PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE INDICE pag. Seguito della discussione e approvazione della relazione sulla camorra: Violante Luciano, Presidente, Relatore .......... 3327, 3328 3333, 3335, 3338 3339, 3342, 3343, 3346, 3347 Bargone Antonio ....................................... 3340 Biondi Alfredo ...................... 3334, 3342, 3343, 3347 Biscardi Luigi ........................................ 3347 Borghezio Mario ....................................... 3329 Cabras Paolo .......................................... 3344 Casoli Giorgio ........................................ 3335 D'Amato Carlo ............................. 3339, 3343, 3346 D'Amelio Saverio ...................................... 3327 De Matteo Aldo ........................................ 3345 Ferrara Salute Giovanni ......................... 3333, 3334 Florino Michele ........................... 3337, 3338, 3339 Galasso Alfredo ....................................... 3328 Leccese Vito .......................................... 3340 Marchetti Fausto ...................................... 3336 Robol Alberto ......................................... 3344 Sorice Vincenzo ................................. 3330, 3347 Tripodi Girolamo ...................................... 3328 Sull'ordine dei lavori: Violante Luciano, Presidente .................... 3332, 3333 Bargone Antonio ....................................... 3332 Calvi Maurizio ........................................ 3332 Fausti Franco ......................................... 3333 Pag. 3326 Pag. 3327 La seduta comincia alle 11,50. (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente). Seguito della discussione e approvazione della relazione sulla camorra. PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione della relazione sulla camorra. Avverto che nel testo sono riportate in grassetto, o con carattere diverso, le innovazioni introdotte rispetto alla formulazione originaria. Laddove sono stati eliminati dei punti, troverete degli asterischi. Voglio tuttavia indicare due correzioni, non riportate, rispettivamente a pagina 82 e 94. A pagina 82, nel paragrafo 13.9, si legge che "E' stata ad esempio esercitata l'azione disciplinare contro il giudice istruttore Alemi, che aveva rinviato a giudizio il responsabile del sequestro Cirillo, per aver usato nella sentenza-ordinanza, valutazioni considerate improprie nei confronti dell'onorevole Gava." L'emendamento presentato dai colleghi democristiani aggiungeva, dopo "Gava" le parole "e Patriarca". Proporrei di correggere inserendo "nei confronti di parlamentari non imputati", trattandosi di persone non parti nel processo, contro le quali si esprime un giudizio critico. SAVERIO D'AMELIO. In sostanza si tratta di togliere "dell'onorevole Gava"? PRESIDENTE. Si tratta di inserire, ripeto, "parlamentari non imputati" in quanto la questione riguardava parlamentari accusati. La seconda correzione da apportare riguarda la pagina 94. Un emendamento formalizzato dai colleghi democristiani chiedeva di segnalare che l'onorevole Gava ha negato di aver dato qualsiasi incarico al dottor Criscuolo. Poiché ciò risponde a verità, si tratta di inserire "Ha negato invece di aver dato qualsiasi incarico al dottor Criscuolo" dopo "Quest'ultimo, dal canto suo, ha ammesso di avere incontrato Criscuolo nel periodo del sequestro e di avere avuto notizia da Granata dell'iniziativa di prendere contatti con Cutolo". Sono stati accolti tutti gli emendamenti riguardanti dati di fatto oggettivi; alcuni sono stati accolti sostanzialmente perché il testo è stato rivisto. Il senso dell'emendamento n. 3, a firma Sorice, Mastella, Ricciuti e Fausti, è stato accolto. E' stato altresì accolto l'emendamento Tripodi, così come è stata accolta la proposta del senatore Ferrara, il quale aveva chiesto di inserire una citazione sullo sciopero degli avvocati oltre alla questione relativa al numero dei magistrati. L'emendamento n. 9, a firma Sorice, Mastella, Ricciuti e Fausti non è stato accolto in quanto volto a modificare una frase pronunciata da altre persone, tant'è che è stata inserita tra virgolette. Per chiarire, ricordo che il secondo capoverso del punto 15.9, che l'emendamento in esame vorrebbe modificare, riporta una frase contenuta in un atto che non può essere corretto. Non è stato accolto l'emendamento n. 10, proposto dai colleghi del PDS, relativo al paragrafo 15.22 concernente Acampora. Quest'ultimo sostiene di aver versato una somma di denaro direttamente Pag. 3328 nelle mani del senatore Gava, dopo il sequestro Cirillo, il che - pur essendo un fatto grave - non è rilevante ai fini della vicenda. Vi è poi l'emendamento n. 11, presentato dai colleghi Sorice, Mastella, Ricciuti e Fausti. Il testo originario era il seguente "Il fattore determinante dello sviluppo camorristico è rappresentato dal rapporto tra politica e camorra...": l'emendamento in esame vorrebbe sostituire la parola "politica" con le parole "speculatori legati alla politica". Poiché ciò è sembrato ingiustamente peggiorativo, si è inserita la locuzione "esponenti politici" che fa riferimento non a categorie generali bensì a soggetti singoli. ALFREDO GALASSO. Forse per una questione di stilistica è opportuno dire "esponenti politici e camorristici". PRESIDENTE. Conseguentemente occorrerà modificare il terzo capoverso. Vi è poi la questione della famosa riunione alla quale doveva partecipare il senatore Mazzella, che non si è tenuta. Non è stato infine ripreso l'emendamento relativo al dottor D'Auria perché è risultato che quest'ultimo è stato assessore fino al 1979. In generale, il testo ha cercato di tener conto dei suggerimenti dei colleghi riguardanti sia le singole questioni sia le valutazioni formulate sulla situazione del Mezzogiorno. Queste sono le ragioni in base alle quali sono stati accolti o non accolti gli emendamenti. Passiamo alle dichiarazioni di voto. ALFREDO GALASSO. Signor presidente, prima di procedere alle dichiarazioni di voto, vorrei suggerire una correzione. A pagina 81, nel punto 13.7, ultimo capoverso, si legge che "Non è stato peraltro acquisito alcun elemento, neanche di carattere indiziario, in ordine all'eventuale ruolo del senatore Gava nella vicenda". Mi sembra che tale preposizione sia propria di un atto giudiziario, non di una relazione antimafia. Proporrei di scrivere più semplicemente "Non è stato peraltro acquisito alcun elemento in ordine all'eventuale ruolo del senatore Gava nella vicenda", che risulta più secco e preciso, oppure - al limite - "Non è stato peraltro acquisito alcun indizio in ordine all'eventuale ruolo del senatore Gava nella vicenda". Ripeto, l'espressione attuale mi sembra una forzatura di tipo giudiziario fuor di luogo. PRESIDENTE. Nel testo originario vi era soltanto "alcun elemento". GIROLAMO TRIPODI. Concordo con il rilievo del collega Galasso, e di conseguenza con la proposta di modifica avanzata. Diversamente questo capoverso si potrebbe prestare a interpretazioni varie, determinando confusione. Per quanto mi riguarda l'intero capoverso potrebbe essere eliminato; tuttavia se si pensa di mantenerlo, allora bisogna imprimergli il carattere indicato dal collega Galasso. PRESIDENTE. Ritengo che sia meglio non modificare la locuzione "alcun elemento"; qualora la correggessimo con "alcun indizio" ricascheremmo nel giudiziario. Passiamo alle dichiarazioni di voto. ALFREDO GALASSO. Farò una brevissima dichiarazione di voto favorevole sulla relazione... PRESIDENTE. Scusi, onorevole Galasso, preciso che stando al regolamento della Camera il tempo a disposizione per le dichiarazioni di voto è di dieci minuti. ALFREDO GALASSO. Ne utilizzerò molti di meno. Dicevo che voterò a favore della relazione sulla camorra che ritengo puntuale e completa; sull'esposizione e sulla valutazione politico-istituzionale del quadro di riferimento mi riservo - come ho fatto in altre occasioni - di presentare delle note integrative, fermo restando la mia valutazione positiva. Pag. 3329 Consentitemi di formulare due considerazioni di carattere generale, in appoggio alla dichiarazione di voto. La camorra è stata, fino a poco tempo fa, un'organizzazione criminale, o una trama di organizzazioni criminali (come sarebbe meglio dire), piuttosto sconosciuta. Ricordo che non molti anni fa, durante lo svolgimento del maxiprocesso - il collega Giuseppe Ayala può confortarmi in questo ricordo -, i rapporti quali emergevano dalla pregevole requisitoria e dalla sentenza-ordinanza di rinvio a giudizio erano deboli e sfumati. Anzi, probabilmente in molti eravamo conviti che i rapporti, ad esempio, tra camorra e Cosa nostra fossero limitatissimi ed occasionali, che non ci fosse una trama così robusta non solo dal punto di vista tattico, ma anche strategico. Questo è un dato che accresce l'importanza della ricostruzione compiuta: adesso possiamo lasciare al Parlamento ed al paese un quadro aggiornato, significativo e utile su questa trama di organizzazioni criminali. La seconda considerazione è che proprio la puntualità con cui alcuni episodi vengono ricostruiti dimostra che ci troviamo in presenza di un fenomeno estremamente grave e compromettente nei confronti dell'attività economico-imprenditoriale, amministrativa e politica nonché nei confronti dello svolgimento ordinato della vita collettiva. Un fenomeno che, oserei dire, assume dimensioni superiori a quelle di Cosa nostra. Tutto ciò rafforza la mia convinzione che, quando parliamo di fenomeno mafioso, dobbiamo purtroppo riferirci ad un sistema esteso di potere - economico, politico, amministrativo e criminale - che mai forse come nella relazione emerge con tanta cruda veridicità. Vorrei perciò concludere, con riferimento a questa relazione ed alle altre che compongono il quadro del lavoro della Commissione, riconoscendo al presidente il merito di aver svolto il proprio ruolo; lo dico senza alcuna traccia di retorica. Quanto viene offerto al dibattito nel Parlamento e nel paese è una descrizione puntuale ed una valutazione d'ordine politico, poiché è lasciato ai magistrati il compito di decidere sulla rilevanza penale dei singoli comportamenti, ma ci si assume la piena responsabilità ed anche il coraggio di esprimere un