Lettera aperta a Edouard Saouma,
Direttore Generale della F.A.O.
Nazioni Unite
Questa lettera aperta costituisce l'editoriale del numero 2, volume 21 (marzo/aprile, 1991) de "The Ecologist" - Ecosystems - England
Egregio Edouard Saouma,
questa lettera è per informarLa che stiamo lanciando una campagna internazionale per sollecitare gli stati membri della FAO a sospendere i pagamenti per imporre una radicale revisione alle sue politiche e una completa ristrutturazione della sua organizzazione. Abbiamo preso questa decisione perchè siamo convinti che la politica imposta dalla FAO - politica per la quale Lei, come Direttore Generale, deve assumerne piena responsabilità - è la causa principale della fame nel mondo, della distruzione ecologica e dell'alienazione sociale.
Questo numero de The Ecologist documenta il nostro caso.
Una decade e mezzo di fallimenti
Nel 1974, due anni prima che Lei fosse eletto a questa carica, le Nazioni Unite ospitarono la prima conferenza mondiale della FAO a Roma. Nel suo discorso chiave alla conferenza, il Dott. Henry Kissinger promise solennemente: "Entro una decade, nessun uomo, donna o bambino andrà a letto affamato." La FAO fece suo quel punto di vista, lanciando una serie di programmi ambiziosi che proclamava avrebbero dovuto incrementare la produzione di generi alimentari e cancellare la fame nel mondo.
Una decade e mezzo dopo ci sono più persone che muoiono di fame che in qualunque altro momento nella storia dell'umanità, l'ambiente è più degradato che mai e le condizioni per coltivare alimenti non sono mai state meno propizie. L'Africa sta barcollando sull'orlo della carestia in tutto il continente, con due terzi dei suoi paesi rovinati dalla cronica mancanza di cibo e dalla denutrizione. Solo in Sudan e in Etiopia 15 milioni di persone stanno affrontando una morte lenta per fame. Molti paesi nel sud dell'Asia, nel sud e nel centro America sono in condizioni altrettanto disperate. Nel 1987, sono morti più bambini per denutrizione in India e Pakistan che in tutte le 46 nazioni dell'Africa.
Nessun dubbio che, come in passato, tenterete di colpevolizzare quella "enorme tragedia umana della mancaza di risorse", o il fallimento dovuto a "contadini ignoranti" che non applicano abbastanza vigorosamente the vostre politiche di modernizzazione dell'agricoltura.
Questa volta non funzionerà, Mr. Saouma. É la vostra politica che è un fallimento, non i contadini o la mancanza di finanze. Ogni volta in agricoltura, silvicoltura o acquacoltura avete promosso politiche per il beneficio dei ricchi e dei potenti alle spese dei mezzi di sussistenza dei poveri. Politiche che sono, in effetti, la creazione sistematica delle condizioni per la fame nel mondo.
FAO: La macchina della fame
Come il Movimento per l'Agricoltura Ecologica fa giustamente notare [1]: "La storia della fame è una storia di ingiustizie sociali e di sistemi economici che, spesso in combinazione al degrado ecologico, hanno marginalizzato i poveri e li hanno defraudati dei mezzi di sostentamento."
La FAO ha rifiutato di agire sulla base di questa semplice verità. Anzi, nell'ultimo quarto di secolo ha sistematicamente evitato di confrontare le politiche dure e le cause sociali della fame e della denutrizione. Nel 1979 la FAO organizzò una conferenza mondiale sulla riforma agraria e lo sviluppo rurale dalla quale risultò quella che voi chiamate "Carta dei Contadini". Ma la FAO ha sempre recalcitrato davanti alla sfida della riforma della terra: anzi, ha scelto di continuare una politica di espedienti definendo il problema della sottoproduzione come una mancanza di "domanda effettiva".
