AUDIZIONI DEL PREFETTO DI ROMA; DEL QUESTORE, DEL COMANDANTE PROVINCIALE DEI CARABINIERI E DEL COMANDANTE DEL NUCLEO CENTRALE DI POLIZIA TRIBUTARIA DELLA GUARDIA DI FINANZA; DEI RAPPRESENTANTI DELLE SEGUENTI ASSOCIAZIONI IMPRENDITORIALI DI ROMA: UNIONE INDUSTRIALI, CONFAPI, CONFCOMMERCIO, UPLA-CONFARTIGIANATO, ASSOCIAZIONE PROVINCIALE DI ROMA DELLA CNA, CONFESERCENTI, SULLA SITUAZIONE DELLA CRIMINALITA' ORGANIZZATA A ROMA PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PAOLO CABRAS INDICE pag. Audizione del prefetto di Roma: Cabras Paolo, Presidente ............ 3351, 3352, 3353, 3356 3359 Brutti Massimo ............................ 3356, 3357, 3358 Tripodi Girolamo .......................... 3354, 3355, 3356 Vitiello Sergio, Prefetto di Roma ......... 3351, 3352, 3353 3354, 3355, 3356, 3357, 3358, 3359 Audizione del questore, del comandante provinciale dei carabinieri e del comandante del nucleo centrale di polizia tributaria della Guardia di finanza: Cabras Paolo, Presidente ............ 3359, 3362, 3363, 3364 3365, 3366, 3367 3368, 3370, 3372, 3374, 3375, 3377, 3379 Brutti Massimo ................ 3360, 3361, 3362, 3374, 3375 Calvi Maurizio ...................... 3362, 3363, 3364, 3376 Pag. 3350 Colavito Michele, Comandante della Regione Lazio dell'Arma dei Carabinieri ....................................... 3368 D'Arcadia Gabriele, Comandante dello SCICO della Guardia di finanza ...................................... 3373, 3374 De Matteo Aldo ............................ 3367, 3368, 3376 Di Paolo Nino, Comandante del nucleo centrale di polizia tributaria della Guardia di Finanza ....... 3368, 3370, 3372 3379 Gallitelli Leonardo, Comandante provinciale dei Carabinieri ............. 3364, 3365, 3366, 3367, 3368, 3377 Masone Ferdinando, Questore di Roma ............. 3360, 3361 3362, 3363, 3364, 3376, 3377 Tripodi Girolamo ................................ 3360, 3361 Audizione dei rappresentanti delle seguenti associazioni imprenditoriali di Roma: Unione industriali, Confapi, Confcommercio, Upla-Confartigianato, Associazione provinciale di Roma della CNA, Confesercenti: Cabras Paolo, Presidente ............ 3380, 3381, 3382, 3384 3389 Alfonsi Vincenzo, Segretario generale della Confesercenti di Roma ................................... 3382, 3384, 3389 Del Buono Dario, Presidente della Confartigianato di Roma ............................................ 3385, 3388 Ferrara Salute Giovanni ......................... 3387, 3389 Merluzzi Gianni, Vicepresidente della Confcommercio di Roma ............................................ 3386, 3389 Ranucci Mario, Presidente della CNA di Roma ........... 3387 3389 Tini Brunetto, Presidente dell'Unione industriali di Roma ............................................ 3381, 3382 Trombetta Giorgio, Presidente della Federlazio romana .................................... 3380, 3381, 3390 Pag. 3351 La seduta comincia alle 9. (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente). Audizione del prefetto di Roma. PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del prefetto di Roma, Sergio Vitiello, che ringrazio, a nome della Commissione, per aver accolto il nostro invito. La Commissione è oggi riunita per aggiornare i dati relativi all'attività svolta dalla criminalità organizzata a Roma, nella sua provincia ed anche nel territorio regionale. Dico questo in quanto ella, essendo prefetto di Roma, svolge una funzione di coordinamento dei prefetti delle altre province per quanto concerne i problemi della sicurezza e dell'ordine pubblico. La Commissione ha già ascoltato i magistrati della procura distrettuale antimafia soffermandosi in particolare sulle attività criminali che hanno a che fare con le attività economiche e finanziarie; in particolare si è soffermata sul riciclaggio di denaro sporco e sul fenomeno dell'usura che ha registrato (credo che ci darà poi conferma di questo) una escalation. Ci siamo altresì informati sulle residue attività di gruppi criminali che fanno capo alla famosa banda della Magliana, gruppo criminale estinto in quanto tale, ma del quale hanno fatto parte alcuni soggetti i quali oggi collaborano con i magistrati. Qualcuno di costoro è stato recentemente estradato in Italia. Abbiamo riferimenti di passati rapporti con gruppi mafiosi per l'espletamento di attività illecite. Abbiamo inoltre appreso dai magistrati della procura distrettuale antimafia alcune notizie interessanti sul settore finanziario. Immagino che lei, signor prefetto, abbia predisposto una relazione che la invitiamo ad esporre; al termine del suo intervento i commissari che vorranno potranno rivolgere delle domande. SERGIO VITIELLO, Prefetto di Roma. Presidente, sono pronto a dare tutte le informazioni e anche la documentazione inerenti a ciò che si fa normalmente, e anche in modo straordinario, per capire come la mafia è presente nel territorio provinciale e regionale. Il 26 novembre scorso invitai tutti i rappresentanti delle forze dell'ordine della regione (i prefetti, i questori, nonché tutti coloro che potevano dare contributi volti alla conoscenza del fenomeno mafioso) a partecipare ad una conferenza regionale su tale tema. Emerse in linea generale che nella regione non si può parlare di una struttura tipica mafiosa, ossia che non vi è la stessa struttura esistente in Sicilia, in Calabria o altrove. Da noi non esiste un nucleo dirigente, ma vi sono determinati affiliati alla mafia i quali, operando con la complicità della malavita locale, organizzano colpi o gestiscono attività illecite. Mi riferisco in particolar modo al traffico degli stupefacenti, alla prostituzione, al gioco d'azzardo ed all'usura. Quest'ultimo fenomeno, lo saprete meglio di me, è, per così dire, la grande madre della malavita in quanto l'usura finisce in racket, in estorsione e quindi dà inizio ad un'attività criminale organizzata. Abbiamo compiuto diversi tentativi volti a combattere l'usura, ma purtroppo questo reato si nasconde facilmente; quasi sempre la vittima dell'usura non parla. Pag. 3352 Un anno prima del mio insediamento fu istituito un telefono verde per ricevere denunzie di questo tipo: purtroppo però tale strumento non è stato mai utilizzato. Ciò non vuol dire che l'usura non esista: essa c'è come c'è il gioco d'azzardo, altra attività pericolosa in quanto permette il riciclaggio di denaro sporco. Esiste inoltre l'allibramento clandestino, sulle corse di cavalli, attività che da tempo allignano nei bassi strati della delinquenza romana che ha dei nuclei organizzati, ma che in sé e per sé non rappresenta un eccessivo pericolo, tranne non venga eccitata da questi mafiosi i quali organizzano determinate attività che non hanno però il loro centro a Roma. Si tratta di terminali di organizzazioni centrali che esistono in altre zone d'Italia, normalmente in Sicilia. Per esempio, l'attività terroristica registrata lo scorso anno (parlo degli attentati di via Fauro e di San Giorgio al Velabro) pare sia imputabile ad un clan di corleonesi, alcuni esponenti dei quali vivono nei comuni vicino Roma. A volte la mafia può organizzare attentati di questo tipo per fini destabilizzanti. PRESIDENTE. In quali comuni risiedono questi individui riconducibili al clan dei corleonesi? SERGIO VITIELLO, Prefetto di Roma. In verità la questura non me lo dice, specifica solo che costoro risiedono in comuni limitrofi alla capitale; probabilmente il questore, che ascolterete dopo di me, potrà darvi informazioni al riguardo. Comunque nella relazione che consegnerò alla Commissione sono contenuti i nominativi. PRESIDENTE. Signor prefetto, lei poc'anzi ha parlato di allibramento clandestino: vi sono presenze camorristiche in questo settore? Noi sappiamo che Zaza e Nuvoletta erano interessati alle attività connesse agli ippodromi. SERGIO VITIELLO, Prefetto di Roma. Risulta che questa specialità è gestita dalla camorra. Qualche presenza più costante, più stanziale si verifica nei comuni del litorale pontino e in quelli confinanti con la Campania, del frusinate e del cassinate. Soprattutto nel litorale pontino, nei comuni di Pomezia e di Ardea, vi è qualche attività tenuta costantemente sotto controllo. Durante le riunioni del comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica rivolgo sempre raccomandazioni in questo senso. Ricordo che in quella zona vi è un consistente abusivismo edilizio che non si riesce a debellare; spesso le abitazioni sono costruite di notte, tra il sabato e la domenica, per cui fino ad ora non si è potuto far niente. Insisto molto presso i sindaci perché reprimano questo fenomeno dal momento che sono loro a doversi muovere: dal canto nostro possiamo controllare il territorio e fermare queste persone mentre costruiscono l'edificio, ma quando la costruzione è già iniziata, o addirittura è in fase di ultimazione, è il sindaco che deve intervenire, ma non sempre interviene in quanto a volte può essere intimidito o non è pronto a muoversi. Si tratta tuttavia di un fenomeno che deve essere eliminato attraverso una fase di rientro nella legalità. Ricordo che l'abusivismo assume varie forme: vi è quello commerciale, quello imprenditoriale, quello edilizio che, ripeto, è difficile da debellare in quanto a volte si tratta di demolire case occupate e non sappiamo dove mandare le persone che vi abitano. Gli interventi possono essere quindi fatti solo quando la costruzione è in atto. Recentemente con il sindaco Rutelli abbiamo deciso di fare delle ispezioni con gli elicotteri della polizia per vedere dall'alto dove si estende l'abusivismo. Del resto i vigili urbani da soli non riescono a fronteggiare il fenomeno, per cui ho chiesto all'Arma dei carabinieri, presente in tutto il territorio provinciale, di vigilare e di reprimere. Anche grazie a questa attività, infatti, la mafia cerca di riciclare il denaro sporco. Tale organizzazione è come una grande industria che diversifica la sua attività commerciale a seconda della zona in cui opera ed è abilissima ad adattare i suoi mezzi agli ambienti che Pag. 3353 trova. Pare confermato (me lo riferiscono sia la questura, sia la Guardia di finanza, sia i carabinieri) che la mafia intenda tenere la zona di Roma tranquilla, in quanto essendo la città di grande risonanza, teme che qualsiasi cosa di eclatante sia fatto possa inasprire la reazione, danneggiando quindi le sue molteplici attività. Questo è il motivo per il quale Roma è una zona di media tensione mafiosa. PRESIDENTE. Recentemente vi sono state operazioni di particolare rilievo nel perseguimento del reato di usura. Mi sembra che i carabinieri abbiano scoperto un gruppo di usurai che operava nella zona dell'EUR. SERGIO VITIELLO, Prefetto di Roma. E' vero. PRESIDENTE. I collegamenti erano con gruppi camorristici o con gruppi collegati alla 'ndrangheta o alla mafia? SERGIO VITIELLO, Prefetto di Roma. Non lo ricordo. Ho qui le relazioni che mi feci fare dal questore, dai carabinieri e dalla Guardia di finanza in attesa della conferenza regionale del 26 novembre (sono quindi del 10-15 novembre dell'anno scorso, cioè recentissime). C'è un po' di tutto: i nomi, le cellule mafiose che ci sono e che vengono controllate. La finanza sta compiendo indagini molto approfondite su questa mafia imprenditoriale, che ormai si è così trasformata: l'attività mafiosa di un tempo non esiste più, lo sappiamo tutti. Ho chiesto - ed ho mandato anche delle direttive - ai prefetti della regione che perseguano soprattutto i controlli sulle società finanziarie, sulle imprese mafiose. E' facile comprare le imprese decotte: prima si strozzano attraverso l'usura, si fanno fallire e poi si comprano. PRESIDENTE. Questo è un argomento di grande interesse per la nostra indagine. Da una parte c'è l'attività di riciclaggio, che si serve di società finanziarie, di intermediazione, a volte utilizza anche circuiti bancari; per esempio, ci sono sospetti su istituti creditizi come la Cassa di risparmio di Rieti, di cui si è parlato anche in questi ultimi tempi, e che sembra sia servita ad attività illecite (riciclaggio, oltre che erogazione non motivata e non giustificata di fidi a persone sospette di far parte di organizzazioni criminali). Ci interessa poi sapere se risulti nell'ambito romano la presenza di imprese sospette di essere di mafia, di 'ndrangheta, di camorra, di essere cioè imprese della criminalità organizzata (attività edilizie, esercizi commerciali). Ci sono soltanto sospetti o c'è qualcosa di più, cioè elementi precisi? SERGIO VITIELLO, Prefetto di Roma. Io ho avuto notizia durante la mia permanenza a Roma (circa nove mesi) solo di un'impresa di trasporto di cementi (betoniere) che - mi pare a Pomezia - ha lamentato una certa infiltrazione, camorristica soprattutto. Ma abbiamo subito messo loro gli occhi addosso: pare che il fenomeno poi si sia molto ridimensionato. Vi sono senz'altro altre imprese che possono essere state oggetto di riciclaggio di denaro sporco, ma sono in corso accertamenti per risalire alle fonti dei finanziamenti e la Guardia di finanza dice che sono lunghissimi. PRESIDENTE. Cosa può dire sull'impresa dei fratelli Alvaro ad Aprilia? Sono elementi calabresi legati alla 'ndrangheta. Avevano un'impresa che lavorava con la SIP. SERGIO VITIELLO, Prefetto di Romaà. La Guardia di finanza ha fatto questa ipotesi, come risulta nella relazione che ho con me. Vorrei soltanto aggiungere che la Guardia di finanza impiega molto tempo perché - così sostiene - spesso questi fatti hanno intrecci internazionali. Pag. 3354 GIROLAMO TRIPODI. Signor prefetto, lei ha detto che a Roma non c'è una struttura di organizzazione criminale uguale a quella esistente in altre regioni del Mezzogiorno (Sicilia, Calabria, Campania, Puglia). Però ha indicato attività criminali che si svolgono nella zona e che comprendono gli stessi obiettivi: l'attività illecita si svolge cioè in termini tipicamente mafiosi (lei ha parlato di usura, di traffici di stupefacenti e così via). Il presidente ha già anticipato una domanda circa una questione della quale mi sono occupato anch'io personalmente, quella degli Alvaro di Palmi: recentemente uno di loro è stato arrestato (non ricordo precisamente se a Pomezia o ad Aprilia) dopo una lunga attività illecita nel corso della quale era stato posto in essere anche un certo tipo di sfruttamento nei confronti dei lavoratori, tanto da provocare la reazione e l'opposizione dei sindacati, i quali hanno finalmente imposto che l'impresa fosse definitivamente smascherata. Essa operava in Calabria, come impresa di fiducia della SIP, poi si era estesa. Non so se in proposito lei abbia notizie precise su altre imprese: ricollegandomi a quanto ha detto il senatore Cabras, vorrei chiedere se vi siano molti trasferimenti di imprese dal sud verso la zona di Roma; parlo di imprese di carattere mafioso o comunque in odore di mafia. A noi risulta che i trasferimenti siano molti e vorremmo sapere se lei ha qualche notizia su una questione così importante. Con un sistema del genere, infatti, si instaura la tendenza ad imporre una egomenia sul territorio e sull'economia della zona (l'obiettivo è proprio questo). Inoltre, poiché lei ha parlato di edilizia abusiva, noi vorremmo sapere chi lottizzi i terreni: sono gli stessi proprietari oppure - come accade spesso in altre zone - sono acquistati dai mafiosi che poi li lottizzano abusivamente? Avendo costoro pagato il terreno molto poco, si registra da parte del singolo cittadino una certa convenienza per il basso prezzo; così si arriva a realizzare le costruzioni - come lei ha detto - abusivamente e magari di notte. Per inciso, anche se è vero che il controllo è di competenza dei comuni, certamente i carabinieri, la polizia e la Guardia di finanza in presenza di un'attività di edificazione dovrebbero verificare la regolarità della concessione edilizia, se cioè la costruzione rientra nelle norme di legge. Un altro problema: oltre agli affari illeciti nella zona di Roma, fra le attività delittuose si registrano casi di attentati estorsivi nei confronti di cittadini. E' un altro settore nel quale opera la mafia: prima l'attentato intimidatorio e poi la richiesta di mazzette e di tangenti. Vorremmo avere da lei un quadro su queste attività. Vorremmo inoltre sapere se risultino subappalti nella zona e se una parte di essi sia nelle mani di ambienti criminali mafiosi. Poiché gli ambienti mafiosi si muovono in questa direzione, vorremmo sapere se da parte vostra vi è stato un interessamento a questo genere di attività. Infine, per quanto concerne il problema degli appalti - in particolare nel settore edilizio - vorrei sapere se alcuni vostri interventi abbiano portato alla luce casi degni di nota. E' vero che a Roma per fortuna non vi sono tendenze di un certo tipo, ma si registra comunque una presenza criminale, anche nel settore commerciale. In altre zone, poi, in quelle agricole più floride dell'agro romano - per esempio Latina -, vi sono collegamenti fra le produzioni agricole e le cosche criminali di altre località; in altre parole si verifica un intreccio di affari tra insediamenti di criminalità organizzata del luogo e gruppi criminali provenienti dall'esterno. Non so se lei ci possa dare notizie in proposito, ma in ogni caso questi potrebbero essere considerati suggerimenti per un più approfondito intervento in questo campo. SERGIO VITIELLO, Prefetto di Roma. E' un problema che comunque riguarda in particolare i prefetti delle rispettive zone, Pag. 3355 perché non posso intervenire escludendo il prefetto o il questore del luogo. GIROLAMO TRIPODI. Certamente. SERGIO VITIELLO, Prefetto di Roma. Vorrei comunque fare una precisazione: secondo me, una cosa è la mafia, altra cosa è il metodo mafioso. Non è escluso che qui si utilizzino metodi mafiosi, ma di per se stessi questi non giustificano la presenza della mafia; sono metodi, appunto. Altra cosa, invece - a mio parere, per lo meno (ma ne so meno di voi) -, è la tipica organizzazione mafiosa. Qui non ci sono omicidi mafiosi, né diretti né per vendette trasversali. Ecco perché non c'è un'organizzazione di quel tipo. Ci sono però crimini che si commettono con metodi mafiosi: possono essere organizzati sia da mafiosi sia da esponenti della malavita locale (spesso, anzi, è così). Per quanto riguarda la presenza di imprese che possano essere state toccate dal fenomeno mafioso o che possano addirittura formare patrimonio imprenditoriale della mafia, io non posso dare una risposta. Potete chiederlo al questore o alla Guardia di finanza, che in proposito hanno competenze precise. Io so che ci sono indagini in tal senso. Bisogna anche dire che spesso si tratta di indagini giudiziarie e che di esse noi prefetti siamo tenuti totalmente all'oscuro. Non è la prima volta che io protesto per questo: come può il prefetto esercitare un'attività di prevenzione se non sa quali siano i campi oggetto di indagine e di attenzione da parte della magistratura? Si afferma che esiste il segreto istruttorio: ma quando si parla con il prefetto non si viola il segreto istruttorio; semplicemente lo si mette nelle condizioni di mirare l'attività di prevenzione a lui spettante. Non si può parlare di