AUDIZIONE DEL MINISTRO DELL'INTERNO, AVVOCATO NICOLA MANCINO, SULLO STATO DELLA LOTTA ALLA CRIMINALITA' MAFIOSA IN CALABRIA DOPO IL RECENTE OMICIDIO DI DUE CARABINIERI AUDIZIONE DEL MINISTRO DI GRAZIA E GIUSTIZIA, PROFESSOR GIOVANNI CONSO, SULLO STATO DELLA LOTTA ALLA CRIMINALITA' MAFIOSA IN CALABRIA DOPO IL RECENTE OMICIDIO DI DUE CARABINIERI PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE INDICE pag. Audizione del ministro dell'interno, avvocato Nicola Mancino, sullo stato della lotta alla criminalità mafiosa in Calabria dopo il recente omicidio di due carabinieri: Violante Luciano, Presidente .............. 3515, 3522, 3523 3526, 3527, 3529, 3530, 3534, 3537, 3538, 3542 Bargone Antonio ................................. 3536, 3537 Brutti Massimo .................................. 3526, 3534 Buttitta Antonino ..................................... 3528 Cafarelli Francesco ................................... 3538 Cappuzzo Umberto ...................................... 3538 Frasca Salvatore .................... 3525, 3526, 3527, 3528 3529, 3530, 3531, 3540, 3541 Imposimato Ferdinando ................................. 3523 Galasso Alfredo ....................................... 3538 Mancino Nicola, Ministro dell'interno............ 3515, 3525 3531, 3533, 3537, 3538, 3540, 3541, 3542 Matteoli Altero ................................. 3525, 3526 Tripodi Girolamo ................................ 3530, 3531 3533, 3534, 3537, 3540, 3542 Audizione del ministro di grazia e giustizia, professor Giovanni Conso, sullo stato della lotta alla criminalità mafiosa in Calabria dopo il recente omicidio di due carabinieri: Violante Luciano, Presidente .............. 3543, 3544, 3545 3546, 3547, 3548, 3552, 3553, 3554, 3555 Conso Giovanni, Ministro di grazia e giustizia ........ 3543 3544, 3545, 3546 3547, 3548, 3550, 3552, 3553, 3554, 3355 Frasca Salvatore .......................... 3543, 3544, 3547 3548, 3552, 3554 Galasso Alfredo ..................... 3545, 3546, 3547, 3555 Tripodi Girolamo .......................... 3549, 3553, 3555 Comunicazioni del presidente: Violante Luciano, Presidente .............. 3522, 3542, 3543 Brutti Massimo ........................................ 3543 Pag. 3514 Pag. 3515 La seduta comincia alle 16,10. (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente). Audizione del ministro dell'interno, avvocato Nicola Mancino, sullo stato della lotta alla criminalità mafiosa in Calabria dopo il recente omicidio di due carabinieri. PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del ministro dell'interno, avvocato Nicola Mancino, e del ministro di grazia e giustizia, professor Giovanni Conso. Tale incontro fa seguito ad una richiesta, rivolta alla presidenza della Commissione da parte di cinque colleghi appartenenti a cinque diversi gruppi parlamentari, dopo l'assassinio dei due carabinieri in provincia di Reggio Calabria: ciò sia per la gravità obiettiva del fatto sia perché la 'ndrangheta risultava, complessivamente, come la struttura ancora meno aggredita da parte delle forze dell'ordine e della magistratura. La presidenza della Commissione ha richiesto al Presidente della Camera l'autorizzazione a tenere una seduta con tale ordine del giorno ed il Presidente, considerata la particolare gravità della situazione in Calabria, ha acconsentito. Il Governo, tramite i ministri Mancino e Conso, si è mostrato immediatamente disponibile a svolgere il presente incontro. Do senz'altro la parola al ministro dell'interno chiedendogli di fornirci una valutazione politica dello stato della situazione in Calabria e di indicarci le misure concrete che egli ritenga possano essere immediatamente assunte per fronteggiare tale realtà. NICOLA MANCINO, Ministro dell'interno. Signor presidente, desidero innanzitutto consegnare agli atti della Commissione una documentazione relativa alla situazione degli organici della polizia di Stato nelle regioni a maggiore rischio: Sicilia, Calabria, Campania e Puglia. Per quanto riguarda la Calabria, abbiamo un organico generale di 4.069 addetti, con un organico effettivo di 4.048, ossia ci avviciniamo alla dotazione organica con una certa approssimazione. A Catanzaro vi è un organico generale di 1.111 addetti, a fronte di un organico effettivo di 1.119, quindi vi è qualche elemento in più; a Cosenza 808 a fronte di 765; a Reggio Calabria 2.150 a fronte di 2.164, quindi anche in questo caso vi è qualche elemento in più. Dal punto di vista generale, ho predisposto una relazione riassuntiva anche dei profili evolutivi che la malavita organizzata ha registrato negli ultimi tempi. Vi è un indubbio salto di qualità della 'ndrangheta, che si colloca in un contesto delinquenziale più ampio, con proiezioni sul territorio sia nazionale sia estero. Sotto il profilo organizzativo, si assiste ad una riconversione della tradizionale articolazione di tipo orizzontale, con una tendenziale ristrutturazione che, se non è proprio gerarchica, innesta tuttavia un sistema di controllo e direzione sull'autodeterminazione delle 'ndrine a mezzo di un organismo collegiale che disciplina la ripartizione delle iniziative delle singole famiglie. Valutando i risvolti di recenti inchieste giudiziarie condotte dalla procura distrettuale di Reggio Calabria, è possibile cogliere segnali di strette alleanze tra cosche reggine, con la presenza di un organismo collegiale a livello provinciale Pag. 3516 (questo è un salto di qualità). Tale organismo non configurerebbe una realtà nuova rispetto alla precedente, ma sarebbe caratterizzato da un affinamento di tecniche organizzative, in passato alquanto rudimentali, e da una visione della gestione del potere criminale segnato da maggiori professionalità e imprenditorialità. Questa configurazione sarebbe scaturita dall'evoluzione del fenomeno mafioso determinata dalla convenienza di bloccare la guerra tra le cosche della provincia reggina, protrattasi fino al 1991, nonché dall'opportunità di razionalizzare gli interventi sociali ed economici previsti dal noto "decreto Reggio", su cui si sono appuntate le capacità organizzative delle cosche mafiose. Inoltre, l'esigenza di un'oculata gestione dei traffici di droga e di altre attività della criminalità più evoluta avrebbe comportato un coordinamento delle articolazioni della malavita in funzione della complementarietà dei compiti espletati dalle singole famiglie, nonché di un approccio unitario e di avvio di relazioni commerciali illecite. I riflessi di tale organizzazione interna del sistema si proietterebbero anche sul piano delle relazioni con analoghe organizzazioni criminali nazionali ed internazionali (e questo è il fenomeno più preoccupante). La centralità che il commercio di stupefacenti ha assunto per l'economia della 'ndrangheta ha accentuato la tessitura di alleanze e, con l'aggiornamento di tecniche sperimentate nel contrabbando dei tabacchi, la trasformazione di esse in "cartelli", per l'acquisizione di grosse partite di droga da parte delle cosche consorziate che poi gestiscono in proprio le fasi di distribuzione. Due, soprattutto, i raggruppamenti criminali che si sono delineati nel Reggino: quelli facenti capo a Giuseppe Morabito, da Africo, detto "Tiradritto" (e a questo proposito mi sono guadagnato una querela ed una citazione per danni) ed ai Mammoliti di Gioia Tauro. A tale forma di intese le cosche sono state indotte anche in conseguenza dei rilevanti successi delle forze dell'ordine che hanno, in molti casi, disarticolato le strutture di potenti organizzazioni, operando sia sul piano delle indagini penali, sia su quello della prevenzione patrimoniale. Le strutture mafiose radicate sul territorio si configurano nei seguenti termini: nei 97 comuni del Reggino, abitati da 592.152 persone, sono attive 86 formazioni mafiose, con circa 3.800 affiliati; nel Catanzarese, che annovera una popolazione di 774.450 persone distribuita in 157 comuni, si registra la presenza di 51 cosche, con oltre 1.100 affiliati, prevalentemente nel capoluogo, nel Vibonese, nel Crotonese e nel Lametino; nel Cosentino, con 780.122 abitanti in 155 comuni, operano 23 clan, con 800 affiliati e capacità di influenza nel capoluogo, nella Piana di Sibari e sulla costa tirrenica (Cetraro, Paola, S. Lucido e via dicendo). Quanto alle attività criminali privilegiate, resta fondamentale la sistematica applicazione del metodo estorsivo, espressione del controllo del territorio di influenza da parte della cosca. Ma altra via, quella dell'acquisizione diretta delle imprese, commerciali soprattutto, appare essersi aperta alle organizzazioni criminali, come forma di reinvestimento di proventi illeciti, favorito dalla difficile congiuntura economica. L'imprenditore tradizionale, pressato dagli oneri fiscali e dalla concorrenza, è facile preda della morsa estorsione-usura, entrambe gestite dalle centrali criminose. L'attività usuraria rappresenta infatti un altro fiorente canale per la 'ndrangheta, che ha trovato in esso un ulteriore sistema di riciclaggio e, nel contempo, di copertura, giacché la titolarità dell'impresa viene conservata in capo al titolare, che diventa, in sostanza, dipendente di un socio occulto. L'imprenditore mafioso, peraltro, tende ad incidere in chiave monopolistica sul mercato, eliminando la concorrenza ed imponendo agli imprenditori, a monte o a valle del ciclo produttivo, l'utilizzo dei suoi prodotti e dei suoi servizi. Ne sono testimonianza la spartizione, per aree di influenza, di significativi mercati (dalla carne al pesce, ai prodotti ortofrutticoli, ai fiori, e così via). Pag. 3517 Il sequestro di persona a scopo di estorsione è ancora radicato negli ambienti delinquenziali dell'area aspromontana e dell'immediata costa ionica, sebbene una certa flessione del numero dei delitti sia stata registrata negli ultimi anni: sei sequestri nel 1991 (quattro in provincia di Reggio e due in provincia di Catanzaro); tre nel 1992 (tutti nella provincia reggina); tre nel 1993 (anch'essi in provincia di Reggio Calabria). Lo scorso anno sono stati rapiti: Tommaso Mittiga (Bovalino, 20 aprile 1993), liberato, nell'arco della stessa giornata, dalla polizia di Stato; Antonio Tassone (Caulonia, 6 ottobre 1993), autoliberatosi dopo sei giorni; Adolfo Cartisano (Bovalino, 22 luglio 1993), ancora nelle mani dei sequestratori. Le indagini riferite agli ultimi sequestri hanno messo in evidenza il ricambio generazionale delle vecchie formazioni che avevano operato sistematicamente in passato e che erano state neutralizzate con imponenti operazioni di polizia negli anni ottanta. Le finalità perseguite dalla 'ndrangheta negli scorsi decenni erano ancorate, precipuamente, alla ricerca di capitali da investire nella realizzazione di opere pubbliche (quinto centro siderurgico, rete viaria), nei traffici di droga e nell'acquisto di beni fondiari. Anche per alcuni sequestri degli ultimi anni (Casella, 18 gennaio 1988; Marzocco, 22 gennaio 1988; Celadon, 25 gennaio 1988) sono apparse valide le stesse motivazioni di finanziamento di attività collegate ai traffici di droga. Le ultime iniziative si discostano nettamente dalle precedenti e possono essere riferite alle prime esperienze di giovani leve o a momenti residuali di pratiche illecite, anche con lo scopo di distrarre l'attenzione degli investigatori dalle indagini su circuiti criminali di maggiore spessore. Per quanto attiene ai traffici di droga, nel rammentare quanto detto sulla concentrazione in capo ad appositi "cartelli" delle relative fasi gestionali, bisogna dire, alla luce delle conoscenze perfezionate sul piano investigativo, che la malavita calabrese (reggina e, in alcuni casi, anche catanzarese) è, senza dubbio, protagonista delle più significative transazioni illecite registrate nel settore. Essa ha basi operative nel nord Italia (Lombardia, Piemonte e Liguria), punto di riferimento per la collocazione del prodotto e, attraverso intese operative con rappresentanti delle cosche siciliane, proietta la propria attività nei circuiti europei (Germania e Francia, in particolare), nei paesi dell'area mediterranea e medio-orientale, in Canada ed in Sud-America. Parallelo a quello degli stupefacenti e talvolta interconnesso è il traffico delle armi; mentre si assiste alla stazionarietà degli interessi della 'ndrangheta nel settore delle frodi comunitarie. Al campo delle rapine, solitamente tipiche della malavita cosentina, risulta ultimamente interessata anche quella reggina, con interventi selezionati e tecniche di particolare complessità. A completamento dell'analisi, è il caso di sottolineare l'attenzione riservata alle attività correlate al fenomeno dell'immigrazione clandestina di extracomunitari allo scopo di individuarne le finalità speculative nel quadro delle voci attive del bilancio della 'ndrangheta. I dati statistici relativi ai reati di maggiore allarme sociale confermano il calo progressivo delle manifestazioni di conflittualità interna alle cosche e l'andamento stazionario, ma ridotto, del fenomeno dei sequestri di persona. Nel contempo, è da rilevare l'indice sostenuto delle manifestazioni tipiche dell'incidenza delle cosche sul territorio: in particolare per le estorsioni e per gli attentati incendiari o dinamitardi. Nell'ultimo quadriennio sono stati registrati: 316 omicidi nel 1990, 264 nel 1991, 152 nel 1992, 123 nel 1993 (quindi c'è una regressione). Per i sequestri di persona si richiamano i dati già forniti. Le estorsioni denunciate sono passate dalle 136 del 1990 alle 195, 164, 214 degli anni successivi, mentre gli attentati incendiari e dinamitardi, in numero di 498 Pag. 3518 nel 1990, sono stati 687 nel 1991, 540 nel 1992, 526 nel 1993. Le rapine gravi hanno presentato il seguente andamento: 538 nel 1990 e, rispettivamente, 550, 426 e 509, negli anni seguenti. La pericolosità delle centrali mafiose e la costante ricerca del profitto hanno determinato negli ultimi due anni un accentuarsi degli attentati dinamitardi o incendiari, non solo nei confronti delle vittime di reati estorsivi ma anche contro obiettivi istituzionali (alle minacce a magistrati e rappresentanti delle forze di polizia vanno aggiunti gli attentati, prevalentemente incendiari, a tutori dell'ordine ed elementi della polizia penitenziaria). In particolare, dal 1988 al 1993 sono stati consumati 80 attentati contro appartenenti alle forze di polizia e 3 nei confronti di strutture di polizia. Non può mancare in proposito un riferimento alle reazioni sanguinarie della malavita nei confronti di appartenenti alle istituzioni registrate negli ultimi tempi, al fine di ingenerare un clima di intimidazione diffusa. L'omicidio del sovrintendente capo Salvatore Aversa, ucciso il 4 gennaio 1992 a Lamezia Terme (il relativo processo si è concluso il 13 gennaio scorso con la condanna degli autori) e l'agguato mortale teso a due militi dell'Arma di Palmi, appuntati Antonio Fava e Vincenzo Garofalo, il 18 gennaio scorso, costituiscono un chiaro esempio della nuova tracotanza della malavita associata, già evidenziatasi nel 1991 con l'eliminazione del sostituto procuratore generale dottor Scopelliti. I rapporti tra la malavita organizzata e le componenti politico-amministrative hanno scandito le fasi evolutive della criminalità in Calabria e segnatamente nel Reggino. Basta rileggere le pagine della sentenza del tribunale di Reggio Calabria del 4 gennaio 1979, relativa al procedimento penale a carico di Paolo De Stefano ed altri 59 imputati, responsabili di associazione per delinquere finalizzata all'illecita acquisizione di profitti nell'avvio della realizzazione - come ho detto prima - del quinto centro siderurgico di Gioia Tauro. Particolarmente significativi, in tempi recenti: la vicenda che ha visto coinvolta l'amministrazione comunale di Reggio Calabria (il 23 settembre 1992, con decreto presidenziale, è stato disposto lo scioglimento di quel consiglio comunale); lo scioglimento, ai sensi della normativa antimafia, di 12 consigli comunali; il perseguimento di 767 pubblici amministratori nel quadriennio 1990-1993; i 20 accessi disposti dai prefetti nei confronti di altrettante amministrazioni comunali (9 in provincia di Catanzaro, 6 in quella di Reggio Calabria, 5 in provincia di Cosenza). Per quanto concerne Reggio Calabria, la situazione già al vaglio della magistratura a seguito delle dichiarazioni dell'ex sindaco della città Agatino Licandro e dell'emissione di 24 provvedimenti cautelari relativi anche ad esponenti politici, ha finito per interessare, lo scorso anno, le pratiche relative alla nascita del centro direzionale del capoluogo, e, quindi, a porre in evidenza l'intreccio tra potere politico, imprenditoria e cosche mafiose sintetizzato nel cosiddetto "comitato d'affari". Passando alle ramificazioni della 'ndrangheta nel nord Italia, in Liguria, le cosche hanno stabilito propaggini in provincia di Imperia (Ventimiglia, Arma di Taggia), nella stessa Genova e nella parte occidentale della provincia di Savona. In Piemonte, ove il fenomeno si presentò legato alla immigrazione meridionale, sin dai primi insediamenti, la malavita reggina, nonostante sconvolgimenti interni e defezioni conseguenti ad operazioni di polizia di particolare valenza, conserva la propria pericolosità per il collegamento del clan dominante di Mario Ursini con le più accreditate cosche della zona ionica reggina e del catanzarese. Una recente operazione della direzione centrale per i servizi antidroga conferma l'abile tessitura delle alleanze da parte di Ursini e la sua posizione di polo di riferimento nel traffico della droga. Altri insediamenti di notevole spessore si registrano a Orbassano, Chivasso e Novara. Pag. 3519 In Lombardia spiccano due clan, entrambi dediti al traffico di stupefacenti ed al riciclaggio di denaro: quello di Santo Pasquale Morabito, in contatto con cosche palermitane (Corallo e Fidanzati), nonché con esponenti della malavita francese ed argentina e quello dei fratelli Ferraro, collegati alla camorra di Michele Zaza. In contatto con la camorra è anche la famiglia Giovine, con proiezioni nella penisola iberica ed in Svizzera. La presenza delle cosche della 'ndrangheta e l'incidenza nella realtà criminale lombarda va oltre l'indicazione dei poli di riferimento maggiori, atteso che il trapianto di talune cosche, tramite cellule delle organizzazioni mafiose della Locride, ha interessato non solo Milano ed il relativo hinterland ma anche il lodigiano, il comasco e la provincia di Lecco. In Emilia Romagna (Modena, in particolare), esponenti delle cosche di San Luca, e della malavita tirrenica della provincia reggina (Piromalli e Longo-Versace) sono coinvolti nel traffico di stupefacenti, delle armi nonché nella pratica dell'estorsione e del riciclaggio; in Toscana, vengono segnalati insediamenti della cosca Piromalli e dei Facchineri; nel Lazio, della malavita di Africo e Sinopoli. Quanto alle proiezioni internazionali, giova far presente che in Europa, la Germania (L|f3nder sud-occidentali) è la nazione maggiormente coinvolta dall'esportazione di modalità e comportamenti propri della criminalità calabrese, con riferimento al traffico internazionale di stupefacenti, al falso nummario, al riciclaggio del denaro sporco. In Francia l'attenzione delle cosche si è proiettata nell'area meridionale per la gestione di attività illecite nei settori della droga, del riciclaggio, delle scommesse clandestine. Analoghe iniziative sono riscontrabili, principalmente per la conduzione di attività connesse ai traffici di droga, nella penisola iberica. Ai paesi dell'Europa orientale, appaiono rivolte le maggiori attenzioni di alcuni esponenti della 'ndrangheta per tentare di reperire nuovi canali per la ripulitura del denaro sporco ed il reinvestimento di profitti illeciti in nuove