PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE INDICE pag. Comunicazioni del presidente: Violante Luciano, Presidente .......................... 3315 Discussione della relazione sulle risultanze dell'attività del gruppo di lavoro incaricato di svolgere accertamenti su insediamenti e infiltrazioni di soggetti ed organizzazioni di tipo mafioso in aree non tradizionali: Violante Luciano, Presidente .............. 3315, 3322, 3323 Smuraglia Carlo, Relatore ............................. 3322 Sui lavori della Commissione: Violante Luciano, Presidente .......................... 3324 Butini Ivo ............................................ 3324 Pag. 3314 Pag. 3315 La seduta comincia alle 14,5. (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente). Comunicazioni del presidente. PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, avverto che su mandato della Commissione avevo inviato al ministro di grazia e giustizia la richiesta di riesame della ripartizione dei magistrati sul territorio nazionale, esprimendo le ragioni per le quali ci sembrava del tutto inidonea la quota del 36 per cento dei magistrati inviati presso gli uffici giudiziari del Mezzogiorno. Il ministro ha risposto ieri (è stata distribuita sia la lettera da me inviata al ministro sia la sua lettera di risposta) precisando che condivide le nostre osservazioni e che ha disposto che gli organici degli uffici giudiziari ubicati nelle aree maggiormente esposte alla criminalità mafiosa (ossia le quattro regioni del Mezzogiorno) siano validamente potenziati, destinando ad essi almeno il 50 per cento delle unità in aumento previste dalla legge. Credo che questo sia un fatto positivo in quanto si colma una lacuna. Discussione della relazione sulle risultanze dell'attività del gruppo di lavoro incaricato di svolgere accertamenti su insediamenti e infiltrazioni di soggetti ed organizzazioni di tipo mafioso in aree non tradizionali. PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della relazione sulle risultanze dell'attività del gruppo di lavoro incaricato di svolgere accertamenti su insediamenti e infiltrazioni di soggetti ed organizzazioni di tipo mafioso in aree non tradizionali. Il senatore Smuraglia ha facoltà di svolgere la sua relazione. CARLO SMURAGLIA, Relatore. La relazione che mi accingo a svolgere è il frutto di un lavoro che la Commissione decise molto opportunamente di avviare alcuni mesi fa, tenendo conto del fatto che le precedenti Commissioni antimafia prestarono molta attenzione alle zone tradizionali di insediamento mafioso, mentre più sporadica fu quella rivolta alle situazioni, alle infiltrazioni ed a eventuali insediamenti di organizzazioni di tipo mafioso in aree diverse da quelle tradizionali. Quindi, molto opportunamente, la Commissione decise di porre l'accento su questo tema, costituendo un gruppo di lavoro ed incaricando il sottoscritto di coordinarlo e di raccogliere materiale e documentazione necessari per giungere a delle valutazioni conclusive. Questo lavoro ha molto impegnato la Commissione, nel suo complesso. Infatti, dopo aver vagliato l'enorme materiale disponibile, si è deciso di procedere ad alcuni sopralluoghi effettuati in tutte le regioni più interessate da questi fenomeni per i quali vi erano già delle segnalazioni. Complessivamente sono stati effettuati nove sopralluoghi ai quali, mediante varie delegazioni, ha partecipato l'intera Commissione, per cui il lavoro compiuto è stato collegiale. Il materiale è stato successivamente raccolto e coordinato anche con il prezioso aiuto di coloro che assistono la Commissione, citati nominativamente nella relazione. Infatti la raccolta di questo materiale è stata talmente Pag. 3316 onerosa che senza il contributo delle persone che ci hanno assistito non saremmo riusciti a dominarlo. Questo lavoro è stato inoltre corredato da materiale riguardante anche le altre regioni, in modo che la situazione fosse la più omogenea possibile, acquisendo per queste ultime, ove i segnali erano più deboli, delle relazioni. E' rimasto fuori praticamente solo il Lazio in quanto la Commissione, a suo tempo, istituì un apposito gruppo di lavoro, coordinato dal senatore Cabras, per cui è sembrato logico che grazie alla sua specificità il Lazio avesse una sua collocazione a parte. Vi era, del resto, una relazione della Commissione antimafia della precedente legislatura e posso dire che nel complesso i dati di allora riguardanti il Lazio collimano con quelli rilevati ora; tuttavia la specificità del Lazio sarà messa in evidenza a suo tempo dal collega Cabras. Dall'insieme di questo lavoro, con il quale si è cercato di ricostruire esattamente lo stato della situazione degli insediamenti e delle infiltrazioni mafiose in queste zone dell'Italia, la