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i Fallimenti del sistema liberista

In balia del debito


La riunione del G7 tenutasi dal 15 al 17 giugno a Halifax ha deciso di affidare al Fondo monetario internazionale il compito di individuare le potenziali crisi finanziarie e di raddoppiare le proprie dotazioni per interventi urgenti, portandole a più di 50 miliardi di dollari. Il ruolo del Fmi ne risulta pertanto rafforzato mentre, insieme a quello della Banca mondiale, dovrebbe essere soggetto a maggiori controlli in una fase in cui l'economia mondiale è sempre più "condizionata" dal fenomeno del debito.

di michel chossudovsky*

Chiusure a catena di fabbriche, crescita della disoccupazione, instabilità dei mercati finanziari non hanno modificato la posizione dei dirigenti dei sette paesi più industrializzati riuniti a giugno a Halifax. La diagnosi è confermata e la crisi è superata: "Siamo soddisfatti dalla forte crescita della maggior parte delle economie mondiali. Gli eventi prodottisi in Messico all'inizio dell'anno e le loro ripercussioni ci hanno consentito di delinearci un quadro più preciso della situazione. Ci rallegriamo dei recenti miglioramenti verificatisi in questo paese e dei progressi compiuti da alcune economie emergenti (1)".
Umori simili prevalevano già negli Stati uniti alla fine degli anni 20. L'ortodossia di allora non venne nemmeno sfiorata dall'ipotesi di un disastro finanziario; lo stesso crollo di Wall Street nel 1929 non pose fine a tali rosee previsioni (2).
La crisi odierna non colpisce una regione del mondo in particolare. Il commercio internazionale è integrato, i mercati finanziari sono in collegamento permanente. Di conseguenza si tratta di un fenomeno di accumulazione del debito che "condiziona" l'economia mondiale e strangola le istituzioni nazionali.
Questa crisi è di natura ben più complessa di quella scoppiata nel periodo tra le due guerre, e con ripercussioni molto più gravi tanto sul piano sociale che quello geopolitico.
L'indebitamento esterno dei paesi in via di sviluppo è arrivato a quota 1.900 miliardi di dollari; interi paesi sono destabilizzati dal crollo della moneta nazionale, dalle tensioni sociali, dai conflitti etnici, e dalle guerre civili che ne sono il corollario. Anche nei paesi membri dell'Ocse il debito ha raggiunto cifre da capogiro, superando la vetta di 13.000 miliardi di dollari. E la restituzione del debito lo aggrava ulteriormente, in quanto crea nuovi debiti. Negli Stati uniti il paese che vanta il disavanzo più elevato negli anni dell'amministrazione Reagan e Bush, si è quintuplicato, per attestarsi attualmente a 4.900 miliardi di dollari. La fortissima instabilità del sistema finanziario si colloca in questo contesto; dal fatidico "lunedì nero" del 19 ottobre 1987 è caratterizzata dall'andamento convulso delle Borse, la rovina delle monete nazionali dell'est europeo, e dell'America latina, la caduta verticale dei nuovi mercati finanziari "periferici" (ad esempio il Messico, Bangkok, il Cairo, Bombay), accelerata dai guadagni realizzati e dall'improvvisa scomparsa dei grandi investitori istituzionali. E' l'ora del "disarmo finanziario" Si è venuto così formando un ambiente finanziario diverso rispetto al passato: l'ondata di fusioni degli anni 80 ha consolidato il potere di una nuova generazione di operatori finanziari raggruppati in banche d'affari, presso gli investitori istituzionali, in società di intermediazione, nelle grandi compagnie di assicurazioni; le banche commerciali assumono la fisionomia di banche d'investimento e di agenti di cambio. (3) Se questi "gestori di fondi" svolgono una funzione fondamentale sui mercati finanziari, sono viceversa sempre meno presenti nell'economia reale. I loro compiti (che spesso sfuggono alle normative degli stati) comprendono transazioni speculative sulle quotazioni a termine e i derivati nonché manipolazioni dei corsi delle monete. Sono costantemente presenti sui cosiddetti mercati "emergenti", dell'America latina, e del Sud-est asiatico, per non parlare del riciclaggio del denaro e di quelle banche "che consigliano la clientela facoltosa" in una serie di paradisi fiscali. Se le transazioni quotidiane di valuta sono dell'ordine di 1.000 miliardi di dollari, solo il 15% di tale importo corrisponde a scambi reali. Attività "legali" e "illegali" sono sempre più intrecciate; approfittando della liberalizzazione, le mafie criminali assumono un peso sempre maggiore nei circuiti bancari. Il sistema finanziario attraversa una fase pericolosa, poiché al centro della crisi economica vi sono i mercati del debito pubblico, dove vengono scambiati ogni giorno titoli di stato o del tesoro del valore di centinaia di miliardi di dollari. Tali scambi e il commercio massiccio di debiti denominati in dollari, si accompagnano ad aspre rivalità sul mercato valutario tra America, Europa e Giappone. Secondo l'Institutional Investor di gennaio 1995, "dai bilanci sono scomparse somme più rilevanti (durante il periodo di difficoltà del mercato dei titoli nel 1994) che nel corso di qualunque altro periodo di tracollo, dalla crisi del 1929 compreso il tonfo della borsa del 1987 (4).
