entra nelle pagine di Cuba entra nelle pagine dell'A.S.I.Cuba
ritorno all'indice generale Per comunicare con noi



GLI IN-VISIBILI rifiuto o risorsa?

Alex Zanotelli

I.T.S. Luigi Einaudi Badia Polesine 22 marzo 1996

(INCONTRARSI) IL MISTERO DELL'INCONTRO
Oggi siamo qui insieme per parlare del tema: gli in-visibili. Ma trattare questo tema non è semplice, perchè anche noi spesso siamo "invisibili" gli uni agli altri. Realizzare un vero incontro è difficilissimo: si incontra veramente una persona se la si entra dentro... e noi ormai non lo facciamo più, ci guardiamo senza vederci, ci avviciniamo senza incontrarci.
Quando mi sono presentato agli studenti dell'Università Cattolica di Milano mi sono definito un "animale ferito ed indifeso" e penso che potrei usare la stessa espressione per presentarmi a voi. Sono un animale dal volto umano, ma un animale ferito, perchè la mia vita è stata un lungo passaggio di burrasca in burrasca. Sono un animale indifeso, quasi come un malato di AIDS, cui sono sparite le difese immunitarie, a cui basta un nulla per morire. Ma l'essere ferito e indifeso penso sia una delle mie ricchezze. Ognuno di noi è corazzato: gli psichiatri affermano che il 90% di noi è già precostituito fin dalla nascita per il fatto di essere nato in quella determinata famiglia, in quell'ambiente. Non resta che un 10% della nostra vita da determinare con scelte veramente libere.
Man mano che si riesce a grattar via quel 90%, per ridurlo a un 60, 50, 40% di determinazione si diventa più uomini. Ecco perchè incontrarsi con gli altri richiede prima di tutto che crollino le difese, che sistiate cme gli ammalati di AIDS, cioè che vi presenti senza le difese immunitarie per consentire all'alto di "entrarvi dentro".
Ho sperimentato questo strano sentimento in questi giorni, girando per l'Italia, quando ho incontrato in particolare gente che soffre: malati di AIDS e tossicodipendenti. È scattato in me qualcosa di indefinibile, ma ho incontrato "l'altro".
È questo il mistero dell'incontro: è come un fluido che entra in noi.

L'ESPERIENZA DI TRANI
Mi ricordo un'esperienza vissuta in questi giorni in una comunità, a Trani.
Faceva freddo, fuori nevicava e ci siamo seduti, io e una decina di ragazzi, vicino al caminetto. Ho incominciato a parlare degli altri "invisibili", della gente di Korogocho, il villaggio nei dintorni di Nairobi da dove vengo.
Uno dei ragazzi, che avrà avuto circa 20 anni e si esprimeva pochissimo, alla fine del mio discorso, guardandomi mi disse: "Ma tu comunichi amore !"
"Come l'hai capito?" - gli ho chiesto. "Lo sento" - è stata la sua risposta.
Penso dunque che l'incontro sia mistero, la vita sia mistero, il nostro incontro, questa mattina, è mistero; oppure può essere un caso.
Sono arrivato a due conclusioni: o tutto è assurdo (ed è possibile che tutto sia veramente assurdo), oppure tutto diventa grazia, diventa parte del mistero e allora ogni incontro ha un significato e acquista un senso.
Non era mia intenzione venire a Badia, ma da un incontro possono nascere infinite occasioni.

