L'EVERSIONE DI DESTRA DOPO IL 1974 |
L'EVERSIONE DI DESTRA DOPO IL 1974
0. Con il 1974 si chiude quindi, dopo aver raggiunto l'acme con le stragi di Brescia e dell'Italicus, una stagione terribile per il paese cominciata già prima della strage di piazza Fontana. Ciò non segnò però né la fine dell'eversione di destra, né la fine dell'implicazione in essa di apparati dello Stato. Nel frattempo andava facendosi sempre più alta la sfida del terrorismo di sinistra (il sequestro Sossi è dell'aprile di quell'anno) e più forte per i gruppi della destra lo spirito di opposizione-emulazione che i moduli organizzativi e le capacità operative adottati a sinistra mettevano in luce. Era infatti forte il fascino del potenziale di opposizione totale alle istituzioni che proveniva dall'opposta sponda dell'estremismo politico; questo operava con azioni eclatanti e rivendicate apertamente, e perciò in modo politicamente pagante e teso ad aggregare intorno a sé tutte le forze rivoluzionarie (199).
Alcune considerazioni allora si impongono. In primo luogo emerge con chiarezza come il filone stragista non venga mai definitivamente abbandonato, ma riaffiori periodicamente nelle tematiche della destra anche dopo il 1974. Ciò impedisce di operare con certezza una cesura netta tra filone stragista, intrinsecamente "inquinato", e filone spontaneista, tendenzialmente "puro". D'altro canto è stato segnalato dal giudice istruttore di Bologna come le stragi abbiano avuto due diverse funzioni: una operativa, cioè di condizionamento delle istituzioni verso uno sbocco autoritario, e l'altra invece di cruento strumento di comunicazione di messaggi rivolti sia all'opinione pubblica che all'interno della stessa area della destra; e come nel tempo la prevalenza sia passata dalla prima funzione (che è preminente nella strage di Piazza Fontana) alla seconda. Non può quindi, anche per questa ragione operarsi una separazione netta tra i due fenomeni. Nondimeno bisogna
tenere presente che, per quanto riguarda i fatti specifici, gli omicidi, le rappresaglie, le rapine commesse dall'area spontaneista, si è arrivati ad una elevatissima percentuale di accertamento delle responsabilità individuali. Per gli episodi più gravi gli esecutori sono stati identificati e condannati e i latitanti di rango dell'area spontaneista sono pochissimi. Estremamente importante fu la permanente convinzione che il terrorismo potesse essere impiegato nella lotta contro il regime. L'uso del terrorismo non sarà mai estraneo al repertorio di azione della destra eversiva, neppure nella fase dello spontaneismo armato.
Sul piano della reazione delle istituzioni appare allarmante l'incapacità dimostrata di permeare l'ambiente della destra ed il ritardo con cui è stata organizzata una adeguata risposta. Eppure, per temperamento individuale e per la mobilità delle persone tra i diversi gruppi, non può dirsi che la impermeabilità fosse il tratto distintivo dei movimentisti e degli spontaneisti. E' vero invece il contrario: la rapina all'Omnia Sport divenne una sorta di happening; dell'omicidio Evangelista gli esecutori menavano palesemente vanto; anche l'omicidio Amato ed altri efferati fatti di sangue costituivano titolo di merito in un ambiente in cui si riconosceva diritto di parola e carisma di capo solo a chi sapesse dimostrare di essere più efficiente e più spietato degli altri. La capacità di infiltrazione, che era stata posta in essere in precedenza negli ambienti ordinovisti e che fu invece ampiamente utilizzata (200) sul fronte opposto nei confronti dei gruppi d
ella sinistra, non risulta essere stata messa a frutto in quest'area. La sottovalutazione della potenzialità eversiva dell'estremismo di destra ha fortemente ritardato, al di là dello sforzo personale di alcuni singoli investigatori, l'opera di ricostruzione organica delle sue articolazioni; e che tale sottovalutazione possa essere attribuita a mera insipienza, appare fortemente opinabile nell'ambito della generale valutazione di cui la Commissioe è investita.
Che il fenomeno fosse irragionevolmente sottovalutato sia in sede investigativa che in sede giudiziaria è comunque un dato di fatto, tragicamente testimoniato dagli atti. L'uccisione del giudice Mario Amato, nel 980, lungi dal costituire l'esordio della strategia omicida della destra eversiva, si inserisce in una catena di uccisioni già eloquentemente lunga, ma colpevolmente ignorata come fenomeno complessivo. Valga ad esemplificare questa gravissima situazione quanto Amato, dieci giorni prima di essere ucciso, riferì lucidamente al CSM: "Per fare un quadro generale della situazione devo dire che mi sono trovato a dover svolgere indagini in un ambiente molto difficile, e cioè quello della destra romana. Si tratta di un ambiente che ha legami e diramazioni dappertutto. Specialmente per il fatto che ero il solo a svolgere detta attività, mi sono trovato più volte esposto ad attacchi della stampa o dei legali legati a certi ambienti. Costoro hanno cercato più
; volte di mettermi in cattiva luce e di indicarmi come persona faziosa, che non sa fare il proprio lavoro e cose del genere... Proprio per tali motivi io ho più volte insistito per essere affiancato da altri colleghi. Detto affiancamento, infatti oltre ad aiutarmi dal punto di vista della mole di lavoro da svolgere, avrebbe consentito di spersonalizzare i processi di cui mi dovevo occupare. Soprattutto ciò avrebbe consentito di dire che c'era un uffico che precedeva composto di persone che pur pensandola politicamente in modo diverso conducevano congiuntamente le indagini loro demandate. La realtà è che fino a circa tre mesi fa o al massimo all'inizio di quest'anno non c'è stata alcuna risposta alle mie reiterate richieste di ottenere un aiuto... Posso dire che la mia situazione è cambiata negli ultimi tempi solo perché io ho opposto un rifiuto a ricevere altri fascicoli del genere di cui ho parlato fin ora... Sui miei rapporti con la polizia giudiziaria posso
dire che mi sono trovato in una certa difficoltà perché, in questo momento, tutte le forze di polizia sono rivolte verso la sinistra, e secondo me anche giustamente visto che la sinistra ha mostrato una pericolosità particolarmente grave. Da parte dei carabinieri però, sempre secondo me, c'è stato un certo disinteresse per le indagini da me condotte, che mi ha provocato delle difficoltà perché ho visto che non hanno avuto seguito e non hanno dato il personale necessario... Più volte ho segnalato al capo tale scarsa efficienza".