" Le perdite registrate nel 1994 dai gestori di fondi sono dell'ordine di 1.500 miliardi di dollari, un po' meno del totale del debito complessivo dei paesi in via di sviluppo. Ma la fase di caduta libera non è ancora terminata: la "garanzia" fornita dall'amministrazione Clinton al Messico richiederà l'emissione di venti miliardi in titoli e garanzie del tesoro americano.
Quanto al capitombolo del dollaro, anch'esso è causato dalla quota significativa del debito americano detenuto dalle istituzioni finanziarie giapponesi e tedesche, per non parlare delle masse di titoli americani in circolazione nel terzo mondo e nell'est europeo. Il deprezzamento del dollaro, anche se non è riconosciuto ufficialmente come risultato del mancato ripianamento del debito, comporta comunque una contrazione de facto del valore reale del debito pubblico degli Stati uniti sui mercati. E l'apprezzamento dello yen e del marco tedesco rispetto al dollaro fa sì che tedeschi e giapponesi possano acquistare a prezzi convenienti quote di società americane.
Quanto alla crisi messicana, è lungi dall'essere superata: il piano di salvataggio approvato dagli Stati uniti, la Banca mondiale e il Fmi, doveva soprattutto permettere al Messico di onorare il servizio del debito nei confronti delle banche estere e delle istituzioni finanziarie internazionali. I debiti privati sono stati riciclati in debiti pubblici. L'economia del paese ne subirà il contraccolpo per anni, le banche locali verranno rilevate da finanziatori stranieri, i proventi del petrolio verranno depositati in un conto a New York gestito dai creditori.
Questa crisi non è che un tassello di tutto un grande mosaico: lo stesso meccanismo per ripagare il debito è stato creato nelle principali regioni del terzo mondo, contemporaneamente all'adozione delle misure volute dal Fmi. Lo scorso febbraio, il direttore generale del Fmi, Michel Camdessus, pensava che una quindicina di altri paesi avrebbero potuto trovarsi nella stessa situazione difficile in cui si era trovato il Messico: "occorre esercitare un maggior grado di vigilanza, per verificare che la ripresa proceda alacremente (5)" ha affermato. In aprile parlava di "almeno una quarantina" di paesi ad alto rischio (6).
Senza coinvolgimento ufficiale del Fmi, analoga vigilanza viene esercitata sulle economie sviluppate. Con l'accumularsi del debito pubblico gli interessi bancari e finanziari hanno la possibilità di imporre il loro diktat ai governi nel settore economico e sociale. Dall'inizio degli anni 90, le grandi riforme varate nei paesi membri dell'Ocse comprendono molti ingredienti dei programmi di aggiustamento strutturale applicati nei paesi del terzo mondo e in Europa orientale. Tutte le categorie dei debiti pubblici, (da quelli contratti dai comuni, fino al livello statale), ricevono una valutazione dai mercati finanziari e dalle agenzie specializzate, come Moody o Standard and Poor. Ai ministri delle finanze si chiede sempre più di rendere conto del loro operato alle grandi banche. Lo scorso gennaio Moody ha abbassato la votazione assegnata al debito svedese, di conseguenza il governo socialdemocratico minoritario ha deciso di operare tagli consistenti ai programmi sociali.
Moody minacciò di fare lo stesso nei confronti del Canada e ciò ha sicuramente contribuito all'adozione nel febbraio del 1995 di misure drastiche di riduzione delle spese sociali e del personale. Negli Stati uniti, lo scorso marzo il tanto discusso "emendamento per un bilancio equilibrato" fu respinto per il rotto della cuffia dal Senato, la sua adozione avrebbe sancito costituzionalmente i diritti dei creditori dello stato.
Dall'inizio degli anni 80 i debiti delle grandi società e delle banche sono stati per una buona parte cancellati e trasformati in debiti pubblici. Questo fenomeno di conversione è un elemento cruciale della crisi: le perdite sono state sistematicamente addossate allo stato. Inoltre, le sovvenzioni pubbliche, invece di incentivare la creazione di posti di lavoro, sono state utilizzate per finanziare le concentrazioni di imprese, le tecnologie che limitano l'impiego di manodopera, le delocalizzazioni. Le spese dello stato hanno così contribuito a concentrare la proprietà e ridurre sensibilmente l'occupazione nel settore industriale, mentre la scomparsa delle piccole e medie imprese e i licenziamenti dei salariati (nella loro veste di contribuenti) acceleravano la perdita di gettito fiscale (7).
La crisi del debito inoltre ha favorito la creazione di sistemi fiscali regressivi, che hanno contribuito ad aggravare ulteriormente il debito... Mentre si riduceva l'imposta sulle società, le tasse (tra cui l'Iva) che colpivano i salariati venivano utilizzate per ripagare il debito pubblico. La crisi fiscale è stata a sua volta inasprita dal trasferimento degli utili delle imprese in paradisi fiscali sicuri, come la Svizzera, il Lussemburgo, le Bahamas, ecc. Le isole Cayman, colonia caraibica della corona britannica, costituiscono il quinto centro bancario della terra a livello di depositi coperti da anonimato, o provenienti da società di comodo (8). Il peggioramento del debito americano è direttamente legato a una massiccia evasione fiscale e alla fuga di utili non dichiarati.