IL SENSO DELLA VITA
Vi racconto un episodio che mi è capitato. Il nastrino rosso che porto me l'ha appuntato un ragazzo che mi accompagnava in macchina negli spostamenti. Seduto al mio fianco, lungo la strada, mi ha raccontato la sua storia: una storia bruciata. Mi ha detto: "Sai Alex, non credevo più nella vita, mi bucavo, perchè la mia vita era bruciata; mi sono preso l'AIDS l'ultima volta che mi sono fatto 'la pera'. Proprio l'ultima volta me la sono beccata!"
Adesso è cambiato, ha riscoperto la bellezza della vita, scrive, va in giro a parlare e mi ha detto:-" Ma perchè, Alex, ora che vedo quanto sia bella la vita devo morire?". "Non so cosa risponderti."
"Vorrei che tu pregassi per me e vorrei l'unzione dei malati".
Gli ho ricordato che l'unzione non si dà per preparare la gente a morire, ma per preparare il corpo a lottare fino in fondo contro il male.
Poi siamo arrivati a S. Marino e con altri abbiamo trascorso la notte pregando. Dopo l'unzione su tutto il corpo gli ho ricordato che Dio non vuole la sua malattia, nè la sua morte, anzi domanda di lottare fino in fondo e, se si crede alla vita, bisogna lottare fino alla fine.
Ecco il mistero: questi miei incontri sono stati sconvolgenti!

OGNI INCONTRO È UN MISTERO
Mi ricordo un'altra ragazza malata di AIDS e gravissima. Non sorrideva più, non voleva più vedere nessuno. Tutti i 5 fratelli erano tossicodipendenti, ma lei era stata colpita dall'AIDS ed era in fin di vita.
Quando le sono passato accanto, mi ha fatto sapere che avrebbe voluto salutarmi, ma non voleva sentire nient'altro. Sono andato da lei, l'ho salutata e me ne sono andato. Quattro giorni dopo, nel pieno della notte, mi raggiunge una sua compagna e mi dice che lei vuole parlarmi. Nonostante l'ora tarda, la seguo. Incontro la ragazza, preghiamo insieme fino all'alba, le impartisco l'unzione che mi chiede.
Il giorno dopo, al telefono, la stessa ragazza mi dice: "Ho solo voglia di dirti grazie perchè ho sentito che questa notte mi hai voluto bene".
Sono questi gli incontri che vivo, il mistero che mi si presenta.
Ho vissuto un'altra esperienza toccante a Rimini. Una giovane, Elisabetta, aveva preparato un incontro bellissimo: la chiesa era piena, ma lei non c'era. Era stata ricoverata all'ospedale per un tumore fulminante. Sono andato a trovarla e lei mi è venuta incontro per abbracciarmi. L'avevo vista solo poche volte, ma lei mi ha abbracciato e mi teneva stretto ringraziandomi e mi diceva: "Sai, ho passato momenti di grande angoscia, ma ora sono serena." Ha annunciato lei la malattia ai suoi genitori, proprio lei li ha consolati. "Sono serena - continuava - ma ho bisogno di sentirti vicino."
Allora le ho chiesto: "Dimmi, tu che mi tieni così stretto, mi terrai così anche quando sarai nell'altro?" "Alex, se ti tengo così stretto adesso, non ti posso più lasciare."
Forse l'incontro è questo: si vale non per l'auto, il conto in banca, la pelliccia, ma perchè si riesce ad incontrarsi, si riesce a smantellare le nostre difese, a incontrare l'altro per quello che è.

INVISIBILI LONTANI E VICINI
Prima di parlare degli "invisibili" è bene imparare ad incontrare chi ci sta vicino, perchè spesso rimaniamo invisibili l'uno all'altro.
Non ci incontriamo, ci difendiamo, ci barrichiamo perchè non vogliamo che gli altri scoprano come siamo realmente. Questo avviene anche tra moglie e marito. Quante volte mi è capitato di affrontare la crisi di una coppia! In questi casi uso la terapia della confessione, che gli sposi accettano, non senza qualche imbarazzo, perchè dicono cose che non si erano mai detti. Pur sembrando strano, non ci si incontra realmente neppure tra marito e moglie.
Dunque è indispensabile abbattere le muraglie che ci dividono per incontrare l'altro, sia vicino che lontano.

