PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE INDICE pag. Seguito della discussione e approvazione della relazione sulle risultanze dell'attività del gruppo di lavoro incaricato di svolgere accertamenti su insediamenti e infiltrazioni di soggetti ed organizzazioni di tipo mafioso in aree non tradizionali: Violante Luciano, Presidente .................... 3433, 3437 Biscardi Luigi ........................................ 3436 Brutti Massimo ........................................ 3434 Cafarelli Francesco ................................... 3437 Marchetti Fausto ...................................... 3436 Ricciuti Romeo ........................................ 3433 Smuraglia Carlo, Relatore ....................... 3433, 3437 Audizione della dottoressa Elisabetta Cesqui, sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma, sulla situazione della criminalità organizzata a Roma: Violante Luciano, Presidente .................... 3437, 3438 Cabras Paolo .......................................... 3438 Cesqui Elisabetta, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma ........................... 3438 Audizione del questore e del comandante del gruppo dei carabinieri di Reggio Calabria sul problema delle cosiddette "vacche sacre": Violante Luciano, Presidente .......................... 3438 3439, 3440, 3441, 3442, 3443, 3444 Cetola Massimiliano, Comandante del gruppo dei carabinieri di Reggio Calabria .................................... 3440 3441, 3442 Ferrara Salute Giovanni ............................... 3444 La Sala Luigi, Questore di Reggio Calabria ............ 3438 3439, 3440, 3441, 3442, 3443 Leccese Vito .......................................... 3443 Tripodi Girolamo ...................................... 3442 Sui lavori della Commissione: Violante Luciano, Presidente .......................... 3437 Ricciuti Romeo ........................................ 3437 Pag. 3432 Pag. 3433 La seduta comincia alle 10,20. (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente). Seguito della discussione e approvazione della relazione sulle risultanze dell'attività del gruppo di lavoro incaricato di svolgere accertamenti su insediamenti e infiltrazioni di soggetti ed organizzazioni di tipo mafioso in aree non tradizionali. PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione della relazione sulle risultanze dell'attività del gruppo di lavoro incaricato di svolgere accertamenti su insediamenti e infiltrazioni di soggetti ed organizzazioni di tipo mafioso in aree non tradizionali. Do la parola al relatore. CARLO SMURAGLIA, Relatore. Comunico ai colleghi di aver apportato alcune modifiche alla relazione, recependo le indicazioni emerse dalla discussione avvenuta l'altro ieri (spero di averle accolte tutte nel senso voluto dai proponenti, altrimenti potranno essere corrette) e talune osservazioni che, per guadagnare tempo e in uno spirito di collaborazione, il collega Ricciuti mi ha anticipato e di cui ritengo di aver già tenuto conto; si tratta sostanzialmente di modifiche che eliminano cose superflue e tendono a puntualizzare meglio alcuni punti. Vi è poi un'osservazione aggiunta dal relatore di propria iniziativa concernente la scheda del Veneto: a proposito di una zona di speculazioni possibili riguardo a cessioni di immobili, alberghi e così via, c'era un'esemplificazione, ovviamente non inventata da noi, riferita ad alcuni alberghi; poiché ci è stato fatto osservare che alcune potrebbero essere operazioni del tutto regolari mentre altre potrebbero essere sospette e dato che si dice che sono in corso operazioni da parte della Guardia di finanza, ho preferito eliminare il riferimento agli alberghi specifici e parlare solo del fenomeno, cioè del fatto che alcuni passaggi suscitano sospetti. Mi pare una formulazione più corretta; poi la Guardia di finanza a suo tempo concluderà le proprie indagini. Questo è il senso delle modifiche apportate. Devo avvertire solo che, dato che alcune modifiche erano già state inserite nel testo ed era intervenuto lo spostamento di una pagina, i colleghi potrebbero trovare nelle schede una pagina di differenza. PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto. ROMEO RICCIUTI. Signor presidente, colleghi, voglio ringraziare il senatore Smuraglia per una collaborazione che mi consente di esprimere un parere del tutto favorevole sulla relazione; infatti, in quest'ultima vi erano alcune ridondanze che sono state limate. Devo dare atto che la relazione prende in esame la realtà abruzzese con grande obiettività di giudizio - tenendo conto dei tre atteggiamenti che abbiamo riscontrato nelle persone ascoltate a L'Aquila: chi era ottimista, chi era moderato, chi era pessimista -, che dà ragione a noi che abbiamo voluto dall'inizio che la Commissione si recasse a Pag. 3434 visitare l'Abruzzo, in modo da poter svolgere quell'azione di prevenzione che è assolutamente necessaria. In più parti della relazione si riconosce che la mafia in Abruzzo non c'è; non c'è nell'accezione con cui la cultura media del nostro paese si riferisce alla mafia, organizzata militarmente e con un controllo stretto del territorio. La relazione lancia invece una serie di allarmi e sottolinea talune necessità di cui spero che la società civile abruzzese nella sua completa organizzazione voglia tener conto. Spero anche che la relazione stessa