giudizio politico, che potrà essere oggetto di ulteriori riferimenti e contestazioni nella normale dialettica di un ordinamento democratico. Dunque, mai come in questa occasione, esprimo un voto favorevole con profonda convinzione e con la consapevolezza di aver reso un servizio al Parlamento e soprattutto al paese, che ha finalmente un quadro di riferimento sul quale basarsi e una valutazione della quale servirsi nel momento in cui si aprirà un dibattito politico a tutto campo. MARIO BORGHEZIO. Desidero esprimere una valutazione positiva del lavoro svolto dalla Commissione, che è sintetizzato efficacemente nella relazione proposta, in ordine alla quale vale la pena di svolgere alcune considerazioni. La prima riguarda senz'altro l'incredibile vicenda della trattativa intercorsa per il sequestro Cirillo, sulla quale finalmente il lavoro della Commissione ha consentito di fare non dico completa ma sufficiente luce, andando anche al di là di quanto era già emerso grazie al lavoro svolto dalla Commissione che, nel 1984, era riuscita ad elaborare una prima relazione. Tuttavia, è soltanto dal confronto tra le deposizioni dei politici, dei ministri dell'interno, tutti democristiani, e dei responsabili dei servizi segreti succedutisi nel periodo, che abbiamo il quadro di quella che è stata una trattativa vergognosa, che ha avuto come effetto - questo il dato oggettivo - il temporaneo abbassamento della guardia degli organi dello Stato nei confronti della camorra. Anche se non si è giunti all'identificazione di ordini scritti, è assodato che per alcuni giorni l'attività camorristica riprese con inusitato vigore. Questa la prova provata che, a seguito della vergognosa trattativa e della resa dello Stato nei confronti di Cutolo e dei gruppi camorristici, la camorra ottenne dagli organi dello Stato come contropartita Pag. 3330 un abbassamento della guardia. Tutto quello che è successo in quei giorni, tutti i fatti illeciti, tutte le azioni camorristiche, sono da ascriversi alla responsabilità morale di coloro che consentirono ciò che torno a definire una trattativa vergognosa. L'altro capitolo molto importante riguarda l'oliato meccanismo di controllo degli appalti. Emerge un quadro estremamente preoccupante attraverso le due deposizioni del collaboratore della giustizia Galasso, un quadro dal quale si evince il controllo totale del meccanismo di conduzione degli appalti, addirittura dalla fase della progettazione, attraverso l'azione complice di politici infeudati. Appare in filigrana il ruolo di questi politici che accorrono, cinque o sei mesi prima delle elezioni come ad un santuario, ai centri del vero potere camorristico per reclamare il riconoscimento in sede elettorale dei meriti acquisiti nelle operazioni di appalto, nella predisposizione degli strumenti atti a favorire le organizzazioni camorristiche nel controllo millimetrico degli appalti e dei subappalti. Si delinea, infatti, un meccanismo che si estende alla scelta delle ditte chiamate ad eseguire i subappalti. Emerge dunque l'insussistenza del sistema dei controlli nelle zone in cui opera la camorra, un sistema che non ha funzionato e che continua a non funzionare. Lo Stato dovrà prenderne atto e dovrà predisporre strumenti di contrasto efficace in un settore così centrale. Ritengo che gli organi dello Stato debbano particolarmente preoccuparsi nel momento in cui, finita la fase dei lavori del dopo-terremoto, si apre quella delicata degli insediamenti di nuovi impianti industriali, nelle zone controllate in maniera ferrea dai gruppi camorristici. Le dichiarazioni del pentito Galasso fanno "drizzare i capelli" perché fanno pensare a quello che può succedere ancora oggi o quello che può essere successo negli ultimi mesi nel settore degli appalti e subappalti per i nuovi impianti industriali. Desidero infine sottolineare il quadro estremamente preoccupante della situazione giudiziaria che emerge dalla relazione. Mi riferisco non solo a quanto evidenziato da una copiosa corrispondenza del procuratore Cordova, ma anche al fatto oggettivo che degli ultimi cinque anni di attività nell'area di Napoli ben due e mezzo sarebbero stati inficiati da strani e continui ricorsi allo sciopero da parte di una categoria che abitualmente non usa ricorrervi. Appare evidente che possano essere esercitate influenze e che si possa ipotizzare che tali scioperi siano stati pilotati o eterodiretti dagli interessi camorristici. Quanto alla penetrazione mafiosa ed allo stato di disordine totale in cui versano gli uffici giudiziari, che certo non può essere propedeutico ad un'azione di contrasto efficace, dalle relazioni che ci sono state consegnate emerge una situazione diametralmente opposta a quella che si potrebbe considerare ideale per contrastare seriamente il fenomeno camorristico. Quella degli uffici giudiziari di Napoli sembra una situazione tipica del far west; fino a pochi mesi fa, chi voleva entrava ed usciva, consultava le carte ed i registri giudiziari, calpestando le più fondamentali regole della legge. Dunque, il quadro è di emergenza nazionale. La regione Campania, controllata dalla camorra, in uno Stato federale dovrebbe essere definita di emergenza federale, nella quale l'attenzione degli organi dello Stato dovrebbe essere particolarissima, basata sull'adozione di strumenti eccezionali. Sotto questo aspetto, avanziamo alcune riserve in relazione ai risultati cui è giunto il lavoro della Commissione, perché se una critica può essere rivolta alla relazione è quella di non aver sottolineato con sufficiente forza la gravità della situazione e la necessità di adottare provvedimenti di natura straordinaria. VINCENZO SORICE. La riformulazione della relazione non trova il consenso del gruppo della democrazia cristiana, per una serie di argomentazioni Pag. 3331 sulle quali non mi soffermerò, limitandomi a quelle essenziali ed in riferimento alle parti del testo che sono state rielaborate. Nel complesso, emergono due questioni fondamentali. La prima riguarda quanto scritto nel paragrafo 20.3, laddove si afferma: "Il degrado, in Campania, ha assunto i caratteri di degenerazione sistemica, per responsabilità di uomini e gruppi politici che hanno sostituito se stessi e le proprie clientele a tutti i meccanismi democratici, dalla funzionalità della pubblica amministrazione al rispetto delle regole principali e della convivenza civile. Hanno prima invaso istituzioni e società, paralizzandole, e poi hanno presentato se stessi come unica, credibile soluzione per i problemi individuali e collettivi". Credo che ogni commento su questo paragrafo sia superfluo; comunque, trovandoci in sede di dichiarazione di voto, mi limiterò ad identificare il problema: in tutti questi anni, il sistema e la vita democratica della Campania sono stati completamente eliminati per essere sostituiti soltanto da gruppi di persone. Quindi, l'osservazione riportata al paragrafo che ho testé letto è molto forte. L'ulteriore punto che voglio sottolineare è relativo al paragrafo 20.9, in cui risulta parzialmente accettato, nella prima parte, l'emendamento presentato dal gruppo della democrazia cristiana; infatti, così come è stato per il senatore Andreotti nella precedente relazione, si demanda al Parlamento la responsabilità politica. Però in questo paragrafo vi è anche una parte che non può essere accettata, in quanto rappresenta una forzatura notevole: "Ma un giudizio politico dovrà inoltre essere espresso anche nei confronti degli altri parlamentari che, pur rivestendo notevoli responsabilità a livello nazionale, nulla hanno fatto per porre argine all'intreccio tra politica e malaffare in tutte le sue forme, ma anzi lo hanno in vario modo agevolato, con la gestione dei fondi per il terremoto, mediante atti di corruzione, o colludendo con gruppi criminali per trarre vantaggi elettorali. La gravità della situazione campana è tale da richiedere un giudizio approfondito e severo". Infine, l'ultimo capoverso di tale paragrafo così conclude: "Il Parlamento dovrà altresì pronunciarsi sugli effetti distorsivi delle tradizionali politiche della spesa pubblica nel Mezzogiorno e sulle gravi omissioni degli organismi, giurisdizionali, amministrativi, di polizia, che avrebbero dovuto garantire il rispetto della legalità e che invece hanno consentito che la degenerazione si espandesse, impunita e protetta". Ciò che si evince dalla conclusione e dall'intero corpo della relazione non può essere politicamente accettabile, perché nella fattispecie assume un contorno generico soprattutto questa culpa in vigilando a livello nazionale, che può dare adito a mille interpretazioni e che indubbiamente penalizza in modo particolare le forze di Governo di quel periodo. Non si tiene presente, per esempio, che tutte le attività e le leggi allora promosse sono state votate all'unanimità. Credo, quindi, che vada approfondito questo aspetto, perché dalla lettura delle carte emerge una chiara indicazione di responsabilità che, a mio parere, appare estremamente ingenerosa, nel momento in cui non si tiene presente che tutti quei provvedimenti sono stati assunti dal Parlamento, lo stesso Parlamento che adesso dovrebbe giudicarli. Ma il problema che intendo porre all'attenzione della Commissione non è tanto questo, quanto quello di ordine metodologico e procedurale, che peraltro fu già avanzato quando affrontammo sia la relazione sul rapporto tra politica a mafia sia le altre relazioni attinenti alla presenza dei fenomeni mafiosi e criminali sul territorio (penso alla relazione sulla Puglia, per esempio). Nutro infatti una grossa preoccupazione determinata da un fatto oggettivamente presente: nell'opera di una Commissione d'indagine come la nostra, l'intreccio con le procedure o con l'attività della magistratura è inevitabile, e forse Pag. 3332 questo è uno dei limiti o dei pericoli di questo tipo di Commissioni. Però, in questo caso ci troviamo di fronte ad una situazione molto pericolosa, anche perché può costituire un pericoloso precedente per il futuro: stiamo infatti indagando su fatti che sono già oggetto d'indagini da parte della magistratura, per cui ci avvaliamo dei documenti ad essa pervenuti, nonché, durante lo svolgimento delle nostre audizioni, dell'ausilio