Silvia Baraldini,
La richiesta italiana respinta per la "lotta al terrorismo" e il
mancato impegno di Roma a far passare alla Baraldini 31 anni in
carcere.
"Sbagliato
e prematuro"
il trasferimento
in un carcere italiano.
Domani a Roma corteo dal
Campidoglio all'Ambasciata USA
il manifesto 29 gennaio 1995
Terzo "No" USA
al trasferimento in un carcere italiano di Silvia Baraldini.
Pretestuose ed offensive le motivazioni addotte: l'ltalia non
avrebbe garantito che la nostra connazionale scontasse in carcere i
rimanenti 31 anni dei 43 della condanna ricevuta per reati
associativi di presunta matrice terroristica.
L'ambasciatore d'Italia a Washington Boris Biancheri contesta questa
arbitraria interpretazione della Convenzione di Strasburgo in quanto
ne impedirebbe l'attuazione e imporrebbe al governo italiano di
violare la costituzione.
La risposta negativa è stata comunicata dal Direttore per gli Affari
Penali del Ministero di Giustizia Jo Ann Harris, con una lettera
inoltrata tramite l'ambasciata USA a Roma, al Direttore per gli
Affari Penali, Dott. Vittorio Mele. A darne notizia è stato il
Console Generale degli Stati Uniti a Firenze Sue Patterson. Il
testo della sua lettera ci è stato letto al telefono ieri notte dal
portavoce dell'Attorney General (ministro di Giustizia americano)
Carl Stern: "È ferma convinzione della Direttrice degli Affari
Penali, Jo Ann Harris che la decisione di trasferire la Baraldini in
un carcere italiano sarebbe sbagliata e prematura ci ha detto Carl
Stern - chi ha contribuito con il suo operato all'uccisione di
agenti di polizia deve essere severamente punito come esempio che
serva da deterrente nella lotta al terrorismo internazionale. Il
rilascio della Baraldini invierebbe a chi ricorre alla violenza nel
perseguimento degli obbiettivi ideologici un messaggio
controproducente secondo il quale chi si propone di perpetrare
crimini del genere può fare affidamento ad una riduzione della
pena".
Leggendo il testo della lettera di Jo Ann Harris (incaricata degli
Affari penali USA) il portavoce del ministero di giustizia e
americano ha tenuto a precisare che la motivazione di fondo è stata
la posizione del nostro governo che ha insistito sul fatto di non
poter garantire alla controparte statunitense un'impegno vincolante
di tenere in carcere Silvia Baraldini per altri 31 anni.
Partendo dal presupposto che le autorità americane abbiano comunque
delle nozioni anche se elementari di diritto costituzionale ed
internazionale, la comunicazione del Dipartimento di giustizia non
può non essere considerata oltraggiosa e lesiva nei confronti delle
istituzioni democratiche, della sovranità di un Paese alleato ed
amico e di un trattato internazionale, firmato e ratificato come la
Convenzione di Strasburgo.
Contro la costituzione
A tutti gli effetti, il governo degli Stati Uniti chiede a quello
italiano di violare la Costituzione, che negli articoli 101 e 104
sancisce l'indipendenza della magistratura dal potere esecutivo in
quanto esige da questo di impartire alla magistratura stessa di
comminare ad una cittadina italiana una condanna imposta in un paese
straniero, la cui durata eccede i termini massimi previsti dal
codice penale.
Severo il giudizio del nostro ambasciatore a Washington, Boris
Biancheri sull'erronea interpretazione della Costituzione di
Strasburgo e sull'evasione degli obblighi di tale trattato
internazionale da parte del governo americano: " Dopo aver firmato e
ratificato con l'Italia e con altri Paesi un trattato internazionale
ha dichiarato Biancheri gli Stati Uniti ne subordinano l'attuazione,
nel caso Baraldini ad adempimenti italiani che vanno bene al di là
di quelli previsti dai protocolli della Convenzione. Il rifiuto
americano viene infatti motivato da una interpretazione della
clausola di reciprocità consensuale nell'esecuzione della
Convenzione di Strasburgo del tutto arbitraria in quanto impone
condizioni inaccettabili nei termini della Costituzione e del codice
Penale italiano. Così il trattato stesso viene vanificato non solo
nel caso Baraldini ma in ogni altro del genere. Amara e
comprensibilmente sdegnata la reazione di Silvia Baraldini da noi
raggiunta telefonicamente nel carcere di Danbury:
"Quello che mi irrita maggiormente in questo terzo gran rifiuto del
governo americano è la motivazione secondo cui il mio caso andrebbe
inquadrato alla lotta al terrorismo internazionale. È una
motivazione paradossale e assurda: di scuse il governo americano ne
può trovare tante ma cosa c'entro io con quanto avviene oggi a
livello internazionale ? Non trova ragione di essere neppure in una
prospettiva storica.
Un impegno nel sociale
Il nostro impegno di quindici anni fa, semmai aveva a che fare con
la rivendicazione dei diritti socioeconomici degli afro-americani
all'interno degli Stati Uniti. E poi mi addolora molto pensare a
mia madre: l'ultima volta che è venuta a trovarmi mi è apparsa allo
stremo delle sue forze psichiche e fisiche. Temo infine che la
gente comune dimentichi cosa voglia dire vivere tanti anni dietro le
sbarre tredici anni e tre mesi per l'esattezza. È una condizione
difficile da capire: io purtroppo la soffro ogni ora del giorno
sempre".
A nulla dunque sembra siano serviti i sia pure discontinui
interventi del governo italiano, del presidente Scalfaro, del
parlamento italiano e di quello europeo, quello di autorevoli
commentatori americani come Mary Mcgrory sul Washington Post.
Per chiedere al governo italiano un deciso intervento per il
trasferimento nel nostro paese di Silvia Baraldini e contro
l'ennesimo rifiuto USA lunedì 30 gennaio alle ore 17 si svolgerà a
Roma una marcia da p.zza del Campidoglio all'ambasciata americana.
Patricia Lombroso