UNA ESPERIENZA A KOROGOCHO
Sono qui a nome degli invisibili di Korogocho, la città dei dannati della terra, emblema di tutte le altre città "invisibili" e vorrei pregarvi di incontrare i volti di questa gente, volti di ragazzi altrettanto belli quanto i vostri. Ma perchè certi volti possono avere tutto ed altri invece nulla?
A questo proposito ricordo le vicende di una ragazza che ora ha 18 anni, ma che ho conosciuto quindicenne. Viveva in una baracca di 3 metri per 4 accanto ad una sorella più grande di nome Huerinù.
Lei, più piccola, si fidava della sorella, si sentiva confortata. Huerinù, ammalata di AIDS, mi aveva chiesto che l'aiutassi ad affrontare la malattia. Non aveva nessuno: sua madre era ubriaca dalla mattina alla sera, un'altra sorella aveva sei bambini senza marito.
Sopravvivevano vendendo changà, un liquore che fanno le donne a Korogocho.
Ho assistito Huerinù per due anni e praticamente mi è morta fra le braccia. Era una ragazza veramente bella, brava, un dono. Non dimenticherà mai i giorni prima che morisse, quando abbiamo pregato e pianto tutti insieme.
Il suo bambino più grande, di 8 anni, pregava ad alta voce il "papà" perchè salvasse la sua "mama".
Non dimenticherò mai le preghiere e il pianto di questo bimbo. Ma non ci fu nulla da fare: tre giorni dopo, mentre tentavano di portarla all'ospedale, Huerinù è morta. Ho deciso quel giorno di andare al cimitero dei poveri per seppellirla. Non lo faccio quasi mai, perchè altrimenti dovrei impegnarmi in quel compito da mattina a sera. Ma questa volta mi sono deciso.
È un'impresa seppellire i poveri, ed è osceno il commercio di corpi che si fa a Korogocho.
Ho scavato anch'io quella tomba, mentre pieno di polvere vedevo Hungoi, la sorellina, piangere disperata. Eppure i poveri non piangono mai, perchè è inutile.
Lei piangeva: era rimasta sola, a 15 anni con 5 bambini a carico, due gemelli suoi e tre della sorella, e affrontare la vita in quelle difficili condizioni non è uno scherzo!
Hungoi ha cercato di portare avanti il lavoro della sorella, vendendo changà; ma è un'attività proibita dal governo, per cui la polizia i: assillava e le chiedeva continuamente soldi; così ha dovuto smettere.
I bambini, anche quelli più grandi di 7 o 8 anni, che frequentavano la scuola, andavano a Nairobi a chiedere l'elemosina.
Un giorno Hungoi ritornò alla baracca disperata: "I miei bambini sono scappati anche oggi. Lungo la strada hanno incontrato una signora che sembrava impietosita per la loro fame ed ha dato loro 100 scellini. Ha chiesto però che le lasciassero il più piccolo; l'avrebbero trovato al ritorno. Ma quando sono rincasati non hanno rivisto nè la signora nè il fratellino. Ti prego, aiutami a ritrovare il mio bambino." Non c'è nulla da fare. A Nairobi c'è una compravendita spaventosa di bambini.
Hungoi nel frattempo cercava di sopravvivere vendendo pezzi di carta che tentava di procurarsi o di comprare in città per rifornire i negozietti di Korogocho, i quali li utilizzano per impacchettare la merce.
Ma anche questo lavoro non è durato a lungo: non aveva più soldi e non riusciva più a trovare carta. A Hungoi non restava altro che prostituirsi. Per tante ragazze come lei non resta altra via che questa. Spesso, quando parlo con loro e le metto in guardia sulle possibilità di contrarre l'AIDS, mi rispondono: "Scrivi su una striscia di carta 'MORTA PER AIDS' e su un'altra 'MORTA PER FAMÈ e poi estrai a sorte. Una vale l'altra." Così iniziò a prostituirsi negli hotel della città. La incontrai un giorno: io già sapevo che si prostituiva, senza però che lei me lo avesse detto, così la ripresi: "Cosa stai facendo?"
Col suo visino bello, ma sempre triste, ribattè: "Cos'hai da rimproverarmi? Dimmi come posso vivere?".
Per noi, qui, è molto facile parlare di moralità, di legalità. Ma che cos'è la moralità? Non ha una sua morale questa ragazza che deve prostituirsi perchè per lei non c'è altra via? Noi che frequentiamo la Chiesa pensiamo che ragazze come lei non possano fare la comunione, eppure siamo proprio noi che spingiamo queste ragazze a questo punto, perchè facciamo parte di un sistema che porta a queste situazioni.
Un giorno incontrai Hungoi disperata: era rimasta incinta e voleva abortire perche non sarebbe riuscita a mantenere tutti i bambini che aveva. Le ho parlato, ma lei se n'è andata; non sono riuscito a seguirla e me ne pento. Ma a Korogocho è così: si viene travolti.
I baraccati sono 100.000 e i problemi sono infiniti, uno più grande dell'altro. Dopo parecchi mesi, preso dal bisogno di seguire quel caso, scesi nella baraccopoli. Mi precipitai là dove sapevo viveva Huangai. Entrai: " Hadì" - le dissi - "karib!"; mi sorrise e mi invitò a sedere.
Non sapevo se avesse abortito, la guardavo mentre sorrideva con un'espressione velata di tristezza, poi andò verso un angolo della sua baracca e mi mise in braccio un bimbo bellissimo. Mentre lo cullavo, notai che aveva i lineamenti di un bianco, era chiaramente figlio di un turista passato da Nairibi. Penso ai versetti del poeta indiano Tagore: "Finchè nasce un bimbo è segno che Dio non si è ancora stancato dell'uomo."
Ho tentato di mettere Huangai a contatto con la seconda comunità della discarica, che cerca di pulire parte della città di Nairobi selezionando i rifiuti; così potrà recuperare un po' di carta per venderla poi al suo paese e continuare quello che era il suo primo mestiere. Non so se l'abbia fatto.
Due sere prima di partire da Korococho, mentre camminavo lungo una strada per raggiungere una baracca dove pregare insieme per un malato di AIDS, ho sentito alle spalle una voce femminile: "Alex, te ne vai?".
Ho riconosciuto Huangai e le ho risposto:" Ritorno".
E lei dura:" Ma intanto te ne vai!."
Allora io piuttosto risentito:" Ti ho detto che torno!"
Lei senza nemmeno salutarmi, sfrecciando fra le baracche mi lanciava questo messaggio: " Alex, se tu te ne vai, io muoio."
Ecco il problema: sono questi i volti e le storie degli "invisibili " di questo sistema.
Vi ho ricordato lo stretto abbraccio di Elisabetta, la ragazza di Rimini gravemente ammalata; allo stesso modo mi stringeva Angeri, una ragazza che ho aiutato per 4 anni a resistere all'AIDS e che, disperata, aggrappata alle mie mani, mi chiedeva: " Perchè Alex... Perchè non ho avuto la grazia di avere un papà, di avere qualcuno vicino nella mia vita, come in questi 4 anni?"