coordinamento di forze di polizia senza il coordinamento fra i poteri dello Stato: in questo caso manca proprio il coordinamento fra i poteri dello Stato. Spesso in province più piccole vi è un rapporto personale fra il prefetto ed il procuratore della Repubblica, per cui qualcosa viene detto o viene fatto capire (mai formalmente...); nelle città più grandi - come a Roma o in altre nelle quali sono stato - questo rapporto manca completamente: il prefetto è tenuto all'oscuro di tutta l'attività di indagine che fa capo alla magistratura, per cui viene messo al corrente dei fatti quando essi sono già oggetto di precise imputazioni. Ricordo che all'epoca in cui ero prefetto a Firenze si diceva che in quella città non vi era una presenza mafiosa. Ad un certo momento a Prato venne fuori che invece una presenza di questo tipo esisteva: io me la presi a morte con la Guardia di finanza, la quale soltanto la sera prima, per educazione, mi aveva comunicato che il giorno successivo avrebbe eseguito alcuni arresti. Se avessi saputo per tempo dell'esistenza di una tendenza mafiosa a Prato, avrei potuto organizzare le cose meglio, in modo da sorvegliare, da controllare, da intervenire al momento opportuno. Credo che a questo problema non si possa porre rimedio, perché l'attività di polizia giudiziaria è segreta. Io sono però dell'opinione - anzi, sono fermamente convinto - che il prefetto debba essere al corrente di questi fatti: altrimenti non può coordinare le forze di polizia in modo efficace, orientato a certi fini. Per quanto riguarda le imprese oggetto di attenzione o addirittura di proprietà mafiosa, sono in corso indagini di alto livello e di grande portata ad opera della Guardia di finanza. Di maggiori elementi potrei non disporre per il fatto che potrei non essere stato messo al corrente: credo che al riguardo potranno rispondere meglio i vertici delle forze di polizia. Peraltro, io sono uno che le cose le sa, perché fortunatamente il questore è bravissimo e molto competente, così come assai disponibile è il colonnello dei carabinieri ed attivissima la Guardia di finanza. Ma a volte neanche loro, neanche i capi di queste forze di polizia sanno di che cosa si sta occupando in un certo momento la magistratura in relazione a determinati fatti. Pag. 3356 Per quanto riguarda la presenza di imprese che possano suggerire il fondato sospetto di svolgere attività mafiosa, abbiamo avuto il caso di Civitavecchia: il Consorzio autonomo del porto ha dato in appalto - pare a trattativa privata - una concessione per la costruzione del molo. Ho inviato sul posto, ai sensi della legge più recente, una commissione ispettiva formata da un magistrato, da un funzionario della regione e da un funzionario del Ministero dei lavori pubblici, i quali mi hanno riferito che effettivamente non vi era stata licitazione privata, non vi era stato niente, mentre invece avrebbe dovuto esservi. Ho inviato tutti gli atti alla DIA, al Ministero dei lavori pubblici. MASSIMO BRUTTI. A chi sono andati i lavori? SERGIO VITIELLO, Prefetto di Roma. Ad un consorzio di cui non ricordo il nome. MASSIMO BRUTTI. Per caso sa se vi era anche un'impresa catanese? SERGIO VITIELLO, Prefetto di Roma. Non so se fosse catanese o no. PRESIDENTE. Vi erano anche imprese di livello nazionale oltre ad imprese minori. SERGIO VITIELLO, Prefetto di Roma. Forse c'era la Cogefar, non lo so. PRESIDENTE. Sì, tra le imprese di rilevanza nazionale vi era anche la Cogefar. MASSIMO BRUTTI. La Commissione se ne è occupata nella passata legislatura? PRESIDENTE. No, in questa legislatura. Avevamo raccolto una denuncia dei sindacati e della Lega ambiente ed abbiamo chiesto gli atti del consorzio, interessando anche il Ministero competente, che ci ha risposto inviandoci una relazione. Quindi, disponiamo di una documentazione. Tuttavia, evidentemente il prefetto allude ad una successiva fase di intervento e di indagine, in quanto ha fatto presente di aver inoltrato questo materiale alla DIA. SERGIO VITIELLO, Prefetto di Roma. Non solo, ma ho nominato anche una commissione di indagine su questo. PRESIDENTE. Quindi, vi è già una fase ulteriore che risponde anche alle preoccupazioni che ci avevano mossi in sede di intervento sulla vicenda del consorzio del porto di Civitavecchia. SERGIO VITIELLO, Prefetto di Roma. Voglio dire che, quando si sa qualcosa, si interviene, ma bisogna saperla, non si può intervenire alla cieca verificando impresa per impresa quali capitali vengano utilizzati, perché questo sarebbe fantascienza. Comunque, se vi sono indicazioni, si interviene; questo è poco ma sicuro. Non ricordo quale altra domanda mi abbia rivolto l'onorevole Tripodi. PRESIDENTE. Le ha chiesto se abbia notizia di trasferimenti di imprese o di passaggi di proprietà, per essere esatti. SERGIO VITIELLO, Prefetto di Roma. Potrebbero esservi questi trasferimenti, ma è un'indagine che dovrebbe essere compiuta a tappeto ed io non ho questo compito. PRESIDENTE. Le è stato chiesto se per caso si sia verificato un episodio più rilevante degli altri a sua conoscenza. SERGIO VITIELLO, Prefetto di Roma. No, francamente non mi risulta. GIROLAMO TRIPODI. Signor prefetto, lei ha ragione quando fa presente di non essere l'autorità inquirente, è chiaro; tuttavia, il prefetto organizza il proprio lavoro ed a lui spetta una serie di compiti riguardanti l'ordine pubblico. Al questore spettano determinati compiti operativi, Pag. 3357 mentre il prefetto coordina questo lavoro, almeno per quanto riguarda le linee di carattere generale. Non pensa che sarebbe opportuno, poiché è cosciente della gravità della situazione, anche se non siamo ai livelli di altre province, che lei si ponesse l'esigenza di stabilire in qualche modo un punto di osservazione, magari istituendo un ufficio che si occupi dell'individuazione di tutti i fenomeni che possono collocarsi all'interno dell'attività illecita della criminalità organizzata? Ciò costituirebbe un aiuto a lei per acquisire conoscenza dei processi che in questo campo vanno avanti, anche molto impetuosamente. Infatti, se gli attentati di Roma, pur non avendo ancora una matrice definita, trovano origine in decisioni di carattere mafioso, è evidente che a Roma debbono esservi le basi. E' evidente che, se non vi è qualcuno sul posto, se non c'è la base, la mafia non può effettuare un attentato clamoroso come quello compiuto a Roma. Ecco il motivo per il quale è giusto che, oltre all'attività inquirente e di repressione, ve ne sia anche una di prevenzione, anche come aiuto ed indirizzo per il prefetto che si muove nell'ambito dell'attenzione e dell'impegno che a questi fenomeni debbono essere riservati. Del resto, il prefetto può convocare il questore ed il comandante dei carabinieri per acquisire notizie. Inoltre, esiste il comitato per l'ordine pubblico, che non so se venga riunito e con quale cadenza. SERGIO VITIELLO, Prefetto di Roma. Riunisco tale comitato una volta alla settimana, il martedì mattina (domani, infatti, è prevista una riunione) e talvolta anche durante la settimana. Dispongo di un ufficio dell'ordine e della sicurezza pubblica che raccoglie i dati e gli elementi che ci vengono comunicati dalle forze dell'ordine, che sono in un certo senso le mie orecchie, visto che io non dispongo di personale che possa girare per verificare come vadano le cose. Noi recepiamo queste notizie ed ovviamente cerchiamo di valutare dove sia necessario fare qualche cosa in più e dove a volte si debba fare qualcosa in meno, oltre che verificare come equilibrare meglio le indagini e le operazioni di polizia necessarie. Disponiamo di questo ufficio - l'onorevole Tripodi può stare tranquillo - e tutta la documentazione che ho portato con me proviene da questo ufficio che segue le cose, raccoglie informazioni ed alimenta l'attività del comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica. Per esempio, pur non sapendo che oggi avremmo parlato di usura, la riunione di martedì 18 gennaio sarà dedicata proprio all'usura e verranno convocati nuovamente i commercianti che già una volta abbiamo ascoltato. In quell'occasione essi dissero che, tutto sommato, non vi era questa preoccupazione, che in effetti vi sono dei casi di usura ma che non è un'attività preoccupante. Analogamente definirono non preoccupante l'attività delle estorsioni, di cui l'onorevole Tripodi ha prima parlato e che costituiscono un reato gravissimo che rappresenta uno dei segnali della presenza della mafia. Però a Roma non ve ne sono, non vi sono stati che pochi, pochissimi casi - si possono contare sulle dita di una mano o, al massimo, di due - di incendi dolosi o di bombe in qualche negozio, ma sono casi davvero rari, di cui credo non abbiate sentito parlare neanche voi (e dai giornali simili cose si saprebbero). Quindi, l'attività estorsiva intesa nel vero senso della parola, a Roma non è diffusa; non escludo che vi sia ma, se vi è, essa ha proporzioni fisiologiche. MASSIMO BRUTTI. Vorrei porre al prefetto di Roma alcune questioni specifiche. In primo luogo, la banda della Magliana ha subito, come sappiamo, negli anni passati numerosi colpi. Vorrei chiedere se al prefetto risultino l'esistenza di un centro che è in continuità con la banda della Magliana, l'attività di persone che ad essa erano legate e da essa provengono e la presenza di metodi organizzativi che possano farci pensare ad una continuità di questa struttura criminale a Roma. Sappiamo che si tratta di una struttura criminale assai complessa e Pag. 3358 che ha avuto rapporti con settori degli apparati dello Stato. A questo proposito, vorrei chiedere al prefetto se risulti nulla in ordine ad un'attenzione particolare delle forze dell'ordine e dell'attività di polizia sui rapporti di Gelli con ambienti romani, di criminalità romana; sui rapporti di Carboni con il mondo dell'usura; sulle attuali attività economiche di Francesco Pazienza. Insomma, l'impressione che abbiamo ricavato anche in sede di indagini svolte sulla camorra, in particolare su un episodio rilevante della storia della camorra qual è stato quello dell'omicidio Casillo perpetrato a Roma, nonché l'impressione che abbiamo ricavato da quanto ci ha detto un collaboratore di giustizia come Galasso è che a Roma non vi è soltanto un'attività criminale particolarmente sviluppata e virulenta (credo risulti anche a lei la presenza di organizzazioni locali che ormai controllano il traffico di droga in rapporto con le grandi organizzazioni esterne), ma anche qualcosa di più: un rapporto tra questi ambienti criminali e settori forti delle istituzioni, degli apparati dello Stato, dei servizi di informazione e sicurezza; la peculiarità della criminalità romana sta proprio nel fatto che, trovandosi a Roma, ciò le consente di stabilire rapporti con settori delle istituzioni. Su tutto questo esiste una prospettiva di indagine, vi è un'attenzione delle forze di polizia, si svolgono attività di prevenzione? Vorrei che il prefetto, anche senza scendere in particolari, ci desse il polso di questa prospettiva di indagine possibile, se vi è. SERGIO VITIELLO, Prefetto di Roma. La banda della Magliana viene frequentissimamente rievocata nei rapporti che mi presenta il questore e nei nostri stessi interventi svolti presso il comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica. Con il termine banda della Magliana (di cui si è allargato molto il senso) si indica ormai tutto ciò che è organizzato a Roma a livello di malavita. La questura ed i carabinieri hanno compiuto in questa direzione interventi davvero importantissimi, tant'è vero che essi considerano in gran parte decimata la banda della Magliana. Ciò non toglie che si continuino a chiamare banda della Magliana fenomeni che non sono riferibili a quel tipo di organizzazione criminale, la quale forse è ancora presente, perché la malavita organizzata vi è sempre a Roma, come dovunque, anche con qualche connessione con elementi mafiosi, certamente: l'abbiamo detto prima, non è che la mafia sia assente a Roma, è presente, anche se Roma non è una base importante della mafia così come normalmente si intende, forse soprattutto per quei legami con ambienti politici. Ecco perché, secondo la mia opinione, la mafia ha interesse a mantenere Roma come una sorta di isola a sé stante, proprio perché i contatti possono essere tenuti senza troppo chiasso, senza attirare attenzioni troppo violente che potrebbero danneggiare i piani elaborati forse ancora a livello centrale. Possibilità di contatti con Gelli? Non lo so, potrebbero esservi ma, se vi fossero, non ne sarei a conoscenza per i motivi che ho detto prima, in quanto fanno parte di indagini condotte da altri organi e di cui regolarmente non vengo informato. I rapporti tra mafia e politica si sono sempre saputi, ma io non li ho visti; possono continuare ad esservi, certamente, ma anche questo, purtroppo, non rientra nelle mie possibilità di indagine. Non credo neppure che possano saperne nulla la questura o i carabinieri; si tratta di cose che bisogna chiedere a livello DIA o DNA. Comunque, ne sento parlare come ne sentite parlare voi e non ho fonti di cognizione diverse. Quindi, non è che possa orientare accertamenti in questa direzione. Vi è il SISDE, vi sono vari organismi deputati a questo. MASSIMO BRUTTI. Glielo raccomando il SISDE... SERGIO VITIELLO, Prefetto di Roma. In teoria almeno dovrebbe occuparsene, Pag. 3359 in quanto fa parte degli organi preposti alla difesa dell'ordine democratico. Comunque, è chiaro che, se io o un organo informativo venissimo a conoscenza di qualcosa, senz'altro sapremmo come muoverci. Però, non mi risulta che vi siano contatti tra attività mafiose, massoneria e politica; non risulta dalle cose che noi facciamo, cose che sono ad un livello locale di tenuta dell'ordine e della sicurezza pubblica. PRESIDENTE. Signor prefetto, nel ringraziarla la pregherei di lasciare alla Commissione la documentazione che ha portato con sé. SERGIO VITIELLO, Prefetto di Roma. Senz'altro. Vorrei anche informare che ci stiamo occupando di mafia cinese, che è presente a Roma e che ha anch'essa centri direzionali lontani dall'Italia, sembra Parigi o comunque qualche centro della Francia. PRESIDENTE. La sua attività è finalizzata al traffico di stupefacenti? SERGIO VITIELLO, Prefetto di Roma. Sì, al traffico di stupefacenti e soprattutto al lavoro nero. Il settore della ristorazione è un' attività dietro cui si nascondono traffici illeciti di ogni genere. PRESIDENTE. In effetti, la mafia cinese è presente a Roma nel settore della ristorazione in modo evidente. Grazie. Audizione del questore, del comandante provinciale dei carabinieri e del comandante del nucleo centrale di polizia tributaria della Guardia di finanza. PRESIDENTE. A nome dei colleghi della Commissione vi ringrazio per aver accolto il nostro invito. Noi stiamo aggiornando le nostre conoscenze sul tema della presenza della criminalità e dei modi in cui la criminalità organizzata è presente nella realtà romana ed anche, in proiezione, nella realtà regionale. Aggiorniamo pertanto le conoscenze che già dettero luogo nella passata legislatura ad una relazione della Commissione antimafia. Abbiamo ascoltato questa mattina il prefetto e in una passata riunione della Commissione abbiamo ascoltato i magistrati della procura distrettuale antimafia. Siamo particolarmente interessati agli aspetti più rilevanti della presenza della criminalità organizzata a Roma; sappiamo benissimo che non è tanto una presenza di insediamento e di occupazione del territorio quanto, bensì, di attività illecite per le quali forse Roma offre una sede ed un'occasione privilegiata anche come luogo di scambio e di incontro, come punto di snodo di relazioni. Sappiamo che la criminalità organizzata ormai ha un livello, uno spessore di interessi che rendono necessario anche questo tipo di contatti. In particolare ci interessano gli elementi che riguardano le attività di riciclaggio, le attività finanziarie, l'usura, i passaggi di proprietà di imprese industriali e commerciali. Del resto loro sanno benissimo che l'opinione pubblica ha preso nota, tardivamente, della presenza di interessi mafiosi a Roma quando si è indagato a fondo sull'attività della banda della Magliana, che è apparsa come uno dei centri di scambio tra mafia, criminalità organizzata, criminalità economica, addirittura gruppi eversivi di destra ed anche personaggi di spicco dell'establishment criminale, da Gelli a Carboni. Siccome credo che anche recenti indagini abbiano dimostrato che vi è ancora qualche persistenza, qualche traccia di questa presenza, di questi interessi che dettero vita a quelle intese malavitose e a quei reati anche di natura economica e finanziaria, siamo particolarmente interessati a sapere quanto potete dire in materia. L'udienza è pubblica, a meno che voi o nell'esporre o nel rispondere a quesiti dei commissari non richiediate la segretazione delle vostre dichiarazioni. In tal Pag. 3360 caso i colleghi ed io non abbiamo alcuna difficoltà a rendere la seduta segreta. FERDINANDO MASONE, Questore di Roma. Signor presidente, grazie per l'invito e per avere la pazienza di ascoltarmi e di ascoltarci. Il quadro già delineato da lei, signor presidente, è pienamente rispondente a quella che è la situazione attuale a Roma. Noi non parliamo di insediamenti mafiosi a Roma, che in effetti non ci sono mai stati, ma propaggini, possibilità di agganci vi sono stati in passato e pensiamo vi siano tuttora. Come? Intanto attraverso gli accoliti della banda della Magliana, di quella che considero l'ex banda della Magliana, perché ha subito dei durissimi colpi e perché, da quando è sorta, cioè da quando alla fine degli anni settanta facemmo un elenco dei nominativi, enucleando 70 nomi di persone nei confronti delle quali dovevamo impostare indagini personalizzate, piuttosto che partire dai fenomeni delinquenziali che si verificavano, da allora, in effetti, non è che tale banda abbia più avuto tanti segreti per noi. L'ultima operazione risale all'aprile del 1993, si trattava della cosiddetta "operazione Colosseo", nel corso della quale 70-80 persone vennero colpite da provvedimenti cautelari e la maggior parte di esse furono assicurate alla giustizia. Possiamo quindi parlare di "ex", il che non significa che non esista più. Non è che improvvisamente tutti gli accoliti, le persone che facevano parte dell'organizzazione - che è stata l'unica vera organizzazione romana di tipo mafioso in senso vero, vale a dire piramidale, con un capo e con le varie diramazioni -, anche se separate tra di loro, siano diventati delle persone perbene; vivono di delitto, magari di delitti più sofisticati e hanno trovato delle aggregazioni a questo punto non più gerarchiche. Mi sembra si stia delineando - ma stiamo cercando di chiarire bene quanto avviene - un'organizzazione di tipo camorristico, così come è stato delineato nella vostra relazione sulla camorra. Si tratta, infatti, di piccoli gruppi composti da 10-15 persone che non hanno assolutamente il controllo del territorio - perché a Roma non esiste controllo del territorio da parte delle organizzazioni - ma si riuniscono in gruppi ed