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Dal "GRANMA" di Mercoledì 9 Agosto 1995 - L'Avana
Fidel alla chiusura del Festival Internazionale Giovanile "Cuba Vive"

PIÙ CUBA RESISTE PIÙ LA SI RISPETTA;
E CUBA È DISPOSTA A CONQUISTARSI TUTTO IL RISPETTO DEL MONDO.

Discorso pronunciato dal comandante in capo Fidel Castro Ruz, primo segretario del Comitato centrale del partito comunista di Cuba e presidente del Consiglio di Stato e dei Ministri, alla chiusura del festival internazionale giovanile "Cuba vive", svoltosi nel teatro Carlo Marx il 6 agosto 1995, anno del centenario della morte di José Martí.
(nostra traduzione tratta dalla versione tachigrafica del Consiglio di Stato)



Cari compagni, amici cubani e non
qui realmente, lo dico in tutta sincerità, mi sembra non ci sia più nulla da dire, anzi si è già detto tutto meglio di come potrei dirlo io; ma le pressioni degli organizzatori, e di Viky principalmente, mi hanno indotto a pronunciare alcune parole, purtroppo con un inconveniente: con una voce che si è dichiarata in sciopero. Che faremo? Non le possiamo lanciare gas lacrimogeni, né possiamo reprimere lo sciopero con cisterne di acqua o con i modi che vediamo adottati ogni giorno in altri paesi. Cosi continuerò con questa voce, cercando di adempiere al mio compito nel modo migliore.
Sono presenti due gruppi: uno ha partecipato a questa giornata, conosce i temi affrontati e le idee esposte; l'altro è quello di coloro che non sono stati presenti durante questa giornata.
Abbiamo inoltre l'onore della presenza del corpo diplomatico. Che mal di testa essere membro del corpo diplomatico in una manifestazione come questa! Lo so per esperienza. Se si applaude dicono che i diplomatici hanno applaudito, se non si applaude, dicono che non hanno applaudito, se alcuni si alzano in piedi e altri restano seduti, dicono: "I diplomatici sono rimasti seduti." Ciò è avvenuto quando avete cominciato ad esclamare: "Cuba Vive!" e, chiaramente, i diplomatici per disciplina sono rimasti seduti; ma credo che nessuno di loro non desideri che Cuba viva.
Robertico, nel suo intervento di questo pomeriggio, ha fatto realmente una brillante esposizione dei concetti e delle idee fondamentali che riguardano la nostra Rivoluzione. Penso che anche Viky abbia fatto un magnifico discorso, pertanto questa sera sono rimasti pochissimi argomenti di cui parlare.
Preferisco pensare, in primo luogo, al mondo in cui vi è toccato vivere, ai giovani che sono qui rappresentati, ai quali principalmente mi rivolgo. A nostro giudizio, cioè a giudizio dei rivoluzionari e di chi non è pessimista, (noi del resto non possiamo esserlo) questo è un mondo molto complesso.

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ALLE NUOVE GENERAZIONI, DI CUBA E DI TUTTO IL MONDO, SI PRESENTANO PROBLEMI MOLTO SERI

Si parla con gioia del fatto che siamo a pochi anni dal 2.000, e si parla del prossimo secolo. Ciò che l'uomo tarda a perdere è la speranza; ma ci sembra che alle nuove generazioni, che voi rappresentate, ai bambini di Cuba e di tutto il mondo spetta affrontare problemi gravi, e non parlo solo dei problemi dell'ambiente. Per la prima volta ci si è interrogati sulla possibilità che il mondo possa sopravvivere alla distruzione della natura e degli ambienti umani, situazione che si fa sempre più evidente e preoccupante. Si parla già da alcuni anni dell'effetto serra, del buco dell'ozono e di altri simili problemi, le cui conseguenze sono visibili anche a Cuba.
Il mondo è testimone di ciò che sta accadendo: alcune ondate di calore terribile hanno provocato la morte di quasi 1.000 persone negli Stati Uniti , in Inghilterra e in altre zone d'Europa e del mondo. Questi sono gli anni più caldi del secolo: già stiamo subendone le conseguenze, che non sono, comunque, le più gravi. Assistiamo a strani fenomeni atmosferici come il ciclone che, mentre attraversava la Florida, provocava piogge violente anche nel nostro paese, a centinaia e centinaia di chilometri di distanza.
Di come l'uomo vada distruggendo gli ambienti naturali e li vada sfruttando e dissanguando, abbiamo avuto prove recenti nel contrasto tra il Canada e la Comunità Economica Europea, quasi una guerra, per i banchi della pesca ...
Importanti zone di pesca nell'Atlantico meridionale e in altri mari si stanno esaurendo.
La popolazione mondiale si avvicina ai 6 miliardi di abitanti previsti nel 2.000: mi hanno regalato tre apparecchi o congegni, grazie ai quali è possibile osservare la crescita della popolazione al secondo e al minuto.
I fenomeni della siccità aumentano in alcune parti, mentre tremende inondazioni si sono verificate in Cina, causando ingenti danni con migliaia di morti lì come in altre parti del mondo. È provato che i livelli dei mari si stanno alzando ogni anno.
Ormai l'uomo sta sperimentando in modo evidente gli effetti della distruzione dell'ambiente naturale. È spaventoso sentire il numero di specie, vegetali e animali, che vengono distrutte ogni giorno e tutto ciò sotto i nostri occhi.
È chiaro che l'umanità in crescita si troverà di fronte a problemi ecologici enormi, e voi sarete testimoni di ciò. Ma voglio riferirmi fondamentalmente a un altro aspetto della questione: l'aspetto politico e sociale.
Il secolo che sta per venire e di cui tanto si parla sarà forse il secolo dell'egemonia unipolare, del dominio totale della politica mondiale da parte di un solo paese o di un gruppo di paesi? Sarà il secolo della globalizzazione dell'economia, del trionfo completo delle imprese transnazionali, dell'imposizione di un nuovo ordine economico mondiale assai peggiore di quello che abbiamo oggi? Che resterà a quei paesi che costituiscono i tre quarti dell'umanità? Che garanzie o sicurezze avranno? Potranno competere con le tecnologie più moderne e sviluppate? Quali saranno i loro mercati ed i prezzi dei loro prodotti? Che posto avranno nel mondo? E non si tratta più soltanto di quelli che erano chiamati paesi del Terzo Mondo, si tratta persino di paesi come l'Unione Sovietica e gli ex paesi socialisti, che sono passati, di fatto, a far parte del Terzo Mondo negli indicatori economici, nel Prodotto Interno Lordo, nelle loro possibilità di competere e di trovare mercati. Questi paesi vengono ad ingrossare il numero, potremmo dire, dei poveri della terra.
Sono appena state fissate le norme per regolare il commercio internazionale, contenute nella cosiddetta Ronda dell'Uruguay, il GATT - l'attuale Organizzazione Mondiale del Commercio - e già, praticamente, le grandi potenze iniziano a violarle.
Abbiamo visto i metodi utilizzati dagli Stati Uniti per risolvere i contrasti e per superare la concorrenza dell'Europa e del Giappone: con la minaccia di guerre commerciali e altissime tariffe doganali impongono le loro condizioni al resto del mondo, compreso il mondo sviluppato.
Sono sorte nuove teorie che aggiornano il vecchio concetto di imperialismo. Nella storia abbiamo già conosciuto un imperialismo secolare, quello dell'Impero Romano, il cui Campidoglio credo sia servito da modello al Campidoglio di un nuovo impero, quello degli Stati Uniti.

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GIÀ IN MOLTE PARTI EMERGONO LE MOSTRUOSE CONSEGUENZE DEL NEOLIBERISMO