LE CONTRADDIZIONI DI NAIROBI: SIMBOLO DELL'INGIUSTIZIA DEL MONDO
Questi sono i volti che incontrate a Korococho, dove vivono 100.00 persone accatastate su una collina in una delle molte baraccopoli di Nairobi che, secondo le statistiche dell'ambasciata americana, conta 3.000.000 di abitanti, il cui 60% vive in baracche.
Nairobi, capitale del Kenia, è costruita a 1.700 metri sul livello del mare. È una città dove abbonda la ricchezza oltre l'immaginabile.
A 3 Km di distanza in linea d'aria da Korococho c'è Mutzgaige: è un quartiere di una bellezza incredibile, con ville e giardini che ricordano l'Eden. Questo contrasto rende oscena Nairobi, dove vivono gli straricchi e gli strapoveri, fianco a fianco, separati da muri invalicabili.
Un giornale del Kenia ha definito questa situazione "apartheid economica" ed è effettivamente tale.
Là dove la terra è infinita, il 60% della popolazione vive "sardinizzata" nell'1% della terra disponibile, che tuttavia non le appartiene; i poveri non posseggono neppure l'1%, che è nelle mani del governo. Questo, quando vuole, manda le ruspe, travolge questi miserabili, li sposta oltre.
Questa gente non dispone neppure delle baracche: l'80% di loro paga un affitto veramente alto.
Tutto è degrado: la diffusione dell'AIDS e della sieropositività è spaventosa.
L'immagine delle contraddizioni di Nairobi, i due volti stridenti di questa città, sono il simbolo di questo nostro mondo, dove il 20% della popolazione possiede, sfrutta, utilizza, abusa dell'80% delle risorse.
È questa l'apartheid economica, l'impero del denaro