Il riferimento del dottor Amato all'ostilità incontrata sviluppando le indagini e alle resistenze opposte dai carabinieri, dallo stesso ambiente giudiziario, dalla stampa, è espresso in modo molto dimesso, ma i fatti hanno dimostrato che egli metteva a fuoco un problema centrale. Sta di fatto che gli estremisti di destra, che per estrazione sociale provenivano per lo più da un ambiente borghese che forniva un quadro rassicurante delle possibili prospettive di recupero, hanno goduto, almeno fino a quando non si è trattato di giudicare i fatti di sangue più efferati, di un trattamento spesso indulgente, a volte addirittura compiacente.
La Commissione ritiene di dover dare qui sommariamente conto del panorama delle formazioni eversive di destra operative nella seconda metà degli anni '70; le dinamiche interne a quei gruppi e le loro accertate responsabilità rendono politicamente ancora più grave l'atteggiamento di sottovalutazione del fenomeno sopra segnalato.
1. A metà degli anni '70 fu data vita al F.U.L.A.S. (Fronte Unitario Lotta al Sistema), sigla con la quale verranno rivendicati numerosi attentati a Roma e in Sicilia consumati nei primi mesi del 1975. Il F.U.L.A.S. si costituì per l'esigenza di far uscire gli ordinovisti dalla difficile situazione successiva allo scioglimento della formazione, che determinò l'allontanamento di alcuni dei militanti, la scelta della latitanza all'estero di altri (fra cui numerosi dei quadri dirigenti), la radicalizzazione della posizione di molti; ma emergava anche la volontà di aggregare quest'area intorno a nuovi temi. Risale a questo periodo infatti, da un lato, l'esperienza, definita "giustizialista", ispirata cioè all'Argentina di Peron e alimentata dal tentativo di stringere rapporti con ambienti politico-militari argentini; dall'altro lato, comincia a farsi strada la ricerca di un terreno comune a tutte le esperienze rivoluzionarie. La sigla stessa del movimento non r
ende immediatamente identificabile la matrice ideologica di destra, ma chiarissima la scelta dello scontro diretto con i poteri dello Stato che ormai è maturata anche nell'area ordinovista (201).
L'esperienza del F.U.L.A.S. rappresenta probabilmente una fase di transizione complessa che porta una parte degli ordinovisti a percorrere la strada della diretta contrapposizione ai poteri dello Stato.
2. Come si è visto, il pim articolato tentativo di risposta allo scioglimento di O.N. era stato lo sforzo di riunificazione tra O.N. e A.N. Già nelle prospettive poste alla base del progetto di riunificazione è possibile cogliere lo spostamento dell'eversione di destra verso un'ottica antiistituzionale. L'omicidio del giudice Occorsio del 10 luglio del 1976 (con il quale veniva eliminato un pericolosissimo antagonista che aveva prima rappresentato l'accusa nel processo del 1973 contro O.N. e che continuava a svolgere accertamenti nella stessa area, ma anche compiuto un gesto fortemente simbolico di attacco alle istituzioni) veniva infatti rivendicato con un volantino che proclamava in modo evidente il nuovo credo dell'eversione: "La giustizia borghese si ferma all'ergastolo, la giustizia rivoluzionaria va oltre. Il tribunale speciale del M.P.O.N. ha giudicato Vottorio Occorsio e lo ha ritenuto colpevole di avere, per opportunismo carrieristico, servito la dittatura democratic
a perseguitando i militari di Ordine Nuovo e le idee di cui essi sono portatori". La scelta dell'obiettivo e lo stile stesso della rivendicazione segnano l'innalzamento della linea dello scontro e sanciscono il cambio di strategia. D'altro canto il significato semantico della "disarticolazione delle cinghie di trasmissione del potere" quale passaggio obbligato per la presa del potere è equivalente all' "attacco al cuore dello Stato" che costituiva la parola d'ordine delle Brigate Rosse, anche se le radici di tali posizioni vanno ricercate all'interno dell'elaborazione ideologica della destra.
Subito dopo lo scioglimento, l'ambiente di Ordine Nuovo si era ricostituito intorno a circoli culturali con diversa denominazione con la previsione dell'articolazione in un doppio livello, un settore palese ed uno militare clandestino. Il principale di tali circoli è, come è noto, il Drieu La Rochelle di Tivoli. Anche tale circolo era strutturato su due livelli, uno politico e l'altro operativo, livello al quale si svolgevano attività preparatorie allo lotta armata (202). In tale contesto debbono collocarsi i campi paramilitari organizzati, secondo una tradizione già radicata nel Movimento Politico Ordine Nuovo prima del 1973, per assicurare la formazione fisica dei militanti, ma anche la loro preparazione psicologica, così da temprare il "soldato politico", figura ideale e al tempo stesso massima realizzazione del militante.
Nel luglio del 1976, contemporaneamente all'innalzamento del livello dello scontro con le istituzioni determinato dall'omicidio Occorsio, eseguito materialmente da Concutelli e Ferro, si eleva anche il livello dell'attività parallela; il 23 dello stesso mese, infatti, nel corso di una rapina destinata al procacciamento di armi in una villa nella zona di Tivoli, viene ucciso a colpi di arma da fuoco il genero del proprietario, Adelmo Pacifici, mentre il 26 luglio una rapina ai danni dell'ufficio cassa del Ministero del lavoro frutta ben 460 milioni di lire.
I fenomeni di aggregazione della destra eversiva successivi allo scioglimento di Ordine Nuovo condussero ad una vera e propria frenesia di attivismo. Incontri, azioni ed iniziative, spesso sovrapposte ed intersecantisi, poteva moltiplicarsi agevolmente grazie al clima di quasi impunità in cui era in grado di operare la destra eversiva per il disinteresse o l'incapacità di intervento degli apparati pubblici. Se ciò può apparire in contraddizione con le azioni repressive che portarono allo scioglimento di O.N. e A.N., va detto che gli atteggiamenti dello Stato nei confronti delle formazioni della destra eversiva furono nel complesso contraddittori. In ogni modo, a parte lo scioglimento dei due gruppi sopra ricordati, le misure in concreto adottate a carico dei loro membri furono piuttosto lievi. In alcuni casi è difficile ignorare le prove di vere e proprie connivenze degli apparati dello Stato con i gruppi eversivi (203).