possa essere, com'è stato detto dal presidente Violante, inviata al consiglio regionale ed anche ad altri enti della società civile, come le scuole di formazione dei carabinieri e dei sottufficiali della finanza esistenti in Abruzzo, le università e così via. Vorrei quindi che fosse più diffusa, in modo che, leggendo le affermazioni in essa contenute, si presti maggiore attenzione a tutti i pericoli che possiamo correre continuando ad essere disattenti nei confronti di quella che potrebbe essere una penetrazione mafiosa nella nostra regione. Voterò pertanto a favore della relazione e preannuncio anche il voto favorevole del gruppo democratico cristiano. MASSIMO BRUTTI. Preannuncio il voto favorevole del gruppo del PDS sulla relazione predisposta dal collega Smuraglia, che rappresenta un fatto nuovo, un'acquisizione assai rilevante, se si guarda all'insieme del lavoro delle Commissioni antimafia negli ultimi anni, perché per la prima volta la diffusione e l'insediamento delle organizzazioni mafiose - o di organizzazioni che su di esse strettamente si modellano in aree nelle quali manca una tradizione di mafia - vengono fatti oggetto di un'indagine sistematica. Sulla base di tale indagine si delineano anche linee di intervento e proposte. Credo che l'insieme dei fenomeni che sono stati studiati e messi a fuoco nella relazione rappresenti una prova della modernità e della dinamicità delle organizzazioni mafiose; tale relazione si distingue rispetto a tutte le altre che abbiamo discusso nei mesi scorsi perché nelle altre abbiamo un'analisi nella quale sono mescolati insieme - e non potrebbe essere altrimenti - caratteri premoderni di tali organizzazioni criminali e tradizioni legate a costumi locali che si traducono poi in una capacità di ottenere consensi e di fondare su di essi il controllo del territorio. Qui invece non abbiamo la messa a fuoco di questi caratteri premoderni, non vi è l'intreccio fra tradizione e forme avanzate di sviluppo dell'organizzazione criminale; vi sono soltanto queste ultime, vi è una capacità di trasformazione e di egemonia delle organizzazioni criminali mafiose anche in ambienti che sono diversi, che non hanno una storia congeniale ai valori di quelle organizzazioni. Ciò naturalmente pone un problema non solo all'insieme degli apparati repressivi dello Stato ma anche alla società, a quelli che possiamo definire gli apparati della formazione, alla politica, all'amministrazione. Ritengo che nella preparazione e nella stesura dell'analisi fornita dalla relazione del collega Smuraglia molto peso abbia avuto lo studio dell'esperienza milanese cui già da anni il collega dedicava la propria attenzione. Ricordo le polemiche di qualche anno fa; la situazione milanese è peculiare, perché naturalmente noi non abbiamo quelle forme di insediamento e di radicamento delle organizzazioni mafiose che conosciamo in Sicilia ed in Calabria, però abbiamo teste di ponte, emissari di quelle organizzazioni tradizionali e la capacità di legarsi a forme di gangsterismo locale, a poteri insediati nella città. Lo stesso fenomeno si riscontra in altre zone del centro-nord; quando il relatore parla di aree a tipologia unitaria vuole descrivere un gruppo di regioni, una serie di aree nelle quali l'insediamento ha caratteristiche omogenee e corre lungo due linee direttrici: lungo quella dell'espansione (si tratta delle organizzazioni criminali del Mezzogiorno che inviano i loro uomini in quelle Pag. 3435 aree), ma anche in base ad un altro schema di sviluppo, quello dell'imitazione. Le organizzazioni mafiose propongono un modello che viene adottato anche dalle associazioni locali ed è da qui che nascono il rapporto, l'osmosi ed il mutuo potenziamento tra gruppi mafiosi e gruppi di gangsterismo locale. Un esempio tipico è rappresentato dalla situazione dell'Emilia Romagna, su cui la relazione si sofferma: abbiamo avuto modo di verificare, durante la visita effettuata da una delegazione della Commissione a Bologna ed in Emilia, come lo sviluppo e la diffusione di forme di gangsterismo locale - valga per tutti l'esempio della banda del Pilastro - sono stati determinati e favoriti dalla scarsa sensibilità e dalla scarsa risposta dell'azione di contrasto degli apparati repressivi di fronte alla presenza, all'insediamento ed alla penetrazione dei gruppi mafiosi tradizionali. Gli uomini che hanno dato vita alla banda del Pilastro avevano cominciato come collaboratori, come luogotenenti, come uomini al servizio di gruppi mafiosi che erano diretta emanazione della corrente dei Corleonesi che dirigeva Cosa nostra. Ricordo tutto il lavoro che abbiamo svolto per analizzare e sviluppare questi temi, ponendo così le basi del lavoro di sintesi del collega Smuraglia. Abbiamo avuto modo di verificare quanto sia stata importante l'iniziativa della procura distrettuale di Firenze, in quanto riguardava proprio la zona del centro-nord ed in particolare il ruolo di snodo e di controllo di una serie di traffici - droga, armi ed altro - svolto da uomini direttamente legati alle centrali di Cosa nostra (Giacomo Riina a Budrio, Feno Giacomelli a Morciano di Romagna e altre famiglie a queste legate). L'acquisizione di elementi di conoscenza su questa situazione è recentissima, perché, pur sottolineando - come vanno sottolineati - i meriti della procura distrettuale di Firenze, ricordo bene che