LE VITTIME DEL SISTEMA: GLI INVISIBILI, INUTILI
La banca mondiale riferisce che 1.250.000.000 di persone non hanno futuro, cioè non hanno possibilità di lavoro, di essere assistiti per cure mediche, di esssere considerati: sono inutili, cancellabili. Fino a ieri i poveri erano almeno sfruttati, oggi non si può neppure dire che siano "utili", non servono neppure allo sfruttamento. Di questi, almeno 40.000.000 all'anno muoiono di fame, immolati al sistema, all'idolo del libero mercato.
Un sistema economico che produce simili eccidi è ingiusto, profondamente immorale, è il peccato.
S. Paolo dice che il peccato porta alla morte: ma qual'è la morte più atroce di questa?

QUALE GIUSTIZIA IN UN MONDO INGIUSTO
In un incontro col giudice Caselli, gli ho chiesto:"Davanti ad un sistema come questo, cosa vuol dire giustizia, legalità, uguaglianza? " Avrei voluto porre la stessa domanda al giudice Colombo, che si definisce " ottimista nei confronti della storia, dell'evoluzione della società!".
Non sono d'accordo con questa sua visione; stiamo procedendo verso una strage, un autentico macello. La buona volontà degli uomini non basta, e non si mette in discussione, ma è il sistema economico il responsabile di questi effetti; sono le leggi del mercato che governano, determinano e impongono queste sperequazioni. Commuoversi ai casi di Huangoi, piangere per Angerì non serve a nulla, perchè le logiche del mercato sono ben altre.
Tutto ciò è legale? E ai nostri giudici Caselli e Colombo chiederei se non nascano problemi di coscienza quando si pronunciano sentenze in base a leggi che permettono un mondo così contraddittorio e ingiusto?

