PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE INDICE pag. Comunicazioni del presidente: Violante Luciano, Presidente .................... 3559, 3560 Ayala Giuseppe Maria .................................. 3560 Bargone Antonio ....................................... 3560 Cabras Paolo .......................................... 3559 Imposimato Ferdinando ................................. 3559 Tripodi Girolamo ...................................... 3559 Discussione e approvazione della relazione conclusiva: Violante Luciano, Presidente, Relatore ................ 3560 3567, 3570, 3571, 3572, 3573, 3574 3575, 3576, 3577, 3578, 3580, 3585 Acciaro Giancarlo, Relatore ........................... 3570 Ayala Giuseppe Maria .................................. 3575 Bargone Antonio, Relatore ....................... 3572, 3573 Brutti Massimo .................................. 3578, 3579 Butini Ivo, Relatore ............................ 3571, 3572 Buttitta Antonino ..................................... 3581 Cabras Paolo, Relatore .......................... 3563, 3575 3577, 3579 Calvi Maurizio, Relatore .............................. 3567 Ferrara Salute Giovanni ......................... 3575, 3582 Florino Michele ................................. 3573, 3574 3576, 3577, 3578 Grasso Gaetano, Relatore .............................. 3570 Imposimato Ferdinando ..................... 3575, 3576, 3577 Montini Walter ........................................ 3579 Robol Alberto ......................................... 3583 Tripodi Girolamo ................................ 3575, 3580 Deliberazione sui criteri di pubblicazione di atti e documenti formati o acquisiti dalla Commissione: Violante Luciano, Presidente .......................... 3583 Pag. 3558 Pag. 3559 La seduta comincia alle 9,45. (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente). Comunicazioni del presidente. PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, prima di affrontare i temi oggi all'ordine del giorno, desidero informare la Commissione che l'avvocato Martucci mi ha inviato una lettera della quale vi do lettura: "Caro Presidente, ricevo da Raffaele Cutolo, da me difeso in passato in alcuni processi, un telegramma del quale Ti allego copia per le determinazioni che vorrai prendere. Con l'augurio costante di buon lavoro, cordiali saluti." A tale lettera è allegato il seguente telegramma: "Ringraziovi per visita fattomi et pregovi riferire on. Violante se est possibile desidero un colloquio privato con lui qui al Carinola. Con stima profonda R. Cutolo." Vorrei conoscere l'orientamento dei colleghi in merito a tale richiesta. FERDINANDO IMPOSIMATO. Credo che questa richiesta sia da prendere in considerazione perché può essere importante il contributo di Cutolo alla ricostruzione della verità sulla camorra ed anche sulla mafia. Fatta salva la necessità di assumere le dichiarazioni di Cutolo con il beneficio d'inventario, credo che la Commissione non possa rifiutarsi di ascoltarlo. PRESIDENTE. Vorrei far presente che le Camere sono state sciolte e che Cutolo ha avuto molto tempo a disposizione per avanzare questa richiesta (un anno, con riferimento alla Commissione antimafia), a proposito della quale, in una situazione che non è delle più trasparenti, credo che oggi si pongano problemi di opportunità. GIROLAMO TRIPODI. Ritengo che questa richiesta non dovrebbe essere accolta proprio perché viene avanzata nel momento in cui la Commissione sta concludendo la sua attività, dato lo scioglimento delle Camere, ed anche perché non si comprende su cosa dovrebbe incentrarsi questo incontro. Se Cutolo ha intenzione di fare rivelazioni e di pentirsi, non credo che debba farlo con il presidente della Commissione antimafia. PRESIDENTE. Presumo che non sia per questo. GIROLAMO TRIPODI. Se è per altri motivi, viene meno l'esigenza dell'incontro. Se è per fare rivelazioni, Cutolo deve rivolgersi ad altra autorità. Pertanto, sarei contrario ad accogliere la sua richiesta. PAOLO CABRAS. Esprimo parere contrario anche perché temo l'agitazione pre-elettorale che si sta verificando nel mondo della camorra e perchè desta in me talune perplessità - pur dando atto della sua buona fede e della sua intransigente battaglia contro la camorra - il ruolo che stanno cercando di far giocare a don Riboldi, vescovo di Acerra. Infatti, le notizie clamorose relative ai pentimenti sottintendono richieste di trattative e di rapporti della camorra con altri: i boss camorristi, da Cutolo ad Alfieri, se intendono collaborare con la giustizia, possono seguire le leggi e le Pag. 3560 procedure che gli consentano di agire anche con vantaggio della loro posizione processuale. D'altra parte, impegnare la Commissione, tramite il suo presidente, durante il periodo di scioglimento delle Camere e coinvolgerla anche soltanto con notizie di informazioni potrebbe creare altri problemi. Bisognerebbe infatti vagliare quale dovrebbe essere la sede parlamentare ed istituzionale per approfondire la vicenda. In questa situazione, la Commissione non ha tale possibilità e quindi ribadisco il mio parere contrario. ANTONIO BARGONE. Considerando la situazione attuale, il momento istituzionale nonché la scarsa chiarezza delle motivazioni, ritengo che la richiesta di Cutolo sia del tutto inopportuna. Rischiamo di offrire una tribuna nel corso della campagna elettorale, i cui effetti sono poco prevedibili tenuto conto anche del fatto che le ragioni del colloquio non sono state esplicitate. L'incontro non servirebbe a chiarire alcunché e potrebbe creare ulteriore confusione, dato il momento storico in cui la richiesta si colloca. GIUSEPPE MARIA AYALA. Richiamandomi a quanto detto dai colleghi Bargone e Cabras ribadisco l'opinione che la richiesta avanzata da Cutolo sia del tutto inopportuna, in primo luogo per la particolare situazione parlamentare, cioè a Camere sciolte e alla fine dei lavori di questa Commissione, e poi perché non si dovrebbe trattare di un colloquio con il presidente ma di un'audizione formale, ipotesi che non è di fatto possibile nel momento attuale. Al tempo stesso, qualora accettassimo la richiesta, correremmo il grosso rischio di offrire una tribuna a Cutolo, non sapendo cosa voglia raccontare e quanto possa interferire con la campagna elettorale, nella quale ci sono già troppi veleni e strumentalizzazioni. Nulla toglie che il prossimo Parlamento possa valutare l'opportunità di procedere all'incontro. PRESIDENTE. Comprendo le ragioni addotte in favore di un colloquio, ma esiste una ragione fondamentale di tipo politico-istituzionale. Un colloquio privato del presidente della Commissione antimafia non avrebbe alcun senso, perché presupporrebbe una sede alla quale riferire affinché possa operare. A Camere sciolte e trattandosi dell'ultima seduta della Commissione, mi pare che tale ipotesi non sia praticabile. Ritengo che la risposta possa essere data in questi termini. Qualora Cutolo intendesse insistere, la sua richiesta potrà essere valutata dalle autorità successive. Discussione della relazione conclusiva. PRESIDENTE. Passiamo ora alla discussione della relazione conclusiva . Avevamo inizialmente ipotizzato di compilare una relazione di sintesi sul lavoro compiuto, alla quale riferire alcune appendici. In realtà, il livello, il peso e la qualità delle relazioni presentate su specifici settori dell'attività della Commissione mi hanno convinto dell'opportunità di una diversa struttura, cioè di dividere la relazione conclusiva in tre parti. La prima, da me elaborata, consiste nel resoconto al Parlamento dell'attività svolta dalla Commissione nella XI legislatura. La seconda concerne le relazioni territoriali, in particolare la situazione della criminalità organizzata a Roma e nel Lazio, a Caserta e a Salerno (relatore il senatore Cabras) e ad Avellino e Benevento (relatore il senatore Calvi). La parte terza, concernente la dimensione patrimoniale delle organizzazioni mafiose e le misure di contrasto, è riferita, in particolare, alle frodi comunitarie (relatore l'onorevole Acciaro), all'estorsione e all'usura (relatore l'onorevole Grasso), ai sequestri di persona in Calabria (relatore il senatore Butini), alle misure contro i patrimoni mafiosi (relatore l'onorevole Bargone). Quest'impostazione consente di offrire al Parlamento sia la classificazione delle singole parti sia un quadro omogeneo e soprattutto di mettere sullo stesso piano tutti i contributi, che sono di notevole qualità e rilievo. Pag. 3561 Ricordo che hanno già svolto le loro relazioni i colleghi Acciaro e Bargone. I colleghi che hanno presentato relazioni nuove potrebbero illustrarle con una breve sintesi, sottolineando i punti di rilevanza politica, affinché possano essere avanzate le osservazioni di carattere politico. Infine, dopo la votazione della relazione conclusiva, potrebbe essere dato mandato all'ufficio di presidenza di tenere conto di tali osservazioni e di inserirle nel testo definitivo. Poiché non rilevo obiezioni a tale impostazione dei lavori, inizierò io stesso illustrando la parte da me elaborata, che è divisa in tre capitoli. Il primo consiste in un resoconto dell'attività svolta dalla Commissione, nel quale viene messo in luce il rapporto tra le proposte avanzate ed i risultati ottenuti. In particolare, alle pagine 9 e 10 vengono descritte le misure legislative adottate ed il contributo offerto dalla Commissione per ciascuna di esse; alle pagine 11, 12 e 13 la stessa descrizione viene fatta per le misure amministrative. Un particolare rilievo è stato dato ad un nuovo filone di lavoro, relativo alle vittime della mafia, che non è mai venuto alla luce anche per ragioni di riservatezza nei confronti delle persone che si rivolgevano alla Commissione ma che, grazie anche all'eccellente attività del colonnello Palmerini, consulente della Commissione, ha consentito di attivare uno "sportello" per le vittime della mafia; da pagina 19 a pagina 21 è delineato il quadro delle richieste pervenute, di cosa è stato fatto, dei risultati ottenuti e di quanto deve ancora essere fatto. In sostanza la Commissione si è comportata quasi alla stregua di un difensore civico, nel senso che ha informato i cittadini in merito ai loro diritti. A volte, è stato addirittura indicato in che modo i cittadini avrebbero dovuto predisporre le domande per vedersi riconosciuto il diritto a benefici, elargizioni e risarcimenti. In particolare, sono state seguite in modo specifico alcune questioni. Mi riferisco, per esempio, alla vicenda di Paparcuri, l'autista del giudice Chinnici rimasto vivo per miracolo, ed a quella di Costanza, l'autista di Falcone, anch'egli rimasto vivo per miracolo. Tali questioni hanno avuto uno svolgimento lunghissimo e molto faticoso, come sa bene il collega Ayala. Sta di fatto comunque che la vicenda di Paparcuri è stata risolta e si spera che possa esserlo anche quella di Costanza. Nella parte successiva della descrizione dell'attività della Commissione antimafia nell'XI legislatura è contenuto un riferimento alle aste giudiziarie. Ricorderete che, tanto a Milano quanto a Roma ed in altri posti, il problema delle aste giudiziarie ci è stato continuamente indicato come il terreno sul quale la mafia mette le mani nello svolgimento della sua attività di condizionamento. Del resto, lo stesso Galasso ne aveva parlato nel corso di una delle sue audizioni. Della questione si fa cenno - come ho già detto - nella bozza di relazione conclusiva, laddove è tra l'altro contenuto un riferimento alla misura di revoca disposta nei confronti di un ente, del quale probabilmente si è occupato anche il senatore Cabras, al quale era affidata la gestione delle aste giudiziarie a Roma. Nei confronti di tale ente il Ministero di grazia e giustizia ha revocato l'autorizzazione in seguito ad una serie di vicende giudiziarie nelle quali l'ente stesso era stato coinvolto. Nel prosieguo della descrizione dell'attività della Commissione, si dà atto del lavoro svolto dal volontariato laico e religioso (cattolico ed evangelico) e, successivamente, si affronta il problema della massoneria. In particolare, si fa riferimento ai due incontri che la presidenza della Commissione antimafia ha avuto con il Grande Oriente e con la Gran Loggia d'Italia di piazza del Gesù-palazzo Vitelleschi. I rappresentanti delle due obbedienze ci hanno chiesto una mano per agevolare la loro volontà di essere trasparenti. Si è trattato di riunioni certamente non semplici da affrontare perché in concreto, pur assumendo un certo orientamento, entrambe le obbedienze hanno mantenuto una grande riservatezza, l'una sostenendo che pubblicizzando il nome degli iscritti si sarebbe giunti ad una Pag. 3562 sorta di ostracismo nei confronti degli stessi, l'altra (il Grande Oriente d'Italia) dichiarando che, trattandosi di riunioni esoteriche, i nomi dei partecipanti a queste ultime non potevano essere comunicati. Gli uffici della Commissione hanno svolto un lavoro riferito alla trasparenza ed alla chiarezza di queste logge. Si tratta di un tema molto delicato, affrontato sulla base di un'elaborazione statistica basata sostanzialmente sui dati desunti dall'inchiesta condotta dal dottor Cordova, dalla quale si evince l'esistenza