occasioni di reddito. Questa è una pagina tutta ancora da scrivere, anche dal punto di vista di informazioni più dettagliate ma c'è un'attenzione particolare, certo non soltanto della 'ndrangheta ma di tutta la malavita organizzata nei settori dell'Europa centro-orientale. Quanto al continente nord americano, si segnala l'organizzazione di origine reggina, cosiddetta "Siderno group", operante a Toronto, in contatto con le cosche di origine. Non mancano segnali di proiezione della malavita reggina in paesi dell'America latina (Perù, Colombia, Bolivia, Venezuela, Brasile). In Australia, nuclei di famiglie reggine sono dediti alla coltivazione della canapa indiana e si segnalano contrasti violenti per il predominio delle aree di influenza. I collegamenti con la mafia siciliana e la camorra continuano ad essere tessuti nel rispetto dell'autonomia operativa dei singoli aggregati e in funzione di forme di cooperazione o di coointeressenza che si presentano necessarie per il perseguimento di fini comuni. Tale assunto trova una chiara conferma in specifici episodi storicamente accertati. Nel considerare le linee di tendenza della malavita calabrese, è da tener presente che le proiezioni lungo le rotte della droga, i nuovi spazi operativi conseguenti all'apertura delle frontiere comunitarie ed all'incerta tenuta degli apparati istituzionali dell'Europa dell'est, fanno ritenere probabile una crescente attenzione verso i citati traffici e verso iniziative in settori di interesse, attuate con capacità di confermare gli uni e le altre secondo le occasioni che possono presentarsi di volta in volta. Non può essere trascurata la già dimostrata capacità dalla 'ndrangheta a forme di riconversione dell'apparato e dei programmi, avuto riguardo ai possibili interlocutori del mondo politico-amministrativo ed alle prospettive di interventi sul piano sociale ed economico nelle regioni di appartenenza. Pag. 3520 L'azione di contrasto. Dopo aver combattuto, negli anni settanta e ottanta i sequestri di persona e le cicliche guerre di mafia, le forze di polizia e l'apparato giudiziario, con l'utilizzazione dei nuovi strumenti normativi e l'apporto di dichiarazioni di collaboranti, hanno segnato al proprio attivo, nell'ultimo biennio, importanti successi. E' stato conseguito l'abbattimento di solide organizzazioni con il perseguimento di 139 sodalizi ed il coinvolgimento di 2.743 persone. Sono stati catturati 165 pericolosi latitanti. L'intensa attività di prevenzione speciale ha consentito la neutralizzazione di cospicui patrimoni nella disponibilità di appartenenti ad elementi delle cosche, con il sequestro di beni per un valore di 790 miliardi di lire e la confisca per complessivi 260 miliardi. C'è sempre questo scarto tra il sequestro e la confisca ma ciò è piuttosto evidente, oltre tutto credo che rientri nella norma del rapporto tra sequestro e confisca nelle aree di maggiore criminalità. In tema di attività antidroga, sono stati sequestrati chilogrammi 5.872 di stupefacenti e perseguite 3.599 persone di cui 2.471 in stato di arresto. Una riprova della consistente ed incisiva attività investigativa svolta viene dalle numerose inchieste giudiziarie giunte alla fase dibattimentale e da eloquenti sentenze di condanna, emesse negli ultimi anni contro robusti sodalizi criminosi. A tal proposito vanno ricordate: la decisione, nel 1992, della Suprema corte in ordine al processo a carico di Albanese più 106, relativamente agli scontri tra i gruppi Imerti e De Stefano in Reggio Calabria; la conclusione, il 14 novembre 1992, presso la corte d'assise di Reggio Calabria del processo di primo grado a carico di Antonino Imerti più 50, responsabili di numerosi crimini consumati negli ultimi anni nel capoluogo reggino; la definizione, il 23 gennaio 1993, presso il tribunale di Palmi, del processo penale contro Luigi Facchineri più 11, con la condanna di 7 persone affiliate alla cosca Facchineri, operante in Cittanova, nel settore delle estorsioni; la irrogazione, il 13 gennaio scorso, di severe condanne agli autori dell'omicidio dei coniugi Aversa. A queste pronunce giudiziarie vanno aggiunte le fasi processuali in atto. Di particolare rilievo quelle attualmente in fase dibattimentale presso: la corte d'assise di Palmi, nei confronti della cosca Pesce di Rosarno; il tribunale di Locri, contro Rosario Barbaro più 102 (operazione "Aspromonte"); il tribunale di Cosenza, nei confronti delle principali cosche gravitanti nel capoluogo e nei centri dei versanti tirrenico e ionico della provincia. Non può, da ultimo, essere dimenticato il complesso impegno assunto dalla magistratura di Palmi ai fini dell'accertamento delle commistioni tra segmenti del mondo criminale, della politica e di altri corpi associativi di tipo massonico. Di non minore rilievo è l'indagine relativa alla concatenazione mafioso-imprenditoriale attraverso cui la cosca dominante in Gioia Tauro ha rinnovato, in occasione della costruzione dei precantieri ENEL di Gioia Tauro, i consueti canoni d'infiltrazione affaristica nelle opere pubbliche interessanti la rispettiva zona di influenza. Nella disamina dei profili dell'azione di contrasto in chiave propositiva, corre l'obbligo di sottolineare la necessità di continuare ad aggiornare l'intenso lavoro di analisi svolto, al fine di individuare le nuove situazioni nelle quali si trovano ad operare le singole cosche; gli aggiornati meccanismi operativi predisposti dalla malavita per estendere la propria azione in contesti ambientali e relazionali di più vasta portata; le nuove possibili forme di condizionamento dell'apparato politico-amministrativo deputato alla gestione della cosa pubblica ed alla realizzazione di avanzati progetti per lo sviluppo sociale ed economico della regione. Considerando l'importanza dei programmi economici delle cosche, proseguirà, con sempre maggiore intensità ed oculatezza, l'attacco ai patrimoni conseguiti Pag. 3521 illecitamente, curando in special modo le indagini rivolte ad accertare le possibili intromissioni di esponenti della criminalità organizzata nelle procedure relative all'aggiudicazione di appalti, forniture ed al rilascio di titoli abilitativi per la gestione di beni e servizi. La strategia anticrimine continuerà altresì a privilegiare la ricerca dei più pericolosi latitanti, nonché lo sviluppo di mirati interventi nel settore della prevenzione, con riferimento al controllo coordinato del territorio, sia nell'area aspromontana che lungo le fasce costiere, particolarmente esposte queste ultime alle insidie provenienti da sbarchi di sostanze stupefacenti ed armi. Considerati i ritmi e le linee di tendenza della malavita associata calabrese, le forze dell'ordine si ispireranno alle regole di una corretta reciprocità informativa e di una coordinata ripartizione di obiettivi, principi opportunamente sottolineati in specifiche direttive del consiglio generale per la lotta alla criminalità organizzata. Nella delineazione di programmi investigativi, i servizi di polizia giudiziaria potranno giovarsi, nella lotta alla malavita associata, dei contributi delle nuove strutture di indagine previste dalla recente normativa, nonché di sperimentate strutture centrali della direzione centrale della polizia criminale, per gli aspetti della cooperazione a livello internazionale. A conclusione dell'analisi non può essere sottaciuta l'importanza decisiva di una convergenza degli sforzi, a sostegno delle forze dell'ordine e della magistratura, da parte della classe politico-amministrativa, chiamata a programmare e a realizzare le iniziative indispensabili a rilanciare quelle province sul fronte sociale ed economico. In questo senso la sottrazione di spazi alla malavita, producendo consensi e fiducia nel cittadino, accelererebbe il processo di riscatto civile delle popolazioni e farebbe cadere le barriere dell'omertà e le riserve ancora oggi ravvisabili nei confronti dei rappresentanti delle istituzioni incaricati di tutelare l'ordine e la sicurezza pubblica. E' recente l'adozione di un decreto-legge, che rinnovando l'operazione della presenza militare in Sicilia consente al Governo di utilizzare una sua distribuzione sul territorio. Abbiamo raggiunto in questa settimana un'intesa con il Ministero della difesa, in base alla quale verrà utilizzato un contingente analogo a quello oggi presente in Sicilia, costituito da 5.200 militari, di cui 300 nelle zone di confine, 1.000 prevalentemente nell'area reggina e 500 in quella napoletana con obiettivi mirati. Tali unità, infatti, verranno utilizzate a Napoli non soltanto per il nuovo tribunale, ma anche per fronteggiare l'occupazione abusiva di alcuni alloggi costruiti dalle strutture pubbliche, anche secondo la richiesta avanzata dal sindaco di Napoli. Probabilmente avremmo potuto fare anche di più, ma abbiamo problemi di copertura, soprattutto per quanto riguarda la Calabria e in particolare Reggio Calabria. Tuttavia, la presenza in questo momento di 1.000 militari e l'alleggerimento da parte delle forze dell'ordine dei compiti di mera sorveglianza potranno indubbiamente giovare ad una migliore razionalizzazione. So di non avere accontentato soprattutto la magistratura reggina che da tempo sollecitava la presenza di militari in quell'area, ma credo che lo sforzo compiuto dal Governo sia notevole. In occasione dell'intesa per la distribuzione sul territorio dei militari, l'Arma dei carabinieri ha assicurato la presenza della cavalleria per un'operazione massiccia, della durata di quattro-cinque mesi, nell'area aspromontana. E' in atto uno studio per la realizzazione di un presidio permanente in questa zona al fine di combattere il fenomeno non solo della malavita organizzata, ma anche e soprattutto dei sequestri. Consegno agli atti della Commissione un quadro prospettico in cui vengono parametrati i risultati della lotta contro la criminalità organizzata con riferimento Pag. 3522 agli anni 1991-1992-1993, ossia confrontando il 1992 rispetto al 1991 e il 1993 rispetto al 1992. Anche nell'area calabrese si registra una notevole diminuzione del tasso di delittuosità calcolato su 100 mila abitanti: nel 1992 abbiamo una diminuzione rispetto al 1991 del 9,27 per cento dei delitti in generale, del 42 per cento degli omicidi, del 22 per cento dei sequestri di persona, del 21 per cento delle estorsioni denunciate. Se poi parametriamo il 1993 al 1992, che pure aveva fatto registrare queste notevoli flessioni, verifichiamo una diminuzione - sempre su 100 mila abitanti - dei delitti in generale pari al 6,37 per cento, degli omicidi volontari del 44 per cento, delle rapine del 18 per cento, degli attentati dinamitardi del 4 per cento, degli scippi dell'8,76 per cento. Naturalmente, l'offensiva nei confronti della criminalità organizzata in Calabria deve continuare. A tal fine non dobbiamo soltanto utilizzare la presenza delle forze dell'ordine per assicurare un migliore controllo del territorio poiché credo che anche la distribuzione di magistrati in quell'area potrà servire allo scopo. Saranno elementi di prima esperienza, ma anche dalle dichiarazioni dell'associazione nazionale dei magistrati risulta che la presenza di questi giovani ha dato un apporto notevole nella lotta contro la criminalità organizzata. Sono a disposizione della Commissione per tutti i rilievi che mi verranno mossi. Vorrei rassicurare il senatore Frasca che ha evidenziato con interrogazioni e con ripetuti interventi in questa Commissione una questione riguardante alcuni consiglieri comunali dell'area di Cassano Ionio. Siamo in presenza di una documentazione incompleta, pur essendovi un rapporto del prefetto di Cosenza che mi affida il compito di rimuoverli e tuttavia ritiene non urgente la questione al punto da non procedere alla loro sospensione, così come normalmente avviene. Si tratta di due consiglieri comunali, entrambi avvocati, i quali si trovano proprio in quanto tali a contatto con gente che appartiene alla criminalità organizzata. Vi sarebbe stata l'intercettazione di un cellulare ma, dalle informazioni assunte risulta che il numero di quell'apparecchio non appartiene all'avvocato che è consigliere comunale. Per l'altro soggetto, sono in corso indagini da parte della procura generale e si assicura che le attività investigative continueranno. Rispetto al diritto politico dell'elettorato passivo - che a mio giudizio in una democrazia rappresenta il massimo dei diritti soggettivi tutelati dalla Carta costituzionale - nonostante il parere del prefetto di Cosenza nutro qualche perplessità. Questo mio atteggiamento non deriva tanto dalla previsione di una possibile denuncia - ne ho avute tante sia quando ho sciolto, sia quando ho omesso lo scioglimento - quanto dal doveroso rispetto degli atti documentali. Se tali atti non sono oggettivi, non mi sento di adottare il massimo provvedimento della rimozione; assicuro tuttavia al senatore Frasca che nello spazio di una decina di giorni dovrò venire a capo di questa vicenda in senso positivo o negativo, dandone tempestiva comunicazione. Chiederei di fare una telefonata essendo in corso una riunione a Palazzo Chigi. PRESIDENTE. Prego. Nel frattempo informo i colleghi di alcune questioni. Comunicazioni del presidente. PRESIDENTE. E' giunta una richiesta dell'onorevole Leccese diretta a sensibilizzare l'attenzione della Commissione su fenomeni di riciclaggio a Bari, in relazione a notizie di stampa circa una sospetta trattativa finanziaria tra un imprenditore barese e persone legate ad ambienti dell'alta finanza. Vorrei comunicarvi che, in relazione alla particolare situazione in cui ci troviamo - caratterizzata dallo svolgimento di funzioni molto attenuate nell'attuale fase di scioglimento delle Camere -, riterrei opportuno segnalare al collega Leccese che stante la situazione sembra davvero difficile prendere in esame la Pag. 3523 questione, certamente meritevole di notevole attenzione, da lui segnalata. In secondo luogo la commissione difesa e sicurezza del Parlamento della Repubblica ceca ha chiesto un colloquio con la Commissione antimafia in particolare sulle questioni relative al riciclaggio. Avendo letto il documento elaborato da questa Commissione su economia e criminalità, considera di notevole interesse il problema perché la Repubblica ceca è un terreno di passaggio tra la criminalità russa e quella occidentale. Avendo interpellato le Presidenze della Camera e del Senato, abbiamo ricevuto l'autorizzazione a procedere a questo incontro. Se dunque non vi sono opinioni contrarie, cercheremo di fissare, compatibilmente con gli impegni dei colleghi, una data. Infine, se vi fosse intesa, potremmo inviare al prefetto di Reggio Calabria, dopo la questione delle "vacche sacre" di cui ci siamo occupati, una lettera del seguente tenore: "Signor prefetto, la ringrazio ancora per l'utilissimo contributo fornito alla Commissione nel corso della sua audizione del 10 gennaio scorso. A seguito di tale audizione e di quelle del questore, del comandante provinciale dei carabinieri di Reggio Calabria e dei sindaci dei comuni interessati dal problema delle cosiddette "vacche sacre", la Commissione parlamentare anfimafia ha maturato il convincimento della necessità di impostare una soluzione articolata su due linee di intervento. Sarà necessario adottare provvedimenti, eventualmente di carattere legislativo, che consentano interventi continui e protratti nel tempo nei confronti dei capi di bestiame (...)" - e tuttavia questo problema dovrà essere affrontato dal Parlamento - "Ma è necessario anche adottare sin d'ora" - questo è il punto - "provvedimenti per quei bovini che, transitando senza vigilanza su strade e binari ferroviari, causano con grande frequenza incidenti, con danni alle persone. Non Le sfuggirà inoltre, signor prefetto, che tale bestiame allo stato brado, appartenente notoriamente a cosche mafiose, tra le quali quella dei Raso-Albanese, è segno di una vera e propria occupazione del territorio da parte delle stesse cosche, che si traduce in una continua lesione dei diritti di cittadini e dell'autorevolezza dello Stato. La prego, pertanto, di valutare l'opportunità di disporre servizi di pattugliamento delle strade, al fine di tenere sotto costante controllo il fenomeno e di eliminare, con l'urgenza che il caso richiede, le situazioni di pericolo per la circolazione. (...)." Ci sono obiezioni su questo testo? Se non vi sono obiezioni, rimane stabilito di inviarlo anche ai sindaci che abbiamo incontrato nel corso di una recente seduta della nostra Commissione. (Così rimane stabilito). Vorrei richiamare l'attenzione dei colleghi sulle tabelle sugli organici dei magistrati e delle forze dell'ordine, preparate dagli uffici. Desidero segnalarvi un errore nell'ultima colonna a destra di quella piccola, nel senso che non si tratta del rapporto forze di polizia-affiliati, ma affiliati-forze di polizia, per cui va rovesciata; pertanto, in Calabria abbiamo un mafioso ogni due poliziotti. Mentre in Campania si registra un rapporto del 27 per cento e in Sicilia del 19 per cento, in Calabria è del 50 per cento! Se a questo aggiungiamo che in Calabria sono presenti solo 8 magistrati nelle direzioni distrettuali rispetto ai 52 della Sicilia, ci rendiamo conto della situazione. Si riprende la discussione. PRESIDENTE. Riprendiamo l'audizione del ministro Mancino. FERDINANDO IMPOSIMATO. Ringrazio il ministro per la relazione molto puntuale, che può sembrare sotto molti aspetti tranquillizzante. In realtà essa contrasta a mio avviso con una situazione di estremo pericolo creatasi in questi ultimi tempi per due ordini di ragioni. Anzitutto alcuni episodi verificatisi ultimamente dimostrano come la 'ndrangheta in particolare abbia un potenziale straordinariamente forte ed una capacità Pag. 3524 di aggressione impressionante rispetto a quello che sapevamo. Ci sono altri episodi che riguardano in particolare la preparazione di attentati ad alcuni magistrati. Tutto questo dimostra come la 'ndragheta, al pari della mafia, abbia la ferma determinazione di portare avanti la propria strategia di attacco contro i magistrati maggiormente esposti nella lotta al crimine organizzato. Voglio qui ricordare l'accurata preparazione dell'attentato contro Agostino Cordova. Se si pone questo episodio accanto agli altri due attentati falliti, certamente per merito delle forze dell'ordine ma anche per circostanze particolari che hanno favorito la scoperta della preparazione degli attentati (mi riferisco a quelli in danno dei magistrati Luca Pistorelli e Pietro Grasso), ci si renderà conto del fatto che i tre attentati preparati dalla criminalità organizzata di tipo mafioso che è rappresentata nella sua interezza da Cosa nostra, dati i collegamenti tra 'ndragheta e mafia che ci sono stati riferiti recentemente dal dottor De Gennaro, rispondono ad una strategia stragista che non è assolutamente venuta meno, nonostante i notevoli successi ottenuti dalle forze dell'ordine. D'altra parte dobbiamo anche riconoscere che la situazione della magistratura, che a mio giudizio rappresenta un punto importante nella lotta alla criminalità organizzata, nelle zone a più alto tasso di presenza criminale si è ulteriormente indebolita. Infatti gli uffici giudiziari nei quali prima c'erano magistrati impegnati in prima persona nel portare avanti e concludere certe inchieste, che giudico centrali poiché riguardano i rapporti tra mafia e massoneria, si sono indeboliti e non hanno più la possibilità di completare queste indagini che servirebbero certamente ad individuare gli autori di moltissimi delitti. Di recente ho parlato anche con alcuni magistrati, i quali hanno lamentato il fatto che essi non riescono a sviluppare le indagini riguardanti almeno il novanta per cento delle