Sul piano organizzativo tali tentativi di aggregazione dettero luogo, tra l'altro, alla comparsa di un gruppo denominato Ordine Nero, che raccolse i militanti delle formazioni storiche e di organizzazioni minori e sulla cui esistenza, fuori dell'ambiente, per lungo tempo non vi fu certezza. Il nucleo originario, dove poteva contare su uno zoccolo duro di "evoliai" e di veterani di O.N. e A.N. Si appur: poi che il gruppo era articolato in almeno sette unità territoriali, fra cui la più attiva era probabilmente quella toscana, resasi responsabile di numerosi attentati a linee ferroviarie. Nel complesso a O.N. fu attribuita la responsabilità di circa 45 attentati. Quest'ultima formazione registrò la confluenza di gruppi minori (come le Squadre di Azione Mussolini), e la Fenice di Milano che - secondo recenti indagini - sarebbe stata la filiale milanese di O.N. in stretti rapporti con il gruppo veneto e veronese in particolare. Vi erano poi legami operativi molto stretti con
il Movimento di Azione Rivoluzionaria, legami così stretti che anche alcuni militanti consideravano Ordine Nero una sorta di braccio armato del MAR.
3. Contemporanea all'esperienza del circolo tiburtino Drieu la Rochelle è quella del movimento Lotta popolare e di "Radio contro", che di quel movimento avrebbe dovuto costituire la voce. Il movimento - la cui esperienza si snoda in pochi mesi, tra il 1975 e il 1976 - era nato come gruppo di base all'interno delle sezioni del MSI del quatriere Prenestino, in Roma, dopo l'uccisione nei pressi della sezione, del giovane missino Mario Zicchieri avvenuta il 29 ottobre del 1975, e aveva conquistato abbastanza rapidamente doverse altre sezioni del partito a Roma e una certa diffusione, anche se limitata, nel resto di Italia (in Sicilia e in Liguria). Le riunioni e la diffusione di manifesti che sostenevano la linea dura di Lotta popolare, portarono da una parte alla espulsione dal partito degli aderenti e al deferimento al comitato centrale di Signorelli e del prof. Guida, che ne erano i principali animatori, e quindi allo spostamento della sede nei locali di via Castelfidardo, che divenne
un luogo di incontro per tutto l'ambiente.
L'irrisolto rapporto tra la base giovanile più oltranzista e il MSI troverà un suo punto di rottura solo molto dopo. Nel 1978, il 7 gennaio, nei disordini seguti immediatamente dopo l'uccisione nei pressi della sezione missina di Acca Larentia dei giovani Antonio Ciavatta e Stefano Bigonzetti, perse la vita un altro ragazzo, Stefano Recchioni, raggiunto da un colpo esploso da un ufficiale dell'arma. Il rifiuto da parte dei quadri del MSI di prendere posizione su tale episodio suscitò, secondo quanto da loro stessi riferito, il disprezzo di Fioravanti e della Mambro, presenti sul posto; cionondimeno un anno dopo, il 10 gennaio, nelle manifestazioni organizzate per l'anniversario di quei fatti, che provocarono un altro morto, Alberto Giaquinto, la federazione del MSI si attivò nella mobilitazione dei ragazzi del F.U.A.N., che rimprovereranno poi al partito di essere stati lasciati allo sbaraglio. Solo dopo tale episodio la rottura può dirsi definitiva.
Lotta popolare si caratterizzava come movimento volto a coagulare le insofferenze della base e, pur non costituendo formalmete una articolazione di O.N., denunciava fortemente la matrice ordinovista della sua impostazione sia nella linea che nei quadri.
Nell'ottica della ricostruzione delle dinamiche complessive della destra eversiva di quegli anni giova mettere in luce che, anche secondo la prospettazione di Signorelli, Lotta Popolare si muoveva (come osservò il pm nella requisitoria del procedimento relativo alla ricostituzione di Ordine Nuovo) lungo tre direttrici fondamentali: canalizzare e aggregare i settori giovanili più altranzisti del mondo missino, fortemente critici dell'atteggiamento morbido del partito; rivolgere un'attenzione più marcata al sociale rispetto a tesi più propriamente politiche; proporre temi populisti in funzione antiborghese e con l'intento di sollecitare le spinte ribellistiche specie degli strati sociali territorialmente "ghettizzati"; superare i particolarismi ideologici, con conseguente rifiuto di strutture rigidamente organizzate; creare, infine, poli di dibattito intesi a ricongiungere elementi rivoluzionari di diversa estrazione.
4. Dalla necessità di rivedere l'assetto organizzativo delle strutture ex-ordinoviste attraverso una più marcata accentuazione delle caratteristiche di clandestinità, nasce l'esperienza dei G.A.O., Gruppi di Azione Ordinovista, che nell'intenzione degli organizzatori costituiscono l'articolazione militare di O.N. sotto il controllo di Concutelli, e sono destinati a raccogliere non solo i quadri romani di O.N., ma anche quelli toscani e perugini, e quelli Veneti che gravitavano attorno a Fachini e Raho, in strutture operative fortemente militarizzate e composte da nuclei di tre persone caratterizzati da una "ferrea compartimentazione".
Sul piano operativo i G.A.O. avrebbero dovuto compiere sia attacchi di tipo terroristico, (come un attentato ai danni del dottor Emilio Santillo, che aveva assunto la direzione del Servizio di Sicurezza del Ministero dell'Interno o all'allora sostituto procuratore della Repubblica di Firenze, dottor Pierluigi Vigna) sia azioni puramente propagandistiche, quale il blocco di mezzi pubblici per effettuare volantinaggi e assalti alle emittenti private, che azioni violente, ma con finalità dimostrative e non stragiste, come il progettato attentato con esplosivo all'aula del Foro Italico nella quale si doveva celebrare il processo a molti appartenenti ad O.N.
Sul piano logistico i G.A.O. disponevano di basi (come l'appartamento all'Aquila e quello di via dei Foraggi in Roma) e di una notevole quantità di armi e di esplosivi, che i militanti andavano procurandosi con una "attività frenetica".