Avete sostenuto vigorosamente la "Rivoluzione Verde", che promuoveva una strategia agraria basata sull'intensificazione della produzione attraverso l'uso di prodotti moderni, spingendo i contadini in una economia di mercato e promuovendo lo sviluppo di una politica pilotata dalle esportazioni. É una politica che ha intensificato ed esteso la morsa della fame, incrementando quelle forze che riducono la disponibilità di cibo per i poveri. É stata esacerbata la mancanza di terra, l'ambiente è stato degradato, la richezza concentrata sempre in un minor numero di mani e sistematicamente ignorati i risvolti ecologici. [2]
E come avrebbe potuto essere altrimenti? Promuovendo prodotti che non provengono dalle fattoie - quali: fertilizzanti chimici, pesticidi e "semi potenziati" - la FAO ha consegnato i contadini nelle mani di chi controlla questi prodotti, creando dipendenza dove esisteva indipendenza, obligando i contadini a comperare quello che prima era gratis, incatenandoli in un circuito di diminuzione del reddito, incrementando l'uso dei pesticidi e il debito. Dove prima i contadini immagazinavano i semi ogni anno - generando una fornitura gratuita per il raccolto dell'anno sucessivo - i nuovi ibridi promossi dalla FAO lasciano i contadini senza scelta se non ritornare di anno in anno alle "industrie dei semi" se vogliono avere qualcosa da piantare. Peggio ancora, i semi vengono "progettati" in modo da non crescere senza fertilizzanti. Nessuna meraviglia che migliaia di contadini falliscano ogni anno, che i grandi proprietari terrieri si arrichiscano sempre di più comperando fattorie indebitate e che "industrie dei semi", compagnie chimiche e produttori di fertilizzanti incatenino i contadini alla loro schiavitù.
Promuovere la meccanizzazione delle aziende agricole ha avuto conseguenze sociali altrettanto disastose. In molte zone l'introduzione di macchinari nelle fattorie ha cambiato l'economia e le basi sociali sulle quali il lavoro era tradizionalmente organizzato. Operazioni che prima richiedevano la collaborazione di più contadini adesso possono essere eseguiti da una macchina: quelli che possono permettersi l'acquisto di una macchina possono anche permettersi di scegliere la forza lavoro senza tenere conto degli oblighi sociali, e sono spesso capaci di impadronirsi della terra di contadini più poveri grazie al maggior controllo che acqisiscono con la meccanizzazione. Agricoltori indipendenti sono trasformati in braccianti le cui condizioni di lavoro e il loro salario sono determinati dalle "forze del mercato". In questo contesto imporre un lavoro meccanizzato può solo ulteriormente emarginare i contadini, migliaia dei quali vanno ad aggiungersi ai ranghi dei disoccupati rurali. In un mercato di compratori, senza protezione legale o sindacale, il reale salario dei lavoratori in molti dei paesi del Terzo Mondo è in diminuzione, rendendo la sopravvivenza dei poveri ancora più precaria.
La meccanizzazione, la crezione di bacini di lavoratori senza terra, l'introduzione di colture non tradizionali e la disponibilità di ferilizzanti hanno permesso ai più ricchi proprietari terrieri di espandere le dimensioni delle loro aziende, sia perchè non più limitati dalla carenza di forza lavoro, sia perchè l'uso di macchinari ha permesso di coltivare terreni marginali. Il risultato di tutto questo è stato l'aumento del valore della terra, la crescita dalla speculazione, l'incremento degli affitti, lo schiacciamento dei contadini e la crescita della violenza rurale. In alcuni casi i condatini hanno semplicemente venduto, in altri sono stati allontanati da mercenari armati. In entrambi i casi i più grossi proprietari terrieri si sono arricchiti alle spese dei poveri.
La stretta corporativa
L'impostazione dura della FAO nel promuovere colture destinate all'esportazione ha ulteriormente ristretto le ricadute sociali ed economiche dovute all'intensificazione dell'agricoltura. In alcuni paesi praticamente tutta la migliore terra agricola è usata per produrre raccolti da esportare - compreso prodotti non commestibili: dal garofano al cotone. In Guatemala, l'area destinata alla produzione del caffè è aumentata di circa un terzo tra il 1950 e il 1977, mentre l'area coltivata a cotone è passata da 5.000 ettari nel 1948 a 89.500 nel 1967. Nelle Filippine metà della migliore terra agricola è usata per coltivare prodotti da esportare. Vaste piantagioni sono state sottratte a migliaia di contadini, forzandoli a coltivare terre marginali, poco produttive con ovvie conseguenze ecologiche. I beneficiari sono stati: le compagnie multinazionali e l'élite politica del Terzo Mondo. L'uteriore intensificazione dell'agricoltura può che strangolare ancora di più la produzione e la distribuzione dei prodotti agricoli.