dichiarazioni dei pentiti. Vero è che alcune di queste osservazioni riguardano il ministro della giustizia ma è altrettanto vero che dobbiamo fare un discorso unitario senza fare distinzioni tra ministro dell'interno e ministro della giustizia e dobbiamo reclamare dal Governo una più incisiva presenza ed una maggiore attenzione rispetto ai gravi problemi che si stanno ponendo negli ultimi tempi. Desidero anche ricordare che un altro magistrato calabrese che era stato fatto oggetto di attenzione da parte della 'ndragheta è Lombardi. Ciò dimostra ancora una volta che è in atto una strategia offensiva che riguarda soprattutto alcuni magistrati e che non può non essere tenuta presente come fatto che deve provocare una ferma reazione da parte dello Stato. Sappiamo bene quello che è accaduto per Giovanni Falcone; la scoperta dell'attentato dell'Addaura non ha impedito agli autori del disegno criminoso di consumare l'attentato a distanza di tre anni. Se consideriamo che molti di questi magistrati stanno indagando sia su processi di criminalità organizzata e soprattutto su processi che riguardano i rapporti tra mafia e massoneria, come Luca Pistorelli, Agostino Cordova e altri, ci rendiamo conto anche leggendo i giornali che vi è una riduzione dell'attenzione e dell'allarme sociale rispetto ad un'espansione dei fenomeni criminali. Pertanto le osservazioni svolte dal ministro non ci tranquillizzano affatto; dobbiamo richiamare l'attenzione su questo problema notevole, sul fatto cioè che, nonostante questi episodi gravissimi che si sono succeduti nel tempo a distanza di poche settimane, non vediamo un'azione che porti alla cattura degli autori non delle stragi consumate ma degli attentati riguardanti i magistrati calabresi e siciliani. Nel denunciare in maniera forte questa situazione, dobbiamo anche fare un cenno alla vicenda della centrale di Gioia Tauro e all'incriminazione del presidente dell'ENEL Viezzoli. Voglio ricordare che la Commissione antimafia svolse un'istruttoria approfondita nel corso della Pag. 3525 quale chiamò ripetutamente in causa Viezzoli. Si discuteva se egli dovesse essere confermato alla guida dell'ENEL (lo ha ricordato il senatore Frasca nel suo intervento); c'erano elementi gravissimi nei confronti del presidente dell'ENEL, elementi che avrebbero dovuto indurre Viezzoli ad essere più attento nell'aggiudicazione degli appalti. Mi riferisco ai rapporti dei carabinieri e della polizia, alla relazione dei prefetti, alle richieste della magistratura inquirente, all'implicazione di alcuni componenti del consiglio di amministrazione dell'ENEL in processi per reati contro la pubblica amministrazione, quindi alla presenza delle cosche dei Piromalli nelle gare per l'aggiudicazione degli appalti per la centrale di Gioia Tauro; nonostante tutto questo il Governo non ritenne di revocare o almeno di non confermare la nomina di Viezzoli. E' una situazione allarmante che dimostra come la presenza delle cosche mafiose negli appalti rappresenti soltanto uno degli aspetti del problema della penetrazione della criminalità organizzata nel mondo economico in Calabria e in Sicilia e che di fronte a fatti gravissimi vi è un'ostinazione da parte di alcuni rappresentanti del Governo (non ricordo chi fosse il ministro dell'industria all'epoca della conferma di Viezzoli al vertice dell'ENEL). Certo è che tutti questi episodi uniti fra di loro stanno a dimostrare come le denunce fatte dal procuratore Cordova in una recente intervista al Corriere della sera siano fondate. Per concludere vorrei ricordare che lo stesso procuratore Cordova afferma che vi è stata un'erronea impostazione delle misure di prevenzione che hanno consentito la ramificazione della 'ndragheta in molte regioni di Italia e che vi è stato un inquinamento delle istituzioni in cui tale organizzazione si è inserita riuscendo a condizionarle. La conclusione tratta da Cordova, che certamente ha un'esperienza notevolissima, è drammatica anche perché mette in evidenza come vi sia una sottovalutazione del fenomeno da parte del Governo e delle forze che avrebbero il dovere di reprimerlo con la massima determinazione. ALTERO MATTEOLI. Desidero anch'io ringraziare il ministro Mancino per la relazione e soprattutto per i dati forniti che vanno certamente oltre il fenomeno della criminalità organizzata in Calabria, cui è dedicata la seduta odierna. Le conclusioni della relazione sembrano far apparire una situazione ottimistica, soprattutto se paragonata ad altre; ma non è così. NICOLA MANCINO, Ministro dell'interno. Non era nella mia intenzione! SALVATORE FRASCA. Rientra nella vecchia tradizione del ministro dell'interno! ALTERO MATTEOLI. Si ha l'impressione che siano diminuiti alcuni reati ma, di fronte ad un aumento così consistente delle rapine, che è uno dei reati peggiori, evidentemente... I dati che ci ha fornito sono veri ma proprio per questo vorrei rivolgerle alcune domande alle quali penso che non possa rispondere in questa sede ma alle quali la prego di rispondere in una fase successiva. E' stato appurato che l'attuale numero dei magistrati è assolutamente insufficiente per la regione Calabria, e su questo non vi sono obiezioni di sorta da parte di alcuno, né da parte sua né da parte della Commissione né, ritengo, da parte del ministro di grazia e giustizia; però l'organico di polizia in Calabria si può definire un megaorganico e quindi nessuno può accusare il ministro dell'interno di non avere inviato in Calabria un numero sufficiente di uomini (l'organico è coperto e per ogni mafioso ci sono due poliziotti). Mi domando se sia sufficiente avere un organico completo. C'è da chiedersi anche da quanti anni questi agenti siano in servizio in Calabria. Avere una risposta al riguardo ci consentirebbe di capire meglio la situazione. Inoltre, quanti sono i Pag. 3526 calabresi in servizio in Calabria? Infine, quanti sono gli agenti preparati all'azione di contrasto alla criminalità organizzata? Nel corso dei due anni di lavoro della Commissione antimafia abbiamo verificato che in alcune zone d'Italia il numero degli agenti è sufficiente; quando poi abbiamo approfondito la questione, ci siamo resi conto che si tratta di agenti in servizio da molti anni e che si dedicano a pratiche di ordine burocratico. Gli organi di polizia hanno pensato di creare una specie di scuola per preparare gli agenti all'azione di lotta alla criminalità, ma questo progetto è rimasto sulla carta e non si è tradotto in realtà. In sostanza, vorremmo capire meglio la situazione attraverso la risposta del ministro. PRESIDENTE. Vorrei precisare che, secondo i dati forniti dalle forze di polizia relativamente al numero degli appartenenti alle organizzazioni mafiose, in Calabria vi è un mafioso ogni due poliziotti, in Sicilia un mafioso ogni cinque e in Campania uno ogni quattro. Quindi, la Calabria è la regione nella quale vi è una minore presenza delle forze dell'ordine in relazione al numero di mafiosi. ALTERO MATTEOLI. Come ho detto all'inizio del mio intervento, la seduta odierna è dedicata alla Calabria e il dato fornito mi è sembrato, visto che non sono un tecnico, sufficiente. SALVATORE FRASCA. Signor presidente, siamo a legislatura sciolta, quindi... PRESIDENTE. A Camere sciolte perché la legislatura dura fino... SALVATORE FRASCA. A quando? E' una disquisizione dottrinaria che non ha rilievo rispetto a quello che sto per dire. PRESIDENTE. Altrimenti non saremmo qui. SALVATORE FRASCA. E' anche discutibile che noi possiamo continuare a fare questo lavoro; credo che al riguardo ci siano forti dubbi. Vorrei sollecitare il presidente a non convocare più la Commissione man mano che ci inoltriamo nell'agone elettorale perché, qualunque siano le decisioni della Commissione... MASSIMO BRUTTI. Abbiamo chiesto noi queste audizioni! SALVATORE FRASCA. Sì, sto parlando per l'avvenire. PRESIDENTE. Questa riunione è stata chiesta da lei, senatore Frasca. SALVATORE FRASCA. Il mio dolce idioma è di stampo calabrese e porta con sé molte commistioni con la lingua greca. Tuttavia, ritengo che in questa circostanza si stia parlando in italiano. Non ho fatto riferimento alla seduta odierna, ma sto parlando per l'avvenire e sto dicendo che forse sarebbe inopportuno convocare ancora la Commissione perché qualsiasi decisione e qualsiasi discussione potrebbero essere strumentalizzate dal punto di vista politico. E' questo un rischio di cui mi sono sempre preoccupato, lottando contro certe strutture e procedure ed invitando me stesso e la Commissione a conservare sempre l'obiettività. Poiché le Camere sono sciolte, ci si affida al laisser faire, ma non so fino a che punto queste discussioni siano utili. Ho avuto la sensazione, signor presidente, che quella del ministro sia stata una relazione di polizia, cioè una relazione che può essere resa dal capo della polizia ma non da un ministro dell'interno della Repubblica italiana, il quale ha il dovere di dire quali siano le condizioni obiettive e reali in cui opera e prospera la delinquenza organizzata compiendo ogni giorno salti di qualità. Non mi pare che ci sia stato un riferimento a questa situazione. Penso che la mafia non sia una qualsiasi organizzazione delinquenziale; se fosse così, basterebbe il codice penale per sconfiggerla. La mafia è tutt'altra cosa, tant'è che abbiamo dovuto creare l'articolo Pag. 3527 416-bis, varare leggi eccezionali, istituire Commissioni, proprio per i suoi collegamenti con le istituzioni, a volte con le forze di Governo, con le questure, con l'ordinamento giudiziario e quindi con alcune procure. Si ha perciò la sensazione che non si voglia indagare su questo terreno e soprattutto che non si vogliano attuare quelle norme in virtù delle quali siamo qui. Questa Commissione ha infatti anche compiti di controllo e quindi abbiamo il dovere di verificare se i meccanismi dello Stato impegnati nella lotta alla mafia funzionino o meno. Signor ministro, ho gradito l'invio dell'esercito in Calabria ma non ho gradito la motivazione che, almeno nell'annuncio del decreto, ne è stata data: perché lo Stato deve rioccupare il territorio. Mi sono domandato quale Stato debba rioccupare il territorio, se in Calabria non è mai esistito, né prima del fascismo, né durante, né oggi. Esiste solo un'approssimazione dello Stato. Se esaminiamo il modo in cui operano le prefetture, le questure, i comandi dell'Arma dei carabinieri, i provveditorati agli studi, le intendenze di finanza e in generale tutte le articolazioni dello Stato e ci accorgiamo che i prefetti, i questori, i comandanti dei carabinieri, i provveditori agli studi, gli intendenti di finanza sono ad immagine e somiglianza del gruppo di potere che da anni governa la Calabria, dobbiamo domandarci se queste articolazioni rappresentino lo Stato democratico. Da questo punto di vista vorrei delle assicurazioni che non ho avuto finora. Se poi andiamo a vedere come funzionano le istituzioni locali, dobbiamo ammettere che non funzionano affatto o funzionano poco e che proprio per questo c'è l'inframittenza di stampo mafioso. Signor ministro, il consiglio regionale della Calabria è composto da 40 persone. Di queste, più di 25 sono in parte in stato di detenzione, in parte rinviate a giudizio, in altra parte ancora sottoposte ad iniziative giudiziarie. PRESIDENTE. Quanti sono i consiglieri? SALVATORE FRASCA. Per ora hanno problemi 25 consiglieri su 40. Da qui a qualche giorno, man mano che la magistratura andrà avanti nel procedimento relativo alla centrale di Gioia Tauro, il numero crescerà. PRESIDENTE. Rappresentano la maggioranza! SALVATORE FRASCA. Il ministro si è chiesto se quel consiglio regionale possa funzionare? Non è forse il caso di scioglierlo? Sono state sciolte le Camere, non capisco perché ciò non possa accadere per quel consiglio regionale, considerando che è composto da così brave persone! Si tratta di interrogativi politici di grande rilevanza perché da quell'organo continuano ad affluire fondi e approvvigionamenti vari verso la delinquenza organizzata, come dimostrano alcune interrogazioni presentate al Governo, che non hanno mai avuto risposta. Lo stesso discorso vale per alcuni comuni, per alcune amministrazioni provinciali, per alcuni enti pubblici e sub-regionali. Non ne funziona nessuno, lo Stato non esiste e la gente si rende conto che se c'è una forza fortemente organizzata è quella della mafia. Su questo terreno andrebbe compiuta una riflessione. Dai dati statistici emerge che 5 mila cittadini calabresi farebbero parte dell'esercito della mafia. Mi permetto di non essere d'accordo: altro che 5 mila! PRESIDENTE. Per la precisione, si tratta di oltre 5.600. SALVATORE FRASCA. Ognuno di questi soggetti considerati mafiosi o delinquenti porta con sé altre tre o quattro persone. Quindi, bisogna moltiplicare quel numero per tre o quattro volte. I prefetti ed i questori affermano queste cose ma non le scrivono nelle relazioni; Pag. 3528 non capisco il perché di tanta ipocrisia nei confronti dello Stato. Il primo problema che abbiamo innanzi è perciò quello del buon funzionamento delle istituzioni. Lo Stato centrale deve aiutare la Calabria a far funzionare le istituzioni, anche se ciò significa confliggere con la classe dirigente calabrese. Ho fatto riferimento alle autonomie locali, quindi alle regioni, ai comuni, alle amministrazioni provinciali. Vorrei ricordare al ministro di aver presentato un'interrogazione, rimasta lettera morta, con la quale denunciavo che i CORECO della Calabria, a cominciare da quello di Cosenza, sono stati costituiti in gran parte in dispregio della legge, la quale stabilisce quale debba essere la qualificazione professionale dei membri. Ebbene, il consiglio regionale, e per esso la giunta esistente in quel periodo, formata da DC e PDS, ha compiuto atti fortemente illegittimi. Infatti, il presidente del CORECO di Cosenza è un ex segretario comunale che nell'anno antecedente alla nomina era subcommissario al comune di Praia a Mare e un consigliere di quel CORECO nell'anno precedente era sindaco di un comune della provincia, cioè ricopriva una carica che ne avrebbe impedito la nomina. Il consiglio regionale non ha tenuto conto di tutto questo: ho denunciato la situazione al commissario di Governo ed ai vari prefetti e mi è stato detto che avrebbero verificato. Ho presentato un'interrogazione e la macchina dello Stato non si è mossa. Pertanto, ciò vuol dire che lo Stato centrale è connivente con questa situazione di illegalità esistente in Calabria. Rilevo quindi una contraddizione nel comportamento dello Stato perché, mentre da una parte giustamente invia l'esercito e schiera la polizia, dall'altra consente una situazione del genere. Rispetto alla mia denuncia lei, signor ministro, deve compiere una scelta che io potrò anche contestare, così come dovrà compierla il presidente Violante, il quale ha il dovere di richiamare la sua attenzione e quella del Governo su fatti di gravità eccezionale che vengono pubblicamente e per iscritto denunciati. ANTONINO BUTTITTA. Vorrei comprendere in cosa consiste il richiamo al presidente: cosa dovrebbe fare? SALVATORE FRASCA. Lo spiego subito. Sin dal luglio 1993 ho denunciato la presenza nel consiglio comunale di Cassano Ionio di uomini conniventi con la malavita organizzata. La mia interrogazione non ha avuto risposta, anche se l'ho più volte sollecitata; alla fine mi sono deciso a rivolgermi per iscritto al sonnolento prefetto di Cosenza per denunciare tutto ciò ed ho inviato la lettera per conoscenza anche al ministro dell'interno ed al presidente della Commissione parlamentare antimafia. Il ministro mi ha ufficialmente risposto poco fa; il presidente non mi ha degnato neppure di una riga di risposta. Non vorrei che i due consiglieri di cui mi interesso, appartenenti ad un probabile nuovo compromesso storico, possano avere una copertura da parte dello Stato. E' questo il rischio che temo quale spirito libertario, quale voglio essere in questa Commissione. Signor ministro, non ho rimproverato l'avvocato Falvo di essere avvocato della mafia. Si imporrebbe una deontologia professionale anche per chi è impegnato in politica. Ricordo che il vecchio Pietro Mancini ed il vecchio Fausto Gullo, che pure erano valorosi avvocati, non difendevano mai proprietari terrieri perché si erano schierati dalla parte dei contadini e volevano essere coerenti con la scelta ideologica compiuta. Erano altri tempi; oggi alcuni componenti di questa Commissione sono coinvolti in processi di mafia. Il problema dunque è di deontologia professionale ed io, richiamandomi al rapporto dei carabinieri recepito dalla Commissione, ho detto che uno di questi due consiglieri (uno era capogruppo della DC ed ora ha lasciato quel partito e quindi è più libero) è definito il referente della mafia, non l'avvocato, al punto di mettere a disposizione di una cosca mafiosa, Pag. 3529 i cui telefoni sono sotto controllo, il suo telefono cellulare. E' stato detto che il numero è sbagliato, ma si tratta solo di un'errata trascrizione di un numero: questo signore ha messo il proprio telefonino a disposizione di una cosca mafiosa. Da altre registrazioni risulta che costui ha comunicato alla madre di uno spacciatore di droga di aver corrotto un medico di Cosenza, facendogli certificare che la droga anziché pesante fosse leggera. Ci sono altre decine di trascrizioni che riguardano questo signore, eppure non si dice niente. C'è poi l'altro versante, quello del PDS. Da parte dei colleghi del PDS era stato assunto un impegno che poi non è stato mantenuto. Vengono riportate trascrizioni dalle quali emerge una richiesta di voti. Anche in questo caso viene meno la deontologia professionale. Signor ministro, in questa Commissione, nello Stato italiano, nel Parlamento sono stati messi sotto accusa uomini politici di rilievo nazionale per questioni di infimo livello. Per questi casi non si interviene, anche se risultano fatti gravissimi. Poiché non si era mosso lo Stato, sono andato dal prefetto il quale, allargando le braccia, mi ha risposto di non sapere che cosa fare. Ricevuta la lettera, e non potendo più far finta di niente, finalmente ha richiesto alla Superprocura la copia del fascicolo, che è stato inviato. Una volta letto il fascicolo, però, come Ponzio Pilato se ne è lavato le mani, rimettendole la "patata bollente". Signor ministro, so che i suoi uffici stavano preparando il decreto di rimozione di questi due signori; poi però si sono registrati interventi "deputatizi" che hanno bloccato l'iter del provvedimento. Mi sono recato dal direttore generale, il prefetto Sorge, il quale mi ha intrattenuto con una disquisizione di carattere teorico, sostenendo che il prefetto aveva sbagliato a farsi trasmettere il fascicolo dal procuratore antimafia e che non l'avrebbe dovuto fare. Io non lo posso richiedere; dato che la documentazione inviata dal prefetto di Cosenza è incompleta, ho chiesto di poterla completare ricevendo una risposta: "Questo non lo posso fare". Ergo questi due signori devono rimanere al loro posto, mentre nel consiglio comunale di quella città siedono alcune vittime di tentativi di strage o comunque destinatari di minacce serie - non quelle ipotizzate dagli organi di stampa - senza avere alcuna scorta, senza niente! Altri invece possono fare le cose che hanno fatto! E' un caso di una gravità eccezionale che riguarda sia la responsabilità del presidente della nostra Commissione, il quale deve dimostrare la sua obiettività e la sua capacità di intervento anche se si tratta di compagni del suo partito, sia la responsabilità del ministro dell'interno che non può chiedere ancora approfondimenti dopo otto mesi! Questo è il fascicolo, signor ministro! Se vuole, lo può esaminare. Il fascicolo parla chiaro e non l'ho scritto