L'arresto di Concutelli nella base di via dei Foraggi, il 15 febbario del 1977, segna la fine anche della esperienza dei G.A.O. e, con il rinvenimento di armi, esplosivo e materiale documentale, fornisce indicazioni significative del livello di operatività raggiunto. Ma in via dei Foraggi viene arrestato, con Concutelli, anche Renato Vallanzasca, che, ferito in uno scontro a fuoco a Dalmine, si era rifugiato in quell'appartamento accelerando così i tempi della non sporadica alleanza che la sua banda aveva stretto con il gruppo di Concutelli.
Si mette in luce così un altro tratto distintivo dell'estremismo di destra, che è quello dello stabile contatto con la criminalità comune, anche al di là della gestione contingente di situazioni di latitanza o di illegalità ovvero della scelta occasionale di valori di vita da parte di chi aveva operato in quei settori. L'esaltazione della superiorità dell'individuo e della disuguaglianza come valore in sé, unita al disprezzo dell'altro e della vita stessa, che costituisce la valenza ideologica sottesa alla visione della realtà di tutto l'estremismo di destra, non appaiono estranei al sistema di valori dei leader e degli appartenenti alle organizzazioni della criminalità comune, specie romana. Ma nei rapporti tra estremismo di destra e delinquenza organizzata vi è, come si vedrà esaminando i collegamenti con la banda della Magliana, qualcosa di più e di diverso di una semplice sintonia culturale.
5. Come si vede dunque le dinamiche di aggregazione interne alla destra eversiva, perduti i riferimenti di A.N. e O.N. legali, si muovono per tentativi e attraverso la costituzione di poli di attrazione che accentuano ora l'una ora l'altra delle componenti del bagaglio ideologico proprio di quest'area. Le stesse persone passano dall'una all'altra o vivono esperienze di doppia militanza, e se i referenti ideologici, i padri riconosciuti, si identificano sempre nelle stesse figure (Signorelli, Delle Chiaie, Pugliese, Fachini, Freda) cominciano ad emergere nuove leve che, per lo stesso dato generazionale, per i processi formativi, per il clima in cui maturano l'opzione eversiva, comincoano a delinearsi in modo autonomo e insofferente verso gli schemi consolidati.
Il più significativo di tali tentativi è quello che si articola intorno a "Costruiamo l'azione", testata giornalisticamente e al tempo stesso movimento politico. Del giornale uscirono sei numeri pubblicati, tra la fine del 1977 e la primavera del 1979, su iniziativa di alcuni esponenti storici come Signorelli, Semerari, Fabio de Felice, Dantini, Fachini, Incardona, e quadri più giovani, come Calore, o giovanissimi come Aleandri. La linea del giornale risente delle varie componenti che contribuivano ad animarlo. Calore ha parlato delle "tre anime" di Costruiamo l'Azione: una che fa capo a De Felice, più legata alle tematiche ordinoviste classiche; una seconda, riconducibile a Signorelli e Fachini, che tendeva a prestare maggiore attenzione ai fermenti giovanili; e infine una terza, che finirà poi per prevalere, che Calore riconduce a sé ed Aleandri, che tendeva al disconoscimento totale di qualsiasi ideologia fascista, anzi di qualsiasi ideologia t
out court, per rivolgersi ad un "ambiente non vincolato ai limiti della destra". Qualcosa di diverso perciò dal "superamento degli steccati ideologici" propugnato da Signorelli quale obiettivo di Lotta popolare, anche se poi di fatto la forza aggregativa di Costruiamo l'azione rimase sostanzialmente interna all'ambiente di destra.
La componente ordinovista è dominante nell'esperienza di Costruiamo l'Azione, ma notevole e riuscito fu lo sforzo di diffusione anche verso altri ambienti. Sia nei fogli d'ordine che nel giornale, infatti, l'esperienza dell'autonomia operaia viene considerata con attenzione: "nessuno dei nostri dovrà mai attaccare né aggredire gli autonomi, né però dovrà essere loro consentito il contrario. A lungo termine, bisogna realizzare una profonda revisione di tutte le posizioni ideologizzate, fino a ricongiungersi con una nuova visione della vita in un solo popolo che lotta" e altrove "non lasciarti coinvolgere nel gioco mortale degli opposti estremismi... Organizzare ovunque è possibile nuclei rivoluzionari di lotta al sistema". Tuttavia, sul piano politico, il tentativo di convergenza non arrivò mai ad un reale coinvolgimento della sinistra.
L'esperienza di Costruiamo l'Azione finì con il 1979 per una serie di ragioni convergenti: in primo luogo l'arresto di Calore e De Felice privò il gruppo di due delle menti pensanti, mentre il tentativo di aggregare aree dell'autonomia fu visto con diffidenza e rifiutato, almeno sul terreno politico. Sul piano operativo, poi, l'innalzamento del livello dell'attacco, segnato dalla campagna di attentati della primavera del 1979 siglata dal MPR, vero braccio armato di Costruiamo l'Azione, determinò l'allontanamento di alcuni aderenti, mentre sul piano personale vi fu il definitvo deterioramento dei rapporti tra Calore e Aleandri, da un lato, la linea politica dei quali era sostanzialmente prevalsa, e il resto del gruppo, dall'altro. Aleandri e Calore attribuiscono tale rottura alla progressiva maturazione della consapevolezza della compromissione degli altri in disegni poco limpidi e strumentali ad interessi politici estranei, ed anzi confliggenti, con quelli della destra rivoluzionaria. Co
ntatti con la massoneria e scambi di favori con esponenti politici costituivano il contenuto di tale contaminazione.
6. Gli attentati commessi nella primavera del '79 e rivendicati con la sigla Movimento Rivoluzionario Popolare (M.R.P.) ed il logo del mitra e della vanga incrociati sono ideologicamente e politicamente riconducibili all'area di Costruiamo l'azione sia per il diretto coinvolgimento nell'esperimento di aggregazione operato dal giornale, sia per la perfetta coincidenza tra la linea da esso sostenuta e la scelta degli obiettivi.