agiscono all'interno del gruppo nei vari traffici. Abbiamo enucleato qualcosa come 12 gruppi... MASSIMO BRUTTI. Sono localizzati in alcune parti della città? FERDINANDO MASONE, Questore di Roma. Non necessariamente, non sono collegati al territorio né interferiscono sul territorio. In pratica, poiché i loro interessi non sono quelli dell'estorsione, perché qui il fenomeno non esiste, è marginale - l'estorsione in senso tipico, tecnico, sui negozi, quella che si estrinseca, ad esempio, nella richiesta al negoziante di un certo quantitativo di soldi in base al numero delle vetrine, non esiste - non vi è la possibilità di scontrarsi sul territorio. Esistono invece questi gruppi che sono dediti alla gestione del gioco d'azzardo ... GIROLAMO TRIPODI. Gruppi o cosche? FERDINANDO MASONE, Questore di Roma. Io non parlerei di cosche perché intanto il numero limitato delle persone che noi abbiamo finora individuato non può far pensare ad una cosca di tipo mafioso con un capo che gerarchicamente è la cointeressenza; sono piuttosto gruppi residuati dalla banda della Magliana che trovano opportuno riunirsi per gestire un determinato traffico, ad esempio, il gioco d'azzardo, che è sempre lucroso, soprattutto per quanto riguarda i video giochi eccetera, anche perché i rischi sono minimi e l'investigazione è particolarmente difficile. Infatti, fino a quando non si riesce a stabilire che vi è una mente comune, una matrice comune e che quindi è un'associazione a gestire il gioco, anche l'intervento repressivo appare impossibile. In altre parole, si colpisce il singolo circolo, la singola bisca, la singola Pag. 3361 casa da gioco ma, fino a quando non si ha la prova - ed è difficilissimo trovarla - di una gestione comune, è arduo intervenire in maniera decisa dal punto di vista giudiziario e quindi repressivo. Questi gruppi, che abbiamo individuato informando le autorità giudiziarie competenti per i singoli casi, sono residuati della banda della Magliana. Non esiste una gerarchia precisa perché sono nomi di persone che hanno ognuno un proprio spessore; quindi non la vedo assolutamente come una cosca, perché la cosca è ben altra cosa: la cosca ha senz'altro una gerarchia all'interno e all'esterno; qui ancora non le vedo. MASSIMO BRUTTI. Nelle cosche c'è una struttura "familista", qui no. FERDINANDO MASONE, Questore di Roma. Esatto. Lo ripeto, i connotati della cosca sono la gerarchia interna e la gerarchia esterna; ebbene, noi non vediamo la gerarchia esterna. Quanto sto dicendo può essere sostenuto in modo chiaro con la sicurezza di essere nel vero perché noi abbiamo avuto dei pentiti che sono ancora attivi in questo senso e stanno rendendo dichiarazioni ai magistrati. Ve ne sono due che erano proprio un capo e l'altro nei vertici della vecchia organizzazione della banda della Magliana; vi sono personaggi importanti che sono stati colpiti in seguito a tali dichiarazioni. Quindi, il quadro che ho tracciato non è solamente ipotetico, ma è basato anche su dichiarazioni che vengono dall'interno dell'organizzazione, dichiarazioni anche formalizzate e non solo confidenziali che potevano giungere a noi. In effetti su Roma - e tale elemento è importante - il carattere omertoso diffuso non esiste. Questo è un altro elemento che ci fa ritenere che dal punto di vista dell'organizzazione criminale mafiosa non ci siamo, perché il suo connotato principale è l'omertà. Che su questi gruppi, su queste "miniorganizzazioni" possano trovare puntelli, agganci le organizzazioni mafiose vere e proprie questo è un dato anch'esso certo, perché come vi era Calò, così vi sarà un suo successore, qualcun altro. D'altra parte noi abbiamo avuto a Roma in soggiorno obbligato Leoluca Bagarella e Giuseppe Madonia. La nostra indagine è incentrata sugli ambienti che ruotavano intorno a questi. GIROLAMO TRIPODI. A Roma si sono registrati due episodi che hanno suscitato clamore: l'assassinio - verificatosi molto tempo fa - di un capo mafia calabrese della zona ionica-reggina, Totonno D'Agostino, e un blitz eseguito dalle forze di polizia, mi pare al Fungo, durante una riunione di alcuni esponenti di alto livello della mafia, della 'ndrangheta e di Cosa nostra (forse c'era anche Piromalli). Non si trattava di una semplice riunione, ma di qualcosa di più, dell'organizzazione di attività illecite, di contatti e di rapporti. Questo tipo di presenza aveva addentellati con settori della pubblica amministrazione? FERDINANDO MASONE, Questore di Roma. Ricordo benissimo il caso di D'Agostino; se non sbaglio il magistrato che all'epoca si occupava del caso era l'onorevole Imposimato, attuale componente della Commissione antimafia. Rammento l'episodio per averlo vissuto, così come ricordo benissimo la riunione del Fungo; tuttavia - ripeto - le manifestazioni e le riunioni che si svolgevano in quel periodo erano connesse strettamente al sorgere ed al solidificarsi dell'organizzazione criminosa per eccellenza nata su Roma. In quel periodo i collegamenti con la banda della Magliana, che appariva sempre più forte, erano facili e redditizi. Dieci anni dopo, se Calò è inserito, o per lo meno protetto da personaggi della banda della Magliana, è perché si è trovato in tale organizzazione un punto fermo di riferimento. Non escludo che Roma sia anche adesso un punto di incontro. Il presidente poco fa accennava a Roma quale punto di snodo importante, con possibilità di incontro: è tutto verissimo e su questo siamo particolarmente Pag. 3362 attenti. Diciamo che stiamo tornando indietro per andare avanti. Sono convinto però che tutti i personaggi che hanno dimostrato tanta pericolosità non siano finiti. Abbiamo delineato i vari gruppi, che più o meno possono interagire tra loro, per configurare il programma di lavoro che stiamo portando avanti giorno per giorno. I punti di riferimento come il luogo dove è stato Bagarella per noi attualmente costituiscono un centro di investigazione. MASSIMO BRUTTI. Un collaboratore di giustizia da noi sentito ha parlato della zona della Nomentana quale luogo di incontro. Bagarella arbitrava i contrasti tra le varie organizzazioni mafiose. FERDINANDO MASONE, Questore di Roma. Può essere. D'altra parte era in soggiorno obbligato a Monterotondo, proprio sulla via Nomentana. PRESIDENTE. Quali sono le attività illecite dei dodici gruppi criminali individuati? Esiste solo il traffico di stupefacenti o vi è una pluralità di attività? FERDINANDO MASONE, Questore di Roma. Mi pare sia già stato messo in risalto dinanzi a questa Commissione, che ne ha preso atto, che dobbiamo stare attenti al gioco d'azzardo. Sembra una sciocchezza, ma a Roma sono furbi: invece di fare cose eclatanti, vanno alla ricerca di fatti che sono lucrosi, ma sembrano piccole cose, de minimis. Trecento biliardini piazzati in altrettanti circoli privati di Roma, che rendono almeno 3-4 milioni al mese netti per l'organizzazione che li ha istallati, vuol dire ricavare in un anno cifre enormi di fatturato, a fronte di reati che non vengono perseguiti per i motivi ricordati prima. La possibilità di far sorgere i cosiddetti circoli privati senza alcuna autorizzazione né controllo, focolai potenziali di qualsiasi cosa, deve essere oggetto di riflessione. A Roma il modo di agire è questo; le cose eclatanti non si fanno. Nicitra Salvatore è in carcere a seguito dell'operazione Colosseo, mentre il fratello e il nipote sono scomparsi. Certamente non si tratta di un sequestro di persona, così come certamente non è una scomparsa volontaria: quindi, dobbiamo pensare per forza ad un regolamento di conti. Del resto, la sua attività principale era il gioco d'azzardo. Poiché la duplice scomparsa che abbiamo dovuto annotare è particolarmente grave, sa di atteggiamento mafioso, questo può dare l'idea dello spessore che assume questo tipo di attività e degli interessi che coagula: sono tanti piccoli rivoli che ad un certo punto formano un enorme lago. Questa è l'immagine che si può dare. D'altra parte il Nicitra, che si è dedicato principalmente a questo tipo di attività, ha avuto un sequestro di beni con confisca pari a 20 miliardi! E' un elemento che fa riflettere nel senso appunto dei rivoli che giungono ad un grande lago. E' un aspetto da tener presente anche sotto un profilo legislativo perché non è possibile che domani, improvvisamente, ci troviamo, di colpo, dieci o venti circoli, sorti con tanto di prestanome che non corrono alcun rischio se non quello di ricevere una contravvenzione. MAURIZIO CALVI. Nicitra è un punto di grave crisi? FERDINANDO MASONE, Questore di Roma. Non è che sia un punto... Ho ricavato un'idea: può essere una lupara bianca nel vero senso della parola - ed allora saremmo di fronte ad una crisi profonda - oppure può essersi trattato di un incontro con alcune persone per discutere di determinati interessi illeciti, connessi con la detenzione del fratello, da cui è scaturito qualcosa di diverso. A quel punto hanno dovuto coinvolgere anche il ragazzino. Ho pensato anche che il ragazzino fosse stato portato in funzione di scudo all'incontro che sicuramente si è svolto, ma essendo emerso qualcosa di diverso, ipoteticamente la soppressione dello zio ha comportato anche quella del nipote. Pag. 3363 MAURIZIO CALVI. Vi è la possibilità di avere informazioni dall'interno delle bande? PRESIDENTE. Ci sono dei collaboratori. MAURIZIO CALVI. Sì, ma si tratta di pentiti o di informatori? In Calabria e in Sicilia vi è una pletora di pentiti che alimenta i flussi di informazione; su questo versante - mi riferisco sempre al caso Nicitra - l'importante è la qualità e la quantità delle informazioni attraverso le quali si possono avere dati certi e orientamenti precisi. Sul piano dell'indagine complessiva, dal punto di vista delle conoscenze qual è la situazione? FERDINANDO MASONE, Questore di Roma. Per le investigazioni abbiamo delle informazioni provenienti dall'interno. E' chiaro che, essendo confidenziali, vanno prese con le molle: vanno prese come spunto di investigazione, non già come oro colato. Le mie erano riflessioni sulla base di fatti successi e di notizie acquisite. Abbiamo anche dei pentiti, alcuni dei quali, mentre il capo, l'Abbatino, era fuori da parecchio tempo, erano nell'organizzazione fino a ieri, cioè fino al 1993. E' chiaro che sono ancora sotto esame, per cui si tratta di vedere cosa diranno, dove arriveranno. Il pentimento diffuso non è ancora una caratteristica romana; tra l'altro a Roma ci si può pentire su piccole cose, sull'organizzazione che fa le rapine, non è che le organizzazioni siano tante, diverse e in contrasto tra loro. L'idea che mi sono fatto dell'ex banda della Magliana è che si sia frantumata dando luogo a singoli gruppi; essendo, però, attivi è difficile riscontrare dei pentimenti. Il gioco d'azzardo è un'attività preponderante; un'altra è il traffico di stupefacenti, anche se questa non è stata mai la vera attività della banda della Magliana. E' un traffico facile, ma si tratta di un grande spaccio più che di una organizzazione di livello internazionale. Questa è la situazione attuale. Posso dire che si tratta di una situazione abbastanza sotto controllo, in relazione per esempio alla conoscenza fisica dei personaggi. Siamo sensibilissimi a questo, il che è dimostrato dall'elevato numero di proposte avanzate per la sorveglianza speciale: per ognuno di questi personaggi è stata avanzata una proposta per la sorveglianza speciale e per il sequestro dei beni. Sono qui presenti i rappresentanti della Guardia di finanza, con i quali abbiamo frequentissimi contatti in relazione a richieste di accertamenti patrimoniali: non credo che vi sia un personaggio di cui ho delineato la figura che non sia stato oggetto, recentemente, della nostra attenzione investigativa. Un altro aspetto che riguarda l'attività di queste organizzazioni è l'usura. E' un problema certamente importante, come è dimostrato da alcuni arresti eseguiti da noi e dall'Arma dei carabinieri. E' un'attività alla quale prestiamo la massima attenzione, senza fermarci al fatto singolo, individuale. Mi viene in mente Casamonica, una organizzazione legata a Nicoletti Enrico e alla banda della Magliana, rispetto alla quale è stata riscontrata l'usura. Oltre all'arresto si è preceduto alla confisca ed al sequestro di tutti i beni a disposizione, ossia macchine di grossa cilindrata, ville, eccetera. Anche sotto questo profilo la nostra attenzione è massima. Devo anche sottolineare un'iniziativa assunta sull'argomento dalla regione Lazio che a me sembra molto buona e alla quale diamo tutto l'appoggio possibile. Essa è finalizzata ad individuare le cause e le ragioni profonde di questa proliferazione, cause e ragioni che sono da ricercare ovviamente nella crisi economica e nella difficoltà di avere aiuti bancari. Si stanno mettendo a fuoco una serie di circostanze che spero sfoceranno in qualcosa di positivo. Ribadisco che da parte nostra c'è un'attenzione dal punto di vista investigativo e repressivo e c'è la volontà piena e ferma di collaborare e contribuire a fornire tutto l'apporto possibile alla commissione costituita in seno alla regione Lazio. Pag. 3364 MAURIZIO CALVI. L'usura è in mano ai gelesi, per caso? FERDINANDO MASONE, Questore di Roma. Non mi risulta, per lo meno gli elementi... PRESIDENTE. Nell'usura si registra la presenza di elementi camorristici; mi riferisco all'operazione dei carabinieri dell'Eur dove sono stati individuati elementi della camorra, il che rende evidente l'interscambio fra criminalità romana, comune od organizzata che sia, e criminalità di stampo tradizionale. FERDINANDO MASONE, Questore di Roma. Avevo omesso di sottolineare questo legame con la camorra perché quando si parla di mafia ... PRESIDENTE. Sì, si tratta di un termine onnicomprensivo. FERDINANDO MASONE, Questore di Roma. Sì, è un termine onnicomprensivo ma mi riferisco sempre alla mafia siciliana con la quale abbiamo avuto a che fare direttamente il generale Colavito (quando era colonnello e comandava la legione di Palermo) ed io (quando ero questore di quella città). E' evidente che il discorso cade subito sulla mafia siciliana, mentre per quanto riguarda la camorra dobbiamo basarci su fatti concreti: Ciro Mariano era a Roma, Stolder era a Roma, altri personaggi (latitanti ed altri) ci vengono segnalati a Roma. Pertanto non solo non escludiamo questo interscambio o questo collegamento ma siamo convinti che esista. Per quanto riguarda il campo specifico dell'usura e del riciclaggio (senza dubbio potranno essere più precisi i responsabili della Guardia di finanza), si tratta delle attività alle quali la camorra napoletana è più interessata nell'ambito della città di Roma. LEONARDO GALLITELLI, Comandante provinciale dei carabinieri. Preliminarmente, signor presidente, devo esprimere un giudizio di piena concordanza sulle considerazioni espresse dal questore di Roma, il quale ha fatto un'ampia disamina sulla realtà romana e sulla provincia. Anche lei, nelle osservazioni preliminari, aveva già tratteggiato le caratteristiche della composizione criminale nella capitale e in provincia, dove la presenza di organizzazioni mafiose indubbiamente viene percepita attraverso i latitanti arrestati, le operazioni di polizia giudiziaria condotte, che a loro volta mostrano collegamenti evidenti e operativi con alcuni soggetti originari di quelle regioni dove il fenomeno mafioso è endemicamente presente. Tuttavia questa presenza ha una sua tipicità caratteristica, nel senso che queste organizzazioni hanno un interesse a mantenere basso il profilo criminale percettibile nella capitale perché i loro interessi operativi delinquenziali si rivolgono essenzialmente al riciclaggio, quindi alla spendita di flussi di reddito, al lavaggio di questi soldi, all'occupazione di attività produttive. Tendono dunque ad inserirsi in questo modo in un'area che è lontana dagli interessi regionali. La banda della Magliana, della quale si parla ampiamente, è diventata, come ha giustamente sottolineato il questore, un contenitore dal quale poi si sono sparsi dei rivoli, delle frange operative che hanno acquisito e poi mantenuto con il tempo un'autonoma capacità operativa, specialmente tra il 1990 ed il 1991, quando possiamo, bene o male, collegare la fine sostanziale di tale banda intesa in senso lato (il gruppo di De Pedis che era in contrapposizione con quello dei testacciani). Concordiamo pienamente con il questore nella considerazione che tutte queste frange operative sono state ben individuate sia nella capitale sia nella provincia; hanno una sorta di patto reciproco di tolleranza, per cui non c'è un'occupazione stabile del territorio (ritorno all'osservazione che ho fatto in precedenza) ma c'è una sorta di compatibilità ambientale e territoriale tra i vari gruppi per cui ciascuno agisce anche nell'altro territorio indifferentemente, nel Pag. 3365 senso che non c'è una spartizione di territorio e di attività, perché nelle stesse attività i vari gruppi partecipano abbastanza diffusamente. Per esempio nel traffico delle sostanze stupefacenti che trova qui a Roma un suo taglio specifico sia perché vi è un grande mercato costituito dalla notevole popolazione (anche se il fenomeno accenna ad una regressione, che può definirsi diffusa come indica anche il numero dei morti per overdose) sia perché vi è un ritaglio particolare, in quanto a Roma viene utilizzata moltissimo la manovalanza di extracomunitari. Il fenomeno della presenza di stranieri, di extracomunitari, di sacche di emarginazione, la presenza di nomadi costituiscono altrettanti elementi che vanno a comporre un quadro e a tipicizzarlo rispetto ad altre aree del territorio nazionale. Analogamente abbiamo rilevato (signor presidente, cerco di non ripetere quanto ha già detto il questore ma di portare qualche elemento diverso) la presenza di una criminalità cinese che potrebbe diventare punto di attenzione, non dico di preoccupazione o di allarme, ma di attenzione, come dimostra il fatto che si tratta (a parte i 250 ristoranti cinesi presenti nella capitale) di una comunità chiusa composta da 5 mila soggetti. Vi è un'emanazione di quella che è meglio nota come Triade cinese, denominata in Italia Sole Rosso che ogni tanto appare; è apparsa per esempio in occasione del sequestro di un titolare di ristorante, sequestro successivamente sventato dalla DIA e dell'Arma dei carabinieri. Tale sequestro sottendeva ad una estorsione di 10 milioni. Si tratta di estorsioni di piccole somme che riteniamo vengano compiute in questa comunità con una certa frequenza; tuttavia, il fatto che si tratti di una comunità chiusa ed il tipo specifico di reato non consentono un'investigazione ad ampio raggio e quindi di lacerare l'omertà che caratterizza tale comunità. Tornando all'attività dei gruppi delinquenziali romani e della capitale, il fatto che essi si propongano come terminali operativi, occasionali o per attività episodiche rispetto alle organizzazioni mafiose è dimostrato dalle varie operazioni di polizia giudiziaria che sono state condotte anche negli ultimi tempi. Quanto all'usura, essa rappresenta una delle attività maggiormente diffuse nella capitale, vuoi per