io, bensì i carabinieri, i magistrati e vi sono anche degli avvisi di garanzia. Non mi si venga a dire che ancora non vi è una sentenza di condanna, perché non è questo il caso. Signor ministro, il dottor Cesareo di Cetraro è stato sospeso dalla prefettura di Cosenza, dalla carica di consigliere provinciale e comunale del suo comune perché un suo fratello apparteneva alla cosca del signor Muto, senza che a suo carico emergesse qualcosa! Si vogliono fare queste valutazioni? Si vuole tener presente che il vicesindaco firma per conto del sindaco, in qualità di ufficiale del Governo? Questa è la gravità della situazione che non può essere compresa dal direttore generale del suo ministero, ma da lei, onorevole Mancino, come ministro dell'interno. La invito perciò ad adottare i provvedimenti necessari perché la situazione non può più durare. Passo ora alla centrale: signor presidente, abbiamo perduto l'autobus? PRESIDENTE. Mi pare l'abbiano preso altri. SALVATORE FRASCA. Certo, l'hanno preso altri. Personalmente sostengo, in Calabria, che resta un mistero da sciogliere Pag. 3530 la mancata convocazione di Viezzoli, prima della sua riconferma a presidente. Ora tutti gridiamo allo scandalo, rilasciando interviste ai soliti giornali - più o meno interessati - ma di questi fatti non se ne parla, perché ci deve essere il silenzio stampa! Noi avevamo chiesto l'acquisizione del fascicolo in quanto su Gioia Tauro va fatta chiarezza, respingendo certe tesi che non stanno né in cielo né in terra, come quella del procuratore Boemi, secondo il quale il quinto centro siderurgico è stato voluto dalla mafia. Affermazioni più inesatte di queste, dal punto di vista storico, non ne esistono! Qui tutto è mafia? Non è possibile! Dunque deve essere chiarito il ruolo che l'ENEL ha svolto a Gioia Tauro, così come deve essere chiarito il ruolo che determinate forze politiche, determinati deputati e senatori hanno avuto con riferimento alla piana di Gioia Tauro, opponendosi ad alcuni, come Olivo il quale, nella sua qualità di presidente della giunta regionale, si opponeva alla realizzazione della centrale a carbone. Non voglio andare oltre, altrimenti da calabrese mi appassiono. La lotta contro la mafia però richiede passione, capacità di intervento, di denuncia, spregiudicatezza se vogliamo. Signor ministro, da parecchi anni si chiede nella piana di Sibari, dove opera questa delinquenza, l'istituzione di un commissariato di pubblica sicurezza o una compagnia di carabinieri. Nella piana di Sibari, a Rossano e a Corigliano vi sono la polizia e i carabinieri, ma da Sibari in poi, ossia per altri venti comuni, esiste solo qualche sgangherata caserma dei carabinieri, nient'altro! Non ricordo quanti ministri dell'interno hanno riconosciuto la legittimità di questa richiesta, ma nessuno ha fatto niente! A Cassano Ionio vi sono due caserme dei carabinieri, l'una dipende dalla compagnia di Castrovillari, l'altra da quella di Corigliano Calabro: lo Stato non può essere più ridicolo di così mantenendo una situazione del genere! Questo è l'ultimo intervento che svolgo nella Commissione antimafia e avrei voluto utilizzare un tono diverso, ma il mio spirito si ribella dinanzi ai comportamenti omissivi dello Stato e del Parlamento dinnanzi a situazioni di tale gravità. Troverò il modo affinché la Repubblica e il Corriere della Sera, diversamente mi rivolgerò a l'Indipendente, si interessino di questo e, insieme con me, chiedano al presidente Violante e al ministro dell'interno perché ancora a Cassano Ionio si mantiene una situazione del genere. Le persone a cui sono stati chiesti i voti e che hanno votato per questi personaggi, sono in galera perché hanno consumato decine e decine di delitti. Non sono responsabili di furti, né di pascolo abusivo o di vacche sacre, problema quest'ultimo che può essere risolto con facilità, signor presidente. Quando ero sindaco nel mio comune, mi trovai con una mandria ... PRESIDENTE. Sta finendo, vero, senatore Frasca? SALVATORE FRASCA. Ascolti signor presidente, perché dobbiamo dirle queste cose. Settecento vacche circolavano nei centri abitati, invadevano i campi, giravano dappertutto, ma con una semplice ordinanza, in qualità di sindaco ed assumendomi tutte le responsabilità... GIROLAMO TRIPODI. Vuol dire che la mafia non c'era. SALVATORE FRASCA. Determinando un tentativo di strage nei confronti del mio capogruppo, ho impedito che le vacche potessero pascolare. Bisogna dire ai sindaci di assumersi le proprie responsabilità, così come bisogna dirlo ai prefetti, d'intesa con i sindaci, se vogliono essere prefetti della Repubblica italiana, non dei prefetti della democrazia cristiana. PRESIDENTE. Senatore Frasca, sa bene che la Commissione antimafia non ha alcuna competenza in ordine a poteri amministrativi nei confronti dei consiglieri comunali. Pag. 3531 SALVATORE FRASCA. Ha però il potere di controllare il funzionamento dei meccanismi dello Stato. GIROLAMO TRIPODI. Oltre alla situazione, che conosciamo, in relazione agli organici, agli interventi e alla cattura dei latitanti, mi sarei aspettato un quadro aggiornato della realtà della 'ndrangheta calabrese alla luce di alcuni avvenimenti accaduti che hanno richiamato l'attenzione del paese, turbando la gente onesta della Calabria e i cittadini italiani. Mi riferisco al recente assassinio degli appuntati dei carabinieri, feroce e consumato con freddezza, rispetto al quale mi aspettavo una risposta. Dagli organi di stampa abbiamo saputo che quell'assassinio si è perpetrato perché era stato preparato un attentato a cinque magistrati che interrogavano un pentito di Messina, tale Sparacio. NICOLA MANCINO, Ministro dell'interno. Questo è stato scritto. GIROLAMO TRIPODI. Sì, i giornali lo hanno scritto, così come si è saputo del piano preparato per l'assassinio di Cordova, Verzera, Boemi, Lombardi e così via, secondo quanto affermano i magistrati che hanno denunziato i fatti. Se avessimo avuto un aggiornamento della situazione, anche in ordine al maggior livello di pericolosità registrato rispetto al passato, avremmo avuto dinanzi una realtà diversa. Del resto, relativamente alla eccezionale pericolosità della 'ndrangheta vi sono responsabilità politiche su cui mi soffermerò più avanti. In Calabria registriamo un'organizzazione criminale e mafiosa più pericolosa e più potente per molti aspetti (ivi compreso quello organizzativo) di quello di altre organizzazioni mafiose, la quale agisce sul piano locale, nazionale e internazionale. Lei, signor ministro, ha fatto alcuni riferimenti, ma la 'ndrangheta è non solo l'organizzazione più ramificata a livello nazionale, ma mantiene collegamenti con altri paesi, soprattutto l'Est e l'ex Unione Sovietica specie negli ultimi tempi. La 'ndrangheta calabrese - è mafia anche questa - non soltanto è riuscita ad instaurare un rapporto ferreo con Cosa nostra (abbiamo notizie che si è identificata) ma riesce anche a controllare quasi tutto il territorio nella provincia di Reggio Calabria ed in altre zone, egemonizzando l'economia povera ed aumentando il degrado sociale e produttivo. L'organizzazione risulta potente anche nei traffici di droga di livello internazionale. Secondo notizie ottenute, la 'ndrangheta gestisce circa il 70 per cento del traffico di stupefacenti, riuscendo anche ad amministrare il traffico di armi sofisticate: in Calabria è stato utilizzato per la prima volta il bazooka per compiere un atto criminale e nel piano per l'assassinio dei magistrati dovevano essere utilizzate moderne e potenti armi da guerra, ossia i missili, non soltanto il kalashnikov. Se la realtà è questa, caro ministro, non può dire che siano stati raggiunti dei risultati, anche se le devo riconoscere l'assenza di toni trionfalistici. Si deve riconoscere che siamo di fronte ad una situazione di eccezionale emergenza, perché abbiamo uno Stato vero. Lei, signor ministro, ha indicato dodici consigli comunali che sono stati sciolti in passato; negli ultimi tempi provvedimenti di questo genere non ne sono stati assunti, anzi, non so se sia vero ma pare che siano state impartite disposizioni perché si valuti più attentamente la situazione prima di emanare provvedimenti di scioglimento. Né possiamo dire che sia rassicurante il dato relativo alla diminuzione del numero degli omicidi, che quest'anno sono stati 123 (quindi in incremento rispetto allo scorso anno), perché, come lei sa, signor ministro, ciò è stato determinato da un intervento mafioso e non da un intervento dello Stato. C'è stata, infatti, quella famosa pax mafiosa alla quale si è tante volte fatto riferimento e che è stata decisa dall'intervento di Cosa nostra e dagli esponenti della mafia a livello internazionale (americani, calabresi ed altri ancora). Certamente, dal momento che le cosche non si Pag. 3532 sparavano più tra loro, è diminuito il numero degli omicidi ma è aumentato il potere di controllo esercitato dalle cosche, soprattutto a Reggio Calabria, dove la pax mafiosa era stata imposta. Se ci troviamo di fronte a questo problema, è evidente che dobbiamo stare attenti a non farci ingannare da dati statistici che possono dimostrare che il fenomeno potrebbe essere in via di indebolimento. Questo non è assolutamente vero, perché, come dicevo, nella provincia di Reggio Calabria come in altre zone della regione non si fa niente se le cosche mafiose non lo vogliono. Anzi, mi pare che dal 1982 - non ricordo se lei abbia parlato del 1987 - il numero delle cosche organizzate è in aumento ed anche questo deve preoccupare. Certo, il Governo ha assunto alcune misure, sono stati istituiti nuovi commissariati, però bisogna anche verificare come questi funzionino e come siano stati utilizzati al fine della prevenzione e della repressione della criminalità organizzata. Va poi detto - anche se di questo parleremo tra poco con il ministro Conso - che in Calabria mancano i magistrati. Come ha affermato anche ieri sera in televisione il presidente Violante, di fronte ad un numero di affiliati delle dimensioni di un esercito - sono infatti 5.600 quelli scoperti, ma poi vi sono molti comuni della piana, della ionica e anche del reggino, nei quali l'illegalità è diffusa - non si può portare avanti una battaglia di contrasto con quattro magistrati nella procura distrettuale di Reggio Calabria ed altri quattro a Catanzaro. Né, certamente, si può combattere la mafia calabrese con un rapporto tra affiliati e forze dell'ordine che è inferiore al 50 per cento, secondo i dati che abbiamo avuto in visione proprio oggi. Altro elemento negativo, come dicevo prima, è dato dal fatto che l'azione di controllo sulla gestione dei comuni si è affievolita; sia per quanto riguarda la provincia di Reggio Calabria sia per quanto riguarda la regione, e ormai non si registrano più scioglimenti di consigli comunali. Ma sono state fatte richieste - anche da parte del sottoscritto - per interventi mirati ad individuare eventuali penetrazioni o altri tipi di irregolarità permanenti e di violazioni di legge. E' vero che a Palmi è stato sciolto il consiglio comunale, ma questo è avvenuto a seguito delle dimissioni di 15 consiglieri. Non si è invece fatto niente - ed in proposito abbiamo anche presentato interrogazioni - riguardo al comune di Polistena, a proposito del quale sappiamo che sono stati presentati cinque o sei rapporti da parte delle forze dell'ordine (polizia e carabinieri); rapporti che sono a conoscenza anche del prefetto di Reggio Calabria ma che non sono stati ancora presi in considerazione, per cui non è stato ancora emanato il decreto di accesso. Ho indicato Polistena, ma potrei indicare anche altri comuni e sono a disposizione per farlo. A proposito della questione del consiglio regionale della Calabria, voglio dire che si tratta di uno scandalo e ripetere che è un anno e mezzo che ci battiamo per il suo scioglimento. Come può essere combattuta la mafia, quando abbiamo un consiglio regionale così squalificato, nel quale alcuni consiglieri non possono esercitare il loro diritto essendo stati sospesi, mentre altri sono implicati nella vicenda di tangentopoli o in altri reati ed altri ancora sono persino stati mandati al soggiorno obbligato (come nel caso di Lavorato)? Perché non si interviene? Come è possibile avere credibilità e trovare fiducia tra la gente perché possa battersi accanto alle forze che vogliono contribuire a liquidare questo terribile fenomeno? Ci sono, dunque, grandi responsabilità da parte dello Stato. Non mi piace sollevare polveroni, come fanno altri, e voglio soltanto dare un mio contributo. Non confondo responsabilità o indicazioni di indagini che non hanno niente a che vedere con la mafia, perché in questo modo si rischia di non combatterla mentre la mafia stessa si combatte come deve essere combattuta. Rilevo soltanto che, oltre a quanto ha esposto nella sua relazione, lei avrebbe dovuto indicare quali responsabilità vi Pag. 3533 siano state anche per quanto riguarda le coperture, gli intrecci, i collegamenti politici che si sono verificati. La mafia, la 'ndrangheta calabrese non è cresciuta da sola, è cresciuta e si è saldata con il potere politico dominante, caro ministro. Questa è la verità. NICOLA MANCINO, Ministro dell'interno. Questo l'ho scritto e l'ho letto! GIROLAMO TRIPODI. Allora vuol dire che non l'ho seguita! Però ci sono personaggi che facevano parte del Parlamento e che sono stati indagati. Ci sono stati sindaci e così via. Ma dico di più: dico che il Governo ha anche responsabilità e mi soffermo un momento sulla vicenda della centrale a carbone di Gioia Tauro. A questo riguardo il Governo ha grandi responsabilità, ma non, come diceva il collega Frasca, perché sia stata compiuta la scelta di insediare a Gioia Tauro, in una logica tipicamente coloniale, una centrale inquinante e disastrosa, come ormai è stato riconosciuto scientificamente, sul piano ambientale. C'è responsabilità perché è stata compiuta una scelta che è diventata una rivendicazione permanente della mafia, ed i fatti lo dimostrano. Ricordo che l'ENEL non era un'azienda privata, era un'azienda di Stato e noi l'abbiamo denunciato; anche se so quanto abbiamo rischiato in quella zona e quanto si rischia ancora di fronte ai grandi interessi - perché di fronte a 6, 7, 8 mila miliardi che possono arrivare a seguito di questo insediamento la mafia diventerà potente ai livelli più alti - sono contento di essere stato tra coloro che hanno preso quell'iniziativa. Dunque, la mafia della piana di Gioia Tauro è riuscita a collegarsi non soltanto con l'ENEL ma con la grande imprenditoria nazionale; si è arrivati persino (non è poca cosa!) ad una società composta da affiliati della cosca Piromalli e da Gardini, che se non fosse morto oggi sarebbe anche lui in galera. Quali responsabilità, dunque, ha avuto il Governo? Ha avuto la responsabilità non solo di fare un intervento che era incompatibile con l'assetto territoriale, ambientale, sanitario, paesaggistico ed urbanistico e che avveniva attraverso la violazione di una serie di leggi (urbanistiche, sull'ambiente, relative all'impatto ambientale, ai rischi sismici e così via) ma soprattutto ha avuto la responsabilità di avallare quell'accordo. Il Governo sapeva, infatti, che l'ENEL faceva accordi con imprese collegate alla mafia, accordi voluti perché si potesse in tal modo imporre una scelta non voluta dalla popolazione. Così sono andate le cose ed io sono fiero di aver combattuto contro quella scelta, che ha portato a quelle conseguenze che oggi conosciamo. Dichiaro con fierezza di essere stato uno degli organizzatori dei sindaci delle popolazioni delle zone interessate ed oggi, pur senza gioire certo per ciò che è accaduto, devo dire che i fatti ci hanno dato ragione. Aggiungo che vi è stato l'appoggio persino di questo Governo, che ultimamente, nel mese di novembre, ha stipulato un accordo, sottoscritto dalle organizzazioni sindacali, per realizzare la centrale a carbone. C'era la richiesta di fare una centrale alimentata a metano, ma non la si è voluta perché la mafia ritiene che si debba realizzare una megacentrale a carbone in modo da poter continuare a controllare enormi risorse finanziarie, ad esempio con il movimento del carbone o con il trasporto delle ceneri pesanti (si tratta di 800 mila tonnellate l'anno e ci vogliono 200 autocarri al giorno soltanto per spostare da un posto all'altro questo materiale). Ecco perché, signor ministro, c'è stato l'assalto al municipio, alle 6 di mattina; non si è trattato di un assalto da parte di scioperanti o di disoccupati che chiedevano lavoro ma di un assalto fatto da forze che non avevano niente a che fare con i lavoratori. Nell'ottobre 1991, a Gioia Tauro hanno anche tentato l'assalto al commissariato di polizia. Hanno divelto i binari del treno, coprendoli con le foglie degli alberi, nel tentativo di provocare una strage, e lo hanno fatto con le ruspe Pag. 3534 dei mafiosi. Con gli automezzi dei mafiosi hanno portato sull'autostrada il bitume per sbarrare il passaggio. Hanno più volte fatto minacce nei confronti di chi si opponeva a quelle scelte. Hanno fatto minacce nei confronti dei giudici persino con scritte sui muri. Questa è la realtà. Nonostante questo, signor ministro, noi abbiamo detto non solo a lei ma anche ai suoi predecessori di tenere conto di tale situazione e di affrontare il problema alla luce di questa realtà, di questo intreccio che si era creato tra mafia e pubblica amministrazione, tra mafia e politica. Credo che questa vicenda non si sia conclusa; essa è giunta ad un punto, ma potrà far registrare ulteriori sviluppi, anche clamorosi, perché lì c'è tutto: vi sono affari mafiosi ma anche affari di altro tipo (affarismo politico, malaffare e così via). Questo è il fatto. Perché, allora, nel momento in cui si giungeva a quel tipo di manifestazioni (non quelle popolari ma quelle che ho indicato), le stesse forze dell'ordine avevano ricevuto la disposizione di tollerare? Questo vuol dire copertura, significa che vi era anche una volontà dello Stato di consentire che ad ogni costo potesse essere realizzata una scelta non voluta, respinta dalle popolazioni e non corrispondente agli interessi di sviluppo di quelle zone, visto che la centrale non poteva realizzare nulla. Su tali questioni, di fronte a questo scenario... PRESIDENTE. Lei sta concludendo, vero? GIROLAMO TRIPODI. Sì, anche se il senatore Frasca ha parlato molto di più. PRESIDENTE. Però, come lei sa, conta la qualità delle cose che si dicono. GIROLAMO TRIPODI. Può darsi che quanto sto dicendo non sia di qualità! PRESIDENTE. Volevo dire semplicemente che lei non ha bisogno di parlare molto. GIROLAMO TRIPODI. Adesso - dicevo - che si fa? Mi rivolgo a lei, signor ministro dell'interno: vogliamo aggravare la situazione dicendo che bisogna fare lo stesso tutto quello che si fa, oppure quell'accordo stipulato nel mese di novembre deve essere revocato e l'intera questione va rivista? Si vuole continuare a dire: "Quello che è successo è successo, stendiamo un velo" per poi eventualmente procedere agli appalti anziché a trattativa privata, come si è fatto precedentemente, attraverso l'applicazione della nuova legge sugli appalti, anche se questa lascia comunque molti spazi? Oppure si è di fronte ad un'azienda privata ed essa può fare quello che vuole? La prima cosa da fare è revocare quel decreto e rivedere l'intera questione, chiamando le forze sane della Calabria a ridiscutere il problema dello sviluppo. Infatti, lo sviluppo della Calabria e lo sviluppo compatibile, per così dire, con il controllo del fenomeno mafioso ed anche con l'ambiente non si può realizzare in questo modo. Chiedo quindi ufficialmente, come abbiamo fatto in altre sedi, che il Governo riveda tutta la posizione ed intanto revochi quel decreto in