calabria vi è un consorzio composto da Tonno, Lodigiani e la lega delle cooperative (dico dei nomi che possono anche non avere alcun riferimento) e si scopre che vi è una connessione tra essi ed alcuni referenti politici, ci si domanda: ma all'atto della costituzione del consorzio si sapeva qualcosa? Chi ha determinato la costituzione del consorzio sapeva che vi era un disegno criminoso che lo ispirava? C'è stato un ruolo consapevole dei soggetti che hanno fatto parte del consorzio o no? Noi corriamo il rischio di dire che vi sono responsabilità soltanto di alcune parti politiche, che sono obiettive ed evidenziate (non entro nel merito dell'azione della magistratura ancora in corso e che dispiegherà i suoi effetti, mi auguro, nel più breve tempo possibile) e di dare un giudizio parziale di cui credo la Commissione non voglia farsi carico. Devo infatti dar atto al presidente e all'intera Commissione che si è operato sempre con uno spirito tendente a capire, a colpire, ad evidenziare fatti obiettivi e responsabilità generali, anziché limitarsi a compiere un'azione particolare che non gioverebbe a nessuno, in quanto attiverebbe meccanismi difensivi non giusti e che non riguarderebbero i lavori della Commissione. Sul problema del ruolo svolto dalla lega delle cooperative nel Mezzogiorno, credo si debba fare una riflessione unitamente al ruolo svolto dalle grandi imprese ed alla collusione tra esse e il mondo politico. Quando poi si legge (mi consentirete per un attimo questa digressione; non ho partecipato alle audizioni, ma ho letto i verbali) nella deposizione di Galasso che la lega delle cooperative è stata obbligata per certi aspetti a dare contributi o a patteggiare il cinque o il tre per cento ad Alfieri attraverso una serie di incontri, questo non è un fatto che può riguardare solo la Campania. Quando poi giustamente la relazione del vicepresidente Cabras individua la tangente Calabria con la sua specificità come un fatto al quale non poteva sottrarsi alcuno, perché o si pagava la tangente alla camorra, alla 'ndrangheta, ed io aggiungo anche alla politica, oppure non si lavorava, allora questo discorso deve essere obiettivamente posto in termini esaustivi, al fine di non avere zone d'ombra, né avere la possibilità di dare spazi a chi ritiene che il nostro lavoro sia frutto di visioni parziali o di apporti di parte e non di considerazioni di carattere generale. Credo quindi che il lavoro che ci accingiamo a compiere sia in sostanza significativo. Probabilmente sulla base della relazione che approveremo dovremo fare, se ne avremo il tempo, ulteriori approfondimenti e su questo ci stiamo muovendo. Mi onoro di far parte di questa Commissione che non ha mai lasciato le cose in sospeso; nessuna delle questioni affrontate sono state trattate perché avessero la durata dello spazio di un mattino, nessuna cosa è stata tralasciata perché potesse rispondere esclusivamente ad esigenze di rappresentanza esterna della Commissione. Tutti i filoni sono stati successivamente ripresi, analizzati, verificati e quindi questo, come sta succedendo per la Calabria, accadrà anche per la Campania. Raccogliendo un'indicazione Pag.2939 del presidente, scaturita durante l'incontro con la signora Torre, vedova del sindaco democristiano Marcello Torre ucciso a Pagani, probabilmente ritorneremo, se la Commissione lo deciderà, quando lo deciderà, ma sono convinto che lo deciderà, in alcune zone della Campania particolarmente colpite dal fenomeno. Credo che questo sia un modo corretto, non esasperato, serio per poter dare un senso ed un significato al lavoro che svolgiamo, che io ritengo importante e significativo. PRESIDENTE. Vorrei svolgere anch'io due brevi considerazioni su questa relazione. Parto subito dalle cose che diceva poco fa il collega D'Amato per rilevare che forse in una precedente seduta ho usato un termine eccessivo e me ne scuso. La situazione è stata determinata dal fatto che eravamo appena venuti da due giorni di lavoro a Bologna e l'invito a recarsi a Bologna mi sembrava provocatorio. Siccome però il problema posto