L'avv. di Silvia Fink denuncia...

il manifesto
31 Marzo 1996
Patricia Lombroso
New York

"Le motivazioni addotte dal governo americano per il quarto rifiuto consecutivo di trasferire in Italia Silvia Baraldini, come prevede la Convenzione di Strasburgo, sono insultanti e menzognere".

Così esordisce con amarezza Elizabeth Fink, legale della Baraldini, quando finalmente riesce a leggere il contenuto ed i termini della lettera inviata da John Keeney, assistente del ministro Janet Reno, a Vittorio Mele (direttore della sezione crimini dei dicastero di giustizia a Roma) il 22 febbraio. L'avvocato Fink aveva inutilmente richiesto alla nostra ambasciata a Washington il documento ufficiale trasmesso alle nostre autorità a Roma e messo in un cassetto: è stata la stessa Baraldini a comunicarle per telefono il testo del documento, consegnatole dal direttore del carcere di Danbury.Vengono attribuiti alla Baraldini - spiega la Fink - reati di attentato, furto, rapina: crimini mai commessi e per i quali infatti la detenuta non è stata condannata.

Il capo d'accusa fu di "cospirazione per reati di matrice terroristica". Accusare ora la Baraldini per rapina nel fallito attentato del "Brink Robbery" vuol dire non essere informati che il principale teste a carico, Tyron Rison, ammise durante il processo che la Baraldini non si recò affatto sul luogo, perchè era altrove. E accusare la Baraldini del rapimento di due guardie per la fuga dal carcere di Assata Shakur nel 1979 è una distorsione grossolana delle prove, perchè il ruolo della Baraldini nella fuga fu del tutto secondario, senza nessun contatto con le guardie carcerarie. La Baraldini è in prigione non da due o tre anni ma da oltre 14, senza che siano state trovate armi o che sia stato sparso sangue: questo tenore di accuse da parte del governo americano - continua la Fink - è la prova che la condanna a 43 anni e le dure condizioni di detenzione sono motivate solo dalle sue idee politiche.

Quanto al governo italiano, nel documento viene trattato con condiscendenza: "Siamo certi che l'Italia condivide con noi queste preoccupazioni e sarebbe riluttante a trasferire dei criminali seri perchè ne verrebbe offesa la sensibilità del popolo italiano". Dini, la Farnesina, l'ambasciata a Washington e forse il Quirinale hanno acconsentito e taciuto.