di molteplici irregolarità nella composizione delle logge, irregolarità basate sugli stessi criteri che le obbedienze massoniche hanno dato a se stesse. In sostanza, si pone anzitutto un problema di chiarezza interna, di obbedienza alle proprie regole e, solo dopo aver risolto tale problema, si può affrontare un discorso di chiarezza esterna. Va considerato infatti che una confusione organizzativa ed amministrativa produce certamente effetti indesiderati da parte delle stesse organizzazioni massoniche. Nel dossier predisposto dagli uffici della Commissione sono comunque contenuti tutti i dati statistici che dimostrano le richiamate irregolarità. Il secondo capitolo contenuto nella descrizione dell'attività della Commissione riguarda in particolare la 'ndrangheta, così come i colleghi avevano chiesto. E' espressamente chiarito che, stante la situazione di prorogatio nella quale opera la Commissione, non si è affrontato il problema delle connessioni politiche della 'ndrangheta, questione il cui svolgimento esigerebbe ovviamente una pienezza di funzioni, in considerazione della sua delicatezza. Viene pertanto affrontato soltanto il problema della struttura della 'ndrangheta, delle sue caratteristiche, del radicamento nel territorio calabrese ed al di fuori di esso (sia in regioni italiane sia in altre parti del mondo) ma non si affronta la questione dei rapporti con la politica. A tale riguardo, mi sono consultato con altri colleghi e mi è sembrato vi sia un problema di self restraint degli organismi parlamentari, anche per evitare interpretazioni strumentali. Sarà la prossima Commissione antimafia, qualora il Parlamento decidesse di ricostituirla, che affronterà con pienezza di poteri, ex professo, la questione. Nella terza parte della bozza di relazione che ho curato sono indicati tre temi strategici per l'immediato futuro. Il primo è la celebrazione dei dibattimenti penali. Si tratta di un tema essenziale; ormai abbiamo una macchina messa a posto abbastanza bene per quanto riguarda l'aspetto delle investigazioni e delle indagini preliminari, ma continua ancora a sussistere un intoppo nel momento in cui si giunge al dibattimento. Tutto questo crea, com'è noto, una ipervalorizzazione del mandato di cattura, della comunicazione giudiziaria e del cosiddetto registro e determina addirittura la pubblicizzazione dell'intenzione o meno di iscrivere persone in quest'ultimo. E' tutto un meccanismo che si sposta all'indietro, proprio perché il dibattimento non riesce a celebrarsi con una certa rapidità, così come invece sarebbe necessario. Nella bozza in esame sono proposte due misure, tra l'altro già indicate nella relazione predisposta a suo tempo dal senatore Brutti. La prima riguarda i tribunali distrettuali, cioè la competenza per territorio nella sede in cui agisce la procura distrettuale. La seconda invece concerne il giudice monocratico di primo grado anche per il settore penale, così come previsto per quello civile, in modo tale da riuscire a recuperare 700-800 giudici e da consentire quindi la fruizione di una consistente disponibilità di risorse. La seconda questione che viene affrontata riguarda gli aspetti patrimoniali, cioè l'aggressione strategica alle ricchezze della mafia. Con una sentenza emessa ieri dalla Corte costituzionale è stata dichiarata l'incostituzionalità dell'articolo 12-quinquies della legge n. 356 del 1992. Gli effetti di tale pronunciamento, per un verso, possono anche non essere gravissimi perché, a livello di misure di prevenzione, è già prevista la possibilità del sequestro dei beni nei confronti di persone sospettate di appartenere ad Pag. 3563 associazioni mafiose, nonché quella della confisca quando non sia provata la legittima provenienza dei beni. In sostanza, anche sul versante delle misure di prevenzione vi sono strumenti che consentono di conseguire risultati analoghi. In tale contesto bisognerebbe capire bene il significato del provvedimento adottato dal Governo. Nella giornata di ieri, infatti, il Consiglio dei ministri ha approvato un decreto-legge su questa materia. Ho chiesto al ministro di grazia e giustizia di trasmettermi il testo; non appena sarà disponibile, sarebbe opportuno esaminarlo insieme anche perché, non avendo fatto cenno a tale questione nella relazione, penso sia opportuno che nella stessa venga riportato il giudizio che i colleghi intenderanno esprimere. La terza questione che viene sottolineata riguarda i controlli amministrativi. Ricorderete che la Commissione, quando definì il proprio programma all'inizio della sua attività, puntò l'attenzione sul problema dell'amministrazione. In tale ambito, quello dei controlli amministrativi è senza dubbio uno dei capitoli più delicati. Ho scritto nella bozza che, se funzionassero i controlli amministrativi, vi sarebbe una riduzione del penale ed un più fisiologico andamento delle questioni amministrative. In caso contrario, si afferma una iperpenalizzazione che rischia di rappresentare una gabbia per la stessa pubblica amministrazione. Viene infine sottolineata la grande differenza riscontrabile tra il biennio 1992-1994 ed il periodo precedente, soprattutto avendo riguardo al movimento antimafia affermatosi nel paese, che è riuscito a creare un rapporto di solidarietà e di fiducia tra società civile (più in generale, il paese) e coloro i quali si occupano di queste questioni nelle istituzioni e nella politica. Si segnala comunque l'esigenza di vigilare e di non abbassare la guardia perché è evidente che la mafia, i suoi alleati, i suoi amici, coloro che da essa dipendono per tante ragioni, possono comunque riprendere ad operare - così come hanno fatto in passato - per l'isolamento di coloro i quali si battono per la legalità e contro le organizzazioni mafiose. La frase conclusiva riportata nella bozza è la seguente: "E' necessario che si comprenda in modo sempre più diffuso che non ci può essere rinnovamento nel nostro paese senza la sconfitta definitiva delle organizzazioni mafiose e dei loro alleati". In sostanza, tale concetto riprende il motivo guida dell'analisi condotta in questa Commissione relativamente al rapporto tra gli aspetti meno significativi e più violenti della storia repubblicana di questi anni ed il peso avuto dalla mafia in tale storia. Nel momento in cui questo tipo di potere violento e criminale si ridimensionerà, probabilmente vi saranno più libertà e democrazia per tutti. Nella bozza di relazione non si è presa posizione sulla vicenda della dissociazione dei camorristi. La mia opinione personale è che si tratti di un fenomeno interessante, che non va stroncato. Tuttavia, vediamo tutti come esso si manifesti e come vada avanti. Ricordiamo come, con riferimento al terrorismo, il fenomeno sia stato seguito ma non vi sia stata comunque una risposta immediata ai segni di dissociazione. Bisogna stare molto attenti, anche perché la camorra ha un carattere mercenario e un po' imbroglione. Non è che consegnando dieci fucili e tre giubbotti antiproiettile si abbia il segno certo della dissociazione! In ogni caso, le misure per i collaboratori della giustizia sono una cosa, mentre quelle che eventualmente saranno adottate per i dissociati sono cosa del tutto diversa, anche perché i due comportamenti non possono essere paragonati. In definitiva, vi è non un'azione di sconfessione di un processo importante ma la disponibilità a seguirlo con attenzione, senza precipitazione alcuna. Do ora la parola al senatore Cabras perché illustri le relazioni da lui predisposte. PAOLO CABRAS, Relatore. Ho curato la redazione delle proposte di relazione relative alla situazione della criminalità a Salerno, Caserta, Roma e nel Lazio. Farò Pag. 3564 riferimento in particolare alle considerazioni di carattere finale perché sono riassuntive del significato e della valenza più generale degli elementi che abbiamo riscontrato in queste realtà. Salerno, come Caserta, conferma la gravità e lo spessore criminale (affari, collegamenti, intrecci istituzionali, politici ed economici) che la camorra assume in queste zone. La nostra Commissione ha approvato recentemente una relazione di carattere più generale sulla camorra nella quale venivano esaminati i tratti distintivi, l'origine, la trasformazione e l'evoluzione di questa forma di criminalità organizzata. Le relazioni su Salerno e Caserta, in modo più analitico e specifico, forniscono un contributo ulteriore, sicuramente non in contraddizione ma a conferma, chiarimento ed esplicitazione di quanto già accertato con la relazione di carattere generale. Per quanto riguarda Salerno, le rivelazioni di collaboratori della giustizia quali Pasquale Galasso e Mario Pepe hanno messo in evidenza la gravità della diffusione del fenomeno camorristico in provincia di Salerno, la vastità di interessi implicati, la presenza nell'economia, la contiguità con ambienti politici ed istituzionali, non esclusi quelli della magistratura. Tra i magistrati inquisiti non soltanto per sospetta benevolenza nella gestione dei processi nei confronti dei camorristi ma anche per aver determinato aggiustamenti e favoritismi nei confronti di esponenti della camorra, ve ne sono alcuni che fanno parte della circoscrizione giudiziaria di Salerno. Anche con riferimento alle realtà considerate, dobbiamo rilevare un ritardo nell'azione di contrasto, anche se ci troviamo di fronte ad una situazione che si è andata evolvendo positivamente. Oggi la magistratura (anche dopo la stesura della nostra relazione e le nostre visite a Salerno), la polizia, le forze investigative hanno migliorato molto il livello di risposta dello Stato. Dobbiamo tuttavia tener presente che tutto questo avviene dopo aver accumulato ritardi, che ovviamente non possono non aver influito sulla vastità del fenomeno, sulla pervasività dell'infiltrazione camorristica in quella provincia ed in quei territori. Analogo discorso si può fare per la vicenda di Caserta. Da tempo, fin dalla X legislatura, abbiamo seguito, in particolare, alcune situazioni locali che apparivano già allora infestate da una presenza camorristica molto forte, dominante nella vita istituzionale e politica. Contribuimmo anche, dopo l'approvazione della legge, all'adozione di provvedimenti di scioglimento di alcune amministrazioni comunali nel casertano. Ma anche in questo caso c'è stato un risveglio molto tardivo della consapevolezza nelle istituzioni. Al riguardo, è sufficiente pensare che, a fronte dell'ammessa diffusione della camorra nell'hinterland del capoluogo, allorquando abbiamo interrogato anche esponenti istituzionali, delle forze dell'ordine, nonché esponenti politico-amministrativi del capoluogo, la città di Caserta ci veniva descritta come una specie di isola felice rispetto al suo retroterra. Quegli stessi esponenti - ho voluto citare questo dato perché mi sembra significativo ed emblematico, non lo dico certo con soddisfazione ma con amarezza, dello stato di compenetrazione e di collusione - (il sindaco, i maggiori esponenti del consiglio comunale), che non facevano altro che magnificare le sorti democratiche, trasparenti e progressive della città e dell'amministrazione comunale, dopo alcuni giorni sono stati sottoposti a provvedimenti di custodia cautelare per gravissimi fatti di corruzione, collusione, abuso di ufficio e via dicendo. Inoltre, alcuni di quegli amministratori, che erano stati così parchi di notizie sulla malavita nell'incontro con la Commissione antimafia, sono addirittura diventati collaboratori dei magistrati (a cominciare dall'ex sindaco). Questo l'ho voluto citare nelle conclusioni perché quando in maniera talvolta violenta, quasi sempre ipocrita, la Commissione antimafia è stata accusata di istruire processi ed esprimere giudizi avventati e di sostituirsi ai tribunali, c'è da dire che fatti di questo Pag. 3565 genere attengono non ai tribunali ma alla politica, al funzionamento delle istituzioni, alla loro credibilità, al loro ruolo nella difesa della legalità. Ebbene, ritengo che tali elementi debbano essere sottolineati per dire che noi ci siamo sempre mossi nel rispetto dei fatti anche quando questi ultimi erano di tale gravità. Dobbiamo però dire che provvedimenti di scioglimento di consigli comunali e di sequestri di patrimoni a Caserta sono arrivati in maniera tardiva. A questo punto, vorrei fare un'affermazione anche rispondendo ad una sollecitazione del presidente. Sono molto preoccupato della sentenza della Corte costituzionale, qui richiamata, perché mentre lo Stato, le istituzioni hanno riscosso successi rilevanti nell'opera di investigazione, di contrasto, di repressione, nella celebrazione di processi che si sono conclusi con condanne, con la detenzione dei boss, con regole particolarmente severe e misure che hanno provocato contrasti, l'ira e la reattività, addirittura di tipo terroristico, da parte della mafia e della 'ndrangheta, sappiamo però che sul piano della lotta, del contrasto al potere finanziario-economico della mafia abbiamo fatto ancora molto poco. La mafia trae la sua forza - per fortuna, oggi meno di prima - sia nell'impunità sul territorio, nell'impunità del rapporto contiguo con le istituzioni e con la politica, sia nel potere finanziario ed economico