di coloro che svolgono attività inquirente, tant'è che ascoltiamo i pubblici ministeri, i procuratori generali, i procuratori capo e i rappresentanti delle forze dell'ordine. Dunque, avvalendoci, sostanzialmente, di tutta l'attività inquirente, la Commissione viene informata, a seconda dei fatti specifici, di tutto ciò cui tale attività è pervenuta. Ci avvaliamo degli stralci degli interrogatori svolti dall'attività inquirente (credo che soltanto qualche sentenza sia stata alla nostra attenzione) e della collaborazione dei pentiti, anche se delle loro dichiarazioni non possiamo effettuare riscontri, ad eccezione di quelli resi possibili dal confronto con l'attività svolta dagli organi inquirenti o da coloro che li hanno in gestione. Quindi, il giudizio che automaticamente viene a crearsi in Commissione è frutto di tutta questa attività inquirente. Potremmo fermarci ad esso, ma siccome andiamo oltre, perché esprimiamo un giudizio definitivo, la mia preoccupazione deriva dal fatto che inconsciamente si stia scivolando in una sorta di organismo giudiziario che si soffermi a valutare soltanto l'attività inquirente per emanare, alla fine, un giudizio che, come dimostrerò in seguito, rischia d'inficiare il processo penale. Esprimiamo giudizi di merito che, sia pure con l'etichetta politica, finiscono per divenire giudizi a rilevanza penale. Ripeto, la mia preoccupazione deriva da questa constatazione. Ritengo che soprattutto in questa relazione, di cui apprezzo la serietà dell'impostazione e la solerzia dimostrata nel redigerla, ci troviamo di fronte a personaggi sui quali, nonostante siano ancora sottoposti al giudizio della magistratura nella fase inquirente, esprimiamo un giudizio definitivo. Mi chiedo, quindi, se nel formulare tale giudizio, che noi chiamiamo politico ma che ha rilevanza penale, perché ci avvaliamo di documenti che hanno questa valenza, non finiamo per compromettere il giudizio definitivo e, soprattutto, per inficiare il libero convincimento del magistrato giudicante, il quale, quando sarà chiamato a pronunciarsi, motiverà il suo giudizio sulla base delle relazioni antimafia. Per le motivazioni adesso esposte, ritengo che ci si trovi di fronte ad un'aperta lesione dei diritti soggettivi. Non voglio parlare di lesione dei diritti di difesa, ma sottolineo il rischio che si possa alterare il libero convincimento del magistrato chiamato a giudicare su questi episodi. Riallacciandomi alle osservazioni - senz'altro più distanti dalla cronaca giudiziale - svolte anche dal sottoscritto nella precedente relazione, riguardante il rapporto tra mafia e politica, preannuncio che il gruppo della democrazia cristiana, poiché non condivide la relazione in esame ed il suo giudizio sulla medesima è negativo, voterà contro; ciò per le motivazioni di ordine politico-generale in essa contenute e quindi non per contestare i fatti riportati ma per esprimere il suo dissenso sul pericoloso precedente che il documento in esame può rappresentare. Sull'ordine dei lavori. PRESIDENTE. Il senatore Calvi ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori. MAURIZIO CALVI. Signor presidente, a nome del gruppo socialista chiedo dieci minuti di sospensione per valutare la dichiarazione del collega Sorice sulla relazione in esame. ANTONIO BARGONE. Credo che nel frattempo potremmo procedere alle dichiarazioni di voto. Pag. 3333 FRANCO FAUSTI. Personalmente, sono contrario ad una sospensione della seduta. PRESIDENTE. Sospendo la seduta per dieci minuti. La seduta, sospesa alle 12,30, è ripresa alle 12,40. Si riprende la discussione. PRESIDENTE. Riprendiamo la discussione della relazione sulla camorra. GIOVANNI FERRARA SALUTE. Signor presidente, colleghi, a nome del mio gruppo, cioè di me stesso e dell'onorevole Ayala, dichiaro il voto favorevole a questa relazione. Al di là di quelle che possono essere le interpretazioni di questa relazione come di un documento affetto da qualche partigianeria politica - considerazioni critiche che a me non sembrano appropriate a questa relazione -, assolutamente dominante resta il quadro della situazione reale che emerge da questa ricerca, dai dati oggettivi che in essa sono presenti, dal messaggio che attraverso di essa viene dato a questo Parlamento, a quello nuovo, quando vi sarà, e al paese. Un messaggio di gravissimo allarme, tanto più significativo in quanto non retorico ma fondato su una ricostruzione ricca di elementi, di dati di fatto, di valutazioni critiche, di documentazione, di ricostruzione storica e storico-sociale. Si tratta di una relazione che mette in luce - come è stato più volte detto - un quadro estremamente preoccupante e desolante. Il compito che emerge da questa relazione, che spetterà a chi dovrà provvedere nei prossimi anni alla cosa pubblica a livello locale, regionale e nazionale, è un compito assolutamente grave, assai elevato. Si tratta di una relazione - come del resto, diversamente ma in modo convergente, quella sulla Sicilia - che mette in luce come la questione meridionale, anche dal punto di vista della salute pubblica, sia ancora, nonostante le opinioni di chi poco conosce la storia di questo paese, il grande compito storico delle generazioni della democrazia; quel compito che era stato intravisto negli anni dell'immediato dopoguerra, quando da linee diverse (la tradizione dei Pasquale Saraceno, cattolico, dei Rossi Doria, dei Giorgio Amendola), talvolta politicamente contrapposte, si metteva in luce in modo convergente come la questione meridionale fosse ancora la questione storica della vita italiana. Essa non è stata risolta se non in parte; un cambiamento grande c'è stato, ma contemporaneamente nuovi mali si sono manifestati proprio in collegamento con il cambiamento. Da questa relazione emerge il complicarsi della vita democratica, la particolare forma assunta dalla vita democratica nel Mezzogiorno, la particolare forma assunta dal rapporto fra eletti ed elettori, che è collegata con la storia del Mezzogiorno, nell'ambito di uno sviluppo economico anche tumultuoso, di un allargarsi della forbice tra la povertà e la ricchezza, del diffondersi di occasioni di ricchezza non ortodosse e addirittura illegali. Da tutto questo è emersa una nuova questione meridionale, che oggi è caratterizzata essenzialmente dal suo essere anche una questione criminale, laddove nel 1945 si presentava essenzialmente come una questione agraria. Come allora si diceva che nel futuro bisognava costruire l'ossatura di una nuova economia del Mezzogiorno, leggendo questa relazione dovremmo dire che abbiamo la prova che è necessario fornire un'ossatura alla nuova politica, alla nuova vita sociale del Mezzogiorno. Tutto questo mi sembra che venga fuori in modo drammatico e preciso in questa relazione e, quindi, posso anche capire che si manifestino preoccupazioni, ma debbo dire che - tutto sommato - le ritengo assolutamente irrilevanti rispetto a questo risultato oggettivo che - ripeto - è il risultato di offrire insieme un quadro, uno strumento di conoscenza e anche un messaggio politico alto, non fazioso ma che nasce dalla drammaticità delle cose. Pag. 3334 E' stato osservato dal collega Sorice - e mi sembra un'osservazione sulla quale si debba prendere posizione - che qui vi è un problema di interferenza, in un certo modo, con l'attività della giustizia. Questo problema dell'interferenza indubbiamente esiste - il collega Sorice in questo senso ha ragione -, però egli stesso mi pare abbia rilevato che, tutto sommato, questo è un problema che in fondo si pone per tutte le Comissioni d'indagine. Pertanto è una questione troppo generale per diventare occasione di critica o di approvazione di volta in volta. Ci si deve rassegnare all'idea che se esiste un'indagine parlamentare accanto ad un'indagine giudiziaria - una con un portato, l'altra con un altro, una con una metodologia e l'altra con una diversa - esse finiscono per coesistere, perché quando vi è l'emergenza del dato giudiziario molto potente, il Parlamento se ne preoccupa perché nasce una questione di portata politica nazionale e, quindi, nascono le indagini parlamentari. Quindi, questo problema è ineliminabile. D'altra parte, se è per questo, sarebbe altrettanto assurdo limitare la portata delle indagini di carattere politico-sociale del Parlamento per la preoccupazione di non interferire o addirittura di non influire su quelle della magistratura, quanto lo sarebbe chiedere il contrario, cioè chiedere ai magistrati il piacere di non spingere troppo oltre le loro indagini per non provocare riflessi dannosi sul mondo politico. Come non chiediamo questo ai magistrati, non vedo come essi possano chiedere a noi qualcosa. ALFREDO BIONDI. Sarebbe un tentativo inidoneo. GIOVANNI FERRARA SALUTE. Ripeto: sono due livelli che fatalmente interferiscono. La conclusione che vorrei dare a questa mia dichiarazione di voto favorevole, anche a nome del collega Ayala, è questa. Vorrei fosse chiarissimo che nel prendere atto, attraverso questa relazione, di degenerazioni politiche molto gravi, della probabile compromissione politica di ambienti e di persone (del resto, di vari ambienti e di vari personaggi, anche di diversa estrazione politica, ma forse in modo predominante di una o due), non vi è alcun compiacimento da parte del gruppo repubblicano; non vi è alcun compiacimento. Non vi è alcuna gioia della rivelazione. Non vi è alcuna gioia di vedere smascherato qualcuno o qualcosa. Vi è al contrario - molto dominante su questo che può essere un sentimento immediato ma superficiale - la consapevolezza della gravità di una storia che in qualche misura tutti abbiamo condiviso, se non altro per il fatto che abbiamo vissuto tutti una certa epoca, certamente con responsabilità diverse. Ma come italiani, come rappresentanti del Parlamento, non può che esservi una sensazione di tragedia, che non ha proprio niente del compiacimento. Veder sospettare, congetturare sul fatto che alcuni personaggi - che hanno avuto un ruolo importante, che hanno lavorato con accanto la bandiera italiana, in forma ufficiale, rappresentando il nostro Stato - abbiano avuto debolezze, incapacità nel vigilare, nel badare alle compromissioni possibili, non è un motivo di compiacimento