prima conclusione che si può trarre è che la famosa teoria delle "isole felici" non vale più per nessuna delle nostre regioni. Non vi è un'area che possa a buon diritto essere denominata "isola felice". Anzi, le infiltrazioni e gli insediamenti mafiosi sono ormai presenti, in varia forma ed in vario titolo, in tutte le zone che abbiamo visitato ed in quelle di cui abbiamo consultato il materiale. La Commissione si è occupata specificatamente di due aree che hanno un elemento in più rispetto alle altre, l'Abruzzo e la Basilicata, e cioè la caratteristica di essere quasi accerchiate, per cui vi è oltre agli altri un problema specifico di contiguità. La Commissione si è inoltre diffusamente occupata della situazione della Sardegna la quale pareva essere estranea a questi problemi in quanto, un po' per la sua ubicazione, un po' per la caratteristica dei suoi abitanti ed un po' per il fatto di avere dei suoi codici, ai quali si ispirano persino le sue forme illegali, sembrava rifiutasse qualsiasi forma di infiltrazione mafiosa. Anche se grandi insediamenti non si sono trovati in Sardegna, è pur vero che si sono registrate numerose infiltrazioni che riguardano soprattutto il settore economico, quello turistico, i potenziali rapporti con altri gruppi, nonché alcuni aspetti inusitati che hanno sorpreso persino la Commissione. Non si capisce infatti per quale motivo le armi provenienti dal Belgio o dalla Svizzera, prima di raggiungere la Sicilia, debbano transitare per la Sardegna. Ciò presuppone che anche la Sardegna non sia poi quella "isola felice" di cui parlavo prima. La tipologia delle altre regioni è, per così dire, unitaria, nel senso che il fenomeno, per quanto riguarda Piemonte, Lombardia, Valle d'Aosta, Liguria, Toscana è quasi sempre lo stesso. La tipologia prevede la presenza di organizzazioni di tipo mafioso sul territorio in forme tradizionali, persino caratterizzate in alcuni casi da scontri a fuoco. Tutti sono interessati ormai al traffico degli stupefacenti, al gioco d'azzardo, allo sfruttamento della prostituzione, ma soprattutto al traffico d'armi, che ha assunto in questi anni connotati in precedenza sconosciuti. Il traffico d'armi era anni fa un'operazione commerciale, mentre ora non è più così. Ma il giro d'armi che si registra nel nostro paese è straordinario; girano infatti sia armi leggere sia armi pesanti, sia armi comuni sia da guerra, sia esplosivi sia cariche di ogni tipo. Addirittura si segnala che da alcuni mercati dell'est starebbero per arrivare armi nucleari che hanno costi tali da far impallidire persino la movimentazione di ricchezza tipica del traffico degli stupefacenti. Che tutto ciò sia presente in tutte le zone d'Italia è un fatto che deve preoccupare, anche perché in alcuni casi si tratta di rivendere o di scambiare tali armi con gli stupefacenti. In altri casi non c'è dubbio che tale materiale affluisce verso il sud, tant'è che si è scoperto in Val d'Ossola un laboratorio che modifica le armi costruite in Svizzera in quanto nel meridione si preferiscono armi con determinate caratteristiche, ossia armi che sparano a raffica anziché a colpo Pag. 3317 singolo. Quindi il traffico di armi collega regioni una volta definite tranquille, come la Lombardia, l'Emilia Romagna, la Toscana e la Sardegna, con altre tradizionalmente a rischio. Accanto a queste forme delinquenziali che presuppongono un certo tipo di organizzazione più sul territorio che su altro, ve ne sono altre relative ad operazioni che incidono sul sistema economico in maniera estremamente variegata. La più nota è l'estorsione, che in molti ritengono si stia riducendo, mentre a mio giudizio tale impressione è sbagliata. Il fenomeno infatti non può essere valutato in base alle denunce, bensì in base a determinati fatti: il non usare le linee verdi predisposte dalle organizzazioni di categoria, invece di essere un sintomo di tranquillità è un segnale allarmante, vuol dire che vi è poca fiducia persino in strumenti di questo tipo. Dico ciò non per mia illazione; infatti, se da un lato non figurano denunce per estorsione e dall'altro aumentano gli incendi dolosi e gli attentati agli esercizi pubblici, la spiegazione è facile. Vi è una enorme diffusione in tutte queste aree dell'usura, che si accompagna spesso all'estorsione e a forme più o meno insinuanti o violente di recupero di crediti; si registra, altresì, l'acquisto di immobili, da parte di gente nullatenente, ubicati in zone turistiche o termali. In tutte le località termali del nostro paese si comprano immobili senza alcuna ragione apparente. In alcuni casi gli acquisti vengono effettuati da persone che apparentemente non avrebbero i mezzi; spessissimo l'acquisto avviene in contanti e talora questi immobili sono inutilizzati. Ciò vuol