accresciutosi, in questi anni, a livelli impensabili, i quali investono, così come ha dimostrato la relazione riguardante la situazione del resto d'Italia e non delle regioni a rischio, tutto il paese e consentono una mobilità nazionale e sovranazionale agli affari, alla finanza mafiosa, all'economia criminale. Del resto, abbiamo dedicato un Forum sul punto; abbiamo sollecitato da parte di esperti, consulenti, autorità di Governo, e magistrature amministrative un impegno particolare su questo terreno; adesso torniamo alle possibilità che avevamo per quanto riguarda la materia dei sequestri e della confisca dei beni patrimoniali, ma non ci dobbiamo però dimenticare che molte volte sulla base della vecchia normativa, ci veniva opposta dai magistrati la difficoltà - anche culturale e concettuale - di accedere a provvedimenti che non si basavano sull'evidenza di prove e di fatti ma su indizi e che comunque, riguardando la presunta qualità di mafioso, non portavano quasi mai ad "incidere" sulle sostanze mafiose. Con l'articolo 12-quinquies siamo riusciti ad aggirare questo ostacolo concettuale e culturale e ad indurre anche la magistratura ad adottare provvedimenti significativi: si pensi, per esempio, a quelli che tardivamente sono stati adottati a proposito dei Galasso. In proposito, vi è stata poi la revoca ed anche una nostra polemica con i magistrati di Napoli, tuttavia dei passi in avanti sono stati compiuti. Adesso, la mia paura è che si vada verso un arretramento. Ritengo che con la nuova legislatura ci si dovrà far carico di individuare strumenti che consentano di colpire al cuore la finanza e le ricchezze della mafia, altrimenti la battaglia sarà molto più lunga ed anche la mafia che è stata sconfitta sul campo (intesa questa come violenza, intimidazione, presenza prepotente ed anche omicida sul territorio), potrà riacquistare spessore, in queste sue manifestazioni, attraverso il mantenimento dei suoi patrimoni e ricchezze. Quanto alla relazione di aggiornamento sulla situazione della criminalità organizzata a Roma e nel Lazio, debbo dire che si tratta di una relazione necessariamente costretta dalle circostanze dello scioglimento anticipato delle Camere; il che ci ha impedito di estendere i sopralluoghi, di procedere ad altre audizioni nel resto della regione. Abbiamo acquisito documenti e relazioni dei prefetti delle varie provincie, ma con le audizioni ci siamo limitati all'area romana (alla capitale). Con riferimento a quest'ultima, abbiamo potuto ascoltare tutte le autorità istituzionali, i magistrati, la direzione distrettuale antimafia, la procura circondariale presso la pretura. Ritengo che il lavoro di aggiornamento sia stato interessante ed utile; penso, anzi, che siano emersi dei Pag. 3566 dati anche nuovi rispetto all'esperienza compiuta nella X legislatura, nel corso della quale era stato aperto uno squarcio sulla situazione sconosciuta quale è risultata essere quella della presenza nella capitale e nel resto della regione di organizzazioni criminali. In particolare, è risultato centrale il ruolo dell'usura. Di quest'ultima si parla oggi anche nelle cronache con riferimento ad episodi che hanno commosso l'opinione pubblica: mi riferisco, ad esempio, a suicidi conseguenti alla pressione di usurai sulle situazioni patrimoniali di alcuni piccoli imprenditori e commercianti di Roma e provincia. A seguito di indagini della magistratura ma anche di recenti operazioni di contrasto delle forze dell'ordine, abbiamo potuto constatare che sullo sfondo della gestione dell'usura non c'è più soltanto la tradizionale corporazione di quelli che vengono definiti i "cravattari" romani (resi celebri anche dal Belli e dal Trilussa), ma anche organizzazioni, in particolare di tipo camorristico: in alcune zone e quartieri della città di Roma vi è una gestione di stampo camorristico; sono stati arrestati uomini della camorra, facenti riferimento anche a clan famosi (cito, per tutti, quelli di Ciro Mariano e di Rea). Altri collegamenti importanti sono quelli individuati, sempre sulla piazza romana, tra queste attività usuraie o attività creditizie volte al riciclaggio e i residui, diciamo così, dei grandi gruppi di criminalità comune, che dagli ultimi anni settanta agli ultimi anni ottanta hanno infestato la città di Roma. La famosa banda della Magliana era, praticamente, dedita alla pratica dell'usura, del gioco d'azzardo, delle scommesse e del toto clandestino. Abbiamo riscontrato una continuità di legami e di connessioni tra quegli eventi, quei personaggi, gli ultimi epigoni di quei gruppi di criminalità comune e l'attuale attività nel settore del gioco d'azzardo, dell'usura e del riciclaggio da parte di gruppi di netta affiliazione camorristica o addirittura mafiosa e 'ndranghetista. Un elemento importante che segnala la continuità ma anche lo spessore di queste attività economiche e finanziarie è quello della presenza di mediatori (chiamiamoli eccellenti), che fanno parte della storia della finanza criminale di questi ultimi decenni, collegati non solo alla criminalità organizzata. Penso, per esempio, a Flavio Carboni, ad Ernesto Nicoletti: nomi sui quali ci siamo imbattuti anche in passate indagini, non soltanto a proposito di Roma e del Lazio. Nomi che continuano a tornare anche in episodi recenti. Come del resto voi ricorderete, nell'audizione, dinanzi a questa Commissione, del collaboratore Pasquale Galasso, si fece riferimento all'acquisto del Kursaal di Montecatini e al tentato acquisto delle ex aree degli stabilimenti cinematografici De Paolis, sulla via Cristoforo Colombo. Da questa operazione sono emersi interessi camorristici rappresentati dal clan Alfieri e da Galasso, Nicoletti come rappresentante e in qualche modo punto di incontro di altri interessi mafiosi oltre che camorristici, nonché gruppi epigoni della più tradizionale e importante "mala" romana. L'altro elemento di allarme scaturisce anche dal volume di affari di questo riciclaggio. C'è un procedimento in corso, al quale doverosamente noi accenniamo con riferimento soltanto all'entità e parliamo di un riciclaggio e di operazioni in nero fra Italia e Svizzera per un volume di denaro pari a 2 mila miliardi di lire (si tratta di un'indagine che sta conducendo la direzione distrettuale antimafia); evidentemente, non si doveva e non si poteva dire di più, però ciò ci dà la dimensione del fatto che Roma è divenuta ed è tuttora usata (qualche segnale c'era già in passato) come sede di questo tipo di operazioni economiche e finanziarie. Vi è una differenza, direi un salto di qualità rispetto alla precedente relazione. In passato, la mafia sembrava essere interessata ad investire in attività terziarie: erano soprattutto i ristoranti, gli esercizi commerciali (anche del centro storico di Roma), alcune boutique, discoteche, oreficerie, pelliccerie, l'oggetto dell'investimento, che poteva anche essere poi un modo indiretto di riciclaggio dei Pag. 3567 capitali illeciti. Oggi, a me sembra che passino per Roma, come centro di scambio e di interrelazioni mafiose, operazioni più sofisticate, finanziarie e di riciclaggio, non escludendo che continuino operazioni di investimento dei capitali sporchi. A Roma, quindi, ci troviamo dinanzi ad un ruolo specifico e più importante di questi traffici. A riprova e a coronamento di questa valutazione possiamo citare (come è riportato nella parte iniziale della relazione) una presenza mafiosa quale è quella documentata dagli attentati terroristici di via Fauro, di San Giovanni in Laterano e di San Giorgio al Velabro. Sulla matrice mafiosa, come voi sapete, concordano sia i magistrati che gli organi investigativi delle forze dell'ordine. Si tratta di indagini ancora in corso ma non c'è dubbio sulla presenza di commando terroristici della mafia in una città dove la mafia non è stanziale: non esiste più nemmeno a Roma quella famiglia che i Badalamenti e i Bontate avevano costituito come emanazione della famiglia di Santa Maria di Gesù di Palermo. Oggi i magistrati e gli investigatori concordano nel dire che verosimilmente non c'è più una famiglia di derivazione palermitana di Cosa Nostra presente a Roma. Allora, la presenza di una mafia che può decidere, commissionare e praticare attentati, oltre a far presupporre un reticolo di supporti tecnico-logistici, di offerta di "santuari", di ospitalità (così come è dimostrato dalla stessa presenza di latitanti riscontrata tante volte a Roma), ci indica anche come vi sia un interscambio non soltanto per operazioni di carattere finanziario ma anche per operazioni di più alto livello, che potrebbero toccare - come suggerisce la recente analisi della DIA - anche livelli di pubblica amministrazione, di apparati dello Stato, cioè complicità più ragguardevoli, che potrebbero aver collaborato e cooperato nell'esecuzione di attentati terroristici e stragistici, come quelli che abbiamo dovuto lamentare nella città di Roma ma anche nelle città di Milano e Firenze. In questo senso, torna il ricordo di quelle complicità, di quei legami che, grazie a personaggi come Pippo Calò ed altri, la mafia ha saputo avere e sviluppare con ambienti dell'eversione politica, in particolare dell'estrema destra, che hanno rappresentato una costante nel terrorismo e nella storia anche della criminalità politica di questa città. Per questa somma di motivi, ci è sembrato opportuno in questo aggiornamento - pur esaltando il ruolo per la mafia della capitale, come centro di scambio e di decisione per operazioni che attengono al settore del riciclaggio e a quello finanziario in modo particolare - sottolineare la necessità di vigilare e quindi di tenere sotto monitoraggio la capitale, proprio per queste relazioni nazionali ed internazionali, per questo ruolo di crocevia di interessi diversi che possono concorrere a definire obiettivi della nuova strategia mafiosa anche a fini terroristici. PRESIDENTE. Do la parola al senatore Calvi per illustrare la relazione sulle provincie di Avellino e Benevento. MAURIZIO CALVI, Relatore. Non so se involontariamente ma ho l'impressione che abbiamo commesso un errore di carattere metodologico - e di conseguenza politico - nel presentare singole relazioni sulla realtà campana, nel senso che sono state presentate separatamente relazioni su Salerno, su Caserta, su Napoli, su Benevento e su Avellino. Quindi, abbiamo un quadro puntuale dell'insieme delle questioni poste all'interno delle singole realtà territoriali ma alla fine ci può sfuggire un giudizio di sintesi più generale, che possa far capire meglio l'insieme dei problemi, che sono dominati da un dato drammatico, soprattutto nelle aree tradizionalmente a rischio della realtà campana. Sarebbe stato utile avere un quadro di insieme ed esprimere un giudizio finale per capire la portata del condizionamento della criminalità organizzata su tale realtà e per comprendere Pag. 3568 meglio le proposte generali che si potrebbero avanzare quanto meno per contenere l'aggressione dei fenomeni criminali. Aggiungo a questo giudizio di insieme delle questioni poste nella relazione su camorra e politica, che sono separate rispetto ai problemi e alle audizioni che abbiamo avviato in Campania, che sarebbe stato utile, anche in questo contesto, ricomporre il quadro generale del rapporto camorra-politica e l'insieme delle questioni poste nelle singole realtà della Campania. Avremmo potuto, proprio in relazione ai dati acquisiti, che sono di grande interesse generale, tracciare uno spaccato per capire l'intreccio tra camorra e politica e l'insieme dei problemi nella realtà campana. Venendo alle questioni poste dalla relazione sulla situazione della criminalità organizzata nelle provincie di Avellino e di Benevento, non possiamo esprimere un giudizio su queste realtà se non guardiamo l'insieme dei problemi che nascono nella regione campana. Possiamo subito sottolineare che queste due realtà territoriali costituiscono, sia per la loro peculiarità sia per la diversità delle questioni che si rinvengono al loro interno, una enclave tutta particolare rispetto alla realtà drammatica della provincia di Caserta, di Napoli e della sua provincia e di Salerno. Nell'insieme, possiamo ritenere che Avellino e Benevento costituiscano aree separate, con dati certamente meno marcati per la presenza dei poteri criminali, per il condizionamento degli stessi poteri criminali sulla vita economica, sociale, politica e istituzionale. Detto questo, aggiungo questioni che interessano complessivamente le due provincie, in quanto alla fine esprimerò un giudizio generale sullo stato della presenza della criminalità organizzata, sul suo insieme di valori, sul suo tasso di condizionamento, che è di tutto rilievo e che non può essere attenuato nel giudizio generale. Commetteremmo un errore sicuramente grave se dovessimo in qualche modo sottolineare un'attenuazione del giudizio finale su queste due realtà, che cominciano ad avvertire un appesantimento del dato criminale e nelle quali si comincia ad avvertire in maniera molto forte anche il condizionamento dei poteri criminali sull'insieme dei problemi connessi alla loro ricchezza e sui problemi posti dal rapporto tra le istituzioni e la camorra. Il quadro che scaturisce da