Viceversa, buona parte dei fondi depositati alle isole Cayman, alle Bahamas e, in alcuni casi, controllati da organizzazioni criminali è destinata a finanziare investimenti negli Stati uniti. Si crea così un autentico circolo vizioso. I destinatari dei sussidi governativi pubblici sono diventati creditori dello stato. I buoni emessi dal Tesoro per finanziare le grandi aziende vengono acquistati dalle banche e dalle istituzioni finanziarie che a loro a volta beneficiano di fondi pubblici. Si determina così una situazione paradossale: lo stato finanzia il proprio indebitamento e i sussidi sono utilizzati per acquistare il debito pubblico. In tal modo il governo è preso tra due fuochi, da un lato il mondo degli affari che fa pressione per ottenere sovvenzioni e dall'altro i suoi creditori. E poiché una buona parte del debito pubblico è nelle mani delle istituzioni finanziarie private, queste ultime sono in grado di influenzare i governi e esercitare un controllo sempre maggiore sulle risorse pubbliche. Per di più, in molti paesi appartenenti all'Ocse, le pratiche delle banche centrali sono state modificate per rispondere alle esigenze dei mercati. Queste istituzioni sono diventate sempre più "indipendenti" e sono state "poste al riparo da influenze politiche". In realtà ciò significa che il Tesoro è sempre più alla mercé dei creditori privati. Così, ai sensi dell'articolo 104 del Trattato di Maastricht, l'erogazione di crediti da parte della banca centrale al governo avviene in base "alla sua piena discrezionalità" né "la banca può essere obbligata a tale adempimento" (9). In realtà, la banca centrale (che non risponde né al governo né al parlamento) opera in quanto burocrazia autonoma, sotto il controllo degli interessi finanziari privati. Sono questi e non il governo che determinano la politica monetaria. Un esempio: i forti aumenti dei saggi d'interesse americani nel 1994-95 sono stati dettati da Wall Street, e hanno provocato un aumento anomalo dei versamenti d'interessi del debito pubblico e tagli corrispondenti nelle spese sociali, questi ultimi su richiesta dei settori finanziari.
La politica monetaria in quanto strumento d'intervento dello stato ha fatto il suo tempo; oggi, in larga misura rientra nella sfera di attività della banca privata. In contrasto con la crescente rarefazione dei fondi pubblici, la creazione di moneta (che implica un controllo delle risorse reali) avviene in seno al sistema bancario internazionale con l'unico scopo di favorire l'arricchimento dei privati. Dei grossi operatori finanziari hanno inoltre la possibilità di creare e di mettere in circolazione il denaro, di manipolare i saggi d'interesse e di accelerare il crollo delle principali valute, come si è verificato per la sterlina nel settembre del 1992.
Di conseguenza i creditori dello stato si sono impadroniti delle leve del potere, tutto ciò mentre si diffondeva un'ideologia uniforme e i partiti di ogni tendenza si trovavano d'accordo in nome della necessità di una riforma macroeconomica tanto negli Stati uniti che in Europa. Le opzioni politiche si riducono a slogan che ribadiscono la riduzione del disavanzo o la lotta contro l'inflazione. Negli Stati uniti in particolare, gli interessi finanziari sono riusciti a permeare i livelli più alti del Tesoro e delle banche multilaterali. Il segretario americano del Tesoro, Robert Rubin, era uno dei principali dirigenti della Goldman Sachs, il presidente uscente della Banca mondiale ha detenuto incarichi di grande responsabilità presso J. P. Morgan. Vista una tale compenetrazione, l'esercizio della democrazia si trasforma in rituale.
Le alternative non mancano, ma anche ammettendo che la classe politica voglia cimentarsi, è capace di condurre in porto programmi diversi? Il debito pubblico accumulato e le pressioni esercitate sullo stato da parte dei creditori sono il nodo centrale della crisi, situazione questa che richiede una "disciplina" sociale efficace, un intervento sui mercati finanziari, per disarmare gli speculatori che esercitano un'azione destabilizzante. E' necessario un vero e proprio "disarmo finanziario" (10). Nel 1993 la Bundesbank riteneva che il commercio di derivati rischiasse di provocare reazioni a catena e di mettere così a repentaglio tutto il sistema finanziario (11). Eppure, Alan Greenspan, il presidente della Federal Reserve americana, sostenitore della deregulation, ha confessato: "non basta la legislazione a prevenire una crisi come quella della banca Barings, in un mondo tecnologicamente molto avanzato, dove basta schiacciare un tasto per effettuare transazioni". (12) Il sistema liberista è fallito, è bene riconoscerlo e riformare le pratiche del commercio mondiale e attuare una politica planetaria al servizio dei poveri. La cancellazione del debito estero dei paesi del terzo mondo e il deprezzamento dei debiti pubblici dei paesi avanzati sono i primi passi da compiere, oltre a una legislazione che preveda una maggiore vigilanza sulle attività delle istituzioni di Bretton Woods e una democratizzazione delle strutture delle banche centrali. (13)