dire che questa enorme disponibilità di denaro è finalizzata al riciclaggio. Vi è inoltre una serie di fenomeni nuovi, quale quello dell'estrema attenzione nei confronti di aziende in stato di decozione, con punte avanzatissime che si registrano a Milano ove compagnie, come l'"Anonima fallimenti" o la "Compagnia della morte", seguono attentamente le aste immobiliari dei tribunali o le vicende fallimentari, cercando di acquisire i beni ad un prezzo irrisorio. A Milano è accaduto un episodio spiacevole: un malcapitato, dopo aver comprato un'azienda decotta, è stato sottoposto ad una violenta estorsione. In pratica gli è stato detto che se non avesse sborsato altri quattro miliardi non avrebbe avuto nulla. Sono mille i segnali che si percepiscono e la relazione ne indica un complesso così vasto che ormai l'elenco è diventato quasi sterminato. Un breve cenno sulla tipologia: al riguardo c'è da correggere l'idea che si è diffusa attraverso una certa stampa, gli organi di informazione e i film. La "piovra" viene rappresentata come un organismo avente una testa e tanti tentacoli, ma non è sempre corretta una tale impostazione. In molti luoghi la formazione è diversa, è endogena; si formano dei gruppi criminali, i quali, ad un certo momento, per un processo imitativo, cominciano ad ispirarsi al modello mafioso per poi essere pronti ad avere contatti e rapporti autonomi. Quasi sempre si instaurano rapporti con le case madri e con le zone di origine. A volte si apprende che alcune controversie sorte per il dominio del territorio vengono risolte nelle terre del sud oppure da queste si invia un arbitro anche quando tali organizzazioni godono, almeno apparentemente, di assoluta autonomia. Altre volte, quando c'è bisogno di un killer, la richiesta proveniente dalle zone del nord viene inviata alla casa madre, la quale a sua volta provvede. Non dimentichiamo che per svolgere queste operazioni complesse come quelle riguardanti il traffico di stupefacenti, di armi e le infiltrazione nel mondo economico c'è la necessità di disporre ovunque di teste di ponte e di elementi di base su cui impostare le varie operazioni. Vorrei sottolineare che non siamo in presenza di un fenomeno unico, ma di tanti fenomeni che approssimativamente conducono allo stesso risultato; cioè, le mafie (è più corretto chiamarle in questo modo) alla fine riescono ad infiltrarsi in tutto il territorio nazionale e in forme molto diverse. Nella relazione abbiamo Pag. 3318 tenuto conto anche della tipologia relativa alle potenzialità; da varie parti viene segnalata la costituzione di gruppi dediti a forme di gangsterismo urbano (è il caso del Pilastro a Bologna) che poi si avvicinano molto a modelli mafiosi. In realtà, la mafia del Brenta, inizialmente guidata da un veneziano, si è unita successivamente ad alcuni soggiornanti obbligati. Altro fenomeno è quello rappresentato dai nomadi giostrai che, pur svolgendo attività apparentemente lecite, costituiscono secondo le forze dell'ordine, un apparato potenzialmente pericoloso da questo punto di vista. Da varie parti si è segnalato il fenomeno degli stranieri presenti nel nostro paese; a Milano, ad esempio, vi sono organizzazioni di slavi e turchi aggregate tra loro e dedite al traffico di eroina, di armi e quant'altro, che evidentemente vanno controllate con grande attenzione, in quanto rappresentano una massa di manovra molto facile da contattare al di là delle attività che svolgono in proprio. Gli extracomunitari, non sufficientemente controllati, possono rappresentare un pericolo perché così come vengono organizzati per la vendita di determinati oggetti, possono essere coinvolti nello spaccio al minuto di stupefacenti, oltre a costituire una possibile massa di manovra. Evidentemente non si deve generalizzare ponendo tutti sullo stesso piano ed immaginare che i problemi si possano risolvere sul terreno della repressione. Il problema fondamentale è rappresentato dall'inserimento degli immigrati, dal momento che il fenomeno della immigrazione è inarrestabile e presente in tutto il mondo. Anche noi, del resto, abbiamo partecipato ad un fenomeno di questo genere e criminalizzare le persone che si recano in paesi diversi da quello di origine sarebbe pura follia. E' necessario controllare questi fenomeni per impedire che le persone interessate finiscano per cadere nelle mani di organizzazioni che potrebbero strumentalizzarle. Nella seconda parte della relazione si da una valutazione dello stato attuale dell'azione di contrasto. Nel paese si registra un certo orgoglio per le brillanti operazioni delle forze dell'ordine che in molti casi hanno portato all'arresto di noti criminali. Credo sia giusto compiacersi dell'esito di queste operazioni e per il fatto che anche grazie ad alcuni