virtù del quale si insisteva ancora nel sostenere di poter realizzare l'impianto in questione, che é come si suol dire, nell'occhio del ciclone, per cui nessuno può pensare di dire che il problema è superato e che si può andare avanti. Quello che è avvenuto dovrebbe rappresentare un capitolo chiuso, un capitolo vergognoso, scandaloso e pericoloso per la democrazia, che però - lo ripeto - andrebbe chiuso. Chiederei pertanto qualche risposta anche su tali problemi, sulle domande che mi sono permesso di formulare, oltre ad alcune considerazioni che credo siano utili anche all'arricchimento della discussione. MASSIMO BRUTTI. Signor ministro, abbiamo chiesto l'odierno incontro con una certa urgenza in relazione ai fatti che Pag. 3535 erano accaduti vicino a Reggio Calabria e, più in generale, alla situazione di questa regione. Vorremmo capire o cercare di capire, da lei e insieme a lei, che cosa sta accadendo in questo momento nel quadro delle attività criminali che si svolgono non solo in tutta la regione ma più specificamente nella provincia di Reggio Calabria, che è quella interessata dai fenomeni più gravi e pericolosi. Vorremmo anche sapere da lei che cosa il Governo sia in grado di fare subito, in tempi brevi, per intervenire su tale situazione. La relazione del ministro enumera una serie di fatti per quanto riguarda l'analisi del fenomeno quale si presenta oggi, ma - mi permetto di dirlo - senza alcuna scelta prospettica, senza mettere in rilievo gli aspetti che in questo momento possono essere considerati salienti, i punti su cui è necessario agire: nella relazione che lei ci ha presentato questa sera vi è un'estrema vaghezza di impegni. L'eccidio dei due carabinieri è un fatto che colpisce per l'assenza di una risposta: mi sembra senza precedenti il fatto che vi sia stata questa strage e subito dopo si sia verificato una specie di riassorbimento, in pochi giorni, anche nella risposta dell'opinione pubblica. E' forse utile sapere quale interpretazione di questo fatto il Governo sia in grado di fornire in questo momento. A me pare che nella modalità dell'attacco ritroviamo alcune caratteristiche proprie delle azioni terroristiche della mafia calabrese, che si distingue proprio per il fatto di scegliere bersagli che non sono di vertice ma si collocano a livelli intermedi o, per così dire, a livelli medio-bassi degli apparati dello Stato e di coloro che sono preposti all'azione di contrasto, in ciò realizzando contemporaneamente due obiettivi: da un lato, la risposta dell'opinione pubblica, l'allarme, l'irrigidimento dell'azione di contrasto non è pari a quello che si verifica subito dopo un attacco terroristico condotto contro bersagli di vertice; dall'altro lato, l'impatto terroristico è invece molto forte, perché uccidere due carabinieri qualsiasi, che svolgono delle funzioni certamente delicatissime ma sono uguali a tanti altri loro commilitoni, significa realizzare un'intimidazione assai estesa. Sarebbe interessante sapere se vi sia un nesso diretto e quanto con l'arresto di Sparacio, avvenuto un giorno e mezzo prima dell'eccidio. Quest'ultimo arresto chiama in causa un tema generale che nella relazione del ministro viene toccato, ma molto di sfuggita: siamo in grado di dire quale sia oggi il livello di integrazione tra 'ndrangheta e Cosa nostra, tra i gruppi calabresi ed i gruppi mafiosi siciliani? Credo che un'integrazione vi sia, soprattutto con riferimento alla mafia del messinese, che è una mafia potente, direttamente legata ai vertici di Cosa nostra. Nella relazione è scritto che il rapporto esiste ma nel rispetto dell'autonomia operativa; ma che cosa significa "rispetto dell'autonomia operativa"? In realtà, una serie di fatti verificatisi negli ultimi anni dimostrano come il raccordo sia ormai molto stretto, come vi siano state e vi siano grandi azioni criminali che vengono condotte di comune accordo, come vi siano attività illecite che si spostano in direzione della mafia calabrese ma in funzione di un meccanismo unico: penso alle raffinerie della droga ma anche e soprattutto al traffico delle armi. Dalle notizie di cui oggi disponiamo, sembrerebbe che la mafia calabrese si sia specializzata nel traffico delle armi fino a raggiungere una posizione di quasi monopolio in questo traffico illecito e clandestino. Sulla base di questi dati che oggi intravediamo e di una diagnosi, sulla quale credo che possiamo essere d'accordo, di estrema pericolosità e gravità del fenomeno 'ndranghetista in Calabria, le pongo, signor ministro, una questione semplice, sulla quale chiederei oggi, subito, in questi giorni, un impegno preciso del Governo. Anche se in questo periodo si possono fare poche cose, su questo sarebbe opportuno ed utile un impegno chiaro e visibile, insomma una risposta. Stando ai dati che ci vengono forniti, vi Pag. 3536 sono 11.062 effettivi delle varie forze di polizia impegnati nella regione Calabria; la popolazione di quest'ultima è inferiore rispetto a quella di tutte le altre regioni di tradizionale insediamento mafioso, ma il numero degli affiliati alle cosche, proprio in relazione a questa popolazione bassa, è molto alto: si tratta di 5.600 persone, secondo i calcoli della polizia di Stato. Questo rapporto tra 11.062 effettivi delle forze di polizia e 5.600 affiliati alle cosche non ha eguali in nessuna delle altre regioni mafiose. In Sicilia vi sono meno affiliati (sono in tutto 5 mila) e più del doppio degli effettivi delle forze di polizia (25.888). Analogamente, in Campania non vi è la medesima situazione drammatica che si presenta in Calabria, per non parlare poi della Puglia, dove il rapporto è fortemente vantaggioso. Le chiedo allora che cosa si possa fare e che cosa il Governo sia in grado di fare in tempi brevi per sanare questo squilibrio, per concentrare un impegno delle forze di polizia anche numericamente significativo (come, con quali forze, spostando che cosa). Credo che su questo il Governo debba dare una risposta ed un segnale preciso. Anche la risposta dell'opinione pubblica potrà essere più vigorosa di fronte ad attentati di tipo stragista come quello dei due carabinieri se vi sarà una svolta nell'impegno del Governo. Quest'ultimo è in grado di assumere un impegno del genere in queste settimane, di fare qualcosa subito? Le pongo puntualmente tale questione. Desidero ora affrontare molto rapidamente un'altra questione: siamo vicini alle elezioni politiche e ricordo che nella scorsa legislatura la Commissione antimafia aveva definito un quadro di impegni, un codice di comportamento da proporre a tutte le forze politiche per quanto riguarda i candidati. Credo che sia necessario in qualche modo richiamare l'impegno assunto allora e penso che ciò possa essere fatto dal presidente della Commissione parlamentare antimafia ma anche, per quanto di sua competenza, dal Governo, anche in riferimento al fatto che è depositario di informazioni rilevanti. Occorre in sostanza richiamare tutti coloro che presenteranno candidature per le elezioni politiche a quel codice di comportamento, anche per essere in grado di riprovare pubblicamente le forze che presenteranno candidature, in contrasto con quel codice, di uomini in vario modo legati alle organizzazioni mafiose o che comunque hanno sulle spalle precedenti penali che li riconnettono in vario modo ad attività illecite. ANTONIO BARGONE. Intervengo molto brevemente per chiedere soltanto un'integrazione. Ho letto i dati contenuti nella relazione, che sono incredibilmente precisi rispetto alle formazioni mafiose, al numero degli affiliati e così via. Tuttavia, questa indicazione di dati precisi non dice molto sul livello di controllo del territorio; non si specifica, in sostanza, se da parte delle organizzazioni criminali in Calabria vi sia oppure no controllo del territorio. Nella relazione si fa riferimento alla sistematica applicazione del metodo estorsivo, espressione del controllo del territorio e di influenza da parte della cosca. Che cosa significa questo? Ricordo che qualche anno fa l'Alto commissario per la lotta alla mafia ci disse che il territorio calabrese era completamente sottratto allo Stato e che quest'ultimo doveva fare uno sforzo per "infiltrarsi" in questo sistema di controllo del territorio da parte delle organizzazioni criminali. Sicuramente sono stati ottenuti dei successi e la situazione è cambiata, ma quanto è mutata con riferimento al controllo del territorio? Rispetto a questo, si pone un problema soltanto di numero dei poliziotti e dei rappresentanti delle forze dell'ordine impegnati oppure anche di qualità e soprattutto di indirizzi da parte del Ministero? Un'altra questione che desidero sollevare è che nella relazione si fa riferimento al rapporto con gli imprenditori, all'attività economica delle organizzazioni criminali, al fatto che si utilizzi l'usura Pag. 3537 per subentrare nei confronti di imprese e così via. Si tratta di un fenomeno abbastanza conosciuto, ma quali dimensioni ha? In che modo, per esempio, coinvolge istituti di credito? Vi sono società finanziarie, quante, che tipo di ruolo svolgono? Quale rapporto vi è con il sistema economico imprenditoriale calabrese? Non vedo questo nella relazione e mi pare che su tali aspetti vi sia bisogno di un approfondimento e di una risposta da parte del ministro, perché questo può anche farci capire che tipo di strumenti mettere in campo per sconfiggere il fenomeno criminale, il quale non può essere affrontato soltanto sul piano militare. La Commissione su questo ha già detto molte cose ed anche in modo approfondito. Sempre a tale proposito, nella relazione del ministro si dice che "considerando l'importanza dei programmi economici delle cosche, proseguirà con sempre maggiore intensità ed oculatezza l'attacco ai patrimoni conseguiti illecitamente"; ma in questo momento, qual è la dimensione dell'iniziativa in tale settore? Vi sono indagini patrimoniali, misure di prevenzione patrimoniale? Quali sono gli indirizzi in questo senso? Credo che tale aspetto sia particolarmente importante, perché mi pare che possa fornire un quadro più articolato ed approfondito della presenza criminale nel territorio calabrese. Un'ultima puntualizzazione riguarda Gioia Tauro. Noi non abbiamo ascoltato Viezzoli perché le Camere sono state sciolte, ma questi non avrebbe potuto aggiungere nulla rispetto alle cose che già la Commissione antimafia aveva compiuto. L'indagine giudiziaria che ha portato ai provvedimenti assunti nei giorni scorsi è frutto dell'azione della Commissione antimafia: è opportuno dirlo, perché quando ciò accade bisogna rivendicarne il merito. La nostra Commissione individuò i legami esistenti tra la 'ndrangheta e le imprese che si stavano aggiudicando gli appalti; intervenne in maniera decisa nei confronti dell'ENEL, furono annullati - voglio ricordarlo - tutti i contratti... GIROLAMO TRIPODI. L'iniziativa giudiziaria era stata già avviata. ANTONIO BARGONE. No, i cantieri sono stati sequestrati successivamente. GIROLAMO TRIPODI. Il sequestro è avvenuto nel mese di luglio, mentre noi ne abbiamo discusso nei mesi di settembre o ottobre. ANTONIO BARGONE. Sì, però il sequestro dei cantieri avvenne per altre ragioni. In ogni caso, la nostra Commissione intervenne ed ottenne anche dall'ENEL un cambiamento del suo regolamento interno... PRESIDENTE. Furono rescissi i contratti di appalto. ANTONIO BARGONE. Furono rescissi i contratti e l'ENEL a seguito di quella vicenda cambiò il suo regolamento interno per quanto concerne l'aggiudicazione degli appalti, tanto è vero che quella fu la svolta nei rapporti tra tale ente ed il territorio. Credo, quindi, che in proposito non abbiamo perso alcun treno: volevo rimarcare questo aspetto perché, avendo vissuto in prima persona quella vicenda, posso dichiarare che la Commissione antimafia ha fatto il suo dovere. PRESIDENTE. Do la parola al ministro Mancino per la replica. NICOLA MANCINO, Ministro dell'interno. Ringrazio tutti i commissari intervenuti nella discussione per il contributo fornito, le critiche avanzate, i rilievi mossi, le manchevolezze sottolineate. Vorrei muovere dalla considerazione che ci troviamo in presenza di un'evoluzione del fenomeno malavitoso in Calabria rispetto alla quale mi è stata chiesta una relazione anche di profilo prospettico, ossia che desse conto di cosa avviene, di quale sia lo stato evolutivo, in che modo la malavita si sia organizzata e come intenda organizzarsi in futuro, su quali elementi si basi, quali apporti Pag. 3538 riceva, quali collaborazioni realizzi, quale sia il suo rapporto con le amministrazioni locali e con la politica. So che sono già stati ascoltati da questa Commissione il capo della polizia ed il direttore della DIA, dottor De Gennaro... FRANCESCO CAFARELLI. Anche magistrati. NICOLA MANCINO, Ministro dell'interno. Sì, ma io mi riferivo ai soggetti rientranti sotto la mia responsabilità. Probabilmente, avrò fatto sottolineature più adatte ad un capo della polizia, come ha detto il senatore Frasca, ma può darsi che io presenti la mia candidatura e scelga di cambiare ruolo: è possibile che io possa essere più preciso, senatore Frasca. Credo di aver effettuato analisi che non sono rituali, né si ritrovano facilmente anche nella lettura di sentenze di rinvio a giudizio o di sentenze definitive pronunciate da parte della magistratura. Ci troviamo di fronte ad un fenomeno a tutto campo, nel territorio calabrese, forse sottovalutato ritenendo che l'organizzazione più sofisticata e più pericolosa della mafia potesse aver raggiunto il top dell'organizzazione criminale. Ebbene, vi dico che le mie preoccupazioni sono uguali alle vostre sia rispetto alla 'ndrangheta ed alla camorra, sia rispetto ad un fenomeno che viene sottovalutato, anche sul piano del rapporto con il territorio, esistente in Puglia, dove si presentano situazioni malavitose in forte evoluzione. Naturalmente, vi è bisogno di puntuali riscontri e se vi sarà un intervento organico, anche in termini di collaborazione tra forze dell'ordine e magistratura, credo che la Puglia non sfuggirà all'attenzione della Commissione antimafia e del ministro dell'interno. La malavita di quella regione è organizzata ancora in maniera fortemente sotterranea, ma comunque è sottoposta all'attenzione delle forze dell'ordine e della magistratura. Desidero rispondere alla questione sollevata in merito alle elezioni politiche ed al codice di autoregolamentazione dei partiti in materia di designazione dei candidati. Voglio dire al senatore Brutti che è opportuno che ciò avvenga sulla scorta di indicazioni tassative fornite dalla Commissione parlamentare antimafia e recepite dai partiti più sensibili alle problematiche del fenomeno malavitoso. Il codice è un patto sottoscritto autonomamente dalle forze politiche e dovrebbe ritenersi, allo stato, limitato alle consultazioni politiche, tuttavia vi sono anche le elezioni per il Parlamento europeo ed anche chi viene eletto a rappresentare il nostro paese in quel consesso non può non tener conto di questo codice etico. ALFREDO GALASSO. C'è qualche esempio. NICOLA MANCINO, Ministro dell'interno. Da questo punto di vista assicuro che, contando sulla collaborazione del presidente Violante, rivolgerò le più ampie sollecitazioni affinché le forze politiche si facciano carico di questo problema. Siamo nella fase di preparazione delle candidature, quindi questo aspetto assume notevole interesse. PRESIDENTE. Scusi, signor ministro, se ho compreso bene, qualora la Commissione lo ritenesse opportuno il codice potrebbe essere inviato ai segretari dei partiti e dei movimenti politici, segnalando... UMBERTO CAPPUZZO. Una volta c'erano i partiti, adesso c'è tutto un sistema di raggruppamenti... PRESIDENTE. Comunque, dobbiamo deciderlo insieme. NICOLA MANCINO, Ministro dell'interno. La relazione non poteva non sottolineare anche alcuni dati, che non rispecchiano desideri, ma fatti oggettivi; questi, da una parte indicano una riduzione del tasso di delittuosità, ma dall'altra non consentono di esprimere giudizi complessivamente positivi, nonostante la flessione; anzi, possiamo dire Pag. 3539 che la riduzione si pone in un rapporto inversamente proporzionale con il dato della pericolosità della malavita organizzata, diventata più sofisticata, più potente e che ha acquisito un controllo del territorio più penetrante. In rapporto alla popolazione, possiamo dire che rispetto alla Sicilia il fenomeno della 'ndrangheta in Calabria è un po' diverso: mentre nella prima vi è un controllo molto penetrante del territorio, nella seconda vi è un controllo altrettanto penetrante della popolazione. Rispetto, quindi, all'esplosione della reazione da parte della popolazione, che si è verificata in Sicilia, in Calabria vi è invece ancora uno stato di soggezione della popolazione rispetto al fenomeno malavitoso. Noi dobbiamo coinvolgere la gente, la pubblica amministrazione, le forze politiche, le forze sindacali, sapendo che il rischio esiste e non è facilmente rimovibile perché la tendenza dell'organizzazione si muove verso una verticalizzazione del rapporto. In Calabria vi era una situazione che seguiva linee tendenzialmente orizzontali, ma oggi andiamo, ripeto, verso una verticalizzazione, che non ha raggiunto il grado penetrante di vincoli esistenti in Sicilia, però tende all'imitazione. I dati forniti non sottovalutano il fenomeno, anzi denunciano l'esistenza di una realtà in forte crescita, che quindi va seguita attentamente, non solo dalle forze dell'ordine. Io credo fermamente, infatti, nel grande contributo della popolazione, che rappresenta la chiave per una svolta, come abbiamo visto a Palermo e possiamo verificare anche in altre aree, che non hanno la stessa densità di popolazione. Mi riferisco a città come Reggio Calabria, Catanzaro e la stessa Cosenza: non bisogna infatti sottovalutare il fenomeno della 'ndrina nel Cosentino, che si manifesta soprattutto in termini di estorsioni, intimidazioni, spaccio di droga, usura e compravendita di esercizi commerciali. Si tratta di un fenomeno da seguire: io sto aspettando, ma constato i ritardi delle amministrazioni, dovuti però anche ad una non completa "collaborazione" di tutti i referenti istituzionali. Avevo chiesto ai prefetti di effettuare un censimento delle compravendite avvenute negli ultimi cinque anni, anche per stabilire la rilevanza del fenomeno dell' utilizzazione di forme mascherate di compravendita collegate proprio al rapporto tra l'usura e le acquisizioni patrimoniali, soprattutto per quanto riguarda gli esercizi commerciali e, in alcune aree, anche gli alberghi. Non vi è una riduzione dell'allarme sociale, vorrei rassicurare in proposito l'onorevole Imposimato, che ringrazio per la puntualità dei rilievi mossi. Certo, vi è una strategia stragista, anche se, certamente, di livello inferiore rispetto ai vertici toccati in Sicilia; tuttavia, non posso non ammettere che la 'ndrangheta si stia organizzando anche in termini sofisticati, con ricorso ad un terrorismo stragista. Convengo, quindi, su questo punto, con l'onorevole Imposimato, anche se non posso accogliere il suo rilievo relativo ad una nostra supposta sottovalutazione: il fenomeno ci è presente nella sua gravità. Avrei voluto rispondere all'onorevole Matteoli, ma egli trarrà probabilmente maggiore frutto da una risposta scritta, anche perché non sarei in grado di fornire con precisione tutti i dati. Dovrei, infatti, innanzitutto stabilire da quanti anni le forze dell'ordine (carabinieri, polizia di Stato, Guardia di finanza) siano presenti in Calabria; poi, quanti siano i calabresi e quanti siano, analogamente, i campani ed i siciliani. Sull'organico, posso rispondere, ma lo faccio anche ai rilievi degli altri parlamentari, che è al completo ma questo non