La campagna del 1979 fu preceduta, secondo quanto Calore ha riferito in corte d'Assise a Bologna, da una campagna preparatoria, volta a verificare la disponibilità dell'ambiente a recepire la mutata strategia, ora diretta a colpire in modo frontale i simboli del potere statale. La campagna del 1979 segna un momento estremamente intenso dal punto di vista operativo, e significativo da quello dei contenuti: il 20 aprile una carica esplosiva viene fatta deflagrare alla base del portone della sala consiliare del Campidogli: il 15 maggio 55 chili di esplosivo esplodono nei pressi del carcere di Regina Coeli; il 20 maggio si verifica l'episodio potenzialmente più grave, con la collocazione di un'auto imbottita di esplosivo nei pressi del CSM, mentre il 4 maggio un'altra carica di esplosivo deflagra nei pressi del Ministero degli Esteri. Un attentato da compiere in Piazza S. Pietro rientrò all'ultimo minuto per la impossibilità tecnica di darvi esecuzione senza pericolo di essere cattura
ti.
In tale quadro rimane non chiarito il reale significato del fallito attentato al Consiglio Superiore della Magistratura. La versione data da Iannilli secondo il quale l'esplosione fu volutamente evitata appare del tutto inattendibile sia per le risultanze peritali, che portarono ad escludere l'inserimenti del diaframma di cartone, sia per la sproporzione tra un'intenzione puramente dimostrativa e la quantità dell'esplosivo impiegato, sia per la possibilità di risalire facilmente dal ritrovamento dell'auto ai possibili autori. Nella probabilità che l'esplosione sia stata evitata per un fatto accidentale o per un contrordine dell'ultimo minuto, resta da capire da chi siano partiti l'idea ovvero l'ordine di predisporre l'esplosione per un'ora diversa da quella originariamente prevista e attraverso quali canali sia potuto rimanere vivo all'interno dell'area movimentista un filone stragista.
7. Se Costruiamo l'Azione ed il M.R.P. si muovono dunque sul crinale che dal movimento si orienta verso lo spontaneismo, senza abbandonare suggestioni stragiste, il salto più radicale nella direzione spontaneista matura attraverso le esperienze in parte cronologicamente coincidenti del FUAN-NAR, già vigorosamente in attività dal 1977, e di Terza Posizione che prende corpo come gruppo e come testata all'inizio del 1979, ma con il cui simbolo già nel 1978 vengono rivendicati attentati.
Anche Terza posizione, i cui leader, fino alla rottura con gli appartenenti al nucleo operativo, sono Roberto Fiore ed Adinolfi, è al tempo stesso una testata ed un movimento, e, all'interno del movimento, include una struttura, il nucleo operativo, destinato esclusivamente alle attività "militari" per l'azione o per l'autofinanziamento.
L'ipotesi accusatoria sostenuta dalla Procura di Roma (che dopo l'omicidio Amato concentrò gli sforzi alla ricerca dei responsabili e mise a fuoco in pochi mesi la struttura di T.P.) tendeva a dimostrare l'intrinseca unitarietà di tutta la struttura di T.P., che solo nel giornale avrebbe avuto la sua faccia legale.
Dalla originaria collocazione negli ambienti studenteschi Terza Posizione prese a reclutare militanti soprattutto tra i giovanissimi, mentre l'ispirazione tercerista la spingeva a ricercare un radicamento nei quartieri periferici. L'ispirazione iniziale del movimento era infatti riconducibile ad una serie di temi tradizionali della destra radicale e l'idea di una rivoluzione popolare assegnava contemporaneamente al militante una funzione essenziale come "motore" della rivoluzione ed un ruolo mitico e religioso di guida. La tradizionale contrapposizione tra il marxismo e lo stato borghese veniva rifiutata in nome di una "terza posizione" (di evocazione peronista), il ribellismo delle fasce emarginate doveva essere raccolto e incanalato per organizzarne la protesta, trasformando così i ribelli in "popolo". Il movimento rivoluzionario fonda la sua posizione su quattro punti: la tradizione, intesa come riconquista dell'identità e delle vere concezioni della stirpe medi
terranea attraverso la quale creare una effettiva unità di popolo organica e rivoluzionaria, l'indipendenza nazionale, l'antimperialismo e la militanza.
Al di là delle petizioni di principio, il bagaglio culturale di TP è piuttosto schematico e i valori della tradizione, dell'antiegalitarismo, l'idea che "il movimento e l'azione esprimono naturali gerarchie" esaltano la centralità del momento operativo, la valorizzazione del guerriero e soprattutto del capo come incarnazione de "l'uomo nuovo" che dovrà sorgere dalle ceneri della rivoluzione, intesa come disintegrazione del sistema.
La caratteristica infatti di Terza Posizione è quella di combinare insieme il massimo di esaltazione dell'obbedienza con il massimo di esaltazione dell'azione individuale: nel documento "Posizione teorica per un'azione legionaria" si legge, tra l'altro: "Tenere presente sempre, in ogni istante, che le gerarchie nascono sul campo e non a tavolino, che un ordine è una cosa seria e non un moto di presunzione. Che obbedire a un ordine dato da un capo squalificato è disonorevole e disdicevole per chiunque. Credere nella gerachia, degli uomini e dei valori, è cosa troppo seria ed importante per dare via ad una scimmiottatura del concetto. Meglio l'anarchismo di destra - secondo l'indicazione evoliana di cavalcare la tigre, in cui ognuno lotta per se stesso, per qualificarsi esistenzialmente - che scimmiottare il fascismo o il nazionalsocialismo senza capi degni di questo nome... L'azione non ha da essere né lecita né illecita, semplicemente queste sono categ
orie a noi estranee dalle quali occorre prescindere. L'azione ha da essere giusta, ha da essere qualificante e trascinante..." Terza posizione, in qualche modo, sembra evocare demoni che poi non riesce a controllare, da una parte sollecitando il ribellismo movimentista e spontaneista, dall'altra cercando di irregimentarlo in strutture verticistiche e paramilitari. L'arresto del leader carismatico Dimitri e del capo militare, Nistri, sorpresi nel covo di via Alessandria con un notevole armamento nel dicembre del 1979, determinò una situazione di crisi fortissima. Il nucleo operativo acquistò una vera e propria autonomia e si orientò su una linea ormai decisamente spontaneista. Nell'estate del 1980 la separazione si farà definitiva con il distacco da TP del nucleo operativo e la fusione di quest'ultimo con il gruppo di Fioravanti. Si comprende allora la fluidità del confine tra TP e NAR, e come il Fioravanti, pur rifiutando di assumere un ruolo riconosciuto all'interno di
TP, ne costituisca una figura di riferimento; così pure si spiega il passaggio di Giorgio Vale, da successore di Nistri nel comando del nucleo operativo, a inseparabile sodale di Fioravanti e Mambro. Infine si comprende anche la partecipazione di militanti dei NAR ai delitti più gravi attribuiti a Terza posizione: l'omicidio dell'agente Arnesano del 6 febbraio del 1980, commesso da Giorgio Vale e Valerio Fioravanti, e l'omicidio dell'agente Evangelista, avanti al liceo Giulio Cesare, nel quartiere Trieste, "territorio" di TP, il 28 maggio successivo.