collaboratori di giustizia sia stato possibile far luce sugli insediamenti sui quali in precedenza avevamo poche nozioni. Tuttavia, dobbiamo prestare molta attenzione perché ci sono chiari sintomi che fanno immaginare che stia per cominciare una seconda fase del pentitismo. E' necessario vigilare affinché l'entusiasmo per i risultati ottenuti grazie ai collaboratori di giustizia non faccia dimenticare il pericolo costituito da possibili, terribili, trappole nelle quali si potrebbe cadere. L'impressione avuta è che una di queste stia scattando o sia già scattata tra Firenze e Milano. E' necessario fare molta attenzione da questo punto di vista. La comoda strada offerta dal collaboratore di giustizia non deve essere l'unica ipotesi di lavoro: sarebbe un errore gravissimo. In realtà, ciò che conta quando parliamo di infiltrazioni nel mondo economico e di operazioni di tipo nuovo non è il controllo del territorio in sé, ma il controllo delle operazioni commerciali, bancarie, degli affari, dei movimenti di capitali, degli arricchimenti improvvisi. La sensazione che la Commissione ha avuto in occasione dei sopralluoghi svolti in tutta Italia è che siamo al di sotto (personalmente ritengo molto al di sotto) di quello che in realtà occorrerebbe fare. Da varie parti si è detto che ciò che conta in fondo è ancora il vecchio sistema, rappresentato dalla caccia all'uomo e dal controllo sul territorio. Evidentemente si tratta di due aspetti particolarmente rilevanti, ma tutto ciò non è più sufficiente, perché finalmente possiamo avvalerci di tecniche di investigazioni più raffinate e moderne, le quali richiedono elevata professionalità, e di idonee attrezzature per le forze dell'ordine ed i magistrati. In vari luoghi abbiamo trovato diversi livelli di preparazione; al riguardo, nella relazione si evidenzia che anche laddove esistono pool organizzati di magistrati, addetti alla Pag. 3319 criminalità organizzata e alla mafia, può verificarsi che nell'ambito di questi uno di loro venga destinato ad occuparsi del fenomeno del riciclaggio. Per quanto si tratti di magistrati bravissimi non potranno mai far fronte ad indagini che per definizione sono lunghe, faticose, estenuanti e che richiedono l'impiego di una polizia giudiziaria particolarmente attrezzata affinché possa offrire un serio contributo da questo punto di vista. Nel nostro paese il sistema dei controlli amministrativi e giurisdizionali non funziona adeguatamente, verificando alcuni aspetti formali senza mai giungere alla sostanza, mentre gli altri controlli sono rimasti ad un livello puramente formale. Il contributo sulle operazioni economiche della CONSOB si è notoriamente ridotto a ben poco. La collaborazione attiva delle banche posta in essere dalla legge del 1991 si è risolta in un quasi nulla di fatto e l'impressione è che benché la Banca d'Italia sia convinta di ciò che occorre fare (è stato redatto un decalogo esplicativo delle operazioni sospette che dovrebbero essere denunciate), forse neppure questa opera di controllo e di vigilanza sull'operato delle banche è sufficiente a contrastare il fenomeno. C'è ancora l'abitudine ad un controllo ispettivo di tipo tradizionale; purtroppo, le segnalazioni che pervengono sono pochissime. Si è posto il problema e si è domandato se tutto ciò dipenda dalla scarsa convinzione o dalla non perfetta conoscenza della legge. Addirittura nella individuazione delle operazioni sospette sembra che il decalogo, a cui prima facevo riferimento, abbia rappresentato un elemento di disturbo, quasi una norma di chiusura e non una regola di esemplificazione. Inoltre è stata avanzata l'ipotesi che nelle sedi periferiche degli istituti bancari vi sia preoccupazione nel segnalare le operazioni sospette: si tratta di un elemento da considerare con attenzione, essendo di notevole importanza sotto molti profili. C'è ancora molta strada da fare per quanto riguarda la sensibilità della società civile, degli enti locali, delle organizzazioni sociali ed economiche; si presta più attenzione ai piccoli fatti che alle grandi vicende. In alcune zone, come l'Emilia e la Toscana, si stanno moltiplicando iniziative in questo senso. In altre parti del paese, forse per un complesso di circostanze causate, ad esempio, dall'effetto Tangentopoli, le iniziative intraprese segnano il passo. La Lombardia da questo punto di vista è stata sempre una regione molto attenta alla evoluzione dei fenomeni così come si andavano sviluppando; tuttavia, Milano oggi sembra una città attonita che attende di uscire dalla crisi nella quale è piombata in questi anni. Il livello di sensibilizzazione deve essere incrementato con molta energia perché anche da parte delle forze sociali ed economiche non sempre si presta la necessaria attenzione