Liberazione
Lucio Manisco
Le circostanze che hanno accompagnato il terzo rifiuto statunitense
di trasferire Silvia Baraldini in un carcere italiano fotografano
con straordinaria chiarezza l'involuzione politica e sociale
dell'amministrazione Clinton e l'opzione della sovranità limitata
nei confronti del grande impero d'occidente che continua a
condizionare i comportamenti dei governi di Roma.
L'accanimento del dipartimento di giustizia USA nei confronti di una
cittadina italiana condannata 43 anni per reati associativi di
matrice terroristica - 12 già trascorsi nelle peggiori carceri
nordamericane - ha fatto esplodere anche nel nostro paese quanto era
rimasto del mito di un Bill Clinton liberal progressista ostacolato
nella sua opera di governo da una destra repubblicana
ultra-conservatrice: il messaggio sullo stato dell'Unione ha
dimostrato una volta per tutte che i programmi del Presidente
democratico malgrado la loro iniziale mimetizzazione "liberal" , non
erano incompatibili con quelli poi scanditi a chiare lettere dagli
uomini di Neanderthal che hanno vinto le elezioni di novembre.
Basti per tutti l'esempio del "crime bill" la legislazione
anti-crimine, che commina l'ergastolo per la terza recidività,
indipendentemente dalla gravità dei reati che estende a sessanta
nuovi reati l'obbligatorietà della pena di morte, che accentra sulla
repressione e non sulla prevenzione gli stanziamenti federali con il
risultato di trasformare sempre più quella statunitense in una
società carceraria (un milione e quattrocentomila detenuti già
condannati o in attesa di giudizio duemila e ottocento in attesa nei
bracci della morte; rito abbreviato per gli appelli contro le
sentenze capitali con esecuzioni al ritmo di due alla settimana).
Basta questo ritorno al barbarico assioma degli anni venti del
"lock'em up and throw away the key" ("rinchiudiamoli a doppia
mandata e gettiamo via la chiave")
per spiegare l'ostinato rifiuto statunitense di rimpatriare la
Baraldini come previsto dalla Convenzione di Strasburgo? O bisogna
convenire con Gianni Mura che per l'amministrazione Clinton i nostri
governi contano meno del due di bastoni quando la briscola è coppe?
Niente affatto, perché il caso di questa nostra connazionale come
attestato da Amnesty International, dal Parlamento Europeo e dalla
famosa sentenza del magistrato statunitense Barrington-Parker, va
ormai al di là dei discutibili parametri dell'amministrazione
giudiziaria nordamericana e andrebbe affrontato nel contesto delle
convenzioni sul diritti umani, dell'osservanza reciproca di un
trattato internazionale, di una più civile e paritaria conduzione
del rapporto tra due paesi alleati ed amici.
Purtroppo non è così, perché i governi Italiani, in particolar
modo quello Berlusconi, con i loro comportamenti pavidi e le loro
tattiche dilazionatrici hanno deliberatamente scelto di contare meno
del due di bastoni, agevolando così l'intransigenza burocratica del
Dipartimento di giustizia USA.
Gli esempi abbondano ed hanno dell'incredibile: noi vorremmo
augurarci che il verbale degli scambi avuti a Washington dall'
ex-guardiasigilli Biondi con il ministro alla Giustizia, signora
Janet Reno, nella versione pervenutaci sia incompleto e falsato da
una traduzione troppo approssimativa; noi vorremmo augurarci che
questo ministro della repubblica non abbia tenuto chiuso in un
cassetto ed occultato per settimane la risposta negativa degli Stati
Uniti in data 21 dicembre 1994 per poi renderla di pubblica ragione
tramite il direttore degli Affari Penali dottor Mele, solo dopo che
ne aveva dato notizia il console degli Stati Uniti a Firenze; noi
vorremmo infine augurarci che lo stesso dottor Mele divulghi il
testo integrale della risposta oltretutto in quanto tale testo è
stato gia letto per telefono dai portavoce del Dicastero USA alla
giornalista del manifesto, Patricia Lombroso.
Questi aspetti oscuri ed altri più gravi della vicenda hanno fatto
oggetto di un'interpellanza urgente presentata al governo da 25
parlamentari di diversi gruppi politici quali gli onorevoli
Pistone, Porcari, Bindi Masini, Jotti, Muzio, Brunetti, Negri ed
altri. L'interpellanza chiede tra l'altro quale risposta il
governo intenda dare ad una comunicazione ufficiale che in almeno
due paragrafi è lesiva degli istituti democratici e del prestigio
nazionale del nostro paese: lì, ad esempio ove ipotizza che il
governo italiano violi la costituzione ordinando alla magistratura
di infliggere alla Baraldini una condanna a 46 anni.
Il rifiuto americano viene motivato dalla necessità di fare scontare
alla nostra connazionale l'intera pena, sia per la gravità dei reati
attribuita, sia per farne un esempio che serva da deterrente nella
lotta al terrorismo Internazionale: né l'incriminazione né il
dispositivo di sentenza menzionano la partecipazione della Baraldini
a scontri a fuoco con la polizia, a fatti di sangue, o una sua
militanza nei ranghi del terrorismo internazionale.
Su quest'ultimo tema un governo statunitense, che fino a poche
settimane fa coltivava buoni rapporti con gli estremisti islamici in
Algeria, che ha rilasciato in libertà Orlando Bosch l'autore
dell'attentato all'aereo della "cubana" (79 morti), che ha concesso
tutte le attenuanti a Jose' Dioniso Suarez, l'assassino del
diplomatico cileno Orlando Letelier e del cittadino USA Ronnie
Moffit, su questo tema, quel governo farebbe bene a sorvolare.
12 febbraio 1995Per la terza volta gli Stati Uniti dicono no al trasferimento in un carcere italiano di Silvia Baraldini.
Infischiandosene della Convenzione di Strasburgo, scelgono la vendetta in luogo della pena.