8. Della perdurante vitalità di Avanguardia Nazionale, anche dopo il fallimento del progetto di riunificazione, sono state acquisite prove da più fonti processuali. Caratteristica di questa fase risulta essere la ricerca di alleanze con i gruppi in quella fase attivi che consentano ad A.N. di recuperare l'egemonia che andava perdendo. L'egemonia che però ormai interessa ad Avanguardia Nazionale non mira più ad una ricerca generalizzata di consenso, perché sono ormai sfumate le speranze di un pronunciamento istituzionale in senso autoritario, e non è più importante assicurarsi un'ampia platea per le proprie posizioni, quanto piuttosto un ruolo tutto interno all'area che ha già compiuto la scelta rivoluzionaria e della quale si vorrebbe prendere il controllo. Questo spiega perché l'avanguardia rivoluzionaria ricostruita non si ponga il problema classico del doppio livello e si muova tutta internamente all'area clandestina, tendendo ad utiliz
zare Terza Posizione come vivaio da cui attingere i quadri. La stessa rivista cui gli avanguardisti fanno riferimento non affronta più i temi cari alla tradizione di A.N. che, nella opposizione alla divisione internazionale tra i due grandi blocchi, esaltava nei regimi autoritari del sud America un invidiabile modello alternativo.
Il disegno agemonico di A.N. si mostrerà in gran parte velleitario soprattutto per il rifiuto, opposto dalla componente spontaneista, ad entrare in una qualunque struttura nella quale dovessero riconoscere gerarchie ed ottenere autorizzazioni per operare, rifiuto sul quale pesò non poco la diffusa convinzione delle compromissioni istituzionali di Avanguardia Nazionale. Il passaggio del nucleo operativo di TP nell'area dello spontaneismo puro sancisce il fallimento del progetto, fallimento del quale gli stessi avanguardisti finirono per prendere atto all'inizio del 1981. Ciò non toglie che l'obiettivo fu perseguito con determinazione ed operò in un momento di estrema fluidità della situazione. D'altro canto gli atti processuali dimostrano una intensa attività di avvicinamento alle figure di maggior spicco dello spontaneismo per il raggiungimento quanto meno di accordi operativi. Ne deriva un fitto intreccio di connessioni e di rapporti tra A.N., T.P., F.U.A.N. e N.A.R
., intreccio testimoniato dalla contemporanea militaza di molti leaders in più di una delle formazioni citate.
Su tali doppie o tripli militanze si faceva eva per determinare aree egemoniche non coincidenti con le formazioni stesse. La condanna di Dimitri quale promotore di Terza posizione, ma non per i reati specifici attribuiti alla formazione; per i fatti specifici riconducibili alla Fuan-Nar, ma non per il relativo reato associativo; per la ricostituzione di A.N. nel periodo tra il settembre ed il dicembre del 1979, dimostrano sia la strettezza delle connessioni sia la difficoltà di individuare confini precisi. Vale la pena di notare come tale difficoltà gli interessati abbiano costantemente tratto vantaggio sul piano processuale. La Corte di Assise che in primo grado ha giudicato Delle Chiaie, Tilgher, Dimitri e gli altri per la ricostituzione di A.N., ad esempio, ha operato doverose distinzioni che l'hanno portata a sottrarre al quadro delle responsabilità individuali aspetti che invece sul terreno della valutazione complessiva della fattispecie riacquistano il loro pieno valore. Ai fini di
tale valutazione complessiva infatti non rileva tanto l'attribuibilità certa ad un gruppo invece che ad un altro della commissione di un determinato reato, quanto proprio il dato opposto, cioè la contemporanea presenza di rappresentanti delle diverse formazioni nella commissione dei medesimi fatti e rileva che di tale frastagliato atteggiarsi A.N. faccia parte a proprio pieno titolo.
9. La sigla che ha firmato o cui sono riconducibili i fatti di violenza più eclatanti e i fatti di sangue più gravi tra il 1978 ed il 1981 è quella dei NAR, Nuclei Armati Rivoluzionari, che sottende una realtà di non facile comprensione e si inserisce in un orizzonte volutamente mutabile e in movimento. Tale sigla infatti venne dapprincipio utilizzata dal gruppo formato dai fratelli Fioravanti, Alessandro Alibrandi e Franco Anselmi che si era andato strutturando in un processo di aggragazione per gruppi operanti nei quartieri e attivi in pestaggi e scontri fisici con oppositori politici, ma che già dal suo nascere non intendeva caratterizzarsi come una specifica formazione politica, quanto piuttosto mettere a disposizione di tutta l'area della destra una sorta di parola d'ordine con cui attestare, attraverso i fatti, la condivisione del progetto complessivo. Come si vede l'idea coincide con le quasi contemporanee prese di posizione di Costruiamo l'azione, e la convin
zione radicata in Fioravanti e negli altri a lui vicini della superfluità delle parole e della forza rivoluzionaria dell'esempio. Valerio Fioravanti spiegherà il significato della sigla in questi termini: "la sigla NAR è stata usata da molti anni, inizialmente per semplici attentati di danneggiamento, e stava ad indicare soltanto la matrice fascista. Tale sigla peraltro non si riferisce ad una organizzazione stabile e strutturata; bensì soltanto alla matrice degli attentati. Se viera il rischio che persone etranee o anche persone della destra facessero azioni sbagliate e controproducenti, esso era compensato dal vantaggio che tale organizzazione sembrasse realmente esistente e attiva per più lunghi periodi di tempo". Tale elasticità è indicativa di un atteggiamento del gruppo NAR che rimane tuttavia sufficientemente individuabile come tale per la stabilità della sua formazione, dell'armamento e la consequenzialità dei comportamenti tenut
i ed anzi finisce per essere un modo caratteristico di essere della formazione invece che la negazione della sua esistenza come struttura. Nella evoluzione del gruppo originario è essenziale il passaggio, risalente alla fine del 1978, nel gruppo romano F.U.A.N. (Fronte Universitario Azione Nazionale). In questa fase nella sede di via Siena ove vengono pianificate alcune delle azioni più significative (rapina OMNIA-SPORT, disordini in occasione dell'anniversario dei fatti di via Acca Larentia in cui troverà la morte Alberto Giaquinto, assalto a Radio Città Futura) e quello è il punto di incontro di un'area abbastanza variegata che riconosce in Valerio Fioravanti la figura carismatica dal punto di vista operativo ed in Dario Pedretti il leader politico. La celebrazione dei propri eroi e l'annientamento dell'avversario politico esauriscono in pratica l'orizzonte strategico delle loro azioni (204).