nei confronti dei fenomeni che vanno evolvendosi. In alcuni casi addirittura ci troviamo di fronte ad autentici fenomeni di rimozione quali, ad esempio, quelli che si registrano in alcune zone turistiche, nelle quali si ritiene che richiamare troppo l'attenzione sulle infiltrazioni mafiose possa nuocere al buon nome della zona. In realtà un atteggiamento di questo genere non può che produrre la situazione determinatasi in Puglia che ha visto confluire sul proprio territorio tutte le varie forme di mafia in danno dell'attività turistica. I fenomeni di rimozione, di assuefazione, qualche volta addirittura di indifferenza, in realtà rappresentano problemi molto seri. Per questa ragione la relazione si è soffermata sul tema delle zone turistiche nelle quali a volte si immagina che l'arrivo di flussi finanziari derivanti dall'attività turistica sia comunque da considerarsi in maniera positiva. In tema di case da gioco (quelle poche autorizzate che vi sono in Italia) le forze dell'ordine e la magistratura sono concordi nel bocciare qualunque nuova possibile creazione di casinò, in quanto rappresentano un centro importante per innumerevoli affari criminali tra cuil'usura e l'estorsione. Una volta, intorno alle case da gioco ruotavano i "prestasoldi", mentre oggi siamo in presenza di una organizzazione molto più sofisticata. Pag. 3320 Molti sono convinti che aprire nuove case da gioco rappresenti un fatto positivo; addirittura un sindaco, pur rendendosi conto della esistenza dei fenomeni ora ricordati, sosteneva l'utilità di aprire nuovi casinò per i conseguenti effetti benefici per i comuni. Dobbiamo far capire che si tratterebbe soltanto di un fatto illusorio del quale un giorno ci si potrebbe pentire. Infine, la relazione indica alcune vie di uscita suggerendo soluzioni specifiche come quella di operare sulla insufficienza complessiva del sistema e sulla cultura del contrasto soprattutto in ambito economico. E' necessario rinforzare il controllo del territorio, assicurando la presenza dello Stato senza operare alcuna militarizzazione nei luoghi in cui è stata segnalata questa esigenza. Vi sono zone che reclamano la soluzione di problemi organizzativi ictu oculi, anche se da parte di appartenenti alle forze dell'ordine non se ne pone l'esigenza. Ad esempio, è un non senso che la Basilicata debba dividere i GICO e la DIA con la Puglia, molto più a rischio ed esposta della prima regione; inevitabilmente l'attenzione degli investigatori finirà per concentrarsi sulla seconda, dove i rischi sono maggiori. E' singolare che vi sia stata una sottovalutazione in ordine al riconoscimento dell'effettiva necessità di determinate iniziative o, per esempio, al fatto che il GICO dell'Abruzzo operi anche nelle Marche. Si tratta di due regioni che presentano una continuità soltanto a livello geografico e costiero ma che, per il resto, hanno connotati del tutto diversi, nonostante da alcuni rapporti sia emerso che anche le Marche abbiano finito di essere un'isola felice, non perché vi siano scontri a fuoco ma perché si riscontra, in modo singolare, un interesse per le aziende in crisi, si ricorre all'acquisto di immobili e si è speculato, da parte di qualcuno, sulle vicende del terremoto che ha colpito Ancona e le zone vicine (sia pure con effetti non assimilabili a quelli registratisi in conseguenza degli eventi sismici nel Sud). Da questo punto di vista, il rafforzamento del controllo sul territorio, da realizzarsi in modo adeguato e serio, e sulle periferie delle grandi città e delle aree urbane, rappresenta un'esigenza fondamentale. A Milano, due anni fa, si svolse una grande discussione sulle periferie, in seguito alla quale furono adottate misure di maggiore controllo. Probabilmente la situazione è migliorata, ma io ricordo sempre il caso di una strada milanese diventata famosa nelle cronache nazionali - mi riferisco a via Bianchi - nella quale, con questo controllo, una famiglia dedita a traffici e ad altre attività è stata sterminata nel giro di pochi mesi ed i suoi componenti sono stati ammazzati uno dopo l'altro, fino a colui il quale aveva ritenuto di cambiare zona, che è stato ammazzato da coloro i quali non volevano subire invasioni nel proprio territorio. Il controllo sul territorio ha bisogno di essere ulteriormente potenziato, persino nelle città più avanzate qual è Milano. Il problema fondamentale è relativo alla strutturazione dell'attività organizzativa. Vorrei spendere una parola sull'errore colossale che ha caratterizzato il modo in cui è stato utilizzato lo strumento del soggiorno obbligato in tutta Italia. Dappertutto abbiamo trovato tracce che ci consentono di affermare come tale istituto sia stato uno dei motivi che ha determinato i primi insediamenti criminali. Nonostante