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Americhe violente


di Cesar A. Chelala*

In tutto il continente americano la violenza è ormai un problema drammatico. Le sue principali vittime sono i bambini e gli adolescenti, in particolare quelli delle fasce più povere e indifese. Dal Nord al Sud, nei due emisferi le cause di questo fenomeno variano: guerre, conflitti politici, crisi economiche, miseria. In taluni paesi in primo luogo in Colombia questi fattori sono legati al consolidamento di una struttura di potere strettamente legata al traffico di droga, la cui conseguenza è l'indebolimento del sistema giudiziario, la perversione dei valori e una corruzione che corrode come una cancrena tutti gli strati della società. (1).
Negli Stati uniti, l'estrema permissività del commercio di armi costituisce uno dei fattori determinanti della violenza (2). Una ricerca del 1990 aveva dimostrato che durante il mese preso in esame 650.000 alunni delle scuole secondarie portavano con sé una pistola; e si valuta a 600.000 l'anno il numero dei decessi per colpi di armi da fuoco (3).
Anche i grandi media audiovisivi hanno la loro parte di responsabilità, nella misura in cui offrono ai bambini il continuo spettacolo di violenze alle quali altrimenti non avrebbero pensato. Il giovanissimo Jacob Gonzales è stato recentemente condannato a Detroit per complicità nell'assassinio di Elizabeth Alvarez, madre di tre bambini e incinta di un quarto, che aveva rifiutato di dare il suo denaro a questo ragazzetto di dieci anni e al suo complice quattordicenne.
Interrogato, Jacob ha risposto: "Era un gioco. Non era per ammazzare quella signora (4)"....
Gli omicidi sono la manifestazione più estrema della violenza, e il loro numero è in rapido aumento. In Colombia ad esempio il tasso di mortalità imputabile ad atti criminosi è passato da 22 su 100.000 abitanti nel 1970 a 73 su 100.000 abitanti nel 1990.
A Buenos Aires e nei suoi sobborghi il numero degli omicidi commessi da adolescemti è aumentato del 114% tra il 1980 e il 1985. A Rio de Janeiro le vittime di omicidi hanno raggiunto nel 1990 il doppio (6.011) di quelle degli incidenti stradali (3.391). Negli Stati uniti, tra il 1979 e il 1991 quasi 50.000 bambini sono stati uccisi da armi da fuoco: un numero uguale a quello degli americani caduti nella guerra del Vietnam. E sempre più, anche gli autori di questi delitti sono giovanissimi. A Baltimora, nel 1993 la metà degli arrestati per omicidio e il 40% delle vittime appartevano alla fascia d'età compresa tra i 13 e i 24 anni. Recentemente Marion Wright Edelman, presidente del Fondo per la Difesa dell'Infanzia, ha dichiarato: "Il dramma dei bambini genitori di bambini è stato eclissato da quello dei bambini che uccidono altri bambini (5)".
I "bambini di strada", particolarmente numerosi in Brasile, in Colombia, in Venezuela (leggere, a pag. 3, l'articolo di Ignacio Ramonet) e in Guatemala, sono vittime di una "pulizia sociale" condotta dagli squadroni della morte. Questa "giustizia privata" è la risposta di gruppi di privati cittadini (in particolare uomini d'affari che fanno appello agli squadroni della morte) all'incapacità della polizia e della giustizia di far fronte alla criminalità giovanile e infantile. In Guatemala, come in Brasile e in Colombia, gli educatori sono a loro volta, sia pure indirettamente, vittime degli assassini di bambini: le forze di sicurezza li prendono di mira quando denunciano, prove alla mano, le violenze commesse dalla polizia contro i minori (6).
Anche la violenza politica ha fatto pagare all'infanzia un pesante tributo. In Argentina, 8.000 bambini hanno perduto uno dei genitori o entrambi, e 400 sono "scomparsi" durante gli anni della dittatura militare (1973-1983). Durante i tre decenni di guerra che hanno insanguinato il Guatemala, si valuta tra 100.000 e 250.000 il numero dei bambini rimasti orfani di padre o di madre, o di entrambi i genitori. Di fronte alla violenza minorile, le autorità ricorrono a tre tipi di strategie: repressiva, paternalistica o partecipativa.
La prima, segnatamente con l'adozione di nuovi meccanismi punitivi o con il prolungamento delle pene detentive, affronta i sintomi e non le cause, e a lungo termine non può essere che controproducente. Nella seconda si spingono i giovani a partecipare a programmi i cui obiettivi, la portata e le modalità sono stati definiti da amministrazioni o organizzazioni non governative. Tuttavia l'esperienza dimostra che quando non sono attivamente associati alla loro progettazione, gli adolescenti non si identificano nei programmi e non si sentono responsabili di contribuire a realizzarli.
La terza strategia si fonda sul coinvolgimento dei giovani in tutte le diverse fasi. Ad esempio a Cali (Colombia) un accordo denominato "Patto per la convivenza sociale" è stato sottoscritto nel maggio 1993 da alcuni responsabili ufficiali e da quattro bande di ragazzi della città. Il suo principio ispiratore era in particolare che i membri delle bande dovessero essere riconosciuti come partner a un livello paritetico per la ricerca di soluzioni.
I ragazzi di Cali accettarono di consegnare le loro armi, di sospendere ogni attività illegale, di risolvere i conflitti attraverso il dialogo e di portare avanti azioni tendenti a promuovere la pace e il progresso nelle loro comunità. In cambio, le autorità si impegnarono a sostenerli con prestiti, programmi di formazione, posti di lavoro e assistenza giuridica. Ma mancò poco che il patto cadesse quando un gruppo di poliziotti indisciplinati uccise alcuni giovani appartenenti a queste bande.
Il sindaco di Calì, Rodrigo Guerrero, osservò con amarezza: "Nella nostra città è diventato più facile morire per la pace che lottare per essa". Iniziative analoghe sono state prese a MedellÆn (Colombia) e in Costa Rica. In Brasile, varie organizzazioni si occupano attualmente dei bambini di strada.
L'Unicef ha giocato un ruolo chiave esponendo la loro tragica situazione ai funzionari governativi.
Non esiste una ricetta unica per risolvere il problema della violenza. L'approccio può essere solo globale: maggiori risorse per la lotta contro la povertà, la riforma dei sistemi educativo, giudiziario e carcerario, la regolamentazione del possesso di armi da fuoco, la valutazione e il controllo delle responsabilità dei media. Se non si adotteranno misure di vasta portata, la violenza continuerà ad dilagare nel continente americano come un'epidemia sociale.
* Medico argentino, consulente presso le Nazioni unite, New York.


note:
des narco-trafiquants", le Monde diplomatique, agosto 1994.

torna al testo (2) Leggere, in particolare, Jamil Salmi, "L'Amérique malade des armes à feu", le Monde diplomatique, aprile 1992, e Ingrid Carlander, "Ils ont 15 ans... et ils tuent", le Monde diplomatique, agosto 1993.

torna al testo (3) Youth Risk Behaviour Survey 1990, Center for Disease Control, Atlanta, Goergia, 1991.

torna al testo (4) The New York Times, 16 maggio 1994.

torna al testo (5) 1994 Childrens Defense Fund Report, Washington, DC.

torna al testo (6) Amnesty International, Guatemala: Extrajudicial Executions and Human Rights Violations Against Street Children, Londra, 1990.
(Traduzione di E.M.)

Articolo tratto da Le Monde Diplomatique del Luglio-1995, inserto mensile de il manifesto