dall'onorevole D'Amato c'è, mi pare che proprio la proposta di andare a verificare due grossi appalti in quella città pone la questione di quali imprese del nord, compresa la lega delle cooperative, hanno cooperato ad un certo sistema... CARLO D'AMATO. Sono convinto che non hanno cooperato, però... PRESIDENTE. Comunque verifichiamolo. E' un'organizzazione che fa capo ad una serie di forze di sinistra e non ad una soltanto. Per quanto riguarda la relazione, condivido profondamente il taglio politico che ad essa è stato dato, perché emerge un punto essenziale per capire la questione calabrese, cioè la Calabria come regione separata. E' stata una regione intenzionalmente tenuta fuori e all'interno di questa separazione si è giocata una profonda debolezza degli apparati istituzionali e di quelli politici. Mi pare che da questo aspetto vada vista una storia della Calabria. Naturalmente - come ha rilevato il collega Tripodi e come hanno osservato altri - dentro questa profonda debolezza degli apparati istituzionali e politici ci sono anche eccezioni, ci sono militanti politici ammazzati per avere resistito alla mafia; non tutte le forze politiche ed istituzionali sono uguali, questo lo sappiamo, ma insomma è questo e da tale dato si trae l'elemento che sottolineava il collega D'Amato, e cioè che nella storia della Calabria non abbiamo mai visto una reazione mentre l'organizzazione mafiosa si espandeva, diventava da piccola 'ndrangheta di paese gruppo crescente e dominante. Questo indirizzo mi pare che sia una chiave di comprensione della vicenda calabrese. Sul piano specifico voglio porre solo due questioni. A pagina 45, dove si dice che deve essere fatta chiarezza negli uffici giudiziari di Paola, bisognerebbe forse indicare quali sono gli antefatti, e per far questo forse basta richiamare le relazioni precedenti. A pagina 53 c'è una chiave di interpretazione che è quella giusta. Si dice: "E' stata, e non solo nei partiti di area governativa, la stagione dei notabili (...)". Questo riguarda più in generale il Mezzogiorno, cioè Puglie, Campania, eccetera, esclusa la Sicilia. Mentre in Sicilia i partiti sono stati più presenti come forme organizzate, mi pare che nelle altre aree meridionali il partito è stato storicamente, e in qualche parte continua ad essere, un qualcosa che si muove intorno a figure di grande prestigio. PAOLO CABRAS, Relatore . Era l'epoca di Fausto Gullo, di Cassiani, di Mancini! Queste erano le figure carismatiche! PRESIDENTE. Poi c'era un radicamento sociale di massa, ma c'erano questi personaggi. Più che altrove questo dato si manifesta. Di qui si passa ad un certo punto ad una situazione in cui vengono meno le grandi figure e tutto sommato c'è un indebolimento della politica. Mi chiedo allora se dove si parla di questo sistema Pag.2940 non sia il caso di precisare che l'inserimento della 'ndrangheta nel sistema istituzionale deriva non soltanto dalla sua forza ma anche dalla debolezza delle istituzioni e della politica. C'è stato dunque un processo di progressivo indebolimento dell'istituzione politica ed un processo di progressiva espansione di quelle forze. CARMINE GAROFALO. Presidente, se noi diciamo che c'è stata la stagione dei notabili e poi c'è stata un'altra stagione nella quale le istituzioni... PRESIDENTE. Ho capito. CARMINE GAROFALO. Questo è un giudizio... PRESIDENTE. Direi non stagione dei notabili, ma una stagione nella quale la politica si è incentrata attorno a grandi figure notabilari. CARMINE GAROFALO. Se diamo un giudizio di valore, nel senso che quello era un periodo in cui la Calabria era meglio rappresentata e più difesa... PRESIDENTE. Questo è vero. CARMINE GAROFALO. E' oggettivamente vero che un'espansione della democrazia, che secondo me c'è stata in quel periodo, coinvolga anche una maggiore vulnerabilità di questa democrazia. Però starei attento a dire che quello è un periodo in cui la Calabria era più forte e poi invece... PRESIDENTE. Questo è vero. Anzi grazie. Quella è stata anche la ragione della debolezza politica... GIROLAMO TRIPODI. La mafia si afferma come