l'attuale legislazione in materia sia stata varata per introdurre un rimedio rispetto al passato, abbiamo constatato in questi mesi come tale rimedio non sia sufficiente, tanto che è accaduto che un soggiornante colpito da misura cautelare sia stato inviato a Cologno Monzese, il luogo che fu teatro delle gesta di Liggio in Lombardia. Se in questo settore occorre un ritocco normativo, lo si faccia! Tuttavia, la partita relativa al soggiorno obbligato deve essere considerata radicalmente chiusa e non se ne deve parlare più! Sul piano normativo, l'orientamento che emerge con sufficiente chiarezza è che di leggi ve ne sono moltissime. In questi Pag. 3321 anni la produzione legislativa è stata infatti molto consistente. Nel corso di un recente forum, il presidente l'ha fatto rilevare con molta chiarezza e mi ha fatto piacere che lo stesso Presidente del Consiglio abbia immediatamente raccolto l'indicazione dell'opportunità di mettere ordine nella legislazione vigente e di coordinare le diverse disposizioni, realizzando un testo unico in materia di misure di prevenzione personali e patrimoniali ed evitando di continuare ad aggiungere, una dopo l'altra, nuove norme. Si pensi che negli ultimi due o tre anni sono state emanate almeno 6-7 leggi in materia di riciclaggio! Da questo punto di vista, le indicazioni che ci sono state fornite sono pochissime. Una di esse riguarda il certificato antimafia, che tutti ci dicono non servire a niente e che anzi rappresenterebbe un fastidio per le persone oneste. A questo punto, potremmo eliminare il certificato antimafia, cioè una cosa che non serve, e prevedere altre forme, che potrebbero essere, ad esempio, le autocertificazioni da sottoporre a pesanti controlli e da collegare a sanzioni notevoli. Se uno dei problemi maggiori che s'incontrano sotto il profilo della collaborazione da parte delle banche è rappresentato dalla preoccupazione che queste ultime hanno per la propria incolumità ed i propri dipendenti, va comunque considerato che vi sono legislazioni di altri paesi che hanno dimostrato come sia possibile tutelare i funzionari di banca in un certo modo. Non resta quindi che ispirarci a queste legislazioni, introducendo nel nostro ordinamento una serie di norme che garantiscano la segretezza assoluta oppure, come qualcuno ha proposto, disposizioni finalizzate a far affluire le operazioni tipiche che vengono individuate in organismi tecnici ed in elaboratori elettronici che le ricevono e le segnalano, allontanando la fonte e la provenienza. Al di là delle varie soluzioni, si tratta comunque di un terreno sul quale bisogna agire. Se non si può pensare nell'attuale fase della vita italiana alla famosa riforma delle società per azioni della quale si parla da trent'anni, considerato che in questi giorni è stata varata la legge sul registro delle imprese, sarebbe auspicabile che quest'ultima fosse subito applicata. Vi è comunque un aspetto che richiederebbe un intervento immediato. Mi riferisco all'esigenza di garantire che l'omologazione delle società possa entrare un po' più nel merito: la constatazione dell'esistenza di società per le quali si registra una enorme disparità tra capitale versato ed oggetto sociale è uno dei segnali sui quali bisogna puntare l'attenzione. Si tratta infatti di iniziative fasulle, volte a costituire società di comodo o società ombra che, pur svolgendo un'attività in ambito mondiale, hanno soltanto un milione di capitale versato! Anni fa, il tribunale di Milano ha provato ad esercitare un controllo in questo settore, ma la Cassazione ha stabilito che, in base al sistema attuale, questo non sarebbe consentito. Ciò non toglie che, in attesa della riforma delle società per azioni, vi sia l'esigenza di introdurre un accorgimento del tipo di quello richiamato. Nel contempo, è auspicabile che venga definitivamente varata la nuova normativa sugli appalti. Da varie parti è stata avanzata la questione della possibile modifica dell'articolo 416-bis del codice penale. Molti magistrati - per la verità, soprattutto quelli di merito - ritengono che tale disposizione sia stata modellata in funzione della mafia tradizionale delle regioni del Sud e che quindi non si adatti ad essere applicata ad altre situazioni. Si è cercato di dimostrare che così non è e che il legislatore del 1982 ha certamente avuto un occhio al Sud ed alle mafie tradizionali ma che comunque non ha dettato una disposizione di rigida chiusura, con la conseguenza che l'articolo 416-bis del codice penale può benissimo essere applicato anche nelle altre zone, quando ricorrano determinati presupposti. Del resto, esiste un campionario molto ampio di reati di associazione per delinquere di vario tipo (per traffico di stupefacenti od altro). A Firenze, a mio Pag. 