Durante la Rivoluzione Cubana, iniziata nel 1959, si parlava di imperialismo, di colonialismo, di neocolonialismo. Nello scenario internazionale si insisteva molto su simili idee, si studiavano e si analizzavano questi concetti; ora alcuni pretendono che il nuovo secolo sarà quello del neoliberismo.
Effettivamente con la caduta dei paesi socialisti e dell'Unione Sovietica le teorie imperialiste si sono rivelate con forza: era veramente arrivata l'ora di fare i conti, di impadronirsi dell'economia mondiale. Tutte le istituzioni di credito internazionale e tutti i governi dei paesi sviluppati hanno imposto il modello neoliberale. Già cominciamo a vederne le conseguenze.
Non è piacevole menzionare paesi; non voglio dar dispiacere a qualcuno dei presenti o dei rappresentanti di qualche nazione. Sono però già evidenti in molte zone le mostruose conseguenze del neoliberismo.
Già due anni fa si parlava dei problemi sociali prodotti dal neoliberismo. Maestri, medici, professionisti che venivano per congressi a Cuba si lamentavano per la soppressione dei crediti e delle spese per l'educazione, la salute, la sicurezza e lo sviluppo sociale. Ancora non si vedeva chiaramente la crisi economica causata dal neoliberismo, crisi che si comincia a percepire ora sotto forma di indici di disoccupazione, che in alcuni stati si sono triplicati in appena due anni, o di grandi problemi finanziari che rovinano in breve tempo l'economia di un paese da un giorno all'altro, o di nazioni con enormi risorse naturali ed ingenti entrate, ma che sono sull'orlo dell'esplosione sociale per la quotidiana battaglia fra i lavoratori, la polizia e i corpi repressivi, nell'America centromeridionale e in altri continenti. Alcuni paesi hanno stabilito chiaramente che non accetteranno il neoliberismo, che lo eviteranno a tutti i costi.
Ci sono nostri amici, personalità importanti, che ci hanno inviato messaggi dicendoci :"Noi non sappiamo verso cosa state andando, ma vi consigliamo di non andare nella nostra direzione." E si tratta di amici coinvolti in quest'ondata di neoliberismo e impegnati in questa politica.
Gli effetti sono già tali che persino organismi internazionali, come il Fondo Monetario e la Banca Mondiale, parlano di sviluppo sociale, sono disposti ad offrire crediti per lo sviluppo sociale, hanno cominciato a preoccuparsi seriamente per la polveriera che stanno creando dappertutto, e specialmente in America Latina. Nonostante gli indici macroeconomici di cui parlano, la realtà di tutti i giorni presenta una situazione terribile e disperata.
Bisogna privatizzare tutto! Beh! già hanno privatizzato quasi tutto. Hanno sanato i deficit del bilancio con le entrate delle privatizzazioni, ma ormai le proprietà degli Stati sono finite; proprietà create in decine di anni stanno scomparendo in virtù di questa pratica e di questa filosofia, ormai non resta più niente da privatizzare.
Ho letto ultimamente in un telex uno dei risultati di queste privatizzazioni: in un paese sudamericano, dove è stata privatizzata una fabbrica di aerei, è arrivata una multinazionale ed ha ridotto il numero dei lavoratori di quell'industria da 1.200 a 400. Non si può dire che in questo modo si risolveranno i problemi della disoccupazione.
Ora i teorici del neoliberismo stanno inventando qualche rimedio per combattere la disoccupazione, le grandi istituzioni bancarie parlano di cosa fare per lo sviluppo sociale, ma il problema essenziale è uno: capitalismo e sviluppo sociale sono stati, sono e saranno, eternamente inconciliabili. Capitalismo e saccheggio, saccheggio dentro e fuori del paese, sono inseparabili. Capitalismo e disoccupazione sono inseparabili.
Ci sono paesi in Europa che hanno più del 20% di disoccupazione e la famosa riconversione industriale ha prodotto ancor più disoccupati. Sempre in Europa ci sono paesi che hanno dovuto sradicare milioni di piante di olivo, dalle quali si produce un eccellente olio senza colesterolo, sostanza che toglie il sonno ai ricchi, oggi; i poveri praticamente non hanno problemi di colesterolo.
Decine di milioni di ettari di terra lasciata incolta, sussidi ai contadini per non produrre alimenti, milioni di capi di bestiame che si sacrificano perché si alzi il prezzo del latte, dichiarazioni della FAO che la produzione di cereali diminuisce, e ciò farà aumentare i prezzi dei cereali, che vengono comprati dai paesi del Terzo Mondo, perché si sa che nei paesi tropicali il grano non si produce e lo stesso mais si produce in condizioni molto diverse. (Non lo dicano a noi cubani, che abbiamo cicloni, siccità, calamità, ecc.) È nel clima delle zone temperate che si producono i cereali fondamentali. Solo il riso, che ha basso contenuto proteico, cresce facilmente ai tropici.
Uccidere animali e assassinare uomini per fame, distruggere piantagioni, limitare o dare sussidi per la non produzione di cereali: che razionalità c'è in questo modo di agire, in un mondo che cresce, che soffre problemi alimentari sempre più gravi? Queste notizie non sono belle per i paesi poveri del mondo.
E se ci sarà un TLC (ndt. Trattato di Libero Commercio) per tutta l'America Latina soggiogandola all'economia degli Stati Uniti, nessuno potrà prevedere le conseguenze.
Probabilmente paesi che storicamente hanno sempre coltivato mais, smetteranno di produrlo, perché non riusciranno a fare concorrenza al mais nordamericano.
In tal modo si sta intrecciando tutta una serie di meccanismi e di piani che possono far felici i paesi con uno sviluppo anche cento volte maggiore di quello di altri, con possibilità di fare concorrenza, con tecnologie modernissime, con mezzi finanziari e crediti per competere con il resto del mondo, che non ha tutto questo e che dovrà affrontare già nei prossimi anni problemi ancora più gravi di quelli attuali.
In materia di informazione, è stato detto in una delle commissioni, il fenomeno della produzione audiovisiva per il divertimento è oggi un monopolio quasi esclusivo degli Stati Uniti, che hanno praticamente estromesso l'Europa e il resto del mondo da questo mercato, di cui conosciamo i prodotti, alcuni buoni, ma il resto è un'enorme massa di veleno.
Ci sono molti nordamericani che cominciano a preoccuparsi per la quantità di violenza e l'abuso di sesso che generano o ispirano questi programmi televisivi. Si discutono leggi e si studiano meccanismi tecnici per scegliere i film e creare in ogni casa un sistema per non vedere certi film - la cosa deve essere molto complicata - e credo che le reti televisive lo possano fare solo se aiutate dall'elettronica e dall'informatica, che è un vantaggio straordinario di cui dispongono tecnicamente.
Ma chi si preoccupa di noi, di quello che ci mandano, di quello che ci vendono?
Ora si parla già di autostrade dell'informazione, questioni nuove che serviranno a calzare, attraverso la propaganda e l'influenza sulla mentalità, quest'ordine economico che vogliono imporre al mondo. In questi trentasei anni di Rivoluzione sono avvenuti cambiamenti importanti, che abbiamo avuto il privilegio di osservare.
Ma di fatto esistono basi solide per accogliere la convinzione che questo mondo, che ci stanno disegnando per il prossimo secolo, non ha alcun avvenire. Entrerà in crisi, dovrà entrare in crisi, ed è in questo mondo che voi dovrete cercare di portare avanti le idee contenute nelle analisi delle commissioni sull'educazione, la salute, l'ambiente, la donna, il bambino, la cultura, l'occupazione, la democrazia e la partecipazione. E non vi dico queste cose per scoraggiarvi, assolutamente, anzi, lo dico per darvi ragione sui problemi che qui avete sollevato. Perché si può dire che in questo Festival Internazionale Giovanile ciò che avete fatto è elaborare un programma di lavoro, di lotta e un inventario dei problemi del mondo d'oggi.

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IN CERTI PAESI IMPORTANTI CI SONO FENOMENI DI TENDENZA POLITICA VERSO LA DESTRA

