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"CARI VESCOVI, PERCHÈ TANTA NOSTALGIA DEL PASSATO?"

Un deputato cattolico commenta il messaggio dei vescovi

editoriale apparso su Granma, quotidiano del Partito Comunista di Cuba, il 20 settembre 1993

di Cintio Vitier*

Come cattolico ho accolto col massimo rispetto il Messaggio della Conferenza Episcopale rivolto al popolo di Cuba nella recente festività della Vergine della Carità del Cobre, documento la cui lettura mi ha-suscitato queste osservazioni:

1. Nei primi paragrafi mi sorprendono frasi nostalgiche riferite a come era il cubano "prima" e a come abbiamo "cessato di essere": a quel Sacro Cuore di Gesù o a quella stampa della Carità "che presiede, nel cuore della casa, la vita della famiglia cubana quel simpatico modo di salutare "mi familia!" dal quale si deduce sorprendentemente: "Così come una grande famiglia, è stato sempre il nostro popolo". Ma Cuba era realmente così? Tutto ciò non galleggiava su una realtà sociale spaventosa? Perché cominciare rimpiangendo una Repubblica corrotta fino al midollo, neocoloniale e ingiusta, in un appello al dialogo? Per quanto riguarda le espressioni popolari il "mi hermano" di oggi non vale tanto quanto (e non suona più autentico?) del "mi familia" di prima?

2. Si insiste sull'inopportunità, per il cristiano, di giudicare le intenzioni il cuore degli uomini, in questo caso dei governanti. Però allo stesso tempo si afferma che uno dei mali che ci affliggono (forse il principale) è quello della giustizia senza amore, quello della giustizia che convive con l'odio. E si arriva a dire: "Davanti a una giustizia senza amore, che può essere quella dell' 'occhio per occhio e dente per dente' (Mt 5,38), è possibile che l'uomo sperimenti una maggiore oppressione". Vuol dire che prima, in piena e selvaggia ingiustizia, c'era "meno"oppressione? È lecito presumere mancanza di amore in opere sociali come l'alfabetizzazione, l'educazione e l'assistenza medica gratuita per tutti tra molte altre senza paragone in America Latina? Mancanza di amore nell'aiuto totalmente disinteressato ad altri popoli del Terzo Mondo? Si può affermare in coscienza che la nostra società attuale (anche in relazione agli Stati Uniti) sia dominata dall'odio mentre nel suo seno continua ad avere passioni che in momenti di crisi possono (e non dovrebbero) prendere il sopravvento? Ci sono state manifestazioni di odio nella recente mobilitazione popolare in appoggio ai Pastori per la Pace, sul cui coraggio spirituale certo la Chiesa Cattolica ha osservato un enigmatico silenzio? La citazione di Martí - "triste patria sarebbe quella che avesse l'odio per sostegno" - è -davvero applicabile alla Cuba di oggi?

3. I vescovi insistono anche sul fattoche non sono politici e che la Chiesa non può avere un programma politico, ma di fatto (il che di per sé non è contestabile) compiono un'analisi politica e propongono una soluzione politica: il dialogo nazionale. Nell'analisi si comincia col dirci che la Rivoluzione reagì "di fronte ad alcune realtà negative che ci avevano lasciato i governi precedenti". -Il corsivo è mio-perché vorrei sapere quali erano le realtà positive (apparentemente maggioritarie, dato che quelle negative erano solo alcune) nella Cuba degli anni '50. Non si parla mai della dipendenza dagli Stati Uniti mentre si segnala la nuova dipendenza "che ci ha portati a copiare strutture e modelli di comportamento" provenienti dall'Europa dell'Est. Sorvolando sulla prima dipendenza, essa non pare avere alcuna relazione con la seconda né naturalmente si distinguono le loro rispettive circostanze e caratteri, né si riconosce l'assoluta sovranità che abbiamo conquistato.

4. Chi mette in dubbio che - come disse il card. Etchegaray e sanno anche i bambini - "Cuba non può aspettarsi tutto dagli altri"? Forse Cuba rimane con le braccia incrociate aspettando che "gli altri" risolvano i suoi problemi? Distrutto il blocco socialista, chi potrebbero essere ora "gli altri"? Il Messaggio allude indistintamente alla "solidarietà straniera" (che è molto gradita, ma dalla quale nessuno si aspetta alcuna soluzione definitiva), agli "investimenti stranieri" (che sono frutto di una decisione cubana, con obiettivi cubani), al "turismo straniero" (che è una risorsa universale) e al "denaro di quanti vivono all'estero", che è una scelta indesiderabile, ma ammissibile per la gravità della crisi economica. Indubbiamente siamo d'accordo sul fatto che la generazione interna di produzione e ricchezza sarà l'unica soluzione economica duratura.