quando vennero qui i magistrati di quella direzione distrettuale, pur conoscendo molti di questi fenomeni, non erano al corrente del ruolo svolto nella stessa città di Budrio, accanto a Giacomo Riina, da un'altra famiglia mafiosa già coinvolta negli anni precedenti in un sequestro di persona e che si trova al centro di una serie di traffici; quando ci siamo recati in Emilia Romagna ci è stato raccontato che questa famiglia, che controllava un'impresa di notevole rilevanza, aveva addirittura tentato una strategia di penetrazione nella Confesercenti, in un'associazione di piccoli imprenditori. Ricordo che di quella famiglia i magistrati della procura distrettuale di Firenze ancora non avevano notizia. Quindi le acquisizioni e la messa in comune delle conoscenze rappresentano un fatto recente. Su questo terreno, che è anche il terreno della vera e propria indagine giudiziaria e dell'azione di contrasto, mettere insieme i dati conoscitivi contenuti in questa relazione, definire i modelli rappresentativi che qui vengono proposti, approfondire l'analisi, come qui è stato fatto, soprattutto negli allegati, significa offrire un contributo importante per unificare e rendere più netta la strategia e la consapevolezza che deve essere alla base dell'azione di contrasto antimafia. Noi consideriamo quindi molto importante questa relazione, perché rappresenta un fatto innovativo rispetto al passato e dà un contributo ad un lavoro arduo ed essenziale. Credo sia molto importante ancora oggi e che debba continuare la lotta contro la mafia nelle regioni di insediamento tradizionale; esiste però una nuova frontiera, e se non la conquistiamo fino in fondo e se non svilupperemo fino in fondo la lotta in queste aree dove più alto è lo sviluppo, più forte la dinamicità e più evidente la modernità delle organizzazioni mafiose non saremo in grado di colpire con decisione anche il nucleo tradizionale. Un insegnamento ci viene dall'arresto effettuato ieri di un medico imparentato con Ignazio Salvo, al quale si contesta la partecipazione all'assassinio di quest'ultimo e la messa in opera di una serie di atti preparatori per un altro attentato nei confronti dell'ex ministro Martelli: questo Pag. 3436 è l'esempio tipico di un uomo che è già al di là del nucleo ristretto dell'organizzazione mafiosa, anche se il nucleo ristretto, il potere militare situato in Sicilia si serve di lui, perché è un uomo che gira l'Italia in lungo e in largo, è un professionista, è uno che si presenta come un uomo eccellente, un colletto bianco, un personaggio che sta già al di là dei connotati tradizionali dell'organizzazione mafiosa Cosa nostra, anche se poi le modalità del suo operare - su questo voglio richiamare l'attenzione - sono esattamente quelle tradizionali della corrente dei Corleonesi, del suo modo di agire. Così come Stefano Bontate nel 1981 viene assassinato grazie alla collaborazione con i Corleonesi del fratello Giovanni, che lo tradisce, così come Giovanni viene assassinato nel 1988 dai Corleonesi tramite una persona amica e che egli fa entrare in casa, allo stesso modo Ignazio Salvo viene ucciso con la complicità di uno della sua famiglia che si è accordato con i Corleonesi, anche se è un medico, anche se è uno che viene arrestato vicino a Nizza, anche se è un professionista che certamente non assomiglia agli analfabeti o semianalfabeti che rappresentano i gruppi di fuoco. Questo esempio particolare, legato all'attualità, ci fa capire quanto sia importante mettere insieme i diversi piani di questa analisi e dell'azione di contrasto che deve essere legata alla natura del fenomeno e che deve partire dall'analisi compiuta, complessiva e sistematica da noi effettuata. La relazione che approveremo oggi rappresenta un tassello di questo lavoro e si colloca dentro questa strategia; noi la voteremo convintamente, pensando che sia un fatto importante. FAUSTO MARCHETTI. Ho già espresso durante la discussione generale l'apprezzamento ed il consenso nei confronti della relazione; confermo ora il voto favorevole del gruppo di rifondazione comunista, prendendo atto anche delle integrazioni apportate dal relatore a seguito della discussione. Vorrei soltanto far presente che la formulazione aggiuntiva a pagina 132 ("la Commissione raccomanda pertanto agli organi competenti di individuare con sollecitudine una soluzione organica e coerente, che consenta di ottenere il massimo di efficienza e di coordinamento") andrebbe modificata; l'intendimento del relatore è quello di rafforzare il concetto, già espresso nella relazione, accogliendo anche un'esigenza di integrazione che io avevo posto. Chiedo che questa frase aggiuntiva sia modificata nel senso che l'intento di rafforzamento sia più chiaro; la formulazione potrebbe essere la seguente: "la Commissione raccomanda pertanto agli organi competenti di adottare con sollecitudine la soluzione organica e coerente, che riconduca anche il territorio della provincia di Massa Carrara nell'ambito del distretto della corte di appello di Firenze". Ritengo che il relatore possa concordare con questa formulazione. Non voglio motivare nuovamente il voto favorevole del mio gruppo, in quanto penso di averlo fatto sufficientemente l'altro ieri, ma intendo sottolineare la qualità, il grosso sforzo compiuto ed il grande contributo conoscitivo che la relazione apporta anche in ordine