Le modalità esecutive dell'attentato a Radio Città Futura rendono poco plausibile tale lettura dei fatti, e certamente all'epoca essi furono diversamente interpretati non solo nell'area della sinistra, ma anche in quella della destra determinando una reazione sprezzante da parte dell'ambiente ordinovista di Costruiamo l'azione e poi dell'ambiente carcerario che faceva capo al periodico Quex che assunse una posizione fortemente critica nei confronti del velleitarismo di certe iniziative (205).
All'autofinanziamento furono invece dirette numerose rapine prima presso negozi di filatelia poi agenzie ippiche e banche, rapine che frutteranno una disponibilità economica assai superiore a quella necessaria alla vita dell'organizzazione e connotarono di un tratto di elinquenza ordinaria sia la condotta ed il tenore di vita degli autori, sia l'ambiente criminale in cui gli stessi si muovevano. L'organizzazione e l'esecuzione di molti dei colpi avvicinò stabilmente - e per alcuni irreversibilmente - i ragazzi dei NAR alla criminalità organizzata del gruppo che successivamente verrà indicato (sinteticamente e in parte impropriamente) come Banda della Magliana, attraverso lo stretto legame dei fratelli Fioravanti e di Alibrandi con personaggi come Massimo Sparti, e di Massimo Carminati e dello stesso Fioravanti con Franco Giuseppucci e Danilo Abbruciati. Tali legami verranno a cementarsi, oltre che con la pianificazione e attuazione di rapine (come presso le filatelie o alla Chase
Manhattan Bank), attraverso le attività di reinvestimento dei proventi delle rapine (per lo più attraverso il prestito usuraio) che gli estremisti affideranno alla banda, per conto della quale eseguivano attività di intimidazione e di vero e proprio killeraggio. Il consolidarsi di tali rapporti segnerà fortemente il profilo puramente criminale di alcuni dei protagonisti, tanto da determinare in un personaggio come Valerio Fioravanti una situazione di incertezza e disorientamento dopo la fine del periodo di detenzione che lo tenne lontano dal gruppo dal giugno all'ottobre del 1979.
10. Il profilo dei rapporti in ambito segnatamente romano tra rappresentanti dello spontaneismo armato e appartenenti al crimine organizzato merita un approfondimento ulteriore, già possibile allo stato (probante) delle acquisizioni attuali, ma che indubbiamente potrà raggiungere in futuro più ampi approdi cognitivi.
Giova sul punto premettere ce fenomeno analogo - e anche esso non compiutamente chiarito - ha riguardato, con carattere di sostanziale contemporaneità, le Brigate Rosse nella fase finale della loro esperienza (con specifico riferimento all'area movimentista guidata da Senzani) e la criminalità organizzata campana (che fu attiva nelle opache vicende riguardanti il sequestro Cirillo) in ambigui rapporti anche con settori istituzionali e servizi di sicurezza.
Per ciò che attiene allo spontaneismo armato, invece, si è già ricordato che il rapporto si stabilì soprattutto con il gruppo romano che viene, con qualche improprietà, definito banda della Magliana.
Quest'ultima fu, infatti, una formazione criminale che nacque nella seconda metà degli anni '70 dalla fusione di diverse componenti che - dedite fino ad allora a ricettazione, furto, rapine e anche all'usura - non avevano un controllo del territorio, soprattutto per quanto riguardava il traffico degli stupefacenti. Trattavasi di gruppi più o meno geograficamente identificabili su Roma.
Vi era un gruppo che ruotava intorno al Testaccio, facente capo a De Pedis e a Giuseppucci, e di cui successivamente diventerà leader Abbruciati; un altro gruppo, collocato geograficamente alla Magliana, era il gruppo di Abbatino e Sicilia. Un altro gruppo ancora era quello di Acilia ed Osta che faceva capo ad Urbani ed attraverso il quale si sarebbero stabiliti contatti con il clan di De Stefano e Santapaola ed i primi collegamenti con i gruppi siciliani.
Questi gruppi operano in modo autonomo tra loro, a volte collegato, a volte semplicemente contiguo, ed intorno alla figura di Franco Giuseppucci essi confluiranno in una vera e propria banda, preceduta dalla costituzione di "batterie". L'uso gergale di questi riferimenti è significativo, perché quando si afferma che questi gruppi costituiscono una "banda" non si intende un gruppo criminale identificabile come tale, quanto piuttosto l'esistenza e l'obbedienza ad alcune regole interne. Una regola fondamentale era quella di avere rapporti con i detenuti; all'interno dei microcosmi criminali di questo tipo, la vicenda della detenzione, infatti, è un'evenienza non solo probabile, ma sicura. L'adesione alla banda significava l'accettazione della divisione anche con i detenuti del provento dell'attività delittuosa e di altre regole comuni.
All'interno della banda i vari gruppi conservavano una loro identità, sicché le analisi attuali consentono di affermare che i rapporti della destra eversiva si strinsero soprattutto con il gruppo del Testaccio. Esso stabilirà un'altra serie di connessioni, da una parte con un mondo finanziario apparentemente non soltanto lecito ma addirittura di alto livello, e, dall'altra, con settori dei Servizi. E' il canale attraverso cui passavano infatti i contatti, da una parte, con figure ambigue di finanzieri quali Carboni e Ley Ravello, e, dall'altro, con Pazienza e Balducci (quindi con indubbia contiguità con settori dei servizi di informazione).
I contatti di tali ambienti con Pippo Calò, operativo nel periodo in Roma sotto la falsa identità di Mario Aglialoro (e il cui ruolo di "uomo di frontiera" si è già in precedenza rammentato), attestano la sussistenza di rapporti indubbi anche con l'associazione crimiale Cosa Nostra.