ma dà un senso che aumenta il peso delle responsabilità: aumentando il peso delle responsabilità passate, aumenta il peso di quelle future. Quindi, vorrei dire che non sento questa relazione come il segnale e la prova di una spaccatura ma come un richiamo al senso comune della storia e dei fallimenti della storia del nostro paese; sarebbe assurdo non prenderne atto. In queste vicende vengono sempre travolte persone, ambienti, gruppi; è fatale e necessario. A volte, vengono anche travolti coloro che dal punto di vista giudiziario sono degli innocenti. Ma fare parte della storia politica è anche far parte del rischio della politica. Fare politica in certe zone del nostro paese, come di altri con certe caratteristiche, è rischioso. Cadere in questi rischi non Pag. 3335 assolve e il fatto che non assolve, al tempo stesso, non è per niente un motivo di soddisfazione. Nel momento in cui annuncio il voto favorevole del mio gruppo a questa relazione, intendo risottolinearne il carattere di messaggio grave, austero, severo per il futuro; un messaggio che è al tempo stesso una richiesta di esame di coscienza per tutti rispetto al nostro passato. GIORGIO CASOLI. Il gruppo socialista ha responsabilmente deciso, all'unanimità, di esprimere un voto favorevole sulla relazione in esame, soprattutto perché condivide le conclusioni alle quali essa perviene. Intendiamo tuttavia formulare alcune considerazioni che, pur non inficiando la nostra determinazione ad esprimere - ripeto - un voto favorevole, chiediamo siano acquisite agli atti sì che ad esse si possa far riferimento nel momento in cui la relazione sarà sottoposta all'esame del Parlamento. Al paragrafo 20.9, è riportata la seguente frase: "Ma un giudizio politico dovrà inoltre essere espresso anche nei confronti degli altri parlamentari che, pur rivestendo autorevoli responsabilità a livello nazionale (...)". A nostro avviso, si tratta di una formulazione eccessivamente limitativa, dal momento che le responsabilità - ovviamente quelle politiche - non possono essere fatte risalire soltanto ai parlamentari: il ventaglio delle responsabilità è infatti molto più ampio. Di conseguenza, il gruppo socialista propone di sostituire la formulazione citata con la seguente: "Ma un giudizio politico dovrà inoltre essere espresso anche nei confronti di tutti coloro che, investiti di responsabilità politiche ed amministrative, nazionali e locali, nulla hanno fatto (...)". Riteniamo che tale formulazione esprima un giudizio più preciso proprio perché - ripeto - il ventaglio delle responsabilità non può essere limitato alla sfera parlamentare. PRESIDENTE. D'accordo, senatore Casoli. GIORGIO CASOLI. Un'ulteriore osservazione di carattere generale riguarda le parti della relazione nelle quali viene fatto riferimento a nomi o ad accertamenti di carattere giudiziario. Capisco che è estremamente difficile mantenersi nell'ambito della competenza della Commissione, competenza che, pur amplissima, è limitata all'espressione di giudizi politici su determinati accadimenti e non si estende a valutazioni sui comportamenti di singole persone. Laddove vi sono indicazioni nominative oppure riferimenti non strettamente pertinenti ai fini delle conclusioni generali (accade, per esempio, a pagina 5, dove è contenuto l'elenco di tutti i parlamentari nei cui confronti è stato espresso un giudizio favorevole per l'autorizzazione a procedere), si corre il rischio che tali indicazioni ed i riferimenti a fatti specifici afferenti a determinate persone possano rappresentare un qualcosa in più di un giudizio politico e, quindi, straripare in un'attività giurisdizionale che non rientra nella competenza di questa Commissione. A nome del gruppo socialista, rivolgo una raccomandazione (che magari potrebbe essere recepita in un atto separato quale, ad esempio, un ordine del giorno) affinché tutti i riferimenti nominativi nonché quelli che potrebbero assumere una connotazione di interferenza sull'attività giurisdizionale e del potere giudiziario siano soppressi o, per lo meno, che si dia esplicitamente atto che l'intendimento della Commissione è di non interferire con tale ambito. Si potrebbe trattare di una precisazione pleonastica, ma credo rappresenterebbe comunque un elemento di maggiore tranquillità capace di reintrodurre nei suoi binari ortodossi, ove ve ne fosse bisogno, l'attività della Commissione. Con queste precisazioni e con queste riserve - evitando di dilungarmi ulteriormente sui temi del dibattito, dal momento che la discussione ha consentito di sviscerare adeguatamente tutta la materia -, dopo aver preso atto che nella seconda stesura della relazione sono stati responsabilmente accolti numerosi emendamenti Pag. 3336 proposti dai vari componenti di questa Commissione (che hanno già eliminato punti di frizione che si potevano intravedere nella prima stesura), confermo il voto favorevole del gruppo socialista. FAUSTO MARCHETTI. Il collega Tripodi ha già illustrato in maniera ampia e competente la posizione di apprezzamento del gruppo di rifondazione comunista per la relazione sulla camorra e il consenso sulle conclusioni cui essa perviene. A nostro parere, nella relazione non avviene alcuno sconfinamento rispetto ai compiti attribuiti alla Commissione: si evince, al contrario, il pieno rispetto delle funzioni della magistratura, alla quale peraltro è dedicata una parte dell'analisi, dal momento che la stessa magistratura viene sottoposta alle valutazioni della Commissione con riferimento al modo in cui si è mossa nell'area campana. Sotto questo profilo, dalla relazione viene uno stimolo a che la magistratura svolga in maniera sempre più piena le proprie funzioni, giacché in passato nell'area in esame si sono registrate, in più occasioni, connivenze con settori camorristici (a tale riguardo nella relazione è contenuto un riferimento a clamorosi episodi). Nello stesso tempo, viene posto in evidenza come oggi vi siano segni di un nuovo impegno da parte della magistratura, impegno che si auspica possa essere sempre maggiore. Di questo prendiamo atto con soddisfazione. A nostro avviso, la relazione rappresenta un contributo di grande importanza, una novità che offre un primo quadro complessivo, sottolinea il salto qualitativo effettuato dalla camorra (mi riferisco alla parte specificamente storica), fa uno sforzo per arrivare ad evidenziare il salto compiuto dalla stessa a partire dal sequestro Cirillo, passando attraverso le vicende del terremoto. Nella relazione sono riferiti in modo puntuale alcuni episodi che consentono di comprendere con grande chiarezza a quale livello di potenza fosse arrivata l'organizzazione camorristica, per gli intrecci, i rapporti e le relazioni che essa era riuscita a tessere. Basti ricordare che per trasferire Cutolo all'Asinara è stato necessario l'intervento del Presidente Pertini. Altrettanto illuminante e terrificante è l'episodio, risalente all'epoca del sequestro Cirillo, delle forze di polizia (che erano state notevolmente potenziate nella prima fase, che avevano agito e che erano riuscite a contenere le attività criminali nell'area napoletana e campana nei primi giorni del sequestro) che ad un certo momento apparvero quasi paralizzate. Si tratta di un episodio di una gravità eccezionale, anche perché non si è riusciti - in questo senso la stessa relazione non offre alcuna interpretazione - ad arrivare a capo di chi abbia determinato la paralisi delle forze dell'ordine in quella circostanza, lasciando così campo libero alla camorra. Credo che su questa vicenda bisognerà ancora scavare perché le responsabilità non possono certo essere attribuite alla gente che non si muoveva! Vi è stato indubbiamente un intervento che ha determinato questa situazione ed occorre andare a fondo per venire a capo di questa situazione. Ci troviamo di fronte ad un quadro spaventoso. Alla luce della relazione proposta dal presidente - che mi auguro la Commissione approvi questa mattina - è davvero pretestuoso parlare di invasione di altri campi. La Commissione, operando nel modo in cui ha fatto, è invece rimasta nel suo ambito e nei limiti delle sue funzioni. Per la prima volta - lo ha già sottolineato il collega Galasso - si individuano anche i rapporti di Cosa nostra con la camorra e si fa un accenno, probabilmente da approfondire, al problema dei rapporti con la massoneria, anche se allo stato gli elementi non sono numerosi. Per la prima volta, inoltre, abbiamo a disposizione un quadro, certo non completo ma comunque abbastanza esauriente, dei rapporti con ambienti politici o, per lo meno, con alcuni di essi. Il problema non è quello dei nomi: non ci si deve nascondere dietro un dito! Il fatto è che dalla lettura di tutte le vicende, di tutti i documenti e degli elementi di vario tipo Pag. 3337 che la Commissione ha acquisito si ricava che si "casca" sempre in determinati ambienti! Non vi è una volontà persecutoria, non vi è stato qualcuno che abbia indirizzato i lavori in una certa direzione, colleghi della democrazia cristiana! Il problema è che dagli elementi che la Commissione ha messo insieme viene fuori un quadro che noi tutti vorremmo che non ci fosse ma che, purtroppo, è di fronte a noi. Quindi, la valutazione politica, presente nella relazione e rimessa in via definitiva al Parlamento, è da condividersi pienamente. Mi stupisce che vengano citati nella relazione due passaggi tipicamente politici, che non determinano alcuna invadenza di altri campi, e che sono formulati con il necessario senso della misura ed in modo da andare oltre le risultanze attualmente in possesso della Commissione. Per questo motivo il gruppo di rifondazione comunista esprimerà voto pienamente favorevole alla relazione. MICHELE FLORINO. In sede di discussione sulle linee generali avevo parlato di una relazione che tratta sociologicamente i fatti e ciò che è accaduto in Campania. Oltre a fare questa considerazione critica, che è stata riportata anche da un mensile della sinistra, La Voce della Campania- che parla di deludente relazione sulla camorra in Campania, con l'intervento di un autorevole collega della Commissione, l'onorevole Imposimato, che pure rivolge un giudizio durissimo - ho anche ritenuto di assumermi la