3322 avviso in modo intelligente, stanno procedendo per stralci. Negli ultimi giorni sono state comminate condanne anche rilevanti per associazione a delinquere collegata a spaccio di stupefacenti; vi sarà successivamente una seconda fase dei processi. Ritengo che non convenga toccare il 416-bis e che sia invece preferibile utilizzarlo in presenza di determinati presupposti, tenendo anche conto del fatto che è un errore pensare che l'intimidazione si esprima soltanto con l'uso immediato delle armi o con l'esibizione della pistola. L'intimidazione, infatti, nasce da mille fattori, anche con riferimento alle estorsioni. Viene segnalata in modo particolare l'esigenza di modificare la tecnica investigativa attrezzandosi meglio, perché l'obiettivo fondamentale è di riuscire a colpire le mafie e le organizzazioni criminali nel mondo economico. Se tale obiettivo non sarà realizzato, potremo anche conseguire successi militari ma non si potrà evitare che altri gruppi si riorganizzino, grazie al fatto che questi ultimi continueranno a godere dell'alimento che loro serve, ossia degli enormi proventi di denaro, che da un lato hanno bisogno di essere reimpiegati ma, dall'altro, servono anche a mantenere in piedi strutture e rapporti. Da questo punto di vista, è estremamente importante agire sulle strutture degli uffici giudiziari, sulle strutture e sul coordinamento delle forze dell'ordine e creare rapporti consistenti tra le DDA. Le DDA in alcuni casi stanno funzionando bene, ma comunque presentano una serie di problemi sotto il profilo dei rapporti con le altre procure e con la procura nazionale. Soprattutto, è necessario attrezzare queste strutture per evitare che del riciclaggio si occupi una sola persona, essendo invece più funzionale che a tale riguardo si muova una equipe, che andrebbe posta in grado di funzionare e di occuparsi di tutti gli aspetti relativi ai fatti riguardanti l'infiltrazione nel mondo economico. Infine, è necessario lavorare bene a livello internazionale. Alcuni paesi hanno capito che si tratta di un problema internazionale. Persino la Svizzera - primo paese in tutta Europa - che pure aveva tutto l'interesse a non farlo (essendo così vicina all'Italia), ha preso in considerazione un progetto di legge del professor Bernasconi, riguardante anche la responsabilità a titolo colposo dei funzionari di banca. Tale provvedimento rappresenta per la Svizzera una rivoluzione enorme. PRESIDENTE. Vi è stata una guerra...! CARLO SMURAGLIA, Relatore. C'è stata la guerra dei cento anni! E' interessante constatare come Bernasconi abbia potuto presentare questa proposta di legge, che ha riscosso l'attenzione del sistema legislativo e che ha suscitato polemiche, ove si consideri che fino a qualche anno fa in Svizzera non si poteva addirittura parlare del sistema bancario in nessun modo! Vi sono altri paesi che non vogliono capire questa esigenza. Si possono avere le frontiere molto permeabili - e questo è un bene perché entra denaro - però esse risultano permeabili anche per l'ingresso della criminalità organizzata, per cui - prima o poi - anche loro se la troveranno in casa! In un recente incontro con il Presidente del Consiglio è stato sollevato il problema, di non facile soluzione, della convenzione con San Marino. Credo che a questo punto non sia più sufficiente aggiornare la convenzione del 1991, peraltro mai ratificata, ma sia necessario rifarla ex novo, perché nel frattempo certi fenomeni si sono moltiplicati. Del resto, ora che sappiamo che anche la Romagna è nel mirino, conservare al centro del suo territorio l'enclave di San Marino è una delle cose più rischiose che si possano immaginare. Occorre quindi profondere uno sforzo notevole in questa direzione. Infine - non si tratta comunque dell'aspetto meno importante - va considerato il problema della sensibilizzazione. Tutte queste attività che richiedono energie, strumenti, apparati e professionalità Pag. 3323 notevoli, non sarebbero sufficienti se non si elevasse il tasso di sensibilità da parte degli enti locali, delle amministrazioni in generale, delle forze economiche e sociali, della società civile e dei cittadini. Se non vi sarà una partecipazione corale, la battaglia sarà difficile. Da varie parti si colgono interessanti segni di risveglio. Nel corso dei sopralluoghi effettuati, la Commissione ha scoperto diverse realtà. A Firenze, per esempio, alcuni gruppi di giovani hanno creato un comitato antimafia animato da buona volontà, che raccoglie materiali e svolge altre attività. A Milano, opera un laboratorio antimafia. E' singolare considerare che tale laboratorio ha ricevuto l'incarico dalla regione Basilicata di pubblicare un libretto sulla situazione della criminalità in quella regione, mentre a Milano non vi è