A tutto questo si aggiungono fenomeni di tendenza a destra della politica in certi paesi importanti, una virata verso posizioni reazionarie, non dappertutto, ma in un certo numero di paesi importanti, tra i quali gli Stati Uniti, e ciò gioca un ruolo decisivo nel mondo d'oggi e lo giocherà inevitabilmente nel mondo di domani. Una virata tremenda che stupisce coloro che hanno avuto notizie e informazioni della grande crisi degli anni ' 30, degli sforzi fatti ai tempi di Roosvelt per salvare il capitalismo, delle misure sociali per ridurre la disoccupazione, per migliorare le condizioni della gente, l'istruzione, la salute.
Bisogna anche dire che per molti anni all'interno degli stessi Stati Uniti ci sono state lotte, che hanno dato luogo a una serie di conquiste sociali: la lotta della popolazione nera per i suoi diritti, una lotta storica, la lotta delle minoranze nazionali, la lotta dei disoccupati, la lotta dei poveri, la lotta delle donne per ottenere una serie di miglioramenti. Tutto ciò oggi è chiaramente in pericolo a causa della tendenza a destra della politica degli Stati Uniti, anzi si arriva veramente a posizioni di estrema destra.
Ogni giorno escono nei telex notizie accordi nel Congresso degli Stati Uniti che gettano via tali misure o tali leggi, con tagli alle spese e alle risorse. Non si sa fino a quando la popolazione nordamericana resisterà a questa guerra contro i miglioramenti sociali, compreso le cosiddette Azioni Affermative, misure che sono state adottate per proteggere i settori più deboli e vulnerabili della società, in modo che possano ottenere lavoro e determinati benefici. Durante la guerra fredda si sono affermati pensieri politici e forze molto reazionarie che dispongono di risorse tremende e manovrano in questo modo. D'altra parte gli Stati Uniti ci hanno bloccato per tutti questi anni.
La gente di estrema destra può giungere a controllare quasi totalmente il potere negli Stati Uniti. Questo è un fattore da tenere in considerazione, perché può accadere che la situazione peggiori e che l'imperialismo nordamericano si faccia molto più aggressivo e molto più dannoso per il mondo. Basta dire che oggi alle Nazioni Unite vi sono due concezioni: quella di coloro che desiderano utilizzare le Nazioni Unite come strumento dell'impero per "santificare" i suoi interventi (ovunque, in qualsiasi luogo) e la sua politica internazionale, e c'è la concezione di coloro che desiderano far scomparire le Nazioni Unite, per esercitare il potere imperiale direttamente nel mondo, quindi desiderano togliersi il disturbo delle Nazioni Unite.
In relazione a Cuba, si discutono ugualmente due concezioni: quella di coloro che desiderano distruggerci dall'esterno - cioè con un blocco maggiore, con maggiore ostilità, con una minaccia maggiore di aggressione -, e quella dei "nobili e benevoli cavalieri" che desiderano distruggerci dall'interno, però tutti con il blocco.
Alcuni pensano che al blocco bisogna aggiungere anche altro per destabilizzare e distruggere la Rivoluzione, perché la famosa corsia due della Torricelli può avere solo qualche possibilità e qualche effetto tra la gente sciocca. Non bisogna essere un genio per sapere che non possiamo lasciarci prendere da questa politica, e allo stesso modo bisogna avere la serenità sufficiente per resistere all'altra variante.
Quando ci dicono che l'estrema destra ha conquistato non solo il Congresso, ma anche il governo degli Stati Uniti non ci spaventiamo, abbiamo già attraversato simili periodi, per quanto questi possano essere peggiori in quanto a ostilità e minacce dall'esterno. E, come qui diceva Viky, nessuno di questi fattori ci scoraggia.
Cuba è, a quanto sembra, importante, visto che siamo l'unico paese bloccato dagli Stati Uniti. In relazione al nostro paese si mantengono le più dure restrizioni. Gli statunitensi possono avere qualunque altra idea per qualunque altro paese, però riguardo a Cuba non vogliono cedere, almeno finora. Abbiamo resistito trentacinque anni e dobbiamo essere disposti a resistere per un tempo maggiore. Il nostro paese per difendere la sua indipendenza ha lottato quasi 130 anni e penso che i valori che ci hanno lasciato i nostri avi siano molto presenti nel nostro popolo.
È conveniente che i nostri amici nel mondo sappiano questo e che lo sappia il nostro popolo; e il nostro popolo lo sa. Sono ottimista: ho la sicurezza che ci sono riserve nel nostro popolo e ci sono possibilità nel nostro paese di sopportare tutto questo ed anche di continuare ad avanzare.
Mi vengono in mente esempi accaduti in alcuni paesi. Ricorderò ciò che accadde in Guatemala nel 1954, 41 anni fa. Si ebbe un movimento politico rivoluzionario, una speranza nell'America Latina e in Centroamerica oltre che nel popolo guatemalteco, con un legge di riforma agraria, con certe misure sociali, e immediatamente si organizzò negli Stati Uniti una spedizione mercenaria, come quella di Girón.
Invasero il paese, i rivoluzionari guatemaltechi non ebbero possibilità di difendersi e di sconfiggere quell'invasione, e si stabilì un governo repressivo, organizzato e creato dalla CIA e dal governo degli Stati Uniti. Durante questi 41 anni in Guatemala, che ha circa 10 milioni di abitanti e che ha visto raddoppiare la popolazione, sono scomparsi - è incredibile! - più di 100.000 persone. Questo è stato il risultato del trionfo mercenario.
Che ne sarebbe stato di Cuba se gli statunitensi avessero trionfato a Girón nell'anno 1961? Che sarebbe di questo paese, se avesse dovuto sopportare una controrivoluzione trionfante? La storia della Comune di Parigi sarebbe pallida cosa a confronto di questo. Tutti noi cubani sappiamo bene ciò che significherebbe smettere di lottare, smettere di resistere. Credo che la giornata di ieri sia stata una prova oggettiva dello spirito dimostrato dal nostro popolo qui nella capitale, dove abbiamo maggiori difficoltà.

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LA FAMOSA LEGGE HELMS-BURTON È TANTO BRUTALE CHE MINACCIA DI PRIVARE IL POPOLO DI TUTTO CIÒ CHE HA

Ora fanno i calcoli e non lo nascondono, perché la Legge Helms-Burton, aggressiva e ripugnante, è tanto brutale che praticamente minaccia il nostro paese, come ha spiegato Alarcón varie volte, di privare il popolo di tutto ciò che ha. Praticamente non gli resterebbe una scuola, non gli resterebbe un circolo infantile, non gli resterebbe un centro di educazione per invalidi, non gli resterebbe un ospedale, né il medico di famiglia. Se venissero ad applicare le misure che hanno preteso da altri paesi, è possibile che lascerebbero il cento per cento dei medici di famiglia disoccupati: con che cosa e perché dovrebbero pagarli?
Praticamente tutti gli agricoltori di questo paese perderebbero le loro terre, eccetto alcuni che già erano i vecchi proprietari, mentre l'immensa maggioranza degli agricoltori è proprietaria perché la Rivoluzione le consegnò la terra. Tutte le UBPA (Unità di Base di Produzione Agricola), tutte le cooperative, perderebbero tutte le loro proprietà.

In un paese come Cuba, dove l'85% delle famiglie è proprietario della sua abitazione, grazie alle leggi della Rivoluzione e all'opera della Rivoluzione, tutte queste famiglie perderebbero la proprietà della casa. È qualcosa di tanto stupido che noi siamo stati quasi sul punto di inviare un telegramma di ringraziamento a Helms e a Burton, e dir loro: " Molte grazie, guardate che ci state aiutando".
Come ha detto lo stesso Clinton, in accordo con questa Legge Helms-Burton gli indennizzi che Cuba dovrebbe pagare non sarebbero limitate ai soli 5 o 6 miliardi di dollari per quelle che furono proprietà nordamericane. Ci sarebbe comunque già da discutere sull'entità di questa cifra, ma se lo desiderano, possiamo persino accettarla, però sarebbe necessario fare il conto delle decine di miliardi di dollari che loro devono a noi come indennizzo per il blocco. Saremmo perfino disposti a pagare le proprietà nordamericane, se ci indennizzassero.
Dicevo che, secondo i calcoli di Clinton, la legge menzionata richiede che si paghino 100 miliardi di dollari, includendo le proprietà di cubani che sono divenuti nordamericani, mentre il blocco proseguirebbe fino al completo pagamento dei 100 milioni. Alcuni si sono resi conto dell'enormità della richiesta e hanno cominciato a parlare della necessità di alcune modifiche, ma per noi è esattamente la stessa cosa. Sappiamo quello che significherebbe se questo paese cadesse di nuovo nelle mani degli Stati Uniti, con o senza legge Helms-Burton. Ciò che dicono sia accaduto in Indonesia o in Guatemala sarebbe una sciocchezza.
È inconcepibile credere che i cubani farebbero come all'epoca dei romani quando nel circo gli schiavi gridavano: "Viva Cesare, quelli che vanno a morire ti salutano". È come se ci fosse un solo cubano qui disposto a dire: "Viva l'imperatore!" o "Viva l'impero, noi che andiamo a morire piegheremo la testa affinché ci eliminino!"
Loro devono sapere che qui non c'è nessuno che non sia disposto ad impugnare un'arma e che non combatta fino alla fine, fino ad una morte veramente gloriosa; ciò che è inglorioso è offrire il collo affinché l'impero lo tagli. Loro sanno che questo non può accadere e che non accadrà mai, nonostante le idiozie che dicono. Dovrebbero insegnar loro qualcosa tutti questi anni di resistenza e lotta di Cuba, che non accetterà mai quel destino.
Voi, nostri amici, comprenderete che abbiamo ragioni solide e profonde per pensare così. Anche se non si trattasse di difendere la vita di ogni cittadino di questo paese, se si trattasse solo di difendere le idee della Rivoluzione, varrebbe la pena una e mille volte di lottare fino alla morte.
I cristiani, che in un certo momento della storia furono i primi comunisti, si lasciavano divorare dai leoni, ma non rinunciavano alla loro fede cristiana. Noi non saremo meno di loro, perché crediamo che i valori e le idee che difendiamo sono comparabili alle migliori idee per le quali gli uomini sono stati disposti a morire, e preferiremo sempre morire, piuttosto che rinunciare alla nostra fede rivoluzionaria.
La rivoluzione è la nostra religione, il che non esclude che qualunque uomo, incluso un rivoluzionario, possa averne qualche altra. Non ci aspettiamo un premio, perché credo che essere rivoluzionario - come disse il Che - sia il più elevato gradino della specie umana.
I rivoluzionari non si aspettano nulla, si dedicano in maniera totale ad una causa, alle sue idee, ai suoi nobili obiettivi, senza aspettarsi nulla. Senza sminuire in nessun modo qualunque altra convinzione, direi che questa è la vera convinzione rivoluzionaria, la convinzione più nobile e più profonda che sia mai esistita, e mi riferisco alla convinzione rivoluzionaria socialista e comunista. Vi parlo veramente con il cuore.
Questo ci rimanda ad alcune delle cose menzionate qui e delle quali ho in parte parlato il 26 Luglio: su cosa stiamo facendo e su come lo stiamo facendo.
È toccato al compagno José Luis l'aspro e duro compito di spiegare cosa e come stiamo facendo sul terreno dell'economia. Viky mi raccontava che causavano inquietudine in molti visitatori i rischi che nascondono le misure che stiamo prendendo. In una delle risoluzioni questa inquietudine sembra espressa in modo chiaro, in un paragrafo.
Io penso che hanno ragione coloro che si preoccupano perché si tratta di un tema e di una inquietante. Quale effetto avrà sul destino della Rivoluzione questa apertura che stiamo facendo, queste misure che stiamo prendendo? E se come conseguenza diventeremo diversi da quello che siamo oggi? E se queste misure ci corromperanno.
Stiamo introducendo elementi di capitalismo nel nostro sistema, nella nostra economia, perciò parliamo anche delle conseguenze che osserviamo nell'uso di questi meccanismi. Sì, lo stiamo facendo.
Non dimenticate che siamo un'isola circondata dal capitalismo perfino sopra, nello spazio cosmico, che è pieno di satelliti, sui quali non abbiamo assolutamente nessuna proprietà. Voi potete avere la sicurezza che se un cane va al parco a fare i suoi bisogni, i satelliti nordamericani lo scoprono, lo osservano, lo fotografano.
Hanno riempito il mondo di satelliti e lo spiano tutto. Se noi parlando per telefono con qualunque paese dicessimo cose che non si devono dire per telefono, saremmo grandi idioti. Non c'è conversazione telefonica ufficiale di questo paese che non la captino; non c'è conversazione con personalità politiche o con imprese di una certa importanza che non la captino, perché il blocco è molto più che proibire di vendere o di comprare. Il blocco è una persecuzione incessante contro ogni attività commerciale che il paese cerca di realizzare.
Come ho detto recentemente, alcuni capitalisti vengono qui con le loro abitudini di corruzione, ma ci sono molti che sono capitalisti seri, che non vogliono corrompere le gente o tendere trappole. C'è da discutere molto con loro, ed è logico, è la legge del capitalista, discute molto, negoziare tutto, qualunque cosa . Ma bisogna parlare sottovoce, all'orecchio, e dire: Ascolti, non parli per telefono ad un altro paese di questo.
A tanti abbiamo dato questo consiglio, ma in alcuni casi non lo hanno seguito: hanno chiamato per telefono, mandato un fax o qualcosa su un affare, e dopo pochi giorni avevano l'ambasciatore nordamericano in casa, o il console, o un funzionario; ma molte volte l'ambasciatore.