il momento economico vuoi anche per una certa tradizione (lo dico tra virgolette) in questa sorta di accesso ad un debito diverso perché l'istituto bancario chiede garanzie che ovviamente non è necessario fornire nell'ambito usurario. Sempre in questo settore, oltre a quella operazione a cui lei ha fatto cenno, si è dimostrata una chiara ingerenza della camorra: si trattava di 17 personaggi tutti di area campana che avevano stabilito questa rete di accesso al credito usurario sia nella capitale sia nella zona costiera (Ladispoli, Ostia) commettendo anche alcune gambizzazioni ed estorsioni per riuscire a recuperare i crediti che erano notevoli. Tutto questo dimostra l'esistenza di un aggancio con la camorra che, stando anche alle dichiarazioni acquisite attraverso un noto pentito della camorra, ha tentato anche di penetrare nell'area di Monterotondo (di cui si è parlato prima) dove ne abbiamo avuta cognizione... PRESIDENTE. A Ostia c'era la famiglia Fasciano? LEONARDO GALLITELLI, Comandante provinciale dei carabinieri. Esatto. PRESIDENTE. In questo caso c'era una presenza territoriale più spiccata; c'è qualche motivo particolare, visto che si trattava di Ostia? LEONARDO GALLITELLI, Comandante provinciale dei carabinieri. Signor presidente, la presenza territoriale non va mai interpretata come controllo del territorio, perché comunque i Fasciano ad Ostia sono affiancati anche da altri gruppi. Non è una presenza esclusiva sul territorio perché questo fatto non si verifica in nessuna parte della provincia e nella capitale. La presenza localizzata Pag. 3366 naturalmente porta a gestire gli interessi ravvicinati, anche per una certa conoscenza perché la gestione dell'usura presuppone una conoscenza ravvicinata di bisogni e di interessi. L'altra operazione condotta in questo ambito che ci ha consentito di poter arrestare Nicoletti, che è un grossissimo personaggio delinquenziale già appartenente alla banda della Magliana e che aveva connivenze con un funzionario di banca e con un notaio... PRESIDENTE. Di Ciommo. LEONARDO GALLITELLI, Comandante provinciale dei carabinieri. Sì, con Di Ciommo. Questo è stato un altro punto dove abbiamo individuato come si sia articolato il settore del credito: c'è un primo livello che ha la disponibilità finanziaria e poi vi sono rivoli sottostanti. Il sistema si presenta come lo sconto che si ha dalla banca: uno prende fondi, paga un certo interesse e poi redistribuisce ad interessi superiori per poter pagare il primo fornitore. Tutti gli interessi sono essenzialmente finalizzati all'acquisizione delle stesse attività produttive perché è uno strangolamento progressivo dell'imprenditore che si rivolge all'usuraio, a questa organizzazione. Il dato di fatto è la sostituzione del singolo usuraio con una sorta di organizzazione, nel senso che non c'è più la singola unità perché l'attività è diventata organizzata da gruppi di cinque, sei o sette persone che gestiscono questo ambito che non è territoriale ma produttivo, di conoscenze, di interessi che si intersecano e si sovrappongono anche territorialmente. Lo stesso gruppo di Nicoletti diramava i propri interessi non solo nella capitale ma anche in altri territori della provincia. PRESIDENTE. L'attività di Nicoletti aveva collegamenti con Flavio Carboni? LEONARDO GALLITELLI, Comandante provinciale dei carabinieri. Non abbiamo un riscontro preciso; comunque l'indagine è ancora in corso. PRESIDENTE. Non so se anche a tale riguardo l'indagine sia in corso, ma vorremmo sapere qualcosa in merito alla vicenda degli ex stabilimenti cinematografici De Paolis localizzati sulla via Tiburtina. LEONARDO GALLITELLI, Comandante provinciale dei carabinieri. Già nel 1990 ci eravamo interessati ad una vicenda di cui ha parlato recentemente Galasso. PRESIDENTE. Galasso ne ha parlato anche alla Commissione. LEONARDO GALLITELLI, Comandante provinciale dei carabinieri. Fra i Cillari che avevano costruito appartamenti si era inserito Nicoletti. Nell'ambito di questa circostanza aveva parlato anche di Nicoletti che aveva acquistato gli stabilimenti De Paolis manovrando alle spalle dello stesso Galasso, che in un primo tempo aveva fatto l'acquisto. Circa un mese e mezzo fa abbiamo investito della vicenda l'autorità giudiziaria ed abbiamo in corso un'indagine mirata per individuare le responsabilità. C'è un'attività di indagini in corso con la procura romana in relazione a questi stabilimenti che attualmente non funzionano perché sono ancora nella titolarità di Nicoletti Enrico. PRESIDENTE. Tutta l'area o una parte? LEONARDO GALLITELLI, Comandante provinciale dei carabinieri. Una parte dell'area. Comunque il tutto è sotto verifica giudiziaria perché stiamo conducendo questa indagine. A carico del Nicoletti e di altri si sta preparando una proposta per l'applicazione di misure patrimoniali, in quanto il suo patrimonio è vastissimo. Per quanto riguarda le estorsioni, convengo con il questore nel dire che il fenomeno, a Roma, non è diffuso. Le estorsioni sono sempre legate ad episodi singoli, occasionali; del resto mancano Pag. 3367 anche gli indicatori che ci possano far pensare ad una attività estorsiva diffusa, perché il basso numero di incendi o di attentati, che siano verosimilmente riconducibili ad una matrice estorsiva, costituisce un indicatore da apprezzare obiettivamente. Pertanto il loro basso numero ci fa capire che l'attività estorsiva non è diffusa. Peraltro la stessa iniziativa di un numero verde, che potesse far superare la ritrosia, il timore delle vittime nel denunciare il fatto, aveva dato tra la fine del 1992 e l'inizio del 1993 dei riscontri assolutamente insignificanti. Questo non significa evidentemente che il fenomeno non esista. Esso esiste ma a nostro avviso avviene con episodicità, occasionalità. Si tratta di singoli gruppi che mandano ad effetto queste estorsioni; ne abbiamo registrate un centinaio nel 1993. L'80 per cento di esse è stato scoperto. Si tratta infatti di un reato che una volta denunciato - se va ad effetto - viene senza dubbio scoperto, perché è abbastanza semplice, dal punto di vista strutturale, a scoprirsi. La difficoltà sta nell'acquisire la notitia criminis del fatto. Sia nella capitale sia nella provincia mancano quelle condizioni socio-ambientali che possano favorire il consolidamento, il radicamento di queste forme delinquenziali, che presuppongono quasi una predisposizione del cittadino alla omertà, al silenzio. Bene o male le denunce vengono fatte nel momento in cui accade qualcosa. Abbiamo anche scoperto che buona parte di questi incendi, attentati, che ogni tanto vengono registrati, sono poi riconducibili a matrici lontane dall'estorsione; si tratta di simulazione, di illecita concorrenza (come abbiamo verificato in un caso). Tutte le motivazioni sono di natura criminale oppure appartengono a gente che non è legata a nessuna organizzazione. A Monterotondo, per esempio, abbiamo scoperto una persona che aveva compiuto dei gesti (incendi qua e là) che erano fini a se stessi. Con riferimento al panorama delinquenziale, a parte quanto ha detto il questore, posso dire che gli stranieri costituiscono una grossa presenza nella capitale: tra persone illecitamente e clandestinamente presenti si tratta, secondo stime concordi, di circa 250 mila unità. Tale presenza alimenta la microcriminalità, che indubbiamente è diffusa. Però anche in questo caso sinora non sono emersi collegamenti che possano condurci ad una organizzazione che governi tale microcriminalità, che riteniamo abbastanza settorializzata, con una fascia di furti affidata prevalentemente a gruppi nomadi. Gli extracomunitari sono prevalentemente impegnati nel traffico degli stupefacenti, come abbiamo già detto. Il 40 per cento degli arrestati per droga è di provenienza straniera, extracomunitari, soprattutto della fascia maghrebina, del Nord Africa. PRESIDENTE. Sono spacciatori? LEONARDO GALLITELLI, Comandante provinciale dei carabinieri. Sì, spacciatori. In linea di massima sono utilizzati nello spaccio. Del resto, l'attività repressiva svolta nel settore è cospicua: ci sono stati oltre 8.400 arresti nel 1993, generalmente compiuti nell'intera provincia. Si è trattato dunque di un'attività notevole. PRESIDENTE. Si riferiscono al traffico degli stupefacenti? LEONARDO GALLITELLI, Comandante provinciale dei carabinieri. Sono onnicomprensivi. In particolare, 2.800 sono riferiti al traffico degli stupefacenti, mentre gli altri a tutti i rimanenti reati (contro il patrimonio, associazioni e via dicendo). ALDO DE MATTEO. Ci sono delle statistiche che ci aiutino a distinguere i clandestini da quelli regolarmente presenti? In altre parole, questa attività microdelinquenziale che le coinvolge, riguarda quelli che sono presenti clandestinamente, ossia che non hanno permessi di soggiorno o incontrano difficoltà ad averli, Pag. 3368 oppure quelli che lo sono in virtù di regolari permessi e che hanno un'attività lavorativa? LEONARDO GALLITELLI, Comandante provinciale dei carabinieri. Si tratta prevalentemente di clandestini. ALDO DE MATTEO. Credo che a questo punto subentri quel lavoro dell'antimafia dei diritti, per cui una delle misure dovrebbe essere quella di facilitare l'inserimento e di lavorare intorno alla presenza di questi extracomunitari. LEONARDO GALLITELLI, Comandante provinciale dei carabinieri. Come dicevo, oltre il 38 per cento degli arresti è riferito a stranieri, che hanno una fascia di clandestinità. Il regolare trova occupazione. Del resto, quando ci riferiamo all'ufficio stranieri della questura, dinanzi ad un personaggio presente irregolarmente, scattano le misure amministrative. Anche questo è un dato di fatto. MICHELE COLAVITO, Comandante della regione Lazio dell'Arma dei carabinieri. Non ho niente da aggiungere all'esposizione che è stata appena fatta. Mi limiterò pertanto a sottolineare il dato relativo all'incidenza della componente straniera nella delinquenza, ancorché si tratti soltanto di microcriminalità. Mi pare che sui 9 mila arresti effettuati dall'Arma dei carabinieri di Roma, oltre il 38 per cento è rappresentato da stranieri: il che potenzialmente rappresenta un fattore di notevole pericolosità. Sottolineato questo come un elemento di carattere negativo, posso sottolinearne uno di valore positivo: l'assenza di un indice della progressione del tentativo di controllare il territorio attraverso attività dinamitarde o incendi di carattere doloso. Un fenomeno, quest'ultimo, infatti, che mi sembra si mantenga su livelli assolutamente insignificanti nell'ambito della provincia romana. Non avrei altro da aggiungere. PRESIDENTE. Mi scusi, generale, nella provincia e nella regione ci sono zone e comuni dove è stata registrata una certa presenza di gruppi di criminalità organizzata. Mi riferisco alla fascia costiera, a Pomezia, ad Aprilia (con la presenza dei fratelli Alvaro della 'ndrangheta calabrese); penso al litorale pontino, per esempio all'episodio abbastanza allarmante, con manifestazioni di scarso spirito civico, di cui è stato protagonista il noto Nino Manfredi. Tale episodio, lo ripeto, è abbastanza allarmante al di là della censura sul comportamento del Manfredi che invece dell'intervento delle istituzioni ha chiesto l'intervento del capomafia di zona, a Scauri. Lo stesso discorso vale per quanto riguarda il cassinate. Ebbene, lei cosa può dirci su questo scenario regionale? MICHELE COLAVITO, Comandante della regione Lazio dell'Arma dei carabinieri. Tale scenario riguarda evidentemente, con particolare riguardo, la parte meridionale della regione, che presenta diverse prospettive della situazione rispetto a quella della provincia romana. Si può parlare di fattori similari anche per la parte costiera, quella pontina, che da Pomezia arriva fino ad Anzio-Nettuno. Per quanto riguarda le zone meridionali della regione, abbiamo compiuto accertamenti e denunce ai sensi dell'articolo 416-bis del codice penale, che coinvolgono soprattutto elementi della camorra napoletana e della 'ndrangheta calabrese, sia per la provincia di Latina sia per quella di Frosinone. Nel corso del 1993 abbiamo compiuto arresti ai sensi, appunto, dell'articolo 416-bis del codice penale. In ogni caso, tale situazione richiederebbe una trattazione più approfondita, in analogia con quanto praticato per la provincia di Roma. NINO DI PAOLO, Comandante del nucleo centrale di polizia tributaria della Guardia di finanza. Ringrazio la Commissione dell'invito. La presenza accanto a me del colonnello D'Arcadia non è casuale, perché da un mese il nucleo centrale ha perso il GICO, il gruppo che si interessa specificatamente Pag. 3369 di criminalità organizzata di tipo mafioso, per confluire nello SCICO, organismo centrale dal quale dipendono gerarchicamente, da un mese, tutti i GICO d'Italia. Lo si è fatto, naturalmente, anzitutto per ottemperare ad un adempimento legislativo, affinché si costituisse un organismo centrale che colloquiasse con pari dignità, rispetto alle altre forze di polizia, con la direzione generale antimafia e con il ROS. Per alcuni aspetti, quindi, potrà essere il collega ad entrare nei dettagli di taluni elementi. Da parte mia debbo dire che il periodo trascorso, seppur breve, è stato molto significativo. Il nucleo centrale è un organismo che è essenzialmente proiettato nell'attività di contrasto all'evasione fiscale. Da un paio d'anni è coinvolto nelle cosiddette inchieste di Tangentopoli, in modo rilevante. Per dare un'idea di quanto sto dicendo, posso rilevare che l'attività sul versante finanziario assorbe circa 48 mila giornate-uomo nell'anno; l'attività di polizia delegata in materia di tangenti ne assorbe circa 28 mila. Questo è un dato assai rilevante. Tale organizzazione interna, quindi, è stata dettata dall'esigenza di dare maggiore dignità al contrasto al crimine organizzato, sfruttando le potenzialità professionali proprie della Guardia di finanza. Nel corso di indagini - questa è una annotazione che va al di là di osservazioni tipicamente romane - è stato sempre più osservato che le indagini non possono che avere una valenza nazionale e addirittura internazionale. Questo comporta l'esigenza di avere degli organismi che abbiano una competenza nazionale e che non vengano intralciati, nel corso delle indagini, da pastoie burocratiche o da competenze territoriali che spesso limitano moltissimo questa attività. Lo dico perché il nucleo centrale è stato, diciamo così, protagonista di un'inchiesta, tuttora in corso, che ho passato allo SCICO, e che non si è ancora conclusa, di estremo interesse, non tanto sul versante dei risultati già raggiunti quanto su quello delle metodiche che si usano oggi a livello internazionale. Questa osservazione mi dà ancora la possibilità di fare una ulteriore glossa sul versante legislativo. Io non credo che si debba fare molto sul versante legislativo interno; credo che l'impianto normativo sia ormai sofisticato e sufficiente ad aggredire potenzialmente, in linea di diritto, le ricchezze illecite. Ciò che manca è una approfondita disamina dei limiti internazionali. A livello internazionale, nonostante le buone raccomandazioni e gli accordi bilaterali, penso che ci sia molto da fare. Ciò riguarda non solo il versante, diciamo così, della valenza dei provvedimenti, perché su questo si può anche raggiungere un accordo, ma anche il versante dello studio del fenomeno criminale. Mi spiego meglio. Esistono delle metodiche internazionali che sono poco conosciute o poco studiate, e che sfuggono anche ad una tipicizzazione legislativa. Alludo, per esempio, ad una certa fascia di trasferimenti internazionali che sono imperniati sulla base di accordi fiduciari che fanno capo ad istituti giuridici non canonizzati; è sufficiente, per esempio, pensare ai crediti di firma, che sono un argomento non poco studiato. Ne parlo perché solo attraverso intercettazioni telefoniche abbiamo registrato alcuni personaggi sospetti transitare per Roma. Per quanto riguarda la situazione di Roma, ribadisco quanto è stato detto, perché anche sul nostro versante non abbiamo elementi per confutare quanto si è sostenuto, ossia che Roma è una città che non vede una organizzazione piramidale, verticistica di organizzazioni mafiose, tipiche proprio dell'area meridionale. Infatti, l'inchiesta ha preso le mosse da personaggi che abbiamo seguito su Roma, ma che si limitavano a transitarvi perché avevano agganci con alcuni ministeri per problemi di appalti ed altro, avendo le loro basi storico-operative nel sud dell'Italia ed anche al nord. Nel corso di queste intercettazioni è risultato estremamente interessante capire come si siano potuti aprire varchi a livello di strumenti di pagamento internazionali. Questi ultimi hanno messo in Pag. 3370 difficoltà gli stessi operatori di banca ai quali abbiamo fatto riferimento. Il magistrato ha dovuto ricorrere a qualificatissimi professionisti, ad ispettori della Banca d'Italia per cominciare a decifrare alcuni linguaggi che - lo ripeto - non trovavano riscontro in manuali di diritto interno ed internazionale. Nonostante la mia discreta esperienza in materia, non sapevo che esistessero strumenti di pagamento fiduciari non canonizzati in norme né interne né internazionali. Mi limito comunque a questi brevi accenni perché vi è in tema uno strettissimo riserbo istruttorio. Ci auguriamo tutti che questa operazione - molto complessa, difficoltosa ed ancora in corso - possa al termine fornire anche un consistente contributo sul versante legislativo. Ripeto che posso soltanto sottolineare l'estrema sofisticatezza dei passaggi internazionali: e non mi riferisco certo al conto cifrato in Lussemburgo o in Svizzera, che è cosa nota, bensì ad alcuni personaggi che hanno una solidità economica internazionale così grande da poter garantire, attraverso un rapporto fiduciario, movimenti enormi di capitali, dell'ordine di migliaia di miliardi. PRESIDENTE. Uno di questi potrebbe essere Gelli? NINO DI PAOLO, Comandante del nucleo centrale di polizia tributaria della Guardia di finanza. No, non si tratta di personaggi italiani. Dalle intercettazioni telefoniche risulta che questi grossi personaggi erano sempre garanti esterni di diversi paesi europei ed extraeuropei. Fino ad oggi la sofisticatezza delle operazioni è stata tale che non ha consentito una conclusione degli affari, degli spostamenti. Ci auguriamo di essere abbastanza fortunati e che, attraverso queste attività di polizia, si possa raggiungere qualche risultato. D'altronde, sotto il profilo metodologico, i risultati sono già considerevoli anche se non conclusivi, nel senso che non vi sono stati arresti. L'operazione è comunque interessante perché ha aperto dei varchi su questo fronte. Tornando all'argomento della criminalità mafiosa romana e della provincia, devo dire subito che il nucleo centrale, naturalmente, non può portare qui esperienze di controllo del territorio, anche perché questo aspetto riguarda più specificamente la polizia e l'Arma dei carabinieri. Il nucleo è certamente un osservatorio privilegiato sul versante del controllo economico della città. Infatti, 600 verifiche fiscali a complessi aziendali medio-piccoli