responsabilità di una dichiarazione che calza a pennello sulla situazione attuale e su quella precedente. Se prima degli anni ottanta la camorra si poteva definire una società a responsabilità limitata, oggi la definisco una società per azioni, una società mista a capitale criminale ed istituzionale, in cui sono dentro tutti, dai magistrati ai politici. La relazione non tratta dovutamente questi settori inquinati, che tanto danno hanno arrecato alla società civile. Come ho detto in sede di discussione generale, è evidente la volontà di escludere la complicità della magistratura nel salto di qualità che ha spiccato la camorra dagli anni ottanta in poi, anche se una frase riportata nella relazione chiarisce un certo contenuto di questo salto di qualità: mi riferisco a quando si afferma che la camorra moderna nasce in questa fase. Ma in questa fase la camorra moderna è nata grazie alla ricostruzione. E' pur vero che la relazione tratta ampiamente il processo di ricostruzione, riportando brani della relazione della Commissione parlamentare d'inchiesta, però non riporta dovutamente quanto si è verificato nel processo di ricostruzione con i magistrati, con i politici, con gli affaristi. Vi è qui l'elenco completo dei collaudatori, che dovevano operare per far sì che la ricostruzione avvenisse secondo un criterio stabilito dai principi dello Stato, cioè quello dell'onesta contabilità e dell'onesto intervento. Questo non è avvenuto, perché 18 mila miliardi sono arrivati a Napoli per un terremoto subito da altre zone, ma inventato in città, tant'è che nella prima parte della relazione della Commissione d'inchiesta si usano queste parole: "più che per gli effetti del terremoto, per sanare il fabbisogno pregresso". Se leggete i nomi dei collaudatori, vi renderete conto della commistione iniziata all'epoca tra camorra, magistrati, politici ed affaristi. Se poi andiamo a leggere attentamente i nomi delle imprese chiamate in causa per la ricostruzione - ho qui tutti gli elenchi - guarda caso, in prima pagina nell'elenco alfabetico delle imprese esecutrici, ritrovo Alfieri Francesco. All'interno vi sono altre centinaia di società individuate successivamente nelle indagini espletate dagli organi giudiziari. Voglio ricordare a questa autorevole Commissione quello che già avevo detto nella Commissione della precedente legislatura: la camorra non poteva compiere questo salto di qualità se, accanto ad essa, non vi fosse stato un potere politico, un potere di altre istituzioni che ne avessero tracciata ed asfaltata la strada. Nonostante ciò, si vuole chiudere la vicenda camorra Pag. 3338 in una relazione che riferisce alcuni casi ma non approfondisce compiutamente le responsabilità. La descrizione del caso Cirillo è compiuta, chiara e precisa. Le responsabilità dovrà individuarle il magistrato, come ho già detto nella precedente seduta. Però non me la sento di sostenere che c'è una lesione dei diritti soggettivi - come dice Sorice - perché in questo caso dovremmo tener conto delle dichiarazioni dei pentiti che hanno mandato in galera centinaia di persone che dovremmo scarcerare. Non dimentichiamo che in galera si trovano ancora Contrada ed elementi chiamati in causa dai pentiti. Se vogliamo mettere in discussione il ruolo dei collaboratori della giustizia, dobbiamo farlo in tutto e per tutto, non solo per alcuni casi che riguardano i politici. Non mi trovo d'accordo su quanto è scritto a pagina 43 della relazione, ovvero che alla Commissione è stato riferito che in Campania si sarebbero realizzati 300 mila vani abusivi dal 1985 in poi. Questo non corrisponde al vero, perché il dilagante abusivismo è iniziato nel 1970, con la complicità di tutte le giunte che si sono alternate alla guida della città di Napoli, ivi compresa la giunta di sinistra. Dobbiamo avere l'onestà e la responsabilità di inserire in questa relazione sulla camorra le responsabilità di una giunta di sinistra, di alcuni esponenti del partito comunista; ricordo l'arresto del consigliere comunale Acerra e l'autorizzazione a procedere non concessa nei confronti dell'onorevole Geremicca. Non si può dimenticare che, in quel momento di aberrante diffusione della camorra, con la costruzione di 300 mila vani abusivi, sorse anche il grosso problema dell'organizzazione dei disoccupati che, grazie all'amministrazione di sinistra, trovarono accoglimento con relative delibere di assunzione nell'ambito degli enti pubblici. Indubbiamente, una parte dei disoccupati esprimeva il bisogno casa, ma dentro questa organizzazione vi era anche una gran massa di delinquenti, di delinquenti comuni, che hanno avvelenato gli enti locali. Voglio chiarire che, per quanto riguarda la storia della disoccupazione e dei disoccupati, i dati non corrispondono, perché ad oggi abbiamo una situazione, verificabile in base ai dati affluiti al Ministero dell'interno, che riguarda più di 3.800 lavoratori, utilizzati per lavori socialmente utili con finanziamenti dello Stato, tra cui 800 ex detenuti che la provincia, con un colpo di mano, intende utilizzare, o ha già utilizzato, come subalterni scolastici nelle scuole. Si tratta di delinquenti comuni utilizzati nelle scuole come subalterni scolastici! Non posso non fare riferimento al punto 13.5, contenuto a pagina 78 della relazione. Si scrive: "Dopo il terremoto, furono conferiti pieni poteri amministrativi al presidente della regione. Questi se ne avvalse per designare le commissioni di collaudo". Bisogna fare riferimento anche ai pieni poteri amministrativi attribuiti al sindaco. PRESIDENTE. Ma è detto in un'altra parte. MICHELE FLORINO. Il sindaco-commissario straordinario aveva pieni poteri. PRESIDENTE. Le commissioni di collaudo le fece anche il sindaco? MICHELE FLORINO. Sì. PRESIDENTE. Se è così, occorre inserirlo. E' giusto. MICHELE FLORINO. Le commissioni di collaudo per le aree interne. PRESIDENTE. Certo, per Napoli. MICHELE FLORINO. Vi fu, poi, la responsabilità di quel sistema delle concessioni che avviò la procedura di collegamento tra ditte che venivano subappaltate, quasi tutte di chiara matrice camorrista. Il primo grande errore fatto dai due presidenti fu quello di assegnare ai concessionari con il sistema "chiavi in mano", dando anche la possibilità di accedere fino al 50 per cento degli anticipi Pag. 3339 senza iniziare i lavori, per poi, a lavori ultimati, completare il pagamento. Da quel momento iniziò il grande salto di qualità della camorra, che con queste imprese - ho qui i documenti - riuscì ad inserirsi nella vita cittadina: quella che una volta era una società a responsabilità limitata è diventata una società per azioni a tutti gli effetti, con magistrati, altri poteri istituzionali e il potere politico. La responsabilità politica sulla questione Cirillo è trattata chiaramente, come ho detto in precedenza. Ma può una relazione sulla camorra fermarsi solo al caso Cirillo senza approfondire tutto quello che è esploso nella città di Napoli, dopo il caso Cirillo, con la ricostruzione e le responsabilità di una classe politica coinvolta negli scandali dei mondiali del 1990 (LTR, metropolitana, trasporto rifiuti)? Non è stato forse concluso qui a Roma, nel salone di Montecitorio, con alcuni deputati, il famoso accordo con le ditte per la questione del trasporto e dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani, con la concussione delle aziende? Non è stato fatto da elementi di spicco del partito socialista? Qui non appare la responsabilità del partito socialista. CARLO D'AMATO. Bravo! MICHELE FLORINO. Non è apparsa neanche su un altro fatto eclatante, che la Commissione deve verificare. Si tratta di episodi di commistione tra camorra e potere politico. Io dico, assumendomene la responsabilità, che il potere politico, con i magistrati e altre forme istituzionali, ha fatto sì che la camorra potesse impadronirsi della città di Napoli. Non appare la questione eclatante dell'uccisione del manager Pasquale Crispino, con il tentativo di concussione iniziato dai socialisti a livello regionale e riportato dalla stampa per il rinvio a giudizio. Vi è stata nebulosità nello scoprire i mandanti o gli esecutori materiali dell'assassinio. Guarda caso, l'ufficiale dei carabinieri Vittorio Tommasone, che stava per arrivare ad arrestare gli esecutori, e quindi ai mandanti, si vede trasferito a Chieti. Sui giornali, qualche settimana fa, è stata ricordata la responsabilità politica di alcuni uomini che hanno ordinato il trasferimento. Ecco che ancora più ibrido appare il rapporto tra il potere istituzionale e la camorra: si giunge persino a compiacersi dell'assassinio di un medico manager pur di liberare dalle pastoie... (Interruzione del deputato Buttitta). Compiacersi, sì. Oltre a questo non appaiono altri fatti perché dal 1980 in poi, anche se vi è la descrizione particolareggiata di tutti gli avvisi di garanzia che hanno raggiunto consiglieri comunali e regionali, non si è arrivati all'individuazione chiara e completa delle responsabilità politiche che coinvolgono sì la democrazia cristiana, ma che hanno coinvolto anche il partito comunista con la giunta Valenzi, con la sistematica immissione nel comune di Napoli di delinquenti, con il selvaggio abusivismo edilizio, con l'incriminazio-ne e la condanna di un consigliere comunale comunista, con un deputato del partito comunista coinvolto nello scandalo dei mondiali novanta e della nettezza urbana... PRESIDENTE. A chi si riferisce? MICHELE FLORINO. Al deputato del PDS Berardo Impegno, nei confronti del quale sono pervenute quattro richieste di autorizzazione a procedere. Non credo sia il caso di raccontare il fatto ma, se la Commissione vuole, posso fare la storia di tutte le autorizzazioni a procedere, che conosco bene; ce ne è per tutti! Stavo dicendo che il coinvolgimento è totale; quindi, occorre inserire nella relazione il concetto del coinvolgimento totale di tutte le istituzioni, magistratura per prima (sta qui tutta la responsabilità della magistratura, qui, nel primo atto, nella prima pietra che è stata posata) e, poiché i fatti in questo caso sono pesanti come macigni, bisogna anche attribuire la giusta responsabilità a chi ha consentito ai camorristi di scalare la vetta a Napoli ed in Campania. Se