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IL BLOCCO È QUALCOSA DI SERIO, È UNA PERSECUZIONE INCESSANTE, RINCARA TUTTO

Non sarebbe tanto facile per noi andare verso il capitalismo perché gli yankee si incaricherebbero di evitarlo, non lo desiderano. Quando dico Yankee sto applicando il senso dispregiativo a quelli che ci vogliono male, non come concetto applicabile al popolo nordamericano.
Loro non vogliono che noi facciamo nessun affare, né che investiamo in nulla, né che conseguiamo un credito, né che privatizziamo qualcosa. L'unica cosa che vogliono è la testa di tutti noi, e neppure si sono disturbati a discutere il prezzo.
Però il blocco è qualcosa di serio, è una persecuzione incessante, rincara tutto: le mercanzie bisogna cercarle a migliaia di miglia di distanza; le navi non possono fermarsi in nessun porto nordamericano, quindi il trasporto è più caro; i crediti a breve termine sono carissimi, tutto diventa più caro e più difficile per il paese. Il blocco, in realtà, è molto più di quello che sembra e, chiaramente, ostacola le misure che stiamo prendendo.
Noi sappiamo cosa significa produrre una tonnellata di zucchero e quanto bisogna sudare. Quando la Rivoluzione trionfò, con una tonnellata di zucchero si compravano - non voglio sbagliarmi - 7 o 8 tonnellate di petrolio, per lo meno. Oggi a Cuba, con il prezzo che c'era al tempo del trionfo della Rivoluzione, con un milione di tonnellate di zucchero compreremmo tutto il petrolio di cui necessita il paese.
In questi anni difficili, a volte abbiamo dovuto comprare con una tonnellata di zucchero solamente 1,4 tonnellate di petrolio; quasi si sono posti alla pari lo zucchero e il petrolio, e guardate che costa lavoro ottenere una tonnellata di zucchero! Le transnazionali in molte parti arrivano e ottengono, dove ci sono giacimenti importanti di petrolio, produzioni a costo realmente molto basso.
La crisi del petrolio ha colpito pochi paesi nel mondo tanto quanto colpisce oggi Cuba; e questo da la misura di quanto le circostanze non siano facili per noi; esploriamo, ci sforziamo, cerchiamo combustibile nazionale.
Il periodo speciale sorge come idea nei piani di difesa in casi di guerra: che fare se si produce un blocco totale di Cuba da parte degli Stati Uniti e non entra nulla? Come sopravvivere in queste condizioni? Si chiama "periodo speciale in epoca di guerra" ma il crollo del campo socialista e la scomparsa dell'URSS ci hanno obbligati a conoscere il periodo speciale in epoca di pace, perché bruscamente, quasi dalla notte al giorno, è scomparso tutto il commercio con il campo socialista e con l'URSS.
Prima ci pagavano prezzi ragionevoli per lo zucchero; e non erano gli unici; la stessa Convenzione di Lomè non paga lo zucchero al prezzo del mercato mondiale, ma ad un prezzo molto più alto. Noi diciamo che il mercato mondiale dello zucchero è l'immondezzaio dello zucchero, perché lo si paga molto poco. Gli Stati Uniti compravano tre milioni di tonnellate di zucchero a Cuba, poi, per rappresaglia, ridussero a zero le quote e acquistano altrove lo zucchero ad un prezzo un po' più alto. Noi dobbiamo vendere il nostro zucchero ai prezzi del mercato mondiale.
Abbiamo perso da un giorno all'altro tutte le forniture di combustibile, di materie prime, di alimenti, di pezzi di ricambio per i macchinari, che erano di origine socialista. Due volte nella storia ci è accaduto questo. Quando cominciò il blocco degli Stati Uniti, quasi tutte le macchine e i mezzi di trasporto erano di origine nordamericana, e ora la situazione si ripete, perciò abbiamo subìto un doppio blocco. Le pressioni degli Stati Uniti su quegli antichi paesi sono state tali che si è sospeso quasi il cento per cento del commercio.
Il nostro paese ha dovuto sopportare tutto questo dalla notte al giorno, solo, senza nessuna istituzione bancaria mondiale che ci prestasse un centesimo, né il Banco Interamericano, né il Banco Mondiale, né il Fondo Monetario, nulla! Abbiamo dovuto arrangiarci solo con ciò che avevamo.
Come abbiamo detto poco fa, abbiamo perso il 70% delle importazioni del paese, e un paese che era arrivato alla elettrificazione di più del 90% della popolazione è rimasto all'improvviso con solo il 40% del combustibile che riceveva.
Io non so se c'è un paese in America Latina o nel mondo che avrebbe potuto resistere ad un colpo tanto forte come quello che ha ricevuto Cuba con il blocco inasprito, perché mentre avevamo delle buone relazioni economiche con il campo socialista e con l'URSS ci difendevamo molto meglio dal blocco, producendo zucchero e diverse cose, in un commercio crescente con quei paesi, ma che si è perduto bruscamente.
Credete che qualche altro popolo dall'America Latina avrebbe potuto resistere a questo colpo? Quanti giorni? Quante settimane? Potrebbe farlo una società diversa? Questo ha a che vedere anche con un'altra questione di temi politici che si è affrontata in "Democrazia e Partecipazione".
Potrebbe resistere Cuba senza il sistema socialista, senza il sistema politico ed economico che c'era nel nostro paese quando si produsse questa situazione?
Vi parlavo prima della questione economica, ed è meglio seguire un po' l'ordine prefissato

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COSA DOVEVA FARE UNA RIVOLUZIONE VERA, MARXISTA-LENINISTA, IN QUESTE CONDIZIONI?

