Il ministro della Giustizia del governo italiano Giovanni Conso, il 6 aprile 1993 ha inoltrato un'altra richiesta formale al nuovo ministro di Giustizia americano Janet Reno perché il caso di Silvia fosse riaperto e venisse riesaminata la richiesta di un suo trasferimento in Italia, come previsto dalla Convenzione di Strasburgo.
Il 23 maggio 1993 Janet Reno, in un colloquio a Washington ha espresso al ministro Conso la piena disponibilità a riesaminare il caso Baraldini, non appena la nomina del nuovo direttore degli affari penali fosse stata confermata dal Senato. Janet Reno così si é espressa:
"Fra le tematiche che avranno una totale priorità di soluzione, il caso Baraldini verrà affrontato da me nella sua totalità vale a dire in modo profondo e totale".
Sembrava il primo segnale effettivo dell'interessamento della nostra amministrazione al caso Baraldini, che lasciava intravvedere una possibilità che Silvia venisse trasferita presto in Italia. Ma sull'incontro tra Conso e Janet Reno ancora una volta incombeva la presenza del direttore dell'Fbi, William Sessions. L'Fbi sul caso Baraldini ha sempre svolto un ruolo determinante.
La richiesta inoltrata dal ministro Conso nell'aprile del 1993 non aveva ancora ricevuto risposta ad un anno di distanza, nonostante il direttore degli affari penali fosse stato confermato. Il lungo silenzio delle autorità americane preludeva al trasferimento di Silvia dal carcere di massima sicurezza in cui si trovava, ad uno "normale".
Dopo una dozzina di appelli e di ricorsi, Silvia Baraldini é riuscita a far abrogare dalle autorità la sua qualifica di "detenuta pericolosa", di "sorvegliata speciale", una qualifica che l'aveva condotta nelle carceri di Lexington e Marianna. La nuova qualifica porta il nome di "IN", che sta ad indicare uno stato di detenzione di media sicurezza, comune alla grande maggioranza dei carcerati negli Stati Uniti. Ciò le ha consentito di essere trasferita a Danbury, nel Connecticut.
La decisione del trasferimento di Silvia dall'unità speciale di massima sicurezza di Marianna, in Florida, in un penitenziario normale, si presta a più di una interpretazione. Se da un lato é stata positiva, in quanto ha portato ad un miglioramento delle sue condizioni carcerarie, dall'altro può essere stata motivata dall'intento di sottrarre alla campagna per il suo trasferimento in Italia una delle argomentazioni più valide dal punto di vista umanitario, quella del trattamento disumano riservato alla Baraldini. Un intendimento del genere nascondeva l'altro proposito di non accogliere la richiesta di trasferirla in un istituto di pena italiano.