significa che siamo tranquilli: è un organico al completo che avrebbe bisogno di un incremento. Se la condizione più generale del paese dal punto di vista economico consentisse una revisione delle piante organiche, dico che per alcuni anni avremmo bisogno di una maggiore presenza. Non è stato possibile ottenere di più e con la presenza dei militari... Qui non si tratta di militarizzare, si tratta di tener conto di un alleggerimento dei compiti delle forze di polizia per poterle meglio utilizzare per fini istituzionali. Pag. 3540 L'apporto di mille militari potrà essere significativo anche se non esaustivo di una problematica di carattere più generale. Al senatore Frasca vorrei fare questo rilievo. Dirò al ministro Paladin della situazione del consiglio regionale della Calabria, perché non è competenza del ministro dell'interno avanzare rilievi sulla condizione dei consiglieri regionali calabresi. Però, vorrei anche dire che siamo a fine legislatura, a Parlamento sciolto ed io ho presentato un disegno di legge che non ha avuto fasi di avanzamento. L'ho presentato perché sapevo bene che c'è una disciplina della condizione, dello status del consigliere regionale diversa dalla disciplina che abbiamo introdotto per i consiglieri comunali e provinciali. Certo, la condizione dal punto di vista istituzionale è diversa ma c'è stata una insensibilità rispetto a questo problema. Poiché noi possiamo agire soltanto rispetto a pronunce giurisdizionali, le pronunce giurisdizionali in Calabria evidentemente non ci sono. Ho rimosso consiglieri regionali di varie regioni ma non ho potuto rimuovere consiglieri regionali della Calabria perché siamo in assenza di pronunce di carattere giurisdizionale. Parlo in prima persona perché la legge consente al ministro dell'interno, di concerto con il ministro per gli affari regionali, di proporre al Consiglio dei ministri la rimozione di consiglieri regionali in presenza di pronunce giurisdizionali. Così dico anche per il CORECO. Dirò al ministro Paladin di prestare attenzione alla composizione del CORECO della Calabria, perché se è vero che ci sono condizioni di ineleggibilità queste vanno rimosse ma poi l'arma del sindacato... SALVATORE FRASCA. I commissari di Governo, sebbene informati, perché hanno vistato le delibere del consiglio...? NICOLA MANCINO, Ministro dell'interno. Questo non posso dirlo. Vorrei dire però all'onorevole Tripodi, prima di passare ai rilievi che mi sono stati mossi dal senatore Frasca, che dal punto di vista dello scioglimento dei consigli comunali non vi è stata nessuna attenuazione. Non poteva esserci non solo perché sono saliti a 77 i consigli comunali sciolti per condizionamento, per infiltrazione... GIROLAMO TRIPODI. Parlavo della Calabria. NICOLA MANCINO, Ministro dell'interno. Ma non avrei mai dato una direttiva nel senso dell'attenuazione. Ci sono stati 20 accessi disposti dai prefetti, su mia precisa indicazione, nei confronti di altrettante amministrazioni: 9 in provincia di Catanzaro, 6 in provincia di Reggio Calabria, 5 in provincia di Cosenza. Devo stare anche ai rapporti informativi. Probabilmente l'Alto commissariato funzionava più celermente ma poiché è stato soppresso per legge la delega delle funzioni ispettive che aveva l'Alto commissariato è passata ai prefetti ed io non ho avuto segnalazioni. Potrò tenere - assicurando l'onorevole Tripodi che mi muoverò in questa direzione - una riunione con i prefetti delle tre province, chiedendo che utilizzino le ispezioni anche per commisurare il grado di impenetrabilità del condizionamento rispetto alle amministrazioni comunali ma da parte mia non c'è mai stata un'attenuazione, perché non ho interesse. Parto dal convincimento che più stronchiamo fenomeni di condizionamento e di infiltrazione migliori potranno essere i risultati dal punto di vista della trasparenza amministrativa. Del resto, la Sicilia, che è stata la regione che ha ottenuto i primi interventi repressivi, con le elezioni del giugno del 1993 ha registrato amministrazioni elettive di tutto rispetto. Ho consultato, mi sono venuti incontro, mi hanno dato anche consigli per come aiutarli, tant'è che pende dinanzi al Parlamento la conversione in legge di un decreto-legge che è di sostegno alle gestioni straordinarie e, per i primi quattro anni successivi alle gestioni straordinarie, a favore delle amministrazioni che si insediano subito dopo. A me dispiace che il senatore Frasca possa, usando un linguaggio che io spesso Pag. 3541 metto da parte... Io sono iscritto ad un partito politico, ma credo di aver dato dimostrazione di un'assoluta indipendenza ed imparzialità sciogliendo un consiglio comunale, capoluogo della mia regione, con 53 consiglieri di maggioranza su 80 (quindi con una larghissima maggioranza), senza aver avuto mai nessun rimprovero né dal mio partito né da altri. L'ho sciolto perché ritenevo in serena coscienza che quel consiglio comunale consumasse un'offesa progressiva, quotidiana nei confronti delle esigenze della popolazione. Detto questo, non mi si può dire che per un consigliere comunale eventualmente iscritto alla mia parte politica io possa ottenere delle censure. A Cassano Ionio io mi trovo - e lo posso dire perché il rapporto è stato acquisito agli atti della prefettura - con il procuratore della Repubblica dottor Mariano Lombardi che mi muove questi rilievi: "Per quanto attiene alla posizione di candidato che avrebbe controllato la sua elezione al consiglio comunale, l'avvocato Gaetano Di Cunto, sono stati richiesti ulteriori approfondimenti e l'ufficio si riserva di fornire altre notizie". Io non ho bisogno del rinvio a giudizio ma avrei bisogno di dati oggettivi che mi mettano in condizione di essere tranquillo anche con la mia coscienza, perché non discuto l'attività professionale di questo avvocato però mi rendo anche conto che un avvocato che ha un cliente appartenente a cosche mafiose ha un rapporto particolare che io non posso sindacare. Si può dire: "Ma perché ha quel cliente?", ma questo è un problema suo. SALVATORE FRASCA. Io ho posto questo problema. NICOLA MANCINO, Ministro dell'interno. In secondo luogo, l'episodio relativo all'utilizzazione di un telefono cellulare dell'avvocato Roberto Falvo da parte di Alfredo Elia, pregiudicato ucciso in un regolamento di conti tra bande rivali, è risultato insussistente in quanto frutto di erronea indicazione del numero di utenza. Di fronte a questi dati, cosa debbo fare? Debbo soddisfare un desiderio o devo oggettivamente... SALVATORE FRASCA. Questo signore viene qualificato come referente della mafia. NICOLA MANCINO, Ministro dell'interno. Sì, ma io ho questi rapporti. Questo è della procura della Repubblica presso il tribunale di Catanzaro. SALVATORE FRASCA. Si può consultare il fascicolo per vedere se l'ho inventato io oppure no. Si dice che è referente della mafia. NICOLA MANCINO, Ministro dell'interno. Senatore Frasca, le ho detto che in dieci giorni risolverò questo problema, però lo debbo risolvere anche avendo la coscienza tranquilla di aver reso un atto dovuto e non di aver reso una cortesia perché mi è stata più volte segnalata questa situazione. Sul commissariato di Sibari non so cosa si possa fare ma certo in quella zona vi siete articolati piuttosto bene: commissariato da una parte, commissariato da un'altra parte, presenza dei carabinieri da un'altra parte. Bisogna riequilibrare il territorio in modo da realizzare un dato obiettivo; capisco che sono tantissimi 20 comuni scoperti da presenze di forze dell'ordine. Sul piano dei patrimoni ci siamo mossi con sequestri che hanno raggiunto la non disprezzabile cifra di 790 miliardi e, in termini di confisca, con una cifra di 260 miliardi. Dal punto di vista generale la mia valutazione - ripeto un concetto già espresso - è che dobbiamo lavorare in termini di maggiore controllo del territorio. Non possiamo dire che lo Stato è completamente assente, però lo Stato è fortemente condizionato da una preminenza di controllo del territorio da parte delle cosche mafiose. Cosa dobbiamo fare? Tener conto che il dato più allarmante allo stato è Reggio Pag. 3542 Calabria, senza escludere Catanzaro ma tenendo conto di una diversità nel Cosentino. Ci sono due parlamentari della zona e dico che questo è un dato allarmante, perché è un tipo di criminalità diversa da quella di Reggio Calabria ma è una criminalità che sta progredendo anche in termini di adozione di mezzi sofisticati. Su Reggio Calabria la maggiore attenzione possibile. Nella prossima primavera i carabinieri assicureranno una presenza di quattro mesi attraverso la cavalleria, però avremo in provincia di Reggio Calabria un presidio fisso di specializzazione, che serve a stabilire anche un maggiore contatto con il territorio. Speriamo che la maggiore presenza delle forze dell'ordine possa anche significare una riduzione del fenomeno malavitoso. Questo abbiamo sottolineato nell'ultima riunione del comitato nazionale per l'ordine e la sicurezza pubblica. Non ci sfugge né il fenomeno calabrese né quello campano, che ha problemi rilevanti nelle due maggiori province, quelle di Napoli e di Caserta, ma non minori in quella di Salerno, dove sta crescendo una malavita organizzata. In queste due regioni dobbiamo porre il massimo dell'attenzione, diversificando le misure e anche le presenze sul territorio. Ma vi assicuro che da parte nostra la vigilanza è al massimo, perché questo fenomeno non può essere combattuto in un'area per poi vederlo riprodotto in altre aree. Dobbiamo combatterlo complessivamente e sarà la prossima legislatura, a mio avviso, a porsi i problemi della rilevanza degli organici e della presenza ed anche, a mio avviso, dell'approfondimento di un intreccio che c'è tra il fenomeno malavitoso locale ed il fenomeno internazionale. Per quanto riguarda la 'ndrangheta, vi dico che gli intrecci a livello internazionale non sono minori di quelli della mafia e della camorra. Vi chiedo scusa per la manchevolezza che avete registrato ma mi era stata chiesta una riflessione sulla evoluzione del fenomeno e credo che la descrizione di un fenomeno che ha registrato questa evoluzione possa trovare anche un vostro approfondimento e una vostra collaborazione utile per meglio combattere il fenomeno stesso. PRESIDENTE. La ringrazio, ministro. Mi pare che in relazione alla questione posta da alcuni colleghi del rafforzamento della presenza, lei dice che in primavera ci sarà questo rafforzamento, determinato dall'arrivo dei carabinieri. Questa è la questione. GIROLAMO TRIPODI. Non dei carabinieri. NICOLA MANCINO, Ministro dell'interno. Prima della cavalleria dei carabinieri; andrà sul posto, resterà 4-5 mesi e batterà soprattutto la zona dell'Aspromonte. Poi dobbiamo fare la scuola. PRESIDENTE. C'è questa questione: in Calabria il controllo del territorio rischia di trasformarsi in controllo delle persone, perché c'è il più alto numero di comuni nelle quattro regioni e c'è il più basso numero di abitanti, il che vuol dire che c'è una popolazione molto frammentata, per cui i gruppi di comando mafioso - che sono divisi uno per comune, come sappiamo - rischiano di avere un peso notevole. La seconda questione è quella della qualità dei dirigenti delle varie funzioni pubbliche. C'è un problema, mi pare, di numero delle persone e c'è anche un problema di qualità delle persone, cioè di adeguatezza a queste difficoltà. Ci può essere un ottimo funzionario, magari un po' avanti negli anni, che sta pensando alla chiusura della sua carriera, che sarebbe ottimo in un'altra funzione ma che lì, in posti particolarmente tesi, non riesce a dare più il meglio di se stesso. La ringraziamo molto, signor ministro. Comunicazione del Presidente. PRESIDENTE. E' stata avanzata la richiesta di inviare il codice di autoregolamentazione delle candidature ai segretari dei partiti e ai capi dei movimenti. Pag. 3543 MASSIMO BRUTTI. Bisognerà procedere subito. PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito. (Così rimane stabilito). Sospendo brevemente la seduta. La seduta, sospesa alle 18,40, è ripresa alle 18,45. Audizione del ministro di grazia e giustizia, professor Giovanni Conso, sullo stato della lotta alla criminalità mafiosa in Calabria dopo il recente omicidio di due carabinieri. PRESIDENTE. Ringrazio il ministro Conso - sappiamo che viene da una riunione del Consiglio dei ministri - per la sua presenza. La questione che desideriamo sottoporle - abbiamo già ascoltato il ministro dell'interno, avendo ricevuto l'autorizzazione delle Presidenze della Camera e del Senato relativamente a queste audizioni - è semplice, ma in realtà complessa: il problema specifico interessa la Calabria, in particolare la quantità e la qualità della risposta giudiziaria in questa regione. Sulla base dei dati a nostra disposizione il rapporto tra magistrati e appartenenti alla criminalità organizzata in questa zona è il più basso tra quelli delle regioni a rischio e questo ci preoccupa notevolmente. Tra l'altro, in Calabria emergono due fenomeni abbastanza delicati: lunghe carriere giudiziarie fatte nella stessa sede, il che, come sappiamo, comporta incrostazioni che possono incidere sull'efficacia dell'azione giudiziaria; un complesso di parentele tra magistrati nello stesso ufficio o in uffici diversi, che di per sé non costituisce elemento oggettivamente positivo. Questi due dati non sono determinanti rispetto alla fragilità di una risposta, ma l'insieme degli elementi - lo scarso numero dei magistrati, il modestissimo numero degli appartenenti alle direzioni distrettuali rispetto al peso complessivo della mafia in Calabria - portano alla necessità di una riflessione sul modo di irrobustire dal punto di vista quantitativo e qualitativo la risposta giudiziaria della regione. GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia. La notizia nuova è quella della distribuzione delle 600 unità di magistrati recate in aumento. Ringraziamo della sollecitazione a considerare in modo particolare il centro sud, soprattutto il sud e le isole. Abbiamo riveduto la prima ripartizione, arrivando ad una impostazione che per quanto riguarda la Calabria prevede: per Catanzaro 34 posti in più... PRESIDENTE. Nella corte d'appello? GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia. Sì. PRESIDENTE. Cioè in tutto il distretto. GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia. Distretto di Catanzaro: 34 unità per gli uffici giudicanti e 16 per i requirenti (salvo poi distinguere tra pretura, tribunale e corte). Per quanto riguarda Reggio Calabria, sono assegnati 11 posti per gli uffici giudicanti e 6 per i requirenti. Sarebbero dunque 50 posti per Catanzaro e 17 per Reggio Calabria. SALVATORE FRASCA. Sono comprese anche le procure distrettuali? PRESIDENTE. Tutto. GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia. Sì. Vanno poi distribuiti all'interno. PRESIDENTE. Mi pare che per legge le procure distrettuali non possono essere superiori ad un quarto. Ministro, non ricorda la norma? GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia. Non ricordo esattamente. Pag. 3544 PRESIDENTE. La quota è stabilita per legge o dal Consiglio superiore della magistratura (prego gli uffici di verificare questo aspetto). GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia. Non so se può essere interessante anche la scomposizione... PRESIDENTE. Sì. GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia. Parto dalle corti d'appello: Catanzaro 4 consiglieri, Reggio Calabria 1 consigliere. Quindi, 5 dei 67 sono in corte d'appello. Procure generali presso le corti d'appello: 2 a Catanzaro e 1 a Reggio Calabria. Tribunali per i minorenni: 1 posto a Catanzaro, mentre la situazione di Reggio Calabria rimane inalterata. Tribunali (qui forse ci sono anche quelli con sede diversa da Catanzaro e da Reggio): Castrovillari 3 giudici in Cassazione, Catanzaro 4, Cosenza 3, Crotone 2, Lamezia Terme 2, Locri 1, Palmi 1, Reggio Calabria 4, Vibo Valentia 2. Procure della Repubblica presso i tribunali: Castrovillari 1, Cosenza 4, Crotone 1, Locri 1, Palmi 1, Reggio Calabria 2, Vibo Valentia 1. Per quanto riguarda le preture circondariali, Castrovillari 2 pretori, Catanzaro 2, Cosenza 1, Crotone 1, Lamezia 1, Locri 1, Vibo Valentia 1. SALVATORE FRASCA. Ha dimenticato Rossano. GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia. Sì, ho dimenticato Rossano ma tra le procure della Repubblica presso i tribunali avevo saltato Catanzaro, che ha due procuratori. Tra le procure della Repubblica possiamo aggiungere due sostituti a Catanzaro. Per quanto riguarda Rossano, ho saltato due giudici del tribunale, un sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale ed un pretore. Per le procure della Repubblica presso le preture circondariali, sono previsti un procuratore a Catanzaro e uno a Reggio Calabria. Lascerò questa documentazione a disposizione della Commissione. PRESIDENTE. La ringraziamo, signor ministro, per questa informazione che è molto utile. I dati raccolti dalla Commissione tengono conto di questi aumenti e nonostante ciò la Calabria presenta la più alta scopertura di organico di tutta Italia, nella misura del 31,52 per cento. L'unica città che supera questa percentuale è Bolzano, con il 40 per cento, città che avrà certamente gravissimi problemi ma non di questo tipo. Nonostante questa eccellente distribuzione ci troviamo di fronte ad una struttura giudiziaria straordinariamente debole perché il numero dei mafiosi presenti, 5.600, è superiore a quello degli aderenti a Cosa nostra, il numero degli abitanti è molto ridotto, meno della metà della Sicilia, mentre il numero dei comuni è molto elevato, maggiore rispetto alla Sicilia. Tutto ciò significa una maggiore frammentazione della popolazione e quindi maggiore possibilità di controllo della mafia sulla popolazione. A questo si aggiunga una particolare debolezza della presenza tanto delle forze dell'ordine (ne abbiamo ora discusso con il ministro dell'interno) quanto delle istituzioni giudiziarie. E' questo il problema politico di fronte al quale si è trovata la Commissione. Come è stato dichiarato in questa sede dai procuratori distrettuali antimafia di Reggio Calabria la situazione è tale che non riescono ad interrogare i pentiti (e per fortuna sono pochi!). SALVATORE FRASCA. Anche Paola, che qui non compare, ha un solo sostituto alla procura. PRESIDENTE. Mi stavo riferendo alle procure distrettuali. Il problema è di vedere in quali termini riusciamo a dare una risposta a questo tipo di domanda. GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia. Ho dimenticato un sostituto Pag. 3545 procuratore alla procura della Repubblica presso il tribunale di Lamezia Terme. Non so se ipotizzare, naturalmente non in questo momento ma in prospettiva appena possibile, a livello obiettivo generale che l'aumento di 600 magistrati che sembrava qualcosa di prezioso non sembra poter rispondere alle tante richieste. Altro che 600, Calabria a parte, vi sono anche tutte le altre zone! Non so se si possa ipotizzare, perché il momento legislativo non lo consente, un ulteriore aumento di organico proprio per la Calabria per sottolineare la delicatezza, la gravità, l'importanza del tema che è stato qui efficacemente evidenziato. PRESIDENTE. Mi chiedo se non sia possibile riflettere in maniera più approfondita sulla distribuzione di questi 600 magistrati in relazione alla situazione particolare in cui si trova la Calabria. Comprendo le difficoltà perché vi sono anche altri problemi di cui occorre tener conto. GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia. Una distribuzione diversa significherebbe togliere ad altri. Aggiungo che la prima distribuzione ha comportato, al momento di passare alla seconda, parecchie amputazioni. Invece