Noi abbiamo perso ogni possibilità di ottenere capitali per investimenti, tecnologia, mercato; abbiamo perso tutti i mercati. Realmente, che doveva fare una rivoluzione vera in queste condizioni? Che doveva fare una rivoluzione marxista-leninista? Noi non abbiamo nessun timore di pronunciare questa parola.
Noi potremmo chiederci: Che avrebbe detto Marx? È quasi sicuro che ci avrebbe detto: "Sentite, non mettetevi a fare una rivoluzione socialista in un paese del Terzo Mondo. Aspettate che si sviluppi pienamente il capitalismo e allora, in virtù dello sviluppo delle forze produttive e degli altri presupposti, arriverà il momento di fare la rivoluzione socialista."
Se gli avessimo chiesto come fare una rivoluzione socialista alle porte degli Stati Uniti, credo che avrebbe detto: "Mi rallegro di aver dei discepoli tanto avventati là nel Caribe."
Voi sapete che si è discusso molto sulla possibilità del socialismo in un solo paese, o se il socialismo sia possibile quando già si sia scatenata la rivoluzione nei paesi più industrializzati come la Germania, l'Inghilterra, le nazioni dell'Europa. Su questo si è discusso per molti anni, ma Marx non è rimasto in Marx, né le dottrine del socialismo sono rimaste in Marx ed Engels. Sono venute altre grandi figure, grandi personalità del pensiero politico e rivoluzionario: venne Lenin, e c'è da dire che Lenin e quelli che fecero la Rivoluzione d'Ottobre credevano che per fare il socialismo era necessaria la rivoluzione in Europa. Ma poiché non si produceva la rivoluzione in Europa, adottarono la decisione di non arrendersi e costruire il socialismo in un solo paese.
Chiaramente, dire in un solo paese è alquanto relativo: era un paese con 22 milioni di chilometri quadrati (noi siamo un paese con 111.111 chilometri quadrati, come disse un geografo, per cui i ragazzi si ricordano della superficie di Cuba). Iniziarono la costruzione del socialismo e, in mezzo al blocco, iniziarono l'enorme prodezza storica di costruire il socialismo in un solo paese. Ma già Lenin pensò alla rivoluzione in Cina e alla rivoluzione nei paesi colonizzati, diede così un tremendo impulso e arricchì straordinariamente il pensiero marxista. Effettivamente si creò una forza che svolse un ruolo straordinario nel mondo e servì da contrappeso (o equilibrio).
Il mondo capitalista, terrorizzato dalle idee del socialismo, cominciò a preoccuparsi dei problemi sociali, della situazione dei lavoratori ecc., preoccupazioni che non aveva avuto mai. Non si possono contare i servizi che il campo socialista ha prestato al mondo e, soprattutto, l'esistenza dell'Unione Sovietica.
Recentemente commemorando la fine della Seconda Guerra Mondiale tutto il mondo ha dovuto ricordare, e lo ha ricordato, che l'Unione Sovietica ebbe 27 milioni di morti in quella guerra. Dirò di più, senza il socialismo il regime nazista si sarebbe impossessato del mondo per un periodo impossibile da precisare (saranno gli storici che potranno fare congetture); fu realmente questo paese socialista che frenò, che distrusse le migliori divisioni corazzate e motorizzate di Hitler e oppose resistenza - i dati sono irrefutabili, incontestabili - perché apparvero i carri armati dietro le linee sovietiche e la gente continuò a combattere.
In quella guerra, che iniziò con tecniche e tattiche nuove, la resistenza crollava in poche settimane. Diciamolo, gli inglesi resistettero ai bombardamenti, che furono molto forti e si trincerarono oltre la muraglia marittima con la loro poderosa squadra; altri paesi che non avevano una barriera naturale di questo tipo furono invasi e assoggettati. Abbiamo dei nobili iugoslavi, che lottarono tanto contro le divisioni di Hitler; questa Iugoslavia oggi distrutta e che appare assurda, incredibile vittima, in realtà, delle ansie di dissolvere tutto quello che sapeva di socialismo.
L'Unione Sovietica resistette, credo che fu una grande prodezza, e conosciamo anche la storia di tutti gli errori e di tutte le barbarie - se desideriamo usare una parola più forte - che si commisero in questo processo e che andarono dal culto della personalità fino al terrore, agli abusi del potere e alla collettivizzazione forzata

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BISOGNAVA PERFEZIONARE IL SOCIALISMO, NON DISTRUGGERLO

Il socialismo bisognava perfezionarlo, non distruggerlo; gli unici che hanno tratto guadagno dalla distruzione del socialismo sono stati i paesi imperialisti. All'inizio abbiamo assistito alla grande festa, ora tremano molti politici occidentali, perché non sanno quello che accadrà lì; è un paese del Terzo Mondo, esportatore di materie prime, con poderosissime armi nucleari e con rischi interni grandi, come abbiamo visto di recente. Credo che bisognasse lottare per la pace e per il disarmo, penso che un mondo più saggio avrebbe lottato per raggiungere quello che si poteva conseguire attraverso negoziazioni, senza la disintegrazione dell'Unione Sovietica.
Si è detto che questo è accaduto per errori del modello. Non è stato solo questo, non si può descrivere in una parola: si sono lasciati penetrare e influenzare dalla propaganda della società del consumo, dimenticandosi che questa è il frutto del colonialismo e del saccheggio di popoli per secoli. Si sono lasciati abbagliare dal capitalismo: molta gente credeva che in pochi giorni avrebbe vissuto come a Parigi, a Londra, o in altri luoghi noti; questa è la realtà. C'è stata ingenuità e incapacità, si è fatto di tutto per distruggere quello che milioni di soldati hitleriani non riuscirono a fare, per distruggere ciò che costò 27 milioni di vite in quella guerra: ben valeva la pena di salvare gli obiettivi e gli ideali per i quali lottarono. Dico che si sarebbe potuta concepire la pace; però c'è stata una concorrenza tra gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica nella corsa agli armamenti. E tutto il mondo sa oggi che la strategia di Reagan fu la strategia di rovinare l'Unione Sovietica, imponendole una corsa agli armamenti che andava più in là delle sue possibilità economiche.
Non si sono sbagliati solo i dirigenti sovietici, si sono sbagliati i dirigenti mondiali, perché non sono stati capaci di lottare per una pace vera senza disintegrare paesi interi, le cui conseguenze non si sa ancora quali saranno. Oggi, intanto, costituisce un peso tremendo per l'economia mondiale, che deve cercare decine di migliaia di milioni addizionali tutti gli anni per tentare di salvare la situazione lì, senza che nessuno sappia esattamente ciò che accadrà. La situazione è la seguente: una economia che andò integrandosi in più di 70 anni si è disintegrata rapidamente. In molti paesi, non in tutti esattamente, si sono destati odi e sentimenti nazionalisti molto forti. Tornerà un giorno, non c'è dubbio, il desiderio di creare un mercato comune in quei paesi che fecero parte dell'Unione Sovietica. Ma il fatto è che noi, come vi dicevo, abbiamo perso il mercato, abbiamo perso il commercio, abbiamo perso tutto, e dobbiamo, tuttavia, trovare una soluzione.
Come prima avevo chiesto cosa ci avrebbe risposto Marx, ora domando cosa ci avrebbe risposto Lenin, e sono sicuro che Lenin ci avrebbe detto: "Continuate a fare ciò che state facendo".
Il 26 Luglio dicevo, a proposito di questo, che un vero marxista - leninista fa ciò che stiamo facendo. Loro dovettero farlo, dovettero andare verso la nuova politica economica, la famosa NEP. Ma c'è qualcos'altro. In certi momenti Lenin impostava l'idea della costruzione del capitalismo sotto la direzione del proletariato. Per vostra tranquillità vi dico che non abbiamo pensato una cosa simile, non perché siamo in disaccordo con Lenin, bensì perché le circostanze sono diverse, posto che il nostro processo, che ha potuto contare sull'aiuto del campo socialista e dell'URSS, è avanzato molto, conta su forze molto solide e non deve impostare la questione in questi termini.
Già vi ho detto che se noi fossimo un paese di grande ricchezza petrolifera o con altre risorse simili, forse non saremmo andati verso lo sviluppo del turismo in grande scala. Conosciamo a memoria tutte le conseguenze dello sviluppo del turismo su grande scala; tuttavia, nelle condizioni del nostro paese, non potevamo prescindere dall'investimento straniero.

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NELLE CONDIZIONI ATTUALI NON POTEVAMO PRESCINDERE DALL'INVESTIMENTO STRANIERO

Già prima del crollo del campo socialista avevamo pensato a certe forme di investimento straniero per società miste in rami in cui non c'era altra soluzione. Eravamo ben coscienti che per molti anni avevamo combattuto l'investimento straniero e ci eravamo sentiti orgogliosi che il popolo fosse proprietario di tutte le sue risorse, di tutte le sue industrie e di tutti i beni del paese. Tuttavia nelle condizioni attuali non potevamo prescindere dall'investimento straniero in misura maggiore, perché avevamo bisogno di capitale, di tecnologia e di mercati. Sono fattori determinanti; il contrario sarebbe la paralisi, il ristagno per molto tempo. Tutto questo lo paghiamo caro. Già vi dico che qualunque prestito dobbiamo pagarlo molto caro, dobbiamo discutere tutto in condizioni molto difficili e di fronte ad una resistenza molto grande degli Stati Uniti; però dobbiamo farlo, non c'è alternativa.
Alcuni nostri amici ci hanno consigliato di dire che facciamo questo perché è una cosa molto buona. Dobbiamo dire la verità: abbiamo iniziato questo cammino fondamentalmente perché era l'unica alternativa per salvare la Rivoluzione e salvare le conquiste del socialismo.
Dobbiamo creare imprese miste in un tempo relativamente breve, dobbiamo accettare l'investimento straniero, dobbiamo fare ciò che facemmo per la depenalizzazione della moneta convertibile; e siate certi che ci dolse moltissimo ed eravamo coscienti delle diseguaglianze che creava. Però dovevamo farlo e lo abbiamo fatto.
José Louis lo ha spiegato: oggi funzionano praticamente due monete, giungerà il giorno in cui funzionerà una sola moneta. Non bisogna affrettarsi perché giunga questo giorno, bisogna lavorare con calma, con pazienza, finché funzioneranno unicamente monete nazionali. Abbiamo già il peso convertibile, lavoriamo in questa direzione; non potevamo rinunciare a quelle possibilità.
Costituisce, realmente, un privilegio grande avere un parente all'estero che può inviare 500 o 1.000 dollari, quello che sia, e alcuni possono disporre di questo aiuto mentre molti altri, umili lavoratori, che faticano nella raccolta della canna, nell'agricoltura e in altri luoghi, non dispongono di questa possibilità; però dovevamo farlo, dovevamo adottare misure di questo tipo, che sono quelle che vi hanno inquietato. E non le abbiamo prese come azione opportunista, ma come una azione rivoluzionaria, e lo abbiamo spiegato al nostro popolo cento volte.
Qualunque entrata che ottenga il paese per una qualunque di queste vie non è per arricchire nessuno, né per andare a finire nelle tasche di nessuno, è per il popolo fino all'ultimo centesimo, per comprare alimenti, per comprare medicine, per comprare combustibile perché ci sia la luce elettrica, per comprare materie prime indispensabili alla produzione, perché il paese possa marciare. E il paese, quali che siano le difficoltà, marcia, e marcia ordinatamente; e il popolo, quali che siano i sacrifici, comprende che questo era il cammino corretto, che questo era il cammino rivoluzionario. Naturalmente, senza il blocco, in questo paese si sarebbero investiti molti capitali.
Guardate ciò che è avvenuto in Cina, guardate ciò che è avvenuto in Vietnam, è stato un torrente di investimenti. Qui c'è stato un torrente di gente interessata, però c'è una muraglia tremenda, che si oppone agli investimenti nel nostro paese.

