"116 delegati e invitati di 26 Paesi e tre rappresentanti di organizzazioni regionali ed internazionali convocati dalla OSPAAAL, si sono incontrati a Cuba, il solidale paese che soffre a causa della legge Helms-Burton e del disumano blocco economico imposto dagli Usa, per ricordare alle umane coscienze che il popolo di Portorico necessita la solidarietà delle donne e degli uomini del mondo, in difesa dei prigionieri politici di Portorico, chiusi nelle prigioni nordamericane e sottoposti a tutto ciò che va contro i diritti dell'uomo". Così leggeva una delegata nicaraguense, emozionata alla fine dei lavori di questo incontro internazionalista, durato tre giorni e svoltosi all'Avana.
Portorico appartiene, ma non è parte degli Stati Uniti, è stato ripetuto più volte: la sterilizzazione di massa delle donne di Portorico, il saccheggio delle risorse, il reclutamento forzato, pena la reclusione, la militarizzazione dell'isola... Questa è la realtà che vive una colonia nordamericana, come hanno confermato anche i rappresentanti di Hawaii, dove la lotta per l'indipendenza non è mai terminata, anche se non se ne parla. Oggi sono 15 i prigionieri politici di Portorico, tutti relegati in 15 prigioni degli Stati Uniti, (non rispettando nemmeno le leggi nordamericane che dicono che un prigioniero deve stare nel carcere più vicino alla sua famiglia), lontani l'uno dall'altro, lontani dalle famiglie, impossibilitati (spesso) di vedere anche il proprio avvocato, Luis Nieves Falcon, il coordinatore della campagna per la liberazione dei patrioti, che ha dedicato la vita a questa causa.
I prigionieri sono sottoposti ad ogni tipo di tortura: dall'ispezione fisica in ogni cavità del corpo fino ad otto volte al giorno, all'isolamento totale, con le luci accese giorno e notte, la mancanza di riposo, di aria, di sole... Silvia Baraldini è stata compagna di carcere di alcuni di loro.
All'incontro erano presenti alcuni ex prigionieri, parenti ed esiliati. Le testimonianze sono state strazianti. Due Commissioni hanno lavorato e stilato un documento finale in cui si chiede una volta di più la liberazione di queste persone, la cui colpa è quella di volere la loro patria libera ed indipendente. Moltissime le adesioni: per la prima volta tutti i rappresentanti politici a Porto Rico hanno richiesto la liberazione dei patrioti. Nove premi Nobel (l'Arcivescovo Desmond Tutu, Tandi Luthuli, Coretta Scott King, George Wald, Rigoberta Menchù, ecc.), prestigiosi intellettuali, artisti, organizzazioni dei diritti umani, sociali e religiose. Insomma si è finalmente costituita una coscienza collettiva. La parola d'ordine è stata: "È già ora di riportarli a casa".
Il documento finale puntualizza la volontà di reclamare di fronte all'ONU che Washington compia le disposizioni del Comitato di Decolonizzazione e del Movimento non allineato sull'indipendenza di Portorico.
Rafael Cancel Miranda, il grande patriota portoricano, ex prigioniero degli Stati Uniti, ha concluso i lavori a cui hanno partecipato anche Richardo Alarcon de Quesada, presidente dell'Assemblea nazionale del Poder Popular di Cuba, in apertura e Josè Ramon Balaguer del Comitato centrale del P.C.C., alla chiusura.
Portorico deve poter realizzare il suo legittimo desiderio di indipendenza ed autodeterminazione si legge nel documento finale, ed è arrivato il momento di porre fine alla dominazione coloniale nordamericana in Portorico.
(articolo tratto da Nuova Unità del dicembre '96)
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