alle zone di insediamento non tradizionale. LUIGI BISCARDI. Ringrazio il senatore Smuraglia per l'integrazione effettuata alla relazione in seguito alle segnalazioni che avevo effettuato per quanto riguarda la mia regione. Vorrei soltanto chiedere una lieve modifica per far riferimento al basso Molise, cioè alla zona confinante con la Puglia. Per ciò che concerne la relazione nel suo complesso, non posso che ripetere l'apprezzamento che ho espresso nella seduta di ieri: si tratta, come del resto precedentemente sottolineato dal collega Brutti, di un'innovazione nella storia della Commissione antimafia, consistente nel delineare anche un quadro preventivo dei fenomeni che possono verificarsi a seguito di infiltrazioni. Non sarà mai abbastanza sottolineato questo aspetto positivo dell'azione della Commissione e Pag. 3437 quindi della relazione del collega Smuraglia. CARLO SMURAGLIA, Relatore. Accolgo le modifiche e le integrazioni proposte dai colleghi Marchetti e Biscardi. PRESIDENTE. Sospendo la seduta per dieci minuti per consentire ad altri colleghi di partecipare alla votazione. La seduta, sospesa alle 10,50, è ripresa alle 11. PRESIDENTE. Riprendiamo la seduta con la votazione sulla relazione presentata dal senatore Smuraglia. FRANCESCO CAFARELLI. Chiedo se sia possibile prendere la parola per dichiarazione di voto. PRESIDENTE. Mi dispiace, ma le dichiarazioni di voto sono già state concluse e dobbiamo ora passare alla votazione. Se lo riterrà opportuno, potrà presentare una nota integrativa. FRANCESCO CAFARELLI. Le note integrative non servono a niente. PRESIDENTE. Non è vero che non servano a niente. Nel suo caso non può proprio dirlo, perché, secondo me, nell'altra occasione ha suscitato più scalpore la sua nota integrativa di quanto non abbia fatto la relazione stessa. Pongo in votazione la relazione del senatore Smuraglia sugli insediamenti e le infiltrazioni di soggetti ed organizzazioni di tipo mafioso in aree non tradizionali così come riformulata dal relatore. (E' approvata). Pertanto la relazione è approvata all'unanimità. Sui lavori della Commissione. PRESIDENTE. Prima di passare al successivo punto all'ordine del giorno, informo i colleghi che è arrivata dalla Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura di Ragusa la richiesta di un incontro con la Commissione parlamentare antimafia. Ritengo che si debba, in linea di massima, accogliere tale richiesta, fatte salve, naturalmente, quelle che saranno le evenienze politiche e parlamentari. ROMEO RICCIUTI. Tale incontro dovrebbe avvenire a Ragusa o a Roma? PRESIDENTE. A Ragusa. Vi è anche una seconda questione. Come sapete, colleghi, abbiamo il problema dell'approvazione delle relazioni riguardanti Benevento e Roma e di tutte le altre di cui abbiamo parlato nella precedente seduta, nonché della relazione finale. Ritengo che queste non possano essere presentate, discusse e votate oltre la fine di febbraio, perché poi ci si avvicinerebbe troppo alla contesa elettorale. D'intesa con i capigruppo, con i quali ci incontreremo, faremo in modo di condensare il lavoro in una o due riunioni, magari inviando precedentemente al domicilio dei colleghi parlamentari il testo delle relazioni, in modo che abbiano la possibilità di esaminarle. Credo che questo sia il modo migliore per consentire una valutazione rapida, ma nello stesso tempo, approfondita. Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito. (Così rimane stabilito). Audizione della dottoressa Elisabetta Cesqui, sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma, sulla situazione della criminalità organizzata a Roma. PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione della dottoressa Elisabetta Cesqui, sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma, sulla situazione della criminalità organizzata a Roma. Pag. 3438 Il collega Cabras, relatore per questa materia, ha chiesto - e la Commissione è stata d'accordo - di invitare la dottoressa Cesqui perché possa integrare le nostre conoscenze in materia di criminalità organizzata a Roma. Chiedo al senatore Cabras se abbia qualche questione specifica da porre alla dottoressa. PAOLO CABRAS. Già nel motivare l'invito al sostituto procuratore Cesqui, ed anche in una conversazione che ho avuto con lei, ho fatto riferimento non soltanto all'indagine molto importante che la dottoressa Cesqui ha condotto sulla P2 e sulla massoneria ma anche agli intrecci che possono determinarsi tra la nostra indagine sulla criminalità organizzata a Roma e nel Lazio e l'inchiesta della dottoressa. Anche nella relazione presentata nella passata legislatura dalla Commissione antimafia si rivela che da una documentazione rilasciata sempre dai magistrati della procura di Roma, e contenente anche intercettazioni telefoniche, emergevano segnali di rapporti, di relazioni, di interessi in affari che unificavano membri della banda della Magliana, esponenti mafiosi e, in particolare, personaggi come Gelli, Carboni e, mi sembra, per certi aspetti, Pazienza. Questi fatti ci sono stati confermati anche dai magistrati della direzione distrettuale antimafia di Roma che abbiamo ascoltato. Ci sembrava che l'audizione della dottoressa Cesqui potesse completare questo quadro, anche se ci rendiamo conto che la sua indagine sulla loggia massonica P2 non è un'indagine di mafia, in quanto i riferimenti e gli intrecci sono