assieme ad oltre 4 mila controlli comunitari e non - vale a dire un rapporto con l'imprenditoria mediato attraverso 4-5 mila controlli in un anno - rappresentano un dato molto importante in quanto da tale attività, quasi sempre documentale e bancaria, si possono trarre spunti interessanti anche sul versante della criminalità di tipo mafioso. Non abbiamo comunque mai avuto occasione di enucleare bande o gruppi criminali che usassero metodologie tradizionali. Si tratta, quindi, di soggetti spesso incriminati per illeciti strettamente fiscali o penali ma nell'ambito di frodi e di falso in bilancio: sono questi i reati che tipizzano la nostra attività nel settore. Laddove abbiamo elementi di sospetto, ci raccordiamo sempre con la polizia ed i carabinieri. Del resto, un esempio da manuale di collaborazione - ed in seguito aggiungerò altre osservazioni particolari in proposito - è rappresentato proprio dall'inchiesta sulla banda della Magliana. Quel che voglio dire è che non dobbiamo usare a tappeto lo strumento bancario e l'accertamento documentale-fiscale perché pretendere di farlo allo scopo specifico di individuare soggetti interessanti, mi sembra fallace. Dobbiamo usare lo strumento bancario e la nostra professionalità per indagini mirate. Penso anch'io - altri lo hanno detto ed io sono perfettamente d'accordo - che non vi sia metodo migliore per nascondere un'informazione utile che inserirla fra tante inutili. Gli accertamenti bancari sono complessi e costosi; le stesse inchieste di Tangentopoli e gli accertamenti fiscali, che hanno avuto un'apertura sul segreto bancario, hanno visto ed attualmente Pag. 3371 vedono il sistema bancario abbastanza oberato. Mi riferisco naturalmente all'attività del nucleo senza pretendere di estendere queste mie osservazioni all'intero territorio nazionale, però posso dire che il sistema bancario è oberato: oberarlo ancora di più con accertamenti a tappeto non credo possa essere molto proficuo. E' necessario, dunque, svolgere una preliminare ed intensa attività di intelligence per individuare gli obiettivi sospetti e premianti e poi agire su questi con l'accertamento finanziario e bancario. Il GICO ed oggi lo SCICO svolgono un'intensa attività di monitoraggio che ha portato alla creazione di un archivio specialistico finalizzato proprio all'incrocio dei dati. Qualche risultato già lo abbiamo avuto. Senza citarli tutti, perché lascio questo compito al mio collega, desidero ricordare l'inchiesta che nel 1993 ha portato ad accertamenti bancari e patrimoniali su Baldieri Alvaro ed al sequestro preventivo di alcune decine di miliardi; al Teresi Pietro per il quale sono stati emessi dall'autorità giudiziaria provvedimenti di sequestro per 10 miliardi, per non parlare del Telesforo Giancarlo che si celava dietro grosse società finanziarie e per il quale abbiamo accertato violazioni tributarie per 30 miliardi, cambiali false per oltre 17 miliardi; le persone denunciate sono state ventuno e sei quelle arrestate. Questi gli esempi più significativi dell'attività svolta dal nucleo centrale in questo particolare settore. Tale attività si è potuta sviluppare agendo non a tappeto ma partendo da indizi abbastanza significativi. Particolarmente importante è dunque il successivo confronto tra il tenore di vita e la dichiarazione dei redditi, vale a dire l'approfondimento degli strumenti documentali che danno al magistrato riferimenti obiettivi e certi per arrivare alla confisca. Lo scopo, infatti, è quello di confiscare e non certo quello di fornire un'ottima informativa di reato al magistrato. Gli elementi successivi risultano dunque molto importanti per puntellare la confisca. Confermo che il problema dell'usura ha per così dire grande dignità su Roma e provincia. Per praticare l'usura i metodi sono sostanzialmente due, nel senso che vi è un'usura che si materializza attraverso una rete locale di basso livello e che non utilizza l'interposizione delle società finanziarie. Vi è poi un'altra forma di usura e di usurai che agiscono in combutta con società finanziarie che danno all'inizio una maggiore affidabilità e che poi spariscono; i personaggi chiave vengono fuori una volta che sono riusciti a dominare gli imprenditori, che sono cioè riusciti a individuare tutti gli strumenti possibili per catturarli nella rete. Si tratta, dunque, di un'attività molto importante cui lo stesso SCICO presta notevole attenzione. L'attività residuale del nucleo centrale è svolta dal gruppo operativo antidroga. Si tratta di un'attività molto importante principalmente proiettata sulle provenienze internazionali che non sul minuto spaccio. In questo quadro, Fiumicino resta comunque e sempre una porta interessantissima. Per dare una dimensione numerica a tale attività, ricorderò che l'anno scorso abbiamo operato 242 arresti; abbiamo denunciato 500 persone e sequestrato due quintali di eroina e cocaina e circa 40 chili di hascisc. Noi facciamo spessissimo ricorso alle consegne controllate, dirò anzi che l'80 per cento della nostra attività si esplica attraverso il ricorso a questo istituto. Fiumicino è soltanto la porta d'arrivo perché la merce in gran parte prosegue per il sud e per il nord. Abbiamo fatto consegne controllate a Torino, Vercelli, Milano, Bologna, Genova, Napoli e Pescara. Si tratta, dunque, di un istituto del quale confermiamo la validità in quanto ci consente di raddoppiare se non triplicare gli arresti e perciò di non fermarci al corriere che arriva dal sud America, al solito colombiano. Il nostro sforzo è quello di cercare di alzare il livello degli interessati. L'esperienza però ci dice che è difficile andare oltre il secondo anello. In altri termini, il corriere ci porta alla persona di Firenze o di Milano, questa Pag. 3372 a volte riesce a portarci ancora più in alto, però oltre questo livello, come forza di polizia, non siamo riusciti a fare granché, considerato che il sistema omertoso è abbastanza valido ed efficiente. Concludendo, desidero ricordare che, a mio avviso, occorre conferire maggiore scientificità alle indagini evitando di muoversi sotto la spinta di una intuizione giornaliera, settimanale o mensile. D'altronde, la stessa Commissione mi pare abbia raccomandato studi e ricerche che potrebbero risultare molto interessanti. Quel che voglio dire è che spesso non sappiamo utilizzare al meglio alcuni dati aggregati che potrebbero rappresentare degli indicatori i quali, pur non potendo forse portare a risultati conseguenziali immediati, potrebbero rivelarsi molto interessanti. Alludo, ad esempio, al Bollettino statistico della Banca d'Italia che è uno strumento pubblico. Dall'anno scorso abbiamo cominciato ad aggregare questi dati allo scopo di creare documenti interni locali, su Roma e provincia. Li abbiamo conclusi qualche mese fa ed abbiamo avuto modo di notare - cito un dato per tutti - che i depositi nel Lazio e in Abruzzo di residenti in Campania nell'ultimo triennio sono diminuiti del 65 per cento. Il dato in sé può non significare nulla, però può essere studiato. Perché il 65 per cento di persone residenti in Campania, che avevano depositi su Roma e provincia, li hanno ritirati? Può esservi un problema strutturale, di crisi economica, così come è possibile che ciò sia effetto di una legislazione che, divenuta più penetrante e più pericolosa, avrebbe costretto questi capitali a rivolgersi ad altri impieghi o verso altre zone. Questo, come dicevo, è solo l'esempio che mi ha colpito di più, ma altri possono esserne fatti. Si nota anche che di tutte le società finanziarie o di assicurazione nate sulla carta soltanto il 20 per cento risultano operative. Sono in grado di fornire alla Commissione una bozza relativa a questi dati che non ha glosse interpretative, ma che comunque può risultare interessante. Si tratta, come ho detto, di aggregazioni locali: proprio per questo possono essere utili perché, mentre è facile trovare dati aggregati a livello nazionale, molto più difficile è farlo a livello locale. PRESIDENTE. Rifacendomi a quanto detto dal questore e dal colonnello Gallitelli a proposito dell'usura, vorrei sapere quanto questo fenomeno possa essere il tramite per trasferire proprietà a centrali criminali che si sostituiscono alla vecchia proprietà. Dico questo anche per il fatto che all'epoca delle indagini sulla cosiddetta banda della Magliana, una delle ragioni dell'intesa tra Calò e questa organizzazione fu questa forma di riciclaggio, di investimento dei profitti illeciti in attività lecite, soprattutto di tipo commerciale. Ricordiamo i ristoranti di Trastevere, alcuni dei quali di una certa notorietà, ricordiamo le gioiellerie, le discoteche, una serie di esercizi commerciali nei quali vi era netta l'impronta di Calò e di De Pedis, nonché degli esponenti della banda della Magliana. Questa forma di investimento, che è poi di riciclaggio, è scomparsa del tutto? Vi sono notizie al riguardo, considerando anche il fenomeno emergente dell'usura? Vorremmo sapere se questo fenomeno è proseguito nel tempo, se ci deve ancora allarmare, o vi è stato un dirottamento, un diverso impiego di questi capitali illeciti. NINO DI PAOLO, Comandante del nucleo centrale di polizia tributaria della Guardia di finanza. La ringrazio della domanda che mi consente di fare un'altra osservazione di carattere generale. Non solo a mio giudizio il fenomeno rimane, ma aumenterà nel futuro, se partiamo dalla constatazione che oggi la mafia non ha più soltanto l'esigenza di pulire il denaro sporco, ma anche quella di diventare una vera e propria imprenditrice. La mafia in pratica ha esigenze di investimento, deve assolutamente (per una esigenza di sopravvivenza e di competitività economica) far sì che il capitale non muoia, trovi delle forme di remunerazione. E' quindi necessario per il gruppo Pag. 3373 criminale investire diversificando innanzitutto i rischi, in pratica adottando gli stessi sistemi e le stesse metodiche dell'imprenditore normale. Quindi la mafia adotta forme di investimento non unitarie; investe nel settore immobiliare, in quello finanziario (che oggi vede la percentuale massima di investimento), in sostanza in tutti i settori che possono remunerare il capitale. Dobbiamo anche considerare che ogni volta che un provvedimento o una misura allarga gli spazi di investimento pubblico, vi è il pericolo di infiltrazione mafiosa. Ricordiamo che Roma ha un progetto di investimenti pubblici di notevole rilievo ed è soltanto per ragioni politiche che tale progetto non ha trovato ancora sbocco. Bisognerà allora stare molto attenti quando questi provvedimenti amministrativi, soprattutto con la nuova giunta e il nuovo sindaco, saranno definitivamente assunti. Non spetta a me ricordare che nel momento in cui si raddoppiò l'autostrada Roma-Napoli si pose un problema analogo. Essendo i provvedimenti che si dovranno assumere abbastanza tipicizzati e localizzati, sarà più facile allertare gli organi competenti e vigilare. Conosciamo i progetti, conosciamo i finanziamenti, penso che ci allerteremo tutti perché questi provvedimenti non diano spazi a forme di devianza e di accaparramento. PRESIDENTE. Colonnello D'Arcadia, può dirci qualcosa in ordine alla vicenda, abbastanza inquietante, della sede romana della Cassa di risparmio di Rieti? Sembra che essa sia stata un veicolo di attività anomale anche creditizie, in quanto non chiedeva grosse garanzie per erogare crediti. GABRIELE D'ARCADIA, Comandante della SCICO della Guardia di finanza. Credo che di questa vicenda si sia interessata la DIA. PRESIDENTE. Non siete stati quindi coinvolti nelle indagini? GABRIELE D'ARCADIA, Comandante della SCICO della Guardia di finanza. No. Il servizio centrale investigativo, come ha precisato il mio collega, ha preso l'avvio dai primi di dicembre; ha assorbito tutti i GICO d'Italia, che sono 14, compresi quelli operanti su Roma che sono uno nazionale, a disposizione della procura nazionale antimafia di Roma con competenze nazionali, e l'altro interprovinciale con competenze sul Lazio, sull'Umbria ed ora (fin quando non avremo perfezionato l'istituzione del GICO locale) anche sulla Sardegna. Il mio punto di osservazione è temporalmente limitato, anche perché è facile immaginare le difficoltà iniziali nel dare avvio a questo reparto, con una struttura monolitica a livello nazionale, privilegiando tutti i collegamenti e tutte le conoscenze interpersonali tra noi che siamo chiamati ad operare. Dobbiamo inoltre cercare di superare in qualche modo le difficoltà e anche una certa innata diffidenza di alcuni procuratori distrettuali della Repubblica che stanno passando le indagini a loro colleghi che operano a livello centrale e che si avvalgono dell'opera di referenti dipendenti direttamente da loro a livello locale. D'altro canto, ciò che ci conforta è la richiesta di tanti procuratori distrettuali, che non hanno ancora una sezione alle dirette dipendenze, in quanto l'articolazione del servizio centrale è paritetica a quella dei nuclei regionali, di avere presso le loro sedi una loro sezione. Non so se è il caso di polverizzare al massimo l'articolazione del servizio centrale, anche perché esso non è l'unico deputato e responsabile delle indagini sulla criminalità organizzata nell'ambito della Guardia di finanza. Diciamo che esso privilegerà alcuni aspetti a livello nazionale ed internazionale, laddove l'operatività dei reparti a livello provinciale troverebbe delle difficoltà di ordine quantitativo, in relazione alle persone disponibili per svolgere le indagini, e di ordine circoscrizionale in quanto si dovrebbe chiedere l'ausilio di altri reparti del corpo competenti a livello superiore. Pag. 3374 Fatta questa premessa, le osservazioni che posso fare in ordine alla criminalità organizzata nell'ambito romano concordano con quelle fatte dal questore, dal comandante provinciale dell'Arma dei carabinieri e dal mio collega. Il GICO, assorbito nei primi di dicembre dello scorso anno, ha portato con sé indagini su circa 70 gruppi criminali operanti su Roma e provincia, per un totale di 127 soggetti. Il rapporto tra gruppi e soggetti inquisiti ci fa capire che non vi è una vera e propria organizzazione verticistica della criminalità organizzata nell'ambito della città. Concordo pertanto con le osservazioni fatte da coloro che mi hanno preceduto. Non vi nascondo poi la difficoltà del rebus rappresentato dai ristoranti cinesi. Queste persone stanno acquistando ristoranti che registrano (lo abbiamo constatato a seguito di sopralluoghi effettuati dai miei uomini) ben pochi avventori, quando non risultano essere completamente deserti. A questo punto ci si chiede come tali strutture possano andare avanti. Non escludo che esse siano il paravento per riciclare del denaro sporco attraverso ricevute fiscali emesse per pasti serviti, che in pratica servono a coprire altre entrate non giustificabili e registrabili. Naturalmente l'operazione in sé ha un costo, ma esso è sopportabile. Ricordo che tali organizzazioni sono molto chiuse ed è difficile per noi infiltrarvi informatori. Su Roma il servizio centrale sta compiendo due grossi interventi in questo momento: il primo riguardante esponenti della camorra napoletana che stanno perpetrando truffe a danno della comunità europea. Abbiamo fatto presente all'autorità giudiziaria che nell'arco di un anno sono stati incassati circa 453 miliardi a fronte di fatture per operazioni inesistenti, false fideiussioni bancarie prestate da soggetti operanti su Roma... PRESIDENTE. Da chi erano state date le fideiussioni? GABRIELE D'ARCADIA, Comandante della SCICO della Guardia di finanza. Da istituti assicurativi romani. Stiamo indagando inoltre su un grosso traffico di stupefacenti e su un consistente riciclaggio effettuato da organizzazioni colombiane su Roma. Non credo di dover aggiungere altro, in quanto è stata fatta una approfondita disamina del fenomeno romano. MASSIMO BRUTTI. Anche ai fini della relazione che la Commissione antimafia dovrà redigere, vorrei fare una breve osservazione sulla struttura di questi gruppi per verificare se ho capito bene. Abbiamo sentito parlare di una serie numerosa di gruppi i quali, mi sembra, non abbiano come punto di riferimento strutture di tipo familiare; é quindi opportuno denominarli gruppi e non cosche. Essi non hanno inoltre un'organizzazione verticistica che li riunisce e li rappresenta, per cui il loro associarsi ed il loro scomporsi è possibile, trattandosi di strutture fluide. Mi sembra inoltre di capire, di quel che rimane della cosiddetta banda della Magliana, che si presenti con una maggiore autonomia rispetto alle tradizionali organizzazioni mafiose più di quanto non avvenisse in passato. Per quello che abbiamo ricostruito dalle indagine svolte su Cosa nostra, sulla camorra, sui rapporti intrattenuti con Roma, abbiamo avuto per un lungo periodo, perlomeno fino alla seconda metà degli anni ottanta, la presenza a Roma di strutture, di gruppi che facevano diretto riferimento alle organizzazione mafiose tradizionali. Non c'era soltanto Pippo Calò che, se non ricordo male, viene arrestato nel 1984, non c'era cioè solo questa struttura che faceva capo alla famiglia di Portanuova e più in generale alla corrente dei corleonesi, come gruppo dirigente della organizzazione mafiosa siciliana, c'era anche, almeno fino al 1988, una decina della famiglia di Santa Maria di Gesù facente capo ad una serie di personaggi tra cui Francesco Benenato, detto Franco Franchi. Avevamo quindi delle strutture dirette espressione delle organizzazioni mafiose Pag. 3375 tradizionali: lo stesso discorso vale per la camorra e per la 'ndrangheta. Oggi c'è una maggiore autonomia nei gruppi romani rispetto a quelle organizzazioni, non c'è più una presenza così organicamente collegata alle organizzazioni mafiose nel senso tradizionale del termine. La seconda domanda si riferisce al fenomeno del riciclaggio. Noi abbiamo dei riciclatori che di volta in volta stringono rapporti e quindi fanno affari con l'una o con l'altra organizzazione criminale, in pratica investono capitali accumulati attraverso vari traffici illeciti di vari gruppi, si mettono sul mercato, stabiliscono di volta in volta rapporti, oppure abbiamo dei riciclatori organicamente collegati all'uno o all'altro gruppo criminale, all'una o all'altra organizzazione criminale? Ho sentito parlare di un tal Francesco Rea come riciclatore della camorra. In altro ambiente - ambiente milanese - la vicenda del Lottusi, che ormai è da anni in carcere, è del medesimo genere: Lottusi era il riciclatore della famiglia Madonia. Si può dire lo stesso a Roma? Vi sono cioè riciclatori che fanno capo direttamente a gruppi, a strutture, a famiglie delle organizzazioni mafiose? Oppure vi è un libero mercato? Vorrei inoltre formulare qualche domanda utile per aggiornare alcune notazioni presenti nella relazione della Commissione antimafia della precedente legislatura su Roma ed il Lazio. Ricordo che in quella relazione si faceva riferimento ad un rapporto della Criminalpol su attività di Licio Gelli e sui legami intrattenuti dallo stesso Gelli con la criminalità romana, anche con riguardo