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È MOLTO IMPORTANTE CHE ABBIAMO FATTO QUESTO, COME TUTTO QUELLO CHE FACCIAMO, CON IL CONSENSO DEL POPOLO

In realtà, credo che sia sommamente importante che abbiamo fatto e facciamo tutto con il consenso del popolo; in altro modo non sarebbe possibile.
Nessuna di queste cose che ci dispiacciono ha smesso di dispiacere al popolo, molto sensibile, ultrasensibile a qualunque diseguaglianza, a qualunque privilegio, perché in queste idee lo ha educato la Rivoluzione. Però lo ha anche educato all'idea che bisogna salvare la patria, che bisogna salvare la Rivoluzione, che bisogna salvare le conquiste del socialismo, che bisogna conservare l'indipendenza e che bisogna mantenere il nostro diritto al futuro. Questo è assolutamente irrinunciabile ed è realmente molto stimolante per tutti noi il captare fino a che punto il popolo è stato capace di comprendere tutto questo. Solo un popolo con la cultura politica che ha il nostro paese oggi sarebbe stato capace di comprendere questo e sarebbe stato capace di lottare e di resistere.
Non stiamo ingannando nessuno. Possiamo dire che tutta la terra di questo paese è nelle mani dei contadini cubani e degli agricoltori cubani; possiamo dire che lo stesso vale per tutte le case, quasi tutte le fabbriche, tutti gli ospedali... qui non si è privatizzata una sola scuola, e il paese è il proprietario dell'immensa maggioranza delle sue ricchezze.
Allora, che dovevamo fare? Dovevamo scegliere. Prima che una fabbrica restasse chiusa o si deteriorasse completamente, se compariva qualche imprenditore capitalista che desiderava essere nostro socio nella produzione, non accettarlo sarebbe stato assurdo. Quando avvenne il crollo del campo socialista moltissime fabbriche rimasero senza combustibile , senza elettricità, senza materie prime, senza pezzi di ricambio. Se scaturisce una forma in cui la metà di questa fabbrica possa restare nelle nostre mani - e molte volte resta tutta la fabbrica e le società che facciamo sono di carattere commerciale - dobbiamo farlo, è logico farlo, è razionale farlo, è utile per il popolo farlo.
Noi non possiamo seguire il criterio di ciò che ci piace o non ci piace, bensì di ciò che è utile o non è utile alla nazione e al popolo in questi momenti tanto decisivi per la storia del nostro paese.
Se ci sono chilometri di spiaggia che possono essere utilizzati e noi non abbiamo il capitale per costruire gli hotel che occorrono e ci si presenta l'opportunità di qualche qualche operazione, di qualche società mista o un investimento, lo facciamo.
Gli hotel di Cuba sono o proprietà di Cuba, o di imprese miste, che non sono molte. Il lavoro dei nostri avversari ha influito molto nel limitare gli hotel che abbiamo nel paese; però, nonostante tutto, nel periodo speciale abbiamo costruito hotel.
Nel periodo speciale, con le nostre proprie risorse, abbiamo costruito importanti centri di ricerche scientifiche che sono proprietà della nazione. Il paese preserverà tutto quello che può essere preservato e negozieremo tutto ciò che può essere negoziato.
Tutto il sistema bancario esistente nel paese è proprietà della nazione. Ma se dobbiamo introdurre una determinata dose di capitalismo, la introdurremo; stiamo introducendo il capitalismo con tutti gli inconvenienti.
A questo proposito dirò che si può giungere ad avere un investimento, perfino, al cento per cento capitalista. Se questo capitalista ha tutto il capitale necessario, ha il mercato, ha la tecnologia che noi non abbiamo, si possono avere casi, persino, di una impresa al cento per cento di capitale straniero; in questo caso ci resternno l'impiego e le imposte: dovremo adattarci a questo.
Sarebbe meglio che la fabbrica fosse nostra, completamente: sarebbe meglio che tutti gli incassi fossero del paese e proprietà del paese.
Magari dovranno passare 50 o 100 anni o più, ma sempre, se il paese può trattenere qualcosa deve trattenerlo; se può preservare qualcosa deve preservarlo. Questo come principio; non abbiamo timore, né abbiamo complessi. Credo che stiamo facendo quello che i rivoluzionari devono fare in questo momento, perché un altro percorso sarebbe assurdo, un sogno impossibile.
La chiave di tutto, compagne, compagni e amici, è la questione del potere. Chi ha il potere? I latifondisti, i borghesi, i ricchi. Naturalmente parlo di latifondisti perché è quello che avevamo prima; qui oggi non ci sono latifondisti, gli unici latifondisti sono i lavoratori delle cooperative e delle Unità di base della Produzione Cooperativa, ecc. e ci sono decine di migliaia di piccoli agricoltori indipendenti.
Chi ha il potere? È il potere nelle mani dei borghesi, dai borghesi e per i borghesi?
È il potere nelle mani dei capitalisti, dai capitalisti e per i capitalisti?
La questione del potere è la chiave.

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ALCUNE DELLE COSE CHE STIAMO FACENDO SONO PER CERCARE EFFICIENZA ECONOMICA, PER PERFEZIONARE IL NOSTRO SOCIALISMO

Devo dire che persino alcune delle cose che stiamo facendo cercano efficienza economica e servono per perfezionare il nostro socialismo. Risulta chiaro, signori, che è molto difficile socializzare, collettivizzare, per esempio, la concia delle scarpe.
C'è stato un momento in cui qui si è nazionalizzato tutto; ma ci sono nella società, e ci saranno sempre, molti compiti che è più opportuno che uno o più individui li svolgano per proprio conto, e non che lo stato tenti di realizzarli, realmente. Siamo giunti a questa convinzione. Il lavoro per proprio conto nasce da determinate necessità e non unicamente per creare impiego o per promuovere entrate addizionali ai lavoratori, per quanto questi siano obiettivi fondamentali nelle attuali circostanze.
Prima di tornare al tema precedente, continuerò con la questione dell'impiego.
Rimanendo molte fabbriche senza materie prime o senza mercato interno o estero, si è prodotto un enorme numero di disoccupati. Che avrebbero consigliato i teorici del neoliberismo? Di lasciare tutta questa gente per la strada, di chiudere queste fabbriche o di mandare milioni di persone a patire la fame, senza ricevere niente. Noi non possiamo fare questo. E non si è lasciato disoccupato un solo lavoratore; hanno continuato a ricevere il loro salario, o una parte dello stesso, quando non c'era lavoro per loro. Se eccedevano qui, cercavamo un altro impiego in altro posto. Impieghi ne abbiamo, ma non tutti sono disposti ad andare a svolgere qualunque impiego e, tuttavia, abbiamo mantenuto una assistenza ai lavoratori.
Se la produzione cala bruscamente e la massa di denaro continua a circolare e a crescere, si produce un fenomeno molto dannoso, che non si può sopportare indefinitamente. Nei primi momenti è stato d'aiuto alle difficoltà iniziali applicare il principio che nessuno restasse disoccupato: come conseguenza, abbiamo cominciato a nuotare nel denaro, era un mare di denaro quello che stava per la strada e bisognava cominciare a raccogliere questo denaro, perché, quantunque l'immensa maggioranza della gente in questi anni ha lavorato con spirito patriottico, c'è sempre una percentuale che non ha lo stesso atteggiamento. Quando cominciava a sovrabbondare il denaro per le cose che si potevano comprare e che erano regolamentate, di due persone che lavoravano, uno cominciava a smettere di lavorare, e magari era una maestra, una professoressa, una infermiera, un tecnico che necessitava nella fabbrica, o nei servizi, nelle scuole, negli ospedali.
Supponiamo che in un ospedale cominci a mancare il personale, sebbene un 80% del personale vada lì disciplinatamente, un 20% non abbia nessuna necessità di denaro, non abbia il sufficiente spirito di sacrificio, la sufficiente comprensione, la sufficiente coscienza, e cominci ad assentarsi. Quando in un ospedale cominciano a mancare le infermiere o i tecnici o i lavoratori che contribuiscono all'igiene, l'ospedale comincia ad avere problemi ed accade lo stesso in una scuola e in molti altri servizi. Tutti questi problemi li abbiamo affrontati in questo mare di denaro e si è dovuto cominciare a raccoglierlo, ad applicare una politica di austerità molto grande, di risparmio, a ridurre il deficit, a ridurre i sussidi, perché già la situazione era tale che a qualunque persona per un dollaro si davano 150 pesos.
Cominciammo a prendere misure, ma che non furono dettate dall'alto. Bisognava aumentare i prezzi dei prodotti non essenziali, bisognava riscuotere le imposte, bisognava sospendere alcune gratuità, e tutte queste misure si discussero nell'Assemblea Nazionale, poi con i lavoratori, poi tornarono all'Assemblea Nazionale, poi tornarono ad essere ridiscusse con i lavoratori, con gli studenti, con i contadini. Non rimase un solo settore con il quale non si sia discusso uno, due, tre, anche quattro volte, spiegando loro la situazione, ed è stato adottato un insieme di misure, partendo dalla discussione e dal consenso del popolo.
I provvedimenti hanno cominciato ad essere applicati ed i risultati sono palpabili, sono stati raccolti in un anno circa 2.700 milioni di pesos in più degli 11 miliardi che si avevano. Persone che si erano ritirate dal lavoro cominciarono a tornare ad operare all'ospedale, a scuola, agli altri servizi. Bisognava creare nella popolazione una necessità di denaro e di salario, altrimenti i servizi, la produzione, tutto avrebbe cominciato a deteriorarsi seriamente. L'importante è stato il metodo, e i risultati sono quelli che vi ho spiegato, in fatto di raccolta del denaro.
Inoltre, oggi, difficilmente con un dollaro si può ottenere più di 35 pesos. Possiamo dire che siamo uno dei pochi paesi nel mondo in cui il peso si è rivalutato, e stiamo cominciando ad ottenere benefici dalle misure prese, che cominciano a dare impulso all'economia, ci stiamo preparando per affrontare la situazione. In nome di chi? Per chi? Per il popolo.