IL SISTEMA MONDIALE
Il nostro sistema si fonda su TRE POLI: il primo, fondamentale, è il polo economico, l'impero della finanza. È il cuore dell'economia di oggi.
Il secondo è quello militare; le armi, infatti, sono molto importanti in questo tipo di struttura.
Il terzo è il polo dei mass-media, dei mezzi di comunicazione sociale, parte essenziale del sistema attuale.
Non sono certo i politici a decidere del futuro dei paesi, sono le forze economiche e in particolare quelle finanziarie, perchè oggi, nel mondo del virtuale, si spostano i miliardi in tempo reale, provocando guadagni o perdite in barba a tutto: stati, leggi, codici.
Per rendersi conto del fenomeno basta riflettere sul giro di danaro che alimenta il sistema finanziario svizzero: il denaro pulito costituisce solo il 20% del totale, frutto di transazioni lecite e regolari; il rimanente è "denaro grigio" per un valore di 300.000 miliardi di lire, che proviene dall'evasione fiscale di Francia, Italia, Germania, Nord Europa e dalle sottrazioni fraudolenti di molti capi di stato del Terzo Mondo, oppure è "denaro sporco", in quantità di gran lunga più consistente. Nelle banche svizzere sono depositati 600.000 miliardi di lire di denaro sporco così suddivisi:
150.000 miliardi provenienti dal traffico della droga
50.000 miliardi provenienti dai dittatori e funzionari di paesi del Sud del mondo
70.000 miliardi provenienti dal traffico illegale di armi
250.000 miliardi provenienti dall'evasione fiscale.
Le armi, che il 20% del mondo controlla, servono per mantenere privilegi e sfruttamento, non certo per difendere la patria o i confini. Le armi, soprattutto quelle atomiche, ci permettono di mantenere i nostri privilegi, di possedere l'80% delle risorse di questo mondo.
A Pordenone hanno chiuso 80 caserme, per riaprirle al Sud (Sicilia, Calabria, Pulia), perchè i nuovi nemici vengono dal Sud, sono i poveri.
Anche in Italia si verificano fatti inconcepibili: si tagliano nel bilancio le spese sociali, mentre il bilancio militare sale da 25.000 a 31.000 miliardi.
In questi ultimi 20 anni in Italia non ha governato lo stato di diritto, ma lo "stato economico-finanziario-militare" legato ai servizi segreti, alle lobbies, alla P2 e alle logge massoniche. Già qualche anno fa avevo denunciato che ai partiti al potere in Italia andava come minimo il 10% delle tangenti sul commercio di armi.
Neppure i giudici di "mani pulite" sono riusciti a svelare questo mistero, forse hanno paura, tutto è coperto dal segreto di stato e militare, controllato dai servizi segreti. Eppure buona parte del denaro utilizzato dai partiti per fare politica negli ultimi 20 anni è macchiato di sangue e proviene da tangenti pagate sulla vendita di armi.
Il terzo polo è dato dai mass-media, senza i quali il sistema non potrebbe reggersi. Giornali, radio, televisione, computer servono a due scopi:
- creare l'illusione che questo sia l'unico sistema possibile, - renderci 'tubi digerenti' costretti a consumare perchè produciamo. "Cristiani in una società consumistica" è una pubblicazione illuminante sugli effetti contrastanti della televisione, sulla società americana. Si calcola che l'americano medio guardi la televisione almeno 26 ore per settimana, pari a 13 anni della nostra vita media.
Dato che la pubblicità occupa fino al 27% della fascia di maggior ascolto, è come trascorrere l'equivalente di 3 anni interi dell'esistenza a guardare pubblicità. L'implacabile messaggio pubblicitario aggredisce l'autostima di milioni di persone: "I tuoi capelli sono troppo lunghi o troppo corti. La tua pelle è troppo chiara o troppo scura. I tuoi odori sono nocivi. Devi avere un reggiseno sportivo già dalla Va elementare o non avrai amici. Il tuo seno è troppo grande o tremendamente piccolo... puoi fermare il traffico con un reggiseno "made and formed".
L'autore mette in guardia sulla costrizione al consumo: "Siamo costretti a consumare e l'esigenza è diventata per noi tanto profonda quanto il bisogno di sopravvivere, perchè il modello consumstico rivela che il nostro stesso essere e scopo sono calcolabili unicamente in termini di ciò che possediamo. Siamo finchè possediamo, siamo ciò che possediamo, di conseguenza siamo posseduti da ciò che possediamo, prodotti dai nostri prodotti, rifatti a immagine e somiglianza non più di Dio, ma della nostra stessa merce. Ci riveliamo essere 'beni di consumo' .L'idolatria esige da noi il suo pieno prezzo, ma veniamo derubati della nostra stessa umanità".
Il nostro sistema ci impone di adorare le cose, di trasformarci in esse... Ma possono le cose comunicare? Dunque se noi stiamo diventando cose che non comunicano, è inevitabile che anche noi diventiamo 'invisibili' gli uni agli altri. In questi termini è comprensibile come esplodano i nostri problemi: i suicidi, l'uso di droga, le fughe.
Non riusciamo a comunicare, a dirci più nulla, a incontrarci. Neghiamo all'uomo la sua grandezza, il saper comunicare, e lo consideriamo per quanto possiede.

LA NECESSITÀ DELL'IMPEGNO PERSONALE INDIVIDUALE E SOCIALE
L'attuale situazione politica e le imminenti elezioni lo dimostrano, è un riciclato del passato.
Neppure il vento di "mani pulite" ha spazzato via il vecchio, nè ha fatto nascere il nuovo.
Per questo non condivido l'ottimismo del giudice Colombo, che vedrebbe la società in cambiamento.
Abbiamo una grave responsabilità: non si è fatto nulla per far nascere dal basso una nuova mentalità, volti nuovi, espressioni di pulizia, di trasparenza. La nostra società è rimasta uguale e perciò mi appello ai giovani.
Bisogna rimettere radicalmente in discussione il sistema economico che crea lager come Korogocho e che ci uccide perchè ci rende "cose". Dobbiamo cominciare a riflettere impegnandoci su due versanti: quello personale e quello sociale. Sul versante personale ritengo debbano impegnarsi tutti, anche i credenti che si sentono amati e trasformati da esperienze di preghiera, commossi dall'amore del Signore. A costoro chiedo di trasformare la realtà che li circonda; diversamente, sarà questa a ricondurli a quei pagani che erano.