queste due relazioni ci deve complessivamente preoccupare. Primo motivo di preoccupazione è la mancata attivazione del livello dei controlli, soprattutto di carattere politico. Dico politico tra virgolette, perché parlo soprattutto della carenza del potere di controllo dell'autorità giudiziaria, che certamente non ha manifestato in questi anni una forte volontà di intervento sulle problematiche connesse alla lotta alla criminalità organizzata. Questo giudizio pesa per le conseguenze che questa attenuazione del controllo politico dell'autorità giudiziaria sui problemi connessi alla lotta alla criminalità organizzata ha prodotto. Essa ha costituito e costituisce non solo un errore per la scarsa volontà di incidere su questi fenomeni ma soprattutto ha precostituito le condizioni per un aggravamento della stessa pressione della criminalità organizzata, che si è sentita in qualche modo più libera di penetrare in queste due realtà, essendo molto attenuato il tasso di controllo. Quindi, scontiamo questo errore dal punto di vista istituzionale, che ovviamente deve essere recuperato nel quadro di insieme, perché le provincie di Avellino e Benevento, pur costituendo una enclave tutta particolare rispetto al dato drammatico della realtà regionale, tuttavia rappresentano due territori dove la criminalità organizzata intravede canali di interesse soprattutto nel settore dei lavori pubblici e degli appalti ed ha cominciato a svolgere una forte pressione sui poteri istituzionali. Mi riferisco in particolare, come dato politico, come passaggio da una fase all'altra, alla fase rappresentata dalla politica del dopoterremoto. Le provincie di Avellino e Benevento prima del terremoto presentavano un dato diverso dal punto di vista criminale; la svolta e le implicazioni che il problema terremoto ha suscitato in queste realtà hanno Pag. 3569 determinato un interesse dei poteri criminali su questi territori, pur avvertendo che nel loro ambito si manifestano fenomeni più o meno attenuati, più o meno preoccupanti. Tuttavia, dobbiamo formulare questo giudizio, cioè che quel passaggio ha determinato un aggravamento della situazione delle due provincie, con un insieme di aggressioni dei poteri criminali, che si sono fatti imprenditori, mettendo sul mercato proprie imprese, e che hanno condizionato, tramite quest'ultime, attraverso queste imprese la politica degli appalti e quindi l'intero sistema politico-istituzionale di queste due realtà. Da qui tutta una serie di episodi che sono scaturiti, una serie di analisi e di interventi da parte dei poteri dello Stato, che hanno cercato di contrastare questo fenomeno, che non è attenuato ma è anzi assai forte e che è avanzato ulteriormente in tutta la realtà della provincia, determinando effetti devastanti sui processi istituzionali. La seconda questione da sottolineare come elemento di fondo è il dilagante fenomeno dell'usura in queste due realtà. Dico dilagante, perché effettivamente in una realtà dove la crisi economica si è fatta particolarmente acuta e forte, probabilmente lo stesso sistema bancario ha determinato una serie di connessioni (mi riferisco al ruolo delle banche rispetto alla crisi e ai settori criminali che operano dietro di essa) che hanno prodotto un aggravamento del fenomeno, tanto che ormai è difficile debellarlo. Bisogna poi rilevare l'aspetto della mancata attivazione del potere dei controlli. Mi riferisco non solo a quelli dell'autorità giudiziaria ma anche a tutte le autorità che in qualche modo hanno sottovalutato il fenomeno della criminalità organizzata. In questa sottovalutazione, ovviamente, si sono determinati i cunei attraverso i quali la criminalità è penetrata e si è consolidata anche in queste due realtà. Quindi, l'attenuazione dei poteri di controllo di carattere generale ha determinato un ulteriore e forte radicamento dei poteri criminali. Soprattutto in questa fase storica di passaggio, in cui l'azione dello Stato si è fatta più forte rispetto ai poteri criminali, bisogna recuperare un forte potere di controllo, di presenza e di autorità dello Stato, senza il quale diventa difficile contenere la spinta dei fenomeni in atto. Aggiungerei come dato finale il quadro delle presenze istituzionali che si sono susseguite in queste realtà negli ultimi anni e che in qualche modo hanno formulato giudizi sempre assai attenuati sulla presenza e sul condizionamento dei poteri criminali. Quindi, al termine della relazione emerge un quadro in base al quale i mancati controlli in generale hanno determinato conseguenze nefaste nella vita istituzionale, politica e soprattutto economica di queste realtà. Sarebbe stato utile, signor presidente, approfondire alcuni aspetti, soprattutto in relazione ai documenti che ci sono pervenuti durante la fase delle audizioni, in particolare il documento predisposto da un osservatorio provinciale per l'analisi della criminalità organizzata, che è stato presentato in occasione della nostra visita a Benevento. Ci sono aspetti di quel documento che sarebbe stato utile approfondire; così come sarebbe stato utile capire l'effetto e la portata del giudizio contenuto in questo ed in altri documenti, perché una sottovalutazione potrebbe comportare conseguenze sull'analisi e soprattutto sulla possibilità di valutare le proposte migliori per combattere la presenza dei poteri criminali in queste realtà, che comincia ad allarmare un po' tutti e che, in assenza di tempestivi rimedi, rischia di avanzare ulteriormente in una zona che costituisce una enclave nel territorio regionale. In realtà, l'allarme non deve cessare, perché un giudizio diverso e più attenuato non può essere consentito, in quanto anche in queste realtà la presenza dei poteri criminali ha avuto un forte insediamento e consolidamento soprattutto negli ultimi anni. Concludo, presidente, auspicando, se è possibile, di recuperare, nel quadro complessivo dei documenti presentati Pag. 3570 che saranno votati dalla Commissione e nell'ambito delle questioni che si pongono nella realtà campana, un quadro di insieme di tali documenti, per trarne un dato unico ed alla fine formulare un giudizio unitario che attualmente manca. Si esprimono infatti giudizi particolari, anche significativi, su tali realtà, ma sarebbe utile un giudizio finale sulla Campania, che invece manca perché abbiamo dato la priorità a relazioni separate vertenti sulle singole realtà di quella regione, a partire dalle province di Caserta, Benevento, Napoli e Avellino, che però non ci offrono un quadro di insieme della realtà campana. Sarebbe invece utile - lo ripeto - l'espressione di un giudizio finale. PRESIDENTE. Do la parola all'onorevole Acciaro perché integri sinteticamente la relazione sulle frodi comunitarie che ha già svolto. GIANCARLO ACCIARO, Relatore. Intervengo rapidamente non tanto per integrare la relazione quanto per sottolineare che, come abbiamo già constatato, il materiale raccolto e analizzato purtroppo è quello che è stato possibile utilizzare compatibilmente con la circostanza dello scioglimento delle Camere, tant'è vero che ci è pervenuta la relazione annuale della Corte dei conti e siamo riusciti, con un inserimento, a portare un contributo maggiore alla relazione. La preghiera che rivolgo è che la relazione, molto interessante anche perché fornisce una prima analisi basata sui dati, possa rappresentare in futuro la base di partenza per un'analisi continua del fenomeno in esame. Manca infatti tutta la parte di confronto internazionale che purtroppo, a causa del tempo limitato a disposizione, non è stato possibile sviluppare. PRESIDENTE. Desidero sottolineare che alcune autorità, a livello di unione europea, ci hanno chiesto copia di questa relazione proprio perché è di loro interesse. Questo conferma quanto lei afferma. GIANCARLO ACCIARO, Relatore. Avevo già ricevuto questa informazione e ritengo che il lavoro svolto, che diventa patrimonio della Commissione antimafia, possa rappresentare in futuro la base per un contributo ancora maggiore. PRESIDENTE. Do ora la parola all'onorevole Grasso, che ha presentato la relazione su usura ed estorsione. GAETANO GRASSO, Relatore. E' importante, in primo luogo, richiamare il ruolo essenziale svolto da questa Commissione nello sbloccare tutte le vicende relative alla legge antiracket ed il fatto che la nostra Commissione è stata interlocutrice essenziale per le associazioni antiracket nate nel corso dell'ultimo anno. Ora vi é finalmente il nuovo regolamento di applicazione della legge antiracket, la nuova legge modificata nello scorso mese di novembre e assistiamo altresì a un impegno che, al di là dell'aspetto legislativo, si esprime sul terreno della nascita delle associazioni. Mi preme a questo punto sottolineare un fatto e svolgere una considerazione di carattere generale: purtroppo nel corso degli ultimi tempi - nella relazione questo aspetto viene evidenziato - abbiamo assistito ad una verticale sottovalutazione del fenomeno. Di contro, abbiamo registrato (perché la nostra Commissione l'ha acquisito direttamente, per esempio durante le audizione svolte a Catania) il permanere della diffusione quantitativa e qualitativa del fenomeno dell'estorsione e come questo fenomeno sia stato toccato molto superficialmente dai risultati importanti che sono stati conseguiti sul fronte dell'azione di contrasto. Assistiamo ad una sottovalutazione e permane ancora l'idea di considerare questo come un fenomeno di serie B, secondario, non comprendendo che proprio attraverso l'estorsione si realizza quel ferreo controllo del territorio che determina l'omertà e tutto il resto. Un altro aspetto della relazione riguarda la questione dell'usura, un problema che attraversa tutti i lavori della Pag. 3571 Commissione (ne ha parlato poc'anzi il senatore Cabras). Si tratta di capire che sia sul terreno dell'ordinamento giudiziario sia su quello della sensibilità culturale l'usura non viene considerata ancora oggi quel grave reato che dovrebbe essere, perché, in un certo senso in maniera analoga rispetto al fenomeno dell'estorsione, attacca direttamente la libertà imprenditoriale, destabilizza le regole del mercato e - si tratta ormai di un fatto accertato - non solo nelle aree meridionali ma soprattutto in esse, nelle regioni a rischio, è un fenomeno direttamente gestito dalle associazioni mafiose, tanto che ormai la figura del "cravattaro" non esiste praticamente più. Esprimo pertanto l'auspicio che il nuovo Parlamento intervenga per adeguare intanto gli aspetti legislativi, nella consapevolezza che il lavoro svolto dalla nostra Commissione, finalizzato ad acquisire informazioni, a parlare e così via, è un importante lavoro di prevenzione che contribuisce al contrasto di tale fenomeno esattamente come l'azione legislativa. PRESIDENTE. Informo i colleghi che, poiché tra breve procederemo alla votazione della relazione conclusiva, la Commissione dovrà essere in numero legale; in caso contrario, dovremmo procedere ad una nuova convocazione, ma credo si tratterebbe di un fatto piuttosto complesso. Invito quindi i colleghi a non allontanarsi dall'aula. Do ora la parola al senatore Butini, che ha presentato la relazione sui sequestri di persona in Calabria. IVO BUTINI, Relatore. Nella bozza di relazione che ho predisposto potrà apparire ai colleghi una sproporzione tra l'indicazione degli argomenti che fanno parte del progetto di lavoro di questo gruppo e le informazioni e le valutazioni che invece sinteticamente la bozza contiene, perché - ripeto quanto hanno già rilevato altri colleghi - non è stato possibile realizzare tutto il lavoro che ci eravamo proposti, a seguito delle circostanze istituzionali che sono note. Mi sembra comunque che nei dodici punti che costituiscono la premessa della relazione siamo riusciti a individuare i sottofenomeni che, ove completamente esaminati, possono offrire un quadro sufficientemente chiaro del fenomeno generale del sequestro. Vi sono nella relazione alcune parti di carattere statistico e di analisi delle cause, tenuto conto che il territorio nel quale questi fenomeni si manifestano è relativamente circoscritto e abbastanza individuabile, anche se si sono verificati spostamenti di sequestrati dal nord al sud, da cui sono scaturite alcune necessità investigative e di relazione tra magistrati, forze dell'ordine e così via, che nella relazione sono state richiamate in rapida sintesi. L'aspetto che prima di ogni altro ha interessato il lavoro del gruppo è stato il fenomeno dei sequestri in Calabria, tenendo presente in modo particolare la situazione del comune di Bovalino, perché vi erano stati precedenti rapporti della Commissione con queste realtà territoriali. Di tutto ciò si dà contezza, sia pure sinteticamente, accennando anche al fenomeno dei cosiddetti sequestri silenti, che sono stati parte della nostra indagine. Le statistiche sulla liberazione degli ostaggi sono di facile accesso. Uno dei punti su cui ci siamo soffermati è stato quello relativo all'accertamento della qualità dell'investigazione, al fine di appurare se i gruppi interforze abbiano funzionato, se il coordinamento si sia realizzato, se l'obbligo di sequestrare i beni delle famiglie dei sequestrati abbia aiutato oppure in qualche