tutto questo viene Pag. 3340 inserito nella relazione, io la voterò, altrimenti essa rimane un documento politico che cerca di colpire una sola parte politica. VITO LECCESE. Nell'associarmi pienamente alla valutazione positiva del collega Galasso, vorrei esprimere apprezzamento per il lavoro svolto dal presidente, un lavoro puntuale, completo e preciso sia nell'esposizione sia nella valutazione del fenomeno camorristico sia nel suo inquadramento storico, territoriale e sociale. Approvando la relazione, credo che forniamo un contributo prezioso, di grande importanza non solo al Parlamento ma al paese intero per la conoscenza di un fenomeno poco noto; come qualcuno ha ricordato e come si evince anche dalla premessa della relazione, è la prima volta che la Commissione antimafia nella sua storia riesce a produrre una relazione completa sul fenomeno della camorra. In passato la mancanza di conoscenza non ha fatto altro che favorire la pericolosa infiltrazione di questa organizzazione nei processi produttivi, nella vita sociale, in quello che il collega Galasso ha definito l'ordinato svolgimento della vita collettiva, sino a rappresentare un vero attentato alle istituzioni democratiche del paese. Se valutiamo il fenomeno alla luce della forte penetrazione della camorra nelle amministrazioni e negli enti locali, è evidente che esso, come qualcuno ha ricordato, non ha precedenti neanche rispetto ad organizzazioni storicamente più importanti come Cosa nostra. Per tale motivo ritengo che non si debba indugiare e che sia necessario approvare comunque questa relazione in funzione non solo della novità che essa rappresenta ma anche dell'importante contributo che possiamo fornire al Parlamento ed al paese intero. ANTONIO BARGONE. Nel corso della discussione generale già alcuni colleghi del mio gruppo hanno sottolineato i meriti di questa relazione, soprattutto quello dell'approfondimento del fenomeno camorristico che ha rivelato anche aspetti in gran parte inediti, specie relativamente alle interconnessioni di carattere sociale, economico e politico-istituzionale dello stesso. Tra i meriti va segnalato senz'altro quello di aver superato ogni sociologismo e di aver puntato l'attenzione sul contesto sociale solo con l'obiettivo di capire meglio l'evolversi, il radicamento del fenomeno, nonché la misura dell'influenza che esso ha avuto sullo scorrere della vita in quelle realtà. E' quindi sicuramente importante la differenza - che appare evidente - tra il fenomeno camorristico e quello mafioso di Cosa nostra, individuando in quello camorristico una maggiore invasività, un consenso di massa ed, in qualche modo, un intreccio inestricabile anche con il potere politico più diffuso e che quindi emerge con maggior forza rispetto a quanto non sia emerso nella relazione sui rapporti tra mafia e politica. Credo che non possano essere considerate fondate le critiche riferite a presunte carenze della relazione, ad esempio in ordine ad una limitata analisi di quanto è accaduto durante il terremoto e del fenomeno camorristico così come si è sviluppato in quella fase. Credo che una relazione sulla camorra debba proporsi il compito preciso intanto di indicare le caratteristiche del fenomeno, il suo radicamento sociale, il rapporto con pezzi delle istituzioni e con la politica, nonché quali fossero i momenti storici in cui tale fenomeno ha assunto una dimensione diversa e molto più preoccupante, fino ad assurgere forse, per la prima volta, ad un rilievo nazionale, quale quello che si è riservato al caso Cirillo. Tale episodio è stato considerato dai più una svolta storica; esso ha fatto salire il livello di influenza del fenomeno camorristico in quella realtà, ha diffuso e radicato in maniera più incisiva e penetrante il suo rapporto con le istituzioni e con il potere politico. Sono inoltre dell'avviso che attardarsi ancora su fenomeni come quello del Pag. 3341 terremoto sarebbe stato rischioso in quanto l'attività della Commissione si sarebbe sovrapposta ad un'indagine già compiuta dal Parlamento; inoltre, essa avrebbe fatto riferimento anche ad episodi di malcostume che non hanno nulla a che vedere con ciò che è posto alla nostra attenzione: il rapporto organico, contiguo tra il potere politico e la camorra. Sotto questo profilo è importante aver indicato il ruolo del potere politico, dei partiti di Governo ed anche di uomini che hanno esercitato tale potere con incarichi di grandissimo rilievo, come ad esempio quello di ministro dell'interno. Penso che un dissenso fondato sulla critica per la quale nella relazione vi sarebbe un'interferenza con le indagini giudiziarie sconti una contraddizione rilevata anche nel dibattito che si è svolto ed alla quale per fortuna questa Commissione è sfuggita; si tratta del fatto di far coincidere di nuovo la responsabilità politica e la responsabilità penale, errore nel quale né questa relazione né quella - che ha avuto grande rilievo - sui rapporti tra mafia e politica sono incorse. La responsabilità politica può prescindere da quella penale: essa richiede un senso di responsabilità alle forze politiche ed alla società civile maggiore di quello che vi è stato fino ad ora. Ricordo quando il partito comunista italiano ha presentato in Parlamento richiesta di dimissioni del ministro dell'interno Gava a seguito del provvedimento del giudice Alemi e ricordo anche il dibattito che in quell'occasione si è svolto. Se allora fosse caduta ogni resistenza nei confronti di un'analisi che fosse senza veli e senza il vincolo dell'appartenenza (cioè una difesa cieca), probabilmente avremmo guadagnato tempo e forse questa discussione sarebbe stata meno drammatica di quanto non sia oggi. Vi è quindi il rischio che questa critica diventi un boomerang per chi la muove perché, nel momento in cui si sostiene che non si può delegare alla magistratura il potere di decidere e di valutare i ruoli politici, nello stesso tempo, facendo coincidere responsabilità politica e responsabilità penale, si compie l'operazione inversa. Credo, invece, che noi dobbiamo porci un compito diverso: la relazione, che si basa su quanto hanno dichiarato 331 persone (non solo i pentiti, quindi, onorevole Sorice), tra cui esponenti della società civile e delle istituzioni, ha messo a frutto un patrimonio di conoscenze che, probabilmente a causa di una diversa situazione politica, le precedenti Commissioni antimafia non hanno fatto; nei confronti delle relazioni che sono state predisposte ho spesso sentito muovere l'accusa di essere cadute nella tentazione sociologica. Da ultimo, desidero rilevare che questa relazione si inserisce in un contesto, in un processo storico-politico irreversibile; non credo che rispetto a tale circostanza ci si possa chiudere a riccio ed opporre resistenza. E' un processo che ha come obiettivo quello di individuare responsabilità politiche, ma soprattutto quello di fornire un contributo al risanamento del paese, specie nel Mezzogiorno. Condivido l'affermazione del senatore Cabras secondo cui il degrado in Campania ha assunto i caratteri della degenerazione sistemica (è questa la frase da cui è stato originato il dissenso del collega Sorice) perché, in effetti, in questo momento la grande scommessa per il Mezzogiorno è il recupero, il ripristino della legalità, è restituire contenuti ad una democrazia che ne è stata svuotata, come afferma, a mio avviso molto giustamente, la relazione. Quella democrazia ha dimenticato e spesso ha soppresso i diritti dei cittadini e li ha fatti diventare sudditi. Evidentemente rispetto ad una situazione di questo genere, non possiamo ritardare ulteriormente l'avvio di questo processo: esso non è solo irreversibile, ma deve anche essere rapido, perché bisogna restituire primazia alla politica, il che significa anche porre le condizioni perché essa si svolga in un contesto in cui la dialettica democratica sia libera, in cui non vi siano condizionamenti di alcun tipo, in cui il potere politico non possa essere interferenza nelle decisioni delle Pag. 3342 istituzioni e, nello stesso tempo, rapporto perverso con la criminalità organizzata. Ritengo che la relazione abbia anche il merito di dare un contributo a far uscire il Mezzogiorno da questa situazione di crisi, cosa che, a mio avviso, ha tanta più rilevanza in un momento in cui la questione meridionale si inserisce in un confronto in cui vi sono forze che vogliono la rottura della solidarietà nazionale. Penso quindi che, con grande senso di responsabilità, si debba approvare la relazione, anche se ciò avverrà, come giustamente rilevava il collega Ferrara Salute, senza alcuna gioia, ma con la consapevolezza ed il senso di responsabilità che convengono ad una situazione grave come quella descritta nella relazione. PRESIDENTE. Con l'intervento dell'onorevole Bargone è terminata la serie di interventi dei vari gruppi parlamentari; sono state avanzate alla presidenza alcune richieste di intervento da parte di singoli componenti la Commissione. Stante lo specifico carattere delle Commissioni d'inchiesta, riterrei, se i colleghi sono d'accordo, di consentire a tali colleghi di parlare per due minuti per esprimere non solo dissenso, ma anche per precisare a titolo individuale le proprie posizioni. ALFREDO BIONDI. Dopo che saranno intervenuti questi colleghi, dirò poche parole anch'io. PRESIDENTE. A nome del suo gruppo? In questo caso, dovrebbe intervenire subito. ALFREDO BIONDI. Ho grande considerazione di me, ma in effetti non mi sono mai considerato un gruppo. PRESIDENTE. Esistono i monogruppi e sono quelli più compatti. ALFREDO BIONDI. A causa di una serie di impegni e di condizioni di salute che mi hanno tenuto lontano dai lavori della Commissione, non ho dato un apporto positivo - ma neppure negativo - alla formazione di questa relazione. Posso esprimere un giudizio come soggetto singolo, anche se devo dire che ho un certo imbarazzo einaudiano nel deliberare senza conoscere a sufficienza, soprattutto la documentazione che il senatore Gava ha portato a supporto delle sue considerazioni e valutazioni e che, purtroppo, essendomi pervenuta ieri, per colpa mia, ho potuto leggere solo questa notte. Ripeto, la documentazione in questione è molto corposa e poiché