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SE IL POTERE È DEL POPOLO E DEI LAVORATORI, SI PUÒ FARE UNA POLITICA IN FAVORE DEL POPOLO

Torno all'idea, interrotta alcuni istanti fa, su chi ha il potere: se lo ha il popolo, se lo hanno i lavoratori, (non i ricchi, non i migliardari) allora si può fare una politica in favore del popolo, rispettando gli impegni che si sono concordati con determinate imprese straniere, rispettando gli interessi di tutti, perché non pensiamo di nazionalizzare nulla.
Per ogni affare è stato stipulato un contratto dettagliato: gli anni che dura ecc.; ma finché il popolo ha il potere, lo ha tutto. Per oggi, per domani mattina o per dopodomani, per l'anno 2.020 o 2.050 o 2.100, quello che il popolo non deve perdere mai è il potere.
Questa idea chiave è associata alla questione della democrazia e della partecipazione. Se noi dicessimo: pensiamo che il nostro sistema politico sia migliore di qualunque altro, ci sarebbe gente che sorriderebbe e gli sembrerebbe uno scherzo. Sono tanto abituati alle tossine politiche, come il fumatore incallito che fuma quattro pacchetti di sigarette al giorno o dieci sigari è abituato alla nicotina, altri magari all'eroina, altri alla cocaina, alla marijuana o a qualunque di questi prodotti. Il sistema sociale di quanti chiedono a noi di adottare, in nome di quale principio viene sostenuto? Visto che fino alla metà di questo secolo il mondo era pieno di colonie e in Occidente non si parlava molto di diritti umani, né si parlava molto della democrazia rappresentativa?
Ricordo da ragazzo, una mappa del mondo: in Africa, i possessi inglesi erano di colore rosso, quelli francesi di un altro colore; Francia e Inghilterra la possedevano quasi tutta - con il perdono degli ambasciatori qui, che rispetto e stimo. Parlo del passato, ambasciatori, non del presente -, e guardavo la mappa e non c'era un solo paese indipendente: i colori spagnoli, i colori francesi, i colori inglesi. Andavo all'Asia ed era lo stesso; la Cina aveva colori propri, ma tutto il mondo sa che era una semi colonia.
Cinquant'anni fa sapevamo quello che prevaleva nel mondo, e fu dopo la Seconda Guerra Mondiale che cominciò il movimento di liberazione delle colonie. L'America Latina sappiamo quello che era, senza eccezione, inclusi noi in questo: "yes man" o "yes sir", come diceva Robertico questa sera. Gli ordini venivano e, in generale, non si discutevano, si rispettavano e si adempivano; tuttavia, avevamo colori propri nella mappa. Con la guerra fredda e tutta la demagogia sulla democrazia rappresentativa, diverse teorie sono sorte dalla lotta contro la Rivoluzione e il socialismo. Gli alleati che vivevano sotto regimi di spaventoso terrore erano, ovviamente, esclusi.

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OGNI PAESE DEVE CREARE UN SUO MODELLO E DEVE AVERE IL DIRITTO DI FARLO

Non direi che il nostro modello abbia la pretesa di essere utile per tutti, non mi verrebbe in mente di dire questo. Credo che molte delle nostre esperienze possono essere utili per determinati paesi; credo però che ogni paese deve avere il diritto di creare il suo modello, e non può venire nessuno, in nome di niente, a voler imporre il modello che aggrada a qualche paese terzo. È come se noi inviassimo un messaggio alla regina d'Inghilterra, dicendo che lì deve avere una repubblica, perché, in caso contrario, stabiliamo un blocco contro la Gran Bretagna; o ci rivolgessimo a sua Santità, il Papa, e gli dicessimo che lì deve creare una camera di rappresentanti o un senato, o un voto universale di tutti i sacerdoti del mondo.
Cito questi esempi perché dimostrano quanto assurdo sia il fatto che tanta gente venga a dirci quello che dobbiamo fare. Bene, allora abbiamo imparato a dire: No, non ci aggrada! A volte è inutile ragionare, tornano con la stessa ricetta. Noi sosteniamo che il nostro modello è buono per noi, semplicemente questo, e non difendiamo il nostro modello, difendiamo il nostro diritto ad avere un modello. Ora, se volete, facciamo completiamo l'esempio con alcuni confronti.
Una delle tragedie di questo emisfero è che le sue lotte per l'indipendenza seguirono modelli europei e il modello nordamericano. Qui non solo ci recarono il modello, bensì ci recarono perfino il Campidoglio, ricopiato dal Campidoglio di Washington, - oggi è un centro di ricerca scientifica, perché la nostra Assemblea Nazionale si riunisce nel Palazzo delle Convenzioni, o qui, non in quel Campidoglio -. Già è storico il Campidoglio, già lo vediamo persino come un gioiello architettonico, e appartiene a L'Avana Vecchia, e persino il Campidoglio produce incassi; ma è centro di scienza e tecnica, biblioteca.
Tutti i giorni c'è uno scandalo nel mondo, in Europa, in America Latina, in Asia: partiti che rubano, partiti che ricevono milioni, voti comprati, le grandi transnazionali e le grandi imprese intervengono pesantemente. E io direi, come regola generale, alle democrazie rappresentative più fiammanti di questo mondo: chi è libero dal peccato lanci la prima pietra.
Ora, c'è qualche assemblea delle fiammanti democrazie che non abbia un solo migliardario, che non abbia un solo multimigliardario, che non abbia una tremenda lobby delle grandi imprese e delle grandi transnazionali? Ce n'è qualcuna che non abbia speso un centesimo in qualche elezione, che non abbia raccolto il suo denaro in un modo o nell'altro?
Come si può essere rappresentanti senza denaro? C'è qualche assemblea nel mondo che possa dire che nemmeno uno solo dei suoi rappresentanti - e noi ne abbiamo più di 500 - non abbia speso un solo centesimo nella campagna elettorale? E non voglio insistere oltre, per non offendere qualcuno.

