PREMESSA |
I compiti che il Parlamento ha affidato alla Commissione sono caratterizzati da una singolare latitudine e - almeno ad un primo approccio al dato normativo - da una pluralità di oggetti o temi di indagine. Ed infatti già nella legge istitutiva 17 maggio 1988, n. 172 alla Commissione fu affidato il compito di accertare:
a) i risultati conseguiti e lo stato attuale nella lotta al terrorismo in Italia;
b) le ragioni che hanno impedito l'individuazione dei responsabili delle stragi e dei fatti connessi a fenomeni eversivi verificatisi in Italia a partire dal 1969;
c) i nuovi elementi che possono integrare le conoscenze acquisite dalla Commissione parlamentare d'inchiesta sulla strage di Via Fani e l'assassinio di Aldo Moro istituita con legge 23 novembre 1979, n. 597.
Veniva in tal modo ampliato e differenziato in temi distinti l'ambito dell'inchiesta (sostanzialmente unitaria) che nella IX legislatura era stata affidata dalla Camera dei deputati ad una Commissione istituita "per accertare, in relazione ai risultati della lotta al terrorismo in Italia, le ragioni che hanno impedito l'individuazione dei responsabili delle stragi verificatesi a partire dal 1969 anche ai fini di una più efficace azione di prevenzione degli attentati terroristici da parte di tutti gli apparati pubblici competenti".
Peraltro già nel corso della X legislatura lo spettro delle indagini affidate alla Commissione subì addizioni ulteriori. Ed infatti, ancor prima che la legge n. 172/88 venisse promulgata, la Camera dei deputati nella seduta dell'11 maggio 198 approvò un ordine del giorno accettato dal Governo che impegnava quest'ultimo a fornire alla Commissione notizie, informazioni e documenti relativi al disastro di Ustica. Successivamente in data 2 agosto 1990 la Camera approvò un ordine del giorno che impegnava il Governo ad informare la Commissione in ordine alla struttura Gladio; mentre in data 28 dicembre 1990 i Presidenti di Camera e Senato, avendo ricevuto dal Governo la documentazione integrale relativa al caso Sifar-Piano Solo a seguito della rimozione dei noti "omissis", la tramsisero congiuntamente alla Commissione di inchiesta sul terrorismo e le stragi e al Comitato parlamentare per i Servizi.
A tali addizioni il quadro normativo fu adeguato, sempre nel corso della X legislatura, quando con legge 28 giugno 1991, n. 215, l'ambito temporale dell'inchiesta non fu più limitato "a partire dal 1969" e insieme fu formalizzato il compito di accertare "le attività connesse a fatti di strage o a fenomeni eversivi dell'ordinamento costituzionale e le relative responsabilità riconducibili ad apparati, strutture ed organizzazioni comunqe denominati o a persone ad essi appartenenti o appartenute".
Parrebbe quindi, con riferimento ai dati normativi che, nell'ottica dell'articolo 82 della Costituzione, la legge abbia individuato più "materie di pubblico interesse" oggetto ciascuna di un'inchiesta separata e tutte affidate ad un'unica Commissione.
Conseguenza diretta di tale scelta legislativa fu il concreto modulo operativo adottato nelle passate legislature, quando la Commissione prpcedette ad inchieste sostanzialmente separate, aventi ciascuna ad oggetto un tema specifico in ordine al quale sono state trasmesse alle Camere singole relazioni, aventi tutte carattere dichiaratamente interlocutorio.
Nel corso dell'attuale legislatura la Commissione ha considerato invece opportuno un mutamento almeno parziale di prospettiva, che verificasse innanzitutto la possibilità di una interpretazione sistematica delle previsioni normative fissanti gli ambiti della sua competenza al fine di attribuire, almeno nei limiti in cui ciò può apparire possibile e utile, un carattere di unitarietà all'indagine di cui il Parlamento ha ritenuto di investirla.
La possibilità di fondare su di un'interpretazione sistematica dei richiamati dati normativi l'individuazione di un compito unitario ha trovato positivo riscontro sotto un duplice profilo: da un lato, infatti, vi sono le copiose indicazioni rinvenibili nei lavori preparatori delle leggi n. 172/88 e 215/91, e, dall'altro, le concrete risultanze delle approfondite indagini sin ad ora effettuate, che indubbiamente dimostrano come i vari temi sino ad ora separatamente esaminati finiscano ineludibilmente per intrecciarsi, sì da apparire più utilmente affrontabili in una prospettiva d'insieme. Vuol dirsi cioè, ad esempio, che ai fini di una integrazione delle conoscenze cquisite sulla strage di Via Fani e l'assassinio di Aldo Moro, appare indubbiamente opportuna l'assunzione di un ambito di analisi che comprenda l'efficacia e gli eventuali limiti della complessiva risposta dello Stato al fenomeno del terrorismo di sinistra. Da un altro versante la determinazione delle ragioni che hanno
impedito l'individuazione dei responsabili delle stragi e dei fatti connessi a fenomeni eversivi può essere più proficuamente operata nell'ambito di una considerazione ampia delle ragioni storiche che resero possibile nel Paese il diffondersi dello stragismo.