non ho potuto esaminarla approfonditamente, mi auguravo che ci fosse più tempo per esprimere una valutazione. Comunque, ciò che mi ha colpito e che mi induce alle considerazioni che manifesterò in seguito è l'analisi compiuta in ordine ad una fenomenologia, sistemata ed inserita in un contesto specifico, in cui politica, affari, interessi elettorali, di carriera e di prestigio - anche per chi non avesse funzioni rappresentative di ordine elettivo - convivevano intrecciandosi tra loro in maniera estremamente forte. Tale intreccio si è avvantaggiato di una realtà, via via aggravatasi, che ha trovato sostegno, contemporaneamente, nella mancanza di critica e di autocritica all'interno delle istituzioni e da parte di taluni soggetti, anche di coloro che, pur non essendo coinvolti, avevano forse l'obbligo non giuridico ma morale di porre delle resistenze e di stabilire quei criteri di trasparenza e di verificabilità degli atti e dei comportamenti che rappresentano la forma più forte di controllo, soprattutto se essa porta a selezioni migliori e a valutazioni più approfondite. Trovo che la parte analitica della relazione sia veramente sproporzionata rispetto a quella conclusiva, in cui, quasi per sintesi, si stabiliscono indicazioni, in parte nominative, in parte attributive, di responsabilità politiche, le quali, però, sono desunte, in grandissima parte, da realtà precedenti e specificate di ordine giudiziario, sia nella fase delle indagini Pag. 3343 sia in quelle di talune procedure che hanno avuto, invece, un più ampio sviluppo. Si traggono considerazioni che sono politiche solo per il fatto che riguardano i politici, mentre, in realtà, nonostante quanto ho sentito dire da alcuni colleghi poco fa, trasformano i giudizi e le valutazioni in un processo di trasposizione di valori e di competenze che non sono né quelli dell'autorità giudiziaria né quelli dell'autorità politica. Viene creata una commistione dalla quale si traggono valutazioni di carattere quasi obiettivo e consequenziale, senza che sia possibile comprendere la responsabilità politica individuata o individuabile in questo o quell'oggetto, su questo o quel gruppo più o meno identificato o identificabile per il modo in cui viene tracciato l'identikit dei soggetti. Leggendo questi atti, la preoccupazione che ho avuto è che vi sia stata, in gran parte, una valutazione se non unilaterale, non sempre comprensiva ed adeguata alle esigenze di una giusta e completa cognizione dei problemi. Ho sentito che il collega Casoli intendeva proporre un emendamento, ma non so se volesse subordinare ad esso l'espressione del voto favorevole o meno del suo gruppo sulla relazione o se si trattasse, invece, di un suggerimento offerto, per così dire, alla "comprensione della Corte". Qualora si trattasse di una proposta avente la capacità di determinare in un modo o nell'altro il proprio voto successivo, mi appoggerei ad essa per fornire un'indicazione forse ancora più specifica del paragrafo 20.9. Pertanto, al punto relativo all'eventuale responsabilità politica del senatore Gava, aggiungerei: "...come di altri rappresentanti politici a livello nazionale e locale è compito del Parlamento esprimere valutazioni conclusive. Così come valutazioni di ordine politico dovranno estendersi a tutti coloro, parlamentari e non, investiti di diverse responsabilità amministrative ed anche giurisdizionali". PRESIDENTE. La prego di formalizzare il suo emendamento, onorevole Biondi. ALFREDO BIONDI. Lo farò senz'altro. Ove la mia precisazione non venisse accolta, dico subito che mi permetto di subordinare ad essa la mia valutazione sulla relazione che, al momento, non è conforme al parere favorevole espresso da altri gruppi. CARLO D'AMATO. Mi dichiaro d'accordo con la proposta emendativa dell'onorevole Biondi, in quanto recupera, in parte, le indicazioni espresse dall'onorevole Casoli. Riferendomi al giudizio politico del senatore Florino, voglio sottolineare che nel suo intervento vi sono state alcune imprecisioni che non possono non essere oggetto di un chiarimento, ovviamente dal mio punto di vista, non foss'altro perché restino a verbale. Ad avviso del senatore Florino, su certe vicende il coinvolgimento del partito socialista, che definisce pieno e profondo, sarebbe stato sorvolato nella relazione. A parte il fatto che sulle vicende in questione sono aperte indagini giudiziarie, sul cui esito credo sia necessario rimettersi, con la dovuta fiducia, all'organo inquirente e giudicante, mi preme sottolineare che nella sua foga oratoria e di ricerca della verità, il senatore Florino ha dimenticato o ha omesso un'indicazione che pure è emersa nel corso di questi anni: la collusione di esponenti del Movimento sociale italiano-destra nazionale con la camorra organizzata. E' mia abitudine rilasciare giudizi solo a processi avvenuti, ma siccome è stato fatto un riferimento, in maniera semplicistica, a situazioni che ancora sono addirittura nella fase istruttoria, devo purtroppo ricordare al senatore Florino che ha dimenticato l'esistenza di un processo, in corso a Firenze, conclusosi con una condanna in primo e in secondo grado, che coinvolge un esponente del suo partito, l'onorevole Abbatangelo, implicato nella Pag. 3344 cosiddetta strage di Natale, collegata, secondo gli inquirenti, ad un'attività cui ha partecipato il clan Misso. A proposito di quest'ultimo, noto clan di Forcella, anche se sono portato ad escludere quanto sto per dire, perché mi auguro sempre che la politica non possa compromettersi ad un livello così profondo con la malavita organizzata, vi è una vicenda sulla quale l'onorevole Florino ha taciuto. Mi auguro che ci sia giustizia per Abbatangelo, che preventivamente e prioritariamente ritengo innocente, ma devo sottolineare che della vicenda che lo vede protagonista non si fa cenno nella relazione, nonostante rappresenti uno degli aspetti intrinseci di collusione della camorra con la politica. PAOLO CABRAS. Dichiaro che voterò a favore della relazione perché condivido l'analisi e la descrizione della natura, dell'evoluzione e dell'influenza della camorra a Napoli e in Campania. Credo sia questo il nucleo sostanziale del documento oggi sottoposto al nostro giudizio. Condivido altresì l'intensità, direi drammatica, dell'allarme lanciato nella relazione e riferito a quella che ho definito come degenerazione sistemica. Credo, infatti, che tale definizione sia sufficientemente rappresentativa del livello di pericolo, che è pari alla vastità e all'invadenza della camorra nella vita sociale, economica e delle istituzioni in genere, quindi non solo di quelle politiche. Del resto, per quanto attiene alla Campania, la prevalenza della cultura dell'illegalità in ogni settore della vita pubblica non è scoperta né di questa relazione né di oggi. Desidero invece esprimere alcune riserve, a proposito delle quali preannuncio la presenza di una nota integrativa, per quanto riguarda il giudizio sul Mezzogiorno espresso nella parte conclusiva della relazione. Come ho sottolineato a lungo nel mio intervento, credo che siamo di fronte ad un'analisi incompleta che determina giudizi che peccano di una certa genericità: mi riferisco alla formazione della classe politica meridionale, alla responsabilità della classe dirigente nel suo complesso, al fenomeno importante delle relazioni fra partiti politici, sia al Governo sia all'opposizione, che va sotto il nome di consociativismo. Ritengo che tali aspetti meritavano di essere affrontati ed esaminati più a fondo. Nella nuova stesura della relazione vi è anche un'attenuazione, che apprezzo, delle valutazioni, più giudiziarie che politiche, su singoli episodi. Ciò rimanda ad un'altra valutazione svolta in questa sede, quella dell'intreccio tra indagine politica ed indagine giudiziaria, anche se va detto che esso è antico come le Commissioni d'inchiesta: si è riproposto, infatti, per quelle che hanno indagato sui casi Sindona, P2, Moro e, in genere, per tutte quelle che hanno lavorato su eventi non ancora conclusi e definiti, in quanto devono ancora percorrere un lungo cammino giudiziario (credo che siamo già al processo Moro-quater, per cui non sono ancora concluse le scadenze giudiziarie di questa drammatica vicenda). Ritengo che l'elemento di rilievo sia comunque rappresentato dal fatto che nel corso del tempo le nostre indagini anziché indirizzarsi soltanto su episodi, fatti ed eventi, sono soprattutto volte ad una riflessione sulla crisi delle istituzioni e della politica. Credo che questo sia in qualche modo un passaggio obbligato ed è anche per tale motivo che, a mio parere, il voto favorevole sulla relazione in esame può contribuire ad evocare il timbro della discontinuità sull'inedita stagione politica che viviamo. ALBERTO ROBOL. Credo che non possa stupirsi nessuno se in occasione di un evento così importante come l'approvazione o meno della relazione sulla camorra vi siano posizioni politiche diverse in un gruppo politico che sta vivendo il suo travaglio. Voglio motivare il mio voto di astensione sul documento in esame, perché credo che in una Commissione come questa la cultura e la pratica dell'appartenenza Pag. 3345 passino in secondo piano rispetto al primato della coscienza singola. A me è capitato quest'anno, per la prima volta, perché non ne facevo parte prima, di compiere una sorta di giro d'Italia al seguito della Commissione antimafia, per cui so bene come certe audizioni non si possa fingere di non averle sentite, né come certe cose non si possa far finta di non averle conosciute. Personalmente, non condivido fino in fondo alcuni giudizi politici, specialmente quelli espressi nella parte finale, tendenti a manifestare un'opinione diffusa, radicale e totale soprattutto in relazione ad alcune forze politiche, anziché alla globalità delle stesse. Se ciò mi impedisce, da un lato, di esprimere un giudizio positivo sulla relazione, dall'altro, mi rende consapevole di quanto sia importante, per esprimere l'ansia di radicata novità rispetto alle degenerazioni della politica, offrire un segnale in questo senso. Quanto sottolineava prima l'onorevole Bargone a proposito dell'abbandono della cultura dell'appartenenza, credo che in fondo possa valere in tutti i