Lo stato delle acquisizioni consente quindi di affermare con certezza l'esistenza in Roma, nella seconda metà degli anni '70, di un vero e proprio "crocevia eversivo" in cui confluirono la quasi totalità dei flussi sotterranei che hanno percorso la realtà occulta di un lungo periodo della storia repubblicana.
E' un'opaca "zona grigia" non ancora conoscibile nei dettagli e che probabilmente indagini ancora in corso, come quella sull'omicidio di Roberto Calvi, varranno ulteriormente a chiarire. E tuttavia la sua presenza è chiaramente avvertibile in molte vicende che segnarono in quel periodo la vita nazionale, ivi compreso tra questi l'episodio che alla riflessione della Commissione appare più importante, i cui esiti segnarono profondamente il corso visibile degli eventi nel quindicennio successivo: il sequestro e l'uccisione dell'onorevole Moro.
Alcuni esempi, in una elencazione pur non esaustiva, appaiono illuminanti per fondare in termini di certezza le valutazioni che precedono in ordine all'esistenza e all'importanza della "zona grigia" che si è innanzi sommariamente descritta. Basterà soltanto ricordare:
a) Il ruolo sicuramente avuto nella vicenda Moro dal falsario Chichiarelli, vicino alla banda della Magliana, che deve in termini di certezza essere ritenuto l'autore del falso comunicato del lago della Duchessa; di in un rilevantissimo episodio criminale quale la rapina alla Brink's Securmark; di ambigui ma significativi messaggi che, già all'epoca in cui furono "inviati", collegavano l'affaire Moro all'omicidio Pecorelli e all'episodio della rapina appena ricordata (su tutto ciò si tornerà ampiamente trattando del caso Moro).
b) Le consistenti ipotesi giudiziarie in corso di verifica dibattimentale in ordine all'omicidio Pecorelli.
c) Il ferimento di uno dei vertici del Banco Ambrosiano, dottor Rosone, da parte di Danilo Abbruciati che nell'episodio trova la morte, appena quindici giorni dopo aver riacquistato la libertà e dopo essere stato visitato, nell'ultimo giorno di carcerazione, da uomini dei Servizi. Questi ultimi hanno negato l'episodio, arrivando a subire il carcere, ma hanno poi dovuto ammettere il contatto, una volta posti dinanzi ad una sua evidenza documentale, pur senza spiegarne convincentemente le ragioni.
d) La complessa vicenda del deposito di armi e munizioni in uno scantinato del Ministero della sanità. Tale deposito era gestito dalla banda della Magliana e da esso con certezza provenivano le munizioni utilizzate nell'omicidio Pecorelli ed il fucile mitragliatore MAB prelevatovi da Carminati, utilizzato in un'operazione di depistaggio relativo alle indagini sulla strage di Bologna (materiale fatto rinvenire sul treno Taranto-Torino). Dell'episodio di depistaggio sono stati ritenuti responsabili - con sentenza definitiva - ufficiali del servizio militare di sicurezza (Musumeci e Belmonte).
e) L'ambigua figura dello psicologo Aldo Semerari, esponente ideologo della destra eversiva, largamente attivo in ambienti giudiziari romani per circa un ventennio, vicino alla banda della Magliana, coinvolto nel rapimento Aleandri e in un'operazione di restituzione alla banda della Magliana di armi (tra cui il MAB predetto). Semerari muore decapitato ad opera della camorra campana.
f) Il giudicato di condanna di Pippo Calò per la strage del treno rapido 904.
11. Nella primavera-estate del 1979 il paese affrontò una tornata elettorale estremamente delicata, che porterà - dopo il primo conferimento di incarico, non andato a buon fine, a un politico non democristiano - alla formazione di un primo e di un secondo governo Cossiga in un clima politico lacerato dal recente trauma della vicenda Moro e arroventato dalle polemiche legate alla vicenda Eni-Petromin, intorno alla quale si giocavano plausibilmente le sorti degli equilibri interni al partito socialista. E se non è giustificato un arbitrario accostamento di vicende apparentemente così lontane tra loro, non può dimenticarsi come l'incertezza del clima politico legata alla fase elettorale trovi eco specifica nei volantini di rivendicazione degli attentati MRP e come la stessa vicenda dell'omicidio Pecorelli, del 20 marzo del 1979, sia indicativa di un corto circuito insospettato tra realtà del tutto disomogenee. La mai chiarita decisione di Vinciguerra di costituirs i e le diverse voci processuali che collocano nel 1979 il progetto della strage che solo l'anno dopo verrà portato a compimento, testimoniano di un serrato scontro di posizioni anche all'interno dell'eversione di destra e confermano il suo collocarsi, in quella tornata di tempo, su un crinale dal quale si dipartivano percorsi diversi e tutti ugualmente possibili. Nell'estate dell'anno successivo, dopo la strage di Bologna, tutti i giochi in qualche modo andranno a conclusione e, all'interno dello spontaneismo, la inesorabilità della sconfitta avviterà i protagonisti in un circuito di crescente spietatezza che si rifletterà anche nelle modalità esecutive dei fatti delittuosi, dall'omicidio Mangiameli all'uccisione del capitano Straullo e del suo autista Di Roma. Nel corso di tali processi i NAR continuarono a muoversi - come si è ricordato - non come necleo compatto ma a costituire una sigla cui poteva far riferimento un'area più vasta, ed i singoli fatti delittuosi di volta in volta videro coinvolti anche militanti di altre formazioni. E' nuovamente la labilità dei confini che spiega la necessità di prendere, a volte, in considerazione gli stessi episodi criminosi con riferimento a strutture associative diverse, ovvero spiega il perché della parziale sovrapposizione delle contestazioni associative in vicende processuali diverse. Una spinta formidabile alle varie aggregazioni e disaggregazioni è venuta, di volta in volta, dalla necessità di ricompattamento conseguente all'arresto delle figure di maggior spicco (206). Se tali processi di aggregazione e disaggregazione appaiono coerenti sia con le opzioni ideologiche che con il temperamento dei protagonisti, tuttavia appare difficile dare un giudizio certo e definitivo sulla totale assenza di influenze esterne sulla loro determinazione. Le formazioni terroristiche sembrano aver giocato con le istituzioni una partita a "mosca cieca"; dal canto suo lo Stato ha reagito duramente ma episodicamente, cosicché le formazioni stesse hanno avuto la capacit