Silvia Baraldini é una donna di grande intelligenza, di buona cultura e con forti spinte ideali, che ha sofferto molto, anche dal punto di vista fisico. E' forte e decisa, ma nello stesso tempo molto dolce. Ha un grande autocontrollo, ma questo non spegne la sua grande preoccupazione per sua madre, il dolore per la morte della sorella. Non ha perduto l'amore per la vita, anche dietro le sbarre di un carcere così sofisticato e disumano in cui é venuta a trovarsi in questi anni, la fiducia in un mondo migliore.
Ha un grande amore per l'umanità, un grande desiderio di giustizia che ad un certo momento della sua vita l'ha portata a fare delle scelte decisive. E' stata una militante che si é impegnata nelle lotte sociali e contro la guerra in Vietnam, per la liberazione dei popoli dal colonialismo, per l'affermazione dei diritti delle donne, in difesa dei diritti dei neri, delle minoranze oppresse.
E' un'intellettuale marxista che ha trascorso vari anni nei peggiori lager degli Stati Uniti d'America, che non ha rinunciato ai suoi principi e quindi non é una "pentita", anche se ammette che le circostanze storiche sono radicalmente cambiate da quando militava nei movimenti di liberazione degli afro-americani.
Assata Shakur, la militante nera della cui evasione Silvia é stata accusata, così la ricorda: "Era una persona molto intelligente, con ferrei principi personali, affettuosa, piena di energia. Nonostante il rischio, mi mandava biglietti pieni di ottimismo, quando io non potevo ricevere visite. L'ho vista e conosciuta solo dopo il mio trasferimento a New York: aveva una risata contagiosa, con quegli occhi chiari e brillanti che emanavano come delle luci di energia. In un ambiente razzista come quello degli Stati Uniti non c'é cosa più imperdonabile del fatto che un bianco appoggi la causa nera: ciò é imperdonabile ed é fonte di assoluto disprezzo. L'establishment nordamericano non potrà mai perdonare questo 'tradimento' della Baraldini (...). Ammiro molto Silvia Baraldini perché ha lottato, perché ha visto la repressione e l'ingiustizia di cui sono oggetto i neri, i portoricani, ha visto le sofferenze e le miserie del mondo e ha fatto quanto era in suo potere per cambiarlo. La sua é una posizione bella e di ammirevole generosità". (Cfr. "Liberazione", 16 ottobre 1992, pag. 12).
Silvia é stata condannata a 43 anni di detenzione, pur non avendo commesso alcun reato di sangue. Fatti ben più gravi, come fatti di sangue o di stragi, sono stati puniti dalla giustizia americana con pene assai meno severe e soprattutto hanno avuto una esecuzione non così pesante, come quella che sta subendo Silvia, la quale é stata a lungo tenuta in un carcere di massima sicurezza, dove sono in vigore misure che violano la coscienza umana, come torture psicologiche e di isolamento.
La crudeltà della condanna e dell'esecuzione, l'accanimento nel non voler applicare per lei la Convenzione di Strasburgo o qualunque altra soluzione legale che le consenta di essere trasferita in un carcere italiano, non si spiega con i reati di cui é stata accusata. La verità é che la Baraldini é stata punita per la mancata omologazione alla ideologia politica dominante negli Stati Uniti e per il mancato pentimento.
Per gli americani é imperdonabile che abbia fatto parte di una organizzazione che ha condotto tutte le sue battaglie per la difesa dei diritti civili dei bianchi ma anche dei neri; gli americani e soprattutto l'Fbi non le hanno mai perdonato di aver partecipato alla liberazione della leader nera Assata Shakur; di non aver mai voluto collaborare con l'Fbi e tradire i suoi compagni. Silvia rappresenta un simbolo di ideali politici che sono contrari ai valori delle amministrazioni americane: diritti umani più elementari negati, violenze e ingiustizie diffuse, condizioni di vita disumane dei negri e delle altre minoranze all'interno; operazioni mondiali di gendarmeria in Grenada, Libia, Panama, fino ad arrivare alla mostruosa barbarie della guerra del Golfo, in campo internazionale.
La Baraldini é un caso emblematico, per il suo straordinario coraggio, per la tenacia e coerenza politica, per la grande dignità personale. E una donna disposta ad andare incontro alla morte anziché tradire i suoi ideali di vita ed i suoi compagni. Il prezzo che continua a pagare per questa sua coerenza é altissimo: non solo é in carcere da dodici anni ma ha anche subito torture psicologiche. Le carceri americane sono all'avanguardia nell'uso di sistemi per distruggere la personalità dei prigionieri politici. Ma non si é piegata; ha affrontato con stoicità la sofferenza che le hanno procurato i suoi torturatori al servizio del potere.
Silvia é diventata un simbolo internazionale di libertà, di guistizia e di equità sociale, un simbolo ed una voce che non sarà possibile soffocare.
E' uno stoico esempio di donna dai grandi ideali e dalla morale incrollabile, anche di fronte alle sofisticate tecniche di tortura psicofisica, come la "deprivazione sensoriale" e il totale isolamento, a cui é stata sottoposta.
Ci ricorda le intollerabili condizioni di subalternità dell'Italia verso gli Usa: finché non verrà rimpatriata, sarà confermato nei fatti che quella italiana é una sovranità limitata.
Ci ricorda ogni giorno che esiste un impero, quello americano, che agli occhi del mondo civile occidentale e bianco, appare come la culla dei diritti umani e in realtà calpesta e nega i diritti elementari di tutti gli umiliati ed offesi della terra di cui Silvia appunto é un esempio.