sensi. Infatti, non si capisce perché solo in qualche gruppo vi sia una sorta di pluralismo di posizione, quindi un primato della coscienza rispetto alla sudditanza partitica, e perchè in altri ciò non si verifichi mai. E' una battuta per dire che in questo momento la complessità del problema è tale che non è consentito a nessuno d'immiserire in posizioni preconcette il giudizio che viene espresso. Da parte mia, mi sembrava doveroso manifestare la mia posizione, proprio perché venga compreso fino in fondo il groviglio di tensioni che vi è in ciascuno di noi di fronte ad una votazione che è politica e che però deve trovare la sua giustificazione, prima ancora che nella politica, nelle scelte di ciascuno di noi. ALDO DE MATTEO. Signor presidente, colleghi, anch'io intervengo per spiegare il mio voto non conforme a quello del gruppo cui appartengo, anche se ricorderete certamente che ho sempre precisato sin dall'inizio, che la presenza in questi organismi - mi pare sia un'opinione condivisa - non può essere in funzione di un gruppo politico ma avviene a titolo personale. Credo non si possa ignorare il significato generale di questa relazione contro la camorra: un lavoro complicato contro uno dei fenomeni più gravi e inquietanti del nostro paese; una delle cause del sottosviluppo di alcune aree, in particolare di quella campana, della quale parliamo. Naturalmente, ho colto anch'io nella lettura della relazione alcuni limiti. Circa la preoccupazione che sui procedimenti in corso i giudizi che esprimiamo possano comunque avere qualche influenza, ritengo che sia stata introdotta una forma di distinzione - è un'opinione personale - con il riferimento al concetto di responsabilità politica, anche se l'inevitabile intreccio di cui parlava il collega Sorice è un dato oggettivo che non possiamo nascondere. Come ha rilevato anche il collega Robol, i giudizi politici finali non mi sembrano molto coincidenti con una relazione che è ben articolata e attenta nel suo insieme: si tratta del coinvolgimento dell'intero ceto politico. E' questa una delle ragioni principali che mi inducono ad assumere un atteggiamento di astensione nei confronti della relazione. Credo che la generalizzazione sia un danno. La politica, almeno così come la concepisco e come ho imparato anche ad amarla attraverso alcune figure che ho particolarmente studiato e che ho a cuore, è promozione umana e allora quando colpisce anche un solo uomo è qualcosa che non si può accogliere (il pensiero di Lazzati è molto illuminante su questo piano). Allora, rimane una inquietudine, se volete anche collegata alla mia scarsa esperienza politica. Nello stesso tempo c'è, forte, quest'ansia di partecipare ad un moto di rinnovamento del paese, perché credo che dobbiamo preoccuparci soprattutto del futuro del nostro paese. Quali sono allora Pag. 3346 gli elementi sui quali manifesto un certo contrasto? Sono certamente a favore dei contenuti della relazione, dell'impulso che essa dà alla lotta al fenomeno della camorra e della malavita organizzata in genere, dell'individuazione dell'intreccio tra camorra e istituzioni, quindi anche tra camorra e ceto politico. Dall'altra parte, resta il timore di generalizzare, con strumentalizzazioni, le responsabilità, che si mescolano: può apparire anche come una sorta di individuazione di un percorso a senso unico. La mia astensione vuole segnalare l'esigenza di una riflessione, affinché si possa completare la relazione laddove essa appare parziale, con un ulteriore lavoro di approfondimento. La malapianta della camorra si sradica così, non conservando zone d'ombra ma allargando e quindi completando un lavoro che con questa relazione mi sembra sia soltanto iniziato. PRESIDENTE. Poiché sono state formulate alcune osservazioni e proposte alcune correzioni, intervengo in relazione a tali richieste. Innanzitutto, mi sembrano molto pertinenti - procedo nell'ordine in cui sono state poste - le proposte del collega Casoli, che mi sembra si integrino con quelle dell'onorevole Biondi. Per quanto riguarda la seconda questione segnalata dal senatore Casoli - quella di specificare che laddove si fa riferimento nominativo non si indicano responsabilità di carattere penale e che laddove si indicano fatti specifici non si indicano fatti penalmente rilevanti -, se egli è d'accordo, in premessa si potrebbe fissare questo principio, che riguarda tutta la relazione, non solo una persona o l'altra. Ringrazio il collega Florino per la segnalazione della sindacatura Valenzi. Ci era sfuggito: effettivamente, come dice lei, anche Valenzi ha nominato dei collaudatori, quindi va indicato il suo nome accanto agli altri. Per quanto riguarda i magistrati e le responsabilità della magistratura, credo che nessun'altra relazione, di questa e di altre Commissioni, abbia approfondito in questa misura tale aspetto. Su questo c'è un capitolo ad hoc; non solo ma c'è anche un invito al Consiglio superiore a non designare ad incarichi direttivi magistrati che abbiano fatto i collaudatori, proprio per la non garanzia di trasparenza nei confronti della pubblica amministrazione. Ricordo ai colleghi solo questi due aspetti. Per quanto riguarda i collaudi, qui davanti a me ci sono gli elenchi. Sono numerosi, ma sono a disposizione dei colleghi, che possono valutare anche in che termini avvalersene nell'attività parlamentare. Della gravissima questione Abbatangelo, che ha posto il collega D'Amato, non ho parlato perché francamente mi sembra non ci sia alcuna responsabilità politica; lì, se c'è, si tratta di una responsabilità penale pura e semplice. Dico "mi sembra"... CARLO D'AMATO. Anch'io sono di quest'avviso, però nel momento in cui... PRESIDENTE. Ho capito. Così come per la vicenda Crispino non risultano elementi che riguardano la camorra. Poi, quando risulteranno, se ci sarà una prossima Commissione d'inchiesta... Dobbiamo attenerci ai dati di fatto che abbiamo; non possiamo andare oltre. Sulla questione del giudizio di responsabilità politica, che è stata posta da alcuni colleghi, devo dire che, tanto nella precedente relazione quanto in questa, la Commissione non esprime alcun giudizio di responsabilità politica ma dice che deve farlo il Parlamento. Mi pare sia molto opportuna la correzione proposta dal collega Biondi, che fissa alcuni principi. Vorrei dire che credo sia difficile - ritengo che Biondi sia d'accordo con me - chiedere un giudizio di responsabilità politica su chi svolge funzioni amministrative o giurisdizionali. Pag. 3347 ALFREDO BIONDI. Allora, togliamo l'attributo "politico". Mi sembra che, in ordine alla compresenza di magistrati, di altri soggetti, che insieme facevano governo dei loro poteri, si possa usare un'espressione come "analoghe valuta-zioni". PRESIDENTE. Questo rispondeva alla seconda parte dell'intervento di Casoli. Si può scrivere solo "giudizio", perché su tutto questo si deve esprimere un giudizio. ALFREDO BIONDI. Solo "giudizio" va bene. PRESIDENTE. Sulla questione politico-giudiziaria, c'è un punto di fondo, sul quale spero si possa fare una riflessione complessiva in Commissione da consegnare al Parlamento, che riguarda il tema delle Commissioni d'inchiesta. E' una questione delle Commissioni d'inchiesta, non della Commissione di indagine. Nel momento in cui si dice che queste Commissioni hanno gli stessi poteri dell'autorità giudiziaria, naturalmente viene fuori il problema. La questione è un'altra, colleghi: se di fronte ad un fenomeno che ha questa permanenza e questo radicamento ci debbano essere Commissioni d'inchiesta o altro tipo di Commissioni, perché l'inchiesta serve a segnalare un problema isolato. Il problema è se non debba esservi una Commissione parlamentare permanente non d'inchiesta, come ne esistono su altre questioni. E' un problema da valutare successivamente ma credo che, sinché si istituiscono Commissioni d'inchiesta su fenomeni che hanno costantemente una rilevanza penale, il problema della utilizzazione reciproca dei dati sarà inevitabile. Però, è un problema da valutare in seguito e se avremo tempo parleremo anche di questo. Concludendo sulle proposte di correzione, credo siano accettabili quelle dei colleghi Casoli e Biondi, nonché l'integrazione suggerita dal collega Florino sulla questione Valenzi. Chiedo di essere autorizzato, in caso di approvazione della relazione, a procedere al coordinamento formale del testo. Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito. (Così rimane stabilito). ALFREDO BIONDI. Come verrà formulata la parte relativa alla responsabilità politica, nel senso di responsabilità che deve essere valutata indipendentemente dall'attribuzione fisionomica a questo o a quel soggetto? PRESIDENTE. In premessa? ALFREDO BIONDI. Sì. PRESIDENTE. In premessa direi che nella relazione sono citati fatti specifici e nomi di persone e che in alcun caso questi riferimenti possono essere considerati come attribuzioni... ALFREDO BIONDI. Come nei film: ogni riferimento è puramente casuale! VINCENZO SORICE. Il problema che ho sollevato sta venendo alla luce in modo molto aperto... LUIGI BISCARDI. Non riapriamo il dibattito! VINCENZO SORICE. Questa è una presa in giro, perché chiedete una correzione... PRESIDENTE. Io rispondo ai gruppi e ai colleghi che hanno presentato proposte di correzione. Avete ascoltato le proposte; il collega Biondi mi ha chiesto una precisazione che ho dato. Ora, il concetto è che questi dati non possono in alcun caso essere considerati come elementi o presupposti di responsabilità penale. Questo Pag. 3348 sarà inserito. Salvo questo, non posso riaprire il dibattito. Pongo in votazione la relazione sulla camorra. (E' approvata). Ringrazio tutti i colleghi che sono intervenuti e sento il dovere di ringraziare anche gli uffici, e in particolare la dottoressa Siviero, il dottor Stevanin, la dottoressa Minervini, le signore Placidi e Tocci ed anche i commessi, che sono stati alcune notti qui a lavorare con noi. Propongo di convocare martedì 11 gennaio 1994 alle 12 l'ufficio di presidenza e alle 16,30 la Commissione per il seguito della discussione della relazione sulle aree non tradizionali. Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito. (Così rimane stabilito). La seduta termina alle 14,10.