forza vera alla metà degli anni sessanta. Quindi in quel momento c'è chi ha prodotto e chi ha consentito l'espandersi del fenomeno. PRESIDENTE. Questo però coincide con quello che stiamo dicendo. Infatti, se è vero che la politica in alcune aree del Mezzogiorno dopo la Liberazione, ma prima della Repubblica, ha ruotato attorno a figure carismatiche piuttosto che a masse organizzate, evidentemente questo ha portato con sé alcuni dati positivi rispetto ad oggi ma certamente ha avuto un dato negativo perché non è nato il partito in senso... CARMINE GAROFALO. E' stata più faticosa la cosa. GIROLAMO TRIPODI. Non è vero che è stato un fatto spontaneo: ci sono state anche masse organizzate! PRESIDENTE. Il notabile porta con sé questo dato. SALVATORE FRASCA. C'è stato da una parte chi ha guidato il grande movimento di riscossa della Calabria e dall'altra parte chi ha organizzato le clientele. PRESIDENTE. Tu hai ragione, ma guarda che il notabile porta con sé la clientela. GIROLAMO TRIPODI. Dovevano fare i conti con il 60-70 per cento di analfabeti. SALVATORE FRASCA. Non credo che Fausto Gullo e Pietro Mancini siano stati dei notabili. PRESIDENTE. Erano anche dei notabili. Gullo lo chiamavano "compagno onorevole... GIROLAMO TRIPODI. In Calabria dovevamo fare i conti con il 60-70 per cento di analfabeti; si dovevano fare i conti con la cultura del signorotto. PRESIDENTE. La mia non è un'offesa: è la descrizione di un processo politico. Non possiamo leggere la storia a nostro uso e consumo. Pag.2941 ANTONINO BUTTITTA. C'è una connotazione negativa di notabile che il presidente non vuole dare. Invece di dire "notabile" chiamiamolo " leader ". SALVATORE FRASCA. Comunque, è cominciato con l'intervento straordinario. PRESIDENTE. Questo è un altro aspetto del processo. SALVATORE FRASCA. Con l'intervento straordinario si sono costituiti gruppi di potere che poi hanno degenerato ed hanno consentito l'espansione della mafia e delle altre organizzazioni criminali. PRESIDENTE. Comunque, mi dispiace di aver fatto perdere tempo. Volevo soltanto dire le ragioni per le quali io sento di condividere questo tipo di spiegazione. Preciso che al notabilato non attribuisco un'accezione positiva di modello politico, ma un giudizio descrittivo. Il notabilato ha portato con sé - credo - anche l'impedimento del sorgere del partito centro-settentrionale. D'altra parte, scusate, in un'area che non ha conosciuto l'esperienza dei comuni... questo è una dato di fondo... CARLO D'AMATO. E delle regioni! PRESIDENTE. ...e delle regioni, è venuto fuori che erano le grandi famiglie che sostanzialmente tenevano insieme la società. Espressione di queste grandi famiglie sono stati una serie di personaggi politici dell'immediato dopoguerra. Questo non è un fatto positivo, ma un fatto. Questo ha portato con sé le clientele innanzitutto. Che poi accanto a questo ci fosse un movimento di lotta contadina (pensiamo a cosa è accaduto in tutta la zona della ionica o nella piana o nella zona di Rosarno) è vero, ma è anche vero che tutto ciò a livello nazionale non ha avuto la possibilità di esprimersi. Comunque poi vedremo: non possiamo fare una discussione né io... SALVATORE FRASCA. La fisionomia della classe politica è cambiata con l'intervento straordinario. PRESIDENTE. Questa è un'altra questione: stiamo parlando di due cose diverse! SALVATORE FRASCA. Quello è il momento che segna... PRESIDENTE. Voglio dire che non era sacramentato che l'intervento straordinario dovesse portare alla corruzione: lo ha fatto per il modo con cui è stato gestito e per il modo in cui questo notabilato si è interposto. Lì c'è stata una classe dirigente di interposizione tra Stato e regione. SALVATORE FRASCA. E' stato a Roma che si è deciso chi dovesse essere deputato, senatore, eccetera. PRESIDENTE. Vorrei terminare queste brevi considerazioni, rilevando che ho l'impressione che le classi dirigenti in Calabria siano state classi dirigenti di interposizione, che hanno cercato di avere il monopolio della spesa pubblica e attraverso questo monopolio hanno cercato di tenere separata la