Sotto tale ultimo profilo, infatti, l'ormai approfondita conoscenza che la Commissione ha acquisito del fenomeno stragista impone, per varie ragioni, di individuare almeno tre livelli di responsabilità e cioè quello degli autori materiali, quello dei possibili mandanti, quello di coloro che hanno concretamente operato per ostacolare un accertamento della verità. E pur se i ruoli devono ritenersi distinti, la possibilità - in alcuni casi - di coincidenza o almeno di intreccio non può essere affatto esclusa. In una prospettiva ancor più generale, la circostanza che una inchiesta parlamentare sia stata attivata in ordine alle "ragioni" che hanno impedito l'individuazione dei responsabili delle stragi, si comprende e si giustifica solo per la diffusa coscienza della possibilità, se non della certezza, che tali ragioni non possano ridursi alla mera constatazione che l'evento di strage abbia in sé elevate probabilità di restare impunito per l
e sue specifiche connotazioni (indeterminatezza e genericità dell'obiettivo, mancanza di rivendicazioni, difficoltà di risalire ad un movente). Vuol dirsi cioè che appare manifestamente implicito nella scelta parlamentare istitutiva della Commissione il convincimento che tali ragioni possano rintracciarsi solo all'interno del contesto storico in cui maturò la genesi dello stragismo. E l'eliminazione dell'inciso "a partire dal 1969" dal testo della legge n. 215/91 induce ancor più a ritenere che le ragioni generatrici dello stragismo non solo tendano a coincidere con quelle che ne impedirono l'individuazione di autori e mandanti, ma trovino radici nel periodo anteriore e risalgano, almeno in parte e con ogni probabilità, alla stessa fase fondativa della Repubblica.
E' su tali basi che la Commissione ha quindi ritenuto di individuare come proprio compito la formulazione di un giudizio storico-politico globale che abbracci, sia pure nelle limitazioni scaturenti dalla unicità dell'angolo prospettico, l'ampio periodo della storia repubblicana in cui si determinanorono assetti e condizioni che resero possibile, tra la fine degli anni '60 e la metà degli anni '80, l'esplosione di un fenomeno, quello eversivo, terroristico e stragista, seguito poi da difficoltà ed ostacoli al compiuto acclaramento di eventi e conseguenti responsabilità individuali; fenomeni di cui si sono già sottolineati i ricorrenti collegamenti e che richiedono di essere analizzati in una opportuna prospettiva unitaria.
L'impegno profuso dalla Commissione nell'assolvimento di tale compito poggia sul convincimento che esista una possibilità concreta ed effettiva di fondare su solide basi il giudizio storico-politico di cui si è detto. Sulla scorta di una valutazione sostanzialmente unanime, la Commissione ha ritenuto che l'imponente materiale indagativo già acquisito autorizzi e legittimi la formulazione di un giudizio storico-politico, che, muovendo da un'attenta considerazione dello sfondo politico-sociale che fu terreno di coltura della tragica stagione terroristico-eversiva, complessivamente abbracci il mosaico delle azioni delle organizzazioni terroristiche ed eversive che insanguinarono il Paese nel periodo '69-'84, per approdare a valutazioni inerenti la sfera delle responsabilità politiche e la linea di condotta di settori dell'amministrazione dello Stato.
A rendere convinti che un cammino in tale direzione possa essere proficuamente percorso sta, innanzitutto, la valutazione positiva circa la piena utilizzabilità del materiale indagativo accumulatosi in decenni di inchieste giudiziarie ed acquisito dalla Commissione. Perché se è vero che nella gran parte dei casi, anche se non nella totalità, tali inchieste non hanno condotto all'individuazione dei responsabili dei fatti di strage (a differenza di quanto è avvenuto per altri eventi terroristici), è anche vero che assai spesso quelle inchieste si sono concluse con sentenze assolutorie adottate con la formula della insufficienza di prove. Ciò rende innegabile che prove giudiziarie si erano comunque formate, anche se in maniera non sufficiente a consentire, nei termini di dovuta certezza per eventi così gravi, l'affermazione di individuali responsabilità. Sicché, travalicando la dimensione strettamente giudiziaria - come è dovuto, per l
a differenza di ambiti operativi e di giudizio che contraddistingue l'attività della Commissione da quella propria della magistratura - appare evidente come i risultati delle inchieste giudiziarie, se oggetto di una considerazione unitaria dall'angolo visuale proprio della Commissione, ben possono concorrere a formare, in sinergia con i contributi dell'analisi storica, della memorialistica degli attori del periodo e degli accertamenti diretti operati dalla Commissione un complessivo convincimento idoneo a fondare un giudizio storico-politico e sociale, della cui formulazione la Commissione, per quanto già esposto, si ritiene investita.