caso reso più difficili le indagini, se vi siano interessi antagonisti tra le famiglie che tendono ad ottenere la liberazione del sequestrato e le forze di polizia e la magistratura che vogliono anche arrestare i sequestratori. Un altro degli aspetti della nostra attività, il quale ha preceduto altri problemi che poi non sono stati affrontati, riguardava le polemiche sui sequestri di serie A e di serie B Pag. 3572 e la questione se lo Stato offra tutela a tutti i cittadini nella stessa misura. Il giudizio che risulta dalla relazione è tendenzialmente positivo, anche se debbo dire di non essere completamente soddisfatto perché avrei voluto procedere ad alcuni confronti e approfondire determinati aspetti dei problemi accennati, ma il limitato tempo a disposizione non mi ha consentito di farlo. Particolarmente delicato si è presentato l'aspetto relativo ai pagamenti agli informatori, che potrebbero essere apparsi indirettamente come una sorta di pagamento ai sequestratori da parte di organi istituzionali. Nella relazione si danno alcune risposte che sono quelle risultanti, come si suol dire, dallo stato degli atti e nel tempo in cui abbiamo esaminato tali questioni. Si sviluppa inoltre una considerazione affermando che sarebbe stata nostra intenzione procedere oltre, non perché vi sia il sospetto che le cose dette non siano vere, ma perché personalmente non posso essere soddisfatto in via assoluta visto che - come ho già rilevato - mi sarebbe piaciuto poter effettuare alcune verifiche. Tuttavia, devo dire, in conclusione, che generalmente mi sembra di aver colto, da parte sia della magistratura sia delle forze dell'ordine, un impegno serio nell'attività di contrasto del fenomeno dei sequestri. Vi è poi un elemento che non risulta nella relazione ma che, se lo si ritiene opportuno, può esservi inserito: con riferimento al problema del SISDE, sorto a seguito di alcune dichiarazioni rilasciate e di servizi giornalistici, avverto l'obbligo di dire ai colleghi che, almeno da parte dei funzionari ai quali è stato chiesto di fornire le loro verità su questi fatti, l'apprezzamento dell'attività degli uffici periferici del SISDE non è stato molto positivo, quasi a voler sostenere che in qualche caso tale attività è stata superflua. Dovevo dire questo per quello che potrà servire se in futuro altri vorranno portare a conclusione l'indagine avviata. PRESIDENTE. Mi sembra sia stato detto che non avrebbero potuto inquinare per mancanza di capacità adeguata! IVO BUTINI, Relatore. Questo tipo di giudizio è stato veramente sorprendente: potrebbe essere anche di copertura, ma mi è sembrato abbastanza spontaneo da ritenerlo veritiero. PRESIDENTE. Volevo segnalarle, senatore Butini, che a pagina 8 della relazione vi è un errore materiale. IVO BUTINI, Relatore. Certamente, presidente, quella pagina della relazione va riordinata. PRESIDENTE. Do ora la parola all'onorevole Bargone, autore della relazione sulle misure contro i patrimoni mafiosi, che egli aveva peraltro già svolto. ANTONIO BARGONE, Relatore. Ritengo opportuno sottolineare la necessità di dare conto nella relazione della sentenza della Corte costituzionale (sarebbe veramente inopportuno non farlo), anche perché nella stessa relazione vengono denunciati ritardi e limiti nell'azione di contrasto sul versante finanziario, che noi consideriamo la nuova frontiera della lotta antimafia. Abbiamo denunciato il fatto che si riscontrano ritardi anche culturali rispetto a questo tipo di attività, dal punto di vista investigativo e organizzativo. La sentenza che ho richiamato dà un ulteriore colpo a questa azione e occorre quindi valutare attentamente il provvedimento adottato dal Governo. Ritengo pertanto che di ciò si debba dare conto e mi riservo di inserire tale questione nella relazione, naturalmente se la Commissione mi darà mandato in tal senso. Per quanto riguarda la relazione del senatore Calvi, avendo fatto parte del gruppo di lavoro, desidero dire che in essa è forse il caso di insistere di più sul comportamento omissivo della magistratura. Pag. 3573 Nella relazione sulla camorra abbiamo, ad esempio, indicato come punto di svolta per il salto di qualità della camorra la vicenda del terremoto, ma tutto questo non risulta e l'azione giudiziaria non è assolutamente corrispondente a questa valutazione di svolta storica da noi data. Inoltre, i risultati cui è giunta l'azione giudiziaria sono forse addirittura insufficienti anche rispetto alla relazione Scalfaro. La relazione, poi, fa solo cenno, e non si comprende bene cosa sia successo, al fatto che, a seguito della denuncia del Presidente della Repubblica (mi riferisco sempre a quella relazione), l'iniziativa del Consiglio superiore della magistratura abbia avuto risultati e quali rispetto all'azione della magistratura. Credo che di ciò si debba dar conto nella nostra relazione. Per quanto riguarda il documento sugli iscritti alla massoneria, penso vada rilevato che questi elenchi appaiono assolutamente incompleti. Infatti, in essi non sono indicati nomi clamorosamente noti, come quelli di Pazienza, Belmonte, Monti, De Lorenzo, eccetera. Per altro vi è un caso clamoroso che lo dimostra... Gli elenchi sono depositati... PRESIDENTE. C'è un equivoco: nel prospetto statistico sugli iscritti a logge massoniche che è stato distribuito non sono indicati nomi di persone, ma solo i nomi delle logge... MICHELE FLORINO. Quali elenchi, quelli che ha pubblicato la Voce della Campania? PRESIDENTE. Non lo so se li abbia pubblicati la Voce della Campania! MICHELE FLORINO. Noi non ne abbiamo copia; i giornalisti ne hanno copia! PRESIDENTE. Basta studiare! MICHELE FLORINO. Basta studiare o prendere le fotocopie, presidente? PRESIDENTE. Non di qui! MICHELE FLORINO. Chi le ha prese? PRESIDENTE. Di qui nessuno! Non le ha prese nessuno; nessuno ha fatto fotocopie di quei documenti. MICHELE FLORINO. Il caso è emblematico ed è bene chiarirlo! ANTONIO BARGONE, Relatore. Florino, hai chiesto la parola? PRESIDENTE. Prego, onorevole Bargone. ANTONIO BARGONE, Relatore. C'è un caso clamoroso che lo dimostra, ad esempio quello del procuratore della Repubblica di Reggio Emilia, Bevilacqua, che ha dichiarato di essere stato iscritto fino al 1981 e poi di essere entrato in sonno, mentre lo stesso Grande oriente d'Italia, che non indica Bevilacqua nell'elenco, sostiene invece che egli è stato iscritto fino al 1987, contraddicendosi abbastanza clamorosamente. Mi pare questo l'indice di una infedeltà degli elenchi. Inoltre, le pubblicazioni ufficiali delle logge massoniche indicano alcune logge che qui non sono indicate e viceversa. Ulteriore conferma dell'infedeltà di cui parlo. Appare altresì chiaro che alcuni iscritti alla loggia sono tenuti nascosti agli altri iscritti, in palese violazione della legge Anselmi. Ritengo che a questo punto occorra adottare qualche iniziativa affinché gli elenchi siano integrati e la valutazione che li riguarda possa essere compiuta. PRESIDENTE. Aveva chiesto la parola il senatore Florino. Le do subito la parola, senatore Florino, vorrei solo precisare che tanto in questo documento, che è un'analisi statistica delle logge, quanto nella relazione non si fa mai riferimento ai nomi degli iscritti per ragioni di correttezza e riservatezza. Deciderà un altro organismo se pubblicare, quando, come e così via. Non è stata estratta alcuna copia dei nomi degli iscritti alle logge massoniche di cui noi disponiamo. Quegli elenchi Pag. 3574 sono stati consultati da molti colleghi, certamente; ora, poi, cosa abbiano fatto i colleghi che li hanno consultati non so, ma copie non ne sono state fatte da nessuno. MICHELE FLORINO. Lei assicura alla Commissione che i colleghi hanno consultato questi elenchi. Mi rivolgo allora a lei ed agli onorevoli colleghi per conoscere, sapere se, dopo la consultazione, previo accordo con terzi, questi elenchi non siano stati fotocopiati e inviati alla stampa. PRESIDENTE. Ho detto che non è stato fotocopiato alcunché! MICHELE FLORINO. Allora, i nomi... PRESIDENTE. Non li abbiamo mica soltanto noi quei nomi, senatore Florino! MICHELE FLORINO. Però io quei nomi li ho visti riportati su un mensile che viene pubblicato a Napoli e che si chiama la Voce della Campania. Non voglio sbagliarmi! Evidentemente qualcuno ha trafugato le carte, perché io vi posso portare... Non l'ho qui con me, altrimenti avrei potuto far vedere il mensile la Voce della Campania in cui sono riportati tutti i nomi, che io ho visto così, sommariamente, perché non mi sono nemmeno fermato in quella stanza, salvo che per vedere la questione Napoli. Due sono le possibilità, non si scappa: o c'è stato un collega che ha avuto l'opportunità di fotocopiare o c'è stata qualche fuga da parte delle stanze blindate della nomenklatura della sinistra vista dall'altra parte! PRESIDENTE. Scusi, senatore Florino, mi permetto di rilevare che hanno questi elenchi la Commissione antimafia, uffici giudiziari, tutte le logge massoniche ed altri uffici sparsi per l'Italia. La prego di avere un orizzonte... MICHELE FLORINO. Non sono convinto di questa risposta. PRESIDENTE. Non è mia intenzione convincere. MICHELE FLORINO. No, c'è evidentemente qualcuno che ha dei favori rispetto agli altri. Comunque, la invito, in qualità di presidente, ad inserire, con un altro elenco, tutti i nomi dei componenti delle logge massoniche. PRESIDENTE. Passiamo alla fase definitiva. Il senatore Florino chiede che venga allegato alla relazione finale l'elenco dei nomi degli iscritti alle logge massoniche. E' così, senatore Florino? MICHELE FLORINO. Sì, visto che non sono più riservati! PRESIDENTE. Il punto è questo: ho una riserva in merito - farò però naturalmente quello che deciderà la Commissione - innanzitutto perché non sappiamo quale attendibilità abbiano quei nomi per le ragioni che sono state qui indicate. E' stato qui indicato, è stato spiegato sommariamente nella relazione e spiegato adesso con chiarezza dal collega Bargone che non sappiamo che attendibilità abbiano quei nomi. In secondo luogo, colleghi, io considero un problema di tipo democratico (questo forse potrà meravigliare qualcuno!): pubblicare in una relazione dell'antimafia l'elenco dei nomi degli iscritti ad una associazione che oggi è un'associazione libera e garantita con le regole di un'associazione... Poi, sulla massoneria ognuno di noi ha la sua opinione; la mia credo sia nota. C'è però un problema di garanzia democratica. Credo che questo tipo di richiesta non dovrebbe quindi essere accolta da noi. Quando sarà istituita una Commissione d'inchiesta sulla massoneria o su altro, sarà essa a valutare questo tipo di richiesta. Credo che dobbiamo tutelare i Pag. 3575 diritti di tutti i cittadini, compresi quelli dei cittadini con i quali non siamo d'accordo. Altrimenti, commetteremmo un abuso molto grave. Questa è la mia opinione sul punto, prescindendo da questioni formali, in quanto si tratta di un problema più di sostanza. Chiedo quale sia l'opinione dei colleghi in merito. GIUSEPPE MARIA AYALA. D'accordo, presidente. GIOVANNI FERRARA SALUTE. D'accordo, presidente. PRESIDENTE. Sta bene! Così rimane stabilito. Ci sono osservazioni di carattere politico sull'esposizione che i colleghi hanno effettuato delle relazioni? GIROLAMO TRIPODI. Solo alcune considerazioni. A pagina 47 della relazione finale è trattato il problema delle "vacche sacre" e si fa un richiamo all'impegno assunto dal prefetto di Reggio Calabria in merito. Ebbene, credo si debba dire che fino a questo momento egli non ha fatto niente. Anzi, egli ha scaricato su qualche sindaco che coraggiosamente ha portato avanti la battaglia, dimostrando quasi di volerlo punire. Forse perché questo sindaco ha disturbato! PRESIDENTE. E' giusto questo. GIROLAMO TRIPODI. Devo altresì dire che il prefetto di Reggio Calabria, a fronte di una serie di richieste avanzate da questa Commissione su altri problemi molto rilevanti, non è stato un attento e solerte collaboratore della Commissione. Lo stesso si è comportato il prefetto di Catanzaro. Si tratta di due prefetti che operano in zone molto a rischio e ritengo che al riguardo occorrerebbe fare qualche segnalazione al ministro dell'interno, perché questa situazione non è tollerabile. Per quanto riguarda la relazione del senatore Butini, voglio riferirmi soltanto alla questione riguardante l'esclusione categorica del coinvolgimento del SISDE nella liberazione di molti sequestrati. Credo che potremmo togliere tale riferimento perché ancora non sappiamo come siano andate le cose. Perché alcuni si sono pronunciati dicendo che non è vero noi non possiamo escludere che questi avvenimenti possano venir fuori. Si tratta di cose che circolano, anche se non abbiamo fino a questo momento prove che siano avvenute. Si tratta di quanto scritto a pagina 8 della relazione. PRESIDENTE. Si dice però "è stato escluso" e non... GIROLAMO TRIPODI. E' stato escluso! Ma io toglierei tutto; non vedo perché dobbiamo richiamare la questione quando non ci interessa. PAOLO CABRAS, Relatore. "Allo stato delle nostre conoscenze" è però una formulazione... GIROLAMO TRIPODI. Questo suggerimento mi pare accoglibile. PRESIDENTE. Sta bene. FERDINANDO IMPOSIMATO. Vorrei esprimere innanzitutto