Rivedremo il caso Baraldini

Il Manifesto 23 aprile 1993
Patricia Lombroso

New York

"Fra le tematiche che avranno una totale priorità di soluzione il caso Baraldini verrà affrontato da me nella sua totalità vale a dire in modo profondo e totale". Così si è espresso il nuovo ministro di giustizia americano Janet Reno in un colloquio a Washington con l' ex-ministro di giustizia italiano Giovanni Conso in visita negli Stati Uniti per presenziare all'inaugurazione del Museo dell' Olocausto a Washington. Conso nella sua breve visita ha risollevato il "caso Baraldini" e dimostrato l'interessamento italiano per una rapida soluzione del caso da parte della amministrazione Clinton.

"È il primo segnale effettivo dell'interessamento della nuova amministrazione al caso Baraldini che lascia intravvedere una possibilità che Silvia Baraldini venga trasferita in Italia entro l'anno" ha commentato l'avocato difensore di Baraldini Elisabeth Fink, precisando la necessità di una ancora più forte pressione italiana.

Il nuovo ministro di giustizia americano Janet Reno, secondo quanto riferito dalla stampa americana avrebbe dimostrato una maggiore disponibilità sulle questioni di diritti civili nelle sue precedenti funzioni di pubblico ministero nello stato della Florida. Sull'incontro tra Conso e Janet Reno ancora una volta incombeva la presenza del direttore della Fbi William Sessions. Anche se non si conoscono le affermazioni di Session durante l'incontro, è grazie alla sua intransingenza che benché negli ultimi mesi della amministrazione Bush vi fossero segnali più distensivi anche per gli interventi del giudice Falcone ogni soluzione è stata bloccata.

L' Fbi sul caso della Baraldini ha sempre avuto un ruolo determinante e quasi di osmosi ideologica con la passata amministrazione presidenziale Usa. Gli Stati Uniti per ben due volte consecutive il 20 dicembre del 1990 e il 5 ottobre del 1992 hanno negato all'Italia la richiesta per il trasferimento in un carcere italiano di Silvia Baraldini come prevede la Convenzione di Strasburgo siglata tra i due paesi ed approvata dal Congresso americano nel 1981 e dal parlamento italiano nel settembre del 1989.

Le motivazioni adottate in entrambi i casi da parte del governo americano per negare il consenso che non è obbligatorio secondo la procedura del trattato internazionale, per il trasferimento della Baraldini in Italia sono sempre state formalmente pretestuose. In realtà le motivazioni vere erano le seguenti: la Baraldini continua a non mostrare "rimorso" non ha mai collaborato con l' Fbi, ha rifiutato quindi la delazione dei suoi ex compagni; il sistema giudiziario italiano non fornisce agli Stati Uniti necessarie garanzie che la Baraldini una volta in ltalia possa tramare contro gli Stati Uniti.

Nelle ultime settimane si sono registrate le prime aperture verso una soluzione del caso di Silvia Baraldini, aperture che possono essere soltanto interpretate con cauto ottimismo. Dopo dieci anni di detenzione nell'unità di massima sicurezza della prigione di Marianna, Florida Silvia Baraldini è stata traferita in un'unità a "custodia minima" con un alleggerimento delle sue condizioni di detenzione. La Baraldini ha inoltrato già la richiesta alla direzione delle prigioni americane, richiesta sottoposta altresì all'ambasciatore italiano a Washington per essere trasferita in un penitenziario "normale" a Pleasanton in California o a Danbury in Connecticut.