all'assegnazione di appalti internazionali. Dalla relazione di allora non era chiarissimo il periodo a cui ci si riferisce: ricordo di aver indirizzato al ministro Mancino un'interrogazione per puntualizzare proprio questo elemento, per sapere cioè se i rapporti potessero collocarsi anche in epoca successiva al ritorno di Gelli in Italia. Dalla risposta di Mancino mi sembra che effettivamente vi siano stati rapporti di questo tipo anche nel 1991. Cosa si può dire delle attività di Gelli oggi? Formano oggetto di attenzione da parte vostra? PRESIDENTE. Vi sono state intercettazioni telefoniche, ma molto prima del 1991. Si tratta di intercettazioni della questura di Roma in rapporto alle attività della banda della Magliana: fu registrata una telefonata di Gelli nella quale - se non ricordo male - si parlava di appalti in Africa (o anche in Argentina...). MASSIMO BRUTTI. Mi sembra che si riferisse all'inizio degli anni novanta. Posso sbagliare, ma mi sembra che la risposta di Mancino confermasse l'esistenza di iniziative di Gelli anche successive al suo ritorno in Italia. Sarebbe utile conoscere se oggi l'attenzione delle forze di polizia sia focalizzata anche sul problema delle attività di Gelli (che ancora in interviste recenti parla di se stesso come di un grande banchiere "senza licenza" e che quindi continua a svolgere attività di tipo economico). Vorrei inoltre sapere se formano oggetto di attenzione altri due personaggi: Carboni e Pazienza. Si tratta di uomini notoriamente a piede libero e che, appena possono, ostentano ricchezze, grandi disponibilità economiche, e, quindi, continuano a svolgere un proprio ruolo; vi è un rapporto di Carboni anche con il mondo dell'usura. Si può parlare, ancora, di un ruolo attuale di Nicoletti in relazione al mondo della criminalità romana? Se non sbaglio, questo personaggio è in carcere, ma rappresenta un problema perché intrattiene collegamenti con l'esterno. Qual è il regime di sicurezza a cui è sottoposto? In quale carcere si trova? Infine, due questioni che riguardano lo stesso problema. Vi sono a Roma iniziative illecite volte ad interferire sulla vita giudiziaria e politica: vi sono state in passato. Esistono ancora oggi? Quale valutazione potete formulare su questo punto? Vi sono rapporti di gruppi criminali con settori dei servizi di informazione e Pag. 3376 di sicurezza; vi sono stati in passato. Nella stessa ricostruzione dell'omicidio Casillo a Roma - che risale al 1983 - elementi del genere emergono e sono apparsi chiari anche dalle indagini che su questo punto ha svolto la Commissione antimafia. Quale valutazione potete formulare in proposito? Abbiamo tentato di ricostruire - nei limiti del possibile - la storia dei recenti attentati ascoltando i responsabili delle forze dell'ordine. A me rimane un dubbio, un problema aperto, che non credo voi possiate chiarire definitivamente, ma che comunque resta oggetto di accertamento. Francamente credo che presenti aspetti anomali l'attentato non riuscito, appena "accennato", dell'automobile contenente un ordigno esplosivo in prossimità di palazzo Chigi. L'informatore, l'attentato sventato... : l'impressione è che potesse trattarsi di un depistaggio. Chi era quell'informatore? Con quali forze dell'ordine aveva collegamenti? Come è andata a finire? Immagino che voi non possiate rispondere esaurientemente ad una domanda di questo genere, ma se è possibile sarebbe utile alla Commissione antimafia disporre anche soltanto di qualche indicazione, per esempio circa la prospettiva di ricerca su cui le forze di polizia stanno lavorando. MAURIZIO CALVI. Capisco l'importanza di Roma come capoluogo della regione Lazio e soprattutto come capitale d'Italia e quindi comprendo le implicazioni e gli effetti dei poteri criminali su questa complessa realtà. Quello che invece mi appare molto sfumato, essendo quelle in corso audizioni su problemi di carattere regionale, è il quadro relativo alla presenza di poteri criminali nelle realtà geografiche esterne alla città ed alla provincia di Roma. Ecco perché prego il generale Colavito di aggiornare - se può - il quadro della diffusione della delinquenza organizzata di diversa espressione e tendenza (in particolare mafia, 'ndrangheta e camorra) nella provincia di Latina e nella parte terminale della provincia di Frosinone, aree di cui nella precedente audizione abbiamo capito l'importanza sia in rapporto a vicende particolari sia come centri di interesse per forme di investimento anche sofisticate dal punto di vista dei flussi finanziari di carattere illecito. Eventualmente questo aggiornamento potrà essere contenuto anche in una relazione successiva da far pervenire alla Commissione successivamente. ALDO DE MATTEO. Mi sembra che dall'insieme degli interventi sia emersa l'esigenza di muoversi anche al di là dei confini romani e laziali. Mi riferisco in particolare ai collegamenti internazionali, sottolineati dal colonnello Di Paolo, il quale ha messo in evidenza l'esistenza di strumenti sofisticati e moderni, di nuove metodiche e di collegamenti che si stabiliscono ad un livello sempre più alto per l'utilizzo delle nuove opportunità offerte dallo stesso sviluppo tecnologico. Contemporaneamente mi sembra che in quest'ultima fase ci si sia adoperati positivamente, con la creazione di organismi che operano a livello internazionale ed in particolare a livello europeo. Sappiamo di incontri, di stage, che naturalmente si concludono spesso con il riconoscimento dei risultati raggiunti. Qual è, però, il giudizio che voi date di questi organismi? A me sembrano fondamentali rispetto alla lotta ad una criminalità che si appropria sempre di più degli strumenti della moderna tecnologia e che progressivamente si internazionalizza, da qui la necessità di determinati collegamenti. Che giudizio date, in sostanza, sull'efficacia dell'attività di gruppi e dell'utilizzo di strumenti nuovi? Siamo ancora ai primi passi, come io immagino, oppure sono state poste le premesse valide affinché si possano realizzare alcuni sviluppi positivi? Probabilmente occorreranno investimenti non solo in uomini, ma anche in strumenti tecnici adeguati per poter operare a livello internazionale. FERDINANDO MASONE, Questore di Roma. Vorrei rispondere ad alcune domande Pag. 3377 formulate dal senatore Brutti in relazione alla maggiore autonomia dei gruppi operanti nell'area rispetto alla mafia ed alla camorra. Ritengo che tale maggiore autonomia sia effettivamente ravvisabile. Preliminarmente, però, vorrei svolgere un precisazione. Abbiamo messo in evidenza e studiato collegamenti sulla base di indagini e di risultanze di atti, per cui i gruppi che abbiamo individuato ancora non hanno né possono avere un riscontro dal punto di vista giudiziario: si tratta soprattutto di una impostazione investigativa che ci siamo dati partendo da determinati presupposti. Dicevo, dunque, che vi è effettivamente un'autonomia: la differenza rispetto al passato è determinata appunto dalla mancanza di referenti organicamente sistemati nella malavita, come potevano essere quelli della banda della Magliana (rivolgendosi al suo capo importanti organizzazioni come la mafia, la camorra, la 'ndrangheta potevano avere risposte certe di affidabilità). Adesso non possono più disporre di questo strumento: hanno legami e contatti individuali con determinate persone che si muovono in particolari gruppi. Ecco perché io vedo senz'altro una maggiore autonomia. Per quanto riguarda Gelli, non ho presente con precisione nella mia memoria il rapporto che si riferisce all'inizio degli anni novanta, anche perché risale ad un periodo in cui non facevo parte della questura di Roma. Posso dire tuttavia che Gelli viene seguito costantemente. Lo stesso vale per Carboni: noi lo consideriamo come il finanziere del gruppo; lo è stato per la banda della Magliana, continua ad esserlo tuttora (altra cosa era il braccio armato della banda; Carboni si dedicava ai traffici). Lo stesso dicasi per Pazienza. Recentemente abbiamo inoltrato nei suoi confronti - insieme con altre dieci persone - all'autorità giudiziaria un rapporto in cui veniva messa in evidenza la sua attività pregressa, che noi riteniamo anche attuale. PRESIDENTE. Nei confronti di Carboni? FERDINANDO MASONE, Questore di Roma. Sì, nei confronti di Carboni. Enrico Nicoletti, inoltre, arrestato nell'ambito dell'operazione Colosseo, è stato recentemente denunciato dall'Arma dei carabinieri in seguito all'operazione a cui ha fatto cenno il colonnello Gallitelli (che poi potrà dire qualcosa in proposito). Allo stato non mi risultano suoi contatti con l'esterno: parlo con una buona dose di attendibilità, poiché il personaggio è di grande spessore e noi curiamo particolarmente sia lui sia i suoi accoliti. In proposito, faccio presente che mi riferisco alle dichiarazioni che sono state e che continuano ad essere rilasciate da qualche pentito. Del resto, mentre il Nicoletti era in carcere si è sviluppata l'operazione che ha portato alla sua denuncia da parte dei carabinieri: ciò dimostra che l'attività del soggetto è stata seguita anche quando egli si è trovato in stato di detenzione. Per quanto riguarda gli attentati recenti, ho sempre pensato che quello di via Fauro sia stato diretto contro Costanzo. Io ragiono costantemente sulla base di dati concreti e visibili: Costanzo ha avuto salva la vita perché in quel momento si è trovato dietro ad un pilone e ad un albero, per cui non è stato investito in pieno dall'esplosione. Questione di frazioni di secondo: non si può prescindere da un dato del genere; se si volevano evitare vittime si poteva bloccare il traffico (come è stato fatto in altre circostanze), anche perché la strada lo permetteva (sarebbe bastata la manovra di un'auto per qualche secondo). In sostanza attribuisco a questo attentato una matrice mafiosa: e siccome gli altri hanno caratteristiche analoghe, sono portato a ritenere che anche essi abbiano connotati del genere, cioè matrice mafiosa. LEONARDO GALLITELLI, Comandante provinciale dei carabinieri. Per quanto concerne l'autonomia dei gruppi, condivido pienamente quanto ha detto il questore, anche perché era stato chiarito Pag. 3378 inizialmente che si tratta di frange che operano indifferentemente nel territorio ed in settori di attività. Ciò impedisce di stabilire un rapporto organico con organizzazioni delle regioni Campania, Calabria, Sicilia e direi anche Puglia, visto che comunque nell'ultimo triennio qualche latitante appartenente alla Sacra corona unita è stato arrestato nel territorio della provincia romana. Ciò significa che queste presenze hanno carattere estemporaneo, episodico, occasionale o costituiscono terminali operativi per delle azioni da condurre e da mandare ad effetto in un dato momento storico, per cui esse si giustificano anche per questo motivo. Del resto, non possiamo non tener conto che ci troviamo in una fase di regressione: nell'area pometina che, specie nel passato, per la presenza di Frank Coppola era stata sotto pressione mafiosa, oggi, a seguito di una serie di arresti e per l'incapacità dei soggetti succeduti al Coppola di raccogliere degnamente il testimone, nonché per l'insussistenza di gruppi capaci di governare tutto il territorio, specie negli ultimi due anni si assiste ad una regressione delle manifestazioni mafiose, o almeno disponiamo di indicatori che attestano tale regressione. Confermando quanto ha detto poc'anzi il questore, noi ci atteniamo a dati di fatto, alle investigazioni ed agli accertamenti svolti, per cui traiamo conclusioni da tutto quello che viene percepito e recepito nel corso di tali investigazioni. Non credo quindi che si possa parlare di un riciclatore unico nell'ipotesi avanzata dal senatore Brutti: certo, ci sono figure che per il peso delinquenziale che hanno indubbiamente si affermano più di altre e che possono coagulare anche più interessi, ma nessuna di queste figure può acquisire l'esclusività. Il Nicoletti era uno di questi, era indubbiamente il referente (e ce lo dice anche un collaboratore di giustizia) di più gruppi criminali. Quindi, il suo peso delinquenziale è senz'altro superiore a quello di altri che, però, nella nostra visione e cognizione, mantengono altrettanti rapporti operativi quando e se necessario con altri gruppi. Per quanto concerne il Nicoletti, di ciò che egli fa ci interessiamo in modo ravvicinato, tant'è che l'operazione nel corso della quale si è proceduto all'arresto del notaio Di Ciommo, di un funzionario di banca e di altri soggetti è avvenuta mentre il Nicoletti era già custodito in carcere, il che significa che la sua attività è indubbiamente seguita. Per quanto riguarda gli attentati, fermo restando che la possibile matrice mafiosa sembra ancora la più probabile e che il quadro deve ancora essere definito compiutamente, anch'io condivido, alla luce delle indagini e delle risultanze sinora acquisite, la natura di tale matrice. Il fallito attentato di via dei Sabini nei pressi di Palazzo Chigi trova la presenza di questa fonte testimoniale che noi abbiamo fatto assurgere a fonte testimoniale proprio per la delicatezza del quadro che si andava componendo; in quel frangente era intervenuta l'Arma dei carabinieri. Le indagini tuttora in corso non hanno suffragato elementi di collegamento con altre associazioni, ed è ciò che stiamo verificando con i magistrati che si interessano di questo caso, in quanto il testimone è un pregiudicato per reati comuni, non per reati specifici nel settore. Il senatore Calvi ha parlato di un quadro attenuato della realtà provinciale. Rispetto alla vecchia realtà posso dire ben poco, in quanto opero in provincia di Roma solo da un anno. Comunque, questa tipicizzazione dei rapporti criminali tra vari gruppi ritengo che debba sollecitarci a prestare una vigile attenzione, ma non destare in noi allarme. Se questo può essere colto come un'attenuazione, allora devo condividere il termine usato dal senatore Calvi. La presenza di gruppi di criminalità organizzata è, secondo noi, attestata nelle forme che in qualche modo con il questore abbiamo cercato di chiarire ed è fatta di rapporti non necessariamente stabili, come tali caratterizzati da episodicità ed occasionalità relative ad Pag. 3379 interessi da perseguire in quel momento, oltre che essenzialmente finalizzate alla gestione di interessi economici, perché, come sottolineava anche il colonnello Di Paolo, l'interesse della criminalità oggi è quello di investire una massa di ricchezze, per cui può trovare ed ha trovato nell'ambito romano, quando vi era la stabile presenza della banda della Magliana, un canale privilegiato, ciò che è più difficile oggi perché, dopo tutto, la composizione criminale va ricollegata, a mio avviso, alla fluidità della situazione criminale: mancando capi carismatici, accordi, intese, mancando quindi l'organizzazione verticistica o di tipo familiare o di tipo cosca, non è possibile radicarsi sul territorio né affermare un potere mafioso - lo dico tra virgolette - nella provincia. Questo è un carattere di attenuazione che però, a mio avviso, si ricollega necessariamente alla tipicizzazione delle forme criminali, almeno stando a ciò che abbiamo acquisito sino a questo momento, e si tratta di acquisizioni sufficientemente aggiornate in quanto abbiamo informazioni di prima mano. Infine, quanto alla validità degli organismi internazionali, siamo ai primi passi, ma si tratta di passi già robusti perché sono state create parecchie forme di collaborazione. Da tutto questo abbiamo ricavato un immediato vantaggio perché le nostre indagini, quando è necessaria, trovano immediata rispondenza in una collaborazione attiva all'estero e ciò rientra in termini di notizie che vengono acquisite anche dalla permanenza di nostri connazionali che delinquono all'estero e che forniscono un contributo. Indubbiamente vi è ancora molta strada da percorrere, ma per fare ciò è necessario operare sul piano legislativo e su quello di accordi bilaterali o multilaterali, piano che voi conoscete senz'altro meglio di me. NINO DI PAOLO, Comandante del nucleo centrale di polizia tributaria della Guardia di finanza. Vorrei rispondere a quanto ha chiesto il senatore De Matteo rilevando che non solo gli organismi che studiano e promuovono intese internazionali sono utili, ma debbono essere addirittura incoraggiate iniziative in tale direzione perché - lo ripeto - non ha senso oggi che vi sia in Italia una legislazione antimafia agguerritissima ed avanzata senza accordi internazionali. Basti pensare che con un semplice telex dall'Italia possiamo movimentare miliardi. Che senso ha, quindi, chiudersi in una barriera protezionistica efficacissima senza collegamenti internazionali? Si tratta di un discorso esclusivamente politico, non tecnico; non credo si debbano compiere molti sforzi per studiare tecnicamente le movimentazioni interbancarie; vi sono abilissimi operatori che sono in grado con un documento di esprimere queste valenze tecniche. Il discorso è politico: i paesi debbono capire che, se dal lavaggio di moneta sporca derivano dei vantaggi, insieme a questi ultimi si corrono anche dei rischi concreti che riguardano gli stessi paesi. Del resto, non è casuale che sia all'esame del Parlamento svizzero un progetto di legge che prevede una responsabilità per colpa dei funzionari bancari in alcuni casi particolari. Quindi, se la stessa Svizzera è arrivata a comprendere questo, dobbiamo estendere la nostra attenzione anche ad altri paesi. PRESIDENTE. Dalla Svizzera, come lei sa, arrivano segnali contraddittori. NINO DI PAOLO, Comandante del nucleo centrale di polizia tributaria della Guardia di finanza. Tuttavia, l'atteggiamento della Svizzera non può essere considerato alla stregua di quello che questo paese teneva dieci o quindici anni fa. In questo senso ho voluto proporre un paradosso. PRESIDENTE. Desideriamo ringraziarvi per il contributo che avete fornito Pag. 3380 ai nostri lavori e vi preghiamo di lasciarci o inviarci relazioni scritte riassuntive dei temi che qui sono stati trattati. Audizione dei rappresentanti delle seguenti associazioni imprenditoriali di Roma: Unione Industriali, Confapi, Confcommercio, Upla-Confartigianato, Associazioni provinciale di Roma della CNA, Confesercenti. PRESIDENTE. Anche a nome dei colleghi della Commissione ringrazio i rappresentanti delle categorie economiche e produttive per la partecipazione a questa audizione. Noi stiamo aggiornando le nostre conoscenze sulle attività della criminalità organizzata nella realtà romana, anche con riferimento alle sue propaggini nella regione. Parlo non a caso di attività, perché il problema di Roma non è tanto quello di una presenza stanziale, organizzata di gruppi mafiosi, quanto quello di attività che fanno riferimento agli interessi mafiosi e che hanno relazione proprio con il mondo imprenditoriale, economico e commerciale che voi rappresentate. Non è cosa nuova, infatti, che le attività di riciclaggio, le attività finanziarie, le attività sempre più estese nel settore imprenditoriale e commerciale della criminalità organizzata non hanno risparmiato in passato Roma e non abbiamo motivo di