uno che gli pubblichi qualcosa! Ben tre ricerche, disposte anni fa dal comune di Milano con riferimento al racket ed alle vicende della mafia in quella città, non sono mai state pubblicate perché non vi è stato alcun ente (e, tra questi, lo stesso comune) che si sia dimostrato disponibile a farlo. Questo è il segno del divario esistente! E' dunque importante avviare un processo di sensibilizzazione. La regione Toscana, nel periodo successivo alla nostra visita, ha realizzato uno spot- una farfalla contro la mafia - che diffonde in tutte le forme. Non sono un pubblicitario e non sono quindi in grado di dire se si tratti di un'iniziativa efficace. Tuttavia, considero importante che si sia avuta quell'idea e che il procuratore distrettuale abbia già tenuto diverse assemblee aperte nel comune di Firenze ed altrove (domani, insieme al nostro presidente, parteciperò ad un'assemblea in Versilia). Mi pare importante, in definitiva, che in vari posti si constati questo tipo di risveglio. Va tuttavia considerato che siamo soltanto in presenza di isole. E' invece necessario che le iniziative si generalizzino. Se i fenomeni sono quelli accertati, se il fatturato della mafia, nonostante la difficoltà di calcolo, oscilla (secondo il parere dei tecnici) tra un minimo di 50 mila miliardi ed un massimo di 65-70 mila l'anno (c'è chi sostiene che sia molto più consistente, ma io mi riferisco ai dati più ragionevoli), se la situazione è questa, dobbiamo far capire alla gente che il giro è enorme: 50-60 mila miliardi rappresentano una cifra che distorce un'economia! E' quindi necessaria una strategia globale di attacco su tutti i fronti: quello militare - definiamolo così - sul territorio; quello giudiziario repressivo; quello della prevenzione; quello dell'investigazione sui patrimoni e sugli arricchimenti; infine, quello della partecipazione attiva di tutti i soggetti interessati, della stessa opinione pubblica e dei cittadini. E', questa, una garanzia fondamentale perché si possa davvero riuscire a realizzare qualcosa. Vorrei precisare che al testo della proposta di relazione sono allegate le schede riguardanti le singole regioni presso le quali abbiamo effettuato i sopralluoghi. Tali schede rappresentano una registrazione, il più possibile fedele, degli elementi riscontrati nelle varie regioni. Ovviamente, vi possono essere omissioni o sopravvalutazioni, giacché vi è sempre un margine di arbitrarietà in questo tipo di scelte. Le schede, tuttavia, non possono essere lette da sole. Vorrei, a tale riguardo, chiedere ai membri della Commissione di non spulciare la scheda riguardante la singola regione come se dai dati in essa riportati potesse ricavarsi tutto. Le schede vanno lette nel contesto di una sintesi complessiva giacché, invece che fare per ciascuna regione una serie di valutazioni, di proposte e di indicazioni, si è preferito ricavare un quadro generale. Guai, però, se tale quadro procedesse per conto suo e le singole regioni fossero esaminate da un diverso punto di vista! Si tratta, quindi, di un contesto generale, che come tale va letto e considerato. PRESIDENTE. La ringrazio, senatore Smuraglia, per il lavoro di grande rilievo che ha compiuto: è questa la prima volta che si dà un quadro complessivo ed organico del fenomeno mafioso nelle aree Pag. 3324 non tradizionali. Ringrazio anche gli uffici ed i consulenti che hanno collaborato con il senatore Smuraglia. Sui lavori della Commissione. PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, nella prossima seduta, fissata per martedì alle 11,30, si svolgeranno le dichiarazioni di voto finali sulla relazione sulla camorra, mentre in una prossima seduta vi sarà la discussione generale e le dichiarazioni di voto sulla relazione del senatore Smuraglia. IVO BUTINI. Martedì prossimo vi saranno solo dichiarazioni di voto? PRESIDENTE. Sì. IVO BUTINI. Non ci saranno gli interventi? PRESIDENTE. Ricordo che la discussione generale si è già conclusa. IVO BUTINI. Gli emendamenti? PRESIDENTE. Abbiamo deciso di seguire la procedura che si è seguita per la relazione su mafia e politica: abbiamo detto che si presentano gli emendamenti, si decide quali accogliere e quali no, ed alla fine si formula un giudizio complessivo sul testo. Comunque se qualche collega intende presentare altri emendamenti, poiché abbiamo spostato i tempi, diciamo che entro domani può farlo. IVO BUTINI. La relazione è pronta? PRESIDENTE. Sarà pronta lunedì sera e sarà consegnata ai commissari martedì mattina, per evitare che sia pubblicata dalla stampa prima che la Commissione ne prenda ufficialmente atto. Avverto che le parti nuove della relazione saranno scritte con un carattere grafico diverso, in modo da renderle facilmente identificabili. La riunione termina alle 14,55.