La Fao non ha mai spiegato in modo soddisfacente come incoraggiare la produzione di prodotti per l'esportazione sia compatibile con il suo obiettivo dichiarato di "eliminare la fame e la povertà rurale". Per definizione, Il cibo prodotto per l'esportazione non può essere mangiato da chi lo produce. Questo può sembrare ovvio, ma non ha mai impedito alla FAO di incoraggiare i contadini delle più povere e affamate nazioni del mondo a produrre raccolti per l'esportazione. Nel 1973, 36 dei paesi più duramente colpiti dalla fame e dalla denutrizione esportarono cibo negli USA - una realtà che continua tutt'oggi. Anzi il Terzo Mondo nel suo complesso esporta più cibo nei paesi industrializzati di quanto non ne importi o ne riceva in "aiuti contro la fame". Come potete sperare di nutrire le popolazioni affamate del sud del mondo mentre esportate i loro raccolti nei paesi già ipernutriti del Nord? E non è solo il loro cibo ad essere esportato: la biomassa dei raccolti è persa con loro, e con essa la maggiore risorsa di fertilizzante.
Il supermercato globale
Allo stesso modo, la politica di obligare i contadini in una economia di mercato - o, come dite voi, trasformare l'agricoltura in un "settore dinamico" - è servito solo a peggiorare la situazione già critica dei poveri. In un "supermercato globale", quale quello che le vostre politiche hanno aiutato a creare, persone che guadagnano forse 25 dollari all'anno - se sono fortunati - devono competere per lo stesso cibo con persone che guadagnano 25 dollari all'ora, o anche 25 dollari al minuto. In queste circostanze, il cibo può andare solo in una direzione - verso quelli che hanno i soldi per comprarlo. Solo coloro che hanno un reddito che gli permette di trasformare le loro necessità biologiche in "domanda effettiva" possono mangiare - e queste persone costituiscono una porzione sempre più piccola della popolazione mondiale. Nessuna sorpresa come uno studio dopo l'altro abbiano dimostrato che quando i contadini entrano nel mercato il loro stato nutrizionale declina, principalmente perchè non hanno soldi contanti per comperare il cibo che coltivavano per se stessi.
Sembra che non vi proccupiate di questo. Se un paese può soddisfare la "domanda effettiva" per prodotti coltivati solo a scopo commerciale, come il grano, la giudicate "autosufficiente". Su tali basi proclamate orgogliosamente che anche l'India ha una storia di sucessi - allegramente ignorando il fatto che decine di milioni di Indiani sono denutriti e che la maggior parte dei prodotti che usate come indicatori dell'autosufficienza non sono prodotti di base per la maggioranza della popolazione. É un esempio lampante del vostro approccio coi paraocchi al problema della fame.
Ancora su questo
Potremmo andare avanti. Potremmo dettagliare la devastazione dell'ambiente causata dalle vostre politiche [2], potremmo indicare il numero di persone uccise ed avvelenate dai pesticidi [3], e gli abusi dei Diritti Umani che ne sono seguiti. La domanda, Mr. Saouma, è perchè vi rifiutate di modificare le vostre politiche? Perchè vi opponeste così duramente ad una seria e indipendente revisione della FAO chiesta dalla Norvegia alla vostra conferenza del 1987 e insistete nella copertura delle vostre politiche? Perchè, davanti a tutte le evidenze della loro distruzione, promuovete queste politiche ancora più vigorosamente? Ora volete estendere la "Rivoluzione Verde" anche all'Africa. Volete che i contadini abbraccino tecnologie biologiche. Volete governi più aggressivi nel proporre un "libero mercato" dei prodotti agricoli. Volete che abbriccino la nuova proposta del GATT [4] - proposta che rende illegale il proibire l'esportazione dei prodotti alimentari anche in periodi di carestia. Come queste politiche possono aiutare i poveri?
Sviluppo sostenibile?