UNA DUPLICE PROVOCAZIONE
Credo sia utile una duplice provocazione. Molti di noi hanno gioito alla caduta delle dittature dell'Est. Secondo il marxismo l'uomo è formato dalle strutture della società. I marxisti, cambiando le strutture sociali, ritenevano nascesse l'uomo nuovo. Ma all'Est l'uomo nuovo non è nato, pur rimanendo valida l'intuizione della dottrina di Marx.
Non è dunque cambiando solo le strutture sociali che si cambia l'uomo.
Anche l'esperienza cristiana sostiene che cambiando la persona cambia la società, ma ciò non è avvenuto completamente. L'arcivescovo cattolico Dorber ha dimostrato come l'esperienza cristiana abbia trasformato radicalmente alcuni individui: Francesco, figlio di Bernardone, da ricco mercante ha mutato completamente la sua esistenza.
Eppure non c'è stata in 20 secoli di storia una sola esperienza di società trasformata dal vangelo. Nel '91 sono stato in carcere a trovare Curcio, che aveva chiesto di parlarmi. Mi diceva: "Alex, lo sbaglio che ho commesso è stato credere, secondo Machiavelli, che il fine giustificasse i mezzi. Ora la mia conversione consiste nel credere che ogni persona sia fine a se stessa e che non si possa usare nessuno, per quanto buona sia la causa; ogni volto è un volto e non si può strumentalizzare nessuno."
Per convertirsi è necessario partire dal fatto che ogni persona è parte di una struttura, di una società che, per il 90% l'ha già condizionata. E se l'individuo non cerca di trasformare la rete attorno a sè, l'ambiente lo farà ritornare come prima. È su questa base che bisognerà impegnarsi: guardare i volti, le singole persone, ma nella consapevolezza che si coniugano strutturalmente e socialmente.

VEDERE IL VOLTO DELLE VITTIME
Sono stato invitato da due giornalisti alla trasmissione "Tempo reale"del TG3 condotta da Santoro. Mi sono sentito coinvolto in una gabbia di pazzi. Attorno a me c'erano alcuni uomini politici, rappresentanti dei tre maggiori partiti dell'Italia di oggi, guardavano filmati girati nelle piazze d'Italia, che denunciavano il razzismo verso gli zingari, equivalente a quello delle manifestazioni organizzate dal Ku Klux Klan americano. Sono uscito frastornato, senza riuscire a parlare. Ai giornalisti che mi avevano accompagnato ho confessato la mia commozione condivisa da entrambi, perchè anche loro avevano visto "il volto delle vittime". Erano stati a Moputo, in Mozambico, per 3 settimane a contatto con dei ragazzi di strada. Su questa loro esperienza sconvolgente avevano scritto un libro, cui ho dedicato la prefazione: Il vedere il volto delle vittime del nostro sistema deve farci indignare; senza indignazione, senza passione, non potrà mai succedere nulla in questo mondo.
La passione e la capacità di "soffrire con" sono i nemici del mondo imperiale. L'economia imperiale, che è la nostra, è escogitata a bella posta per mantenere la gente sazia, in modo che non veda. La politica imperialista è creata per impedire che il grido degli emarginati arrivi fino a noi. La religione imperiale è un oppio perchè nessuno si accorga della sofferenza reale nel cuore di Dio.
Il nostro sistema impedisce di guardare in volto le vittime, ma anche di guardarci in volto, di comunicare, perchè ci ha trasformato in "cose".
Il compito che spetta ai giovani è immane, decideranno loro del futuro dell'umanità. Il 2000 è nelle loro mani per il bene e per il male: dovranno darsi da fare perchè vinca la vita.