tali che è interessante per la Commissione, dovendo stendere una relazione di aggiornamento sulla vicenda, ascoltare anche quanto la dottoressa Cesqui ci dirà. PRESIDENTE. Poiché la dottoressa Cesqui lo ha richiesto, proseguiamo i nostri lavori in seduta segreta. Se non vi sono obiezioni, dispongo la disattivazione del circuito audiovisivo interno. (La Commissione procede in seduta segreta). Riprendiamo i nostri lavori in seduta pubblica. Dispongo la riattivazione del circuito audiovisivo interno. Ringraziamo la dottoressa Cesqui. Audizione del questore e del comandante del gruppo dei carabinieri di Reggio Calabria sul problema delle cosiddette "vacche sacre". PRESIDENTE. Nel ringraziarvi per la vostra presenza, debbo rilevare che la Commissione, in collaborazione con le autorità locali, sta cercando di individuare una soluzione al problema delle cosiddette "vacche sacre". Abbiamo ascoltato i sindaci delle zone più colpite, che ormai non sono più solo quelle del versante tirrenico ma anche quelle del versante ionico, nonché il prefetto di Reggio Calabria. Oggi ascoltiamo il questore e il comandante provinciale dei carabinieri. Prego ora il questore di Reggio Calabria di voler riferire in proposito. LUIGI LA SALA, Questore di Reggio Calabria. Il fenomeno delle "vacche sacre" è chiaramente una manifestazione di tipo mafioso - su questo non vi è alcun dubbio - che riguarda paesi non solo del versante ionico ma anche di quello tirrenico. In particolare, nel versante ionico sono interessati ad esso i comuni di Africo, Bova, Brancaleone, Melito Porto Salvo, Roghudi, Roccaforte del Greco, San Lorenzo e Staiti. Per quanto riguarda la zona tirrenica, sono interessati i comuni di Cittanova, Molochio, Rizziconi, Taurianova e Terranova Alta. Sulla carta il problema delle "vacche sacre" sembra di facile soluzione perché è quasi inimmaginabile che del bestiame non possa essere catturato. In pratica, invece, il problema è molto più complesso e particolare. In passato - mi risulta non per esperienza diretta ma dalle carte - vi è stato più di un tentativo per cercare di risolverlo e sono stati anche messi a punto piani operativi per la cattura del bestiame. Pag. 3439 Per comprendere bene il fenomeno bisogna conoscere il modo in cui si muovono questi capi di bestiame: essi vivono praticamente allo stato selvaggio e non sono direttamente controllati, anche se chiaramente ne vengono seguite le mosse. Non si trovano sempre in una zona perché, a seconda delle stagioni e quindi al mutare delle condizioni climatiche, si spostano da una zona all'altra. Da ultimo, ci risulta che addirittura riescano a transitare da un versante all'altro attraverso passaggi molto angusti e con spostamenti rapidi, tanto che nel giro di tre-quattro ore riescono a spostarsi dal versante tirrenico a quello ionico. Com'è possibile risolvere il problema dal punto di vista operativo? Per cominciare, le forze dell'ordine o comunque le persone che saranno chiamate a risolverlo debbono essere in grado di distinguere, nel momento in cui vedono un capo di bestiame, se esso sia sfuggito momentaneamente alla custodia del legittimo proprietario o se faccia parte del gruppo delle "vacche sacre". A questo punto, debbo segnalare una circostanza: è necessario, indispensabile che si ritorni all'anagrafe del bestiame, cioè alla possibilità di individuare un capo (sia esso bovino, suino o altro) in base ad un contrassegno ben definito e stabilito dal regio decreto del 1899, una disposizione molto antica ma che, a quanto mi risulta, non è ancora stata abrogata. Una volta individuato il capo di bestiame, e stabilito che esso non appartiene ad un legittimo proprietario... PRESIDENTE. Quindi, che non si tratta di un capo legale. LUIGI LA SALA, Questore di Reggio Calabria. Non volevo sprecare questo termine per un bovino, ma sicuramente si tratta di un capo non legale. Dicevo che, a questo punto, bisogna cercare di catturarlo, ma la cattura di un animale che pesa tre o quattro quintali per chi non conosce bene il problema non è poi tanto semplice; bisogna che la cattura sia operata da parte di soggetti che abbiano una qualifica specifica, dai butteri, per esempio, per cui è necessario che sul posto vi siano in permanenza simili soggetti. Dopo che i capi sono stati catturati, vanno caricati su un camion e trasportati in un recinto a valle, perché la maggior parte di essi, tranne alcuni, che sono stati notati anche in centri abitati, quali Cittanova, eccetera, per lo più vivono in alta montagna. Proprio perché vivono in queste zone è difficile catturarli e per i camion non è facile raggiungere zone scoscese e, comunque, dove non esistono strade percorribili da mezzi di questo tipo. Si pone poi il problema della custodia, in attesa della destinazione finale di questi capi. Un punto importantissimo è anche quello del loro inseguimento attraverso i campi, il demanio o le zone in cui i capi cercano di fuggire. Poiché possono entrare nella proprietà privata o nelle terre del demanio, anche questo aspetto necessita di una opportuna regolamentazione. Cosa fare di questi capi una volta catturati? A mio avviso, la soluzione percorribile è quella dell'abbattimento, cui deve seguire immediatamente l'incenerimento della carcassa. Infatti, le maggiori difficoltà incontrate dai miei predecessori che in qualche modo hanno cercato di affrontare e