La sola concessione che sembrate disposti a fare è rivestire le vostre politiche alla moda con un vaghe definizioni di "sviluppo sostenibile", come descritto nel vostro ultimo documento politico - World Agriculture: Towards 2000 - per provvedere una "transizione verso una agricoltura sostenibile" [5]. Ma cosa c'è di sostenibile nelle vostre politiche di estendere le coltivazioni a terre che per vostra stessa ammissione sono altamente vunerabili all'erosione e alla desertificazione? Cosa c'è di sostenibile nell'estendere le terre sotto irrigazione perenne del 20% quando l'irrigazione sta già prosciugando le sorgenti ad un ritmo molto superiore al loro ricambio? Cosa c'è di sostenibile nell' incrementare la pesca quando voi stessi sostenete che il mare è già sfruttato oltre il proprio limite? Cosa c'è di sostenibile nel "proteggere" le foreste intensificando il loro uso commerciale e abbattendole per destinarne la terra ad uso agricolo? Cosa c'è di sostenibile nell'incoraggiare gli agricoltori a coltivare prodotti che richiedono enormi quantità di acqua quando proprio la scarsità d'acqua sarà uno dei maggiori problemi dell'agricoltura? Cosa c'è di sostenibile nell'incrementare la dipendenza dei contadini dai combustibili fossili quando questo può solo solo favorire il riscaldamento del pianeta? E dove troverete i 1500 miliardi di dollari necessari per realizzare il vostro programma? Ci dite che possono essere raccolti tassando i contadini. Come questo aiuterà coloro che sono già pieni di debiti? Come questo li aiuterà a produrre i mezzi di sussistenza?
La sicurezza del cibo
Non ci sono dubbi che la risposta all'aumento della popolazione mondiale non offre altra scelta se non l'incremento della produzione agricola. Ma c'è poco da guadagnare nell'incremento della produzione se chi produce non può mangiare o se l'ambiente viene degradato in questo processo. L'obiettivo non è come massimizzare la produzione, Mr. Saouma, ma come massimizzare la sicurezza del cibo. É sicuramente ora che Lei impari la differenza. Attraverso tutto il Terzo Mondo, le popolazioni locali conoscono già il valore della sicurezza del cibo. Anzi, essi hanno sviluppato diverse strategie agricole per ottenere esattamente questo scopo [6] [7] - strategie che sono state attentamente adattate alle condizioni amientali locali e che riflettono l'inventiva, la vitalità e il dinamismo delle popolazioni locali nel raccogliere la sfida che l'agricoltura ha sempre posto.
Direte che tali sistemi sono poco produttivi e antiquati, che non possono rispondere alle necessità dell'era moderna. Ma quali necessità ha in mente, Mr. Saouma? Certamente i contadini hanno poco da offrire ai produttori di pesticidi, ai produttori di trattori e altre macchine agricole, a coloro che vorrebbero realizzare grandi impianti di irrigazione o all'élite politica dei paesi in via di sviluppo alla cui alleanza voi tenete così tanto. Ma essi hanno qualcosa da offrire a quelli che stanno morendo di fame, a quelli che sono stati emarginati e impoveriti dal "processo di sviluppo". Il problema, Mr. Saouma, non è che quelle strategie siano antiquate, ma che esse sono state sistematicamente minate dalle politiche che voi promuovete.
La sicurezza del cibo richiede un approccio all'agricoltura che è, praticamente sotto tutti gli aspetti, l'opposto delle attuali politiche della FAO:
- Invece di incoraggiare lo sviluppo di monocolture, è necessario un sistema che incoraggi diversi tipi di raccolti - proteggendo la diversità genetica si minimizza il rischio di parassiti senza ricorrere a pesticidi chimici e si salvaguardia i contadini dalle variazioni climatiche [6].
- Invece di incoraggiare un'agricoltura basata su grandi capitali e manager, è necessario un sistema che rimetta il controllo delle decisioni nelle mani delle popolazioni locali, non in quelle di intermediari o governanti lontani.
- Invece di incoraggiare la produzioni di raccolti per l'esportazione, occorre incoraggiare la coltivazione di cibo per le popolazioni locali lascindogli piantare quello che vogliono piantare, invece di quello che impone il mercato internazionale.
- Invece di incoraggiare schemi commerciali che favoriscono l'élite politica dei paesi del Terzo Mondo alle spese del mondo dei poveri, occorre incoraggiare scambi che ridiano fiducia alle popolazioni locali.
- Invece di incoraggiare la concentrazione della terra nelle mani di chi non ha l'obligo di dar da mangiare alle popolazioni locali, occorre mettere il controllo delle risorse nelle mani di chi dipende da esse.