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NEL NOSTRO PAESE ABBIAMO UNA ASSEMBLEA CON CARATTERISTICHE PECULIARI: NEL NOSTRO PAESE NON PROPONE IL PARTITO

Nel nostro paese abbiamo una Assemblea con caratteristiche che non ha nessun'altra: nel nostro paese non propone il Partito. C'è qualche paese in cui i partiti non propongono? Ce n'è uno, che si chiama Cuba. Propone il popolo! È una specie di democrazia ateniese, se non fosse che ad Atene c'erano patrizi e schiavi. I patrizi avevano tutti i diritti, gli schiavi nessuno; altre categorie di cittadini non le avevano. Per ogni uomo libero avevano lì, per lo meno, due schiavi; saranno stati un 30% quelli che avevano diritti politici. Una democrazia greca senza schiavi e senza cittadini privati di diritti pubblici.
È il popolo che si riunisce. Lì, nella circoscrizione, si riuniscono uomini e donne di carne e ossa, e propongono i candidati a delegati della circoscrizione; e sono loro quelli che eleggono, e sono questi delegati di circoscrizione i membri delle assemblee municipali, e sono loro quelli che propongono i deputati all'Assemblea Nazionale, non è il partito. L'Assemblea Nazionale elegge il governo. Non si riempiono le strade di cartelli, di tutta questa immondizia che vediamo nel mondo ogni volta che c'è una campagna elettorale.
Nel nostro paese impera il principio che il popolo propone e il popolo elegge. Ci sono molti paesi chiamati democratici in cui è il partito che propone: prepara una lista, già sa chi è il primo, il secondo, il terzo della lista, concordemente con alcune inchieste, saranno eletti deputati, e niente più. Sono i partiti politici che propongono, e nel nostro paese non intervengono. Non c'è multipartitismo, c'è milionpartitismo, perché ognuno degli 11 milioni di abitanti di questo paese ha diritto a proporre e ad eleggere. A nessuno dicono: "proponi questo", "proponi l'altro", "vota per questo", "vota per l'altro", Tutti lo sanno a memoria.
E come può spiegarsi il miracolo che il 97,1% vada a votare? E cosa vediamo nel mondo? Questa cifra non la raggiunge nessuno. Qui non c'è la minima frode, e sono i "pionieri" che controllano le elezioni. C'è qualche paese dove non ci sia il poliziotto o il soldato con la baionetta a controllare le urne, affinché non le rubino in un luogo per un altro, non cambino le carte, non cambino i voti e non cambino tutto? I giornalisti stranieri sono i primi che stanno al lato dell'urna mentre si contano i voti, per vedere se appare uno "slogan" controrivoluzionario, e allora fanno un sorriso, - alcuni, altri no - fanno la conta per vedere quanti sono i voti bianchi, quanti i controrivoluzionari. Vanno lì, sono presenti, non c'è nessuna restrizione per controllare lo spoglio delle urne.
È il nostro sistema, e la gente va a votare. E negli Stati Uniti, perché non vanno a votare? Ci va la metà. Eleggono il presidente con il 25% dei voti. Fiammante democrazia! E dopo il cittadino si dimentica, lo puoi portare persino in una guerra nucleare senza che se ne accorga. Si alza la mattina, legge il giornale e si accorge che stanno invadendo non so quale paese. Perché il signor presidente cammina con una valigetta? Beh, quelli delle potenze nucleari camminano con valigette! Ricordo che ai tempi della guerra fredda io mi chiedevo: E se il momento della crisi sorprende l'uomo nel bagno?
Nemmeno l'imperatore romano aveva questo potere. Una valigetta con la quale comincia a lanciare missili, perché dà il segnale. Molto rappresentativa questa democrazia! Non ci sono dubbi che è una meraviglia, signori. È per questo che nessuno va a votare, né credono nelle elezioni, né credono nella gente, né credono nei politici.
Nel mondo c'è una crisi di fiducia verso i partiti politici, e c'è molta gente che si propone per conto suo, lui solo, e riesce ad essere eletto. Ora, può un umile agricoltore, può un umile maestro, può un umile professore, senza un centesimo in banca essere deputato o senatore, per esempio, negli Stati Uniti? Può? Che differenza! Qui i nostri deputati non hanno un solo centesimo, né hanno bisogno di denaro, e devono ottenere più del 50% dei voti validi per essere eletti. Allora, la gente crede, vota.
Le ultime elezioni sono state un esempio. In pieno periodo speciale, la quantità di gente che ha votato e il modo in cui ha votato è stato realmente impressionante. Perché dovremmo cambiare questo? Perché dovremmo frammentare il paese in mille pezzi? A chi conviene che frammentiamo questo paese in mille pezzi? Come è accaduto in alcuni paesi dell'antico campo socialista: 25 partiti, 35 partiti, 45 partiti, e a uno vien voglia di dire: beh, questa non è una concezione multipla di partito, è una partita, ma di pazzi. Una cosa incredibile.
Ora, perché Cuba ha resistito? Per il suo sistema socialista, per il suo sistema politico. Quelli che auguravano il crollo, vedano quello che è accaduto al compimento di cinque anni. Più Cuba resiste e più la si rispetta, e Cuba è disposta a conquistare tutto il rispetto del mondo; né impareremo a succhiarci il dito; né aspettiamo di diventare idioti.
Questo popolo, tra le sue qualità, ha non solo quella di essere allegro, amante della baldoria e ribelle; questo è un popolo sveglio, è gente intelligente; ma sarebbe meglio dire con intelligenza coltivata, perché nel mondo c'è molta gente intelligente che non ha avuto l'opportunità di imparare a leggere e scrivere. Per una caratteristica nazionale, la gente è sveglia, pensa, riflette; non si può sottovalutare il nostro popolo.
Questo è il nostro sistema. Per quale motivo dovremmo cambiarlo? Ciò che dobbiamo fare è perfezionarlo, ed è quello che stiamo facendo ed abbiamo fatto con le ultime riforme alla Costituzione.

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DA 36 ANNI ABBIAMO FATTO IL TRANSITO E TUTTI I CAMBIAMENTI CHE C'ERANO DA FARE: NON CI SARÀ TRANSITO VERSO IL CAPITALISMO

Ci sono alcuni che dicono: "Bisogna adottare misure per il transito". Quale transito? Noi lo abbiamo fatto 36 anni fa assieme a tutti i cambiamenti che bisognava fare. Non ci sarà però transito verso il capitalismo.
Qui si diceva che Cuba non è il paradiso, né l'inferno, ma è il purgatorio.
Dicono che dal Purgatorio si esce, ma che dall'inferno non si esce mai . E se noi stiamo nel Purgatorio, non ritorneremo nell'inferno. Dall'inferno siamo usciti; per lo meno da Satana siamo scappati, aspettando tranquilli il nostro momento di raggiungere il cielo. Non è meglio così, Robertico? Perché nella risoluzione lo dicevate più o meno: (l'esempio cubano ndr) non è tanto buono come dicono, né tanto cattivo come lo dipingono. Dirò la verità: io credo che siamo meglio di come ci dipingono i nostri nemici, e un po' meno buoni di come ci descrivono i nostri amici, cioè non siamo tanto perfetti.
Onestamente, non potrei dire che siamo a metà del cammino, alla fine del periodo della Rivoluzione, nonostante l'opera che ha realizzato il nostro popolo, dopo aver resistito questi cinque anni, dopo aver affrontato il grande colosso del Nord, in un mondo che è diventato unipolare, anche perché siamo rimasti soli, voglio dire praticamente senza appoggio di nessun altro paese.
Se si ha il senso della storia e la gioventù è sufficientemente capace - e credo che sarà più che sufficientemente capace -, allora la storia dovrà consegnare la grande prodezza, la grande pagina che il nostro paese sta scrivendo in questo momento.
Non saremo il cielo, ma dovranno dare una medaglia olimpica a voi, non a noi, perché dipende da voi, soprattutto dalla nuova generazione, che la nostra Rivoluzione giunga fin dove deve giungere, a questo cielo di cui parlavamo poco fa, con il quale io so che Robertico è in disaccordo, perché ha già detto almeno tre volte che quello perfetto sarebbe il mondo più annoiato, no? Ma pensare che il perfetto esista, Robertico, è il più illuso del mondo, perché il perfetto di oggi già domani non è perfetto. Non disse quel filosofo greco che niente si bagna due volte nello stesso fiume? Così la perfezione di oggi è l'imperfezione di domani. Dobbiamo essere modesti, dobbiamo essere umili, ma non dobbiamo sottovalutarci. È quello che penso, e sto difendendo non la parte che mi tocca in questa questione, dove ho molta colpa in molte cose, e possono essere stati commessi molti errori; ma sto difendendo voi.
Cari compagne e compagni; stimati amici:
Volevate che io parlassi? Bene, allora io ho parlato...
Continueremo ora la nostra lotta con più fiducia, sapendo che nel mondo c'è tanta gente nobile e buona che ci comprende, che ci vuole vittoriosi, che desidera aiutarci, e che pone un granello di sabbia qui e là.
Non dimenticheremo questo incontro, e saremo pronti e agli ordini della gioventù nel mondo se, come abbiamo detto ieri, occorre organizzare non un festival internazionale, bensì uno mondiale.
Ora ne sono venuti circa 1.200, 1.300; con 10.000 se ne fa uno mondiale. Nel nostro paese c'è questa capacità di organizzazione.
Abbiamo una gioventù eccezionale, voi lo avete visto in questi giorni. Loro hanno organizzato tutto. Hanno ottenuto l'aiuto e la collaborazione di ogni persona che poteva cooperare con loro; ma sono stati loro ad avere l'idea; sono loro che hanno organizzato.
Se ha avuto successo, è giusto che riconosciamo la capacità di organizzazione della nostra eroica gioventù.
Dopo quello che vi ho spiegato oggi, non c'è niente di strano che io concluda dicendo anche con molta convinzione:
Socialismo o Morte!
Patria o Morte!
Vinceremo!
Ci vedremo ancora!

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