risolvere il problema sono consistite proprio nel fatto che, una volta catturati questi capi, hanno dovuto tenerli per quindici o venti giorni, perché non si sapeva cosa farne, perché nessuno li voleva: i macelli non potevano prenderli perché non si sapeva se questi capi fossero o meno affetti da malattie, né c'era la possibilità di abbatterli. Quindi, bisogna regolamentare in qualche modo la cattura, l'eventuale deposito momentaneo dei capi e l'abbattimento dei medesimi, il quale deve avvenire, a mio parere, con l'incenerimento della carcassa. Non vi è altra soluzione. Una volta messo a punto tutto l'iter giuridico, ci si deve chiedere se estirpare il fenomeno in un'unica soluzione, con un intervento unico e massiccio - quindi anche con l'aiuto di militari - oppure con Pag. 3440 piccoli interventi quotidiani, i quali a lungo andare potrebbero produrre gli stessi risultati. Per compiere un'operazione massiccia è necessario, com'è ovvio, un numero abbastanza consistente di butteri, che al momento, per quanto mi risulta, per quante ricerche abbia fatto, non mi sembra sufficiente: ve ne sono infatti una ventina in Maremma e trenta o quaranta che fanno parte di un gruppo speciale dell'esercito; vi sono anche amatori e volontari, ma comunque non sono molte le persone in grado di svolgere questo tipo di operazione. Questo è il mio punto di vista sull'argomento. Agli atti della questura di Reggio Calabria vi sono appunti di piani operativi che, però, sono stati poi abbandonati perché praticamente irrealizzabili, nella maniera più assoluta. PRESIDENTE. Il decreto del 1899 è stato espressamente abrogato con la legge finanziaria del 1989, però la strada da seguire dovrebbe essere quella di sollecitare un intervento rapido del Governo in questa direzione. Secondo la sua proposta, questo intervento dovrebbe riguardare, se non ho capito male, la identificazione dei proprietari del bestiame, la previsione di sanzioni qualora si verifichino gli episodi ricordati, l'abbattimento del bestiame nel caso in cui non si trovi altra soluzione. Vi è poi un secondo profilo che riguarda una questione di ordine pubblico, nel senso che in una certa contingenza questo bestiame può o meno arrecare pericolo per l'ordine pubblico. Nel caso in cui si valuti che in un certo contesto ciò accada, può esservi un'ordinanza contingibile e urgente del prefetto, che imponga l'abbattimento delle bestie? LUIGI LA SALA, Questore di Reggio Calabria. Sì, può esserci. Ma penso che a volte non ce ne sia bisogno, perché il pericolo, sempre imminente, attuale e quindi inevitabile, può di per sé comportare l'abbattimento del capo, come è avvenuto in passato... PRESIDENTE. Mi spiego: poiché la questione è permanente, ho l'impressione che se si porta avanti in cinque, sei o sette giorni un lavoro di questo genere, ad un certo punto chi è proprietario delle mucche se le porta a casa, perché il danno che riceve è di un certo peso, oppure ne perde un centinaio... LUIGI LA SALA, Questore di Reggio Calabria. Secondo me rientra nel loro bilancio la perdita di un certo numero di capi. PRESIDENTE. Ma se vi sono gruppi che pattugliano le strade e che abbattono i bovini che le occupano, credo che ad un certo punto il danno diverrebbe tale che ai proprietari passerebbe l'idea... Però questa "cura" dovrebbe essere protratta nel tempo. LUIGI LA SALA, Questore di Reggio Calabria. Bisogna anche individuare i soggetti deputati... PRESIDENTE. Prescindendo anche dai butteri, cioè andando in maniera più... LUIGI LA SALA, Questore di Reggio Calabria. Certo, se il risultato finale è l'abbattimento del capo, non c'è bisogno dei butteri. Ma se il capo deve essere catturato, il discorso si fa più complicato e dovrebbe essere risolto nel modo più articolato che ho detto poc'anzi. PRESIDENTE. Altrimenti, la procedura è "bovina", nel senso che... LUIGI LA SALA, Questore di Reggio Calabria. Certamente. MASSIMILIANO CETOLA, Comandante del gruppo dei carabinieri di Reggio Calabria. Il problema riguarda circa tremila capi, in base all'ultimo censimento del 1992. E' chiaro che con un solo intervento non si può pensare di risolvere radicalmente il problema, cioè abbattere tremila capi, perché sarebbe impossibile. Pag. 3441 Tuttavia, un intervento radicale deve portare all'eliminazione di almeno una metà dei capi, e perché ciò possa avvenire occorre l'impiego dei butteri e di tutte le strutture che sono state oggetto di uno studio particolare. Al riguardo, essendo tra i più anziani, come permanenza, a Reggio Calabria (ormai mi avvio al terzo anno), ricordo di aver partecipato ad uno studio compiuto dalla prefettura nel 1992 - poi finito al commissariato antimafia -, che prevedeva, oltre ad una serie di strutture e infrastrutture particolari, l'impiego di trenta butteri per arrivare ad eliminare un sessanta-settanta per cento di questi animali. Come sottolineato poc'anzi dal questore, non è però facile reperire trenta butteri, per cui sarebbe forse opportuno prevedere non tanto un unico intervento massiccio e radicale, quanto più interventi. Potrebbe essere questo il modo per raggiungere l'obiettivo che ci si è prefissati. Peraltro, interventi occasionali vengono svolti continuamente: ho qui un elenco degli abbattimenti compiuti... PRESIDENTE. Può lasciarlo alla Commissione? MASSIMILIANO CETOLA, Comandante del gruppo dei carabinieri di Reggio