il mio compiacimento ai relatori per le diverse relazioni che vanno a comporre l'esauriente relazione complessiva. Desidero sviluppare soltanto alcune riflessioni riguardanti la questione della lotta alla criminalità organizzata relativamente all'organizzazione della giustizia. E' stato messo bene in evidenza nelle relazioni in esame l'aspetto delle collusioni della camorra con le istituzioni e la necessità di potenziare gli uffici giudiziari. Mi preme mettere in evidenza soltanto il fatto che, come altre volte è stato detto, allo scioglimento di numerosi consigli comunali ed alla successiva rielezione non è purtroppo seguito un ricambio del personale amministrativo. Questo fatto è molto preoccupante e serio e mi preoccupa che noi non riusciamo a proporre qualcosa che corregga queste situazioni patologiche. Pag. 3576 A Caserta, ad esempio, il capo di un ufficio tecnico, incriminato e rimosso dal commissario straordinario, è attualmente tornato a gestire proprio quelle pratiche per cui era stato incriminato. Si tratta di un esempio emblematico che potrebbe essere esteso a diversi altri comuni. La mia preoccupazione è la seguente: la prossima Commissione antimafia dovrà farsi carico del problema drammatico della possibilità di sostituire personale amministrativo che abbia in qualche modo partecipato a fatti di corruzione o di collusione o di ingovernabilità dei comuni. Altrimenti non daremo un segnale preciso della volontà di innovare in quei comuni che sono infiltrati dalla criminalità organizzata. Sappiamo che nella sola provincia di Caserta ve ne sono stati dodici o forse di più, ma la situazione non è cambiata nonostante l'avvenuta sostituzione delle amministrazioni colluse con la camorra. Per quanto riguarda la magistratura, devo lamentare che abbiamo avuto modo di ascoltare diversi pentiti. Pur con le cautele e la prudenza che dobbiamo avere, sappiamo che vi sono state notizie molto precise che hanno riguardato alcuni magistrati. Tra le altre notizie mi riferisco al caso Lancuba. Ultimamente, nel corso di un'intervista, vi sono state delle prese di posizione molto dure anche da parte di un autorevole esponente di Unicost in ordine a Lancuba che, benché ripetutamente accusato con riscontri verificabili, è tutt'ora procuratore della Repubblica di Melfi. Quindi non vi è stato nemmeno un inizio di azione disciplinare da parte degli organi titolari dell'azione medesima. Non si tratta di un fatto personale nei confronti di Lancuba; sui giornali abbiamo letto di contrasti tra magistrati di Salerno e magistrati di Napoli, di accuse molto gravi rispetto alle quali la Commissione antimafia, proprio perché tali magistrati si occupano di processi di mafia e di camorra, non può fingere di non sapere nulla, ma deve cercare di rendersi conto di quello che sta accadendo. Il rischio che si corre è quello di una delegittimazione dei magistrati impegnati nella lotta alla criminalità organizzata, mentre vi sono segnali allarmanti di protezione nei confronti di quei magistrati che invece, per ragioni di cautela, dovrebbero essere rimossi dal luogo in cui continuano ad esercitare e quindi anche a dirigere gli uffici di polizia giudiziaria. PRESIDENTE. Quindi lei propone alcune integrazioni su questo punto? FERDINANDO IMPOSIMATO. Esatto. MICHELE FLORINO. Voterò contro la relazione finale così come voterò contro le altre relazioni allegate. Come ho già detto alla Commissione, la relazione sulla camorra appare come un'indagine sociologica del fenomeno che non mira ad individuare le responsabilità che hanno consentito a tale organizzazione criminale di spiccare quel salto di qualità che l'ha portata a gestire (e li gestisce tutt'oggi) i poteri in tutti gli enti pubblici ed istituzionali della città, della provincia e in altre province della Campania. Quando parlo di poteri istituzionali - non sono dolce come il collega Imposimato - mi riferisco soprattutto alla magistratura collusa fino alla cima dei capelli con il potere malavitoso. PRESIDENTE. Senatore Florino, la sua è una dichiarazione di voto? MICHELE FLORINO. Sì. Mi rendo conto che gran parte dei componenti di questa Commissione (magistrati, ex magistrati) per spirito di corpo cerchino di difendere la categoria. FERDINANDO IMPOSIMATO. Ho appena concluso il mio intervento... MICHELE FLORINO. Un intervento alla camomilla, caro Imposimato, così come la relazione. FERDINANDO IMPOSIMATO. Non siamo un tribunale! Pag. 3577 MICHELE FLORINO. Come si dice a Napoli, tu devi tenere il carro per la discesa, altrimenti non puoi avvalerti più delle buone amicizie nell'ambito dei tribunali. FERDINANDO IMPOSIMATO. Questa è un'insinuazione che respingo al mittente! MICHELE FLORINO. Io non ci vado in tribunale, per nessuna ragione. Alcuni politici vi si recano anche per altre ragioni, come gran parte dei componenti di questa Commissione, colpiti da provvedimenti giudiziari. Una voce. I nomi! MICHELE FLORINO. I nomi stanno lì. Una voce. Parla per te. MICHELE FLORINO. No, io non parlo per me. PRESIDENTE. Non accetti provocazioni! MICHELE FLORINO. Ho iniziato i lavori in questa Commissione presentando un emendamento che andava alla ricerca di coloro che già sapevo sarebbero stati inquisiti prima che scattassero... PRESIDENTE. Erano inquisendi. MICHELE FLORINO. ... i provvedimenti della magistratura. Ritenevo che nel momento in cui fossero stati colpiti avrebbero dovuto dimettersi. Il presidente disse che rientrava nei poteri dei Presidenti della Camera e del Senato. La collusione, anzi la complicità dei magistrati, ha consentito tutto ciò. Nelle relazioni al nostro esame l'omissione è ancora più palese rispetto a provvedimenti cui faceva riferimento, con la sua dichiarazione dolce, il collega Imposimato in ordine a magistrati chiamati in causa dai pentiti. Sulla questione dei pentiti voglio svolgere alcune considerazioni, così come ho già fatto in altre circostanze, che devono essere chiare alla Commissione. Vorrei sapere perché le dichiarazioni dei pentiti a volte provocano l'arresto di centinaia di persone (compreso il caso Contrada, ancora in galera), mentre ciò non avviene quando si tratta di magistrati, forse perché abitanti di "santuari" sacri. Questo è l'aspetto più sconcertante, e farlo rilevare con ampiezza e con forza significa dare un impulso a coloro che verranno dopo di noi affinché il fenomeno della criminalità venga spazzato via dal nostro paese. In caso contrario ci troveremo con un sistema, in parte denunciato, di favori concessi ad alcuni criminali; sistema di favori collegato direttamente a quello che vige nei tribunali tra avvocati, magistrati e criminali. E' noto che un patteggiamento, una semilibertà costa... PRESIDENTE. Sono soggetti costretti a stare insieme. MICHELE FLORINO. Il collante è rappresentato dai soldi; dai 300-400 milioni pagati per la libertà, per non agire giudiziariamente nei confronti dei criminali. Del resto, alcuni casi eclatanti lo dimostrano, come il caso Alfieri, il caso Galasso. Oltre ai casi eclatanti, tuttavia, ve ne sono alcuni che riguardano la criminalità comune, quella che impera nel centro storico di Napoli e nei paesi della provincia. Se prima ho usato il termine "dolce" per definire le espressioni formulate dal collega Imposimato sulla magistratura, quelle usate in queste relazioni le ritengo addirittura al miele. Dalle indagini svolte in ordine alla realtà casertana è emersa una situazione impressionante ed ancor più grave rispetto a quella che vive la città di Napoli. Nella bozza di relazione non si fa riferimento ai politici. PAOLO CABRAS, Relatore. L'hai letta? MICHELE FLORINO. Sì, l'ho letta. Si fa riferimento a qualche politico, a qualche sindaco senza indicare Pag. 3578 l'appartenenza politica. E' importante chiarire all'interno delle relazioni l'appartenenza politica di personaggi collusi con la criminalità, altrimenti non hanno alcun valore. Come ho detto, si tratta di una relazione al miele, che non contiene neppure riferimenti all'aspetto allucinante riportato in quella sulla camorra, caro presidente. Mi riferisco alla costruzione sul suolo demaniale di un'intera cittadina, che risponde al nome di Fontana Bleu, la cui responsabilità deve essere imputata ai sindaci che si sono alternati alla gestione del comune di Castel Volturno. Evidentemente gli interessi di alcuni partiti hanno condizionato la Commissione al punto che di questo aspetto allucinante (mi riferisco all'abusivismo edilizio e alla costruzione di migliaia di vani su tutto il territorio casertano) non si fa cenno. PRESIDENTE. La prego di concludere perché il tempo a sua disposizione è terminato. MICHELE FLORINO. Ritengo di avere diritto ad alcuni minuti in più per la mia dichiarazione di voto non essendo intervenuto in discussione generale, anche per andare incontro alle esigenze della Commissione a cui faceva riferimento il collega che non è troppo docile ma impaziente di andare via. PRESIDENTE. Sta bene, onorevole Florino. MICHELE FLORINO. Non mi soffermerò sulle relazioni riguardanti le città di Avellino e di Benevento, in ordine alle quali ritengo che la Commissione avrebbe dovuto svolgere un altro tipo di indagini, molto più penetranti. Sembra quasi che a Benevento non vi siano problemi, al punto che si invita la futura Commissione a verificare l'evolversi del fenomeno criminale. Non ho portato con me documenti al riguardo per non stravolgere il lavoro della Commissione ed anche per non far apparire il mio intervento influenzato dalle prossime elezioni, scatenando le ire dei miei amici. Sono tra l'altro in possesso di una denuncia, di un giovane di Benevento, nella quale chiaramente si indicano le varie componenti criminali collegate ai partiti. Invierò successivamente tali documenti alla Commissione. Nella relazione che si occupa del Lazio non si è fatto riferimento agli scandali che hanno visto coinvolti uomini della democrazia cristiana, così come non si è fatto riferimento alla responsabilità politica che di fatto si collega direttamente in un'unica strategia nella gestione del potere criminale. Dovete togliervi dalla testa che il potere criminale sia quello delle pistole, degli assalti alle banche; quello che compie azioni solo nel contesto della criminalità e non nella rigida osservanza di una strategia che è stata imposta insieme con il potere politico, cioè la gestione del paese con la criminalità! Napoli lo dimostra! La Sicilia lo dimostra! La Calabria lo dimostra! Come posso votare queste relazioni che vengono poste alla mia attenzione per essere digerite? Come ho già detto, voterò contro queste relazioni che nel loro contesto tendono a non far agire quei pochi poteri istituzionali che intendono combattere la criminalità. MASSIMO BRUTTI. Soltanto due osservazioni: la prima si riferisce alla relazione presentata dal senatore Cabras concernente la città di Roma ed il Lazio, la seconda riguarda la relazione generale predisposta dal Presidente. PRESIDENTE. Il suo intervento vale anche come dichiarazione di voto? MASSIMO BRUTTI. Sì. A conclusione delle osservazioni che propongo alla Commissione indicherò anche quale sarà il voto del mio gruppo. Sulla relazione concernente Roma e il Lazio esprimo una valutazione favorevole. Si tratta di un lavoro attento che è stato compiuto per dare conto di questa prima indagine che la Commissione antimafia è stata in grado di svolgere. Vorrei Pag. 3579 però che venisse eliminato dal testo della relazione tutto ciò che può rappresentare o suggerire un'anticipazione di giudizio su un tema che non abbiamo avuto modo di trattare pienamente e che rimane un tema cruciale nella analisi dei caratteri della criminalità organizzata di tipo mafioso a Roma e nel Lazio: quello dei rapporti con la politica, delle infiltrazioni nell'establishment politico-economico di questa regione e nella presenza di emissari dei gruppi criminali anche all'interno della pubblica amministrazione. Si dice (mi riferisco in particolare alle pagine 15-17) che è oggetto di accertamento, che esiste un problema aperto al riguardo, il rapporto tra questi gruppi criminali e la politica; si dice, inoltre, che al momento attuale non vi sono elementi che facciano ritenere esistente un'infiltrazione della malavita organizzata nella pubblica amministrazione. Vedo in queste formulazioni un'anticipazione di giudizio su un tema in merito al quale l'indagine non è stata compiuta a fondo. PAOLO CABRAS, Relatore. Queste cose le dicono i magistrati, noi possiamo solo descrivere la situazione allo stato attuale! MASSIMO BRUTTI. Preferirei però che nella relazione della Commissione antimafia non vi fosse questa anticipazione di giudizio. Aggiungo che, per quanto abbiamo potuto verificare fino ad ora, il problema esiste ed è rilevante. Galasso nelle dichiarazioni rese alla Commissione ha parlato del ruolo di Nicoletti indicando una serie di filoni di indagine che vanno approfonditi. Nicoletti infatti rappresentava un punto di riferimento comune per tutte le attività criminali ed anche per quelle di tipo eversivo che a Roma hanno un loro teatro privilegiato. Sappiamo anche che negli anni in cui era più potente e titolare di grandi affari, egli ha intrattenuto a Roma rapporti con l'establishment, soprattutto