ritenere, anche avendo ascoltato i magistrati della procura distrettuale antimafia ed i rappresentanti delle forze dell'ordine, che questo interesse per le attività economiche, imprenditoriali e commerciali sia cessato da parte della criminalità organizzata stessa. In particolare, abbiamo riscontrato un aumento delle attività di usura, che naturalmente è da porre in relazione anche alla crisi economica, però si tratta di un'attività tradizionale dell'organizzazione criminale. Non a caso a Roma sono stati recentemente assicurati alla giustizia esponenti di clan camorristici che erano impegnati in tale attività e che si appoggiavano anche a gruppi criminali romani. Quindi l'attività usuraia comporta anche una conseguenza nel settore delle estorsioni. Vi chiediamo se ci potete dire qualcosa al riguardo, anche se apparentemente non sembra che vi sia un'attività estorsiva rilevante in città; infatti il telefono verde è stato messo fuori funzione perché non serviva. Comunque l'allarme maggiore che abbiamo già sollevato nella passata legislatura con una relazione su Roma riguarda gli impieghi di capitali illeciti in attività lecite, vale a dire l'inframmettenza, la commistione tra le attività che voi rappresentate, lecite e legittime, ed il capitale illecito che cerca di riciclarsi non solo per quanto riguarda la provenienza del denaro sporco, ma anche come immagine, come immagine sociale. In relazione a ciò vogliamo conoscere la vostra valutazione, il vostro giudizio al riguardo. Poiché rappresentate in qualche modo categorie ed attività a rischio, vorremmo sapere cosa ne sapete e quali sono le vostre preoccupazioni e le vostre indicazioni. GIORGIO TROMBETTA, Presidente della Federlazio romana. Noi già nel 1991, d'accordo con l'allora prefetto Caruso, effettuammo un'indagine presso i nostri associati per conoscere se vi erano fenomeni di tal genere; su circa 1.500 associati abbiamo ricevuto 255 risposte alla fine del dicembre 1991-inizio 1992. In queste risposte in molti casi si dichiarava di aver ricevuto minacce e subito estorsioni. Noi abbiamo fatto un'indagine completa e possiamo lasciarvi un documento che può essere interessante anche se riguarda due anni fa. Se reputate sia interessante potremmo ripetere tale indagine e cercare di capire ancora meglio tale realtà. PRESIDENTE. Si tratta senz'altro di un'iniziativa utile. Pag. 3381 GIORGIO TROMBETTA, Presidente della Federlazio romana. Come Federlazio partecipiamo anche alla commissione regionale con Marroni. Siamo pronti ad insistere e a fare del nostro meglio per avere notizie e per realizzare il possibile sempre d'accordo con voi. La nostra impressione è che effettivamente ci siano delle infiltrazioni, che ci siano addirittura alcune aziende che a nostro avviso vengono finanziate con denaro riciclato. Si tratta di aziende che diventano addirittura concorrenti. PRESIDENTE. In quale settore, dottor Trombetta? GIORGIO TROMBETTA, Presidente della Federlazio romana. In vari settori, sicuramente in quello commerciale. A livello di supermercati, ad esempio, abbiamo sensazioni del genere: vi sono aziende, infatti, che stranamente concedono molto credito, fanno dei crediti alla clientela un po' particolari. Parliamo comunque sempre dei settori industriali, dei settori della distribuzione. Quanto lei diceva in precedenza ci sembra molto giusto perché certamente non disponiamo né di prove né di documentazioni, però abbiamo delle sensazioni strane nei confronti di persone che hanno creato delle aziende troppo facilmente, che si sono allargate, che continuano a comprare punti vendita e a fare affidamenti di notevole consistenza alla clientela. Crediamo quindi che in tal campo questo fenomeno ci sia. Per quanto attiene all'estorsione, personalmente sono stato vittima di un tentativo di estorsione a Pomezia proprio da parte della malavita che si trovava nella zona di Torvaianica. Alla fine intervennero i carabinieri e si riuscì a far arrestare tutte queste persone che sono state processate dopo sette anni, quando alcuni addirittura non c'erano più. PRESIDENTE. Era attività estorsiva? GIORGIO TROMBETTA, Presidente della Federlazio romana. Sì, si trattava di attività estorsiva, ma fu piuttosto grave perché era collegata al furto e morì un infiltrato di questa banda. Insomma, si trattava di un fenomeno piuttosto rilevante ed intervenne l'investigativa dei carabinieri che riuscì a realizzare un'operazione molto brillante. Però, ripeto, dopo che queste persone sono state imprigionate per qualche tempo, sono tornate in libertà. Qui si apre il discorso della giustizia, delle procedure penali che non consentono che vengano messe in condizioni di non nuocere ulteriormente determinate persone. Lo ripeto, senz'altro ci sono fenomeni del genere. Ancora una volta faccio presente che abbiamo qui le 255 risposte date al nostro questionario distribuito due anni fa. Sono tutte risposte positive, infatti quanti hanno risposto erano a conoscenza di fenomeni di estorsione, di minacce e di situazioni analoghe. Se vuole, presidente, potremmo riproporre oggi tale questionario e anche approfondirlo. PRESIDENTE. Senz'altro e ci può lasciare i dati di questa indagine che è abbastanza recente, e quindi può costituire un elemento di documentazione utile. BRUNETTO TINI, Presidente dell'Unione industriali di Roma. Non abbiamo compiuto alcuna indagine, però i nostri funzionari, che sono presenti sul territorio, ci comunicano che la situazione è molto differente a seconda delle varie località. Il sud della provincia - sul quale mi soffermerò successivamente -, che sta al confine con la parte sud della nostra regione, specialmente negli anni passati - parlo della zona tra Pomezia ed Aprilia - ha avuto dei problemi. Nella zona di Pomezia diversi anni fa vi fu un tentativo da parte di alcune organizzazioni estorsive di intervenire nel settore industriale. Pag. 3382 Le aziende non hanno subito queste forme di ricatto e di estorsione e quindi gli episodi forse sono più legati a espressioni locali di malavita che non a strutture maggiormente organizzate. Per quello che riguarda, invece, la fascia territoriale che sta lungo la costa fino alla fine della provincia, in campo immobiliare, di speculazioni immobiliari e di insediamenti immobiliari, sicuramente vi sono situazioni poco chiare. In altri termini, ci sono immobiliari fantasma che nascono e poi chiudono; è una situazione abbastanza complessa di cui si ha scarsa conoscenza. Nel resto della provincia, limitatamente alle zone di confine, tra Pomezia e Aprilia, dove sicuramente deve essere rivolta una maggiore attenzione, sostanzialmente non si registrano fatti eclatanti di malavita organizzata. Vi è invece una diffusa microcriminalità, soprattutto nella zona dei castelli romani, in cui alcune aziende sono costantemente "visitate" e subiscono piccoli furtarelli, che devono essere oggetto di un'attenzione maggiore da parte delle forze di pubblica sicurezza. Passare da fatti episodici a qualcosa di più organizzato è facile, il passo è breve. In sintesi, non si registrano rilevanti fatti di malavita organizzata nel settore industriale nella nostra provincia, limitatamente alla zona di Pomezia e Aprilia. Se ne sono registrati, ripeto, in passato, nella zona di Pomezia, ma in questo momento non ci risultano episodi eclatanti. Vorrei indicare però la necessità di prestare un'attenzione specifica al settore immobiliare nella zona costiera. PRESIDENTE. Vi risulta, anche in seguito ad attività di usura, che vi siano stati trasferimenti di proprietà di imprese commerciali ed industriali per lo meno sospetti, cioè che facciano pensare ad infiltrazioni della criminalità organizzata? Pongo questa domanda sia perché si tratta di un metodo largamente praticato nelle regioni a rischio, sia in quanto, svolgendo indagini in aree diverse da quelle a rischio - sono state compiute indagini a tappeto su tutto il territorio nazionale -, abbiamo avuto indicazione di passaggi di proprietà, in relazione ad attività di prestito usuraio, che denotavano la presenza di riciclaggio. Subentrare nella proprietà di un'impresa lecita che ha un proprio mercato, è un modo per mascherare molto bene il capitale sporco. BRUNETTO TINI, Presidente dell'Unione industriali di Roma. A livello industriale non risultano simili contesti. Forse a livello immobiliare, ma soprattutto commerciale. PRESIDENTE. I settori commerciale e artigianale sono i più colpiti. BRUNETTO TINI, Presidente dell'Unione industriali di Roma. Il livello industriale molto di meno. VINCENZO ALFONSI, Segretario generale della Confesercenti di Roma. Da tempo siamo impegnati su questo versante poco vicino ai nostri scopi istituzionali, come organizzazione del commercio e del turismo. Siamo stati costretti ad un impegno significativo negli ultimi due-tre anni, a seguito di segnali provenienti dai comparti commerciale e turistico. Lei ha ragione quando sostiene che vi è un problema di crisi economica, ma non è solo questa a giustificare l'attenzione rivolta dalla criminalità organizzata al commercio ed al turismo. I segnali da noi raccolti vogliamo indicarli alla Commissione affinchè costituiscano elementi di riflessione. Abbiamo notato un forte cambio di titolarità negli ultimi cinque-sei anni, soprattutto nel centro storico, nel settore commerciale. Spesso il cambio ha riguardato una ditta individuale che è divenuta società, con la quale è molto più semplice camuffare la vera proprietà. Credo di non esagerare nel dire che soprattutto nel centro storico il fenomeno ha riguardato Pag. 3383 circa il 20-25 per cento delle imprese. Abbiamo notato, negli ultimi anni, una crescita abnorme di alcune attività commerciali in controtendenza, che non si spiega: mi riferisco, per esempio, all'aumento delle oreficerie rispetto alla forte flessione dei consumi. Se le forze dell'ordine che controllano il territorio girano, possono rendersi conto come in una città insicura qual è Roma - i dati pubblicati in questi ultimi giorni dimostrano come dovrebbe essere difficile per le gioiellerie lavorare con le porte aperte - soprattutto per quanto riguarda queste attività, cresciute negli ultimi 4 o 5 anni, con centinaia di milioni di prodotti nelle vetrine, si sta tranquillamente con le porte aperte. La crescita, o per lo meno una spinta significativa verso la crescita, si verifica anche nella media e grande distribuzione. Sono chiamati supermercati, ma per le leggi di questo paese il supermercato è un esercizio che copre 400 metri quadrati: questo lo dico per dare la giusta valenza alle espressioni che si utilizzano. Chi ha un'esercizio di 400 metri quadrati si dice abbia un supermercato dietro al quale magari vi sono capitali provenienti dal traffico della droga o dal riciclaggio del denaro sporco. Ad ogni modo quando parlo di strutture di media e grande distribuzione non escludo l'ingrosso, che rappresenta uno dei settori in cui si è concentrata l'attenzione di soggetti esterni al mondo commerciale, ma forniti di rilevanti disponibilità economiche in un momento in cui il commercio non va bene. Secondo la logica economica, è profondamente sbagliato investire in un settore che va male. Un altro elemento di riflessione. Sono scaduti nel 1991, 1992, 1993 (e altri scadranno nel 1994) moltissimi contratti di locazione per esercizi commerciali - dico moltissimi, riferendomi alla legge sull'equo canone (sei anni più sei) -. Le richieste avanzate dai proprietari riguardano 10-20-30 volte il canone pagato precedentemente, tanto che in numerosi casi l'operatore commerciale non è stato in grado di mantenere questa attività, anche facendo valutazioni di carattere economico. In molti casi, per 40 metri quadrati, venivano - e vengono - chiesti nel centro storico 250 milioni l'anno di locazione! Questo è un dato medio, al quale si aggiungono cifre più elevate. A fronte delle difficoltà dell'operatore commerciale nel fare le valutazioni commerciali - perché qualunque sia la merceologia oggetto di vendita è impossibile recuperare anche il solo canone di locazione, da cui discende l'abbandono del comparto dell'imprenditore sano -, vi era una fila di persone disponibili (entrate successivamente nel settore) provenienti non dal mondo commerciale, ma dal di fuori, direi anche al di fuori del mondo imprenditoriale più complessivo. Posso capire quando qualche piccola impresa del mondo industriale tenta di trovare spazi nel settore distributivo, ma non capisco gli operatori esterni, i quali sanno benissimo che per quegli esercizi non è possibile neanche ricavare, in termini di valore aggiunto, il solo canone. Quindi, quelle persone si inseriscono in attività comunque in perdita. Sono elementi di riflessione che ci inducono a trarre determinate conclusioni, anche se da inesperti, non da esperti del mutamento della strategia criminale del nostro paese. Come commercianti diciamo che il settore comincia ad avere presenze che mettono in seria difficoltà le corrette regole della concorrenza: gente con risorse incredibili, che si inserisce in un mercato competitivo ha vantaggi completamente diversi da chi vi lavora da anni e soffre una crisi dei consumi, soffre di una chiusura totale dei "rubinetti" bancari, così come soffre un altro fenomeno che ormai sta prendendo piede - nonostante risalga al Medio Evo - ed assumendo caratteristiche allarmanti, ossia l'usura, su cui credo la Commissione si sta soffermando. Da circa due anni abbiamo attivato un telefono antiracket, chiamato SOS impresa Pag. 3384 (oltre ad aver istituito un'associazione ad hoc) che ha ricevuto più di 600 telefonate. Mi consenta una parentesi, signor presidente: lei ha parlato del numero verde della prefettura che è fallito. Ma quando un numero verde è conosciuto soltanto dal prefetto e dalle forze dell'ordine non serve a nulla. PRESIDENTE. Le categorie non hanno provveduto... VINCENZO ALFONSI, Segretario generale della Confesercenti di Roma. Non è stato mai comunicato. PRESIDENTE. Neanche alla sua? VINCENZO ALFONSI, Segretario generale della Confesercenti di Roma. No, siamo stati noi a chiedere al prefetto Caruso il numero. Lui non si è neanche degnato di scrivere due righe per dire che era stato attivato il numero. PRESIDENTE. Era un telefono clandestino più che verde! VINCENZO ALFONSI, Segretario generale della Confesercenti di Roma. Se lei chiedesse a me il numero verde della prefettura - su cui in teoria dovrei essere informatissimo, poi dirò molte altre cose a dimostrazione della informazione della nostra associazione - risponderei che non lo conosco, perché si tratta di un numero rimasto per pochi intimi. Suggerimmo di mettere cartelloni pubblicitari e manifesti presso le unità sanitarie locali, il comune e le sedi istituzionali pubbliche oltre che per le strade: nulla è stato fatto! Non credo sia arrivata - non so alla Confcommercio - una segnalazione formale del telefono verde. E' ovvio che non chiama nessuno. Al nostro telefono, segnalato con manifesti ed interventi sugli organi di stampa (il cui numero molto semplice è 8551111) sono arrivate più di 600 telefonate nel corso di due anni e circa la metà di queste (forse un po' meno) riguardano il fenomeno dell'usura, che sta assumendo una dimensione sconvolgente nella realtà romana. Dico sconvolgente perché quando si parla del 15 per cento dei commercianti interessati dal fenomeno, moltiplicato per 60 mila, ossia i commercianti romani, ci si rende conto che non è una cifra di poco conto. Se lo riferiamo alla regione Lazio credo che il numero tenda ad aumentare, anche per le valutazioni fatte poc'anzi dal dottor Tini: per esempio, nel sud di Roma il fenomeno è più presente rispetto al centro storico ed alla parte nord della città. Nella provincia di Latina, oltre al fenomeno delle estorsioni e del racket, è sicuramente forte anche l'usura. Nonostante il nostro telefono riguardi la provincia di Roma, ci arrivano spesso segnalazioni anche dalle province di Latina e Frosinone. Quando si parla del 15 per cento su 60 mila, ci si riferisce a circa 10 mila commercianti interessati dall'usura. L'usura sta uccidendo il commercio, presidente Cabras. I tassi praticati molto spesso raggiungono il 30 per cento al mese, che diventa un interesse composto quando non si riesce a rispettare la scadenza. I soldi spesso vengono offerti a costo zero, nella fase iniziale, per inserire la persona bisognosa all'interno di un meccanismo dal quale poi non uscirà più. Spesso abbiamo notato, da segnalazioni seguite d'accordo con le forze dell'ordine, che dietro non ci sono delinquenti di quartiere o la microcriminalità: non vi è soltanto questo, in quanto in diversi casi vi è l'obiettivo preciso di entrare in possesso delle proprietà della persona sotto usura ed anche della sua attività commerciale. Comunque, a nostro avviso, c'è una strategia nell'entrare in possesso delle attività economiche, non solo per riciclare denaro proveniente da attività illecite, ma anche per costruire sul territorio dei sensori, dei punti di riferimento, una rete da parte di qualcuno per capire meglio i fenomeni che accadono in alcuni comparti ed all'interno della società civile. Pag. 3385 In tal modo si hanno subito dei punti di riferimento. Vi sono settori quali quello delle gioiellerie, ma anche i pubblici esercizi, i supermercati o il comparto degli elettrodomestici, in cui un'attenzione maggiore va riposta da parte del mondo della vigilanza, non solo delle forze dell'ordine, le quali - mi rendo conto - hanno difficoltà ad intervenire su tali questioni. Abbiamo anche sollecitato le istituzioni sotto questo aspetto, in particolare la regione Lazio ha realizzato un progetto per cercare di comprendere meglio questo fenomeno che molto spesso sconfina nell'estorsione e nell'usura, perché nel momento in cui diventano pressanti le richieste è facile pensare che si verifichi un reato di estorsione. E' anche necessario capire gli strumenti non solo di contrasto, come si usa dire, ma anche quelli di prevenzione rispetto a fenomeni criminali che sembrano minori ma che, a nostro avviso, usano strategie che portano molto lontano e, quindi, i fenomeni di prevenzione, i rapporti con gli istituti bancari, la rigidità che impedisce alle piccole e medie imprese del commercio e del turismo di poter accedere a finanziamenti non solo agevolati ma molto spesso anche ordinari. Basti pensare all'assurdità per cui è sufficiente avere un protesto di 900 mila lire per essere bollati a vita come persone che non hanno più accesso al mercato del denaro legale e che perciò debbono per forza rivolgersi a quello del mercato illegale. Cito la possibilità per le forze dell'ordine di intervenire anche sulla base di segnalazioni anonime oppure in carenza di denunce: anche questo è un aspetto che sottoponiamo all'attenzione della Commissione perché non sempre la persona ha il coraggio di denunciare. Proprio qualche giorno fa si è verificato l'ultimo caso e la persona interessata ha dichiarato di non voler assolutamente sporgere denuncia, anzi ha chiesto i soldi dichiarando che con 60 milioni se la sarebbe cavata. E' evidente che soldi non ne vengono dati a chi si trova in situazioni di