note:
* Professore di scienze economiche, facoltà di scienze sociali, università di Ottawa
torna al testo (1) Comunicato diffuso a Halifax il 17 giugno
torna al testo (2) Cfr. Le previsioni della prestigiosa Harvard Economic Society , agli inizi del 1930, di cui parla John Kenneth Galbraith in Il grande crollo, Bollati Boringhieri, 1991.

torna al testo (3) Negli Stati uniti la separazione tra banche commerciali e banche d'investimento è regolata dalla legge Glass Steagall del 1933. L'American Banking Association ha appena chiesto l'emendamento di tale norma per consentire l'integrazione dei due sistemi. Cfr. ABA Banking Journal, gennaio 1995.

torna al testo (4) Susanna Andrews , "after the Bond Debacle , Wall Street is getting ugly", New York Times, 13 febbraio 1995
torna al testo (5) Financial Times, 8 febbraio 1995
torna al testo (6) Le Monde, 29 aprile 1995
torna al testo (7) Il contributo delle società americane ai cespiti federali è passato dal 13,8% nel 1980 all'8,3% nel 1992. Cfr. US Statistical Abstract, 1992.

torna al testo (8) Stime fornite da Jack A. Blum alle giornate sulle droghe, lo sviluppo e lo stato di diritto. Bilbao, ottobre 1994/ cfr. anche Alain Labrousse, e Alain Wallon, (a cura di) La Planète des drogues, Le Seuil, Parigi, 1993 e La Drogue, nouveau désordre mondial. Osservatorio geopolitico delle droghe. Hachette, Parigi 1993.

torna al testo (9) Cfr. Carlo Cottarelli, Limiting Central Bank Credit to the Government, Fondo monetario internazionale, Washington, 1993.

torna al testo (10) L'espressione, "disarmo finanziario" è stata inventata dall'Ecumenical Coalition for Social Justice, "The Power of Global Finance", Third World Resurgence, marzo 1995.

torna al testo (11) Cfr. Martin Khor, "Barings and the search for a rogue culprit", Third World Economics 1-15 marzo 1995
torna al testo (12) Martin Khor, "Barings exposes risks of derivative trade"; Third World Economics, op. cit.

torna al testo (13) Cfr. la dichiarazione alternativa di Copenhagen sottoscritta da circa 620 organizzazioni non governative e reti in occasione del vertice mondiale per lo sviluppo sociale del marzo 1995.
(Traduzione di C.M.)
Articolo tratto da Le Monde Diplomatique del Luglio-1995, inserto mensile de il manifesto