Vuol dirsi cioè come in atto appaia sostanzialmente innegabile l'esistenza di un quadro d'insieme già sufficientemente chiaro e cioè di un mosaico che, ancorché mancante di numerose tessere e quindi non definito nel dettaglio, già si presta ad un'utile e non equivoca lettura.
D'altro canto è innegabile che tale lettura sia stata già operata in Italia e all'estero dalla storiografia e dalla pubblicistica ed abbia condotto alla formulazione di valutazioni e giudizi, che tendono, almeno da ultimo, a divenire consonanti. Emerge negi stessi il quadro di un Paese, l'Italia, che ha vissuto nel periodo storico considerato, e nel contesto di un mondo diviso in due grandi blocchi, una difficile e a volte tragica situazione di frontiera. E dove il termine frontiera attiene non solo alla delicata posizione strategica dell'Italia nel bacino del Mediterraneo, ma anche (e forse in maniera più intensa) a quella linea di frattura fra ideologie concorrenti che ha segnato la vita sociale della nazione, nonché ai riflessi che indubbiamente ha avuto nel determinarsi di un quadro politico di indubbia singolarità se raffrontato con le altre democrazie del blocco occidentale.
Emerge, in altri termini, la fragilità di una democrazia non solo giovane, ma per oltre mezzo secolo destinata a restare incompiuta nella negata possibilità di una reale alternanza delle forze politiche al Governo. Da ciò una intrinseca condizione di debolezza dei controlli democratici e lo svilupparsi, al di sotto della storia ufficiale del Paese, di un corso occulto che ha costantemente lambito, o direttamente riguardato, anche apparati istituzionali dello Stato.
Emergono in queste letture della storia nazionale costanti interconnessioni tra poteri palesi e poteri occulti, veri fiumi carsici che fluivano al di sotto dell'apparente (e cioè domocraticamente conoscibile) svolgersi degli eventi e che hanno avuto origine sin dalla fase fondativa della Repubblica in forme probabilmente separate. Degli stessi peraltro, soprattutto in sede giudiziaria, si sono individuati possibili luoghi di intreccio, veri e propri crocevia eversivi la cui decifrazione è apparsa necessaria ai fini della compiuta comprensione di molti tragici eventi. Ma anche a voler prescindere dalla considerazione di tali snodi, resta innegabile che le emersioni in superficie di tali flussi sotterranei, pur nell'episodicità dei singoli acadimenti, denotano una ricorrenza di caratteri comuni e spesso il coinvolgimento dei medesimi personaggi, così da rendere ragionevole l'ipotesi di un loro collegamento. Da un lato, quindi, la natura di molti tragici eventi non appare comprensibi
le al di fuori di una ricostruzione degli sviluppi della storia sotterranea che li collega; dall'altro non è revocabile in dubbio che il corso di questa abbia influenzato (e a sua volta sia stata influenzata da) gli sviluppi della storia politica del Paese.
E' questo, come già osservato, l'esito di una ricostruzione storica già sufficentemente consolidata e rinvenibile agevolmente ormai non soltanto negli archivi giudiziari, ma anche negli scaffali delle biblioteche e che ha trovato recente conforto in una serie di ammissioni da parte di attori anche istituzionali del periodo i quali, pur non operando ancora assunzioni dirette di responsabilità individuali, riconoscono come esatta la lettura di un disegno complessivo, lettura che, alle sue prime formulazioni, veniva spesso qualificata invece come frutto di un interessato dietrologismo.
Dovuta è apparsa quindi alla Commissione la verifica delle validità di tale lettura, pur nella consapevolezza del carattere probabilistico che è proprio di ogni valutazione storica (sempre suscettibile di aggiornamento e revisione) e che risulta accentuato per il carattere ancora incompleto del mosaico di eventi oggetto di giudizio.
A tali fini sarà opportuna una rivisitazione dei singoli tasselli per verificarne la complessiva idoneità a comporre un disegno già sufficentemente strutturato. In tale impegno è indubbiamente necessario che la Commissione mantenga un atteggiamento non "coinvolto" ma "estraniato" e quindi di distacco, per poter trattare con serenità una materia altrimente ancora incandescente, compito facilitato dal mutato scenario internezionale che caratterizza l'ultimo decennio del secolo e dalla nuova situazione politica interna determinatasi nell'attuale legislatura. E ciò ai fini della formulazione di un giudizio sereno rispetto al quale il lasso temporale che separa la quotidianità da un passato ancora prossimo potrebbe altrimenti ritenersi insufficiente; e dove l'assunzione di un punto di vista distanziato consente ad un tempo un migliore inquadramento dell'insieme e egvola, nel rifiuto di una logica parcellinzzante, l'obiettività e l'imparzi
alità del giudizio.