Combattere per gli agricoltori
Non abbiamo dubbi che ci siano potenti lobbies che premono sulla FAO per mantenere le sue politiche attuali - dai costruttori di dighe e dagli ingegneri idrici alle industrie agrochimiche e ai produttori di macchine agricole. Per loro l'introduzione di una agricoltura industriale nel Terzo Mondo è una manna - una manna costruita alle spese dei poveri e delle generazioni future. Il vostro lavoro dovrebbe essere quello di combattere un così crudo opportunismo, non quello di industrializzare l'agricoltura per il loro beneficio. I contadini del Terzo Mondo non hanno bisogno delle conoscenze della FAO. Sanno molto di più loro su come coltivare la loro terra che non tutti i vostri "esperti". Se essi hanno bisogno di una organizzazione come la FAO è solo perchè essa combatta contro chi sta minando le loro fonti di sopravvivenza, per agire nei confronti dei problemi che non possono gestire da soli. Dovreste combattere per ridurre l'emmissione di gas che provocano l'effetto serra, mentre promuovete un'agricoltura che li incrementa. Dovreste combattere per prevenire che la terra e le risorse idriche siano destinate ad usi non agricoli, non spingere per l'espansione dell'industria. Dovreste combattere per prevenire che i raccolti siano ventuti in paesi già ipernutriti, non spingere le esportazioni.
Ma invece di fare causa comune con i contadini, che la FAO dice di aiutare, vi siete sempre costantemente inchinati agli interessi delle industrie. Nessun dubbio che il loro apoggio - e in particolare quello delle multinazionali - ha fatto guadagnare alla FAO potenti alleati politici: nessun dubbio, anche, che questo ha aumentato di molto il suo potere personale e la sua influenza. Ma non è Lei o i suoi dipendenti che dovete pagare il prezzo del biglietto: sono i poveri e gli affamati le cui vite sono state rovinate - e, troppo spesso, finite - come risultato delle vostre politiche. É per tutto questo che stiamo lanciando questa campagna.
Nicholas Hildyard
per The Ecologist
Questa lettera è stata appoggiata dai seguenti gruppi:
Animal Welfare Institute, USA
Asia-Pacific Peoples' Environment Network (APPEN), Malaysia
Bank Information Centre, USA
Both Ends, Netherlands
Campagna Nord-Sud, Italy
Centre for Environment and development, UK
Centro de Estudios Uruguayos en Technologías Apropiadas (CEUTA), Uruguay
Centro Latino Americano de Ecología Social (CLAES), Uruguay
Coalition for Environment and Development, Finland
Consumers' Association of Penang, Malaysia
The Development Group for Alternative Policies, USA
Encoropa, France
Environmental Defence Fund, USA
Environmental News Network, USA
Friends of the Earth, Australia
Friends of the Earth, USA
Gaia Foundation, UK
The Humane Society, USA
Instituto de Antropologia e Meio Ambiente (IAMA), Brazil
International Rivers Network, USA
International Workgroup on Indigenous Affairs (IWGIA), Denmark
Ladakh Project, UK
London Rainforest Action Group, UK
Milieudefensie/Friends of the Earth, Netherlands
Minewatch, UK
Monitor, USA
NOAH/Friends of the Earth, Denmark
Permaculture International, Australia
Pesticide Action Network-Latin America, Colombia
Probe International, Canada
Project for Ecological Recovery (PER), Thailand
Rainforest Action Network, USA
Rainforest Information Centre, Australia
Red de Ecologia Social (REDES)/Friends of the Earth, Uruguay
Regnskovsgruppen Nepenthes, Denmark
Research Foundation for Science and Technology, India
Sahabat Alam Malaysia (SAM)/Friends of the Earth, Malaysia
Sierra Club, USA
Third World First, UK
Third World Network, Malaysia
Transnational Institute, Netherlands
World Economy, Ecology and Development Association (WÖ&E), Germany
Riferimenti
Tutti i riferimenti citati sono tratti dallo stesso numero de The Ecologist salvo diversa indicazione.
[1] - Helena Norberg-Hodge, John Page and Peter Goering
Agriculture in Ladakh
[2] - Vandana Shiva
The failure of the green revolution: A case study of the Punjab
[3] - Barbara Dinham
FAO and pesticides: promotion or proscription ?
[4] - For a discussion of the new GATT proposals see:
'Special GATT Issue', The Ecologist, Vol. 20, No. 6, 1990
[5] - Edward Goldsmith and Nicholas Hildyard
World Agriculture: Toward 2000, FAO's Plan to Feed the World
[6] - Miguel A. Altieri
Traditional farming in Latin America
[7] - Winin Pereira
Traditional rice growing in India