questo tipo ma è chiara la necessità di individuare alcuni interventi e strumenti di sostegno o di solidarietà (chiamiamoli come vogliamo) che mettano queste persone nella condizione di uscire da una situazione la cui ultima conseguenza è quella di consegnare molte delle attività in mano alla criminalità, sia di quartiere sia organizzata. DARIO DEL BUONO, Presidente della Confartigianato. La nostra associazione ha la particolarità di essere composta esclusivamente da persone fisiche. La frammentazione della nostra categoria non ci dà la possibilità di avere un quadro preciso anche perché - ho sentito le percentuali riguardanti le altre categorie - è molto difficile avere notizie in questo campo; ci risulta però, visto che anche noi facciamo parte della famosa commissione regionale, che è molto grave il problema dell'usura e del taglieggiamento, chiaramente maggiormente localizzato nella zona sud, anche se per quanto riguarda la nostra categoria è diffuso su tutto il territorio del comune. Grande peso assume il problema della crisi economica; se vi fossero diverse impostazioni per favorire l'accesso al credito alle piccole e medie imprese, si eviterebbe gran parte del problema. Le trasformazioni, come hanno ricordato coloro che mi hanno preceduto, da persone fisiche a società a responsabilità limitata sono state dovute a questioni di tipo fiscale, soprattutto per quanto riguarda la nostra categoria perché tutte le leggi approvate nel nostro paese sembrano spingere verso la sparizione della persona che rischia in proprio. Quanto alla nostra partecipazione al problema, su tutto il territorio abbiamo allertato i nostri funzionari per sensibilizzare chi entra a far parte dell'associazione, per cercare di superare, parlando apertamente delle varie questioni, il problema della paura, soprattutto di quella di trovarsi in situazioni che, una volta Pag. 3386 denunciato e sgominato il racket, presentano strascichi giudiziari che durano anni. E' questo un aspetto della questione che fa venire meno la fiducia nelle forze dell'ordine. Infine ricordo che l'associazione dispone di una serie di dati documentali elaborati durante la nostra partecipazione alla citata commissione regionale e che possiamo inviare quanto prima alla Commissione. GIANNI MERLUZZI, Vicepresidente della Confcommercio di Roma. Non ho molto da aggiungere a quanto è stato già detto dai rappresentanti delle altre associazioni perché i temi sono sempre gli stessi. Per quanto riguarda l'usura, a noi risulta tutto sommato che il problema non sia così grande, per lo meno relativamente a Roma e alla provincia; voglio dire che non abbiamo la fortuna di ricevere informazioni più dettagliate su questo problema da parte di chi ci telefona. Vi è invece la certezza matematica che si tratta di un fenomeno importante nel sud del Lazio, soprattutto nell'area di Latina, per non parlare di Pomezia. Il tema dell'usura è stato affrontato da noi insieme alla Confesercenti in sede regionale, dove avevamo puntato il dito principalmente sul sistema bancario perché, secondo noi, gran parte dei danni e dei problemi legati all'usura derivano proprio dall'attuale sistema bancario, il quale pretende che a fronte di un fido di cento lire si posseggano almeno cento mila lire. Ciò contrasta un po' con le regole del commercio; bisognerebbe invece che le banche dimostrassero maggiore disponibilità verso l'imprenditorialità dei commercianti o che almeno si attivassero in modo tale da riuscire a dare al commerciante la possibilità di accedere a fidi per i quali oggi esistono forti difficoltà perché costringono molto spesso chi non ha mezzi dietro le spalle o chi nel corso degli anni non è riuscito a crearsi un qualcosa, anche in considerazione della recessione commerciale nella quale ci dibattiamo, ad accedere al prestito ad usura, con tutti i guai che ne conseguono. Il primo passo infatti può essere il prestito per arrivare alla fine alla cessione delle aziende ad organizzazioni molto efficienti, secondo il nostro parere, con un bel nome e quindi "pulite", aziende che permetteranno a questa gente di riciclare quello che viene chiamato denaro sporco. Non occorre molta immaginazione per capire che il novanta per cento di queste situazioni vengono attivate da queste bande organizzate esclusivamente con lo scopo di entrare nel mercato e di potersi riciclare. So che a livello regionale si era pensato di attivare qualche sistema affidando l'iniziativa alla Confcommercio e alla Confesercenti, che è la segreteria operativa di questa azione, ma essa si è bloccata e ora staremo a vedere cosa accadrà. Per quanto riguarda il racket, siamo nelle stesse condizioni, anche perché fra usura e racket non so quali siano le grosse differenze: l'una entra nell'altra e la prima scatena la seconda. Certamente i problemi maggiori li incontrano i ristoranti, i bar, i pubblici esercizi, le discoteche; ci risulta invece che a Roma si sta evolvendo il problema rappresentato dai ristoranti cinesi. In un momento di crisi nel settore della ristorazione assistiamo ad una proliferazione esasperata e per certi versi assurda di ristoranti cinesi che aprono in zone dove, stando alle parole di chi gestiva in precedenza il locale, non si ha la sensazione della possibilità di riuscire a fare qualche cosa. I cinesi non solo smantellano e rinnovano i locali, facendo quindi investimenti di un certo peso, ma tranquillamente sopravvivono pur applicando prezzi che sono molto molto accessibili. L'iniziativa della Confesercenti di attivare una linea telefonica è molto interessante ma non so quanto questo tipo di discorso possa essere realistico perché quasi sempre assistiamo, da parte di quelle che noi classifichiamo come persone Pag. 3387 perbene, ad una certa ritrosia ad andare non dico a pietire ma ad esporre i propri problemi nel caso in cui vengano prese di mira. Purtroppo la paura e la preoccupazione prevalgono poiché, a nostro modo di vedere, da parte delle forze dell'ordine non è stata ancora attivata la copertura necessaria per far sì che il cittadino, in questo caso il commerciante, abbia la tranquillità di sporgere denuncia. Nell'eventualità che questa soluzione venga presa in considerazione, ritengo giusto dare alle diverse categorie la possibilità di fare esse direttamente la denuncia, lasciando fuori il commerciante coinvolto. In questo modo forse non si potrà risolvere il problema ma il nome del commerciante, che certamente non deve rimanere segreto, non deve essere dato in pasto a nessuno per evitare eventuali ritorsioni da parte della malavita. Tutto ciò deriva dal momento economico che stiamo vivendo; finché le cose andavano bene si parlava pochissimo di usura, poco di racket e poco di tutto; quando le cose vanno male, quando il mercato non dà la possibilità di sopravvivere al commerciante, all'artigiano, alla piccola e media industria, nascono i guai: si verifica un'emorragia di denaro liquido per cui il primo passo è quello di chiedere denaro. L'aspetto più importante è quello di far comprendere al sistema bancario che questo è il momento di aiutare il commercio, l'artigianato e la piccola e media industria cercando, sempre nei dovuti modi, di superare le numerose regole burocratiche assurde che non aiutano ad uscire fuori da questa situazione nella quale ci troviamo e che ogni giorno presenta sempre maggiori rischi per tutte le categorie, soprattutto per quelle in cui a rischiare in prima persona è il titolare. Se non cerchiamo di attivare di comune accordo il sistema bancario e le forze dell'ordine, che debbono coadiuvare in modo più fattivo ed attivo, creando insieme quegli strumenti che ci permettano di dare alla gente la sicurezza di non venire coinvolta più di quanto già non sia in un problema di usura e di racket, permane la preoccupazione di essere presi di mira in modo sempre maggiore. Se non riusciamo ad attivare certe situazioni ridando al commercio e ai commercianti la credibilità che manca, penso che questa situazione non potrà che degenerare. MARIO RANUCCI, Presidente della CNA di Roma. Concordo con quanto hanno detto il collega rappresentante della Confartigianato e quello della Confcommercio. Per quanto riguarda gli artigiani e le piccole imprese vorrei tuttavia sottolineare i tre aspetti fondamentali che abbiamo verificato. Il primo è la mancata assistenza da parte degli istituti creditizi, specialmente in momenti come quelli odierni in cui il bisogno di denaro raggiunge limiti molto elevati. Il secondo aspetto è quello relativo agli affitti nel centro storico. Abbiamo avuto moltissimi artigiani che hanno dovuto lasciare le proprie botteghe perché i costi degli affitti avevano raggiunto ormai livelli insostenibili. Il terzo aspetto attiene alle piccole imprese; è significativo il fatto che abbiamo verificato che nella conduzione degli appalti spesso quello che si cerca di avere con la trasparenza del prezzo più basso va invece ad incidere su una cattiva forma di concorrenza, tanto che molte volte vengono dati degli appalti ad aziende che, costi alla mano, sicuramente vanno a rimetterci. Abbiamo verificato che sensibilizzare gli enti pubblici su appalti di questo tipo è importante per dare modo sia alle imprese sia agli artigiani di poter partecipare con serenità ad appalti senza dover ricorrere a forme sicuramente di concorrenza sleale che portano alla "morte" di aziende serie, da diverso tempo presenti sul mercato. GIOVANNI FERRARA SALUTE. Più che una domanda vorrei avanzare una Pag. 3388 richiesta di approfondimento. Desidero infatti sapere quale possa essere, a giudizio delle categorie qui rappresentate, la consistenza (mi riferisco ad ordini di grandezza percentuale) della presenza di capitale prestato non attraverso il ricorso alle banche e quindi non in modo legale, e quanto tale presenza possa incidere sulla validità e sull'efficienza del sistema economico, distributivo e produttivo. In altri termini, comincia già ad esistere una sorta di "dipendenza" organica del sistema produttivo, nel suo complesso, da questo tipo di capitale? Oppure si tratta ancora di un fenomeno che, seppur grave, è delimitato e non ha carattere di penetrazione organica? Una risposta, a tale proposito, può essere orientativa anche per noi che dobbiamo occuparci istituzionalmente degli aspetti organici delle degenerazioni del sistema e delle strutture della malavita, non tanto degli aspetti episodici ma dei grandi flussi di formazione di un sistema diciamo illegale. Qualche tempo fa mi accadde un episodio molto curioso. Mi trovavo in un giardino separato da quello di una casa accanto da edera. Si sentiva ma non si vedeva. Stavo studiando per conto mio per cui ero nelle condizioni di poter ascoltare senza essere visto. Fui colpito da una conversazione - è uno di quegli episodi della vita che restano impressi in chi non è del mestiere - tra persone che non sapevo chi fossero e che parlavano tra loro. Uno di essi ad un certo punto, parlando di investimenti, disse ad un altro: "Non si preoccupi, guardi, questi miliardi sono puliti; non ci sono problemi. Stia tranquillo". Quasi che l'alternativa tra denaro sporco e denaro pulito, sul piano dell'investimento, fosse una cosa normale. Il problema che abbiamo è dunque di questo tipo. Dobbiamo capire se certi fenomeni facciano ormai parte organica del sistema, diventando cioè delle patologie fisiologiche, che sostengono il sistema, oppure se si tratta di cose che, una volta delimitate e colpite, non aggravano la situazione del sistema. Ricordiamo, al riguardo, quanto è accaduto in Sicilia, allorquando c'è stata la rivolta dicendo: "La mafia dà lavoro. Non combattete la mafia perché ci levate il lavoro". Era vero perché si andava ad incidere su realtà economiche e sociali nel momento in cui si interrompevano certi flussi di investimenti. Il che era una cosa di enorme gravità. Naturalmente esiste anche un problema sia per il legislatore sia per il politico sia per le forze dell'ordine in generale che, chiamate a garantire la legge, devono stare attente nel momento in cui si colpisce la malattia, a non colpire il sistema nel suo complesso. Da qui la necessità di sapere dove le cellule malate finiscono e se il fenomeno sia ormai purtroppo entrato a far parte della circolazione. Qui si è molto insistito sul carattere sostanzialmente insufficiente del sistema bancario italiano. Noi sappiamo che la differenza, per esempio, tra il sistema bancario degli Stati Uniti e quello italiano è che in quel paese il credito funziona in un altro modo. Negli Stati Uniti, infatti, le banche sanno che il loro compito è essenzialmente prestare soldi e non riceverne. Lo danno a tutti, correndo dei rischi e naturalmente facendo pagare pene gravissime allorquando tali rischi si verificano. Il discorso per cui per contrastare la malattia sarebbe necessaria una forte revisione del sistema creditizio, non solo per la situazione contingente ma anche in generale, rischia di restare un discorso che non prosegue nel momento in cui nascesse una sensazione diciamo pessimistica per la quale in certa misura alcuni dati sarebbero irrecuperabili e che tutto quello che si può fare è tamponare, attraverso l'attività delle forze dell'ordine, tenendo sotto controllo la situazione. DARIO DEL BUONO, Presidente della Confartigianato. Il problema è molto diffuso. A mio avviso il fenomeno non è Pag. 3389 ancora diventato sistema. Tuttavia è chiaro che nel corso di quest'anno, in cui la crisi economica avrà i suoi peggiori effetti, esso rischia di diventare sistema. Quanto poi al problema se dietro queste forme di usura o il racket che le nostre imprese "vivono" sul territorio, ci sia già una organizzazione capillare, non è possibile saperlo. Per quanto riguarda l'Artigiancassa, era la fonte per gli artigiani per poter avere delle agevolazioni, anche se poi si trasformava in una fonte di anticipazione nell'investimento dell'impresa da parte dell'imprenditore, rinviando ad un momento successivo l'elargizione del finanziamento. Quella era ovviamente un'altra forma di facilitazione di ricorso all'usura, perché uno, magari sprovveduto o non assistito dalle associazioni (qualunque artigiano poteva ricorrere all'Artigiancassa), compiva un passo più lungo della gamba sperando di avere subito questi soldi. Il discorso è dunque giusto: perché fare l'intervento se poi non si risolve assolutamente niente? Se si interviene subito, probabilmente si può evitare che il fenomeno diventi sistema. VINCENZO ALFONSI, Segretario generale della Confesercenti. Credo sia molto difficile rispondere ad una domanda così precisa. Possiamo farlo ricorrendo a stime per difetto e non per eccesso, sulla base dei dati e delle proiezioni a nostra disposizione. Riteniamo che per quanto riguarda il settore del commercio, con riferimento a quei commercianti che ci risultano incappati in questo fenomeno criminale dell'usura, il capitale diciamo "in più" circolante è valutabile intorno a 2 mila miliardi. GIOVANNI FERRARA SALUTE. A Roma? VINCENZO ALFONSI, Segretario generale della Confesercenti. A Roma. Si tratta di una nostra stima, e come tale va considerata, ma valutandola sulla base dei dati che circolano. Se non ricordo male, il fatturato del commercio nella provincia di Roma dovrebbe aggirarsi intorno ai 18 mila miliardi. Circa il 10 per cento del capitale è drogato. Molto più complessa è invece l'altra parte della domanda che ci è stata posta o che ho intuito, ossia quella relativa a quanto capitale vi sia nel commercio derivante dal riciclaggio del denaro sporco. Credo che sia impossibile per noi rispondere a tale quesito. Esiste tuttavia una grande attenzione da parte di questo capitale nei confronti del commercio, perché poi è l'unico momento per poter farlo circolare senza che nessuno intervenga o mai se ne accorga. GIANNI MERLUZZI, Vicepresidente della Confcommercio. La domanda era molto precisa e quindi mi dispiace di non poter dare una risposta altrettanto precisa. Purtroppo, la verità è che nonostante tutta la buona volontà le stime lascerebbero il tempo che trovano. Possiamo tuttavia dire che la presenza è diventa ingombrante; rischia di diventarlo ancora di più senza un intervento da parte di tutti coloro che concordemente vogliono mettere - come si dice a Roma - una pezza su quello che sta accadendo. Per rendercene conto basterebbe andare a vedere, con riferimento agli ultimi due anni, tutti i passaggi che sono stati effettuati nelle piccole e grandi occupazioni! In altri termini, è incomprensibile che accada che titolari di aziende che dopo trent'anni non riescono più a sopravvivere, se ne vadano prendendo delle buonuscite assurde: a volte, infatti, accade che in centro per locali ridicoli, addirittura si chiedono buonuscite per 4-5-6 miliardi, per poi avviare delle attività che nessun commerciante - ma in ogni caso nessuno che abbia un minimo di buonsenso - andrebbe ad aprire in quel posto. Vi è invece della gente, vi sono situazioni tali che ci fanno riflettere e ci fanno pensare che questo fenomeno stia prendendo piede ogni giorno di più. Pag. 3390 In quanto persone fisiche, in quanto rappresentanti di categorie in cui ognuno di noi rischia sempre in prima persona, siamo sempre molto diffidenti a raccontare i nostri fatti agli altri; siamo altrettanto diffidenti nell'andare a chiedere anche l'aiuto, come diceva lei, alle forze dell'ordine, alla stessa Confcommercio. Talvolta può succedere che il negoziante telefoni, però poi, arrivati ad un certo punto, scatta quel non so che per cui si dice: "Per carità, per l'amor di Dio... Poi dopo mi chiamano, mi portano in causa, mi mettono in luce, cose che io invece non voglio". La situazione è dunque assai preoccupante. Secondo altre stime i miliardi di cui qui si è detto sono ancora di più, sono però convintissimo che con un po' di buona volontà anche se non riusciremo a risolverla sicuramente in tempi brevi, potremmo tuttavia veramente mettere un freno e se non altro evitare che la situazione, già di per se stessa drammatica, degeneri ancora di più quest'anno, che si è già presentato non come un anno di ripresa, purtroppo, ma come un anno dove ancora ci sarà da soffrire soprattutto relativamente alle piccole e medie aziende. GIORGIO TROMBETTA, Presidente della Federlazio. Dalla nostra inchiesta risulta che su 27 associati che hanno dichiarato di essere stati sottoposti ad estorsioni, 21 non hanno mai sporto denuncia. In particolare, 5 hanno detto di non aver mai pensato di sporgere denuncia; 14 di avervi pensato ma di non averlo fatto; soltanto 6 hanno sporto realmente denuncia; 2 non hanno fornito alcuna risposta. Mi sembra che questo si colleghi a quanto detto da chi mi ha preceduto riguardo alla forte paura di chi viene sottoposto a pressioni; paura di esporsi ed anche di parlare con le autorità. Credo che questo sia uno dei punti fondamentali e che perciò occorra far di tutto per coprire ed aiutare chi vuole sporgere denuncia, garantendo l'anonimato. PRESIDENTE. Rivolgo i miei ringraziamenti ai nostri ospiti per le notizie e le osservazioni di carattere generale che ci hanno fornito, di cui terremo il dovuto conto. La seduta termina alle 13,05.