democristiano. Nonostante le conclusioni alle quali sono giunti i vari procedimenti penali che al riguardo sono stati aperti in passato, credo che tutta la vicenda di Tor Vergata e della seconda università di Roma sia ancora degna di un'analisi più attenta che probabilmente può dar luogo ad altre acquisizioni e ad altri risultati, ben diversi da quelli conseguiti in una fase storica nella quale, come sappiamo, l'iniziativa giudiziaria della procura di Roma e la capacità di cogliere la drammaticità dell'insediamento criminale e delle forme di corruzione in questa città erano davvero minime. Vi sono altri aspetti della presenza criminale a Roma che dovremo ancora analizzare: il ruolo dei servizi segreti, il sottobosco politico. Ricordo un rapporto della DIA di qualche mese che faceva riferimento alle vicende legate agli attentati della primavera scorsa e al tentativo di delegittimazione dei collaboratori di giustizia che veniva avanti in quei mesi, guidato probabilmente dalle centrali mafiose, e che era collegato a questo sottobosco politico, ai rapporti con l'ambiente dei servizi, al ruolo di un'agenzia di stampa (Repubblica) legata ad un uomo politico democristiano di Roma (era l'unico nome di uomo politico contenuto in quel rapporto) che è stato assai potente e che ora lo è di meno. WALTER MONTINI. Chi è? MASSIMO BRUTTI. Si tratta dell'onorevole Sbardella. Non amo in questa sede e in questo momento rivolgere critiche o accuse nei confronti di un uomo politico che non è più così forte come era in precedenza, quindi desidero superare rapidamente questo aspetto. Lo abbiamo combattuto quando era potentissimo a Roma ma ora non c'è alcun motivo di richiamarlo in causa. Questo non significa che non vi siano problemi aperti sui quali è necessario ritornare; mi riferisco al ruolo di Gelli a Roma e ai suoi molteplici collegamenti, ai quali comunque la relazione fa riferimento. Mi auguro che si affronti ancora il problema del ruolo di Gelli e quello della sopravvivenza del sistema piduista, anche perché nel corso dell'audizione Pag. 3580 avvenuta in questa sede la dottoressa Cesqui ha dichiarato che Gelli ha goduto di una totale libertà di movimento sia quando era latitante sia quando ha cessato di esserlo. Annuncio quindi il mio voto favorevole sulla relazione presentata dal senatore Cabras chiedendo - torno a ripeterlo - che vengano soppressi, per renderne più netti i contenuti, tutti gli elementi che possano far pensare ad un giudizio già formulato sulla problematica dei rapporti fra criminalità organizzata e politica e di quelli con la pubblica amministrazione. Al riguardo non siamo in grado di dire nulla perché non abbiamo svolto alcuna indagine. Per quanto concerne la relazione finale presentata dal Presidente, ne condivido l'impianto e i singoli argomenti. Essa dedica una gran parte alla Calabria, anche se risulta evidente che il lavoro su questa regione è rimasto a metà e che perciò deve proseguire. Tuttavia la relazione finale contiene le questioni che la Commissione è riuscita a far emergere e ne indica di nuove. Desidero soffermarmi sul paragrafo finale perché ritengo rappresenti una giusta provvisoria conclusione del nostro lavoro. Quelli appena trascorsi sono stati due anni intensissimi e molte cose sono cambiate nel paese; credo che la Commissione parlamentare antimafia abbia dato un contributo al rinnovamento del sistema politico. Se osservo oggi gli uomini, gli amici (perché in gran parte si tratta di amici) impegnati in prima persona e più esposti e più minacciati nella lotta contro la mafia, ho la soddisfazione di pensare che non sono più osteggiati così fortemente dall'interno delle istituzioni come avveniva fino a due o tre anni fa a coloro che li hanno preceduti. Uomini come Falcone e Borsellino venivano perseguitati dall'interno delle istituzioni; si costruivano strategie di cui erano partecipi uomini politici dei partiti di governo, loro colleghi, uomini che occupavano posizioni di vertice all'interno delle istituzioni. Oggi le cose sono cambiate ma credo non in modo irreversibile. Ritengo che sia un bene che la relazione lo sottolinei perché questa è probabilmente la parola finale che diciamo in questa fase del nostro lavoro che rappresenta un impegno per le prossime settimane e per il futuro immediato a tener fermo quel poco di nuovo che siamo riusciti a costruire e ad andare avanti. GIROLAMO TRIPODI. Ci limitiamo a prendere atto, perché non abbiamo il tempo di un approfondimento, delle relazioni presentate questa mattina che potrebbero anche contenere elementi degni di un ulteriore approfondimento. Prendere atto delle relazioni non significa respingere un lavoro già compiuto ed utile che va senz'altro acquisito. E in particolare ritengo che si debba aggiornare la relazione dell'onorevole Bargone in riferimento agli ultimi sviluppi... PRESIDENTE. Se si riferisce alla sentenza della Corte, certamente. GIROLAMO TRIPODI. Si tratta del punto centrale dell'azione di contrasto perché la confisca degli arricchimenti illeciti è il deterrente principale nella lotta alla criminalità organizzata. Concordiamo con il contenuto della relazione finale ma, prima di esprimere un giudizio complessivo, vorrei aggiungere che forse sarebbe stato opportuno richiamare (poiché il fenomeno ha rilevanza nazionale e quindi maggiore incidenza nel Mezzogiorno) le responsabilità delle scelte politiche operate e contemporaneamente sottolineare l'esigenza di una nuova politica di sviluppo del Mezzogiorno. Certamente questa non basterebbe perché, com'è avvenuto in passato, la mafia continuerà ad arricchirsi con i flussi finanziari dirottati verso quelle zone; riteniamo che quel tipo di intervento sia stato assolutamente nefasto dal punto di vista della gestione e per questo ha portato all'espansione dell'organizzazione mafiosa. Forse sarebbe stato opportuno riproporre il problema del Mezzogiorno come problema centrale di una politica di sviluppo Pag. 3581 del nostro paese perché se le cose stanno in questo modo è evidente che dove c'è maggiore disoccupazione la mafia ha più ampie possibilità di reclutamento. Inserire nella relazione questi suggerimenti sarebbe un atto qualificante perché dimostrerebbe che la Commissione non si è interessata solo di questioni di polizia e di giustizia ma anche degli aspetti sociali. I quattordici mesi di lavoro di questa Commissione sono stati molto intensi ed hanno portato a grandi risultati sia perché sono stati svolti i compiti istituzionali, cioè l'attività di inchiesta, sia perché sono stati raggiunti alcuni obiettivi fondamentali, cioè l'acquisizione di quello per cui molti combattenti hanno perduto la vita. Mi riferisco all'intreccio tra affari e politica che ha maggiormente determinato la presenza della mafia in certe zone, di cui si dà conto anche in altre relazioni, sulla Sicilia, sulla camorra e sulla 'ndrangheta. A proposito di quest'ultima, forse sarebbe opportuno inserire qualche ulteriore richiamo sul fatto che sono state coinvolte personalità politiche di alto livello appartenenti a partiti di Governo che ancora si presentano a competere in questa campagna elettorale (anche se mi chiedo come esse possano essere accolte in certe liste). Il lavoro di questi mesi ha anche rilevato il rapporto tra mafia ed istituzioni; mi riferisco alla copertura offerta di uomini di Governo (Andreotti ed altri ministri ne sono la dimostrazione). Sono anche emersi fatti di cui si mormorava ma che sono stati verificati: i rapporti esistenti tra mafia e apparati dello Stato (polizia, magistratura, servizi segreti), di cui Contrada è una dimostrazione. Un'altra questione che in precedenza sfuggiva, perché era uno scenario nascosto, riguarda la saldatura tra mafia e massoneria deviata. Nel votare a favore di queste relazioni sottolineo il contributo importante fornito dal gruppo di rifondazione comunista al lavoro svolto dalla Commissione. Non tutti i gruppi hanno partecipato allo stesso modo e, se fossimo stati tutti impegnati sullo stesso piano, forse avremmo ottenuto di più nella lotta contro la mafia. Desidero sottolineare che il nostro contributo ha costretto il Governo e le autorità preposte ad assumere maggiore impegno nella lotta alla criminalità organizzata. ANTONINO BUTTITTA. Le relazioni offrono il destro per dare una valutazione conclusiva sul lavoro che la Commissione ha svolto nei suoi due anni di attività. In ordine a questo aspetto distinguerei due livelli: il livello simbolico e quello della prassi. Per quanto riguarda la rappresentazione simbolica del fenomeno, mi sovviene quanto osservava giustamente Pietro Calamandrei a proposito di quello che egli chiamava il dramma storico del sud, cioè il divorzio tra società civile e istituzioni. Come ha giustamente osservato il presidente, negli ultimi anni questa ferita storica si è sanata e non c'è dubbio (lo ha già osservato un altro collega) che uno degli unguenti è stato proprio il lavoro che la nostra Commissione ha svolto. Per quanto concerne invece il livello della prassi, occorre dire che relativamente al settore delle indagini sono stati compiuti grossi passi avanti. E' anche vero però che si sono acquisite informazioni che vanno prese con le molle; mi riferisco all'elenco dei sodali, delle famiglie massoniche, o delle logge massoniche, elenco sicuramente manomesso, comunque lacunoso. Il settore dove le carenze sembrano più palmari, più evidenti, è quello della conoscenza dei meccanismi e dei centri di accumulazione mafiosa della ricchezza. Proprio la mancata conoscenza di tali meccanismi e di tali centri ha portato a violare principi costituzionali che l'Alta corte non poteva non ribadire. Da parte nostra, tuttavia, non lamentiamo certo la sentenza della Corte, il che sarebbe a mio giudizio sbagliato, bensì l'incapacità delle strutture investigative dello Stato di perseguire gli illeciti arricchimenti nel rispetto dei principi del diritto. Da qui, come ha giustamente Pag. 3582 osservato il collega Bargone, l'urgenza di una migliore attrezzatura culturale degli organi dello Stato al fine di migliorare la conoscenza di un settore che è essenziale, fondamentale. Nel caso in cui lo Stato non si fornisse di questi strumenti adeguati, esso stesso sarebbe costretto a confrontarsi con le bande criminali in termini tali da portarlo talora a violare alcuni principi fondamentali del diritto, cosa appunto che la Corte costituzionale ha fatto bene a sottolineare. Un altro elemento che il presidente ha giustamente notato riguarda il ritardo nella celebrazione dei processi. L'onorevole Violante ha giustamente affermato che se non si celebreranno celermente tali processi si rischierebbe di vanificare il lavoro fino ad ora compiuto, diffondendo così un grave fenomeno di entropia che finirebbe con il trasformarsi in una notte hegeliana. Detto questo esprimo, a nome del mio gruppo, una valutazione positiva sulle relazioni presentate, una valutazione che si riferisce sia alle ottime analisi orizzontali che sono state compiute (mi riferisco allo studio della diffusione territoriale dei fenomeni osservati) sia alle complete analisi verticali, ossia allo studio della penetrazione sociale, della stratificazione sociale del paese tenendo conto dei diversi settori in cui i fenomeni criminali si sono manifestati. Penso, ad esempio, all'ottima relazione del collega Grasso. Più in generale ritengo che tutti i documenti elaborati dalla Commissione facciano giustizia di molta inutile letteratura giornalistica e sociologica che in questo trentennio si è prodotta nel nostro paese senza alcuna utilità in ordine alla lotta al fenomeno mafioso. Al contrario, i materiali prodotti dalla Commissione costituiscono un contributo a mio giudizio storico in ordine a tale lotta. GIOVANNI FERRARA SALUTE. Vorrei confermare in questa sede il giudizio positivo sul lavoro compiuto dalla nostra Commissione che si traduce nella stesura delle relazioni al nostro esame. Mi sembra inutile ora entrare in particolari, anche perché nel corso degli ultimi due anni abbiamo lungamente discusso la maggior parte degli aspetti della questione. E' importante però che in tali relazioni siano indicate possibili soluzioni dei problemi che restano ancora irrisolti e dei possibili percorsi per il futuro Parlamento ed i futuri Governi. Per quanto riguarda il punto delicato rappresentato dalla celebrazione dei processi (in pratica il primo punto dei tre indicati nella relazione finale) vorrei lasciare nei verbali una mia considerazione. Per moltissimi anni vi fu latitanza legislativa e di intervento pratico, un atteggiamento quasi di indifferenza delle massime istituzioni (Parlamento e Governo) nei confronti della criminalità organizzata che andava cambiando e si andava rafforzando e strutturando in maniera catastroficamente grandiosa. In pratica ci si è resi conto che questa indifferenza corrispondeva in parte alla latitanza dello Stato, in parte ad una carenza culturale, ma quest'ultima non è mai casuale perché se uno ha curiosità di approfondire qualcosa lo può fare liberamente. Probabilmente la classe dirigente e il Governo non avevano curiosità per questo problema e di conseguenza non se ne occupavano, con la conseguenza che ancor oggi soffriamo alcuni