Calabria dal resto dell'Italia perché questo assicurava loro un ruolo non altrimenti ottenibile. In questo senso gioca la spesa pubblica, però prima di questo c'è la formazione di questo ceto dirigente che nasce non attraverso i partiti ma attraverso le grandi famiglie. SALVATORE FRASCA. E' una nuova generazione di dirigenti politici che nasce all'insegna della proposta della programmazione. Successivamente c'è la degenerazione. PRESIDENTE. Comunque, il punto che mi premeva era di sottolineare questo aspetto di fragilità anche istituzionale e politica che favorisce la mafia. La seconda osservazione concerne Crotone e Gioia Tauro. Nella degenerazione Pag.2942 delle vicende di Gioia Tauro c'è un punto di responsabilità politica enorme, perché a Crotone è stato fatto qualcosa che non è stato fatto per Gioia Tauro; nel senso che a Crotone l'intervento immediato di qualche politico, della Chiesa, di sindacati, di una serie di autorità nazionali, tutte quante a formare quasi un cordone di sicurezza democratica attorno a quel tipo di esperienza, ha impedito che entrassero altre forze in quella partita in gioco. Questo non è avvenuto a Gioia Tauro, dove quel tipo di movimento è stato lasciato completamente solo. La mafia allora ha avuto buon gioco ad entrare ed a condizionare. Questo è un dato. SALVATORE FRASCA. Ma anche a Crotone! Noi abbiamo avuto dei ministri che sono andati sui palchi a Crotone mentre venivano fotografati insieme a Vrenna, che è stato il capomafia a Crotone e a Gioia Tauro! PRESIDENTE. Frasca, ti prego di non interrompere. Sto finendo e sto parlando di un'altra cosa, cioè di quello che è accaduto a Crotone, adesso, in questi giorni. SALVATORE FRASCA. Non è che Crotone è immune dalla mafia! Ce n'è tanta, eccome! PRESIDENTE. Frasca, fingi di non capire o non capisci nulla, scusami! Io sto parlando di Crotone e di Gioia Tauro adesso! SALVATORE FRASCA. Presidente, grazie per avermi detto che non capisco nulla! PRESIDENTE. Non lo so, questo lo dici tu non io. SALVATORE FRASCA. Io sono ritardato mentale! PRESIDENTE. Io sto parlando di Crotone e Gioia Tauro adesso. Finisco rapidamente. Stavo dicendo che a Crotone è scattato un meccanismo democratico attorno alla protesta degli operai che ha impedito che accadesse quello che è successo a Gioia Tauro, che tutti quanti deprechiamo. Questa differenza, se è possibile coglierla, servirà anche per il domani, perché se domani, come io temo, possono succedere altre cose di questo genere, non venga fuori questa campagna nordista a dire che quando poi si interviene a difesa del posto di lavoro nel Mezzogiorno si buttano via i soldi, mentre quando si spendono miliardi per la cassa integrazione nel nord va bene. Questo è il tipo di discorso che intendo fare. Scusami se ti ho interrotto, Frasca. Per chiudere, e poi ti do la parola... SALVATORE FRASCA. Lei ha usato un'espressione molto grave, presidente. PRESIDENTE. Scusami, mi hai interrotto quattro volte, mi hai interrotto a sproposito... SALVATORE FRASCA. Però le mie interruzioni sono state educate. La sua è stata una precisazione scostumata che respingo nella maniera più violenta possibile! E mi aspetto che mi chieda scusa! Lei mi ha detto che non capisco nulla! PRESIDENTE. Le ho posto l'alternativa, senatore Frasca. SALVATORE FRASCA. Presidente, da quel livello, da quel posto, non possono venire ingiurie nei confronti dei componenti la Commissione! PRESIDENTE. Non c'è stata nessuna ingiuria. Per quanto riguarda... SALVATORE FRASCA. Aspetto che mi chieda formalmente scusa, presidente! PRESIDENTE. Quando lei mi chiederà scusa per le interruzioni! Pag.2943 SALVATORE FRASCA. Io le chiedo scusa per le interruzioni. PRESIDENTE. Allora io le chiedo scusa per l'espressione. Benissimo. SALVATORE FRASCA. E mi auguro che quel tono non alberghi più in questa Commissione! PRESIDENTE. Se lei mi chiede scusa per le interruzioni io le chiedo scusa per quello che le ho detto. Siamo a posto. SALVATORE FRASCA. Con la differenza che l'interruzione... PRESIDENTE. Scusate, abbiamo un problema. Dobbiamo votare le due relazioni prima della