ora il decreto è stato firmato e trasmesso al CSM. Non è escluso che si possano fare altre modifiche ma non in misura così rilevante. PRESIDENTE. Non è meglio ricondurre la scopertura nella media nazionale? GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia. Bisognerebbe controllare la media di tutti. PRESIDENTE. Lei ha ragione ma se è vero che la questione calabrese assume questa specificità, una riconsiderazione della distribuzione potrebbe rientrare nell'ambito di un discorso di solidarietà tra tutte le regioni e tutti gli uffici giudiziari del paese in ordine a questa situazione. Mi limito ad esprimere la mia opinione. GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia. E' un'ipotesi molto seria. ALFREDO GALASSO. Vorrei aggiungere la mia voce a quella del presidente Violante per sottolineare la situazione in cui versano gli organici della magistratura in Calabria. Sono stato al Consiglio superiore della magistratura e so quale fatica si è dovuta fare per evitare (era l'epoca in cui sembrava particolarmente emergente, e lo era, il fenomeno della mafia in Sicilia più che in altre regioni) di volta in volta che quei dannati numeretti sui quali si basa la percentuale fossero abbandonati e sostituiti da criteri molto più diretti, immediati e ragionevoli di valutazione sul vuoto di organico. So di che si tratta ma so anche che in questa direzione è assolutamente indispensabile un'inversione di tendenza: c'è una sfasatura evidente tra le percentuali di vuoto di organico o tra le stesse valutazioni delle necessità degli organici in alcune zone rispetto ad altre. L'evidenza dello stato degli organici che qui ripetutamente abbiamo verificato non può essere superata attraverso il richiamo alle solite percentuali che il Consiglio superiore della magistratura di volta in volta presenta. Ciò che noi le chiediamo con molta insistenza e determinazione è che ci sia l'assunzione di una scelta politica in questa direzione. Essa potrà articolarsi secondo varie modalità ma non è vero che le necessità di organico si registrano dappertutto; o meglio, è vero che vengono prospettate dappertutto ma è vero che nel compiere una scelta bisogna verificare le diverse situazioni. In Calabria la magistratura, forse in maggior misura rispetto alla polizia, richiede una presenza assidua e capillare perché è il presidio della visibilità prima ancora che dell'efficienza dello Stato in queste regioni. Mi rifaccio integralmente alle considerazioni del presidente Violante aggiungendo la necessità di una valutazione di Pag. 3546 ordine politico che rappresenta il problema prioritario. E' inutile aggiungere parole, i numeri non bastano, prima ancora della qualità i numeri non bastano! Vorrei anche riferirmi ad altri aspetti del problema: per esempio la qualità, la distribuzione e l'efficienza dei singoli magistrati sono fortemente condizionate da una longevità nel luogo di questi magistrati. PRESIDENTE. Si potrebbe parlare di una categoria dell'eternità. ALFREDO GALASSO. Sì, la categoria dell'eternità insieme a quella della parentela. GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia. Questo è un altro problema. ALFREDO GALASSO. Non c'è nulla di segreto ma ho voluto prospettarlo fuori dalla Commissione per non scombinarne i lavori oltre un certo limite; si tratta di una situazione (che mi lascia molto perplesso) di mancanza o quanto meno di apparenza o trasparenza da parte di magistrati che agiscono contro persone che se la sono presa con il padre. Il guaio è che vivono nello stesso paese, come nel caso di Crotone. Poi si scoprirà che la persona è assolutamente indipendente e limpida e che ha agito benissimo ma rimane un'immagine che non è certamente positiva. Credo anche che il rapporto, così come ci è stato presentato, tra le procure distrettuali antimafia - il problema si prospetta particolarmente in Calabria - e le singole procure, che sono degli avamposti nell'azione di inchiesta e di contrasto del fenomeno mafioso, non sia sempre un rapporto coordinato. La vicenda calabrese ha richiamato la nostra attenzione sul fenomeno più generale. Sono stato tra coloro che hanno contrastato in sede di Commissione giustizia la frettolosità con cui si volevano istituire i tribunali distrettuali, proprio perché sono convinto non che non siano necessari ma che la materia debba essere riconsiderata e che non si possa mettere una "pezza" ogni volta che qualcuno afferma che i pubblici ministeri non possono essere presenti. Il problema dell'efficienza complessiva della macchina giudiziaria deve essere valutato in base all'esperienza fatta, senza avere né l'atteggiamento di chi vuole difendere per forza un'istituzione per la semplice ragione che esiste - ciò è avvenuto per l'alto commissario - né un atteggiamento aprioristicamente critico. Certo, il problema del coordinamento in Calabria è emerso con evidenza, così come è emerso che la qualità dei magistrati non è sufficiente. Signor ministro, so bene quali sono i limiti delle sue competenze, ma mi rendo anche conto che deve essere data un'indicazione di tipo politico, soprattutto in un momento in cui desta preoccupazione, rispetto all'efficienza della macchina giudiziaria, il numero eccessivo di magistrati che stanno chiedendo al Consiglio superiore della magistratura di mettersi in congedo per candidarsi alle prossime elezioni politiche. Desidero affrontare questo tema con franchezza, anche se non rientra nelle competenze del ministro della giustizia, poiché stiamo parlando del funzionamento e della trasparenza di un'istituzione giudiziaria: la cifra assolutamente esorbitante rispetto alla media degli anni precedenti non suscita una reazione ed un'immagine positiva tra la gente, che pure ha posto nella magistratura molte speranze. Una sorta di self restraint da parte dei singoli magistrati sarebbe quanto mai opportuno. Sono perciò molti i fattori in base ai quali oggi appare indispensabile, specie in alcune regioni, mantenere alta l'azione di vigilanza e la funzione di garanzia della giurisdizione. Concludendo il mio intervento e ringraziando il ministro per essere venuto in questa sede ed aver dimostrato sensibilità alle questioni che di volta in volta gli sono state poste, desidero brevemente riassumere le problematiche. La prima riguarda i livelli degli organici. La seconda è relativa alla qualità dei magistrati, nel senso della longevità e Pag. 3547 dell'eternità, nonché dei rapporti intrecciati di parentela; non si può nascere, vivere, sposarsi, avere figli e rimanere sempre nel medesimo ristretto. Il terzo problema riguarda l'efficienza complessiva dell'attività della procura distrettuale antimafia, legata alla sperimentazione sul territorio, così come è stata verificata specialmente con riferimento a determinate procure; alcune non fanno fino in fondo quello che dovrebbero fare e non trovano nella procura distrettuale una sponda; ma neppure altre, che agiscono, trovano una sponda nella procura distrettuale. Tutto ciò al di là della qualità dei magistrati che fanno parte della procura distrettuale. Appare perciò necessario procedere, prima che ad una riforma, ad una cooptazione di fatto di magistrati capi o membri di procure di avanguardia rispetto alla procura distrettuale. Nulla vieta di organizzare conferenze periodiche che possano essere un'occasione d'incontro e di scambio di informazione. PRESIDENTE. Potrebbero essere integrati nella procura distrettuale. ALFREDO GALASSO. Quest'ipotesi dipende dai numeri. Se i numeri non ci sono, la situazione non regge. SALVATORE FRASCA. Signor Presidente, in base ai dati esposti dal ministro in modo analitico risulta che nella distribuzione dei 67 magistrati sono escluse le superprocure. PRESIDENTE. Vorrei precisare che la superprocura non costituisce un ufficio a sé stante; si colloca all'interno della procura della Repubblica. Sarà il procuratore a decidere quanti magistrati ne debbano far parte. SALVATORE FRASCA. Prendo atto con piacere di questo chiarimento. Vorrei richiamare l'attenzione del ministro sulla procura di Paola, di cui ci siamo tanto interessati. Al momento c'è un solo sostituto, pur essendo in corso indagini di una certa gravità e di notevoli dimensioni. Vi è il rischio che si blocchi tutta l'attività giudiziaria. Dunque, la procura di Paola deve essere tenuta presente nella ripartizione di quei 67 magistrati. GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia. Controllo meglio i dati in mio possesso; spero di aver sbagliato. Presso il tribunale c'è un giudice e presso la procura del tribunale un sostituto; c'è anche un pretore. SALVATORE FRASCA. Manca il procuratore, poiché il magistrato che precedentemente ricopriva l'incarico se ne è andato. Allo stato, è rimasto uno dei tre sostituti. Dunque, si tratta di una procura acefala. GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia. Ci vuole un trasferimento. Si tratta di tre posti in più. SALVATORE FRASCA. Bisognerebbe risolvere il problema relativo alla presenza del procuratore e poi tener presente che prima, oltre al procuratore capo, c'erano quattro magistrati; oggi ne resta uno solo e, anche aggiungendone un altro, mancherebbe sempre un'unità, più il procuratore. La situazione è grave e dovrebbe essere risolta. Non vorrei che, poiché sono in corso inchieste giudiziarie che intaccano il sistema di potere esistente in Calabria, non si faccia tutto il possibile. Detto questo, signor ministro, vorrei farle presente che abbiamo avuto un incontro con il Consiglio superiore della magistratura, nel corso del quale abbiamo parlato delle condizioni della magistratura in Calabria e sono emersi problemi di gravità eccezionale. I rappresentanti del Consiglio superiore della magistratura, con alla testa il vicepresidente Galloni, hanno riconosciuto che tali problemi erano fondati. Rispetto ad allora - l'incontro si è svolto il 28 ottobre 1993 - non è stato fatto nulla e la situazione è rimasta invariata. Pag. 3548 Ricollegandomi alle considerazioni del collega Galasso, vorrei richiamare l'attenzione del ministro su alcuni punti. Premesso che - desidero dirlo proprio perché il mio ragionamento sia il più obiettivo possibile - finalmente la magistratura si sta muovendo in Calabria: è uscita dal lungo sonno massonico grazie ad alcuni procuratori, a parte "l'eternità" di alcuni magistrati... Mi piace questo termine e lo userò spesso nel corso della campagna elettorale. PRESIDENTE. Sono lieto di aver dato un contributo! SALVATORE FRASCA. Come dicevo, a parte l'eternità di alcuni, esiste una conflittualità enorme tra i magistrati calabresi, con scambi di querele di cui la stampa dà quotidianamente notizia e con grave disdoro dell'ordine giudiziario. Ci sono anche casi di malcostume; ad esempio, uno dei sostituti procuratori antimafia, in una intervista resa a Il Giorno ha dichiarato che di casi Curtò in Calabria non ce n'è uno, ce ne sono tanti. Vorremmo sapere se il magistrato fosse nel giusto quando ha reso quella dichiarazione. In tal caso, cosa è stato compiuto per acclarare i fatti? Qualora invece non fosse stato nel giusto, potrebbe occupare il posto che occupa? Io credo che quel magistrato avesse ragione e vorrei raccontare al ministro la mia esperienza personale. Ho avuto tra le mani un fascicolo processuale dal quale ho rilevato una conversazione telefonica tra un magistrato del tribunale di Castrovillari ed un fallito; a quest'ultimo veniva data assicurazione che il curatore fallimentare, ritenuto scomodo, sarebbe stato sostituito, così come è poi avvenuto. Questa sostituzione venne determinata da un rapporto incipiente di parentela tra il magistrato ed il fallito. Ho denunciato il fatto, ed anche che questo magistrato aggrediva la magistratura dicendo che quanto affermato dal senatore Frasca sul tribunale di Castrovillari era troppo poco. Due volte ho dovuto buttare la toga perché mi vergognavo delle sentenze che stavano per essere emesse, di carattere familiare e particolare. Bisogna acclarare se questo magistrato abbia detto la verità; in proposito, ho presentato interrogazioni alle quali non ho avuto risposta. GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia. Alcune le ho date. SALVATORE FRASCA. Soltanto una o due. GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia. Le altre arriveranno. SALVATORE FRASCA. E' venuto meno il potere del Parlamento di sindacato sull'azione di Governo. Capisco che stiamo andando verso un regime illibertario ma, fino a che sarà possibile, dobbiamo difendere gli spazi della libertà, a cominciare dalla sovranità del Parlamento. Come dicevo, ho presentato un'interrogazione sul tribunale di Castrovillari ma non c'è mai stata un'inchiesta. Occorrerebbe invece verificare che cosa sia la giustizia nella provincia calabrese, perché non esistono soltanto Reggio Calabria, Catanzaro, Cosenza; ci sono anche Rossano, Castrovillari, Vibo Valentia, Lamezia Terme. Sempre con riferimento alla condizione della magistratura in Calabria, vorrei ribadire quanto detto dal collega Galasso: il carattere è sempre familiare. Ribadisco perciò quanto ho già detto il 28 ottobre, affermando che presso la procura della corte d'appello di Reggio Calabria - signor ministro, prenda nota di queste notizie, perché sono interessanti - lo stesso cognome ricorre cinque volte; un altro cognome ricorre due volte. Presso il tribunale di Lamezia Terme, il presidente è cognato del procuratore. Una situazione identica si verifica presso la corte d'appello di Catanzaro ed in generale presso i vari tribunali. L'onorevole Galloni ha dato una risposta che per molti aspetti è amena e comunque non degna della sua intelligenza e della sua preparazione, a meno Pag. 3549 che io non debba fare mio il giudizio espresso nei suoi confronti, in sede di Commissione stragi, dall'ex Presidente della Repubblica, senatore Cossiga. Egli ha detto che, allo stato, non vi è alcuna incompatibilità prevista dalla legge tra moglie e marito perché, fino a qualche tempo fa, le donne non potevano accedere alla magistratura. Prima obiezione: ci sono norme morali, di costume che il Consiglio superiore della magistratura dovrebbe far valere. Esistono norme per le incompatibilità da me denunciate, che si debbono applicare subito, diversamente la gente non crederà più nelle indagini. Non solo, l'opinione pubblica non crederà più nelle indagini, anche se saranno clamorose, se in Calabria dovesse ripetersi quanto si è verificato durante le recenti elezioni amministrative, in cui in ogni città interessata dalle consultazioni elettorali vi erano uno o due magistrati candidati. E' strano, mentre si sottolinea la mancanza di magistrati e si invocano decisioni da parte del ministro della giustizia e del Consiglio superiore della magistratura affinché vengano assunti altri magistrati, in Calabria gli stessi magistrati vogliono fare il sindaco o il presidente della provincia o della regione! E si tratta di titolari di inchieste giudiziarie che hanno avuto una notevole risonanza. Allora ha ragione il collega Galasso; diversamente ho il diritto di ritenere che questi giudici eserciteranno coazioni e coartazioni nei confronti di eventuali indagati per ottenere voti. Ecco perché parlo di regime, signor ministro! E' preoccupante che questi magistrati si candidino per un'unica area politica. Se non si metterà riparo a tale situazione, si correrà il rischio - purtroppo fondato - di affermare la Repubblica dei magistrati, il che non è piacevole. Anzi, bisogna impedire che ciò si affermi perché il nostro è uno Stato di diritto fondato sull'equilibrio dei poteri. I signori magistrati - qualcuno potrà chiedersi perché utilizzo questi termini nei loro confronti, ma è la mia coscienza pulita, adamantina a consentirmelo - i signori magistrati, dicevo, stanno dimostrando di non voler compiere il proprio dovere. Signor ministro, le do in omaggio il verbale della seduta di giovedì 28 ottobre, in cui questi argomenti sono stati affrontati. Se lei non avrà il tempo di scorrerlo, lo faccia leggere al suo capo di gabinetto o al suo segretario particolare: da un uomo onesto e cristallino, alle fonti del quale si abbeverano centinaia di migliaia di giovani studenti in Italia, mi aspetto ulteriori manifestazioni di onestà, di sensibilità democratica e di senso civico. GIROLAMO TRIPODI. Ritengo che le osservazioni del presidente, integrate con le dichiarazioni del collega Galasso, siano fondate. Nonostante lo sforzo compiuto - del quale prendiamo atto, signor ministro - per fronteggiare le esigenze di organico degli uffici giudiziari calabresi, non mi pare che queste siano state soddisfatte. Ricordo che il 15 gennaio scorso a Reggio Calabria è stato inaugurato l'anno giudiziario: si è trattato però di una inaugurazione strana in quanto i magistrati aderenti all'associazione si sono astenuti dal partecipare, e gli avvocati, per motivi coincidenti, l'hanno disertata. E' preoccupante, specie in un distretto giudiziario dove si profonde il massimo impegno nella lotta alla criminalità organizzata, che in quella provincia è la più forte d'Italia. Quindi, la proposta di assegnare 17 unità al distretto di Reggio Calabria risulta insufficiente e si corre il rischio non solo di far saltare numerosi processi di mafia per mancanza di giudici, ma anche di riprodurre situazioni del passato: mi riferisco alla inchiesta sulla massoneria che, bloccata a causa della mancanza di magistrati, è ripresa grazie al suo coraggioso impegno all'atto dell'assunzione della direzione del dicastero della giustizia. Prevedendo uno o due giudici a Palmi, due a Locri, qualche pretore e il resto a Reggio Calabria non si risolve l'emergenza che non va affrontata dal punto di vista numerico, bensì in rapporto alla mole dei processi instaurati. Pag. 3550 Il presidente ha sollecitato delle soluzioni, lei signor ministro ha risposto che si vedrà in un secondo momento. Credo che si debba esaminare immediatamente l'intera problematica perché una cosa è un distretto come Bergamo o Bologna, un'altra è quello di Reggio Calabria, e quando dico Reggio Calabria parlo di Palmi, di Locri, di Lamezia Terme, di Vibo Valentia e Catanzaro (per quanto riguarda quest'ultima città, si prevedono 50 giudici, nonostante l'articolazione degli uffici, per un numero di processi inferiore rispetto al distretto di Reggio Calabria). Signor ministro, mi permetto di chiederle una riflessione per modificare le assegnazioni relativamente a Reggio Calabria, perché vogliamo combattere la criminalità organizzata che in quell'area è più forte e potente. Si stanno facendo enormi sforzi, ma si è bloccati perché mancano i magistrati. Quindi insisto sulla richiesta per queste sedi molto impegnate. Come lei sa, signor ministro, è stato scoperto un piano in provincia di Reggio Calabria per assassinare alcuni magistrati (anche se Cordova è stato trasferito a Napoli, lì lavorano Boemi, Verzera, Lombardo indicati come bersaglio della mafia). Il recente omicidio di due appuntati dei carabinieri è strettamente collegato, poiché quella sera dovevano scortare nell'attraversamento dello stretto di Messina cinque magistrati recatisi a Palmi per motivi di lavoro. Le chiedo di informare la Commissione sulle misure adottate per garantire la sicurezza dei magistrati, a seguito della scoperta di questo forsennato piano. Concordo con le dichiarazioni dei colleghi circa i problemi esistenti all'interno degli uffici di Reggio Calabria. Sappiamo che il Consiglio superiore della magistratura si è interessato della incompatibilità e della conflittualità dei magistrati, ma tali questioni vanno affrontate rapidamente, perché non può esservi incertezza ai vertici, così come accade a Reggio Calabria; bisogna dare certezza e sicurezza ai magistrati che debbono operare ed alla