Calabria. Sì, certo. PRESIDENTE. Mi sembra che il questore avesse anche studiato l'esistenza di una direttiva CEE che comporta la marchiatura dei bovini. LUIGI LA SALA, Questore di Reggio Calabria. Sì, esatto. MASSIMILIANO CETOLA, Comandante del gruppo dei carabinieri di Reggio Calabria. Interventi occasionali, contingenti vengono svolti non dico tutti i giorni ma molto spesso. C'è l'abbattimento e senz'altro non occorre un'ordinanza prefettizia perché lo stato di pericolo c'è anche se il bovino è sulla strada: nell'elenco che ho con me e che lascerò alla Commissione sono riportati tutti gli incidenti stradali, in alcuni casi addirittura ferroviari, provocati dai bovini negli anni scorsi. Visto e appurato che non è possibile un intervento massiccio e radicale in un'unica soluzione, per l'impossibilità di avere a disposizione le risorse necessarie, la soluzione potrebbe essere quella di prevedere più interventi meno massicci e portati avanti sempre con personale specializzato, per esempio butteri o anche personale dell'esercito, in modo da eliminare questi capi un po' alla volta e dare una dimostrazione delle possibilità dello Stato circa la soluzione del problema. E' chiaro però che occorre una normativa che possa fungere da appoggio anche per la fase successiva, quella relativa alla fine cui destinare il bestiame catturato. Al riguardo, voglio citare un esempio significativo: nell'estate del 1992, nella zona di Serrata - credo che lei lo ricordi senz'altro - catturammo quarantacinque capi, ma fu un dramma, nel senso che la cattura fu abbastanza semplice rispetto a ciò che accadde dopo; infatti, non riuscendo a trovare dove collocare questi animali, li sistemammo in una stalla, ma per quaranta giorni ho dovuto impiegare dei carabinieri perché vigilassero ventiquattrore su ventiquattro. Quindi, ogni giorno dovevo togliere dieci carabinieri al controllo del territorio perché custodissero quelle bestie ed impedissero che venissero riprese. Tutto questo è durato fino a quando non si è trovata la soluzione per la collocazione definitiva degli animali. Ecco perché a monte occorre prevedere una normativa, una programmazione specifica per la collocazione dei capi catturati. PRESIDENTE. Quindi, vi sarebbero in pratica due frontiere, se così si possono chiamare: la prima riguarda un'azione di ordine pubblico, che può essere avviata anche indipendentemente da provvedimenti legislativi; la seconda riguarda invece una normativa a regime che stabilisca la marchiatura delle bestie e così via. Pag. 3442 MASSIMILIANO CETOLA, Comandante del gruppo dei carabinieri di Reggio Calabria. Naturalmente, l'occasionale contingenza cui si fa fronte per motivi di ordine pubblico non è che risolva il problema. Di volta in volta... PRESIDENTE. Mi scusi, colonnello, mi riferisco non tanto al tipo di operazioni svolte dai suoi uomini, quanto ad altro: al fatto che si stabilisca che tutta una serie di vie siano pattugliate costantemente - per esempio per un mese - e che siano abbattuti i bovini che creano intralcio alla circolazione. Mi sembra essere questo il tipo di ragionamento. LUIGI LA SALA, Questore di Reggio Calabria. Volevo precisare che quando ho fatto riferimento all'esercito intendevo riferirmi esclusivamente a personale specializzato. PRESIDENTE. Sì, lo avevamo capito, perché il prefetto ci ha detto che a Grosseto vi sono dei gruppi... LUIGI LA SALA, Questore di Reggio Calabria. Sì, esatto. MASSIMILIANO CETOLA, Comandante del gruppo dei carabinieri di Reggio Calabria. Sì, c'è un centro per la riproduzione dei quadrupedi. LUIGI LA SALA, Questore di Reggio Calabria. Volevo sgomberare il campo da ogni equivoco, perché siccome vi è la possibilità di utilizzare l'esercito in Calabria, non vorrei che il mio pensiero fosse interpretato nel senso che parte dell'esercito dovrebbe essere utilizzata per risolvere questo problema. PRESIDENTE. Ho capito. A questo poi ci pensiamo noi! GIROLAMO TRIPODI. Credo che il signor questore ed il colonnello dei carabinieri siano perfettamente consapevoli di quanto questo problema sia inquietante per le zone di Reggio Calabria, dove rappresenta uno dei più evidenti casi di illegalità generalizzata. Tale fenomeno interessa non solo i comuni citati ma anche la zona di Gioia Tauro (Rizziconi e Polistena): l'altro giorno, per esempio, ho esibito una denuncia di un agricoltore ai carabinieri di Polistena. In queste zone, ci troviamo di fronte a quella che possiamo considerare un'occupazione illegale del territorio. Chi coltiva la terra non ha più la possibilità di raccogliere nulla perché tutto viene divorato da questo pascolo abusivo. Prima si diceva che i proprietari di una parte del bestiame appartenessero alle cosche di Cittanova (si parlava dei Raso Albanesi e anche dei Facchineri); adesso, sembra che il fenomeno si sia allargato, sia perché una parte dei capi da Cittanova può attraversare lo Zomaro e spostarsi nella zona ionica, sia perché per quanto riguarda Melito Porto Salvo, Bova, Brancaleone o Africo le cosche sono altre. Sono convinto che si tratti di altre cosche. Quelle di Serrata, per esempio, sono vicine alle Serre, quindi si tratta di un'altra zona rispetto a quella che avete considerato nel 1992. Di questo fenomeno delle cosiddette vacche sacre mi sembra che già ve ne occupaste in precedenza, nel 1989, quando lei ancora non era a Reggio Calabria, colonnello