sessione di bilancio. SALVATORE FRASCA. Non è possibile che ci si dica che non capiamo niente! Chi te le consente queste cose? Ma dobbiamo arrivare allo scontro fisico? Ma questo in cinquant'anni di vita politica, caro Violante, non me lo ha detto nessuno! Se c'è uno che non capisce nulla, che non capisce i principi più elementari dell'educazione sei tu! E dalla presidenza non dovresti dire queste cose. Protesto e chiedo che questo venga messo a verbale! Lo segnalerò al Presidente del Senato che mi ha designato quale membro di questa Commissione! Ma non è possibile! Ma che cosa sei: sei un maestro elementare ed io un alunno? Ma chi te le consente queste cose qui! Dov'è la tua altezza intellettuale, perché tu venga a dire a me queste cose? PRESIDENTE. Senatore, si calmi e si accomodi, la prego. SALVATORE FRASCA. Stacci tu qui dentro! Non ci possono essere condizioni... (Il senatore Frasca lascia l'aula della Commissione) . PRESIDENTE. Dicevo che bisogna votare le due relazioni, quella annuale e questa sulla Calabria, prima dell'apertura della sessione di bilancio, che ci comporterà problemi di gestione del lavoro della Commissione, dovendo consentire i voti in aula. Per la giornata di martedì prossimo avevamo deciso di discutere e votare la relazione annuale. Io sarei favorevole a tener fermo questo calendario altrimenti c'è il rischio di uno slittamento del programma. Naturalmente molto dipenderà dalla decisione del relatore di svolgere o meno la replica nella giornata di oggi, alla luce delle proposte di modifica che sono state avanzate da diversi colleghi. L'altra possibilità che abbiamo è quella di svolgere alcune sedute della Commissione al termine dei lavori dell'Assemblea, durante la sessione di bilancio, per consentirci di terminare questo tipo di lavoro. Vediamo quale soluzione è la più funzionale. PAOLO CABRAS, Relatore . Mi sembra di capire che i colleghi desiderano che svolga la relazione in una successiva seduta. Sull'ordine dei lavori vorrei dire che nella giornata di martedì prossimo la Commissione, dopo una mia breve replica, dovrebbe fare uno sforzo per approvare la relazione. Naturalmente non posso che accogliere le richieste di integrazione e le proposte emendative compatibili con l'impianto della mia relazione. Evidentemente, così come non posso scrivere la relazione dell'onorevole Tripodi, l'onorevole Tripodi non può votare la mia relazione. Questo, tanto per dire quale sarà il senso politico della mia replica. GIROLAMO TRIPODI. La Commissione deve usare lo stesso criterio utilizzato in occasione dell'approvazione della relazione sulla Sicilia. Le divisioni sulle relazioni conclusive non aiutano. PAOLO CABRAS, Relatore. Spero nella resipiscenza dell'onorevole Tripodi. Pag.2944 CARLO D'AMATO. ... e nell'abilità del presidente! PAOLO CABRAS, Relatore . Sono contrario alle sedute notturne della Commissione durante la sessione di bilancio e ne spiego i motivi. Durante la sessione di bilancio i senatori sono chiamati a votare a tutte le ore e spesso in occasione di sedute notturne. Nella giornata di martedì prossimo al Senato non dovrebbero esserci problemi, così come spero per la Camera; in questo caso, iniziando i lavori alle 15,30 e proseguendo ad oltranza, potremmo agevolmente concludere questi due argomenti, considerando anche che la relazione annuale non dovrebbe impegnarci per troppo tempo, visto che potranno esserci tante altre occasioni. Comunicazioni del presidente. PRESIDENTE. Informo che l'ufficio di presidenza ha proposto, su richiesta di alcuni gruppi, al giudice Antonio Laudati, della direzione distrettuale antimafia di Napoli, di coadiuvare la Commissione a tempo parziale per quanto riguarda in particolare le questioni sulla Campania ed al dottor Maurizio Fiasco di farlo per le questioni concernenti Roma. Informo, altresì, che si è deciso di chiedere alla Procura nazionale antimafia di indicare un sostituto procuratore nazionale antimafia per aiutarci a seguire le questioni relative alla Calabria. La prossima seduta avrà luogo martedì 12, alle 15,30. La seduta termina alle 13.