5. I vescovi si domandano: "Perché ci sono tanti cubani che vogliono andarsene e se ne vanno dalla loro patria?". Questa preoccupazione non affliggeva la Chiesa durante l'emigrazione rivoluzionaria del secolo scorso. Chiaro che non sono gli stessi vescovi. Ma oggi tutti sappiamo che esiste un'emigrazione crescente dai Paesi poveri verso i Paesi ricchi. Non neghiamo tuttavia la validità di questa preoccupazione, sempre che sia bilanciata da un'altra domanda: Perché ci sono tanti cubani che avendo la possibilità di non tornare, tornano per continuare a sopportare innumerevoli difficoltà e penurie nella propria patria? E sono la maggioranza.

6. I vescovi difendono il "diritto alla diversità". Storicamente, la Chiesa ha applicato tale diritto? L'ha concesso la monarchia quando la Chiesa era sua alleata inseparabile? Si è praticata la diversità nella Spagna di Franco, dichiarato figlio prediletto della Chiesa? Al di là di queste incoerenze, diciamo, istituzionali, i vescovi hanno ragione: bisogna preservare il diritto alla diversità, ma prima occorre difendere il diritto alla sopravvivenza come nazione indipendente. Un paese assediato fino a estremi inauditi non può concedersi il lusso di una diversità irresponsabile e di un dialogo idilliaco, così come non se li concessero gli Stati Uniti per più di 40 anni senza partiti dopo l'indipendenza, né ancora meno quando si trovarono di fronte la minaccia nazista e serrarono le fila con l'Unione Sovietica. Neanche nel Partito Rivoluzionario Cubano di José Martí poterono entrare né dialogare gli annessionisti.

7. Nel "Messaggio della Conferenza dei Vescovi Cattolici di Cuba" ci sono segnalazioni obiettive riguardo a problemi reali quali un certo degrado morale e un relativo aumento della violenza (incomparabili con quelli di molti altri paesi, cominciando dagli Stati Uniti), una perdita di valori specie nell'ambito della famiglia, l'aumento della mortalità per aborti (in doloroso contrasto con la sensazionale riduzione della mortalità infantile) e altri che si possono discutere con diversi pareri. Considerazione più attenta merita il fenomeno della prostituzione, sradicato dai primi anni del trionfo rivoluzionario come sfruttamento di vittime sociali, presente oggi nel contesto turistico, come iniziativa personale incontrollabile ma che richiede indubbiamente la massima attenzione, come gli altri problemi indicati, da parte delle autorità, degli educatori e di tutta la società.

Ribadendo il loro rifiuto di "qualunque tipo di misura che, volendo colpire il governo cubano, contribuisca ad aumentare le difficoltà del nostro popolo", ed esortandoci a "rivitalizzare la speranza dei cubani", i vescovi rendono il servizio migliore del loro Messaggio. Questo è ciò che pensa, come uno dei membri del preoccupato gregge cattolico, l'autore di queste righe, ricordando che la nostra Patrona, con fervore invocata dai vescovi come Vergine Madre dell'Amore, è la stessa che nel cantico del Magnifìcat loda Dio perché "ha rovesciato i potenti dal loro trono e ha innalzato _gli umili", perché "ha colmato di beni gli affamati e ha rimandato a mani vuote i ricchi" (Lc 1, 52-53); visione profetica (e socio-politica) in cui l'amore si presenta in tutta la pienezza della sua militanza storica.
Quanto alle molte risposte che si possono dare al Messaggio, credo che esse dovrebbero essere tanto ferme nelle convinzioni quanto moderate nel linguaggio, rispettando la regola d'oro martiana: "Chi costruisce con epiteti? Chi converte con le ingiurie?" e ciò non solo per non perdere la ragione per il modo di impiegarla, ma anche per evitare mali maggiori e inutili alla patria.

* Cintio Vitier è scrittore e poeta cattolico, eletto deputato all'Assemblea Nazionale del Potere Popolare nelle elezioni del febbraio 1993.