Cetola. Ricordo che allora furono catturati soltanto ventisei capi e che l'operazione fu non solo deludente ma anzi controproducente, perché lo Stato non solo per lungo tempo ignorò o si dimostrò incapace di assicurare la giustizia in queste zone ma quando portò avanti un intervento esso si rivelò fallimentare. Adesso, a Cittanova, giorno per giorno, l'amministrazione comunale ed i carabinieri stanno procedendo all'abbattimento e poi all'utilizzazione delle carni dei bovini. Il problema è verificare se adesso finalmente si prende una posizione e la si porta avanti. Non sono un tecnico, ma da contatti avuti con esperti del settore e anche con macellai ho saputo che catturare questi animali, che sono per alcuni aspetti selvaggi, comporta qualche difficoltà. Pag. 3443 Forse si potrebbe catturarli dopo averli indeboliti con apposite tecniche. Comunque, in un modo o nell'altro il problema deve essere risolto. Bisogna dare un segnale in questo senso, ed è uno dei segnali più importanti che si possa dare in quelle zone dove il dominio, anche attraverso questa via, dimostra l'arroganza e la prepotenza delle organizzazioni criminali mafiose. VITO LECCESE. Premesso che non conosco a fondo il problema... PRESIDENTE. Onorevole Leccese, in quanto verde non difenda le mucche altrimenti non ne usciamo più...(Si ride). VITO LECCESE. Non vorrei che queste indicazioni potessero destare un po' di problemi nel mondo degli animalisti... PRESIDENTE. Bisogna fare molto presto prima che la cosa si diffonda... VITO LECCESE. Non conosco a fondo il problema se non per le notizie di stampa; fra l'altro non ho partecipato all'audizione del prefetto di Reggio Calabria. Ammetto che non riesco ad inquadrare bene le motivazioni del fenomeno. I 3 mila capi di bestiame che girano liberamente nel territorio di parecchi comuni sono una manifestazione di tipo mafioso, come ha dichiarato il questore, ma non capisco se tale manifestazione sia legata a motivi commerciali o soltanto a motivi ideologici, concettuali, consistenti nel fatto che alcune cosche mafiose della Calabria lasciano vagare liberamente questi 3 mila capi soltanto per dimostrare il loro predominio sul territorio. Se il problema è legato ad un motivo commerciale, credo che sia facilmente risolvibile con l'individuazione dei capi attraverso il tatuaggio, che può essere effettuato anche se il regio decreto che lo prevedeva è stato abrogato dalla legge finanziaria per il 1989. Ritengo infatti che per contingibili ed urgenti motivi di carattere sanitario i sindaci dei vari comuni o l'autorità sovracomunale, quindi in questo caso quella regionale ed in particolar modo l'assessore alla sanità della regione Calabria, potrebbero emanare un'ordinanza con la quale si predispone l'individuazione del bestiame attraverso il tatuaggio, in modo da individuare i singoli capi di bestiame e quindi renderne impossibile la successiva commercializzazione. La mia domanda tende dunque a capire le motivazioni di questo fenomeno. LUIGI LA SALA, Questore di Reggio Calabria. Alla sua domanda rispondo che valgono l'una e l'altra ragione, anche se secondo me è prevalente la ragione del profitto. Occorre tener conto che questo tipo di commercio - chiamiamolo così - è a costo praticamente zero perché, dal momento in cui lo si porta in una zona impervia dell'Aspromonte, un capo di bestiame non costa niente a chi ne rivendica la proprietà. Quando poi sarà pronto per essere macellato, l'avente diritto non farà altro che portarlo al mattatoio e incassare il ricavo della vendita realizzando un introito praticamente a costo zero. VITO LECCESE. Ma se il capo viene marchiato? LUIGI LA SALA, Questore di Reggio Calabria. Risponderò fra poco, per non accavallare gli argomenti. Il boss del posto così facendo riafferma ancora di più il suo potere mafioso: non soltanto tengo questa mucca pascolante, ma lo faccio come, dove e quando voglio, e se la vacca rovina un campo seminato a me non interessa; il mafioso della zona sono io. Per quanto riguarda il discorso della marchiatura, io stesso prima ho osservato che l'anagrafe del bestiame serve appunto a questo. Il regio decreto del 1899 che è stato abrogato aveva proprio la funzione di imporre obblighi non soltanto ai comuni, ma anche ai singoli proprietari che erano tenuti a marchiare i loro capi di bestiame. Era un'anagrafe vera e propria: Pag. 3444 alcuni comuni della Sardegna e della Sicilia hanno ottemperato agli obblighi del regio decreto fino al 1982. Ho qui una documentazione che attesta che ogni capo veniva descritto con il marchio che doveva portare sul mantello, con il tipo di razza al quale apparteneva e con tutte le altre notizie che il comune aveva l'obbligo di annotare. Anche perché ciascun capo, quando andava venduto o macellato, perché l'operazione potesse essere legale doveva avere la marchiatura da parte del proprietario e l'attestazione dell'avvenuto controllo da parte del comune. Il problema è che attualmente tutto ciò non si fa. PRESIDENTE. C'è quindi anche il problema dei macelli. GIOVANNI FERRARA SALUTE. Certo, perché sono il filtro tra la commercializzazione e la marchiatura. PRESIDENTE. Vi ringraziamo per il vostro contributo, precisando che sulla base dei dati che ci avete fornito elaboreremo un indirizzo per quanto riguarda sia le autorità locali sia le autorità di Governo. La seduta termina alle 12,10.