La politica dello struzzo

Attento a non urtare la "sensibilità" di Washington,
il governo italiano presenta per la quarta volta la richiesta di espatrio.

"Sono tre volte che Washington risponde no al mio trasferimento in un carcere italiano. E dopo 14 anni di detenzione in una prigione USA, sono stanca".

Patricia Lombroso

Giorno dopo giorno negli ultimi due mesi, qui a Danbury le condizioni del regime carcerario stanno peggiorando sempre più. Da ottobre è entrato in vigore il nuovo codice di regole carcerarie repressive. Da due mesi, viene applicata la modificazione comportamentale per tutte le detenute. Investe ogni aspetto e ogni più piccolo spazio di quella pseudo-libertà sin qui acquisita: nuove regole, tante piccole modifiche che stanno inasprendo ancor più la nostra vita quotidiana. Così esordisce Silvia Baraldini durante l'intervista telefonica che siamo riusciti a farle. Silvia è impaziente di farci sapere che ha superato con il massimo dei voti gli esami per l'ammissione alla laurea universitaria: Sono molto soddisfatta racconta - dopo 25 anni senza applicarmi allo studio temevo di non farcela.

Ricambiamo le buone nuove informandola che il 10 ottobre scorso il governo italiano, per la quarta volta, ha formalmente inoltrato la richiesta al Ministero di giustizia americano per il suo trasferimento in un carcere italiano; e che Dini ha reiterato la richiesta anche durante la sua conferenza a Washington. Ma Silvia Baraldini replica con scetticismo: "Una settimana fa ho dovuto consentire che il carcere rilasciasse la mia cartella clinica. La richiesta partiva dalla Sezione crimini del dipartimento di giustizia a Washington per riprendere in esame il mio trasferimento. Son tre volte però che gli americani dicono no ed io sono stanca. Sono già 14 anni di questa prigione americana".

E a condizioni sempre più dure, a quanto pare...?

"Il cambiamento inizialmente non aveva un ritmo così progressivamente repressivo il nuovo direttore del carcere di Danbury, dirigeva prima l'ospedale del carcere di Lexington nel Kentucky. Le regole imposte dal carcere mirano a castigare e violentare ogni diritto individuale delle detenute, imponendo un modello rigido, arbitrario che snaturi ogni diritto delle donne".

Che vuoi dire che si torna al "lavaggio del cervello" o alla tortura della "tomba bianca" (L'asetticità totale della struttura carceraria pensata per isolare dal mondo le detenute politiche) ?

"Non proprio. Ma è chiaro che l'obiettivo è imporre modifiche comportamentali nella quotidianità di tutte noi. Il nuovo regime vuol dimostrare, mediante piccole e costanti modifiche delle già vigenti misure di controllo di massima sicurezza che sarà ancora più repressivo. .." .

Quali sono i cambiamenti più salienti?

" L'obbligo ad indossare la divisa del carcere per tutte le 24 ore e quindi la proibizione di indossare indumenti comprati ed autorizzati sino a ieri. Una volta al mese si aveva diritto a comprare allo spaccio quanto ci necessitava, per un massimo di 165 dollari, ora ci sono regole e proibizioni su quanto e cosa acquistare. Inoltre da oggi, si possono ricevere soltanto 25 lettere in tutto. Tutta la posta in arrivo dall'Italia verrà quindi cestinata secondo il loro arbitrio. Questo nel mio caso costituisce un problema serio. Di più: non posso ricevere più di 5 libri, né posso usufruire dello spazio sotto il letto in cella per libri e giornali".

"D'ora in poi bisognerà pagarsi le visite mediche, tre dollari ciascuna oltre alle medicine. E qui ci sono detenute che non hanno soldi per acquistare un francobollo per affrancare una lettera da mandare a casa. Senza contare le perquisizioni fisiche ed i palpeggiamenti da parte del personale maschile che ormai avvengono a ritmo quasi quotidiano. Le irruzioni e perquisizioni in cella sono diventate sempre più frequenti. E dal 1996 verranno introdotti controlli su ogni nostro spostamento, nell'unità e nello spazio-aria: ogni 10 minuti. Da adesso poi è tassativamente proibito abbracciare i propri parenti in visita. L'intera unità viene chiusa con obbligo in cella ogni volta che ci sono liti fra detenute...quindi molto spesso...".

Il manifesto
giovedì 12 ottobre 1995