fenomeni. Dobbiamo però dire chiaramente che se il futuro Parlamento e i futuri Governi non si occuperanno subito del problema dei processi e di quello di riforma del codice, l'osservatore politico o parlamentare che rimarrà al di fuori di queste cose avrà diritto di pensare che ciò non si fa perché non lo si vuole fare o perché manca l'interesse. Abbiamo detto che in passato è mancato l'interesse (e questo è stato colpevole), ma se nel prossimo anno non si saranno assunti seri provvedimenti che permettano di celebrare tutti i processi di mafia, di camorra, di 'ndrangheta, nonché di Tangentopoli, vorrà dire che nella vita italiana vi sarà ancora qualcosa che ostacola l'interesse e quindi la volontà di risolvere questi problemi. Da questa relazione e dal complesso del lavoro svolto si ricava che vi è stata una latitanza che deve assolutamente Pag. 3583 finire. Credo quindi che il messaggio, nonostante appaia moderato, o evasivo, sia in realtà molto forte per chi vuole capire queste cose. Non è tale invece per chi non vuole intendere il messaggio. Sarebbe inutile fare nomi e cognomi, in quanto la gente resterebbe ugualmente indifferente, anzi lo sarebbe di più col pretesto che vi sono di mezzo persone, che non è corretto parlare in un certo modo. Se vogliamo però indurre gli italiani, la futura classe politica a non occuparsi di queste cose, diamo alle questioni un accento molto livido, minaccioso, sinistro, saranno certamente buttate nel cestino. Solo agendo seriamente potremo sperare di pervenire in qualche modo alla soluzione dei problemi. ALBERTO ROBOL. Credo in questa sede di rappresentare solo il gruppo DC-partito popolare, quindi a nome di esso esprimo un giudizio positivo sia sulle relazioni al nostro esame, sia in ordine al lavoro svolto in questi due anni di attività della Commissione. Ritengo che la prossima legislatura sia fondamentale per risolvere i problemi dell'ordine pubblico, in quanto l'attuale è caduta in una fase del nostro paese estremamente contraddittoria. Ritengo anzi che la Commissione antimafia con la sua attività abbia determinato in qualche misura la fine anticipata delle istituzioni, avviando un lavoro che dovrà essere continuato nella prossima legislatura. Il collega Cabras ha poc'anzi giustamente sottolineato che vi è molta carne al fuoco e che il lavoro che ci attende nei prossimi anni sarà estremamente importante, anche per garantire credibilità a quanto compiuto in questi anni sia attraverso gli elementi acquisiti nelle varie procure nazionali sia attraverso le singole relazioni. Dobbiamo inoltre riconoscere che si è compiuto un notevole salto di qualità sul piano della produzione del lavoro e da questo punto di vista credo sia giusto rilevarne tutta la positività. Mi auguro che nella prossima legislatura vi sia la stessa intenzionalità nel portare avanti il lavoro. Personalmente qualche preoccupazione l'ho avvertita quando mi sono reso conto che i più ricercati nelle liste sono i magistrati ed i giornalisti. Mi è venuto quindi il terribile sospetto che qualcosa forse non quadri. Sta alla prossima legislatura mantenere aperto in termini reali, veri e democratici il problema del rapporto magistratura-politica, soprattutto alla luce della cattiva politica e, mi auguro, della non cattiva giustizia. Deliberazione sui criteri di pubblicazione di atti e documenti formati o acquisiti dalla Commissione. PRESIDENTE. Prima di procedere al voto finale, avverto i colleghi che è stato distribuito lo schema di deliberazione per la pubblicazione degli atti della Commissione antimafia. Si tratta di un atto importante in quanto serve a rendere pubblici i lavori della Commissione. Sostanzialmente segue le tracce tradizionali di questo tipo di documenti con una maggiore chiarezza, aggiungendo il meccanismo dell'informatizzazione degli atti, meccanismo da noi seguito e che ha dato un risultato estremamente positivo. Do pertanto lettura di tale documento. "La Commissione stabilisce di rendere pubblici: a) i resoconti stenografici, ove siano stati redatti, delle riunioni della Commissione, dell'Ufficio di Presidenza e dei gruppi di lavoro con la partecipazione di soggetti esterni, ad eccezione di quelle (o delle parti di quelle) sottoposte a vincolo di segreto, finché questo permane, o di cui i soggetti ascoltati abbiano fatto richiesta di uso riservato; b) i resoconti stenografici delle riunioni svolte da delegazioni della Commissione nel corso di missioni esterne, ad eccezione di quelle (o delle parti di quelle) sottoposte a vincolo di segreto, finché questo permane, o di cui i soggetti ascoltati abbiano fatto richiesta di uso riservato; Pag. 3584 c) i documenti inviati alla Commissione alla data dell'ultima seduta, o comunque da essa richiesti, ad eccezione di: 1 - atti e documenti attinenti a procedimenti giudiziari nella fase delle indagini preliminari, finché permangono le ragioni della segretezza, in relazione allo stato del procedimento; 2 - atti formalmente classificati (da riservato in su) dall'autorità amministrativa o di governo che li ha trasmessi, finché permane la classificazione, o dei quali l'autorità originatrice abbia raccomandato l'uso riservato; 3 - atti su cui la Commissione ha posto il segreto funzionale; 4 - documenti anonimi o apocrifi; 5 - atti provenienti da privati (persone fisiche ed associazioni) che abbiamo fatto richiesta di uso riservato; 6 - documenti inviati da soggetti privati (persone fisiche ed associazioni), il cui contenuto non è direttamente connesso a settori di indagini condotte dalla Commissione e su cui la Commissione non abbia assunto alcuna iniziativa. La Commissione stabilisce altresì di rendere pubbliche le registrazioni su nastro magnetico delle riunioni con soggetti esterni di cui non sia stato redatto resoconto stenografico, ad eccezione di quelle (o delle parti di quelle) sottoposte a vincolo di segreto, finché questo permane, o di cui i soggetti ascoltati abbiano fatto richiesta di uso riservato. La pubblicazione dei resoconti di cui alle lettere a) e b), degli atti formati dall'autorità giudiziaria, da organi di polizia giudiziaria, da autorità amministrative o di governo, nonché delle registrazioni su nastro magnetico, sarà preceduta in ogni caso da un controllo sull'esistenza o sul permanere di eventuali vincoli di segretezza o ragioni di riservatezza. La Commissione stabilisce che gli uffici di segreteria diano corso alla presente deliberazione e curino la pubblicazione degli atti anche con mezzi informatici, secondo quanto già deliberato dalla Commissione. A tal fine, gli uffici potranno richiedere ulteriore copia su supporto magnetico-elettronico degli atti acquisiti ai soggetti che li hanno trasmessi. Fermo restando il regime di pubblicità proprio di ciascun atto, la Commissione dispone la informatizzazione anche degli atti e dei documenti non destinati alla pubblicazione, ad eccezione dei documenti di segreteria. La Commissione stabilisce che gli uffici provvedano altresì a completare l'attività di informatizzazione della documentazione raccolta dalla Commissione antimafia istituita nella X legislatura e descritta alla lettera d) della delibera della stessa Commissione del 15 aprile 1992, nel rispetto delle determinazioni da essa assunte sulla segretezza di alcune categorie di atti. La Commissione stabilisce che siano in ogni caso pubblicati a stampa, in appositi fascicoli, i resoconti stenografici delle sedute della Commissione stessa, le relazioni al Parlamento, e un indice generale di tutti gli atti prodotti o acquisiti dalla Commissione, con indicazione del regime di accesso e delle modalità di pubblicazione di ciascuno di essi. Agli uffici di segreteria resta altresì affidato il compito della custodia degli atti e dei documenti depositati nell'archivio della Commissione fino alla completa pubblicazione e informatizzazione degli stessi. La Commissione raccomanda che l'archivio della Commissione, in forma cartacea o informatica, sia tenuto a disposizione della Commissione antimafia che potrà essere eventualmente istituita nella nuova legislatura, affinché essa sia in grado, ove lo ritenga, di acquisirlo tempestivamente. La Commissione raccomanda altresì che per il futuro l'accesso al proprio archivio, per la parte resa pubblica, da parte dei parlamentari, giornalisti, studiosi, cittadini, sia garantito nelle stesse forme e con la stessa ampiezza assicurate dalla Commissione nel corso dei suoi lavori. Pag. 3585 Auspica anche che sia valutata la possibilità di un riversamento dell'archivio informatizzato, per la parte resa pubblica, nelle banche dati delle Camere. Auspica altresì che sia valutata la possibilità di predisporre raccolte su supporto informatico di gruppi di atti e documenti pubblici sugli argomenti oggetto delle sue relazioni al Parlamento, anche ai fini della distribuzione esterna. Fino al compimento dell'attività conseguente all'esecuzione della presente delibera, e non oltre il 31 dicembre 1994, l'attività stessa sarà svolta con il supporto dei collaboratori a tempo pieno della Commissione, ai sensi dell'articolo 25-decies della legge istitutiva". Pongo in votazione lo schema di deliberazione di cui ho testé dato lettura. (E' approvato). Avverto la Commissione che è stato distribuito un elaborato statistico che non riguarda nomi bensì alcune logge massoniche. Proporrei di allegarlo alla relazione conclusiva in quanto rappresenta un dato che prova la necessità della chiarificazione all'interno delle obbedienze massoniche. Pongo in votazione la mia proposta. (E' approvata). Si riprende la discussione della relazione conclusiva. PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, la Commissione ha lavorato per ben sedici mesi e vorrei ringraziarvi molto del contributo fornito da tutti i gruppi. Il dissenso, anche quando è violento, in politica è elemento essenziale, serve per comprendere meglio i limiti di ciascuno di noi. Credo inoltre che abbiamo tutti il dovere di ringraziare i funzionari di questa Commissione e gli uffici di segreteria i quali hanno svolto un lavoro straordinario che non ha eguali nel lavoro parlamentare per dedizione, spirito di sacrificio, competenze e qualità professionali. Mi riferisco anche ai collaboratori della Commissione, dal capitano De Bonis al tenente Pizzurro, alla signora Torres, al colonnello Palmerini, ai magistrati Cottone, Di Lello e Pocci, ai collaboratori del Nucleo della Guardia di finanza a disposizione delle Commissioni d'inchiesta, a tutti coloro che hanno collaborato con noi (mi auguro di non essermi dimenticato di nessuno). Ricordo poi che è purtroppo mancato improvvisamente, giorni addietro, il dottor Donato Campagna, capo dell'Ufficio autorizzazioni a procedere e inchieste parlamentari, nostro prezioso collaboratore. Proporrei di inviare, a nome della Commissione, una lettera alla vedova. Sarebbe non solo un gesto umano, ma anche un segno tangibile del contributo e del lavoro da lui svolto. Per quanto riguarda il merito dei contributi offerti dai colleghi, con riferimento alla questione della responsabilità politica per la 'ndrangheta pregherei il collega Tripodi, che l'ha posta, di riflettere su un punto: proprio la condizione di prorogatio nella quale ci troviamo ho l'impressione che ci impedisca di approfondire un tema che pure è indispensabile, lo so bene, ma che ci porterebbe ad esprimere giudizi e valutazioni politiche che, pur necessari, non possiamo fare in questi termini. Invece, se i colleghi sono d'accordo, integrerei la relazione con il passaggio sul Mezzogiorno, che è importantissimo. Sia il collega Imposimato sia, per altro aspetto, il collega Florino hanno posto il problema dei magistrati e ritengo che si possa avere il quadro della situazione. Gli uffici hanno infatti compiuto un lavoro di indagine sulla permanenza in sede dei magistrati per comprendere come si svolgano le carriere. Il quadro che ne emerge riguarda l'Italia in generale, nel senso che non esiste una specificità meridionale da questo punto di vista, come noi pensavamo, ma è dato largamente prevalente a livello nazionale che i magistrati facciano la loro carriera nella loro città. Poiché Pag. 3586 lo avevamo considerato un problema specifico della Calabria, dobbiamo ora constatare che in realtà non è così ma si tratta di un problema ampiamente diffuso. Se i colleghi sono d'accordo, si potrebbe documentare anche questo giudizio: ne scaturirà per il prossimo Parlamento l'eventuale esigenza di prevedere la temporaneità degli incarichi e la rotazione al fine di evitare radicamenti eccessivi nella stessa sede. Un punto che non è stato rilevato è che uno dei dati che hanno qualificato il lavoro della Commissione è costituito dall'approfondimento della distinzione tra responsabilità politica e responsabilità penale, che è stato in un certo senso l'asse sul quale abbiamo lavorato. Colleghi, desidero ringraziarvi davvero tutti. Credo che possiamo farci gli auguri, per noi ma soprattutto per il paese, per quello che avrà davanti. Pongo in votazione la relazione conclusiva, con le modifiche e le integrazioni accolte nel corso della discussione. (E' approvata). Rinnovo il ringraziamento a tutti e auguro buon lavoro. La seduta termina alle 12,10.