giustizia. Concordo altresì con chi ha evidenziato la ricorrenza delle stesse famiglie in magistratura, in quanto ciò turba la coscienza della gente che vede in questo un mezzo per sistemare il congiunto e diminuisce il prestigio della magistratura. Il collega Galasso ed il sottoscritto hanno predisposto una lettera, che le consegneremo, riguardante un fatto molto grave verificatosi a Venezia. Un rapporto contenente questioni importanti e delicate, concernente Cosa nostra, è stato trasmesso alle autorità competenti da un agente di polizia non da un magistrato (che indichiamo). Vogliamo che sia fatta piena luce sulla questione e che siano presi provvedimenti nei confronti del magistrato, il quale si è permesso di affossare un documento che poteva dare un contributo alla lotta alla criminalità organizzata. GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia. Chiedo scusa se lascio come ultimo il punto dal quale si era partiti e che era stato affrontato dal presidente, dall'onorevole Galasso e, da ultimo, anche dall'onorevole Tripodi, cioè quello di come fare a fronteggiare con un maggior numero di magistrati l'emergenza Calabria, come è stata definita. Lo lascio per ultimo per sgombrare prima il terreno da altri problemi che, pur delicati ed importanti, sono però diversi da quello che ho affrontato all'inizio. Per quanto riguarda innanzitutto il problema dell'"eternità" dei gruppi familiari, mi pare che ci sia stata una concordanza di voci tale da non essere smentibile ed alla quale io stesso non posso che aderire. Si tratta di un problema da affrontare certamente al più presto, ma penso sia compito soprattutto - per non dire solo - del Consiglio superiore della magistratura trovare criteri di rotazione. In fondo, è una linea che viene percorsa anche per quanto riguarda i tempi dei fuori ruolo, gli incarichi direttivi ed altro; bisognerà pensare a Pag. 3551 queste rotazioni anche in chiave locale, con riferimento ai gruppi familiari. Da parte mia potrò sollecitare il Consiglio superiore della magistratura e caldeggiare, come ho anche fatto a proposito dei fuori ruolo del Ministero, criteri precisi e chiari. So, comunque, che tali criteri stanno arrivando, perché la commissione competente ha già predisposto un testo che verrà presto sottoposto all'attenzione del plenum. Tutti questi sono problemi che si collegano e che sono certamente delicati ed importanti. A proposito dei magistrati che chiedono di poter partecipare a competizioni elettorali, il ministro può fare ben poco. Certo, da un lato può vedere in questo un effetto del prestigio che la magistratura ha avuto; dall'altro, al di là di qualsiasi considerazione di tipo politico, è turbato per il fatto che perderà molti magistrati ed andranno dunque ad aumentare i vuoti che sono già tanti. D'altra parte, si tratta di diritti che finché sono dati è difficile poter contenere, salvo tutte le considerazioni deontologiche che si possono, anche giustificatamente, fare. Per quanto concerne i problemi indicati in modo particolare dal senatore Frasca, con riferimento al procuratore della Repubblica di Paola solleciterò il Consiglio superiore della magistratura affinché provveda al più presto a coprire la vacanza. A proposito del magistrato che ha affermato che ci sono molti casi Curtò, mi auguro che questi abbia trasmesso alla procura della Repubblica competente i dovuti elementi, perché fare riferimento al caso Curtò vuol dire parlare di reati e non soltanto di comportamenti deontologicamente discutibili; se, invece, questo magistrato non manderà gli elementi di cui ho detto, procederemo eventualmente ad una ispezione. Della richiesta di una ispezione a Castrovillari prendo nota, al fine di inserirla nell'elenco di quelle da effettuare al termine del periodo elettorale; ritengo infatti che non sia opportuno aggiungerne altre a quelle già previste. A Paola ne abbiamo compiute moltissime e forse questo ha fatto un po' distrarre l'attenzione da Castrovillari; ripareremo certamente. Ha fatto bene l'onorevole Frasca a sottolineare la questione e certamente provvederemo. Per quanto riguarda le interrogazioni alle quali non è ancora stata data risposta, posso dire che tali risposte sono tutte in preparazione, perché è doveroso che esse siano date prima della fine della legislatura. Risponderò a tutte le interrogazioni a risposta scritta, così come risponderò per iscritto anche alle interrogazioni a risposta orale. Il problema della presenza all'interno dello stesso tribunale di moglie e marito, posso dire che è stato superato. La giusta preoccupazione del senatore Frasca, che già il nuovo legislatore aveva individuato, ha portato proprio pochi giorni fa la Corte costituzione a dichiarare illegittima la norma che non prevedeva questa incompatibilità per il codice precedente, ancora con riferimento a vecchi processi. Quindi, sia pure con ritardo ed a tempi lunghi, si è arrivati ad una soluzione apprezzabile. Passando ai problemi evidenziati dall'onorevole Tripodi, ricordo che per il procedimento lasciato a Palmi dal dottor Cordova vi è stato per un certo periodo solo un sostituto, poi un altro; ora ne sono arrivati altri quattro, quindi il Consiglio superiore ha provveduto, con le applicazioni, in una misura anche consistente - nei limiti del possibile - a rafforzare l'organico proprio per quel procedimento. Riguardo alla domanda sulla pericolosità del viaggio del dottor Cordova e degli altri magistrati, posso dire che sono subito state rafforzate le difese e la vigilanza nel Palazzo di giustizia e nelle varie sedi interessate e si è allertato maggiormente il servizio scorte. Credo che la risposta più importante sia venuta, dopo un momento di incertezza: dopo che il Governo aveva parlato dell'invio dei militari anche in Calabria, c'era stata una contro affermazione che io non avevo condiviso, cioè quella che non vi fossero le coperture finanziarie; l'emergenza ha Pag. 3552 fatto sì che la copertura sia stata, poi, cercata e trovata e l'invio - che dovrà avvenire al più presto - in Calabria di mille militari permetterà alle forze dell'ordine di essere impegnate esclusivamente sul campo della lotta alla criminalità, che credo sia la cosa più importante. Approfitto però della domanda per avviare, con un accenno, la riflessione su un problema: mi rendo conto che per i magistrati più esposti, che meritano senza dubbio tutta la nostra ammirazione, tutela, salvaguardia, sostegno e apprezzamento, vivere da forzati, sempre nascosti, alla lunga può essere pesante, per cui può accadere che il coraggio crei altro coraggio, al punto da portare a sfidare ancora di più il pericolo; credo, però, che il problema debba essere visto su un piano più generale, con riferimento anche alle scorte ed alla protezione di altre persone che vengono esposte. Se di emergenza si tratta - e credo che sia innegabile - bisognerebbe forse evitare certi spostamenti non necessari. Ad un certo momento, il rischio è tale per la persona del magistrato e per chi gli è di scorta - e quanto più è esposto il magistrato, tanto più il rischio è grave - che ritengo sarebbe necessario, con un ulteriore sacrificio, ridurre gli spostamenti - perché in ogni spostamento il rischio si presenta concreto - al minimo necessario. Ci sono casi in cui, forse, ci si sposta più del necessario e questo andrebbe un po' riveduto. E' chiaro, tuttavia, che la tutela va rafforzata al massimo. La seconda domanda dell'onorevole Tripodi riguarda la conflittualità tra magistrati, alla quale anche altri intervenuti hanno fatto riferimento. Certo, questi contrasti non giovano all'immagine della magistratura ed io ritengo che questo dovrà diventare un tema di deontologia, magari con riferimento al famoso articolo 2. In questo caso ci troviamo nella situazione opposta a quella che vede la presenza in un tribunale di un gruppo familiare: in quel caso sono tutti amici, in questo sono tutti nemici (senza contare che i problemi possono anche essere incrociati, dando luogo ad una varietà di situazioni). Riguardo alla presenza di gruppi familiari credo sia più facile trovare un criterio; per i contrasti l'unica cosa che si può fare è verificarli e per tutti e due i magistrati o per quello dei due che è più contrastante... Per il caso Venezia, acquisirò il documento e vedrò di esaminarlo al più presto. Vorrei ora affrontare il problema che mi chiama più direttamente in causa. Capisco che la distribuzione che è stata fatta porta a scoperture e ad un rapporto insufficiente per la Calabria. SALVATORE FRASCA. Mi scusi se l'interrompo, ministro, ma vorrei rilevare che c'è anche un altro caso, di cui si è interessato anche il presidente, che bisogna prendere in esame: per i magistrati calabresi la competenza è Messina. C'è un detto calabrese per cui "tutti i salmi finiscono in gloria": lì tutti i processi a carico di magistrati finiscono con sentenza assolutoria. Anche questo è un mistero che bisognerebbe affrontare. PRESIDENTE. Ugualmente, i reati eventualmente commessi dai giudici di Messina hanno la competenza in Reggio Calabria. SALVATORE FRASCA. Questa è una cosa assurda! L'onorevole Galloni si era impegnato ad intervenire ed a farci conoscere le risultanze di una certa indagine che aveva assunto l'impegno di fare. Però questo è un terreno minato. GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia. Bisognerà sicuramente provvedere. SALVATORE FRASCA. Si può indagare anche sul Presidente della Repubblica ma non in queste circostanze! GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia. Penso che tra le modifiche che vengono messe in cantiere per il codice di procedura penale quella relativa a questa norma sia molto importante. Pag. 3553 Passando, dunque, al problema della insufficienza degli organici, noto subito che queste tabelle, molto ben fatte, sono per me preziose e per questo ringrazio, proprio a titolo informativo. Vedo che da tali tabelle risulta una scopertura record per quanto riguarda gli attuali organici, cioè il rapporto organico sulla carta-vacanze (mentre in altre due colonne sono indicati i rapporti con la popolazione e gli affiliati). Penso, tuttavia, che la critica che viene mossa e l'auspicio che venga assegnato un maggior numero di unità alla Calabria riguardino essenzialmente il rapporto tra organico e popolazione, perché se l'organico è già stato ritoccato, il rapporto tra la popolazione calabrese e l'organico degli uffici calabresi è del 23,83 per cento, il più alto fatta eccezione per Roma. PRESIDENTE. Mi scusi, ministro, ma l'osservazione della Commissione antimafia era che il rapporto va fatto con gli appartenenti alle organizzazioni mafiose perché noi siamo partiti dalle direzioni distrettuali. Se guardiamo questo rapporto, vediamo che è il più basso in assoluto. GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia. Sì, risulta anche questo. Però io vorrei suggerire questa meditazione, alla quale ho subito pensato dopo la prima riserva che ho sentito in questa sede: noi dobbiamo anche tener conto che queste 600 unità di magistrati in aumento sono un numero che è tra il reale e l'irreale. Mi spiego meglio: evidentemente l'organico viene aumentato e non appena il decreto ministeriale sarà pubblicato il Consiglio superiore della magistratura avrà in mano 600 pedine in più; si tratta però di un numero irreale, perché questi 600 magistrati dovranno emergere da due concorsi di là da venire, anche se sono già programmati per il 1994 (sappiamo infatti quanto siano lunghi i tempi e soprattutto il secondo dei due richiederà parecchio impegno). Di conseguenza, direi che, forse, dobbiamo giocare di più, in questo momento di emergenza e di carenze, sul rapporto organico-vacanze, prescindendo da quei 600 posti. Di fronte al fatto che siano state assegnate 17 unità a Reggio Calabria e 50 a Catanzaro, qualcuno può obiettare che, forse, sarebbe stato meglio assegnarne 30 ed 80, ed anche altre 50 togliendole ad altre sedi; io debbo dire che mi sembra un po' difficile affrontare un'operazione di questo genere dopo che questo testo è già stato diffuso ed è stato trasmesso al Consiglio superiore della magistratura. GIROLAMO TRIPODI. Le chiedo scusa, ministro, ma desidero dare lettura di alcune cifre. Ancona: 8 giudicanti e 4 requirenti. Brescia: 16 giudicanti e 4 requirenti. Sassari: 11 più 5. Firenze: 15 più 7. Potenza: 10 più 4. Milano: 34 più 7. Trieste: 7 più 3. Venezia: 13 più 4. Non possiamo fare i conti in base alla popolazione, ministro, ma dobbiamo farli sulla base della realtà che dobbiamo affrontare, come diceva giustamente il presidente. Se il volume di esigenze che abbiamo a Reggio Calabria è maggiore... PRESIDENTE. La sua osservazione è chiara, onorevole Tripodi. Prego, ministro, continui. GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia. Mi permetta di dire che questi numeri non sono certo stati distribuiti a capriccio: è stata tenuta presente una serie di criteri. Dobbiamo anche dire che l'emergenza Calabria, se esisteva già prima, è stata sottolineata con crudezza di cifre soltanto negli ultimi giorni, dopo che questi dati erano già stati utilizzati in altro modo. Ad un certo momento, bisogna anche tenere conto degli altri. Se è stato predisposto un piano, non possiamo adesso dire che esso non vale e rimandarlo tutto in aria. Se è l'unica via d'uscita, arriveremo anche a questo, ma ritengo che ve ne sia un'altra, anche perché i 600 magistrati in più devono diventare effettivamente disponibili. Pag. 3554 Penserei allora di insistere con il Consiglio superiore della magistratura affinché provveda al più presto, con precedenza su tutto il resto, a coprire le vacanze in Calabria. Laddove, leggendo l'organico, figurano 188 magistrati a Reggio Calabria, se ne dovrebbero prevedere almeno 200 e a Catanzaro almeno 305 anziché 291. Ma se nella seconda colonna, quella delle vacanze, i vuoti sono sempre molti, giochiamo con i numeri ma poi sul territorio non arriva nessuno. Possiamo allora fare un ragionamento realistico in base al quale il ministro inviterà il Consiglio superiore della magistratura (tale organismo lo farà certamente anche per proprio conto, perché la Commissione antimafia ha posto l'accento sul problema con grande efficacia) a dare la precedenza alla copertura delle vacanze in Calabria. Tralasciamo, per esempio, la necessità di coprire i 71 posti vacanti a Roma, i 27 a Genova e così via, ma copriamo al più presto possibile i 102 di Catanzaro e i 49 di Reggio Calabria, facendo arrivare subito i magistrati. Questo mi sembra possibilissimo. PRESIDENTE. Il discorso del ministro, che mi pare lucidissimo, è il seguente: possiamo portare l'aumento degli organici fino al livello che vogliamo, ma i magistrati non ci sono; quindi, sulla carta aumentiamo gli organici ma in sostanza ciò non avviene. Il ministro potrebbe allora farsi latore di un'istanza al Consiglio superiore della magistratura affinché, nel coprire gli organici vacanti, indichi come primi da coprire quelli calabresi, in modo che di fatto arrivino subito magistrati in Calabria piuttosto che nel resto del territorio nazionale. In tal modo raggiungeremmo un risultato significativo - ringrazierei il ministro per questo - perché, sulla base del materiale professionale effettivamente esistente, destineremmo prioritariamente i magistrati che esistono in Calabria. Non avremmo così il rapporto ottimale, ma almeno cominceremmo a coprire dei vuoti che oggi ci sono. SALVATORE FRASCA. Al di là dei 67? PRESIDENTE. All'interno di questi. GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia. Questi restano. Però c'è una scopertura... PRESIDENTE. I primi vanno lì. GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia. Svolgerò ora un'altra considerazione: si potrebbe anche dire al CSM che finché sussiste questa emergenza Calabria, non tanto nel territorio quanto nei vuoti, è inutile bandire vacanze in altre parti d'Italia, dove magari il problema è meno grave. Questo si dovrebbe fare invece in quella realtà, in Sicilia e in generale nei posti "caldi". Credo inoltre che dobbiamo fare molto conto sui bravissimi "giudici ragazzini", perché quando vi saranno gli uditori... PRESIDENTE. Quando arriveranno? GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia. Gli uditori dovrebbero essere disponibili a settembre; allora non tutti ma moltissimi potrebbero essere mandati in Calabria. Escogiteremo poi magari altri spostamenti; anche se non per 50, per un certo numero possiamo trovare il modo di fare qualche revisione oppure di spostarli dagli organici preesistenti ai 600 posti, anche se qualcuno potrebbe dire: "ma come, a Como ne è stato dato uno!". Direi che questa sia la via da seguire. Domani stesso invierò pertanto una lettera al Consiglio superiore della magistratura e se l'auspicio viene anche dalla Commissione antimafia... PRESIDENTE. Se volete, possiamo farlo anche noi direttamente. GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia. Possiamo farlo insieme; in questo modo ci si aiuta. Pag. 3555 GIROLAMO TRIPODI. Signor ministro, desidero sottoporle una questione che in precedenza mi era sfuggita: era stata istituita la procura presso la pretura circondariale di Palmi, ma poi il ministro Martelli ha sospeso tale istituzione, dopo che si era già svolto il concorso ed un magistrato l'aveva vinto. Vorrei sapere se lei pensi di rivedere tale questione, perché certamente l'istituzione del suddetto organismo porterebbe anche alla riduzione di un impegno che invece deve essere affrontato dalla procura della Repubblica. GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia. Poiché lei ha richiamato la mia attenzione su tale questione, la metterò allo studio. Vorrei però dire che in ordine a questo problema delle procure della Repubblica presso le preture, è vero che la revisione della geografia giudiziaria non è cosa che si possa fare a breve termine e si presenta molto complessa, però si pone la questione del giudice di pace e delle sezioni distaccate di pretura. Il mio disegno (purtroppo non è stato possibile attuarlo all'inizio di questo mese) era quello di far partire l'istituto del giudice di pace e contemporaneamente sopprimere le sezioni distaccate di pretura, se non altro laddove non hanno una reale giustificazione, facendo però capire alle popolazioni che, se tali sezioni vengono soppresse, vi è però il giudice di pace, per non dare l'impressione di togliere la giustizia dal territorio. Su questa strada si potrà procedere più tardi e ci vorrà tempo; in occasione di questa revisione delle preture a livello di sezioni distaccate, sarebbe stato possibile introdurre qualche procura presso la pretura in determinate località dove non solo la sezione distaccata è preziosa, ma si avverte addirittura il bisogno della procura. Per citare un esempio sia pure molto diverso ma anch'esso da meditare, potrei rifarmi al caso di Legnano, dove vi sono un territorio ed una popolazione enormi e non si comprende perché tutto questo debba "planare" su Milano. Del resto, è stato reiteratamente presentato un disegno di legge per alcune di queste soluzioni. ALFREDO GALASSO. La situazione di Alcamo è esattamente la stessa. GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia. A mio avviso, andrebbe predisposto un piano organico. La questione può essere comunque inserita in un cahier di precedenze per la nuova legislatura. PRESIDENTE. Ringrazio molto il ministro e mi pare che abbiamo trovato una soluzione di fatto utile. La Commissione segnalerà subito la questione al Consiglio superiore della magistratura e le saremmo grati se potesse farlo anche lei. GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia. Lo farò domani mattina in via formale. PRESIDENTE. Ringrazio ancora una volta il ministro. La seduta termina alle 20.